Scarica l'allegato - Database Comuni Italiani - EdiPol
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Patrocini<br />
Regione Lombardia Corpo di Polizia Locale Provincia di Bergamo<br />
Anci<br />
Upi<br />
Bergamo 1 e 2 dicembre 2006<br />
III CONGRESSO NAZIONALE<br />
DELLA POLIZIA LOCALE<br />
“FUNZIONE E RUOLO<br />
DI UNA PROFESSIONE”<br />
RELAZIONI PROFESSIONALI<br />
dei VIGILI URBANI<br />
ZEROIMPACTNOCARBON
Relazioni professionali<br />
LA FORMAZIONE DEL MODERNO OPERATORE<br />
DI POLIZIA ATTRAVERSO I CONCETTI<br />
DI POLIZIA DI PROSSIMITÁ<br />
EDICONTROLLO COORDINATO DEL TERRITORIO<br />
di Domenico Cristaldi pag. 4<br />
MANDATO DI ARRESTO EUROPEO:<br />
COMPITI E FUNZIONI DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA<br />
di Tommaso Buonanno pag. 6<br />
CIRCOLAZIONE E SOSTA DEI VEICOLI<br />
AL SERVIZIO DI PERSONE INVALIDE:<br />
PROFILI NORMATIVI E GIURISPRUDENZIALI<br />
di Alessandro Casale pag. 12<br />
L’INTERROGATORIO E LA TESTIMONIANZA;<br />
LE INTERVISTE INVESTIGATIVE<br />
NELL’AMBITO DELLA PSICOLOGIA FORENSE<br />
di Gaetano De Leo pag. 18<br />
LA LEGITTIMITÁ DEI FUNZIONARI<br />
DELLE AMMINISTRAZIONI COMUNALI<br />
ASTARE IN GIUDIZIO DAVANTI AL GIUDICE<br />
DI PACE NEI RICORSI AVVERSO VERBALI AL CDS<br />
di Marco Cantori pag. 20<br />
COMPIMENTO DI ATTIVITÁ DI INDAGINE<br />
E DI ATTI SPECIFICATAMENTE DELEGATI<br />
DAL PUBBLICO MINISTERO<br />
ALLA POLIZIA GIUDIZIARIA<br />
di Carmen Pugliese pag. 22<br />
IL NUOVO PROTOCOLLO OPERATIVO IN MATERIA<br />
DI ACCERTAMENTI/TRATTAMENTI SANITARI<br />
OBBLIGATORI STIPULATO TRA L’UNITÁ<br />
SANITARIA LOCALE n. 1 DI MASSA CARRARA<br />
EICOMUNI DELLA COSTA APUANA<br />
di Vincenzo Strippoli pag. 26<br />
LA GESTIONE DELLA COMUNICAZIONE ESTERNA<br />
NELLA POLIZIA MUNICIPALE:<br />
ASPETTI ORGANIZZATIVI<br />
di Luigi Altamura pag. 34<br />
IL RUOLO DELLA POLIZIA LOCALE<br />
NELLA PROGETTAZIONE E GESTIONE<br />
DEI PROGETTI SICUREZZA PER I COMUNI<br />
DI MEDIE E PICCOLE DIMENSIONI<br />
di Alberto Messerini pag. 38<br />
IL PATTO LOCALE QUALE STRUMENTO<br />
DI TUTELA DELLA SICUREZZA URBANA<br />
di Antonio Lotito pag. 44<br />
I POTERI CONCESSI ALLA POLIZIA GIUDIZIARIA<br />
NEL CAMPO AMBIENTALE<br />
di Rosa Bertuzzi pag. 46<br />
VIDEOSORVEGLIANZA: LE SINERGIE<br />
CON GLI ALTRI COPRI DI POLIZIA<br />
di Alfredo Priolo pag. 50<br />
I PHONE CENTER:<br />
NORMATIVA E CONTROLLI OPERATIVI<br />
di Riccardo Perini pag. 54<br />
NUOVE NORME SULLA CONCORRENZA E DIRITTI<br />
SUI CONSUMATORI.<br />
ULTIME NOVITÀ E MODIFICHE<br />
di Elena Fiore pag. 60<br />
SPETTACOLI ED INTRATTENIMENTO<br />
ALL’INTERNO DEI PUBBLICI ESERCIZI<br />
di Antonella Manzione pag. 68<br />
PROFILI PENALI DELLA CONTRAFFAZIONE<br />
DI MERCI E COMMERCIO SU AREE PUBBLICHE.<br />
GLI ORIENTAMENTI RECENTI DELLA GIURISPRUDENZA<br />
di Francesco Vergine pag. 81<br />
LE FUNZIONI DEL DIRIGENTE DELLA POLIZIA LOCALE<br />
IN MATERIA URBANISTICO-EDILIZIA<br />
di Giovanni Marco Giglio pag. 86<br />
LA TUTELA DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI<br />
di Marco De Vita pag. 89<br />
POLIZIA LOCALE E POLIZIA GIUDIZIARIA:<br />
INDICAZIONI OPERATIVE<br />
E AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE<br />
di Ambrogio Moccia pag. 95<br />
LA VALUTAZIONE DELLE PRESTAZIONI<br />
DELLA POLIZIA MUNICIPALE AI FINI<br />
DELLA CORRESPONSIONE DEL FONDO DI RISULTATO<br />
di Mario Zaccaria pag. 100
DOMENICO CRISTALDI<br />
Comandante compagnia Carabinieri<br />
di Bergamo<br />
LA FORMAZIONE DEL MODERNO OPERATORE DI POLIZIA<br />
ATTRAVERSO I CONCETTI DI POLIZIA DI PROSSIMITÀ<br />
EDICONTROLLO COORDINATO DEL TERRITORIO<br />
Nel corso dell’ultimo ventennio il<br />
nostro Paese è stato segnato da una<br />
serie di importanti provvedimenti<br />
normativi che, accompagnati da<br />
una significativa presa di coscienza<br />
sociale, hanno accresciuto la sensibilità<br />
collettiva verso quello che oggi<br />
viene ritenuto un vero e proprio<br />
bene del cittadino: la sicurezza.<br />
Sino alla prima metà degli anni<br />
Novanta il concetto di sicurezza era<br />
strettamente correlato a quello di<br />
Polizia di comunità, secondo cui si<br />
riteneva che dovesse essere il cittadino<br />
a tendere verso le Forze di<br />
Polizia per ottenere il soddisfacimento<br />
delle proprie esigenze.<br />
Dalla seconda metà degli anni<br />
Novanta in avanti, però, nell’ambito<br />
della Pubblica Amministrazione<br />
si è diffusa quella che è stata poi<br />
definita la c.d. filosofia della prossimità,<br />
che, fondandosi sulla centralità<br />
del cittadino, al contrario<br />
prevede - in materia di sicurezza -<br />
che siano le Forze di Polizia a tendere<br />
verso l’utente, originando la<br />
c.d. Polizia di prossimità.<br />
Nel medesimo periodo, altresì, si è<br />
sviluppato il concetto di sicurezza<br />
partecipata, che in tema di coordinamento<br />
e direzione unitaria delle Forze<br />
di Polizia ha dato vita ad altri importanti<br />
interventi normativi (a riguardo,<br />
decreto legislativo n.279/1999 e legge<br />
n.128/2001), un’esigenza cui è<br />
parallelamente corrisposto un processo<br />
di progressivo decentramento<br />
delle funzioni amministrative dello<br />
Stato verso gli enti locali, che,<br />
più prossimi al cittadino, sono stati<br />
ritenuti in grado di meglio soddisfare<br />
le esigenze dell’utenza (a riguardo,<br />
legge n.57/1999), anche in<br />
materia di sicurezza.<br />
Struttura normativa portante di questa<br />
innovativa architettura del sistema<br />
sicurezza è la legge n.121/1981,<br />
“madre” del coordinamento e della<br />
direzione unitaria delle Forze di<br />
Polizia, la progressiva evoluzione<br />
dei cui principi è stata scandita, negli<br />
anni, proprio dai concetti sopra<br />
evidenziati, attraverso la citata produzione<br />
normativa.<br />
In questo percorso di crescita si è<br />
poi inserito il sempre più diffuso ricorso<br />
al c.d. partenariato sociale.<br />
A partire dagli anni 1995/1996 esso<br />
si è rivelato importante attore del<br />
sistema sicurezza, ponendosi quale<br />
partner in grado di partecipare<br />
direttamente alla sua gestione attraverso<br />
l’adozione di quei necessari<br />
atti amministrativi che, in vista<br />
di un medesimo fine comune rappresentato<br />
- per l’appunto - dalla sicurezza,<br />
possano garantire i necessari<br />
interventi istituzionali tesi al<br />
miglioramento del vivere sociale,<br />
ad accrescere la vivibilità del territorio<br />
e delle cc.dd. aree depresse.<br />
4<br />
Il riferimento è ai cc.dd. strumenti<br />
pattizi (dai protocolli d’intesa ai<br />
contratti sicurezza), che traendo<br />
origine da una logica di reciproco<br />
consenso tra Stato ed enti locali, attraverso<br />
il successivo ricorso a fonti<br />
di finanziamento quasi sempre<br />
alimentate in complementarietà da<br />
fondi nazionali (dello Stato o degli<br />
enti locali) e dell’Unione Europea,<br />
consentono l’individuazione di idonee<br />
misure preventive (sorveglianza<br />
di stabilimenti ed aree industriali,<br />
costituzione di osservatori per il<br />
monitoraggio delle procedure d’appalto,<br />
attività di monitoraggio per<br />
evitare potenziali infiltrazioni della<br />
criminalità organizzata, attivazione<br />
di numeri verdi ed alle iniziative di<br />
prevenzione di fenomeni usurari ed<br />
estorsivi, ecc…) realizzando l’integrazione<br />
con i cc.dd. strumenti di<br />
programmazione negoziata (dalle<br />
intese istituzionali di programma<br />
agli accordi di programma), vere e<br />
proprie forme di regolamentazione<br />
concordata tra soggetti pubblici e<br />
privati che sfrutta il binomio sicurezza-investimenti<br />
dando luogo, sostanzialmente,<br />
alla c.d. politica integrata<br />
di sicurezza.<br />
In tema di sicurezza partecipata assume<br />
rilevanza la partecipazione<br />
dei Sindaci ai Comitati Provinciali<br />
per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica.<br />
Dapprima avviata nel 1996<br />
con una circolare del Ministro<br />
dell’Interno destinata ai Prefetti affinché<br />
si iniziasse ad invitare ai
Comitati Provinciali per l’Ordine e<br />
la Sicurezza Pubblica i Sindaci dei<br />
capoluoghi, essa ha negli anni trovato<br />
una vera e propria istituzionalizzazione<br />
attraverso vari interventi<br />
normativi, culminati nel 2001 nel<br />
decreto legislativo n.155 grazie al<br />
quale sono oggi ricompresi, quali<br />
membri di diritto del Comitato Provinciale<br />
per l’Ordine e la Sicurezza<br />
Pubblica posti sullo stesso piano dei<br />
vertici provinciali delle Forze<br />
dell’Ordine, il Sindaco del capoluogo<br />
di provincia ed il Presidente<br />
della Provincia.<br />
A seguire, viene in rilievo il contenuto<br />
del c.d. pacchetto sicurezza di cui<br />
alla legge n.128/2001, che alle sedute<br />
del Comitato Provinciale per<br />
l’Ordine e la Sicurezza Pubblica prevede<br />
la partecipazione delle autorità<br />
locali di pubblica sicurezza e dei responsabili<br />
dei competenti uffici<br />
dell’Amministrazione Penitenziaria,<br />
