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Farmaci e genoma - Università degli Studi di Verona

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soggetto non li voglia conoscere<br />

comunque<br />

Antonio G. Spagnolo<br />

Per quanto riguarda l’informazione<br />

che potrà scaturire dall’esecuzione<br />

del profilo farmacogenetico,<br />

dovrebbe essere inserita nella<br />

scheda informativa ai fini del consenso,<br />

una frase del tipo: «I risultati<br />

dell’esame genetico potrebbero<br />

in futuro comportare benefici<br />

per lei e per la sua famiglia in<br />

or<strong>di</strong>ne all’efficacia e alla sicurezza<br />

dei farmaci che si assumeranno,<br />

ma non ci sono ancora prove<br />

<strong>di</strong> una tale utilità e pertanto la<br />

conoscenza dei risultati del test ha<br />

ancora un significato <strong>di</strong> ricerca. Su<br />

sua richiesta noi la informeremo<br />

comunque sui risultati, come pure<br />

se dovessero emergere dati rilevanti<br />

per lei e la sua famiglia»<br />

Roberto Barale<br />

Si sta assistendo al passaggio da<br />

una genetica che stu<strong>di</strong>a i geni ad<br />

alta penetranza, le cui mutazioni<br />

sono rare, determinano un alto<br />

rischio per il soggetto, ma hanno<br />

una scarsa rilevanza a livello <strong>di</strong><br />

popolazione, ad una che si occupa<br />

<strong>di</strong> geni a bassa penetranza, le cui<br />

alterazioni danno solo una leggera<br />

suscettibilità e incrementi <strong>di</strong><br />

rischio minimi e che non hanno un<br />

grosso significato a livello in<strong>di</strong>vi-<br />

tuali dati limitati all’effetto dei<br />

farmaci non desta preoccupazione;<br />

tuttavia occorre ricordare che<br />

la relazione tra genotipo e fenotipo<br />

non è sempre chiara. Ne è un<br />

esempio il caso dell’associazione<br />

tra il genotipo ApoE4 e la malattia<br />

<strong>di</strong> Alzheimer. Un eventuale profilo<br />

farmacogenetico che si basi su<br />

questo polimorfismo permette <strong>di</strong><br />

conoscere anche la pre<strong>di</strong>sposizione<br />

alla malattia e pone il <strong>di</strong>lemma<br />

duale, ma lo hanno invece a livello<br />

sociale.<br />

Se un polimorfismo, per esempio,<br />

incrementa il rischio <strong>di</strong> sviluppare<br />

tumore al polmone del 30 per<br />

cento, all’in<strong>di</strong>viduo singolo può<br />

non interessare, ma su una popolazione<br />

<strong>di</strong> 10-20 milioni <strong>di</strong> fumatori,<br />

se questi abbandonassero la<br />

sigaretta, potrebbe significare un<br />

risparmio sociale enorme <strong>di</strong> vite,<br />

<strong>di</strong> anni <strong>di</strong> lavoro, <strong>di</strong> ospedalizzazioni<br />

eccetera.<br />

Diventa quin<strong>di</strong> importante non<br />

tanto che l’in<strong>di</strong>viduo sappia se è a<br />

rischio – perché questo può non<br />

incidere affatto sulle sue decisioni<br />

–, ma piuttosto che l’informazione<br />

provochi in qualche modo un<br />

cambiamento <strong>di</strong> abitu<strong>di</strong>ni a livello<br />

<strong>di</strong> popolazione. Sulla base <strong>di</strong> queste<br />

osservazioni sarebbe necessario<br />

quin<strong>di</strong> intervenire in termini<br />

<strong>di</strong> educazione e <strong>di</strong> cultura<br />

della salute in generale, per avere<br />

risultati reali <strong>di</strong> salute pubblica e<br />

<strong>di</strong> risparmio <strong>di</strong> denaro.<br />

Non bisogna poi correre il rischio<br />

<strong>di</strong> me<strong>di</strong>calizzare la popolazione;<br />

nella maggior parte dei casi,<br />

infatti, se si escludono alcuni soggetti<br />

(molto pochi) particolarmente<br />

suscettibili, il rischio <strong>di</strong> ammalarsi<br />

rientra in quello considerato<br />

normale per la maggior parte<br />

della popolazione.<br />

L’incertezza che esiste sui veri<br />

effetti dei polimorfismi è ancora<br />

talmente grande che si può suggerire<br />

una <strong>di</strong>eta per prevenire il<br />

tumore allo stomaco, ma il tumore<br />

potrebbe colpire altri organi. Si<br />

è visto, per esempio, che alcuni<br />

polimorfismi proteggono dal<br />

tumore in alcuni organi, ma facilitano<br />

il cancro in altri.<br />

A questo punto si pone il problema<br />

della struttura sanitaria che<br />

deve comunicare il rischio;<br />

dovrebbero farlo persone idonee<br />

e preparate e comunque ritengo<br />

che sia ancora prematuro pensare<br />

a questo tipo <strong>di</strong> comunicazione al<br />

singolo, perché il pericolo che la<br />

stima del rischio venga interpretata<br />

in modo erroneo è enorme.<br />

Per quanto riguarda le assicurazioni,<br />

non si dovrebbe consentire<br />

loro <strong>di</strong> imporre i test genetici e<br />

<strong>di</strong>scriminare su questa base. Le<br />

assicurazioni valutano la curva <strong>di</strong><br />

mortalità <strong>di</strong> una data popolazione<br />

e, quando ci si assicura, considerano<br />

l’età attuale, la durata dell’assicurazione,<br />

l’aspettativa <strong>di</strong><br />

vita e fanno pagare un premio<br />

che considerano adeguato, aggiungendo<br />

il loro guadagno. Se<br />

una persona ha o non ha un certo<br />

polimorfismo rischioso influisce<br />

poco, perché i loro calcoli fanno<br />

già riferimento a tutta la popolazione,<br />

comprendendo quin<strong>di</strong> chi è<br />

a rischio e chi non lo è<br />

se sia il caso <strong>di</strong> fornire questa<br />

informazione collaterale relativa a<br />

un <strong>di</strong>sturbo così rilevante sul piano<br />

personale e sociale. Per questo<br />

alcuni ricercatori sottolineano la<br />

necessità <strong>di</strong> linee guida etiche<br />

prima della <strong>di</strong>ffusione routinaria<br />

dei profili farmacogenetici (6).<br />

Non è da <strong>di</strong>menticare poi il possibile<br />

impatto psicologico sul paziente<br />

per il quale, per esempio, il<br />

profilo farmacogenetico in<strong>di</strong>chi<br />

RISVOLTI<br />

ETICI<br />

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