counseling per gli operatori della salute - Api Formazione
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OPERATORI<br />
OPERATORI<br />
OPERATORI<br />
DELLA DELLA DELLA DELLA SALUTE SALUTE SALUTE SALUTE<br />
LUGLIO 2010<br />
1
<strong>Api</strong> Torino, nata nel 1949, rappresenta la cultura e la creatività imprenditoriale di una delle<br />
più importanti aree industriali italiane.<br />
E’ il punto di riferimento <strong>per</strong> le circa 3.200 piccole e medie imprese associate, alle quali fa<br />
capo una forza lavoro di oltre 65.000 addetti.<br />
Fra i compiti dell’Associazione, il patrocinio unitario nei confronti delle organizzazioni<br />
sindacali dei lavoratori, e l’assistenza in campo sindacale, tributario, tecnologico,<br />
ambientale e commerciale.<br />
A questo, l’Associazione aggiunge azioni di rappresentanza presso Enti e Istituzioni locali,<br />
essendo interlocutore attivo a tutti i livelli sulle grandi questioni che riguardano il Territorio,<br />
il suo sviluppo e il benessere nel futuro dei suoi abitanti.<br />
2
<strong>Api</strong> <strong>Formazione</strong> S.c.r.l. è un ente di formazione senza scopo di lucro costituito da oltre<br />
1100 imprese, in maggioranza industriale e associate all’API.<br />
Dal 1992 <strong>Api</strong> <strong>Formazione</strong> svolge la propria attività con l’obiettivo di sviluppare le iniziative<br />
in materia di formazione destinate allo sviluppo tecnologico ed organizzativo delle piccole<br />
e medie imprese del territorio, in particolare inerenti lo sviluppo delle nuove tecnologie e<br />
dell’informatizzazione.<br />
<strong>Api</strong> <strong>Formazione</strong> o<strong>per</strong>a in collaborazione e sinergia con i servizi di API Torino.<br />
3
La Camera di Commercio di Torino è il punto di riferimento <strong>per</strong> le oltre 200.000 attività<br />
imprenditoriali presenti sul territorio provinciale, e si pone come interlocutore privilegiato<br />
<strong>per</strong> le aziende non soltanto <strong>per</strong> facilitare il disbrigo delle pratiche amministrative, ma anche<br />
<strong>per</strong> proporre diversi servizi e iniziative, orientate alla valorizzazione e alla tutela de<strong>gli</strong><br />
interessi generali dell'economia.<br />
L’ente camerale è al fianco de<strong>gli</strong> imprenditori anche con servizi promozionali, che<br />
assistono l’impresa fin dalla sua costituzione, supportandone la nascita, seguendone lo<br />
sviluppo, racco<strong>gli</strong>endo e soddisfacendo le sue esigenze più importanti.<br />
La Camera di Commercio rappresenta, inoltre, un interlocutore di rilievo nel dialogo fra le<br />
componenti economiche o<strong>per</strong>anti sul territorio.<br />
4
SOMMARIO<br />
1. Introduzione .................................................................................................................6<br />
2. Il ricovero in casa di riposo ........................................................................................7<br />
2.1. Premessa.................................................................................................................7<br />
2.2. Il supporto <strong>per</strong> <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori ......................................................................................8<br />
2.2.1. Il lavoro in équipe...............................................................................................9<br />
2.2.2. La rete intorno all’anziano................................................................................10<br />
2.3. Contrastare il burnout ............................................................................................11<br />
2.4. Il pregiudizio contro <strong>gli</strong> anziani...............................................................................13<br />
3. Il Progetto: descrizione e metodologia....................................................................15<br />
3.1. Obiettivi del Progetto..............................................................................................17<br />
3.2. Le fasi del Progetto................................................................................................17<br />
3.2.1. FASE 1 – Analisi dello scenario.......................................................................18<br />
3.2.2. FASE 2 – Definizione del modello di intervento ...............................................18<br />
3.2.3. FASE 3-4 – S<strong>per</strong>imentazione del servizio e reporting......................................19<br />
4. Il <strong>counseling</strong> sanitario: pratica interdisciplinare di prevenzione e sostegno.......22<br />
4.1 Premessa...............................................................................................................22<br />
4.2 Fase 1: la survey preliminare e <strong>gli</strong> strumenti di analisi...........................................22<br />
4.3 Fase 2: l’analisi <strong>della</strong> domanda..............................................................................27<br />
4.3.1 Alcuni dati sulla casa di riposo coinvolta nella s<strong>per</strong>imentazione ............................29<br />
4.4 Fase 3: pianificazione dell’intervento .....................................................................30<br />
4.5 Fase 4: L’intervento: condivisione de<strong>gli</strong> obiettivi <strong>della</strong> consulenza.........................30<br />
4.5.1 L’intervento: definizione de<strong>gli</strong> obiettivi di mi<strong>gli</strong>oramento ........................................31<br />
4.6 Fase 6: L’intervento: contenuti, metodologia e strumenti.......................................32<br />
5
1. Introduzione<br />
Gli attuali indirizzi legislativi e gestionali sottolineano la necessità di revisioni relative alla<br />
ristrutturazione e alla riorganizzazione del lavoro all’interno del settore <strong>della</strong> Sanità. Gli<br />
obiettivi “qualità” ed “umanizzazione “ dei servizi sanitari divengono, infatti, centrali nel<br />
processo di cambiamento <strong>della</strong> cultura di questi ultimi, che devono risultare orientati<br />
all’utente in quanto committente de<strong>gli</strong> interventi e produttore-consumatore di prestazioni.<br />
Emerge con forza il bisogno di implementare strutture organizzate professionali in cui<br />
l’utente venga accolto nella totalità dei suoi bisogni e soddisfatto con prestazioni di qualità,<br />
in un clima empatico centrato sulla relazione e su una comunicazione il più possibile<br />
simmetrica. A tal fine al sistema di management medesimo viene richiesto un<br />
ampliamento delle loro abilità di gestione e di valorizzazione delle risorse umane in modo<br />
da favorire il rapporto con l’utente e la <strong>per</strong>sonalizzazione dei servizi offerti.<br />
I recenti studi sull’impatto dei trattamenti terapeutici sulla qualità <strong>della</strong> vita del paziente<br />
hanno portato al passaggio da un approccio riparativo, centrato sulla malattia, ad uno<br />
centrato più sulla <strong>per</strong>sona, ossia “dal semplice curare al ben più impegnativo prendersi<br />
cura”. Proprio nell’ottica di tale passaggio non si può prescindere da un’adeguata attività di<br />
<strong>counseling</strong> rivolta ai professionisti <strong>della</strong> <strong>salute</strong> affinché vengano salvaguardati taluni<br />
presupposti fondamentali alla base di un sistema socio-sanitario efficace ed efficiente:<br />
- il diritto dell’utente di ricevere un servizio nel rispetto globale <strong>della</strong> <strong>per</strong>sona e quindi<br />
delle sue esigenze;<br />
- il diritto del cittadino all’informazione nell’ambito di una relazione in cui sono pregnanti<br />
le risonanze psicologiche;<br />
- l’attenzione e la cura a<strong>gli</strong> aspetti psicologici soprattutto nel caso di pazienti con<br />
particolari patologie.<br />
Il <strong>counseling</strong> in ambito sanitario, promosso all’interno <strong>della</strong> presente s<strong>per</strong>imentazione,<br />
<strong>per</strong>segue due macro-obiettivi fondamentali: quello del sostegno emotivo <strong>per</strong> <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori<br />
socio-sanitari, al fine di favorire l’incontro tra i vari professionisti, agevolandone la<br />
coo<strong>per</strong>azione e lo scambio; e quello <strong>della</strong> prevenzione di situazioni di stress e di<br />
potenziale burn-out, lavorando sul piano <strong>della</strong> comunicazione interna e <strong>della</strong> relazione coi<br />
pazienti.<br />
6
2. Il ricovero in casa di riposo<br />
2.1. Premessa<br />
Tra l’o<strong>per</strong>atore ed un anziano inserito in casa di riposo o la relativa fami<strong>gli</strong>a, si possono<br />
presentare problemi di natura emotiva piuttosto intensi ed intricati. L’inserimento di un<br />
congiunto in casa di riposo può generare nella fami<strong>gli</strong>a sensi di colpa, rabbia e<br />
risentimento. Dal canto suo l’anziano può <strong>per</strong>cepire una forte sensazione di impotenza, di<br />
abbandono e di rifiuto. Le emozioni che <strong>per</strong>tanto possono innescarsi nell’o<strong>per</strong>atore sono<br />
caratterizzate da una marcata connotazione di controtransfert: purtroppo anche se tale<br />
aspetto tende ad essere sottovalutato, è invece spesso all’origine di interventi<br />
professionali poco efficaci ed attenti ai bisogni sia delle fami<strong>gli</strong>e sia de<strong>gli</strong> anziani ricoverati.<br />
Non si devono infatti sottovalutare i meccanismi di controtransfert provati da<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori e<br />
legati all’invecchiamento, alla disabilità, all’abbandono e al senso di colpa e che<br />
impediscono a<strong>gli</strong> utenti di godere <strong>della</strong> socializzazione e delle cure fisiche di cui avrebbero<br />
bisogno e alle fami<strong>gli</strong>e di ottenere un po’ di sollievo dal loro carico assistenziale. Non è<br />
infrequente assistere a dinamiche dove l’o<strong>per</strong>atore viene vissuto dall’anziano o si<br />
<strong>per</strong>cepisce e<strong>gli</strong> stesso come un “sostituto” di un familiare; talvolta addirittura si cala o<br />
viene calato nei panni del cosiddetto “fi<strong>gli</strong>o buono”, che si oppone al ricovero definitivo<br />
dell’utente in casa di riposo e che insiste coi familiari affinché questi continuino a prendersi<br />
cura dell’anziano congiunto.<br />
Non è raro dunque a fronte di simili dinamiche che si verifichino ne<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori<br />
meccanismi di burn-out, spesso causa dell’incapacità da parte de<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori di erogare<br />
una consulenza efficace: da qui la decisione presso molte strutture assistenziali di stabilire<br />
momenti di “ritiro” <strong>per</strong> l’équipe dove potersi momentaneamente staccare dal lavoro e<br />
riconoscere i successi ottenuti a favore de<strong>gli</strong> utenti. Ciò mitiga <strong>gli</strong> effetti su<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori del<br />
senso di compressione a fronte, da una parte, delle illusorie aspettative de<strong>gli</strong> utenti e <strong>della</strong><br />
limitatezza di fondi e di <strong>per</strong>sonale presenti nelle case di riposo e, dall’altra, del desiderio<br />
de<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori medesimi di poter fare “tutto <strong>per</strong> tutti in ogni momento”. Il lavoro di presa di<br />
coscienza si di sé consente a<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori di limitare <strong>gli</strong> effetti delle eccessive<br />
responsabilità che <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori si pongono rispetto ad obiettivi troppo ambiziosi,<br />
riscoprendo la qualità del loro lavoro ed il livello di soddisfazione <strong>per</strong>sonale ad esso<br />
associato.<br />
7
2.2. Il supporto <strong>per</strong> <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori<br />
Chi svolge attività di cura <strong>per</strong> le <strong>per</strong>sone anziane è esposto quotidianamente a<br />
considerevoli carichi di stress. Gli anziani con cui <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori sociali hanno a che fare<br />
sono afflitti da specifici problemi: sono più facilmente <strong>per</strong>sone dipendenti, a causa di<br />
patologie fisiche o mentali, o comunque <strong>per</strong>sone con particolari problemi di risorse, di<br />
potenzialità e di comportamento. Si tratta di problemi caratterizzati da una notevole<br />
complessità. A ciò si deve aggiungere che spesso <strong>gli</strong> anziani con cui si rapportano<br />
possono non avere parenti prossimi cui fare riferimento. Tutte queste condizioni creano un<br />
forte senso di impotenza ne<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori dovuto alla limitata capacità di poterli aiutare.<br />
Un’ulteriore fonte di stress <strong>per</strong> chi lavora con <strong>gli</strong> anziani è il condividere ogni giorno con<br />
loro l’inevitabilità <strong>della</strong> morte: molti de<strong>gli</strong> anziani ricoverati sono moribondi o sono destinati<br />
a morire entro pochi anni. Mantenere un approccio ottimistico nel lavoro sociale con <strong>gli</strong><br />
anziani può dunque risultare difficile e non tanto <strong>per</strong> l’atteggiamento espresso da<strong>gli</strong><br />
anziani, spesso anzi improntato all’ottimismo nonostante il loro futuro possa essere<br />
limitato. Gli o<strong>per</strong>atori che lavorano con <strong>gli</strong> anziani devono possedere un adeguato livello di<br />
autoconsapevolezza al fine di monitorare il loro stato emotivo e di comprendere quanto<br />
spesso possano essere loro i primi ad aver bisogno di sostegno ed incoraggiamento.<br />
Inoltre dovrebbe essere molto più diffusa la pratica di utilizzare le abilità professionali di<br />
“aiuto” <strong>per</strong> sostenere <strong>gli</strong> altri colleghi: di fatto capita spesso che <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori siano in grado<br />
di prendersi cura dei loro utenti mentre vivano rapporti poco confortanti coi rispettivi<br />
collaboratori.<br />
