36 sempre tutto in fretta e aspettava di poter correre via a giocare, e sollecitando Ale, perché si ricordasse che a tavola si sta anche per mangiare e si rendesse conto che un piatto di minestra non può divenire una prova convincente che l’eternità esiste davvero. La sera, invece, la presenza del papà consentiva qualche piccolo rituale, la possib<strong>il</strong>ità di coccolarci con un menù più sfizioso, un po’ più di calma per raccontare e raccontarci tutti insieme. La certezza che tutto questo avesse un senso l’abbiamo avuta qualche anno dopo: quando ormai i ragazzi hanno cominciato a uscire da soli e a essere più autonomi, ci ha fatto piacere verificare che comunque cercavano, per quanto possib<strong>il</strong>e, di tornare a casa in tempo per <strong>il</strong> pranzo e la cena. Era <strong>il</strong> segno di una voglia concreta di confermare un appuntamento ormai stab<strong>il</strong>e, che si esprimeva perfino con la disponib<strong>il</strong>ità ad aspettare che fossimo finalmente tutti insieme per mangiare. Ed è stato anche bello, tante volte, avere qualche ospite a tavola: segno di una comunione che metteva insieme l’intimità della famiglia, la conferma di legami parentali già collaudati e l’accoglienza di nuove relazioni. Ora le cose sono molto più complicate: i ritmi di studio e di lavoro si sono accelerati; spesso mi tocca cucinare con buon anticipo e affidare al microonde <strong>il</strong> compito di dispensare porzioni senza coccole; oppure confezionare e distribuire tristissimi panini e tramezzini che ognuno consumerà fuori casa (è un peccato che la società, sempre più, ci consideri individui, lavoratori, consumatori e non membri di una famiglia con esigenze e diritti). Ma, proprio perché è più diffic<strong>il</strong>e ritrovarci, dopo manovre infinite per riallineare i tempi e gli impegni di ciascuno, è un po’ come vivere una liturgia festiva dopo le corse e le ansie della ferialità. E <strong>il</strong> fatto che ci si possa incontrare soprattutto di domenica non fa che confermare come sedersi insieme a tavola è – anche se non sempre sappiamo riconoscierlo – un dono della grazia di Dio. GENNAIO <strong>2009</strong> BS ARTE SACRA: CROCIFISSI di F<strong>il</strong>ippo Manoni f<strong>il</strong>ippo652@interfree.it L’artista, classe 1912, di Caldarola <strong>nel</strong> maceratese, ha studiato alla scuola del Libro di Urbino. Iniziò presto la sua attività di incisione, meritando diversi importanti premi e riconoscimenti. È morta <strong>il</strong> 12 agosto 1995. ANNA MARAVIGLIA SANTANCINI XILOGRAFANDO La tecnica della x<strong>il</strong>ografia, incisione di immagini su tavolette di legno, si è imposta in un periodo relativamente tardo rispetto alla sua invenzione che si fa risalire al secolo VIII d.C. in Cina. In Europa è soltanto con l’emergere della personalità artistica di A. Durer e poi ancora <strong>nel</strong> corso del Settecento che la x<strong>il</strong>ografia conosce i suoi periodi di maggior splendore. In ambito italiano, <strong>nel</strong> Novecento venne costituita la Corporazione degli x<strong>il</strong>ografi, che diede impulso notevole alla sua promozione. Meritano di essere ricordati Tranqu<strong>il</strong>lo Marangoni e <strong>il</strong> “Maestro” Adolfo De Carolis. Accanto a essi intendiamo segnalare la marchigiana Anna Maraviglia Santancini. Ancor giovanissima, esegue opere di un certo r<strong>il</strong>ievo artistico, grazie anche alla frequentazione del Regio Istituto di Belle Arti per la decorazione e l’<strong>il</strong>lustrazione del libro di Urbino. Inizia da allora una vera e propria escalation artistica non priva di riconoscimenti, come l’“Award of Merit” <strong>nel</strong>l’Annual Exhibition at Los Angeles of the Bookplate Association International e <strong>nel</strong> 1965 <strong>il</strong> 1° Premio “Cantico delle Creature”, S. Damiano- Assisi, per una serie di sei x<strong>il</strong>ografie che <strong>il</strong>lustrano <strong>il</strong> Cantico di San Francesco. >> Dopo aver affrontato con successo numerose sfide professionali, sente in maniera assai potente <strong>il</strong> richiamo dell’ispirazione popolare, accentuata dal forte legame che l’ha sempre sal- data alla sua terra. Tale gusto, che tiene conto anche degli elementi paesaggistici, prende decisamente corpo e perfezione negli anni ’50 e ’60. In questo periodo inizia anche la sua meditazione sul tema del sacro che darà i suoi frutti con “Le Stimmate” ispirate al Cantico delle Creature di San Francesco, e alla Crocifissione del 1965 che presentiamo. Non inganni la scena apparentemente povera di particolari: la tensione emotiva che si percepisce rimane altissima, ancor più alta se si guarda all’effetto che scaturisce proprio da questa tecnica, <strong>nel</strong>la quale vengono usati strumenti a pettine appositi per graffiare <strong>il</strong> legno; qui è l’essenziale che sovrasta <strong>il</strong> resto: <strong>il</strong> dolore estremo di Gesù sembra ancora più acuito dall’allungamento delle braccia e la totale assenza di traccia ematica dal busto non fanno che aumentare la sensazione e la percezione di sofferenza di un corpo svuotato, che ha dato tutto. L’opera è rappresentata con mirab<strong>il</strong>e semplicità, ma di forte intensità emotiva: quelle lunghe braccia che assomigliano a raggi tesi verso <strong>il</strong> cielo, quel corpo scheletrico che guarda i personaggi ai suoi piedi come a invitarli indicando loro la nuova dimora <strong>nel</strong> grembo del Padre. Il lungo palo verticale, in contrasto con quello cortissimo orizzontale è un altro elemento che parla di altezze, di slancio oltre i miasmi della terra, per puntare a un’altra patria che Cristo stesso annunciò: <strong>il</strong> Regno del Padre.
AFORISMI di Francesco Ferrara LAETARE ET BENEFACERE… 1) Abbiate <strong>il</strong> coraggio di avere paura. 2) Gli “st<strong>il</strong>isti” erano le mode, non lo “st<strong>il</strong>e”. BS GENNAIO <strong>2009</strong> 37