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dossier<br />
Così sono convenzionalmente<br />
chiamati quegli<br />
stranieri, principalmente<br />
di colore, che battono<br />
ogni metro del territorio<br />
per cercare di vendere<br />
qualcosa. Una vera<br />
e propria lotta quotidiana<br />
per la sopravvivenza,<br />
immortalata in una<br />
mostra dal fotografo<br />
di Ostia Pino Rampolla.<br />
Un’esperienza non<br />
soltanto professionale<br />
ma anche<br />
profondamente umana<br />
testo// Cecilia M. Calamani<br />
Foto di T.V.G.<br />
Le spiagge di Ostia pullulano<br />
di migranti che, infaticabilmente,<br />
percorrono<br />
in lungo e in largo il litorale cercando<br />
di poter vendere qualcosa<br />
per sopravvivere. Numerosi e insistenti,<br />
spesso vengono scansati<br />
dalla gente che li guarda, da un<br />
comodo e lindo lettino, con una<br />
diffidenza che sovente si trasforma<br />
in stizza e fastidio. Eppure,<br />
sono uomini e donne che<br />
fuggono dalla fame, spesso dalla<br />
guerra, lasciando nel loro Paese<br />
una famiglia da sfamare che ri-<br />
18 Litoralemaggio2010<br />
Foto di Pino Rampolla<br />
vedranno forse dopo vari mesi,<br />
forse dopo un anno. Pino Rampolla<br />
(www.pinorampolla.it), fotografo<br />
ostiense di origini<br />
salernitane, ha immortalato i<br />
volti di queste persone, ha dato<br />
voce alle loro storie, li ha resi,<br />
per il breve attimo di uno scatto<br />
fotografico, protagonisti. Li ha<br />
contattati, ascoltati, si è fatto narrare<br />
le loro vite, così diverse<br />
dalle nostre. E ne ha tirato fuori<br />
una mostra, “Vucumprà”, allestita<br />
tempo fa sia alla biblioteca<br />
Elsa Morante che al pontile di<br />
Vucumprà<br />
Ostia, nell’ambito della manifestazione<br />
“Approdo alla lettura”.<br />
“Lo scopo era quello di far capire<br />
che dietro queste persone ci<br />
sono delle storie, che sono storie<br />
di fame, di difficoltà, di guerra.<br />
Lavorare con loro, ascoltarli, sedermi<br />
con loro al bar ha costituito<br />
una straordinaria crescita<br />
personale e forse è servito per<br />
mitigare quella diffidenza che<br />
ognuno di noi prova nei confronti<br />
del migrante. In fondo,<br />
loro sono come eravamo noi all’inizio<br />
del secolo scorso; l’Italia<br />
è per loro quello che<br />
l’America, allora, era per noi”.<br />
Pino Rampolla mette la sua arte<br />
a servizio delle persone in difficoltà.<br />
Fotoreporter di frontiera,<br />
ha lavorato molto nel sud dell’Africa<br />
al fianco di associazioni<br />
di volontariato alle quali sono<br />
stati devoluti i proventi dei libri<br />
che ha pubblicato. Ma non<br />
manca l’attenzione al disagio nostrano:<br />
dal penitenziario di Regina<br />
Coeli ai ragazzi autistici che<br />
giocano a basket per finire ai<br />
bambini malati di tumore dell’associazione<br />
Peter Pan. Rampolla<br />
dà corpo, con le sue<br />
immagini, a storie ai margini<br />
della società, offrendo il suo lavoro<br />
a chi, dentro queste storie,<br />
ci vive davvero.