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focus<br />
Lo spettacolo<br />
è finito<br />
Il titolo volutamente allarmistico<br />
del convegno svoltosi al Teatro<br />
Astra mercoledì 9 febbraio - «SOS<br />
Cultura» - ha portato anche a Vicenza<br />
una discussione pubblica<br />
sullo stato del settore culturale,<br />
inteso anche in senso economico e<br />
occupazionale. Nell’era dei tagli al<br />
Fus, il fondo unico dello spettacolo<br />
passato dai 414 milioni di euro<br />
del 2010 ai 258 per il 2011, chi lavora<br />
nel settore culturale si trova<br />
travolto da uno tsunami. Se n’è<br />
parlato all’Astra con l’ex segretario<br />
Cgil Guglielmo Epifani, il cantautore<br />
Luca Bassanese, il critico<br />
Marco Cavalli, l’attrice<br />
Marta Cuscunà, il<br />
poeta Paolo Lanaro,<br />
l’assessore comunale<br />
alla cultura Francesca<br />
Lazzari e il presidente<br />
della biblioteca<br />
Bertoliana Giuseppe<br />
Pupillo. Con loro<br />
c’era anche Carlo<br />
Presotto, attore regista<br />
e drammaturgo<br />
della compagnia La<br />
Piccionaia- I Carrara,<br />
e animatore del Coordinamento<br />
lavoratori della cultura di Vicenza,<br />
nato nel 2009 come laboratorio il<br />
cui obiettivo è «dissodare un humus<br />
ricco e vivace che ha fermentato<br />
sotto la neve, riconoscerne i<br />
sentieri vecchi ancora praticabili,<br />
e soprattutto scoprirne di nuovi».<br />
Un coordinamento di cui fanno<br />
parte una cinquantina di persone<br />
che lavorano in ambito culturale,<br />
che è autonomo dalle sigle sindacali<br />
e vuole ragionare sul tema<br />
«del lavoro della cultura e della<br />
cultura del lavoro» come spiega<br />
Presotto. L’incontro vicentino è<br />
tra le tappe che stanno portando<br />
la Cgil verso gli Stati generali della<br />
conoscenza, con la campagna<br />
«Abbracciamo la cultura». In Italia<br />
oggi sono a rischio la cultura e<br />
lo spettacolo intesi come mestieri<br />
con i quali potersi guadagnare<br />
onestamente da vivere. «A livello<br />
nazionale e locale non c’è riconoscimento<br />
dell’arte come lavoro -<br />
spiega Presotto - In Italia ci sono<br />
250mila lavoratori dello spettacolo,<br />
ovvero cinema teatro musica<br />
dal vivo: sono più degli operai della<br />
Fiat e stanno vivendo una delle<br />
più gravi crisi dell’ultimo secolo<br />
perché bruscamente si sta passando,<br />
nel volgere di un paio di anni,<br />
da un sistema in cui il pubblico era<br />
abituato a pagare poco gli eventi,<br />
perché in gran parte erano assistiti<br />
dallo Stato, al dimezzamento<br />
del sostegno pubblico. E’ come se<br />
nel giro di due anni si volesse rivoluzionare<br />
la sanità passando dal<br />
modello pubblico universale di<br />
stampo europeo a quello privato<br />
di stampo americano<br />
basato sulle assicurazioni.<br />
Sarebbe<br />
molto difficile da<br />
gestire, non solo per<br />
chi ci lavora ma anche<br />
per gli utenti». In<br />
pericolo c’è il patrimonio<br />
italiano, ma<br />
anche il destino di<br />
artisti e tecnici che<br />
stanno dietro alle<br />
produzioni che girano<br />
il paese. «Oggi<br />
si corre il rischio di sacrificare<br />
sull’altare della liberalizzazione<br />
una serie di saperi - continua Presotto<br />
- come quelli delle grandi<br />
tradizioni dell’opera lirica, delle<br />
orchestre, ma anche del teatro<br />
sociale, che si rivolge ad esempio<br />
ai ragazzi e che impiega decine di<br />
migliaia di persone in Italia. In<br />
questo momento mettere in discussione<br />
che una persona possa<br />
fare l’artista come lavoro penalizza<br />
in modo molto forte la qualità<br />
della cultura e <strong>qui</strong>ndi della vita<br />
delle persone». La vita dell’artista<br />
o dell’addetto allo spettacolo non<br />
è mai stata facile, ma di certo di<br />
questi tempi si fa sempre più dura.<br />
«In questo momento la pressione<br />
fiscale è enorme - spiega Presotto<br />
- Un dato: un attore che vada a fare<br />
un intervento di laboratorio in una<br />
scuola, su 100 euro pagati<br />
lordi, togliendo le detrazioni<br />
Iva, Enpals e Irpef,<br />
prende 28 euro netti.<br />
Di conseguenza la spinta<br />
è quella a farlo in nero o<br />
gratuitamente». Con il<br />
rischio concreto che, alla<br />
fine, ad andare avanti<br />
siano solo i “ricchi di famiglia”.<br />
Oppure gli “amici<br />
dei potenti”, visto che il<br />