del Corpo nazionale dei Vigili del<br />
Fuoco, del Corpo delle Capitanerie di<br />
Corpo, nonché, d’intesa con il Presidente<br />
della Provincia ovvero col<br />
Sindaco, quella dei responsabili degli<br />
altri uffici delle amministrazioni locali<br />
interessate o della Polizia municipale;<br />
il provvedimento arriva persino<br />
a prevedere il ricorso alle Forze Armate,<br />
seppur - al momento - per la<br />
mera attività di vigilanza ad obiettivi<br />
sensibili al fine di rendere libero il personale<br />
delle Forze di Polizia da impiegare<br />
in attività più qualificate.<br />
La rivoluzione concettuale sin qui<br />
tracciata mette in evidenza come la<br />
sensibilità dello Stato e di tutte le<br />
amministrazioni locali, in materia<br />
di sicurezza, si sia negli ultimi anni<br />
significativamente accresciuta,<br />
determinando la formazione di una<br />
vera e propria cultura della sicurezza<br />
che venga oggi garantita attraverso<br />
l’impegno di tutte le parti<br />
interessate.<br />
A seguito del citato conferimento di<br />
sempre maggiori poteri agli enti locali<br />
e del conseguente accresciuto<br />
ruolo dei Sindaci, si è riaperto, con<br />
forza, il dibattito sull’opportunità di<br />
una partecipazione attiva dei Co-<br />
muni alla tutela dell’ordinata e civile<br />
convivenza all’interno della comunità<br />
di riferimento.<br />
Si tratta di attivare quello che oggi<br />
viene definito sistema integrato di sicurezza,<br />
che attraverso le normative<br />
regionali - nel rispetto, chiaramente,<br />
di un principio di sussidiarietà che<br />
vede lo Stato sempre pronto a intervenire<br />
- opera in un più ampio panorama<br />
di interventi istituzionali con<br />
riguardo al diritto allo studio, al collocamento<br />
al lavoro, alla prevenzione<br />
della criminalità, alla riqualificazione<br />
urbana, al coordinamento delle<br />
Forze di Polizia, all’attivazione di<br />
modelli operativi di Polizia locale e<br />
di prossimità.<br />
È in atto, dunque, una profonda ridefinizione<br />
dell’organizzazione e<br />
dei compiti dei vari Corpi di Polizia<br />
nel nostro Paese; in tale contesto<br />
assume particolare significato la sinergia<br />
tra Forze di Polizia e Polizie<br />
municipali. I problemi, prima ancora<br />
che diventino veri e propri<br />
problemi di Polizia, vanno preliminarmente<br />
intesi ed affrontati quali<br />
problemi di amministrazione; i<br />
compiti peculiari delle Polizie municipali,<br />
seppur non direttamente<br />
incidenti sulla sicurezza, sono ricollegabili<br />
alla tranquillità sociale<br />
della cittadinanza (esempio concreto<br />
ne è il vecchio “ghisa di quartiere”,<br />
uno strumento operativo un<br />
tempo molto diffuso nell’area milanese,<br />
attuato proiettando sul territorio<br />
la figura di un “vigile” amico<br />
della gente comune, risorsa di conoscenze<br />
e di informazioni che originavano<br />
dal capillare servizio di<br />
portierato negli stabili), e dunque,<br />
in questa cornice, contribuiscono<br />
fortemente al raggiungimento del<br />
medesimo fine comune.<br />
Significativa espressione di questa<br />
evoluzione sono il Carabiniere ed<br />
il Poliziotto di Quartiere, strumenti<br />
operativi attraverso cui viene oggi<br />
garantita la Polizia di prossimità.<br />
Accanto ad essi va richiamato il<br />
nuovo concetto di controllo del ter-<br />
5<br />
ritorio: un controllo del territorio<br />
non più realizzato per obiettivi,<br />
bensì per aree; un controllo del territorio<br />
realizzato attraverso l’esecuzione<br />
di servizi che rispettino i<br />
cc.dd. piani coordinati di controllo<br />
del territorio, adottati dal Prefetto<br />
con il determinante contributo del<br />
Comitato Provinciale per l’Ordine<br />
e la Sicurezza Pubblica; un controllo<br />
del territorio garantito su aree<br />
predeterminate, in relazione ad indici<br />
di densità abitativa, di delittuosità<br />
ed attività economiche; un controllo<br />
coordinato del territorio continuativamente<br />
garantito, in alternanza<br />
tra loro, dall’Arma dei Carabinieri<br />
e dalla Polizia di Stato in<br />
quanto Forze di Polizia a competenza<br />
generale, con il concorso della<br />
Guardia di Finanza ed il normativamente<br />
previsto coinvolgimento<br />
della Polizia municipale.<br />
Essere più vicini alla gente, dunque,<br />
e rendere più sicuri i quartieri cittadini<br />
è il nuovo modo di fare<br />
Polizia; un modo da non ricondurre,<br />
però, ai soli citati strumenti operativi<br />
(Carabiniere e Poliziotto di<br />
Quartiere), bensì a ciascun operatore<br />
di Polizia.<br />
È attraverso quest’architettura, in definitiva,<br />
che deve formarsi il moderno<br />
operatore di Polizia; egli, alla luce dei<br />
concetti illustrati, dovrà saper:<br />
- comprendere la Polizia di prossimità;<br />
- acquisire un atteggiamento;<br />
- comprendere le situazioni;<br />
- tradurre nel proprio comportamento<br />
la deontologia del rispetto<br />
delle persone;<br />
- adattare le tecniche di Polizia;<br />
- evidenziare capacità di fare, attitudini<br />
intellettuali e valori umani,<br />
caratterizzando così la propria professionalità<br />
in relazione al nuovo<br />
preminente e complementare ruolo<br />
quale operatore sociale.
TOMMASO BUONANNO<br />
Procuratore aggiunto della Repubblica<br />
MANDATO DI ARRESTO EUROPEO:<br />
COMPITI E FUNZIONI DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA<br />
Il mandato di arresto europeo è nato<br />
dalla necessità di configurare una<br />
nuova forma di collaborazione giudiziaria<br />
fra gli Stati membri dell’Unione<br />
per ridurre i tempi lunghi dell’estradizione,<br />
quale conseguenza<br />
dell’attuazione del principio della libera<br />
circolazione delle persone e<br />
delle cose sul territorio degli Stati<br />
membri dell’Unione Europea.<br />
Infatti, la decisione quadro approvata<br />
dal Consiglio dell’Unione europea<br />
il 13 giugno 2002 ha fissato i principi<br />
comuni per la sostituzione, tra i<br />
venticinque Stati membri dell’Unione,<br />
del sistema dell’estradizione<br />
con quello della consegna semplificata<br />
dei ricercati, fondata sul principio<br />
del mutuo riconoscimento.<br />
La legge 12 aprile 2005 n. 69, in vigore<br />
dal 14/5/2005, ha dato attuazione<br />
alla decisione quadro, in particolare<br />
all’azione comune in materia<br />
di cooperazione giudiziaria penale<br />
ai sensi degli artt. 31, par. 1, lettere<br />
a) e b), e 34, paragrafo 2, lettera<br />
b) del Trattato sull’Unione Europea.<br />
Il mandato di arresto europeo è definito<br />
“una decisione giudiziaria<br />
emessa da uno Stato membro dell’Unione<br />
Europea, denominato “Stato<br />
membro di emissione”, in vista dell’arresto<br />
e della consegna da parte di<br />
un altro Stato membro, denominato<br />
“Stato membro di esecuzione” di una<br />
persona, al fine dell’esercizio di<br />
azioni giudiziarie in materia penale<br />
o dell’esecuzione di una pena o di<br />
una misura di sicurezza privative del-<br />
la libertà personale”. Pertanto, l’emissione<br />
del mandato di arresto europeo<br />
può riferirsi ad un’ordinanza<br />
di custodia cautelare in carcere ovvero<br />
all’esecuzione di condanna ad<br />
una pena o ad una misura di sicurezza<br />
privative della libertà personale<br />
(art. 1).<br />
La consegna di un imputato o di un<br />
condannato all’estero non può essere<br />
concessa senza la decisione favorevole<br />
della Corte d’Appello, ove<br />
egli ha la residenza, la dimora o il<br />
domicilio nel momento in cui il<br />
m.a.e. è ricevuto dall’autorità giudiziaria.<br />
È stata, pertanto, attuata la<br />
giurisdizionalizzazione del procedimento<br />
di consegna (art. 5).<br />
Il Ministro della Giustizia, infatti, pur<br />
essendo Autorità Centrale, ha perso<br />
ogni potere decisorio sulla consegna<br />
ed è chiamato a svolgere compiti di<br />
assistenza alle autorità giudiziarie<br />
competenti, in particolare di collegamento<br />
(trasmissione e ricezione<br />
amministrativa dei mandati d’arresto<br />
europei e della corrispondenza<br />
ufficiale ad essi relativa) nonché di<br />
esecuzione del provvedimento di<br />
consegna (artt. 4 e 23, c. 1).<br />
L’Italia ha condizionato l’esecuzione<br />
al mandato di arresto europeo<br />
(art. 2) al rispetto:<br />
a) dei diritti fondamentali garantiti<br />
dalla Convenzione per la salvaguardia<br />
dei diritti dell’uomo e delle libertà<br />
fondamentali (firmata a Roma<br />
il 4/11/1950) resa esecutiva con legge<br />
4/8/1955, n.848) in particolare degli<br />
artt. 5 (diritto alla libertà e alla si-<br />
6<br />
curezza) e 6 (diritto ad un processo<br />
equo) nonché dei protocolli addizionali;<br />
b) dei principi e delle regole contenuti<br />
nella Costituzione italiana, attinenti<br />
al giusto processo, ivi compresi<br />
quelli relativi alla tutela della libertà<br />
personale, anche in relazione<br />
al diritto di difesa e al principio di<br />
eguaglianza, nonché quelli relativi<br />
alla responsabilità penale e alla qualità<br />
