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Farmaci e genoma - Università degli Studi di Verona

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8<br />

<strong>Farmaci</strong> e geni:<br />

una storia<br />

lunga 50 anni<br />

La farmacogenetica nasce intorno<br />

agli anni cinquanta quando<br />

i ricercatori cominciarono a pensare<br />

che anche la risposta ai farmaci<br />

potesse essere regolata, almeno in<br />

parte, dai geni e che la variabilità<br />

<strong>di</strong> reazione a un certo principio attivo<br />

da parte <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong>versi non<br />

fosse altro che il riflesso delle <strong>di</strong>fferenze<br />

genetiche.<br />

In particolare, sulla scia <strong>di</strong> questa<br />

ipotesi, gli stu<strong>di</strong>osi si sono posti<br />

come obiettivo quello <strong>di</strong> identificare<br />

i geni che fossero coinvolti nel<br />

metabolismo dei farmaci, nel loro<br />

trasporto all’interno dell’organismo<br />

e nella loro escrezione.<br />

più complesso, metabolismo e trasporto<br />

siano controllati solo da<br />

due geni <strong>di</strong>versi che possono essere<br />

polimorfici.<br />

In questo caso la variabilità <strong>di</strong><br />

risposta sarà determinata dalle<br />

<strong>di</strong>verse interazioni delle varianti<br />

<strong>di</strong> questi due geni, come rappresentato<br />

schematicamente nella<br />

figura 2 a pagina 9. Nella prima<br />

colonna si osserva l’effetto che il<br />

patrimonio genetico del soggetto<br />

ha nel determinare il metabolismo<br />

del farmaco e <strong>di</strong> conseguenza<br />

la sua concentrazione nel plasma,<br />

supponendo che per semplicità<br />

questa sia controllata da un unico<br />

gene polimorfico. Si avranno così<br />

in<strong>di</strong>vidui con entrambi gli alleli<br />

normali (in<strong>di</strong>cati come wt/wt =<br />

wild type, selvatico) che metabolizzano<br />

rapidamente e che hanno<br />

una concentrazione me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> farmaco<br />

nel sangue piuttosto bassa;<br />

in<strong>di</strong>vidui che hanno un allele<br />

mutato e sono quin<strong>di</strong> eterozigoti<br />

Da allora sono state in<strong>di</strong>viduate<br />

circa 20 famiglie <strong>di</strong> geni <strong>di</strong> questo<br />

tipo, che sono coinvolti nel metabolismo<br />

dei farmaci a tutt’oggi conosciuti.<br />

Gli sviluppi tecnologici della genetica<br />

e la lettura dell’intera sequenza<br />

del <strong>genoma</strong> umano hanno messo i<br />

ricercatori nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> fare<br />

un ulteriore passo avanti, cercando<br />

non più solo le interazioni tra singoli<br />

geni (con i loro polimorfismi) e<br />

farmaci, ma tra le molecole e l’intero<br />

patrimonio genetico umano,<br />

con le sue variazioni <strong>di</strong> sequenza e<br />

<strong>di</strong> struttura. In questo modo non è<br />

più necessario conoscere la funzione<br />

<strong>di</strong> un gene per potergli attribuire<br />

un ruolo, ma questo viene scoperto<br />

attraverso gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> correlazione<br />

tra il profilo genetico <strong>degli</strong><br />

in<strong>di</strong>vidui trattati e le loro risposte ai<br />

farmaci.<br />

(wt/m), che metabolizzano più<br />

lentamente e hanno una concentrazione<br />

plasmatica <strong>di</strong> farmaco<br />

più alta e infine in<strong>di</strong>vidui che<br />

hanno entrambi gli alleli mutati<br />

(m/m) e che hanno concentrazioni<br />

elevate <strong>di</strong> farmaco nel plasma.<br />

Si consideri, poi, il gene polimorfico<br />

che controlla il recettore del<br />

farmaco (seconda colonna della<br />

figura 2): possono esserci in<strong>di</strong>vidui<br />

omozigoti per il gene normale,<br />

che trasportano il farmaco nella<br />

cellula in modo efficace e con<br />

rapi<strong>di</strong>tà; in<strong>di</strong>vidui eterozigoti che<br />

hanno una capacità interme<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />

trasportare il farmaco nella cellula<br />

e soggetti omozigoti per la<br />

mutazione che non hanno il recettore<br />

o ne hanno uno <strong>di</strong>fettoso.<br />

L’efficacia terapeutica del farmaco<br />

<strong>di</strong>penderà quin<strong>di</strong> dall’interazione<br />

tra i due geni polimorfici.<br />

Dalla figura 2 si osserva che, per<br />

esempio, in una persona che<br />

metabolizza velocemente, anche<br />

se possiede i recettori funzionanti<br />

in modo ottimale (wt/wt), l’efficacia<br />

terapeutica sarà del 75 per<br />

cento. Se invece l’attività del<br />

recettore è in qualche modo minore,<br />

perché l’in<strong>di</strong>viduo è eterozigote<br />

per il recettore (wt/m), allora<br />

l’efficacia del farmaco sarà interme<strong>di</strong>a<br />

perché ne entra meno nella<br />

cellula. Infine, se il soggetto è omozigote<br />

per la mutazione nel recettore<br />

(m/m), l’efficacia del farmaco<br />

sarà pressoché inesistente.<br />

Se si considera come secondo<br />

parametro anche la tossicità del<br />

farmaco, quest’ultima <strong>di</strong>pende, in<br />

modo lineare, dalla concentrazione<br />

del principio attivo nel plasma.<br />

Nel caso dell’in<strong>di</strong>viduo che metabolizza<br />

normalmente, ma che ha<br />

recettori non perfettamente funzionanti,<br />

l’efficacia della molecola<br />

è bassa, ma la sua concentrazione<br />

nel plasma è in ogni caso più<br />

bassa <strong>di</strong> quella necessaria per produrre<br />

una reazione tossica.

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