La necessità di erogare su<strong>per</strong>visione a<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori si impone <strong>per</strong>tanto come azione valida<br />
ed insostituibile da fornire a tutti i professionisti che svolgono attività di assistenza. La<br />
su<strong>per</strong>visione, che trae le sue origini dalla tecnica psicoterapeutica, viene applicata in<br />
diversi enti di lavoro sociale: consiste in uno “strumento” flessibile che assicura<br />
all’eventuale collega in difficoltà sostegno, momenti <strong>per</strong> riflettere, condivisione delle<br />
responsabilità nella gestione del lavoro e de<strong>gli</strong> interventi con <strong>gli</strong> anziani, monitoraggio. Il<br />
tutto misurato alle esigenze ed ai bisogni avanzati dal collega che avverte disagio e<br />
difficoltà nel proseguire il suo lavoro. Gli spazi dedicati alla su<strong>per</strong>visione consentono di<br />
rielaborare e di discutere con l’altro i vissuti provati durante il lavoro o le situazioni che si<br />
sono rivelate più difficilmente gestibili. E’ impensabile immaginare elevate prestazioni<br />
professionali nell'ambito dell'assistenza e <strong>della</strong> cura senza che ci sia la possibilità di poter<br />
usufruire di un simile supporto. La su<strong>per</strong>visione tuttavia non deve essere un intervento<br />
estemporaneo e fornito dalla dirigenza solo nei casi di assoluta necessità o criticità ma<br />
8
deve rappresentare una scadenza predefinita almeno quindicinalmente, in modo da<br />
consentire il monitoraggio sia de<strong>gli</strong> interventi routinari sia di quelli particolarmente<br />
complessi e impegnativi. Il fatto stesso di tradurre in parole ciò che viene fatto durante la<br />
su<strong>per</strong>visione <strong>per</strong>mette all’o<strong>per</strong>atore di riorganizzare l’es<strong>per</strong>ienza vissuta e di procedere nel<br />
lavoro con maggiore intenzionalità ed interesse.<br />
Se la su<strong>per</strong>visione è voluta dalla Direzione, l’obiettivo raggiunto è duplice dato che in tal<br />
modo è possibile anche <strong>per</strong> il su<strong>per</strong>iore controllare l’o<strong>per</strong>ato di tutta la sua équipe. In<br />
alcuni casi invece la su<strong>per</strong>visione è a “turno”: ciascun membro dell’équipe diventa cioè a<br />
turno su<strong>per</strong>visore del gruppo potendo così confrontarsi con <strong>gli</strong> altri colleghi nel modo di<br />
affrontare ed interpretare le situazioni.<br />
Un altro modo di intendere la su<strong>per</strong>visione è quella costituita da gruppi di colleghi che si<br />
incontrano in maniera informale, come nel caso delle discussioni sui casi nel dopopranzo,<br />
o formale, come <strong>per</strong> i gruppi centrati sul compito o sulla verifica e discussione dei vari<br />
interventi su<strong>gli</strong> utenti. Tali incontri di gruppo costituiscono un tempo dedicato alla<br />
compartecipazione delle es<strong>per</strong>ienze e <strong>per</strong> riflettere sulla pratica. La costituzione dei gruppi<br />
di su<strong>per</strong>visione non è <strong>per</strong> nulla semplice: le modalità <strong>per</strong> organizzarli possono essere<br />
sostanzialmente due. Nel primo caso sono gruppi costituiti da membri di servizi diversi,<br />
con la relativa difficoltà <strong>per</strong> i partecipanti di imparare a conoscersi e a conoscere il relativo<br />
contesto di appartenenza; nel secondo caso invece i membri provengono tutti dal<br />
medesimo servizio, con la resistenza di alcuni partecipanti a parlare liberamente di sé di<br />
fronte a<strong>gli</strong> altri colleghi. Ma la reale difficoltà che si presenta dal punta di vista<br />
organizzativo è la quantità di tempo che le riunioni richiedono: tale problema è in parte<br />
su<strong>per</strong>ato qualora <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori lavorino in équipe. Non può in effetti esserci un équipe<br />
funzionale se non è chiara a tutti i membri l’importanza di confrontarsi sulle es<strong>per</strong>ienze in<br />
corso: le riunioni finalizzate alla discussione dei casi dovrebbero cioè già far parte delle<br />
normali attività previste dal lavoro di équipe.<br />
2.2.1. Il lavoro in équipe<br />
Spesso il termine équipe nel lavoro sociale viene abusato : esso in genere indica un<br />
gruppo di <strong>per</strong>sone che lavora assieme e che si riunisce a cadenza <strong>per</strong>iodica <strong>per</strong> discutere<br />
<strong>gli</strong> interventi svolti sino a quel momento su<strong>gli</strong> utenti. In genere con tale termine si tende ad<br />
indicare anche un gruppo in cui vi è un’elevata qualità di interazione. Nella realtà o<strong>per</strong>ativa<br />
dei servizi tuttavia il lavoro di équipe tende a presentare elementi degenerativi che si<br />
discostano ampiamente dal significato originario del termine.<br />
9
Innanzitutto è pressoché impossibile riferirsi ad un’équipe quando vi è un marcato turnover<br />
del <strong>per</strong>sonale: infatti le risorse entranti costringono il gruppo a continui adattamenti.<br />
L’équipe <strong>per</strong> diventare effettiva e sviluppare tutte le sue potenzialità richiede tempi<br />
opportuni: in alcuni casi la direzione organizza momenti di gruppo lontani dal contesto di<br />
lavoro durante i quali l’équipe si impegna intensamente in sessioni che hanno l’obiettivo di<br />
velocizzare lo strutturarsi delle dinamiche del gruppo ed il far emergere aspetti che nella<br />
pratica quotidiana rimangono in ombra o scarsamente esplicitati. Alcuni o<strong>per</strong>atori creano<br />
poi spontaneamente “miniteam” in grado di aiutarsi l’un l’altro, pur avendo in tal modo uno<br />
scarso impatto sull’insieme de<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori del servizio. In effetti <strong>per</strong>ché un’équipe sia<br />
efficace deve basarsi sulla spinta di almeno alcuni suoi membri, includendovi se possibile<br />
la risorsa che esercita un’adeguata influenza su tutti <strong>gli</strong> altri colleghi.<br />
In alcuni casi invece non è fattibile creare un’équipe vera e propria. I membri che la<br />
caratterizzano, infatti, pur essendo gratificati dal lavorare insieme, non riescono a<br />
condividere la medesima politica o filosofia rispetto al lavoro: <strong>per</strong> questi gruppi <strong>gli</strong> incontri<br />
risultano utili al fine di mi<strong>gli</strong>orare il senso di coesione tra i membri e di facilitare lo scambio<br />
su questioni e punti di vista differenti.<br />
2.2.2. La rete intorno all’anziano<br />
Anche la rete di <strong>per</strong>sone che assistono l’anziano, oltre a<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori sociali, tra cui<br />
appunto parenti, vicini, conoscenti patisce le medesime tensioni dei professionisti<br />
qualificati, con la sola ma fondamentale differenza che quest’ultima è spesso poco<br />
abituata a gestire dinamiche di carattere psicologico invalidanti e alla base di forti<br />
resistenze. La natura, l’estensione e la complessità di alcuni problemi, come del resto la<br />
costante presenza del concetto <strong>della</strong> morte, minano emotivamente le <strong>per</strong>sone comuni<br />
esattamente come <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori addetti all’assistenza in modo anzi ancor più intenso e<br />
marcato. Vi sono poi eccezionali tensioni che insorgono quando l’anziano è colpito da<br />
malattie fisiche o mentali prolungate nel tempo: se <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori sociali hanno trovato<br />
modalità di sostegno reciproco e anche <strong>gli</strong> infermieri ed il <strong>per</strong>sonale medico si stanno<br />
muovendo nella medesima direzione, non si può dire lo stesso <strong>per</strong> i parenti che<br />
rimangono, invece, esposti a stress continui senza poter contare su appoggi di tipo<br />
psicologico né tantomeno su alcuna rete di condivisione del problema.<br />
Lo stress <strong>per</strong>tanto subito dai parenti è decisamente meno conosciuto ed indagato rispetto<br />
al disagio avvertito da<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori. La prima area che è importante analizzare nel caso di<br />
parenti che assistono l’anziano è relativa al tipo di bisogno di cui si fanno portavoce:<br />
10
troppo spesso capita che si inneschino meccanismi psicologici intricati in cui è complicato<br />
rinvenire il tema centrale: rabbia, risentimento, sensi di colpa invadono lo spazio emotivo<br />
dei parenti impedendo loro di fornire una sana ed adeguata assistenza. Anzi proprio<br />
l’intensità di tali sentimenti è spesso alla base <strong>della</strong> decisione da parte dei parenti di<br />
ricoverare l’anziano, senza <strong>per</strong> questo mi<strong>gli</strong>orare le loro condizioni emotive ma anzi<br />
peggiorandole e in alcuni casi incancrenendole. Lo stress vissuto viene poi dai familiari<br />
trasferito e proiettato su<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori: non è raro infatti che il disagio e la sofferenza dei<br />
parenti vengano elaborati da quest’ultimi adottando strategie di critica continua<br />
dell’o<strong>per</strong>ato de<strong>gli</strong> assistenti professionisti e rendendo ancor più amaramente<br />
insopportabile il peso del loro lavoro. La sensazione prevalente tra i parenti dell’assistito è<br />
quella di collera: <strong>per</strong> le condizioni igieniche in cui viene talvolta lasciato l’assistito, <strong>per</strong><br />
l’ingratitudine e <strong>per</strong> le richieste irrazionali avanzate dall’anziano e <strong>per</strong> il forte senso di<br />
responsabilità di cui si fanno carico.<br />
Di certo anche nel caso dei parenti l’intervento più efficace consiste nell’opportunità di<br />
tradurre in parole i sentimenti di ambivalenza che vengono s<strong>per</strong>imentati: non è semplice<br />
accettare l’idea di provare sentimenti di collera, rabbia e repulsione verso anziani deboli e<br />
dipendenti. Il fatto stesso di poter comunicare le sensazioni di cui sopra rende talvolta più<br />
tollerabile l’angoscia di molte delle <strong>per</strong>sone che assistono <strong>gli</strong> anziani.<br />
Un altro valido sostegno emotivo può derivare dai gruppi di autoaiuto dove gruppi di<br />
parenti che vivono situazioni simili si incontrano <strong>per</strong>iodicamente ed esprimono liberamente<br />
i loro vissuti: tali spazi di condivisione consentono ai partecipanti di verificare quanto siano<br />
diffusi i sentimenti di ambivalenza nei confronti dei parenti anziani e di mitigare <strong>per</strong>tanto<br />
l’im<strong>per</strong>ante senso di colpa.<br />
2.3. Contrastare il burnout<br />
Gli o<strong>per</strong>atori che si occupano di assistenza condividono con <strong>gli</strong> anziani ricoverati tempi e<br />
intimità maggiori rispetto ad altri o<strong>per</strong>atori. Tali figure oggi quindi sono uscite dal loro ruolo<br />
subalterno <strong>per</strong> porsi in rilievo con le loro competenze <strong>per</strong>sonali a fianco di tutti <strong>gli</strong> altri<br />
o<strong>per</strong>atori <strong>della</strong> <strong>salute</strong>. Molti ne hanno sottolineato il rapporto privilegiato e di relazione<br />
quotidiana col malato mettendone in luce alcune funzioni tra cui quelle di contenimento, di<br />
ascolto e di reverie.<br />
11
Con il termine contenimento si intende la capacità dell’o<strong>per</strong>atore di comprendere e<br />
ascoltare l’anziano nella sua totalità con un approccio umanizzante in grado di acco<strong>gli</strong>ere il<br />
suo dolore e la sua sofferenza.<br />
L’ascolto indica invece la capacità di osservare e di esprimersi sospendendo qualsiasi<br />
azione che vada dal sentire la necessità di colmare vuoti e silenzi al bisogno di dover dire<br />
e fare qualcosa a tutti i costi.<br />
Infine <strong>per</strong> reverie si indica la capacità dell’o<strong>per</strong>atore di riconoscere i bisogni del paziente in<br />
sintonia con quanto quest’ultimo comunica attraverso i gesti e le parole.<br />
L’o<strong>per</strong>atore è più di un semplice esecutore: e<strong>gli</strong> tocca il corpo e la psiche del malato e tale<br />
contatto è salvaguardato da un rapporto estremamente professionale mediato da un<br />
rapporto affettivo intenso.<br />
Il termine “sindrome del burnout” fu utilizzato <strong>per</strong> la prima volta da Maslach <strong>per</strong> definire <strong>gli</strong><br />
atteggiamenti di nervosismo, irrequietezza, apatia, isolamento, negativismo e indifferenza<br />
di molti o<strong>per</strong>atori sanitari nei confronti del loro lavoro e dei pazienti, in seguito ad un<br />
eccessivo accumulo di stress. Nel burnout la vocazione alla professione dell’o<strong>per</strong>atore si<br />
deforma e le medesime attività vengono viste dall’o<strong>per</strong>atore steso come un semplice<br />
lavoro dove si registra una progressiva <strong>per</strong>dita di entusiasmo e di interesse e dove<br />
prendono il sopravvento sensazioni di tensione e di ansia.<br />
Ad oggi il dibattito scientifico intorno alla definizione di burnout non è ancora del tutto<br />
risolto anche se c’è un sostanziale accordo sul modello <strong>della</strong> Maslach. Quest’ultima in<br />
particolare definisce il burnout come una sindrome psicologica di tipo multidimensionale<br />
caratterizzata da alcuni fattori: esaurimento emotivo, de<strong>per</strong>sonalizzazione e scarsa<br />
realizzazione <strong>per</strong>sonale.<br />
La sensazione di esaurimento emotivo implica il sentirsi emotivamente prosciugati nelle<br />
risorse fisiche ed emotive. L’o<strong>per</strong>atore in burnout si sente svuotato, senza possibilità di<br />
ricaricarsi e senza sufficienti energie <strong>per</strong> affrontare una nuova giornata di lavoro.<br />
Con il termine de<strong>per</strong>sonalizzazione invece ad un eccesso di distacco e di negatività da<br />
parte dell’o<strong>per</strong>atore verso <strong>gli</strong> utenti. Talvolta tale atteggiamento sfocia nella<br />
disumanizzazione <strong>della</strong> relazione col paziente o nel più marcato cinismo.<br />
Con la scarsa realizzazione <strong>per</strong>sonale si indica infine la diminuzione del senso di<br />