delle sanzioni penali.<br />
Essa, conseguentemente, si è impegnata<br />
a rifiutare la consegna dell’imputato<br />
o del condannato in caso<br />
di grave e persistente violazione, da<br />
parte dello Stato richiedente, dei<br />
principi di cui al comma 1, lettera a)<br />
e cioè dei diritti fondamentali garantiti<br />
dalla citata Convenzione.<br />
In generale vige il principio della<br />
doppia punibilità (art. 7) ad eccezione<br />
dei reati in materia di tasse,<br />
imposte, dogana e cambio a condizione<br />
che siano assimilabili, per analogia,<br />
a fatti costituenti reato per le<br />
legge italiana e che siano puniti con<br />
pene pari o superiori a tre anni.<br />
Il fatto, pertanto, deve essere previsto<br />
come reato anche dalla legge nazionale.<br />
Inoltre deve essere punito<br />
dalla legge dello Stato di emissione<br />
con una pena o con una misura di sicurezza<br />
privativa della libertà personale<br />
non inferiore a dodici mesi,<br />
escluse dal computo le circostanze<br />
aggravanti.<br />
In caso di sentenza di condanna, la<br />
pena o la misura di sicurezza do-
vranno avere una durata non inferiore<br />
a quattro mesi. Sono previste,<br />
però, ipotesi di consegna obbligatoria<br />
per 32 ipotesi di reato che vincolano<br />
tutti gli Stati membri che hanno<br />
aderito alla decisione quadro (art.<br />
8), per fatti di particolare allarme sociale<br />
che toccano interessi fondamentali,<br />
quali l’omicidio, le lesioni<br />
volontarie aggravate, l’associazione<br />
per delinquere, contro la pubblica incolumità,<br />
lo sfruttamento sessuale, la<br />
prostituzione minorile, il traffico di<br />
stupefacenti, di armi, la corruzione,<br />
le frodi ai danni degli Stati o delle<br />
<strong>Comuni</strong>tà Europee, il riciclaggio, le<br />
truffe informatiche, l’inquinamento,<br />
la falsificazione monetaria etc…etc...<br />
Trova applicazione il principio di<br />
specialità che può essere derogato<br />
esclusivamente dal consenso, liberamente<br />
e consapevolmente espresso,<br />
dalla persona di cui è stata richiesta<br />
la consegna nell’audizione<br />
dinanzi al presidente della Corte<br />
d’Appello o anche in epoca successiva<br />
alla consegna dinanzi all’autorità<br />
giudiziaria dello Stato emittente.<br />
L’autorità giudiziaria dello Stato emittente<br />
ha la facoltà di richiedere direttamente,<br />
a condizione di reciprocità<br />
(art. 4), l’esecuzione alla Corte<br />
d’Appello competente, anziché<br />
tramite il Ministro della Giustizia, trasmettendo<br />
il mandato di arresto e la<br />
documentazione necessaria (art. 6) o<br />
di inserire il nominativo della persona<br />
di cui si chiede la consegna nel<br />
sistema Sistema Informativo Schengen-SIS<br />
- nelle forme richieste.<br />
L’art. 9 della Decisione Quadro, ai<br />
paragrafi 2 e 3, prevede che l’autorità<br />
giudiziaria emittente può “in<br />
ogni caso” decidere di segnalare la<br />
persona ricercata nel S. I. S., secondo<br />
le disposizioni contenute nell’art.<br />
95 della Convenzione di Schengen,<br />
e che tale segnalazione equivale ad<br />
un mandato di arresto europeo,<br />
sempre che sia corredata da tutte le<br />
altre informazioni prescritte dall’art.<br />
8 della Convenzione.<br />
Tuttavia, è previsto un regime transitorio<br />
fino a quando il Sistema<br />
Schengen non sarà in grado di trasmettere<br />
tutte le informazioni necessarie<br />
(ad es. quelle concernenti la<br />
pena inflitta, nel caso di sentenza di<br />
condanna, oppure quelle concernenti<br />
i limiti di pena minima e massima<br />
previsti dalla legislazione dello<br />
Stato emittente) la segnalazione equivale<br />
al mandato di arresto europeo<br />
da parte dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione.<br />
Invero, l’art. 11 della legge n.<br />
69/2005 non specifica quali siano le<br />
forme richieste, nel senso che non<br />
fornisce alcuna indicazione sulle<br />
informazioni che la segnalazione<br />
debba contenere, né prescrive che le<br />
indicazioni necessarie ai fini della segnalazione<br />
siano corrispondenti a<br />
quelle contenute nel mandato di arresto,<br />
facendo implicitamente riferimento<br />
alle disposizioni contenute<br />
negli artt. 94 e 95 della Convenzione<br />
di Schengen. Pertanto, la Polizia<br />
giudiziaria potrà intervenire solo<br />
a condizione che nella segnalazione<br />
siano riportate tutte le indicazioni<br />
previste dalle citate disposizioni,<br />
mentre non è necessario che<br />
essa riporti tutte le indicazioni previste<br />
dall’art. 6 della legge per il<br />
mandato di arresto europeo. Ciò induce<br />
a ritenere che la segnalazione<br />
SIS abbia natura di domanda provvisoria<br />
o di arresto preliminare, alla<br />
quale deve fare seguito la trasmissione<br />
del mandato di arresto o di una<br />
segnalazione equipollente entro il<br />
termine dieci giorni a pena di inefficacia<br />
della misura disposta a seguito<br />
dell’arresto (art. 13, 3° c., citata<br />
legge).<br />
Sono stati, comunque, predisposti appositi<br />
moduli (A ed M- rinforzato) che<br />
dovranno essere utilizzati per l’inoltro<br />
della richiesta nel sistema S. I. S.<br />
Ricevuta la richiesta a mezzo S. I. S.,<br />
la Polizia giudiziaria ha, comunque,<br />
l’obbligo di procedere all’arresto della<br />
persona da consegnare (art. 11).<br />
L’art. 11, infatti, prevede che la Polizia<br />
giudiziaria procede all’arresto<br />
della persona ricercata, ponendola<br />
immediatamente, e, comunque, non<br />
oltre le ventiquattro ore a disposizione<br />
del Presidente della Corte<br />
d’Appello nel cui distretto il provvedimento<br />
è stato eseguito. Essa deve,<br />
inoltre, darne informazione immediata<br />
al Ministro della Giustizia, che<br />
7<br />
provvederà a comunicare l’avvenuto<br />
arresto allo Stato emittente affinché<br />
trasmetta il mandato di arresto e<br />
la documentazione necessaria (art.<br />
6, commi 3 e 4).<br />
Il verbale di arresto deve contenere,<br />
a pena di nullità, l’indicazione di tutte<br />
le operazioni per le quali è prescritta<br />
la verbalizzazione (art. 12).<br />
Essa, infatti, deve informare la persona,<br />
in una lingua comprensibile (ai<br />
sensi dell’art. 143 c. p. p. è necessaria<br />
la nomina dell’interprete anche<br />
nel caso in cui l’ufficiale o l’agente<br />
di Polizia giudiziaria conosca la lingua<br />
straniera) del mandato emesso e<br />
del suo contenuto, della possibilità<br />
di acconsentire alla propria consegna<br />
all’autorità giudiziaria emittente,<br />
della facoltà di nominare un difensore<br />
di fiducia e del diritto di essere<br />
assistita da un interprete.<br />
Qualora non sia nominato un difensore<br />
di fiducia, deve nominare un difensore<br />
di ufficio. La Polizia giudiziaria,<br />
inoltre, deve dare tempestivo<br />
avviso dell’arresto al difensore.<br />
Nel caso di arresto eseguito per errore<br />
di persona o fuori dei casi previsti<br />
dalla legge, il Presidente della<br />
Corte o il magistrato da lui delegato,<br />
dispone con decreto motivato che il<br />
fermato sia posto immediatamente in<br />
libertà.<br />
IL GIUDIZIO<br />
DI CONVALIDA<br />
Se non ricorrono le condizioni per<br />
ordinare l’immediata liberazione della<br />
persona arrestata, ai sensi dell’art.<br />
13 della citata legge, il Presidente,<br />
entro il termine di 48 ore dalla ricezione<br />
del verbale di arresto, provvede<br />
con ordinanza alla convalida dell’arresto,<br />
dopo aver sentito in una<br />
lingua conosciuta alla persona e, se<br />
necessario, alla presenza di un interprete,<br />
la persona arrestata con la<br />
presenza di un difensore, di fiducia<br />
o in mancanza di ufficio, informato<br />
il procuratore generale (la cui partecipazione<br />
non è, pertanto, prevista),<br />
e procede, con ordinanza motivata,<br />
a pena di nullità, all’applica-
zione della misura coercitiva, se la<br />
ritiene necessaria con particolare riferimento<br />
all’esigenza di prevenire il<br />
pericolo di fuga (art. 9 della legge).<br />
Come innanzi rilevato, se nel termine<br />
di dieci giorni dalla sua emissione<br />
non perviene il mandato d’arresto<br />
europeo o la segnalazione della persona<br />
nel SIS (equivalente al mandato<br />
di arresto se contiene le indicazioni<br />
di cui all’art. 6), effettuata dall’autorità<br />
competente, il provvedimento<br />
del Presidente perde efficacia,<br />
con la conseguenza che la persona<br />
da consegnare, se arrestata, deve essere<br />
immediatamente liberata .<br />
L’arresto da parte della Polizia giudiziaria<br />
così come delineato nella<br />
legge n.69/2005 si discosta dall’arresto<br />
provvisorio a fini estradizionali,<br />
disciplinato dall’art. 716 c.p.p.<br />
e riproduce, pur con alcune varianti,<br />
lo schema dell’arresto in flagranza<br />
di reato previsto dall’art. 386<br />
c.p.p. Esso, però, se ne diversifica,<br />
sia perché è sempre obbligatorio,<br />
non essendo riconosciuta alla Polizia<br />
giudiziaria alcuna facoltà di non procedere,<br />