taglio dei fondi aumenta<br />
la concorrenza fra gruppi<br />
e compagnie, e potrebbe<br />
premiare chi è più “vicino”<br />
alle fonti di finanziamento.<br />
Ovvero alla politica.<br />
Qui le modalità di<br />
finanziamento variano<br />
da regione a regione, e il<br />
Veneto non sembra essere<br />
un modello di trasparenza.<br />
«In Veneto non è<br />
molto diffusa l’abitudine, quando<br />
si vuole finanziare un progetto<br />
teatrale o affidare in gestione uno<br />
spazio teatrale, di promuovere un<br />
bando - dice l’attore - con l’apertura<br />
a tutti e con una commissione<br />
di valutazione che si basi su punteggi<br />
oggettivi e pubblichi poi i<br />
risultati. In Veneto si usa molto<br />
l’assegnazione diretta, il “progettino”,<br />
e questo sistema non fa bene<br />
a nessuno: crea una competitività<br />
non molto trasparente, rivalità<br />
causate da regole del gioco non<br />
chiare. In realtà, nel lavoro del<br />
nostro coordinamento, abbiamo<br />
notato che i lavoratori della cultura<br />
sono molto coesi e solidali. Uno<br />
spettacolo può piacermi o non<br />
piacermi, ma alla base c’è rispetto<br />
per il lavoro che ci sta dietro». Il<br />
paradosso è che, mentre la scure<br />
dei tagli rende incerto il futuro dei<br />
teatri, le sale si vanno riempiendo.<br />
Un po’ come sta capitando al<br />
cinema, trainato dai blockbuster<br />
comici italiani e da numeri in crescita<br />
al botteghino, una realtà che<br />
però nasconde la lenta e costante<br />
diminuzione, anno dopo anno, del<br />
numero dei film prodotti. Dal suo<br />
osservatorio vicentino, ma anche<br />
dalle tournee che lo portano ai<br />
quattro angoli d’Italia, Carlo Presotto<br />
vede segnali incoraggianti:<br />
«A Vicenza vediamo un fenomeno<br />
di segno opposto: i teatri si stanno<br />
riempiendo. Il teatro Astra, ne<br />
parlo perché è la realtà di cui ho<br />
conoscenza diretta, ha dovuto<br />
raddoppiare gli spettacoli per le<br />
famiglie della domenica pomeriggio<br />
perché la domanda di spettatori<br />
famiglie è aumentata di molto,<br />
ha dovuto raddoppiare<br />
le repliche degli spettacoli<br />
per le scuole,<br />
mentre sul fronte del<br />
teatro contemporaneo<br />
e di ricerca la stagione<br />
di Gusti Astrali va alla<br />
grande. La cosa positiva<br />
è soprattutto che c’è<br />
un pubblico nuovo che<br />
ha fame di teatro, ed è<br />
il pubblico dei giovani<br />
sotto i trent’anni». Una<br />
primavera teatrale che<br />
sboccia anche sul tacco<br />
della penisola: «Sono in tournee<br />
da ottobre - continua l’attore - e ho<br />
girato la Puglia dove c’è un fenomeno<br />
bellissimo: il progetto Teatri<br />
Abitati. Lì la Regione ha censito<br />
tutti i teatri e promosso un bando<br />
pubblico chiedendo alle compa-<br />
numero 207 del 11 febbraio 2011 pag 13<br />
Dal 2010 al 2011 quasi dimezzato il fondo statale destinato al settore<br />
Eppure in Italia ci sono più lavoratori di cinema, teatro e musica che operai della Fiat<br />
Carlo Presotto: “L’arte non è considerata lavoro. In Veneto si rimane a casa senza ammortizzatori”<br />
di Giulio Todescan<br />
“E’ come<br />
passare dalla<br />
sanità pubblica<br />
europea a<br />
quella privata<br />
americana”<br />
gnie di rivitalizzarli con rassegne<br />
o produzioni originali».<br />
In Veneto c’è attesa invece per la<br />
legge regionale che sancirebbe il<br />
passaggio della gestione dei fondi<br />
dallo stato all’ente regionale. «Da<br />
un po’ di anno ci stanno lavorando,<br />
ma forse adesso ci siamo vicini<br />
- dice Presotto - La legge è uno<br />
strumento essenziale perché permetterebbe<br />
alla Regione di attivare<br />
gli ammortizzatori<br />
sociali per le situazioni<br />
di crisi. La<br />
Liguria ad esempio<br />
lo ha già fatto, lì i<br />
lavoratori del teatro<br />
Carlo Felice di Genova<br />
hanno sottoscritto<br />
un contratto<br />
di solidarietà, sono<br />
in pratica in cassa<br />
integrazione sostenuta<br />
dai fondi regionali.<br />
In Veneto<br />
questo non è ancora<br />
possibile». Le stime parlano di 80<br />
mila lavoratori dello spettacolo in<br />
bilico. «Se in Veneto una struttura<br />
teatrale va in crisi, oggi, ed è costretta<br />
a sospendere i lavori - conclude<br />
- chi ci lavora se ne va a casa<br />
senza ammortizzatori».<br />
“La Regione<br />
non è un<br />
modello di<br />
trasparenza nei<br />
finanziamenti”