competenza e di produttività al lavoro. Tale sensazione può essere incrementata<br />
dall’assenza di opportunità di sviluppo e dalla carenza di sostegno sociale.<br />
Come illustreremo più avanti nel presente manuale, durante il progetto è stato<br />
somministrato a gruppi di o<strong>per</strong>atori assistenziali il questionario di valutazione del burnout<br />
12
ideato appunto dalla Maslach e che si focalizza proprio sull’analisi delle variabili di cui<br />
sopra.<br />
Altrettanto importante è individuare ile determinanti delle situazioni di burnout ne<strong>gli</strong><br />
o<strong>per</strong>atori. Sembra che alla base vi siano molti fattori istituzionali ed organizzativi.<br />
Importante pare ad esempio essere il carico di lavoro, la sua organizzazione e<br />
distribuzione tra le varie figure professionali e la presenza di richieste tra loro incompatibili.<br />
Può risultare problematico anche un ruolo lavorativo non chiaramente definito in quanto<br />
genera ambiguità rispetto alle responsabilità <strong>per</strong>sonali ed a<strong>gli</strong> obiettivi da <strong>per</strong>seguire.<br />
Altro fattore capace di influenzare il benessere psicologico de<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori è la<br />
distribuzione del potere all’interno dell’organizzazione: il grado di autonomia ed il livello di<br />
coinvolgimento nelle decisioni di tipo organizzativo sono strettamente connessi allo stress<br />
lavorativo.<br />
Da ultimo la specifica struttura normativa, le norme implicite e la cultura organizzativa<br />
prevalente, se condivise e definite tra i membri dello staff, <strong>per</strong>mettono di ridurre le<br />
probabilità che si verifichino fenomeni di stress lavorativo tra le risorse. Particolare<br />
rilevanza assume anche il tipo di relazione tra i lavoratori e coloro che hanno<br />
responsabilità dirigenziale: in effetti il sostegno emotivo da parte di su<strong>per</strong>iori e cooleghi si<br />
accompagna a più bassi livelli di burnout.<br />
E’ ovvio che le conseguenze <strong>della</strong> sindrome si avvertono sia sul piano <strong>della</strong> <strong>salute</strong> de<strong>gli</strong><br />
o<strong>per</strong>atori (con fenomeni di rabbia, irritabilità, abuso di psicofarmaci e di alcol) sia sul piano<br />
<strong>della</strong> prestazione lavorativa che la comparsa delle dimensioni di cui si è fatto cenno più<br />
sopra.<br />
Risulta <strong>per</strong>tanto essenziale in quelle professioni fortemente esposte al rischio di burnout<br />
monitorare il livello di stress presente tra <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori onde evitare il cronicizzarsi di<br />
situazioni di disagio e sofferenza fisica ed emotiva.<br />
2.4. Il pregiudizio contro <strong>gli</strong> anziani<br />
Il pregiudizio contro <strong>gli</strong> anziani è davvero molto diffuso nella società. Gli stessi o<strong>per</strong>atori ne<br />
sono sia vittime sia in parte una delle cause scatenanti: da una parte, ne sono responsabili<br />
<strong>per</strong> il basso livello di prestazione fornito a<strong>gli</strong> anziani; dall’altra ne sono vittime poiché sono<br />
considerati professionisti di minor importanza da parte delle organizzazioni stesse.<br />
Sarebbe auspicabile elevare il livello di autoconsapevolezza de<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori rispetto a tale<br />
atteggiamento dispregiativo. Il pregiudizio in esame comporta in sé una sorta di paradosso<br />
dato che la condizione <strong>della</strong> vecchiaia sarà es<strong>per</strong>ienza di tutti. Tuttavia, nonostante la<br />
13
vecchiaia sia uno stato che tutti s<strong>per</strong>imenteranno, pare che collettivamente le <strong>per</strong>sone<br />
fingano che tale condizione non li riguarderà. Alla base di tale pregiudizio vi è<br />
l’accettazione totale e incondizionata de<strong>gli</strong> stereotipi connessi alla vecchiaia: il fatto cioè<br />
che vi sia un minor grado di competenza, sia fisica sia intellettuale. E nonostante vi siano<br />
prove che contraddicono tale stereotipo, esso non viene minimamente intaccato. Alcuni<br />
anziani vedono il loro futuro con maggior entusiasmo ed ottimismo di taluni giovani. Pare<br />
dunque che alla base di un tale atteggiamento nei confronti <strong>della</strong> vecchiaia vi sia una sorta<br />
di timore inconsapevole, che porta ad evitare qualsiasi seria considerazione sulla<br />
vecchiaia.<br />
E’ sorprendente talvolta notare quanto il pregiudizio contro la vecchiaia sia un<br />
atteggiamento piuttosto diffuso anche tra <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori che si occupano di assistenza a<strong>gli</strong><br />
anziani. In alcuni casi esso è la conseguenza di es<strong>per</strong>ienze negative che <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori<br />
stessi hanno avuto con qualche parente anziano. Ma ancor più di tutto pesano le decisioni<br />
politiche che vengono prese nei confronti de<strong>gli</strong> anziani: molte sono in effetti le risorse a<br />
loro dedicate che progressivamente vengono limitate. Da più ampie valutazioni sembra<br />
addirittura che <strong>gli</strong> anziani meritino una porzione inferiore di “torta assistenziale”: a<strong>gli</strong><br />
o<strong>per</strong>atori <strong>per</strong> <strong>gli</strong> anziani viene richiesta una minore qualificazione; viene dedicata una<br />
quantità inferiore di formazione all’interno delle strutture di appartenenza; la qualità<br />
dell’assistenza residenziale è decisamente di minor qualità rispetto a quella ad esempio<br />
dedicata ai minori.<br />
E’ fondamentale dunque che tra i vari suoi obiettivi il lavoro sociale si ponga anche un<br />
cambiamento de<strong>gli</strong> atteggiamenti nei confronti de<strong>gli</strong> anziani. E’ un compito difficile, che<br />
richiede conoscenza, es<strong>per</strong>ienza e capacità di leggere la realtà e spiegare i fatti. Ma è<br />
indispensabile più di tutto la volontà da parte de<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori di prendere coscienza del<br />
fenomeno e di diffondere tale nuovo atteggiamento mentale sia verso i colleghi sia verso i<br />
su<strong>per</strong>iori.<br />
14
3. Il Progetto: descrizione e metodologia<br />
Lo scenario metodologico di riferimento del presente progetto ruota intorno al concetto di<br />
<strong>counseling</strong> in ambito sanitario, inteso sia come promozione <strong>della</strong> <strong>salute</strong>, secondo un’ottica<br />
preventiva, sia come processo volto al mi<strong>gli</strong>oramento delle abilità di relazione con il<br />
paziente <strong>per</strong> far fronte al disagio causato dall’elemento malattia.<br />
Il <strong>counseling</strong> rappresenta in un contesto socio-sanitario l’opportunità di offrire un servizio<br />
efficiente ed efficace che risponda alle richieste di umanizzazione dei servizi cui spesso,<br />
<strong>per</strong> la domanda sempre crescente di prestazioni specialistiche con tempi e costi limitati, è<br />
difficile rispondere.<br />
Le componenti primarie di un intervento di <strong>counseling</strong> soddisfacente devono in particolare<br />
enfatizzare taluni aspetti legati al processo di cura tra cui: la dimensione dell’accessibilità e<br />
dell’appropriatezza <strong>della</strong> cura, dell’efficienza e dell’efficacia <strong>della</strong> cura, <strong>della</strong> soddisfazione<br />
del paziente, del grado in cui e<strong>gli</strong> <strong>per</strong>cepisce in misura critica e soggettiva la qualità del<br />
servizio offerto.<br />
L’altro nucleo fondante di riflessione teorica ed applicativa è rappresentato dalla ricerca-<br />
azione che sintetizza due momenti fondamentali: il momento teorico di studio e<br />
osservazione <strong>della</strong> realtà e quello pratico di intervento e azione sulla stessa secondo un<br />
processo integrato e dinamico. Essa si profila come una ricerca s<strong>per</strong>imentale sul campo<br />
dove l’intervento o azione ha l’obiettivo concreto di cambiare una situazione e dove<br />
durante l’intervento stesso si acquisiscono una serie di informazioni e conoscenze che<br />
vanno a ricadere sull’azione medesima. Lo schema si presenta dunque fortemente<br />
connotato nel senso <strong>della</strong> dinamicità e <strong>della</strong> ciclicità.<br />
Un ulteriore riferimento teorico è dato dalla psicologia <strong>della</strong> <strong>salute</strong> che ha o<strong>per</strong>ato<br />
recentemente un’importante accomodamento tra modello biomedico e modello<br />
biopsicosociale, su<strong>per</strong>ando la storica separazione mente – corpo e promuovendo un<br />
approccio integrato tra le due entità. Nella pratica ciò implica che <strong>salute</strong> e malattia<br />
vengano intese come es<strong>per</strong>ienze tangibili che si riflettono nella vita di tutti i giorni: <strong>per</strong> tale<br />
motivo la psicologia <strong>della</strong> <strong>salute</strong> si propone di conoscere le emozioni di chi è sotto<br />
trattamento o soffre <strong>per</strong> una malattia particolare. La finalità è quella di prendere in<br />
considerazione il senso <strong>della</strong> malattia e <strong>della</strong> <strong>salute</strong> nella vita delle <strong>per</strong>sone attraverso<br />
categorie non confinate in quelle biomediche: <strong>salute</strong> e malattia sono riflesse nella biografia<br />
dell’individuo. L’occasione in cui stimolare la riflessione su quest’ultima è data<br />
dall’intervista qualitativa.<br />
15
Proprio l’intervista etnoclinica è l’elemento fondante dell’approccio qualitativo che<br />
costituisce un altro paradigma metodologico di riferimento. In tal seno la realtà viene colta<br />
come socialmente costruita da culture multiple di cui si cercano i significati fondanti. La<br />
tendenza di oggettivare e di standardizzare l’oggetto di studio comporta una <strong>per</strong>dita <strong>della</strong><br />
trama concettuale che invece viene colta in modo più efficace tramite l’osservazione dei<br />
comportamenti e la lettura del linguaggio. Dato che ogni <strong>per</strong>sona porta la sua lettura<br />
soggettiva <strong>della</strong> realtà, anche il ricercatore assume un ruolo partecipante e non di<br />
osservatore neutro: risulta <strong>per</strong>tanto fondamentale la capacità riflessiva, che produce<br />
conoscenza e dunque innesca possibili cambiamenti.<br />
Il settore <strong>della</strong> Sanità è da tempo al centro di numerose revisioni in termini di<br />
ristrutturazione e riorganizzazione del lavoro: a tal fine numerose sono state le modifiche<br />
attuate da<strong>gli</strong> indirizzi legislativi e gestionali.<br />
Il passaggio cruciale è stato quello del cambiamento di cultura e prospettive nel settore<br />
medesimo che hanno portato allo sviluppo di una gestione manageriale anziché politica e<br />
di una maggiore attenzione alla tipologia dei servizi erogati, alla relazione con l’utente e<br />
alla professionalità dei vari o<strong>per</strong>atori dei servizi socio-assistenziali.<br />
Gli obiettivi <strong>della</strong> “qualità” e ”umanizzazione” dei servizi hanno posto in primo piano la<br />
soddisfazione dei bisogni dell’utenza, la valorizzazione delle competenze del <strong>per</strong>sonale<br />
dipendente e <strong>per</strong>tanto la tipologia del servizio erogato. Tali principi devono diventare<br />
l’unica e vera filosofia entro la quale o<strong>per</strong>are un’adeguata riforma dei servizi socio-<br />
assistenziali.<br />
Con il presente progetto si sono voluti studiare e analizzare i modelli organizzativi<br />
prevalenti nello scenario caratterizzato dalle strutture socio-assistenziali <strong>per</strong> anziani. Tale<br />
esigenza poggia sulla duplice finalità di estrapolare, da una parte, le linee guida e le<br />
strategie in termini di organizzazione presenti nella maggior parte dei presidi <strong>per</strong> anziani,<br />
e, dall’altra, di far emergere i fabbisogni formativi avvertiti dai professionisti del settore al<br />
fine di impostare <strong>per</strong>corsi ad hoc e che non prescindano dalle reali necessità rilevate. Da<br />
tale lavoro sono anche emersi in itinere alcuni spunti di riflessione interessanti che hanno<br />
sostanzialmente riguardato il tipo di coinvolgimento attivo e consapevole nella cura<br />
assunto da<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori, l’approccio preventivo e non solo curativo che ispira le attività di<br />
talune strutture e l’effettivo livello di integrazione raggiunto dalla maggior parte de<strong>gli</strong> ospiti<br />
all’interno dei singoli presidi. Gli aspetti che si sono rivelati vincenti sono stati <strong>per</strong>tanto<br />
quello dell’attiva collaborazione del <strong>per</strong>sonale dipendente nella gestione dei processi e<br />
16
nella definizione de<strong>gli</strong> obiettivi e quello <strong>della</strong> capacità di registrare prontamente tutte le<br />
richieste, opportunità e sfide dell’ambiente esterno.<br />
3.1. Obiettivi del Progetto<br />
Il <strong>counseling</strong> in un’ottica preventiva sembra essere la risposta più accessibile e tempestiva<br />
rispetto al mutato panorama del sistema sanitario ed in particolare socio-assistenziale: in<br />
effetti le strutture tendono ad erogare servizi di ottimo livello tramite un utilizzo adeguato<br />
delle risorse, la formazione specialistica prevede una sempre maggiore integrazione e<br />
responsabilizzazione dei lavoratori, l’utenza infine procede verso una gestione<br />
consapevole <strong>della</strong> <strong>salute</strong> in collaborazione coi professionisti.<br />
A tal fine le azioni di <strong>counseling</strong> svolte nella presente s<strong>per</strong>imentazione si sono focalizzate<br />
sullo sviluppo e raggiungimento dei seguenti macro-obiettivi:<br />
L’agevolazione <strong>della</strong> comunicazione: in tal senso si sono facilitate le modalità di scambio<br />
assertive tra <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori, rispettose dell’interdipendenza di ciascuno all’interno del gruppo<br />
di lavoro. Si è <strong>per</strong>seguito anche l’obiettivo di rendere più efficace la relazione con <strong>gli</strong> utenti<br />