sia perché diversa è l’autorità<br />
giudiziaria alla quale riferisce la<br />
notizia dell’arresto; non più il Pubblico<br />
Ministero ma il Presidente della<br />
Corte d’Appello. Diversa la struttura<br />
e la tempistica del giudizio di<br />
convalida, poiché non è più il P.m.<br />
che investe il Giudice dopo aver verificato<br />
la legittimità dell’arresto e la<br />
non ricorrenza delle condizioni per<br />
un’immediata liberazione dell’arrestato,<br />
entro le 48 ore dall’arresto, ma<br />
è la Polizia giudiziaria che investe<br />
direttamente il Presidente della Corte<br />
d’Appello, che ha a sua disposizione<br />
l’arrestato entro il più breve termine<br />
di 24 ore rispetto alle 48 con<br />
cui il G.I.P. può ricevere gli atti dal<br />
P. M.<br />
Nella normativa in esame non figura,<br />
peraltro, una disposizione analoga<br />
a quella contenuta nell’art. 389<br />
II c. c.c.p. concernente i casi di immediata<br />
liberazione dell’arrestato ad<br />
opera della Polizia giudiziaria procedente<br />
prima dell’intervento del P.<br />
M. (errore di persona, fuori dei casi<br />
previsti dalla legge o se la misura<br />
dell’arresto o del fermo è divenuta<br />
inefficace), poiché tale potere è demandato<br />
dall’art.13 della legge n.<br />
69/2005 al Presidente della Corte<br />
d’Appello, in via esclusiva, e non è<br />
previsto alcun rinvio all’art. 389<br />
c.p.p. per quanto attiene all’attività<br />
della Polizia giudiziaria. Il problema<br />
assume particolare rilevanza nel caso<br />
in cui si accerti che si è proceduto<br />
all’arresto per errore di persona e<br />
non sia possibile informare immediatamente<br />
il Presidente della Corte.<br />
Un’interpretazione estensiva dell’art.<br />
389, II c. c.p.p. in ossequio al principio<br />
del “favor libertatis” potrebbe<br />
giustificare, a mio avviso, almeno in<br />
questa ipotesi, l’attribuzione dello<br />
stesso potere anche alla Polizia giudiziaria<br />
procedente.<br />
Un ulteriore aspetto di diversificazione<br />
è rappresentato dall’obbligo di<br />
riportare nel verbale di arresto, a pena<br />
di nullità, gli adempimenti prescritti<br />
dai commi 1 e 2 dell’art. 12,<br />
citati in precedenza, che non sono<br />
richiesti dall’art. 386 c.p.p.<br />
Per quanto concerne, invece, la differenza<br />
rispetto all’arresto a fini<br />
estradizionali, deve essere rilevato<br />
che mentre, ai sensi dell’art. 716<br />
c.p.p. la Polizia giudiziaria nei casi<br />
di urgenza può (non deve) procedere<br />
all’arresto della persona nei cui<br />
confronti sia stato emesso mandato<br />
di arresto provvisorio se vi è pericolo<br />
di fuga, ad essa, invece, nel caso<br />
di mandato di arresto europeo non è<br />
riconosciuta la facoltà di procedere<br />
all’arresto, poiché è obbligata a farlo,<br />
anche nell’ipotesi in cui non ravvisasse<br />
una situazione di urgenza né<br />
il pericolo di fuga.<br />
Altra differenza è costituita dal termine<br />
di 24 ore entro il quale la<br />
Polizia giudiziaria deve mettere a disposizione<br />
dell’autorità giudiziaria la<br />
persona arrestata, che, invece, è di<br />
48 ore se procede ad arresto provvisorio<br />
a fini estradizionali.<br />
I PROFILI<br />
DI INCOSTITUZIONALITÀ<br />
Si discute sulla natura giuridica dell’arresto<br />
ad iniziativa della Polizia<br />
8<br />
giudiziaria ed in particolare sulle ragioni<br />
che giustificano l’obbligo dell’arresto.<br />
Le ipotesi prospettate sono due:<br />
a) attività di esecuzione della decisione<br />
di arresto contenuta nel mandato<br />
europeo trasmesso tramite SIS<br />
Si tratta di una soluzione che solleva<br />
dubbi di costituzionalità con riferimento<br />
alle disposizioni contenute<br />
negli artt. 13, c. 2 (non è ammessa<br />
alcuna forma di detenzione, di ispezione<br />
o perquisizione personale, né<br />
qualsiasi restrizione della libertà personale,<br />
se non per atto motivato dell’autorità<br />
giudiziaria e nei soli casi e<br />
modi previsti dalla legge) e 109 della<br />
Costituzione (l’autorità giudiziaria<br />
dispone direttamente della Polizia<br />
giudiziaria), nel senso che ipotizza<br />
un rapporto diretto fra l’autorità giudiziaria<br />
dello Stato emittente e la<br />
Polizia giudiziaria in assenza di un<br />
previo controllo dell’autorità giurisdizionale<br />
italiana sulla ricorrenza<br />
dei presupposti di legge.<br />
Essa, inoltre, comporterebbe un’ulteriore<br />
disparità di trattamento ai<br />
danni della persona arrestata, rilevante<br />
ai sensi dell’art. 3 della Costituzione,<br />
poiché nella procedura<br />
ordinaria, prevista dall’art. 9, il potere<br />
di privazione della libertà personale<br />
è attribuito alla competenza<br />
della Corte di Appello in forma collegiale,<br />
mentre nel caso di specie sarebbe<br />
rimesso alla Polizia giudiziaria.<br />
Tale tesi, comunque, è sconfessata<br />
dalla previsione normativa del<br />
giudizio di convalida di cui all’art.<br />
13, che nel nostro Ordinamento non<br />
è previsto per l’attività di esecuzione<br />
penale e che è riservato, invece,<br />
alle iniziative pre-cautelari, quale necessaria<br />
ratifica giurisdizionale dell’iniziativa<br />
della Polizia giudiziaria<br />
in ossequio al disposto dell’art. 13,<br />
c. 3 della Costituzione;<br />
b) iniziativa pre-cautelare. È l’ipotesi<br />
che riscuote più consensi, benché<br />
sia stato evidenziato che, ai sensi<br />
dell’art. 13, 3° c. Cost. solo in casi<br />
di necessità e di urgenza, indicati<br />
tassativamente dalla legge, è consentito<br />
all’autorità di pubblica sicurezza<br />
di adottare provvedimenti
provvisori che incidono sulla libertà<br />
personale.<br />
Casi che non sono ravvisabili in<br />
astratto sulla base della semplice segnalazione<br />
nel SIS, in particolare sotto<br />
il profilo dell’urgenza, poiché dalla<br />
citata segnalazione non si può<br />
presumere la sussistenza del pericolo<br />
di fuga.<br />
c) L’arresto ad iniziativa della Polizia<br />
giudiziaria può comportare una discriminazione<br />
ai danni della persona<br />
da consegnare rispetto alla procedura<br />
ordinaria, attuata attraverso<br />
la trasmissione della richiesta direttamente<br />
o tramite il Ministro della<br />
Giustizia, ai sensi dell’art. 9 della<br />
legge n. 65, poiché il Presidente della<br />
Corte, sentito il procuratore generale,<br />
procede, con ordinanza motivata<br />
a pena di nullità, all’applicazione<br />
della misura coercitiva, solo<br />
se la ritiene necessaria, tenendo<br />
conto in particolare dell’esigenza di<br />
garantire che la persona non si sottragga<br />
alla richiesta consegna.<br />
In conclusione, lo “status libertatis”<br />
della persona colpita da mandato di<br />
arresto europeo, in questa fase del<br />
procedimento, dipende, innanzitutto,<br />
dalla scelta dello Stato emittente<br />
di richiedere l’inserimento dei dati<br />
della persona nel sistema SIS piuttosto<br />
che trasmettere gli atti all’autorità<br />
giudiziaria competente.<br />
Sotto tale profilo è stata prospettata<br />
una violazione del principio di uguaglianza<br />
previsto dall’art. 3 della<br />
Costituzione.<br />
d) L’orientamento giurisprudenziale<br />
della Corte di Cassazione sulla<br />
natura giuridica dell’atto di arresto<br />
della Polizia giudiziaria, la S. C. ha<br />
ritenuto che: “…l’arresto ad opera<br />
della Polizia giudiziaria della persona<br />
ricercata attraverso il SIS, previsto<br />
dall’art. 11 L.n. 69 del 2005, si<br />
configura come atto “dovuto”, subordinato<br />
alla sola verifica che la relativa<br />
segnalazione sia stata effettuata<br />
da “un’autorità competente” di<br />
uno Stato membro dell’Unione europea<br />
e che la stessa sia avvenuta<br />
“nelle forme richieste”, dovendosi<br />
pertanto escludere che competa al-<br />
l’autorità italiana una valutazione<br />
circa l’urgenza dell’arresto.<br />
Conseguentemente la relativa convalida<br />
ad opera del presidente della<br />
Corte di Appello deve basarsi su presupposti<br />
formali, ovvero che l’arresto<br />
sia avvenuto in presenza dei citati<br />
requisiti e che non vi sia stato errore<br />
di persona (v. sez. VI, n. 20550<br />
del 5/6/2006 - Volanti).<br />
La Corte, inoltre, con la citata sentenza<br />
ha dichiarato manifestamente<br />
infondata la questione di costituzionalità<br />
dell’art. 13 della citata legge<br />
nella parte in cui legittima l’adozione<br />
di un provvedimento restrittivo<br />
della libertà personale ad opera della<br />
Polizia giudiziaria, al di fuori dei<br />
casi di necessità e di urgenza stabiliti<br />
dalla legge, osservando che la valutazione<br />
circa l’urgenza dell’arresto<br />
è rimessa all’autorità emittente, che<br />
ha facoltà di segnalare la persona ricercata<br />
nel SIS.<br />
Sul computo del termine di perdita di<br />
efficacia dell’arresto di iniziativa eseguito<br />
dalla Polizia giudiziaria, la Corte<br />
di Cassazione, con sentenza n.45254-<br />
Sez VI, del 22/11/2005- dep. il<br />
13/12/2005, ha affermato che:<br />
