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settembre - Publidea95

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dossier<br />

Così sono convenzionalmente<br />

chiamati quegli<br />

stranieri, principalmente<br />

di colore, che battono<br />

ogni metro del territorio<br />

per cercare di vendere<br />

qualcosa. Una vera<br />

e propria lotta quotidiana<br />

per la sopravvivenza,<br />

immortalata in una<br />

mostra dal fotografo<br />

di Ostia Pino Rampolla.<br />

Un’esperienza non<br />

soltanto professionale<br />

ma anche<br />

profondamente umana<br />

testo// Cecilia M. Calamani<br />

Foto di T.V.G.<br />

Le spiagge di Ostia pullulano<br />

di migranti che, infaticabilmente,<br />

percorrono<br />

in lungo e in largo il litorale cercando<br />

di poter vendere qualcosa<br />

per sopravvivere. Numerosi e insistenti,<br />

spesso vengono scansati<br />

dalla gente che li guarda, da un<br />

comodo e lindo lettino, con una<br />

diffidenza che sovente si trasforma<br />

in stizza e fastidio. Eppure,<br />

sono uomini e donne che<br />

fuggono dalla fame, spesso dalla<br />

guerra, lasciando nel loro Paese<br />

una famiglia da sfamare che ri-<br />

18 Litoralemaggio2010<br />

Foto di Pino Rampolla<br />

vedranno forse dopo vari mesi,<br />

forse dopo un anno. Pino Rampolla<br />

(www.pinorampolla.it), fotografo<br />

ostiense di origini<br />

salernitane, ha immortalato i<br />

volti di queste persone, ha dato<br />

voce alle loro storie, li ha resi,<br />

per il breve attimo di uno scatto<br />

fotografico, protagonisti. Li ha<br />

contattati, ascoltati, si è fatto narrare<br />

le loro vite, così diverse<br />

dalle nostre. E ne ha tirato fuori<br />

una mostra, “Vucumprà”, allestita<br />

tempo fa sia alla biblioteca<br />

Elsa Morante che al pontile di<br />

Vucumprà<br />

Ostia, nell’ambito della manifestazione<br />

“Approdo alla lettura”.<br />

“Lo scopo era quello di far capire<br />

che dietro queste persone ci<br />

sono delle storie, che sono storie<br />

di fame, di difficoltà, di guerra.<br />

Lavorare con loro, ascoltarli, sedermi<br />

con loro al bar ha costituito<br />

una straordinaria crescita<br />

personale e forse è servito per<br />

mitigare quella diffidenza che<br />

ognuno di noi prova nei confronti<br />

del migrante. In fondo,<br />

loro sono come eravamo noi all’inizio<br />

del secolo scorso; l’Italia<br />

è per loro quello che<br />

l’America, allora, era per noi”.<br />

Pino Rampolla mette la sua arte<br />

a servizio delle persone in difficoltà.<br />

Fotoreporter di frontiera,<br />

ha lavorato molto nel sud dell’Africa<br />

al fianco di associazioni<br />

di volontariato alle quali sono<br />

stati devoluti i proventi dei libri<br />

che ha pubblicato. Ma non<br />

manca l’attenzione al disagio nostrano:<br />

dal penitenziario di Regina<br />

Coeli ai ragazzi autistici che<br />

giocano a basket per finire ai<br />

bambini malati di tumore dell’associazione<br />

Peter Pan. Rampolla<br />

dà corpo, con le sue<br />

immagini, a storie ai margini<br />

della società, offrendo il suo lavoro<br />

a chi, dentro queste storie,<br />

ci vive davvero.

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