e coi familiari in modo da favorire una comunicazione chiara, onesta ed esauriente.<br />
La condivisione: con l’applicazione delle tecniche attive si è cercato di creare uno spazio<br />
d’incontro privo di barriere professionali che potesse favorire la formazione di uno spirito di<br />
gruppo ed il senso di appartenenza al servizio. In tali momenti si sono altresì affrontati<br />
alcuni dei problemi registrati sul piano organizzativo , limitando ne<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori il senso di<br />
isolamento e di scarsa partecipazione ai processi decisionali.<br />
Il sostegno: sempre nei momenti di gruppo si è cercato di contenere ed elaborare i vissuti<br />
emotivi, analizzando l’utilizzo delle difese non adattive messe in atto nella relazione con<br />
pazienti e familiari e come sistema <strong>per</strong> fronteggiare l’angoscia di malattia e di morte.<br />
3.2. Le fasi del Progetto<br />
Il focus di un intervento di prevenzione ai sintomi di stress e disagio de<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori socio-<br />
assistenziali consiste in programmi di formazione alla comunicazione ed in interventi di<br />
<strong>counseling</strong> in quanto mezzi efficaci <strong>per</strong> instaurare una buona relazione col paziente,<br />
<strong>per</strong>mettendo un’adeguata assistenza nel pieno rispetto dell’anziano. E’ dunque<br />
fondamentale sviluppare l’empowerment de<strong>gli</strong> addetti all’assistenza <strong>per</strong> potenziarne le<br />
risorse individuali e di gruppo e <strong>per</strong> favorire il buon funzionamento dei servizi erogati.<br />
L’applicazione delle tecniche attive, attraverso momenti di ascolto, di elaborazione delle<br />
emozioni e di condivisione, risulta essere la premessa necessaria <strong>per</strong> l’integrazione tra<br />
17
professionalità diverse e <strong>per</strong> la creazione di un lavoro di rete e di un proficuo scambio di<br />
competenze.<br />
3.2.1. FASE 1 – Analisi dello scenario<br />
Nella prima fase si è analizzato lo scenario complessivo delle relazioni tra OSS, pazienti e<br />
fami<strong>gli</strong>ari, indagando sulle motivazioni che stanno alla base delle situazioni di conflittualità<br />
tra o<strong>per</strong>atori e tra paziente ed o<strong>per</strong>atore, con ri<strong>per</strong>cussioni evidenti anche nel rapporto tra<br />
fami<strong>gli</strong>ari, da una parte, e paziente ed o<strong>per</strong>atore, dall’altra.<br />
L’analisi è stata effettuata prevalentemente sulla base di dati primari (analisi field) presso<br />
alcune realtà del settore socio-sanitario (case di riposo) onde ottenere, tramite interviste e<br />
<strong>per</strong> mezzo <strong>della</strong> somministrazione di uno specifico questionario a<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori, uno<br />
scenario complessivo delle motivazioni spesso alla base <strong>della</strong> conflittualità tra paziente ed<br />
o<strong>per</strong>atore, con ri<strong>per</strong>cussioni evidenti anche nel rapporto tra fami<strong>gli</strong>ari, da una parte, e<br />
paziente ed o<strong>per</strong>atore, dall’altra.<br />
I dati emergenti da questa prima fase di analisi sono stati poi raccolti in un secondo<br />
momento in categorie più ampie tali da consentire l’individuazione del gruppo di lavoro con<br />
cui realizzare la fase s<strong>per</strong>imentale.<br />
Il questionario utilizzato <strong>per</strong> l’indagine preliminare è stato l’LBQ (Link Burnout<br />
Questionnaire), che costituisce una rivisitazione del MBI di Maslach e Goldberg: esso<br />
come vedremo nel capitolo successivo è caratterizzato da quattro scale principali<br />
necessarie <strong>per</strong> indagare il livello di burnout presente tra <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori. L’intervista invece è<br />
stata effettuata in piccolo gruppo con <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori medesimi cui era stato proposto il<br />
questionario di cui sopra: essa ha assunto la forma del focus-group consentendo ai singoli<br />
partecipanti uno spazio libero dove raccontare e riflettere sui punti emersi dall’analisi dei<br />
vari questionari. Quest’ultima ha consentito di rilevare in maniera qualitativamente più<br />
pregnante i valori e le credenze che abitano la cultura de<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori socio-sanitari e<br />
anche il metodo con cui sono svolte le attività quotidiane, senza tralasciare la dimensione<br />
sensoriale-affettiva basilare in un contesto come quello dell’assistenza e <strong>della</strong> cura.<br />
3.2.2. FASE 2 – Definizione del modello di intervento<br />
Nella seconda fase si è identificato il modello di intervento più utile <strong>per</strong> incrementare il<br />
livello di soddisfazione e gratificazione <strong>per</strong>sonale de<strong>gli</strong> OSS. Il modello è stato messo a<br />
punto con la collaborazione di una società di consulenza esterna (Azienda in Scena), che<br />
18
ha svolto la fase di s<strong>per</strong>imentazione insieme con <strong>Api</strong>-<strong>Formazione</strong> nella struttura<br />
assistenziale identificata.<br />
La definizione <strong>della</strong> metodologie più idonea ha tenuto conto <strong>della</strong> finalità ultima di<br />
supportare <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori nella gestione delle relazioni tra colleghi e nella gestione più<br />
efficace del loro lavoro, grazie ad una rilettura relazionale ed organizzativa delle attività. I<br />
temi da affrontare sono stati identificati dalla coordinatrice <strong>della</strong> casa di riposo durante un<br />
incontro preliminare avvenuto con la consulente di <strong>Api</strong>-<strong>Formazione</strong> e anche sulla base<br />
delle informazioni rilevate in fase di somministrazione del questionario e di conduzione del<br />
focus group.<br />
La tecnica del Teatro d’Impresa offre una lista di rappresentazioni già scritte e pronte <strong>per</strong><br />
essere messe in scena. Le tematiche affrontate riguardano la comunicazione interna, la<br />
gestione del <strong>per</strong>sonale, la negoziazione e tutti i temi che possono risultare trasversali a<br />
molti tipi di organizzazioni indipendentemente dal loro tipo di business.<br />
In particolare nella presente s<strong>per</strong>imentazione è stata applicata la tecnica dell’Action<br />
Theatre: si tratta di una metodologia attiva ed interattiva che comporta il coinvolgimento<br />
mente e corpo dei partecipanti, alternando momenti di coinvolgimento emotivo a momenti<br />
di rielaborazione cognitiva. La mediazione corporea nello specifico impronta il suo lavoro<br />
sulla centralità del corpo intelligente inteso come memoria relazionale da risve<strong>gli</strong>are.<br />
Partendo dalla <strong>per</strong>cezione corporea (schema corporeo) e immergendosi nella<br />
s<strong>per</strong>imentazione del “gioco” creativo (sensazioni – emozioni - immagini) si giunge<br />
gradualmente ad una maggiore consapevolezza di sé, del proprio stile relazionale e<br />
comunicativo (non-verbale e verbale), attivando l’emersione ed il contatto di quelle risorse<br />
individuali celate poiché non consapevoli. Attivare livelli sempre maggiori di<br />
consapevolezza significa promuovere un processo di empowerment <strong>della</strong> <strong>per</strong>sona che<br />
potrà avere ricadute positive sulla capacità di adottare nuove strategie di problem-solving;<br />
sviluppando maggiore fluidità di “dialogo” fra il mondo interno <strong>della</strong> <strong>per</strong>sona e l’ambiente in<br />
cui essa agisce.<br />
3.2.3. FASE 3-4 – S<strong>per</strong>imentazione del servizio e reporting<br />
Nella fase di s<strong>per</strong>imentazione del modello di intervento si sono applicate le tecniche<br />
previste dalla metodologia dell’Action Theatre dopo aver selezionato il gruppo di o<strong>per</strong>atori<br />
rivelatosi più idoneo sia rispetto al livello di disagio <strong>per</strong>cepito sia rispetto alla disponibilità<br />
dimostrata dalla struttura medesima nel voler realizzare il <strong>per</strong>corso s<strong>per</strong>imentale.<br />
19
I momenti che hanno caratterizzato la s<strong>per</strong>imentazione in oggetto, declinati in base alla<br />
forma data al modello di intervento nel corso <strong>della</strong> fase precedente, si sono caratterizzati<br />
in sessioni di gruppo in cui si sono utilizzate una serie di tecniche attive che hanno<br />
<strong>per</strong>messo il confronto, la condivisione e l’analisi dei reciproci errori in quanto fonte di<br />
apprendimento. Le tecniche di cui ci si è avvalsi sono state quelle <strong>della</strong> Movimento<br />
Terapia e <strong>della</strong> Fabulazione alternate a momenti formativi in gruppo più tradizionali. In tali<br />
tipi di intervento il gruppo non è semplice cornice di lavoro ma diviene vera e propria<br />
risorsa e fonte di stimolo da cui attingere vissuti e contenuti es<strong>per</strong>ienziali.<br />
La Movimento Terapia si caratterizza <strong>per</strong> un’osservazione sistematica dei bisogni<br />
dell’utente. Il setting è rigoroso, fondato sulla definizione precisa di tempo e di spazio<br />
dell’attività, delle modalità di conduzione, delle tecniche e de<strong>gli</strong> input utilizzati: vi è una<br />
definizione precisa dello spazio di lavoro come spazio rituale, inteso come spazio<br />
geometrico, simbolico e affettivo relazionale. Il <strong>per</strong>corso è integrato da momenti di attività<br />
corporea e di verbalizzazione o comunque di rielaborazione anche attraverso l’uso di<br />
modalità espressive, quali attività grafiche e/o manipolative. Nella Movimento Terapia il<br />
gruppo diviene insieme col quale ogni singolo si relaziona in modo non deterministico,<br />
<strong>per</strong>ché mai totalizzante rispetto alle scelte e ai <strong>per</strong>corsi individuali. In sintesi tale tecnica<br />
vuole essere una forma di educazione corporea, emotiva, relazionale che, attraverso un<br />
processo educativo e terapeutico, conduce chi la pratica ad una progressiva assunzione di<br />
responsabilità <strong>della</strong> <strong>per</strong>sonale es<strong>per</strong>ienza corporea ed emotiva.<br />
Con il termine fabulazione si intende quella specifica attività che, utilizzando il processo di<br />
associazione <strong>per</strong> immagini, canalizza le tensioni emotive ed affettive all'interno di strutture<br />
narrative, che presentano una loro ben precisa configurazione. Il filo che unisce le<br />
immagini è più o meno visibile a seconda <strong>della</strong> densità dei singoli prodotti. L'attenzione<br />
alla forma, alla qualità visiva dell'immagine espressa, alla struttura presentata, è<br />
contemporaneamente stimolata dal significato più o meno nascosto che i simboli veicolano<br />
all'interno <strong>della</strong> storia. Questo particolare uso del linguaggio scritto può costituire un valido<br />
apporto <strong>per</strong> l'economia educativo-formativa de<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori. L'organizzazione del prodotto<br />
può avvenire secondo la logica di una raccolta di scritti e/o considerata come supporto<br />
inventivo <strong>per</strong> il settore teatrale.<br />
Per tutta la durata <strong>della</strong> s<strong>per</strong>imentazione si sono somministrati a<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori opportuni<br />
questionari di valutazione e monitoraggio dell’intervento sia in itinere sia al termine. Ciò ha<br />
consentito di calibrare di volta in volta il tipo di tecnica applicata e di considerare eventuali<br />
20
modifiche rispetto alla progettazione iniziale. I questionari hanno anche consentito di<br />
verificare la riproducibilità e replicabilità dei vari interventi.<br />
21
4. Il <strong>counseling</strong> sanitario: pratica interdisciplinare di prevenzione e<br />
sostegno<br />
4.1 Premessa<br />
Nella presente sezione si vuole illustrare il <strong>per</strong>corso di realizzazione del progetto<br />
attraverso la descrizione di un caso affrontato nel processo di consulenza. Il ta<strong>gli</strong>o che si<br />
intende dare alla trattazione è di tipo pratico-o<strong>per</strong>ativo: sono infatti proprio i metodi e <strong>gli</strong><br />
strumenti adottati in fase di consulenza a costituire il focus dell’intera argomentazione,<br />
arricchita di spunti di riflessione e suggerimenti circa le motivazioni che hanno guidato le<br />
scelte o<strong>per</strong>ative e la gestione di talune dinamiche consulenziali. L’intervento pone estrema<br />
attenzione al concetto di responsabilità, sia del counselor sia del cliente, di gestione<br />
efficace del tempo e delle risorse, tramite un continuo monitoraggio delle procedure e dei<br />
risultati: in tal senso il <strong>counseling</strong> nei suoi adattamenti recenti corrisponde alla ricerca,<br />
attuale nelle aziende, di minimizzare i costi e massimizzare il rendimento. Tra le sue<br />
caratteristiche principali vi sono dunque la breve durata ed economicità, che consentono di<br />
avvicinare e intervenire su più <strong>per</strong>sone in un’ottica positiva e pragmatica consentendo alle<br />
<strong>per</strong>sone coinvolte di diventare artefici del loro cambiamento e <strong>della</strong> loro crescita.<br />
4.2 Fase 1: la survey preliminare e <strong>gli</strong> strumenti di analisi<br />
Una prima fase <strong>della</strong> s<strong>per</strong>imentazione ha previsto l’invio di un mailing rivolto a tutte le<br />
strutture socio-assistenziali associate e non ad <strong>Api</strong>-<strong>Formazione</strong>: nella comunicazione<br />
venivano illustrate le finalità del progetto e spiegati <strong>gli</strong> obiettivi che si intendevano<br />
<strong>per</strong>seguire con tutto il <strong>per</strong>corso di s<strong>per</strong>imentazione.<br />
Sulla base dei riscontri ricevuti si sono identificate quattro realtà con cui avviare la survey<br />
s<strong>per</strong>imentale in modo da poter racco<strong>gli</strong>ere una prima quantità di informazioni utili a<br />
descrivere il livello di burn-out presente all’interno delle varie realtà dedite all’assistenza<br />