“con riferimento alla procedura passiva<br />
di consegna e nell’ipotesi di arresto<br />
pre-cautelare ad iniziativa della<br />
Polizia giudiziaria - eseguito in<br />
conseguenza di segnalazione della<br />
persona nel Sistema Informativo di<br />
Schengen (SIS) costituente una vera<br />
e propria richiesta di “arresto preventivo<br />
ai fini della consegna”- il<br />
termine oltre il quale, in mancanza<br />
di una decisione, la persona deve essere<br />
posta in libertà non decorre<br />
dalla data dell’arresto da parte della<br />
Polizia giudiziaria ma dalla data<br />
di notifica della misura coercitiva<br />
emessa dal presidente della Corte di<br />
Appello.”<br />
Il riferimento è all’ipotesi contenuta<br />
nell’art.13, c. 3° della legge n.69/2005<br />
(perdita di efficacia del provvedimento<br />
cautelare emesso dal Presidente<br />
della Corte a seguito della<br />
convalida dell’arresto eseguito di iniziativa<br />
dalla Polizia giudiziaria).<br />
La Corte (Sez. VI, Ordinanza<br />
n.24640 del 28/4/2006 Cc. - Ariosa)<br />
9<br />
ha anche chiarito che: “l’unico rimedio<br />
per dedurre la violazione dell’art.<br />
13 della legge n. 69 del 2005 -<br />
che prescrive che il presidente della<br />
corte di appello, nel procedere alla<br />
convalida dell’arresto e dell’eventuale<br />
misura cautelare, debba<br />
provvedere entro quarantotto ore<br />
dalla ricezione del verbale di arresto<br />
all’audizione della persona arrestata<br />
- è il ricorso per cassazione ex<br />
art 719 c.p.p. e non già la richiesta<br />
di revoca della misura cautelare applicata.<br />
(Nell’affermare tale principio la Corte<br />
ha precisato che la revoca è proponibile<br />
sempre che siano venute<br />
meno o siano modificate le esigenze<br />
cautelari che hanno determinato l’applicazione<br />
della misura, fermo restando<br />
che deve trattarsi di sopravvenuta<br />
insussistenza delle esigenze<br />
cautelari, fondandosi l’ordinanza impositiva<br />
su un giudizio prognostico<br />
favorevole alla consegna). In merito<br />
al contenuto dell’ordinanza di convalida,<br />
la Sez. VI della S. C., con sentenza<br />
n. 42803 del 10/11/2005 Cc.<br />
ha affermato il principio che:<br />
“In tema di mandato di arresto europeo,<br />
l’ordinanza con la quale l’autorità<br />
giudiziaria italiana convalida<br />
l’arresto eseguito dalla Polizia giudiziaria<br />
deve essere motivata sia in<br />
ordine all’esigenza di garantire che<br />
la persona della quale è richiesta la<br />
consegna non si sottragga alla stessa,<br />
sia in relazione a quanto previsto<br />
dalle disposizioni del codice di<br />
procedura penale in materia di misure<br />
cautelari personali con alcune<br />
tassative eccezioni. Poiché tra tali<br />
eccezioni non è inclusa la disposizione<br />
di cui all’art.274, lettera b)<br />
c.p.p., sussiste l’obbligo di motivare<br />
la convalida in riferimento al pericolo<br />
di fuga.<br />
In relazione alla congruità della motivazione<br />
del mandato di arresto, la<br />
S. C., con la sentenza n.34355 del<br />
23/9/2005 della Sez. VI, ha affermato<br />
che:<br />
“Il presupposto della motivazione<br />
del cosiddetto “mandato di arresto<br />
europeo”, cui è subordinato l’acco-
glimento della domanda di consegna<br />
(art.1, comma terzo, e art.18, comma<br />
primo, lett.T, legge 22/472005<br />
n.69), non può essere strettamente<br />
parametrato alla nozione ricavabile<br />
dalla tradizione giuridica italiana<br />
(esposizione logico-argomentativa<br />
del significato e delle implicazioni<br />
del materiale probatorio), essendo,<br />
invece, sufficiente che l’autorità giudiziaria<br />
emittente abbia dato “ragione”<br />
del provvedimento adottato;<br />
il che può realizzarsi anche attraverso<br />
la puntuale allegazione dell’evidenze<br />
fattuali a carico della<br />
persona di cui si chiede la consegna.”<br />
Principio ribadito di recente con la sentenza<br />
n.19764 del 5/5/2006(Sez.VI),<br />
con la quale ha ritenuto che: “l’ordinanza<br />
applicativa della misura della<br />
custodia cautelare in carcere<br />
emessa in esecuzione di un mandato<br />
di arresto europeo non deve contenere<br />
la descrizione sommaria del<br />
fatto e l’indicazione delle norme violate,<br />
che si rinvengono nel mandato<br />
di arresto, e non deve farsi carico<br />
delle valutazioni in tema di adeguatezza<br />
e proporzionalità della misura<br />
e di concedibilità della sospensione<br />
condizionale della pena, potendo<br />
la Corte di appello valutare, in<br />
sede di sommaria delibazione al limitato<br />
fine cautelare, l’esistenza di<br />
elementi sufficientemente certi che<br />
offrano ragioni idonee a ritenere che<br />
ricorrano, in concreto e allo stato,<br />
elementi ostativi alla consegna secondo<br />
il disposto dell’art. 9, comma<br />
sesto, legge n. 69 del 2005.<br />
Con la sentenza della Sez. VI, 26-30<br />
gennaio 2006, n.3640, la S. C. ha ritenuto<br />
che: “il titolo limitativo della<br />
libertà personale non è il mandato<br />
d’arresto europeo emanato dal<br />
giudice straniero.<br />
Pertanto nel termine previsto dalla<br />
legge (quarantotto ore dalla ricezione<br />
del verbale di arresto a opera<br />
della Polizia giudiziaria) deve procedersi<br />
alla convalida dell’arresto<br />
stesso.<br />
Lo stato privativo della libertà personale<br />
può essere mantenuto soltanto<br />
attraverso l’emissione di mi-<br />
sura coercitiva (quand’anche si volesse<br />
ritenere che l’atto di convalida<br />
contenga anche quest’ultima misura,<br />
deve però essere enunciata la<br />
motivazione quanto alle esigenze<br />
cautelari, specificamente il pericolo<br />
di fuga).”<br />
Sulla necessità dell’allegazione della<br />
relazione sui fatti addebitati alla<br />
persona, si registra un’evoluzione<br />
della giurisprudenza della S.C. in<br />
senso più restrittivo. Infatti, la stessa<br />
sezione VI, dopo aver affermato con<br />
sentenza n.46357 del 12/12/2005<br />
Cc., che:<br />
“il mancato arrivo della relazione<br />
sui fatti addebitati alla persona non<br />
determina la perdita di efficacia del<br />
provvedimento emesso dal Presidente<br />
della Corte di appello all’esito<br />
del procedimento di convalida<br />
dell’arresto, in quanto è sufficiente<br />
che pervenga, entro il termine di cui<br />
all’art.13, 3° c. della L. 22/4/2005,<br />
n. 69, la segnalazione della persona<br />
nel Sistema Informativo Schengen<br />
(SIS) contenente le sole indicazioni<br />
previste dal primo comma dell’art.<br />
6 legge citata.”<br />
Nella recente sentenza del<br />
29/9/2006, n. 32516, ha affermato il<br />
principio che: “l’omessa allegazione<br />
al mandato di arresto della relazione<br />
sui fatti addebitati alla persona di cui<br />
è richiesta la consegna, con l’indicazione<br />
delle fonti di prova, del tempo<br />
e del luogo di commissione dei fatti<br />
stessi e della loro qualificazione giuridica,<br />
di cui all’art. 6, quarto comma,<br />
lett. a) legge n. 69 del 2005, costituisce<br />
causa ostativa alla decisione<br />
di consegna, rendendo impossibili<br />
le valutazioni del giudice italiano<br />
sulla legittimità della consegna<br />
previste dalla normativa nazionale.<br />
(Nel caso di specie, la Corte ha rilevato<br />
che le “fonti di prova” non risultavano<br />
tra l’altro desumibili da alcun<br />
atto equipollente).<br />
L’EUROPOL, ufficio europeo di Polizia,<br />
è stato istituito con atto del<br />
Consiglio d’Europa del 26/7/1995,<br />
in attuazione delle disposizioni contenute<br />
nell’art. k 3 del Trattato<br />
dell’Unione Europea.<br />
Obbiettivo dell’Europol, secondo la<br />
10<br />
citata Convenzione, è migliorare l’efficienza<br />
dei servizi competenti degli<br />
Stati membri e la loro cooperazione<br />
in settori sempre più numerosi:<br />
- la prevenzione e la lotta contro il<br />
terrorismo;<br />
- il traffico illecito di stupefacenti;<br />
- la tratta di esseri umani;<br />
- le reti d’immigrazione clandestina;<br />
- il traffico illecito di autoveicoli;<br />
- la lotta contro la falsificazione<br />
dell’Euro;<br />
- il riciclaggio dei proventi di attività<br />
criminali internazionali.<br />
FUNZIONI PRIORITARIE<br />
- agevolare lo scambio di informazioni<br />
fra gli Stati membri;<br />
- raccogliere le informazioni e le segnalazioni;<br />
- comunicare ai servizi competenti<br />
degli Stati membri le informazioni<br />
che li riguardano e informarli immediatamente<br />
dei collegamenti constatati<br />
fra fatti delittuosi;<br />
- facilitare le indagini negli Stati<br />
membri;<br />
- gestire raccolte informatizzate di<br />
informazioni.<br />
UNITÀ NAZIONALI<br />
E UFFICIALI<br />
DI COLLEGAMENTO<br />
Sono costituiti presso ogni Stato<br />
membro con il compito di fornire e<br />
ricevere dati dall’Organo Centrale<br />
con sede all’Aia. In Italia è costituito<br />
presso il Ministero dell’Interno e<br />
opera, per quanto attiene al mandato<br />
di arresto europeo, nell’ambito<br />
della divisione SIRENE.<br />
Non risulta, allo stato, che esso svolga<br />
compiti operativi.
