Gennaio 2009 - il bollettino salesiano - Don Bosco nel Mondo
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Fabiana Di Bello<br />
Mi scapicollavo con la macchina<br />
per potermi ritrovare con loro…<br />
Mi sembrava di non poter fare<br />
a meno di assicurare la mia<br />
partecipazione ai loro pasti.<br />
condivisione della vita. L’atmosfera<br />
di solito si fa spontaneamente gioiosa<br />
ed è fac<strong>il</strong>e che sbocci <strong>il</strong> dialogo.<br />
Tocca naturalmente ai genitori creare<br />
un clima di scambio autentico,<br />
insegnando con l’esempio quanto<br />
sia importante comunicare e<br />
ascoltarsi a vicenda. Uno dei mo -<br />
menti più belli è <strong>il</strong> gioco «Che cosa<br />
è successo oggi?».<br />
Ai bambini piccoli piace ricordare<br />
con i genitori le cose che sono<br />
successe durante <strong>il</strong> giorno, che co -<br />
sa hanno fatto oppure chi hanno<br />
visto. Sedersi in pace a ricordare gli<br />
avvenimenti dà significato e importanza<br />
alla giornata. Cose che altrimenti<br />
andrebbero perse e dimenticate<br />
sono ricordate e messe insieme<br />
e le mi nuzie della vita di tutti i<br />
giorni, qualunque cosa, dal trovare<br />
una cocci<strong>nel</strong>la sotto una foglia al -<br />
l’andare a trovare la nonna, possono<br />
essere rivissute e considerate<br />
importanti. Se abbiamo avuto dei<br />
momenti diffic<strong>il</strong>i <strong>nel</strong>la giornata, quando<br />
i bambini sono stati disobbedienti<br />
o ci siamo arrab biati, spesso<br />
è ut<strong>il</strong>e ricordare anche queste cose,<br />
se riusciamo a farlo in un modo<br />
che non susciti ulteriore ira o che<br />
non sem bri un rimprovero. È salutare<br />
per i bambini capire che pos siamo<br />
essere molto arrabbiati con<br />
loro, ma che poi tutto passa e <strong>il</strong><br />
rapporto rimane intatto. Per una<br />
mamma e un papà la cena o un<br />
pranzo festivo possono diventare<br />
un momento vitale di trasmissione<br />
di valori, giudizi, idee. Senza di -<br />
menticare la necessità di qualche<br />
invito a «mangiare fuori», a tu per<br />
tu, tra moglie e marito o tra un<br />
genitore e un figlio. È <strong>il</strong> modo mi -<br />
gliore per ritrovare la forza dei legami.<br />
Anche Gesù, del resto, ha fatto<br />
e detto le cose più importanti du -<br />
rante un pranzo o una cena e la<br />
meta finale dei cristiani è chiamata<br />
anche <strong>il</strong> “banchetto eterno”. <br />
<strong>il</strong> genitore<br />
di Marianna Pacucci<br />
RITROVARSI INSIEME<br />
A TAVOLA<br />
Ritrovarsi a tavola in famiglia è cosa buona è giusta. E forse<br />
anche necessaria. Nonostante che i problemi non manchino.<br />
La condivisione dello stesso cibo risveglia la condivisione della vita.<br />
Lo sappiamo bene: trovarsi insieme<br />
a tavola serve a rinforzare i<br />
legami affettivi; a trasformare <strong>il</strong><br />
cibo che si mangia in energie ut<strong>il</strong>i a<br />
dare senso all’esistenza; a regalarsi<br />
reciprocamente tempo e solidarietà<br />
per mettere insieme e trasferire dall’uno<br />
all’altro un’interpretazione esigente<br />
della vita. Ma è anche bello?<br />
Non so quante famiglie risponderebbero<br />
di sì a questa domanda; la pongo<br />
provocatoriamente a tutti – e per<br />
prima a me stessa – perché è importante<br />
che su questa esperienza non<br />
vi sia retorica. Se mangiare insieme<br />
diventa una sorta di penitenza collettiva,<br />
è inut<strong>il</strong>e richiedere ai figli la<br />
puntualità <strong>nel</strong> tornare a casa o qualche<br />
sacrificio negli impegni serali.<br />
Occorre, invece, che ciascuno di noi,<br />
adulto o bambino, possa dire in prima<br />
persona: mi sta bene, ne vale la<br />
pena cercare a tutti i costi di essere<br />
presente al momento del pranzo e<br />
della cena, è un momento di benessere<br />
e di gioia di cui non voglio privarmi<br />
per niente al mondo. O quanto<br />
meno: è una cosa a cui tengo, anche<br />
se non sempre la vivo bene, perché<br />
a una persona non basta solo mangiare;<br />
<strong>il</strong> cibo conta se è un mezzo<br />
per sentirmi profondamente unito a<br />
coloro che amo.<br />
È chiaro che a noi grandi tocca<br />
la parte più diffic<strong>il</strong>e: dimostrare<br />
che davvero sederci insieme a<br />
tavola <strong>nel</strong>l’intimità della casa è un<br />
piacere e non soltanto un dovere;<br />
che è un bene superiore a tante<br />
altre esperienze pure ut<strong>il</strong>i e affascinanti.<br />
Per questo, credo che<br />
non serva esigere la presenza dei<br />
figli a tavola; se davvero vogliamo<br />
abituarli a un certo modo di vivere<br />
la vita fam<strong>il</strong>iare, dobbiamo testimoniare<br />
loro che su questo anche<br />
noi siamo pronti a scommettere<br />
tutto, al di là di certe urgenze che<br />
si affacciano nei nostri impegni<br />
quotidiani. Ricordo le corse per<br />
tornare da scuola in tempo quando<br />
Alessandra e Claudio erano<br />
ancora piccoli; pur sapendo che i<br />
nonni li avrebbero sfamati altrettanto<br />
bene e forse meglio di me –<br />
non fosse altro perché con loro <strong>il</strong><br />
pranzo era meno affrettato – mi<br />
scapicollavo con la macchina per<br />
potermi ritrovare con loro e chiedere<br />
com’era andata la mattinata<br />
all’as<strong>il</strong>o o a scuola. Mi sembrava<br />
di non poter fare a meno di assicurare<br />
la mia partecipazione ai<br />
loro pasti, sapendo che a mezzogiorno<br />
comunque Michele non ci<br />
sarebbe stato.<br />
E pensavo anche che valesse<br />
la pena cercare di costruire un ritmo<br />
comune, facendo un po’ di<br />
pressing su Claudio, che divorava<br />
BS GENNAIO <strong>2009</strong><br />
Fabiana Di Bello<br />
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