a<strong>gli</strong> anziani. La scelta si è basata su alcuni aspetti tra cui le dimensioni delle strutture, il<br />
numero di O.S.S. presenti all’interno <strong>della</strong> struttura e l’interesse espresso in un primo re-<br />
call telefonico verso il tipo di analisi offerto.<br />
Si è provveduto ad incontrare ogni Referente di struttura in modo da descrivere in detta<strong>gli</strong>o<br />
il tipo di intervento proposto e soprattutto al fine di racco<strong>gli</strong>ere una serie di dati preliminari<br />
sulla struttura in generale e sul tipo di difficoltà maggiormente avvertite dalla Direzione<br />
rispetto al tema di analisi <strong>della</strong> s<strong>per</strong>imentazione.<br />
Successivamente si sono organizzati in ogni struttura i vari gruppi di O.S.S. cui sottoporre<br />
il questionario di rilevazione dei livelli di burn-out (LBQ). Come si è già evidenziato lo<br />
22
strumento consente di indagare quattro dimensioni, ognuna delle quali si articola lungo un<br />
continuum racchiuso tra poli opposti: esaurimento-energia (dimensione psicofisica);<br />
deterioramento-coinvolgimento (dimensione <strong>della</strong> relazione); inefficacia-efficacia<br />
(dimensione <strong>della</strong> competenza professionale); disillusione-soddisfazione (dimensione delle<br />
aspettative esistenziali). Per ogni area sono presenti 8 item, 4 relativi al polo positivo e 4<br />
relativi ad aspetti negativi. La modalità di risposta prevede una scala Likert a sei punti,<br />
corrispondenti alla frequenza con cui lo stato descritto viene avvertito da ciascun O.S.S.<br />
I vari o<strong>per</strong>atori socio-assistenziali si sono in tal modo misurati su una serie di affermazioni<br />
riferentisi alle seguenti 4 macro-categorie:<br />
1. L’esaurimento psicofisico: la sensazione di aver esaurito le risorse psico-fisiche è una<br />
delle caratteristiche centrali <strong>della</strong> sindrome. La condizione di esaurimento ha notevoli<br />
ri<strong>per</strong>cussioni sia <strong>per</strong> l’utente, che non riceve cure e sostegno adeguati, sia <strong>per</strong><br />
l’o<strong>per</strong>atore, che non ha più la capacità <strong>per</strong> fornire servizi adeguati e comprendere le<br />
esigenze ed i bisogni dell’utente.<br />
2. Deterioramento <strong>della</strong> relazione: in tal caso la sensazione di coinvolgimento distacco<br />
modifica notevolmente nell’o<strong>per</strong>atore la <strong>per</strong>cezione dell’utente. L’o<strong>per</strong>atore diventa<br />
incapace nei casi più gravi di prestare attenzione alle reazioni peculiari dell’utente, al<br />
suo modo di porsi e di esprimere i bisogni. La <strong>per</strong>cezione fredda e disumanizzata<br />
dell’utente porta l’o<strong>per</strong>atore a comportamenti di vero e proprio cinismo ed ostilità. E’<br />
chiaro che un distacco eccessivo rende il servizio offerto poco adatto a colmare i<br />
bisogni e disagi dell’utente.<br />
3. Inefficacia professionale: la condizione di burn-out rende l’o<strong>per</strong>atore incapace di<br />
co<strong>gli</strong>ere i progressi che il suo impegno fa compiere a<strong>gli</strong> utenti, e dunque corre il rischio<br />
di sentirsi non gratificato e appagato dal suo lavoro. L’abilità dell’o<strong>per</strong>atore consiste nel<br />
co<strong>gli</strong>ere piccoli cambiamenti dato che i progressi spesso raggiunti dall’utente sono<br />
quasi im<strong>per</strong>cettibili.<br />
4. Disillusione: in seguito allo svolgimento di mansioni frustranti o ripetitive e assistendo<br />
utenti in grave difficoltà le aspettative iniziali di svolgere una professione educativa e di<br />
aiuto tendono a smorzarsi e si scontrano con una realtà troppo dura ed im<strong>per</strong>meabile<br />
a<strong>gli</strong> sforzi individuali di cambiamento, lasciando un profondo senso di delusione.<br />
Dall’analisi quantitativa dei questionari somministrati ai quattro gruppi di o<strong>per</strong>atori socio-<br />
assistenziali è emerso un quadro abbastanza diffuso di affaticamento de<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori in<br />
tutte le realtà esaminate. In particolare le aree maggiormente sollecitate paiono essere<br />
23
quelle legate al deterioramento <strong>della</strong> relazione ed al senso di inefficacia. In effetti la<br />
letteratura sull’argomento sembra fornire dati che si muovono nella medesima direzione:<br />
parrebbe infatti che lo stress proprio delle “helping professions” sia rilevabile proprio in una<br />
tendenza generalizzata da parte de<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori al disinvestimento emotivo nella relazione<br />
ed in una marcata sensazione di inadeguatezza dal punto di vista dei risultati raggiunti.<br />
Rispetto alla prima dimensione l’angoscia dell’o<strong>per</strong>atore di essere sopraffatto<br />
emotivamente, non elaborata, non affrontata e risolta, incompatibile con l’equilibrio<br />
psichico, determina meccanismi di difesa psicologici non sempre adattivi. Le modalità<br />
prevalenti sono in genere il rifugio nel tecnicismo, l’accanimento terapeutico, lo sviluppo di<br />
una concezione del lavoro come pura fonte di guadagno.<br />
Riguardo alla seconda dimensione invece il confronto col tema <strong>della</strong> separazione, <strong>della</strong><br />
<strong>per</strong>dita e <strong>della</strong> morte induce a rivedere le pregresse fantasie di onnipotenza e sviluppa<br />
nell’o<strong>per</strong>atore dubbi esistenziali sul senso <strong>della</strong> vita, <strong>della</strong> morte ma soprattutto sul senso<br />
del lavoro scelto. E’ indispensabile dunque che ogni o<strong>per</strong>atore analizzi le <strong>per</strong>sonali<br />
motivazioni e bisogni che lo hanno spinto verso la professione in questione al fine di non<br />
anteporre le sue originarie aspettative nella relazione con l’utente e di non proiettare su di<br />
lui il disagio psicologico irrisolto. La sindrome da burnout sembra dunque iniziare con<br />
sentimenti di sconfitta che sfociano nel tempo in una debilitante condizione psicologica<br />
che costa anche alla struttura in cui lavora l’o<strong>per</strong>atore in termini di frequenza di malattie<br />
cardiache, ansia, nevrosi, depressione e dunque assenteismo.<br />
Ciò che nello specifico costituisce una fonte di preoccupazione <strong>per</strong> le strutture sono i<br />
vissuti di aggressività e di rabbia che l’o<strong>per</strong>atore esprime <strong>per</strong> la <strong>per</strong>dita di controllo e<br />
<strong>per</strong>ché avverte l’ospite come intrusivo e giudicante. Occorre cioè ricalibrare la giusta<br />
distanza nella relazione tra o<strong>per</strong>atore e utente in modo che essa risulti orientata<br />
all’ascolto, con un approccio empatico ai problemi del paziente evitando un eccessivo<br />
coinvolgimento ma riconoscendo l’altro come <strong>per</strong>sona con bisogni particolari.<br />
Dopo la fase di somministrazione dei questionari, l’indagine preliminare ha incluso anche<br />
un momento di approfondimento qualitativo mediante l’organizzazione di focus group con<br />
le medesime o<strong>per</strong>atrici cui era stato somministrato il questionario.<br />
L’idea di fondo di questo metodo è che l’interazione sociale che si crea durante la<br />
realizzazione del focus group costituisce una risorsa importante nel trasmettere<br />
informazione, consapevolezza dei rispettivi ruoli e crescita culturale dei partecipanti e di<br />
chi conduce il focus. Questo aspetto rappresenta la prima importante caratteristica<br />
24
sostantiva del metodo e <strong>per</strong> questo motivo si differenzia dalle tradizionali interviste di<br />
gruppo dove l’interazione avviene di volta in volta tra i partecipanti e il moderatore.<br />
I focus group rispondono a precise regole di preparazione, organizzazione e gestione.<br />
Coinvolgono normalmente un numero di partecipanti variabile tra i 6 ed i 10 a seconda<br />
<strong>della</strong> complessità e delicatezza del tema che viene trattato. E’ importante infine costituire<br />
gruppi con partecipanti omogenei dal punto di vista delle loro caratteristiche sociali e<br />
culturali in modo da facilitare la partecipazione e la discussione di tutti i membri del<br />
gruppo. Sempre a seconda <strong>della</strong> complessità de<strong>gli</strong> argomenti discussi, i focus group<br />
hanno solitamente una durata variabile tra 1 e 2 ore. Essi sono gestiti da due figure<br />
professionali con funzioni tra loro complementari: il conduttore e l’osservatore.<br />
Il conduttore, nella fase che precede la conduzione dei gruppi di lavoro, redige le linee<br />
guida del focus group intorno ad un’ipotesi di lavoro maturata dal confronto e dalla<br />
discussione con es<strong>per</strong>ti, partecipanti al gruppo di ricerca e testimoni privilegiati,<br />
affrontando aspetti sia di contenuto sia quelli più propriamente legati alla comunicazione<br />
nel gruppo e con il gruppo. Nella fase di svolgimento del focus group il conduttore ha il<br />
compito di introdurre il tema dell’indagine con i partecipanti al focus, di guidare e pilotare<br />
<strong>gli</strong> intervistati verso <strong>gli</strong> argomenti che più interessano seguendo la tecnica dello stimolo-<br />
risposta, assicurandosi che <strong>gli</strong> intervistati non divaghino, eludano o fraintendano il<br />
significato delle domande. Il conduttore deve avere bene interiorizzato la gri<strong>gli</strong>a di<br />
domande che sottoporrà a<strong>gli</strong> intervistati con l’accortezza di considerare tale gri<strong>gli</strong>a non più<br />
che un canovaccio dal quale partire e al quale fare riferimento senza <strong>per</strong>ò attenersi ad<br />
esso in modo rigido, ma adattandolo alla dimensione psico-sociale del gruppo ed al tipo di<br />
relazione che si è instaurata tra i suoi membri e con il conduttore.<br />
L’osservatore svolge mansioni di tipo logistico e organizzativo prima, durante e dopo la<br />
costituzione del gruppo. Nella fase che precede la realizzazione del focus group ha il<br />
compito di costituire il gruppo di discussione e di individuare una sede di svolgimento<br />
‘neutra’ che non sia connotata in modo negativo da un punto di vista sociale. Durante lo<br />
svolgimento del focus group svolge un ruolo di assistenza al conduttore: dalla<br />
registrazione dell’incontro, all’annotazione di indicazioni e commenti sulla conduzione da<br />
parte del conduttore, all’osservazione delle dinamiche e del clima che si instaura all’interno<br />
del gruppo. In una fase successiva, immediatamente dopo la conclusione del focus group,<br />
l’osservatore deve comunicare al conduttore le impressioni ‘a caldo’ su conduzione e<br />
dinamiche del gruppo.<br />
25
Nel caso specifico <strong>della</strong> presente indagine la figura dell’osservatore e del conduttore<br />
coincidevano e ciò non ha rappresentato un limite all’approfondimento ma anzi ha<br />
<strong>per</strong>messo alle o<strong>per</strong>atrici coinvolte di instaurare un rapporto di fiducia col conduttore:<br />
rapporto che si è poi rivelato utile col gruppo con cui si è svolta la s<strong>per</strong>imentazione <strong>per</strong><br />
intero, includendovi cioè anche l’applicazione delle tecniche attive.<br />
La finalità <strong>per</strong>seguita con la creazione dei focus group è duplice:<br />
- da una parte, confrontare i dati ricavati con la somministrazione del questionario con<br />
quelli invece derivanti dall’approfondimento reso possibile con lo svolgimento dei focus<br />
group;<br />
- dall’altra, racco<strong>gli</strong>ere appunto ulteriori indicazioni sulle difficoltà maggiormente<br />
<strong>per</strong>cepite dai singoli gruppi di o<strong>per</strong>atrici e su<strong>gli</strong> aspetti che avevano contribuito a<br />
determinare l’orientamento di alcune variabili prese in esame dal questionario.<br />
Il focus group è stato organizzato secondo due sezioni:<br />
1. I fattori situazionali e quindi que<strong>gli</strong> elementi che a livello organizzativo contribuiscono<br />
ad innescare ed esacerbare meccanismi di burnout ne<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori. Ad esempio la<br />
distribuzione dei carichi di lavoro, la struttura dei ruoli presente nell’organizzazione, le<br />
caratteristiche organizzative <strong>della</strong> struttura di riferimento ed il clima relazionale tra<br />
colleghi possono costituire una base su cui i sintomi <strong>della</strong> sindrome poggiano. Proprio<br />
tali aspetti sono stati quelli indagati durante il focus group ed hanno consentito di<br />
analizzare le dimensioni organizzative maggiormente disfunzionali e causa del disagio<br />
avvertito dalle o<strong>per</strong>atrici;<br />
2. I fattori individuali invece sono ricollegabili più al quadro di <strong>per</strong>sonalità dell’o<strong>per</strong>atore e<br />
alla scala di valori, aspettative e modelli di attribuzione che ne guidano il<br />
comportamento. Per tale motivo nella gri<strong>gli</strong>a del focus group erano previsti spunti di<br />
discussione e approfondimento relativi al livello di autostima <strong>per</strong>cepito, alle modalità di<br />
adattamento alle situazioni, alle rappresentazioni sul tipo di professione, al grado di<br />
coinvolgimento nelle attività lavorative quotidiane.<br />
Da<strong>gli</strong> incontri condotti nei vari gruppi di o<strong>per</strong>atrici sono emersi alcuni spunti di riflessione<br />
importanti, che sembrano di nuovo confermare la letteratura sull’argomento. In particolare<br />
le OSS intervistate sottolineano che nei momenti di difficoltà ci sono alcuni elementi che<br />
possono essere di supporto:<br />
1. il fatto di possedere aspettative realistiche nei confronti delle <strong>per</strong>sonali capacità e delle<br />
caratteristiche <strong>della</strong> malattia;<br />
26
2. la possibilità di vedere riconosciuti i <strong>per</strong>sonali sentimenti da parte delle altre colleghe o<br />
addirittura da parte <strong>della</strong> Direzione;<br />
3. l’aver sviluppato una filosofia di vita forte che conferisca un senso al valore del lavoro<br />
svolto;<br />
4. la possibilità di rita<strong>gli</strong>are tempo <strong>per</strong> sé stessi al di fuori del lavoro e dunque di poter<br />