ART. 158 - DIVIETO DI FERMATA<br />
E DI SOSTA DEI VEICOLI<br />
1. La fermata e la sosta sono vietate:<br />
a) in corrispondenza o in prossimità dei<br />
passaggi a livello e sui binari di linee<br />
ferroviarie o tramviarie o così vicino ad<br />
essi da intralciarne la marcia;<br />
b) nelle gallerie, nei sottovia, sotto i sovrapassaggi,<br />
sotto i fornici e i portici,<br />
salvo diversa segnalazione;<br />
c) sui dossi e nelle curve e, fuori dei<br />
centri abitati e sulle strade urbane di<br />
scorrimento, anche in loro prossimità;<br />
d) in prossimità e in corrispondenza di<br />
segnali stradali verticali e semaforici in<br />
modo da occultarne la vista, nonché in<br />
corrispondenza dei segnali orizzontali<br />
di preselezione e lungo le corsie di canalizzazione;<br />
e) fuori dei centri abitati, sulla corrispondenza<br />
e in prossimità delle aree di intersezione;<br />
f) nei centri abitati, sulla corrispondenza<br />
delle aree di intersezione e in prossimità<br />
delle stesse a meno di 5 m dal<br />
prolungamento del bordo più vicino<br />
della carreggiata trasversale, salvo diversa<br />
segnalazione;<br />
g) sui passaggi e attraversamenti pedonali<br />
e sui passaggi per ciclisti, nonché sulle piste<br />
ciclabili e agli sbocchi delle medesime;<br />
h) sui marciapiedi, salvo diversa segnalazione.<br />
ALESSANDRO CASALE<br />
Comandante della Polizia locale<br />
di Busto Arsizio (VA)<br />
CIRCOLAZIONE E SOSTA DEI VEICOLI<br />
AL SERVIZIO DI PERSONE INVALIDE:<br />
PROFILI NORMATIVI E GIURISPRUDENZIALI<br />
2. La sosta di un veicolo è inoltre vietata:<br />
a) allo sbocco dei passi carrabili;<br />
b) dovunque venga impedito di accedere<br />
ad un altro veicolo regolarmente<br />
in sosta, oppure lo spostamento<br />
di veicoli in sosta;<br />
c) in seconda fila, salvo che si tratti<br />
di veicoli a due ruote;<br />
d) negli spazi riservati allo stazionamento<br />
e alla fermata degli autobus,<br />
dei filobus e dei veicoli circolanti su<br />
rotaia e, ove questi non siano delimitati,<br />
a una distanza dal segnale di<br />
fermata inferiore a 15 m, nonché negli<br />
spazi riservati allo stazionamento<br />
dei veicoli in servizio di piazza;<br />
e) sulle aree destinate al mercato e ai<br />
veicoli per il carico e lo scarico di<br />
cose, nelle ore stabilite;<br />
f) sulle banchine, salvo diversa segnalazione;<br />
g) negli spazi riservati alla fermata o<br />
alla sosta dei veicoli per persone invalide<br />
di cui all’art. 188 e in corrispondenza<br />
degli scivoli o dei raccordi<br />
tra i marciapiedi, rampe o corridoi<br />
di transito e la carreggiata utilizzati<br />
dagli stessi veicoli;<br />
h) nelle corsie o carreggiate riservate<br />
ai mezzi pubblici;<br />
i) nelle aree pedonali urbane;<br />
12<br />
l) nelle zone a traffico limitato per i veicoli<br />
non autorizzati;<br />
m) negli spazi asserviti ad impianti o<br />
attrezzature destinate a servizi di emergenza<br />
o di igiene pubblica indicati dalla<br />
apposita segnaletica;<br />
n) davanti ai cassonetti dei rifiuti urbani<br />
o contenitori analoghi;<br />
o) limitatamente alle ore di esercizio,<br />
in corrispondenza dei distributori di<br />
carburante ubicati sulla sede stradale<br />
ed in loro prossimità sino a 5 m prima<br />
e dopo le installazioni destinate all’erogazione.<br />
3. Nei centri abitati è vietata la sosta<br />
dei rimorchi quando siano staccati dal<br />
veicolo trainante, salvo diversa segnalazione.<br />
4. Durante la sosta e la fermata il conducente<br />
deve adottare le opportune<br />
cautele atte a evitare incidenti ed impedire<br />
l’uso del veicolo senza il suo<br />
consenso.<br />
5. Chiunque viola le disposizioni del<br />
comma 1 e delle lettere d), g) e h) del<br />
comma 2 è soggetto alla sanzione amministrativa<br />
del pagamento di una<br />
somma da euro 71 ad euro 286.<br />
6. Chiunque viola le altre disposizioni<br />
del presente articolo è soggetto alla<br />
sanzione amministrativa del pagamento<br />
di una somma da euro 35 ad<br />
euro 143.<br />
7. Le sanzioni di cui al presente arti-
colo si applicano per ciascun giorno di<br />
calendario per il quale si protrae la violazione.<br />
ART. 354 REGOLAMENTO CDS -<br />
ART. 159 COD. STR.<br />
CONCESSIONE DEL SERVIZIO<br />
DI RIMOZIONE E VEICOLI<br />
AD ESSO ADDETI<br />
1. Il servizio di rimozione dei veicoli<br />
ai sensi dell’art. 159 del codice può essere<br />
affidato in concessione biennale<br />
rinnovabile a soggetti in possesso della<br />
licenza di rimessa ai sensi dell’art.<br />
19 del decreto del Presidente della<br />
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, che<br />
dispongono di almeno uno dei veicoli<br />
con le caratteristiche tecniche definite<br />
all’art. 12 e che siano in possesso<br />
dei seguenti requisiti:<br />
a) cittadinanza italiana o di altro Stato<br />
membro della CEE;<br />
b) età non inferiore ad anni 21;<br />
c) non essere sottoposti a misure amministrative<br />
di sicurezza personale o a<br />
misure di prevenzione;<br />
d) non aver riportato condanne penali<br />
o avere procedimenti penali in corso,<br />
per reati non colposi, che siano sanzionati<br />
con la pena della reclusione<br />
non inferiore a due anni;<br />
e) non aver riportato condanne e non<br />
essere sottoposti a procedimenti penali<br />
per reati commessi nell’esercizio di<br />
attività di autoriparazione;<br />
f) non essere stati interdetti o inabilitati<br />
o avere in corso un procedimento<br />
per interdizione o inabilitazione;<br />
g) essere forniti di polizza assicurativa<br />
contro la responsabilità civile verso<br />
terzi prevista dall’art. 2043 del codice<br />
civile per un massimale che verrà determinato<br />
con il disciplinare di cui al<br />
comma 2.<br />
2. Alla concessione provvede l’ente<br />
proprietario della strada. Alla concessione<br />
vanno allegate le prescrizioni<br />
tecniche del veicolo e copia delle formalità<br />
di omologazione di cui all’art.<br />
12. La concessione deve contenere<br />
l’indicazione del numero dei veicoli<br />
impiegati con i loro estremi di identificazione<br />
e di omologazione, il tempo<br />
di validità della concessione e le tariffe<br />
da applicarsi secondo un disciplinare<br />
unico approvato dal Ministro<br />
dei trasporti e della navigazione di<br />
concerto con il Ministro dei lavori<br />
pubblici.<br />
3. Per la procedura di rimozione dei<br />
veicoli che costituisce, ai sensi dell’art.<br />
59, comma 4, del codice, sanzione<br />
amministrativa accessoria, si applicano<br />
le disposizioni dell’art. 215 del codice<br />
e dell’art. 397.<br />
4. È vietata la rimozione dei veicoli<br />
destinati a servizi di Polizia, anche se<br />
privati, di ambulanze, dei Vigili del<br />
fuoco, di soccorso, nonchè di quelli<br />
dei medici che si trovano in attività di<br />
servizio in situazione di emergenza e<br />
degli invalidi, purchè muniti di apposito<br />
contrassegno.<br />
ART. 188 - CIRCOLAZIONE E SOSTA<br />
DEI VEICOLI AL SERVIZIO<br />
DI PERSONE INVALIDE<br />
1. Per la circolazione e la sosta dei<br />
veicoli al servizio delle persone invalide<br />
gli enti proprietari della strada sono<br />
tenuti ad allestire e mantenere apposite<br />
strutture, nonché la segnaletica<br />
necessaria, per consentire ed agevolare<br />
la mobilità di esse, secondo quanto<br />
stabilito nel regolamento.<br />
2. I soggetti legittimati ad usufruire delle<br />
strutture di cui al comma 1 sono autorizzati<br />
dal sindaco del comune di residenza<br />
nei casi e con limiti determinati<br />
dal regolamento e con le formalità<br />
nel medesimo indicate.<br />
3. I veicoli al servizio di persone invalide<br />
autorizzate a norma del comma 2<br />
non sono tenuti all’obbligo del rispetto<br />
dei limiti di tempo se lasciati in sosta<br />
nelle aree di parcheggio a tempo determinato.<br />
4. Chiunque usufruisce delle strutture di<br />
cui al comma 1, senza avere l’autorizzazione<br />
prescritta dal comma 2 o ne faccia<br />
uso improprio, è soggetto alla sanzione<br />
amministrativa del pagamento di<br />
una somma da euro 71 (1) ad euro 286 (1).<br />
13<br />
5. Chiunque usa delle strutture di cui<br />
al comma 1, pur avendone diritto, ma<br />
non osservando le condizioni ed i limiti<br />
indicati nell’autorizzazione prescritta<br />
dal comma 2, è soggetto alla<br />
sanzione amministrativa del pagamento<br />
di una somma da euro 35ss (1)<br />
ad euro 143 (1).<br />
ART. 381 - ART. 188 CDS -<br />
STRUTTURE E SEGNALETICA<br />
PER LA MOBILITÁ<br />
DELLE PERSONE INVALIDE<br />
1. Ai fini di cui all’art. 188, comma 1,<br />
del codice, gli enti proprietari della<br />
strada devono allestire e mantenere<br />
funzionali ed efficienti tutte le strutture<br />
per consentire ed agevolare la mobilità<br />
delle persone invalide.<br />
2. Per la circolazione e la sosta dei veicoli<br />
a servizio delle persone invalide<br />
con capacità di deambulazione sensibilmente<br />
ridotta, il sindaco rilascia apposita<br />
autorizzazione in deroga, previo<br />
specifico accertamento sanitario.<br />
L’autorizzazione è resa nota mediante<br />
l’apposito "contrassegno invalidi" di cui<br />
alla figura V.4. Il contrassegno è strettamente<br />
personale, non è vincolato ad<br />
uno specifico veicolo ed ha valore su<br />
tutto il territorio nazionale.<br />
L’indicazione delle strutture di cui al<br />
comma 1 deve essere resa nota mediante<br />
il segnale di "simbolo di accessibilità"<br />
di cui alla figura V.5. (2)<br />
3. Per il rilascio della autorizzazione<br />
di cui al comma 2, l’interessato deve<br />
presentare domanda al sindaco del comune<br />
di residenza, nella quale, oltre a<br />
dichiarare sotto la propria responsabilità<br />
i dati personali e gli elementi oggettivi<br />
che giustificano la richiesta, deve<br />
presentare la certificazione medica<br />
rilasciata dall’ufficio medico-legale<br />
dell’Unità Sanitaria Locale di apparte-<br />
(1) Importo elevato dall’art. unico, D.M. 4 gennaio<br />
1995, dall’art. unico, D.M. 20 dicembre 1996 a decorrere<br />
dal 1° gennaio 1997, dall’art. unico D.M. 22<br />
dicembre 1998, a decorrere dal 1° gennaio 1999, dall’art.<br />
unico, D.M. 29 dicembre 2000, a decorrere dal<br />
1° gennaio 2001, dall’art. 1, D.M. 24 dicembre 2002,<br />
a decorrere dal 1° gennaio 2003 e, successivamente,<br />
aggiornato dall’art. 1, D.M. 22 dicembre 2004 e arrotondato<br />
all’unità di euro dall’art. 195, comma 3-bis<br />
del presente codice, a decorrere dal 1° gennaio 2005.