contare su aspetti di vita <strong>per</strong>sonali compensativi e gratificanti;<br />
5. il fatto di possedere una struttura di <strong>per</strong>sonalità con una marcata predisposizione al<br />
controllo, alla sfida e all’impegno (cosiddetta <strong>per</strong>sonalità hardy) capace di contrastare<br />
<strong>gli</strong> effetti dello stress lavorativo;<br />
6. la possibilità di poter contare su un team di lavoro collaborativo e unito, in grado di<br />
fornire sostegno e confronto a fronte di situazioni difficili da gestire;<br />
7. la disponibilità a frequentare corsi di formazione alla comunicazione, alla relazione e/o<br />
gruppi di sostegno e ascolto psicologico organizzati ad hoc <strong>per</strong> <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori.<br />
Pare dunque evidente il peso che i due piani di fattori assumono nello scatenare situazioni<br />
di stress: il prevalere dell’uno piuttosto che dell’altro dipende, come abbiamo già<br />
sottolineato, dalle caratteristiche <strong>per</strong>sonali delle singole o<strong>per</strong>atrici come da quelle<br />
specifiche <strong>della</strong> struttura in cui o<strong>per</strong>ano.<br />
4.3 Fase 2: l’analisi <strong>della</strong> domanda<br />
Dopo l’indagine preliminare si è proceduti con la s<strong>per</strong>imentazione vera e propria mediante<br />
applicazione di tecniche attive, di cui si parlerà più estesamente nei paragrafi successivi.<br />
La scelta <strong>della</strong> struttura socio-assistenziale con cui portare avanti il <strong>per</strong>corso s<strong>per</strong>imentale<br />
è stata dettata dal livello di motivazione e di disponibilità rilevati nei momenti di confronto<br />
in gruppo coi vari team di o<strong>per</strong>atrici. L’intervento di <strong>counseling</strong> a livello aziendale si pone<br />
come obiettivo principale quello di promuovere un processo di crescita e di sviluppo nel<br />
<strong>per</strong>sonale, valorizzando le risorse individuali e le relazioni inter<strong>per</strong>sonali: necessita dunque<br />
di un atteggiamento di reciprocità tra consulente e lavoratori coinvolti e non può<br />
prescindere da un’effettiva disponibilità al cambiamento da parte di quest’ultimi.<br />
La fase di analisi <strong>della</strong> domanda è stata caratterizzata da alcuni incontri presso la casa di<br />
riposo, coinvolgendo una serie di attori tra cui la Direzione <strong>della</strong> struttura ed il consulente<br />
di <strong>Api</strong>-<strong>Formazione</strong>. Si deve sottolineare a proposito che tutto il processo di consulenza si è<br />
verificato in sede: non si tratta di una scelta casuale bensì basata su precise<br />
considerazioni o<strong>per</strong>ative. Avere, infatti, l’opportunità di visitare direttamente il contesto e di<br />
vivere <strong>per</strong>tanto, anche se in maniera sporadica e marginale, il clima <strong>per</strong>cepibile all’interno<br />
27
<strong>della</strong> struttura, costituisce una fonte insostituibile di informazioni indirette: queste vengono<br />
a guidare in maniera latente ma forte l’intero processo di consulenza, offrendo occasioni di<br />
riflessione e ispirando strategie di intervento che, diversamente, sarebbero state dettate<br />
solo da considerazioni razionali e avulse da qualsiasi riferimento reale.<br />
La Direttrice ha delineato una serie di esigenze: dall’ottimizzare i flussi comunicativi tra<br />
OSS al favorire la creazione di un clima di team fondato sulla collaborazione e sul<br />
sostegno tra colleghi. E’ emerso anche il bisogno di trasmettere al gruppo di OSS<br />
coinvolte una forma di riconoscimento e di valorizzazione <strong>della</strong> loro professionalità,<br />
dedicando loro <strong>per</strong> intero uno spazio in cui potessero esprimersi liberamente e dunque<br />
sentire accolti eventuali bisogni e/o difficoltà incontrate. Ciò anche al fine di comprendere<br />
<strong>gli</strong> aspetti di maggiore criticità connessi al loro lavoro e dunque di impostare<br />
sinergicamente strategie efficaci <strong>per</strong> risolverle.<br />
Si è trattato in realtà di una domanda di supporto non ben delineata nella sua formulazione<br />
iniziale: il consulente ha <strong>per</strong>ò ritenuto di non guidare in maniera eccessiva il <strong>per</strong>imetro<br />
<strong>della</strong> richiesta, avvertendo che in questo modo era possibile in fasi successive e durante la<br />
s<strong>per</strong>imentazione focalizzare solo taluni aspetti anche alla luce dei bisogni portati in gruppo<br />
dalle singole OSS. Il consulente ha ritenuto importante focalizzare alcuni punti essenziali<br />
sulla consulenza in generale:<br />
si tratta di un intervento di supporto a fronte di problemi specifici e/o durante fasi di<br />
cambiamento/crisi a livello organizzativo;<br />
sostiene coloro che si trovano coinvolti nel processo di cambiamento e/o affrontamento<br />
di problemi particolari;<br />
favorisce l’analisi e la comprensione di alcune criticità in seno all’organizzazione senza<br />
<strong>per</strong> questo fornire soluzioni preconfezionate.<br />
Il rapporto dunque che si instaura tra cliente e counselor è di tipo paritario dato che il tipo<br />
di prestazione fornita viene contrattata dai due soggetti all’inizio e non prevede la “cura” di<br />
aspetti problematici ma si profila come una richiesta di orientamento, sostegno e guida.<br />
Con la Responsabile del <strong>per</strong>sonale dunque si è sottolineato il fatto che si sarebbe lavorato<br />
insieme <strong>per</strong> un tempo determinato e su un’area che potesse comprendere alcuni de<strong>gli</strong><br />
aspetti da lei evidenziati durante l’analisi <strong>della</strong> domanda, esaltando soprattutto il ta<strong>gli</strong>o<br />
pragmatico di individuazione delle principali criticità e di trasmissione delle modalità più<br />
utili <strong>per</strong> affrontarlo, in un clima di accettazione empatica e di alleanza collaborativa.<br />
Inoltre con la Referente si è altresì richiamata l’attenzione sulla necessità di coinvolgere il<br />
gruppo delle OSS predefinito, organizzando un intervento in plenaria, a cui far partecipare<br />
28
i diversi protagonisti <strong>della</strong> consulenza. Il gruppo delle OSS è stato individuato dalla<br />
Direttrice medesima in base ai livelli motivazionali delle singole o<strong>per</strong>atrici ed al grado di<br />
interesse mostrato dalle medesime al momento <strong>della</strong> descrizione del <strong>per</strong>corso<br />
s<strong>per</strong>imentale in plenaria.<br />
4.3.1 Alcuni dati sulla casa di riposo coinvolta nella s<strong>per</strong>imentazione<br />
In fase di analisi <strong>della</strong> domanda risulta quanto mai necessario ricostruire la storia e le<br />
tappe distintive del <strong>per</strong>corso evolutivo aziendale: ciò anche al fine di calare il più possibile<br />
nella specifica realtà la tipologia di strumenti utilizzabili e di raccordare l’esigenza espressa<br />
con le peculiarità del contesto di riferimento.<br />
La Casa di Riposo coinvolta nella s<strong>per</strong>imentazione è stata fondata ne<strong>gli</strong> anni ‘80 su<br />
iniziativa del Parroco <strong>della</strong> zona.<br />
La Casa di Riposo ad oggi è organizzata in tre nuclei autonomi. Nello specifico include:<br />
- Nucleo RA <strong>per</strong> autosufficienti (16 camere);<br />
- Nucleo RAF <strong>per</strong> non autosufficienti (11 camere);<br />
- Nucleo RAF <strong>per</strong> non autosufficienti (9 camere al 1° piano);<br />
- Nucleo RA <strong>per</strong> autosufficienti (4 camere al piano terreno).<br />
In ogni nucleo vi è una sala soggiorno/pranzo, un bagno assistito <strong>per</strong> l'igiene de<strong>gli</strong> ospiti<br />
con difficoltà motorie e le altre attrezzature previste dalle norme di legge. Al piano terreno<br />
la Casa dispone di due saloni <strong>per</strong> attività ricreative e di animazione e <strong>per</strong> il ricevimento dei<br />
parenti. E' inoltre a disposizione all'esterno un'area verde alberata abbastanza estesa,<br />
attrezzata <strong>per</strong> attività e intrattenimenti all'a<strong>per</strong>to nella bella stagione.<br />
L'attività ordinaria <strong>della</strong> Casa è gestita dalla Direttrice, che ha a disposizione 31 dipendenti<br />
<strong>per</strong> l'assistenza de<strong>gli</strong> ospiti e <strong>per</strong> i servizi connessi. A questi si aggiunge <strong>per</strong>sonale esterno<br />
qualificato, chiamato secondo necessità (fino a 10 <strong>per</strong>sone).<br />
Collaborano inoltre circa 40 volontari che forniscono prestazioni in campi specifici.<br />
L'assistenza sanitaria e infermieristica è coordinata dal Direttore Sanitario ed è fornita,<br />
oltreché dai medici di base scelti da<strong>gli</strong> ospiti, da tre infermieri e da un'o<strong>per</strong>atrice<br />
geromotricista.<br />
Tutti <strong>gli</strong> ospiti si avvalgono delle prestazioni ordinarie e specialistiche erogate dal SSN.<br />
L’aspetto critico emerso in fase di analisi <strong>della</strong> domanda ha riguardato essenzialmente la<br />
gestione dei flussi comunicativi, la valorizzazione del ruolo delle OSS ed una sorta di<br />
incongruenza tra le attese dei singoli lavoratori e quelle invece <strong>per</strong>seguite dalla Direzione<br />
a livello di team. La Referente avvertiva, infatti, come aspetti deficitari a livello di team sia<br />
29
una sorta di difetto comunicativo sia la presenza di scarsi livelli motivazionali e progettuali<br />
rispetto al futuro del team medesimo. Il bisogno principale <strong>della</strong> Direzione rimaneva<br />
comunque quello di offrire alle OSS uno spazio interamente dedicato a loro quasi come<br />
ricompensa <strong>per</strong> il lavoro svolto e come canale <strong>per</strong> esaltarne le funzioni all’interno <strong>della</strong><br />
struttura. La consulenza nella fase di analisi si è <strong>per</strong>tanto concentrata sulla rilevazione di<br />
tale criticità, che ha poi portato ad impostare nella fase successiva un appropriato<br />
<strong>per</strong>corso s<strong>per</strong>imentale con adeguate tecniche attive.<br />
4.4 Fase 3: pianificazione dell’intervento<br />
Nella fase di pianificazione dell’intervento si sono concordati <strong>gli</strong> step principali<br />
caratterizzanti il processo di consulenza.<br />
Il team di progetto ha dunque proposto all’azienda il seguente prospetto di azioni:<br />
1. incontri di gruppo <strong>della</strong> durata di 3 ore ciascuno a cadenza settimanale <strong>per</strong> un totale di<br />
6 incontri;<br />
2. l’utilizzo di una metodologia mista in cui a momenti di erogazione tradizionale dei<br />
contenuti formativi si alternavano momenti caratterizzati dall’applicazione di tecniche<br />
attive. La metodologia rivelatasi più efficace rispetto ai temi enucleati dalla Direzione in<br />
fase di analisi è stata quella dell’Action Theatre dove è possibile il coinvolgimento dei<br />
partecipanti sia dal punto di vista cognitivo sia sul piano corporeo;<br />
3. l’utilizzo <strong>della</strong> “fabulazione narrativa” come strumento principale <strong>per</strong> favorire<br />
l’espressione da parte delle OSS di eventuali disagi e difficoltà <strong>per</strong>cepiti;<br />
4. un momento di restituzione finale alla Direzione in cui il consulente di <strong>Api</strong>-<strong>Formazione</strong><br />
cerca di illustrare i dati e <strong>gli</strong> elementi salienti rilevati durante la s<strong>per</strong>imentazione in<br />
forma di rimando utile <strong>per</strong> la Direttrice medesima al fine di correggere taluni aspetti dal<br />
punto di vista o<strong>per</strong>ativo.<br />
4.5 Fase 4: L’intervento: condivisione de<strong>gli</strong> obiettivi <strong>della</strong> consulenza<br />
Nella fase iniziale <strong>della</strong> consulenza si sono esplicitati sia alla Direzione sia al gruppo delle<br />
OSS <strong>gli</strong> obiettivi e le modalità di erogazione <strong>della</strong> consulenza. Come già sottolineato la<br />
motivazione alla base di un tale modo di avviare il lavoro con la casa di riposo si fonda<br />
sull’esigenza di costruire un sistema di significati condiviso con la medesima al fine di<br />
facilitare la comunicazione e l’interpretazione delle informazioni gestite nelle fasi<br />
successive.<br />
30
In particolare si è richiamata l’attenzione su alcuni punti fondamentali, una parte dei quali<br />
ha ispirato l’intervento nel suo complesso:<br />
la volontà di supportare la struttura nell’attuazione di <strong>per</strong>corsi di mi<strong>gli</strong>oramento in<br />
relazione ad aspetti organizzativi considerati “critici”;<br />
l’applicazione di un intervento metodologico orientato a valorizzare la partecipazione, il<br />
coinvolgimento e la crescita delle <strong>per</strong>sone;<br />
la definizione precisa del ruolo del counselor, mettendo in evidenza che non è una<br />
<strong>per</strong>sona che fornisce consi<strong>gli</strong>, che non è il portavoce <strong>della</strong> direzione aziendale, e che,<br />
infine, non si fa carico di conflittualità patologiche presenti nell’organizzazione;<br />
la focalizzazione sulla funzione principale del counselor che è appunto quella di<br />
stimolare la presa di coscienza da parte dei dipendenti delle loro capacità e dunque<br />
delle risorse a loro disposizione <strong>per</strong> affrontare eventuali cambiamenti o conflitti.<br />
4.5.1 L’intervento: definizione de<strong>gli</strong> obiettivi di mi<strong>gli</strong>oramento<br />
Nella fase successiva si è svolto un incontro col gruppo delle OSS <strong>per</strong> comprendere quali<br />
potessero essere <strong>gli</strong> obiettivi e le aspettative che le medesime si proponevano e se<br />
quest’ultime erano in linea con quelle indicate dalla Direzione.<br />
Durante l’incontro si è utilizzato il confronto di gruppo, fornendo solo stimoli alle OSS che<br />
potessero supportarle nella riflessione e nella focalizzazione de<strong>gli</strong> obiettivi. Inoltre altra<br />
finalità dell’incontro è stata quella di approfondire col <strong>per</strong>sonale coinvolto le mansioni<br />
svolte da ciascuna risorsa e dunque di far emergere <strong>gli</strong> aspetti di criticità od obiettivi di<br />
mi<strong>gli</strong>oramento proprio dai partecipanti stessi.<br />
Dall’incontro sono emersi alcuni spunti importanti e utili <strong>per</strong> strutturare la tipologia di<br />
contenuti de<strong>gli</strong> incontri successivi:<br />
- il desiderio di conoscersi me<strong>gli</strong>o in modo da riflettere sui <strong>per</strong>sonali pregi e difetti,<br />
aspirazioni e limiti nell’ottica di poter capire me<strong>gli</strong>o sia <strong>gli</strong> utenti sia i parenti ed i<br />
colleghi;<br />
- la volontà di mi<strong>gli</strong>orare le modalità di comunicazione <strong>per</strong> potersi esprimere senza<br />
fraintendimenti e <strong>per</strong> comprendere il vero messaggio de<strong>gli</strong> altri;<br />
- il bisogno di mantenere la giusta distanza sia con l’utente sia con i parenti in modo da<br />
non <strong>per</strong>dere di vista i bisogni <strong>per</strong>sonali;<br />
- la curiosità di osservare le caratteristiche de<strong>gli</strong> altri <strong>per</strong> valorizzarle e <strong>per</strong> evitare <strong>gli</strong><br />
scontri, rispettandone le qualità e le aspirazioni;<br />
- la possibilità di mi<strong>gli</strong>orare la gestione del limite tra vita <strong>per</strong>sonale e vita professionale.<br />
31
Inoltre sono stati evidenziati anche alcuni aspetti critici relativi alle attività svolte dalle OSS:<br />
- la distribuzione dei carichi di lavoro e la suddivisione delle attività viene avvertita dalle<br />
OSS come pesante e poco omogenea;<br />
- sono segnalati errori nella gestione dei conflitti o scelte di stile inappropriate al<br />
contesto;<br />
- le OSS si <strong>per</strong>cepiscono poco riconosciute nel loro ruolo da parte <strong>della</strong> Direzione.<br />
Gli obiettivi da raggiungere che vengono messi in luce dai partecipanti sono:<br />
Gestione più efficace <strong>della</strong> comunicazione interna<br />
Approfondimenti sulla gestione <strong>della</strong> relazione tra le OSS e la Direzione nonché tra le<br />
OSS e <strong>gli</strong> utenti ed i parenti;<br />
Mi<strong>gli</strong>orare il clima a livello di team di lavoro mediante la condivisione delle difficoltà<br />
<strong>per</strong>cepite nello svolgimento delle ordinarie attività.<br />
Dopo i due incontri sopra descritti i consulenti hanno fissato un appuntamento di kick-off<br />
del progetto con la Responsabile del <strong>per</strong>sonale al fine di evidenziare <strong>gli</strong> elementi di criticità<br />
emersi col gruppo delle OSS e decidere <strong>per</strong>tanto su quali aspetti focalizzare l’intervento: è<br />
fondamentale infatti in fase preliminare delimitare il <strong>per</strong>imetro di intervento <strong>della</strong><br />
consulenza <strong>per</strong> circoscrivere lo spettro de<strong>gli</strong> obiettivi da raggiungere. E’ necessario che la<br />
definizione de<strong>gli</strong> obiettivi identificati dalle OSS sia condivisa dalla Direzione e corrisponda<br />
in parte alle aspettative <strong>della</strong> medesima, evitando che l’entusiasmo e la volontà<br />
onnipotente dei consulenti di risolvere tutti i problemi abbiano il sopravvento.<br />
Con la Referente di Direzione si discutono anche le ricadute in negativo che le varie<br />
criticità hanno sull’organizzazione del lavoro: motivo <strong>per</strong> cui alla fine la Responsabile<br />
decide di circoscrivere l’area di intervento al problema <strong>della</strong> gestione delle relazioni e a<br />
quello <strong>della</strong> gestione del rapporto tra vita privata e vita lavorativa. Entrambe le criticità<br />
infatti hanno come impatto sull’organizzazione una minor resa delle OSS a livello di<br />
gestione de<strong>gli</strong> utenti e di soddisfazione delle medesime rispetto alle attività da svolgere.<br />
4.6 Fase 6: L’intervento: contenuti, metodologia e strumenti<br />
Come già esplicitato nei paragrafi precedenti, la metodologia applicata è quella definita del<br />
Teatro d’Impresa.<br />
32
Il Teatro d’Impresa è uno strumento formativo innovativo che dà la possibilità a<strong>gli</strong> attori<br />
organizzativi di riflettere sui loro comportamenti <strong>per</strong> cambiare e mi<strong>gli</strong>orare se stessi e<br />
l’organizzazione in cui lavorano.<br />
La nascita del Teatro d’Impresa è a Montréal, nel 1984, ad o<strong>per</strong>a di Christian Poissonneau<br />
con la creazione del Théatre à la Carte.<br />
Essendo un metodo flessibile e allo stesso tempo molto ricco di opportunità, il Teatro<br />
d’Impresa può essere utilizzato da qualsiasi tipo di azienda <strong>per</strong> approfondire qualsiasi<br />
argomento di vita e cultura organizzativa.<br />
Per la maggior parte de<strong>gli</strong> individui inseriti nelle organizzazioni può essere difficile<br />
accettare osservazioni dirette sui propri comportamenti lavorativi; <strong>per</strong> molti può essere<br />
anche un ostacolo comprendere l’impatto dei propri comportamenti su colleghi e<br />
collaboratori. Attraverso il Teatro d’Impresa <strong>gli</strong> individui riescono a rivedere loro stessi ed i<br />
loro comportamenti da un nuovo punto di vista, quello de<strong>gli</strong> altri, su<strong>per</strong>ando le resistenze<br />
legate ai rapporti <strong>per</strong>sonali. Tale strumento, coinvolgendo la sfera emotiva de<strong>gli</strong> individui,<br />
aiuta quest’ultimi a rielaborare atteggiamenti e comportamenti, valutandoli con maggior<br />
distacco. La nuova distanza acquisita <strong>per</strong>mette l’accettazione delle critiche e la<br />
sdrammatizzazione delle situazioni. Questo avviene specialmente quando si utilizza il<br />
registro comico, che fa ricorso allo humour e alla caricatura dei <strong>per</strong>sonaggi. Questo<br />
metodo alimenta un importante processo di consapevolezza rispetto alle aree di<br />
mi<strong>gli</strong>oramento di ognuno, sviluppando di conseguenza nei partecipanti una reale<br />
motivazione al cambiamento.<br />
Adeguandoci sempre alle esigenze <strong>della</strong> committenza, il Teatro d’Impresa, può fornire<br />
spunti di riflessione, aiutare <strong>gli</strong> individui ad affrontare e risolvere eventuali difficoltà<br />
presenti all’interno dell’organizzazione, attivare e coadiuvare processi di cambiamento<br />
organizzativi. Il Teatro d’Impresa può essere inserito all’interno di un processo di<br />
intervento più complesso, che prevede interventi formativi d’aula o es<strong>per</strong>ienziali. Una sua<br />
fondamentale caratteristica è la possibilità di dosare il livello di coinvolgimento dei<br />
partecipanti all’azione teatrale, sulla base del contesto aziendale di riferimento, dei<br />
partecipanti e dell’obiettivo da raggiungere.<br />
Al pari di altri interventi di tipo es<strong>per</strong>ienziale, produce risultati misurabili purché venga<br />
messo in atto un efficace processo di valutazione <strong>della</strong> formazione.<br />
Con il Teatro d’Impresa è possibile intervenire su più livelli (individuale, di squadra,<br />
interfunzionale ed intrafunzionale, organizzativo) <strong>per</strong> lo sviluppo delle più svariate<br />
competenze professionali di cui facciamo seguire un elenco a titolo esemplificativo.<br />
33
A livello individuale il Teatro d’Impresa consente di sviluppare talune competenze<br />
manageriali, di comunicazione verbale e non verbale, di public speaking, di gestione delle<br />
riunioni, di creatività, di gestione dei conflitti, di presa di consapevolezza e consolidamento<br />
del ruolo professionale, di motivazione al lavoro.<br />
A livello di squadra si possono incrementare lo spirito di squadra e sviluppare le<br />
competenze <strong>per</strong> un efficace “lavoro in squadra”; sviluppare le competenze in tema di<br />
leadership professionale; sviluppare le competenze nel processo comunicativo e<br />
negoziale.<br />
A livello organizzativo si possono agevolare la diffusione <strong>della</strong> vision e <strong>della</strong> mission<br />
organizzativa, la sensibilizzazione sui valori aziendali, l'agevolazione del cambiamento<br />
culturale ed organizzativo, la gestione del processo creativo, innovativo e qualitativo in<br />
tema di orientamento al cliente<br />
I riferimenti metodologici che hanno fatto da sfondo alle tecniche applicate al gruppo delle<br />
OSS si basano anche sui principi teorici <strong>della</strong> ricerca-azione.<br />
Secondo la definizione classica la ricerca-azione prevede tre fasi: pianificazione,<br />
esecuzione e ricognizione. Per pianificazione si intende l’elaborazione di un’idea generale<br />
<strong>della</strong> ricerca attraverso l’identificazione e la definizione de<strong>gli</strong> obiettivi. L’esecuzione si<br />
configura come la fase <strong>della</strong> ricerca vera e propria (raccolta dei dati). La ricognizione infine<br />
prevede la valutazione finale, attraverso l’analisi e la verifica del raggiungimento de<strong>gli</strong><br />
obiettivi precedentemente individuati. Emerge dunque che le parole-chiave che<br />
caratterizzano la ricerca-azione sono: cambiamento, legame con la pratica<br />
(contestualizzazione), partecipazione. Analizzando i vari modelli di ricerca azione dopo<br />
Lewin è possibile vedere che vi sono tre filoni specifici:<br />
- la ricerca partecipante (Freire)<br />
- la ricerca azione partecipante (Foote, Whyte)<br />
- l’action science (Argyris, Schon), l’action inquiry, la coo<strong>per</strong>ative inquiry<br />
Sia la ricerca partecipante che la ricerca azione partecipante, pongono in modo particolare<br />
l’accento sull’importanza <strong>della</strong> partecipazione nella ricerca, mentre l’action science o<br />
action inquiry spostano il focus sulla costruzione <strong>della</strong> conoscenza, ponendo la riflessione<br />
sulla conoscenza, come forma privilegiata di intervento. Il secondo filone sottolinea, infatti,<br />
l’importanza delle conoscenze tacite e del lavoro di riflessione sull’azione sociale, ossia<br />
sulle modalità di intervento necessarie <strong>per</strong> attivare e determinare cambiamenti.<br />
L’attenzione <strong>per</strong>tanto appare spostata sull’analisi del processo e sul suo continuo<br />
monitoraggio.<br />
34
Ma quali sono <strong>gli</strong> elementi che accomunano tali modelli?<br />
Per rispondere al quesito é necessario elencare le caratteristiche principali <strong>della</strong> ricerca<br />
azione:<br />
a) la ricerca azione è un processo centrato su un problema, nel senso che essa è sempre<br />
applicata ad un contesto ed indirizzata a problemi di vita reali;<br />
b) la ricerca-azione è un’indagine in cui i partecipanti e i ricercatori co-generano<br />
conoscenza attraverso la reciproca collaborazione;<br />
c) la ricerca-azione considera la diversità di es<strong>per</strong>ienze e di competenze all’interno del<br />
gruppo come un’opportunità di arricchimento <strong>per</strong> il processo <strong>della</strong> ricerca stessa;<br />
d) i significati costruiti all’interno del processo di indagine conducono all’azione sociale<br />
oppure le riflessioni sull’azione conducono alla costruzione di nuovi significati;<br />
e) la credibilità/validità <strong>della</strong> conoscenza acquisita attraverso la ricerca-azione è data dalla<br />
capacità delle azioni di risolvere efficacemente i problemi e di aumentare il controllo dei<br />
membri <strong>della</strong> comunità sulla situazione.<br />
Schematicamente quindi è possibile dire che la ricerca azione è un processo:<br />
- centrato su un problema<br />
- orientato all’azione<br />
- ciclico<br />
- basato sulla collaborazione e sulla partecipazione<br />
Ovviamente una ricerca che appare così fortemente centrata sull'attenzione al contesto,<br />
sul cambiamento, sull’azione e sulla partecipazione, deve senza dubbio affrontare dei nodi<br />
problematici dettati da scelte di carattere valoriale.<br />
Inoltre se la ricerca classica studia l’esistente, la ricerca-azione invece focalizza<br />
l’attenzione su ciò che potrebbe essere, sul cambiamento, non sulla prevedibilità ma sulla<br />
potenzialità/possibilità.<br />
L’intervento è <strong>per</strong>cepito come avente un obiettivo pratico, concreto, di cambiare una<br />
situazione, ma durante l’intervento si acquisisco comunque informazioni.<br />
Ci sono molte interconnessioni tra la ricerca e l’intervento, nel senso che chi agisce sulla<br />
realtà ha bisogno di momenti in cui si fa ricerca e momenti dedicati all’intervento <strong>per</strong>ché<br />
l’uno è finalizzato all’altro, <strong>per</strong> capire come si delinea il problema sul quale si vuole<br />
intervenire. L’intervento può essere analizzato considerandolo come una serie di azioni<br />
finalizzate ad alcuni scopi. Si parla di scopi <strong>per</strong>ché non esiste un solo scopo, ma una<br />
pluralità di scopi: lo scopo più condiviso (far star me<strong>gli</strong>o le <strong>per</strong>sone), e altri scopi (trovare<br />
lavoro, distribuire le risorse, etc…).<br />
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Come evidenziato nei paragrafi precedenti, i contenuti affrontati durante <strong>gli</strong> incontri sono<br />
stati i seguenti:<br />
- il potenziamento <strong>della</strong> capacità di “stare nel gruppo e relazionare con <strong>gli</strong> altri”,<br />
intendendo la relazione sia coi colleghi sia con <strong>gli</strong> utenti (1° e 2° incontro);<br />
- il potenziamento delle capacità di gestione dei limiti tra vita <strong>per</strong>sonale e vita lavorativa<br />
(3° e 4° incontro);<br />
- l’approfondimento del concetto di spazio di vita, inteso come spazio che include tutte le<br />
varie dimensioni da quella privata a quella professionale con la conseguente capacità<br />
di passare da un campo all’altro (5° e 6°).<br />
Ogni incontro era poi strutturato secondo uno schema abbastanza simile:<br />
- In un primo momento il gruppo eseguiva esercizi di espressione corporea e uso <strong>della</strong><br />
voce nonché esercizi di “riscaldamento di gruppo” che erano stati opportunamente<br />
scelti e selezionati alla luce del tema da trattare durante l’incontro. La finalità di tali<br />