nenza, dalla quale risulta che nella visita<br />
medica è stato espressamente accertato<br />
che la persona per la quale viene<br />
chiesta l’autorizzazione ha effettiva<br />
capacità di deambulazione sensibilmente<br />
ridotta. L’autorizzazione ha<br />
validità 5 anni. Il rinnovo avviene con<br />
la presentazione del certificato del medico<br />
curante che conferma il persistere<br />
delle condizioni sanitarie che hanno<br />
dato luogo al rilascio. Conservano<br />
la loro validità le autorizzazioni e i<br />
corrispondenti “contrassegni invalidi”<br />
già rilasciati. All’atto del rinnovo, il<br />
contrassegno dovrà essere adeguato alle<br />
presenti norme (3).<br />
4. Per le persone invalide a tempo determinato<br />
in conseguenza di infortunio<br />
o per altre cause patologiche, l’autorizzazione<br />
può essere rilasciata a tempo<br />
determinato con le stesse modalità<br />
di cui al comma 3. In tal caso, la relativa<br />
certificazione medica deve specificare<br />
il presumibile periodo di durata<br />
della invalidità (4).<br />
5. Nei casi in cui ricorrono particolari<br />
condizioni di invalidità della persona<br />
interessata, il sindaco può, con propria<br />
ordinanza, assegnare a titolo gratuito<br />
un adeguato spazio di sosta individuato<br />
da apposita segnaletica indicante gli<br />
estremi del “contrassegno invalidi” del<br />
soggetto autorizzato ad usufruirne (fig.<br />
II.79/a).<br />
Tale agevolazione può essere concessa<br />
nelle zone ad alta densità di traffico,<br />
dietro specifica richiesta da parte<br />
del detentore del “contrassegno invalidi”.<br />
Questi deve, di norma, essere<br />
abilitato alla guida e deve disporre di<br />
un autoveicolo (5).<br />
6. Gli schemi delle strutture e le modalità<br />
di segnalamento delle stesse,<br />
nonché le modalità di apposizione del-<br />
(2)Comma modificato dall’art. 217, comma 1, lett. a),<br />
D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610.<br />
(3) Comma modificato dall’art. 217, comma 1, lett. b),<br />
D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610.<br />
(4) Comma modificato dall’art. 217, comma 1, lett. c),<br />
D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610.<br />
(5) Comma modificato dall’art. 217, comma 1, lett. d),<br />
D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610.<br />
la segnaletica necessaria e quant’altro<br />
utile alla realizzazione delle opere indicate<br />
nel comma 1, sono determinati<br />
con apposito disciplinare tecnico, approvato<br />
dal Ministro dei lavori pubblici<br />
sentito il Ministro della sanità.<br />
D. P. R. 24 luglio 1996, n. 503<br />
Regolamento recante norme per l’eliminazione<br />
delle barriere architettoniche<br />
negli edifici, spazi e servizi pubblici.<br />
ART.11 CIRCOLAZIONE E SOSTA DEI<br />
VEICOLI AL SERVIZIO DI PERSONE<br />
DISABILI<br />
1. Alle persone detentrici del contrassegno<br />
di cui all’art.12 viene consentita,<br />
dalle autorità competenti la circolazione<br />
e la sosta del veicolo al loro<br />
specifico servizio, purché ciò non costituisca<br />
grave intralcio al traffico, nel<br />
caso di sospensione o limitazione della<br />
circolazione per motivi di sicurezza<br />
pubblica, di pubblico interesse o per<br />
esigenze di carattere militare, ovvero<br />
quando siano stati stabiliti obblighi o<br />
divieti di carattere permanente o temporaneo,<br />
oppure quando sia stata vietata<br />
o limitata la sosta.<br />
2. Le facilitazioni possono essere subordinate<br />
alla osservanza di eventuali<br />
motivate condizioni e cautele.<br />
3. La circolazione e la sosta sono consentite<br />
nelle “zone a traffico limitato”<br />
e “nelle aree pedonali urbane”, così<br />
come definite dall’art. 3 del decreto legislativo<br />
30 aprile 1992, n. 285, qualora<br />
è autorizzato l’accesso anche ad<br />
una sola categoria di veicoli per l’espletamento<br />
di servizi di trasporto di<br />
pubblica utilità.<br />
4. Per i percorsi preferenziali o le corsie<br />
preferenziali riservati oltre che ai<br />
mezzi di trasporto pubblico collettivo<br />
anche ai taxi, la circolazione deve intendersi<br />
consentita anche ai veicoli al<br />
servizio di persone invalide detentrici<br />
dello speciale contrassegno di cui all’art.<br />
12.<br />
5. Nell’ambito dei parcheggi o delle attrezzature<br />
per la sosta, muniti di dispositivi<br />
di controllo della durata del-<br />
14<br />
la sosta ovvero con custodia dei veicoli,<br />
devono essere riservati gratuitamente<br />
ai detentori del contrassegno almeno<br />
1 posto ogni 50 o frazione di 50<br />
posti disponibili.<br />
6. I suddetti posti sono contrassegnati<br />
con il segnale di cui alla figura 79/a<br />
art. 120 del decreto del Presidente della<br />
Repubblica 16 dicembre 1992, n.<br />
495.<br />
ART.12 CONTRASSEGNO SPECIALE<br />
1. Alle persone con capacità di deambulazione<br />
sensibilmente ridotta è rilasciato<br />
dai comuni, a seguito di apposita<br />
documentata istanza, lo speciale<br />
contrassegno di cui al decreto del Presidente<br />
della Repubblica 16 dicembre<br />
1992, n. 495, che deve essere apposto<br />
sulla parte anteriore del veicolo.<br />
2. Il contrassegno è valido per tutto il<br />
territorio nazionale.<br />
3. La normativa di cui al presente articolo<br />
si intende estesa anche alla categoria<br />
dei non vedenti.<br />
GIURISPRUDENZA<br />
1) SOSTA IN DOPPIA FILA: ANCHE<br />
L’INVALIDO PAGA LA MULTA<br />
Cass. civ., sez. I, 30-08-2005, n. 17479 -<br />
Pres. De Musis R - Rel. San Giorgio<br />
MR - P.m. Cafiero D (Diff.) - Com.<br />
Terni c. Vaira<br />
Svolgimento del processo<br />
Con ricorso depositato in data 3 gennaio<br />
2001, M. V. proponeva opposizione<br />
innanzi al giudice di pace di<br />
Terni avverso il verbale elevato da vigili<br />
della locale Polizia municipale per<br />
violazione dell’art. 158 c.d.s., per aver<br />
sostato in seconda fila intralciando la<br />
circolazione, con irrogazione della<br />
sanzione pecuniaria di lire 60.600. La<br />
opponente esponeva che, essendo in<br />
possesso di permesso di parcheggio riservato<br />
rilasciato al proprio figlio invalido<br />
civile, e dovendo accompagnare<br />
quest’ultimo nella propria abitazione,<br />
aveva trovato occupato da altra<br />
autovettura il posto in questione,<br />
ed era stata pertanto costretta a sostare<br />
davanti a quella autovettura, sen-
za, peraltro, creare alcun intralcio alla<br />
circolazione.<br />
Il giudice di pace, riscontrando nella<br />
fattispecie la esimente dello stato di necessità,<br />
di cui all’art. 4 della legge n.<br />
689 del 1981, con sentenza depositata<br />
il 19 luglio 2001, accoglieva il ricorso<br />
e annullava il verbale di contestazione.<br />
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso<br />
per cassazione il Comune di<br />
Terni deducendo due motivi. L’intimata<br />
non si è costituita.<br />
Motivi della decisione<br />
Con il primo motivo del ricorso, si deduce<br />
violazione e/o falsa applicazione<br />
dell’art. 4 della legge 24 novembre<br />
1981, n. 689, dell’art. 54 cod. pen.,<br />
degli artt. 2697 e 2907 cod. civ., dell’art.<br />
99 cod. proc. civ., nonché omessa,<br />
insufficiente e/o contraddittoria motivazione<br />
su di un punto decisivo della<br />
controversia. Si lamenta che il giudice<br />
di pace abbia ritenuto la sussistenza,<br />
nella specie, della esimente<br />
dello stato di necessità alla stregua di<br />
prove non offerte e di circostanze inidonee<br />
a configurarla, avendone riconosciuta<br />
la sussistenza sulla base della<br />
sola dichiarazione della opponente<br />
di aver dovuto accompagnare il proprio<br />
figliuolo disabile a casa e di aver<br />
trovato occupato il parcheggio a lui riservato<br />
in quanto invalido.<br />
Con il secondo motivo, si lamenta violazione<br />
e/o falsa applicazione degli<br />
artt. 2697 cod. civ., 196, commi 1 e 4,<br />
del codice della strada, art. 6, primo<br />
comma, della legge n. 689 del 1981,<br />
dell’art. 158, comma 1, lett. 9), e 159,<br />
lett. b), ancora del codice della strada,<br />
nonché omessa pronuncia su punti decisivi<br />
della controversia. L’intimato,<br />
quale intestatario del veicolo, non ha<br />
neppure fornito la prova liberatoria<br />
consentitagli dall’art. 196, comma 1,<br />
del codice della strada, che la circolazione<br />
del mezzo sia avvenuta contro<br />
la sua volontà. Peraltro, la violazione<br />
del divieto di sosta in doppia fila presenterebbe<br />
in sé la caratteristica di intralcio<br />
e pericolo per la circolazione,<br />
con la conseguenza che esso dovrebbe<br />
essere rispettato anche da coloro<br />
che utilizzano gli autoveicoli per il trasporto<br />
degli invalidi.<br />
Il primo motivo è fondato. L’esclusione<br />
della responsabilità per violazioni<br />
amministrative derivante da "stato di<br />
necessita", secondo la previsione dell’art.<br />
4 della legge n. 689 del 1981, postula,<br />
in applicazione degli artt. 54 e<br />
59 cod. pen., che fissano i principi generali<br />
della materia, una effettiva situazione<br />
di pericolo imminente di<br />
danno grave alla persona, non altrimenti<br />
evitabile, ovvero l’erronea persuasione<br />
di trovarsi in tale situazione,<br />
persuasione provocata da circostanze<br />
oggettive (v., tra le altre, Cass., n. 4710<br />
del 1999, n. 287 del 2005).<br />
La decisione impugnata non risulta rispettosa<br />
del citato dato normativo,<br />
avendo il giudicante erroneamente riconosciuto<br />
la configurabilità della esimente<br />
di cui si tratta senza che ne sussistessero<br />