esercizi era quella di preparare le OSS a recepire i messaggi dei momenti successivi<br />
(erogati o in forma tradizionale o mediante tecniche attive). Gli esercizi svolgevano<br />
anche una funzione di scarico sul piano corporeo/emotivo <strong>per</strong>mettendo alle OSS di<br />
liberarsi dalle tensioni, dalle rigidità accumulate durante l’attività di lavoro e di esser<br />
pronte anche ad assumere un atteggiamento di maggiore condivisione/collaborazione<br />
nei confronti delle altre partecipanti al gruppo. E’ essenziale sottolineare che ciascun<br />
esercizio era calibrato ed orientato sulla base dell’obiettivo che si intendeva <strong>per</strong>seguire<br />
durante uno specifico modulo.<br />
- In un secondo momento poi venivano adottate tecniche che stimolavano<br />
maggiormente la dimensione cognitiva e dunque invitavano all riflessione ed<br />
elaborazione. In particolare la tecnica <strong>della</strong> fabulazione si è rivelata molto utile <strong>per</strong><br />
approfondire le dinamiche relazionali delle OSS sia verso la struttura più in generale<br />
sia verso la Direzione. Le OSS hanno creato una vera e propria storia ambientata in<br />
contesti e con <strong>per</strong>sonaggi da loro liberamente scelti e di cui la consulente si impegnava<br />
ad ordinare in forma di copione tutte le idee e la trama spontaneamente espresse dal<br />
gruppo delle OSS. In tal modo <strong>per</strong> le o<strong>per</strong>atrici è stato possibile raccontare in forma<br />
proiettiva e dunque meno vincolante e giudicante la storia <strong>della</strong> loro organizzazione,<br />
ritraendo le caratteristiche principali dei vari ruoli interni come se fossero i <strong>per</strong>sonaggi<br />
riccamente connotati di una storia.<br />
- Oltre alla tecnica <strong>della</strong> fabulazione nel corso de<strong>gli</strong> incontri si sono anche utilizzate, a<br />
seconda del tema affrontato, altre tecniche attive quali appunto i giochi di ruolo e la<br />
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simulazione di situazioni lavorative. I giochi di ruolo rappresentano una modalità<br />
es<strong>per</strong>ienziale basata sull'immaginazione e sulla capacità di immedesimarsi in una<br />
situazione-stimolo tratta dalla vita quotidiana (lavorative o privata). I giochi di ruolo<br />
hanno un vasto utilizzo sia in campo terapeutico, formativo e ludico. In campo<br />
terapeutico il primo a verificare l'utilità del gioco e dell'azione drammatica nella<br />
liberazione dei sentimenti repressi fu Jacob Levi Moreno, uno dei fondatori <strong>della</strong><br />
psicologia moderna, partendo dal "teatro <strong>della</strong> spontaneità" da lui s<strong>per</strong>imentato. Nello<br />
psicodramma classico un direttore - che è un terapeuta - con l'aiuto di alcuni assistenti,<br />
invita un paziente a rappresentare scenicamente una situazione, di vita reale, <strong>per</strong> lui<br />
conflittuale, mettendosi a confronto con un antagonista. Anche in campo educativo fu<br />
Moreno stesso ad avvertire <strong>per</strong> primo il valore pedagogico <strong>della</strong> drammatizzazione e<br />
chiamò "tecniche di role-playing" le applicazioni del "teatro <strong>della</strong> spontaneità" a fini<br />
formativi. Tale tecnica rientra all'interno del settore delle simulazioni giocate, ossia un<br />
modo di apprendere dall'es<strong>per</strong>ienza, basato sulla possibilità di agire in situazioni di vita<br />
reale o verosimili, e di ricevere feedback dal formatore e dai partecipanti. Come è facile<br />
intuire lo spettro applicativo dei giochi di ruolo è vastissimo ed il segreto delle<br />
potenzialità di una tale tecnica risiede nell'avere una struttura o<strong>per</strong>ativa comune. Gli<br />
elementi fondamentali di una tale struttura riguardano le componenti di base, ossia le<br />
parti in relazione, quali la scena, il soggetto, il direttore, <strong>gli</strong> antagonisti ed un uditorio, e<br />
ad alcuni momenti principali, ossia i tempi di relazione, quali, il riscaldamento, l'azione,<br />
la partecipazione e il debriefing. Quello che cambia è il fine <strong>della</strong> tecnica, il modo di<br />
utilizzarla e quindi le competenze del direttore di "gioco" ma, a rigor di logica, gioco,<br />
educazione e terapia non sono mai state così vicine. Ciò che caratterizza<br />
maggiormente la tecnica del role-playing, chiaramente ereditata dallo psicodramma, è<br />
la possibilità <strong>per</strong> i soggetti di s<strong>per</strong>imentare il cambiamento tramite l’adozione di<br />
prospettive, modi di vedere e di sentire le situazioni diversi da quelli sino a quel<br />
momento es<strong>per</strong>iti: la spinta a cambiare, rinnovare e progredire è difficile da accettare<br />
poiché contiene in sé l’ansia dell’imprevisto. L’individuo affronta molti cambiamenti<br />
durante lo sviluppo: a volte accetta di nascondere parti importanti di se stesso che<br />
vede disapprovate, o ne adotta altre <strong>per</strong> imitazione o <strong>per</strong> intuito nella s<strong>per</strong>anza di<br />
sentirsi confermato. Gli adattamenti s<strong>per</strong>imentati <strong>per</strong>ò non portano sempre a una<br />
condizione di felicità: talvolta suscitano nell’individuo sentimenti di rabbia, tristezza,<br />
disistima che spesso tendono poi a cronicizzarsi nel tempo. Nel contesto lavorativo<br />
l’individuo, divenuto adulto, trascorre gran parte <strong>della</strong> sua giornata e vi trasferisce<br />
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molto di sé. Per esempio non può evitare di portarvi il modo naturale di mettersi in<br />
rapporto con <strong>gli</strong> altri né la paura di essere disapprovato né le conseguenze del suo<br />
precedente processo di adattamento e neanche il desiderio di riconquistare le parti<br />
<strong>per</strong>dute. Alcune dimensioni <strong>della</strong> complessa struttura di <strong>per</strong>sonalità del soggetto sono<br />
evidenti mentre altre tendono a rimanere latenti ma non <strong>per</strong> questo meno incisive: anzi<br />
è proprio su tali aspetti che la consulenza deve orientarsi in modo da sbloccare<br />
automatismi p meccanismi inconsci che possono minare un’integrazione efficace del<br />
soggetto nel contesto di lavoro.<br />
- L’ultimo step di ogni incontro era infine caratterizzato dalla somministrazione di un<br />
questionario di valutazione del singolo intervento in modo da lasciare libero spazio alle<br />
OSS di esprimere le difficoltà incontrate ed i punti rimasti meno chiari. La valutazione<br />
consentiva di <strong>per</strong>seguire un duplice obiettivo: da una parte, stimolava alla discussione<br />
di gruppo le OSS in modo da condividere opinioni ed emozioni in linea col tema<br />
trattato; dall’altra, forniva un rimando ai consulenti sull’efficacia del loro intervento e<br />
<strong>per</strong>metteva margini di correzione all’ipotesi di s<strong>per</strong>imentazione iniziale.<br />
Risultati emersi e criticità rilevate<br />
Dall’analisi dei questionari e dai confronti in gruppo è emerso un sostanziale e generale<br />
grado di soddisfazione rispetto alla tipologia di intervento. Come già specificato nei<br />
precedenti paragrafi, il tipo di consulenza non consente una misurazione in termini di<br />
risultati pratici e concreti immediati: la finalità ultima di un tal genere di consulenza rimane<br />
sempre la possibilità di stimolare la riflessione all’interno dei gruppi di lavoro e l’analisi<br />
de<strong>gli</strong> aspetti meno coscienti e razionali, con ricadute pratiche sull’o<strong>per</strong>ato delle OSS solo<br />
in momenti successivi alla conclusione dell’intervento consulenziale e con benefici che<br />
afferiscono più alla sfera emotiva dei partecipanti che non allo svolgimento effettivo delle<br />
loro mansioni. Chiaro che una gestione più efficace e controllata <strong>della</strong> sfera emotiva ha<br />
ricadute anche sull’o<strong>per</strong>atività dei lavoratori.<br />
Di fatto dai confronti con le OSS e da un incontro di follow-up (circa due mesi dopo<br />
l’intervento) si sono potuti evidenziare i seguenti aspetti di mi<strong>gli</strong>oramento:<br />
1. una mi<strong>gli</strong>ore gestione nel fornire e ricevere informazioni e quindi nell’accettare in modo<br />
costruttivo le critiche altrui;<br />
2. una più reale accettazione delle differenze inter<strong>per</strong>sonali con una minor pressione da<br />
parte del gruppo ad uniformare i membri a schemi di comportamento standardizzati;<br />
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3. una più efficace comunicazione tra i membri del gruppo, basata anche sui sentimenti e<br />
sulle emozioni <strong>per</strong>cepite e dunque non solo vincolata alle attività ed al dato reale;<br />
4. una più approfondita lettura del contesto di lavoro, in termini di maggiore sensibilità<br />
rispetto alle aspettative ed ai comportamenti espressi dai soggetti nel gruppo;<br />
5. infine una più marcata creatività nell’interpretazione del relativo ruolo da parte di<br />
ciascuna OSS in modo da adattarsi me<strong>gli</strong>o alle richieste sempre più differenziate<br />
dell’ambiente lavorativo.<br />
L’esito positivo <strong>della</strong> s<strong>per</strong>imentazione ha indotto la Direzione verso un atteggiamento di<br />
benevola accettazione e valutazione nel caso di future opportunità formative e/o<br />
consulenziali. In particolare grazie a quest’es<strong>per</strong>ienza di confronto collaborativo tra le<br />
diverse figure professionali, è stato possibile appurare il valore dell’interscambio<br />
informativo a vantaggio di tutto il <strong>per</strong>sonale (e conseguentemente <strong>della</strong> struttura e <strong>della</strong><br />
clientela), <strong>per</strong> cui tutti i partecipanti si sono dimostrati in accordo nel <strong>per</strong>seguire, in futuro,<br />
questa modalità di crescita tramite il confronto.<br />
Complessivamente l’intervento è stato apprezzato da tutte le risorse coinvolte nel progetto,<br />
in quanto ha consentito di:<br />
- confrontarsi in modo strutturato e guidato con <strong>per</strong>sone diverse, anche esterne<br />
all’azienda, su problematiche o<strong>per</strong>ative ed organizzative;<br />
- attivare il confronto intrafunzionale e lo scambio reciproco di conoscenze.<br />
Uno spunto di mi<strong>gli</strong>oramento <strong>per</strong> futuri interventi è stato quello di tentare di compattare il<br />
tempo elapsed dell’intervento, in quanto, in parte a causa dei turni piuttosto stretti e<br />
pesanti delle OSS ed in parte <strong>per</strong> problematiche connesse all’attività lavorativa, alcune<br />
<strong>per</strong>sone hanno avuto difficoltà a <strong>per</strong>cepire in modo autonomo l’organicità dell’intervento.<br />
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Conclusioni<br />
La potenziale domanda di assistenza a<strong>gli</strong> anziani andrà aumentando e <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori socio-<br />
assistenziali dovranno consolidare la gamma delle loro abilità professionali, abilità che<br />
solo recentemente sono riusciti a <strong>per</strong>fezionare. Per tale motivo <strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori dovrebbero<br />
arrivare ad essere maggiormente consapevoli <strong>della</strong> loro pratica professionale e soprattutto<br />
dovrebbero fare ogni sforzo <strong>per</strong> valutarla.<br />
In particolare, alla luce <strong>della</strong> s<strong>per</strong>imentazione svolta e nell’ottica dei vari approfondimenti<br />
effettuati in strutture diverse, è importante sottolineare alcune qualità che dovrebbero<br />
caratterizzare <strong>gli</strong> interventi del lavoro sociale:<br />
- la prima caratteristica <strong>per</strong> un’efficace prestazione d’aiuto dovrebbe essere quella di<br />
inserirsi all’interno di un contesto interdisciplinare. Gli o<strong>per</strong>atori socio-assistenziali non<br />
dovrebbero mai isolarsi dalle altre figure professionali, potendo in tal modo condividere<br />
le problematiche e le difficoltà che scaturiscono nell’assistenza e nella cura<br />
dell’anziano. La demarcazione professionale netta è ancor meno utile <strong>per</strong> <strong>gli</strong> anziani<br />
stessi considerando che i loro problemi sono sempre un intreccio inestricabile di sanità,<br />
abitazione, reddito, aspetti psicologici, fami<strong>gli</strong>a e così via;<br />
- la seconda caratteristica deve essere quella di sostenere, trasmettere competenze,<br />
mobilitare e condividere responsabilità dell’assistenza con una molteplicità di <strong>per</strong>sone<br />
non professionalizzate;<br />
- il terzo punto che non si deve mai dimenticare riguarda il fatto che sia sempre<br />
necessario valutare insieme con l’anziano stesso ciò di cui ha bisogno. Non è<br />
immaginabile una qualsiasi forma di intervento, assistenza o cura che prescinda dalle<br />
caratteristiche del singolo anziano: anche la popolazione anziana presenta una serie<br />
diversificata di caratteristiche <strong>per</strong> cui forme di generalizzazione potrebbero risultare<br />
poco efficaci se non addirittura controproducenti;<br />
- la quarta caratteristica dovrebbe essere indirizzata a sostenere la capacità de<strong>gli</strong><br />
anziani stessi nel fornire un contributo attivo alla società. Una strategia vincente futura<br />
potrebbe essere quella di utilizzare il potenziale di abilità, es<strong>per</strong>ienza e tempo che <strong>gli</strong><br />
anziani ancora possiedono ma che spesso sono largamente sottoutilizzati;<br />
- ultimo ma non meno importante aspetto è quello legato alla necessità da parte de<strong>gli</strong><br />
o<strong>per</strong>atori di potersi avvalere di un sistema di monitoraggio continuo e costante nel<br />
tempo onde evitare situazioni di burn-out che impediscono a<strong>gli</strong> o<strong>per</strong>atori di svolgere in<br />
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maniera efficace e sana la loro pratica professionale ma portano anzi ad atteggiamenti<br />
marcati di insofferenza verso l’assistito.<br />
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ALLEGATI<br />
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