i descritti presupposti. In particolare,<br />
dalla sola dichiarazione della<br />
V. di aver dovuto, nel giorno e nella<br />
fascia oraria cui si riferisce la contestazione,<br />
accompagnare il proprio<br />
figliuolo disabile e di aver rinvenuto<br />
occupato lo spazio riservato al parcheggio<br />
della sua autovettura, munita<br />
di permesso di parcheggio per invalidi,<br />
non era in alcun modo desumibile<br />
la sussistenza di un pericolo avente le<br />
caratteristiche richieste dall’art. 54<br />
cod. pen., trattandosi di una fattispecie<br />
del tutto carente dell’elemento del<br />
pericolo imminente di danno grave alla<br />
persona, non altrimenti evitabile,<br />
per evitare il quale l’agente sia stato<br />
costretto a tenere il comportamento<br />
sanzionato.<br />
Le suesposte argomentazioni danno ragione<br />
della superfluità dell’esame del<br />
secondo motivo del ricorso, che ne resta,<br />
pertanto, assorbito. Il primo motivo<br />
del ricorso deve, pertanto, essere<br />
accolto, assorbito il secondo. La sentenza<br />
impugnata va, conseguentemente,<br />
cassata, e, non essendo necessari<br />
ulteriori accertamenti in fatto, questa<br />
Corte, può, ai sensi dell’art. 384, primo<br />
comma, cod. proc. civ., decidere<br />
la causa nel merito, rigettando la opposizione.<br />
La decisione nel merito<br />
comporta il necessario regolamento<br />
delle spese del giudizio di primo grado,<br />
in relazione alle quali si ritengono<br />
sussistenti giusti motivi per la compensazione.<br />
Quanto alle spese del giudizio<br />
di legittimità, esse vanno poste a<br />
carico dell’intimato, e liquidate come<br />
da dispositivo.<br />
15<br />
P.Q.M.<br />
La Corte accoglie il primo motivo del<br />
ricorso, assorbito il secondo. Cassa la<br />
sentenza impugnata, e, decidendo nel<br />
merito, rigetta la opposizione. Compensa<br />
le spese del giudizio di primo<br />
grado, e condanna l’intimata al pagamento<br />
delle spese del giudizio di legittimità,<br />
che liquida in complessivi euro<br />
400,00, di cui euro 350,00 per onorari,<br />
oltre alle spese generali ed accessorie<br />
di legge.<br />
FOTOCOPIA<br />
CONTRASSEGNO INVALIDI:<br />
È REATO<br />
Suprema corte di cassazione<br />
Sentenza 11-07-2005 / 30-09-2005,<br />
n. 35165<br />
Svolgimento del processo:<br />
Motivi della decisione<br />
D. Loris è stato condannato dal Tribunale<br />
dell’Aquila alla pena di m. 6<br />
di reclusione per il delitto di cui agli<br />
artt. 477-482 c.p., avendo alterato la<br />
fotocopia di un certificato del servizio<br />
veterinario dell’USL n. 1 di Agnone,<br />
inserendovi un capo bovino e modificando<br />
la data. La corte d’appello<br />
confermava. Ricorre il difensore, deducendo<br />
il vizio di motivazione e la<br />
violazione di legge:<br />
il fatto non sussiste, poiché il falso cade<br />
su una semplice fotocopia; Non<br />
v’è prova della commissione del fatto,<br />
onde può al più configurarsi, nella<br />
specie, il reato di cui allo art. 489<br />
c.p.; erroneamente non è stata applicata<br />
l’attenuante di cui all’art. 482<br />
c.p. e sono state negate le generiche,<br />
nonché la sospensione condizionale<br />
della pena.<br />
Le doglianze sono prive di fondamento.<br />
È versata in fatto quella che<br />
nega la commissione dell’addebito, in<br />
spregio alla ricostruzione storica del<br />
fatto, così come operata dai giudici di<br />
merito. Infondate sono tutte le altre.<br />
Fuorviante e fallace è la tesi secondo<br />
cui il reato di falso si configura se abbia<br />
ad oggetto una copia fotostatica.<br />
Tanto può, infatti, affermarsi solo se<br />
la copia predetta sia presentata come<br />
tale, dal momento che essa produce
effetti giuridici solo se autenticata o<br />
non espressamente disconosciuta (sez.<br />
5^ 5.5.98, n. 11185, Detti).<br />
Al contrario, la fotocopia integra il<br />
reato di falsità materiale quando sia<br />
presentata non come tale, ma con<br />
l’apparenza di un documento originale,<br />
atto a trarre in inganno i terzi<br />
di buona fede (sez. 5^, 17.6.96, n.<br />
7717, Jacobacci; 15.4.99, n. 7566,<br />
Domenici). Il giudice si è attestato su<br />
un livello di pena assai prossimo al minimo<br />
edittale, onde appare evidente che<br />
ha tenuto conto della fattispecie delineata<br />
dagli artt. 477 e 482 c.p. (che non<br />
configura un’attenuante, come sembra<br />
ritenere il ricorrente), ascritta al D..I precedenti<br />
penali sono stati ritenuti ostativi<br />
esplicitamente alla sospensione condizionale<br />
della pena, implicitamente alle<br />
richieste generiche, per il cui riconoscimento<br />
non è stato individuato alcun<br />
elemento di meritevolezza. Il ricorso va<br />
rigettato, con la condanna del ricorrente<br />
alle spese del procedimento.<br />
P.Q.M.<br />
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente<br />
al pagamento delle spese del procedimento.<br />
Così deciso in Roma, il 11 luglio 2005.<br />
Depositato in Cancelleria il 30 settembre<br />
2005<br />
POSTEGGIO PERSONALIZZATO: SO-<br />
LO IN CASO DI<br />
SENSIBILE DEFICIT<br />
DELLA FUNZIONE DEAMBULATORIA<br />
Tar Friuli Venezia Giulia sentenza<br />
n. 98/2006<br />
Il Tribunale amministrativo regionale del<br />
Friuli - Venezia Giulia, nelle persone dei<br />
magistrati:<br />
Vincenzo Borea - Presidente<br />
Oria Settesoldi - Consigliere<br />
Vincenzo Farina - Consigliere relatore<br />
ha pronunciato la seguente<br />
SENTENZA<br />
sul ricorso n. 20/05 proposto da …,<br />
rappresentata e difesa dall’ avv.<br />
Gianfranco Carbone, con domicilio<br />
eletto presso lo studio del medesimo,<br />
in Trieste, via …;<br />
contro<br />
il Comune di Trieste, in persona del<br />
Sindaco pro tempore, rappresentato e<br />
difeso dall’ avv. Maria Serena Giraldi,<br />
con domicilio eletto presso l’Avvocatura<br />
del Comune di Trieste, via Genova<br />
n. 2;<br />
per l’annullamento<br />
del provvedimento emesso dal Direttore<br />
dell’Area Pianificazione Territoriale<br />
del Comune di Trieste del<br />
18.11.2004, prot. gen. n. 48/12/85/2-<br />
04, con il quale è stata respinta la domanda<br />
della ricorrente volta ad ottenere<br />
la concessione del posteggio personalizzato;<br />
Visto il ricorso e gli atti tutti di causa;<br />
Uditi alla pubblica udienza del<br />
25.1.2006 - relatore il Consigliere<br />
Vincendo Farina - i difensori delle<br />
parti presenti; Ritenuto e considerato<br />
in fatto ed in diritto quanto segue:<br />
FATTO E DIRITTO<br />
La ricorrente ha chiesto al Comune di<br />
Trieste, nella sua veste di invalida, l’assegnazione<br />
di un posteggio personalizzato<br />
in via San Anastasio.<br />
L’apposita commissione tecnico-sanitaria<br />
istituita con deliberazione della<br />
Giunta comunale n. 1265 del 5.6.1996<br />
ha espresso al riguardo parere negativo<br />
sulla base della considerazione essenziale<br />
che la interessata: “Da un<br />
punto di vista sanitario mantiene una<br />
sufficiente capacità deambulatoria:<br />
dal punto di vista dei requisiti sociali<br />
dichiara di non lavorare e di non<br />
essere sottoposta a particolari cure<br />
che richiedono l’uso quotidiano del<br />
mezzo”.<br />
Questo - testualmente - il parere.<br />
Il Comune, con il gravato provvedimento,<br />
lo ha fatto proprio.<br />
La ricorrente ha dedotto la illegittimità<br />
dell’impugnato diniego sotto svariati<br />
profili. Si è costituito in giudizio l’intimato<br />
Comune, chiedendo il rigetto<br />
del gravame. Quest’ultimo è stato introitato<br />
dal Collegio ed è passato in<br />
decisione nella pubblica udienza del<br />
25.1.2006. È d’uopo prendere le mosse<br />
dal quadro normativo di riferimento.<br />
L’art. 188 del D.Lgs. 30 aprile<br />
1992, n. 285 (ad oggetto: “Nuovo co-<br />
16<br />
dice della strada”), così rubricato:<br />
“Circolazione e sosta dei veicoli al<br />
servizio di persone invalide”, dispone<br />
che: “1. Per la circolazione e la sosta<br />
dei veicoli al servizio delle persone<br />
invalide gli enti proprietari della<br />
strada sono tenuti ad allestire e mantenere<br />
apposite strutture, nonché la<br />
segnaletica necessaria, per consentire<br />
ed agevolare la mobilità di esse, secondo<br />
quanto stabilito nel regolamento.<br />
2. I soggetti legittimati ad usufruire<br />
delle strutture di cui al comma 1 sono<br />
autorizzati dal sindaco del comune<br />
di residenza nei casi e con limiti<br />
determinati dal regolamento e con le<br />
formalità nel medesimo indicate.<br />
3. I veicoli al servizio di persone invalide<br />
autorizzate a norma del comma<br />
2 non sono tenuti all’obbligo del<br />
rispetto dei limiti di tempo se lasciati<br />
in sosta nelle aree di parcheggio a<br />
tempo determinato.<br />
4. Chiunque usufruisce delle strutture<br />
di cui al comma 1, senza avere<br />
l’autorizzazione prescritta dal comma<br />
2 o ne faccia uso improprio, è soggetto<br />
alla sanzione amministrativa del<br />
pagamento di una somma da euro 71<br />
a euro 286.<br />
5. Chiunque usa delle strutture di cui<br />
al comma 1, pur avendone diritto, ma<br />
non osservando le condizioni ed i limiti<br />
indicati nell’autorizzazione prescritta<br />
dal comma 2 è soggetto alla<br />
sanzione amministrativa del pagamento<br />
di una somma da euro 35 a euro<br />
143”.<br />
L’art. 381 (Strutture e segnaletica per<br />
la mobilità delle persone invalide) del<br />
D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (recante<br />
il Regolamento di esecuzione e<br />
di attuazione del nuovo codice della<br />
strada), a sua volta, stabilisce che:<br />
“1. Ai fini di cui all’articolo 188, comma<br />
1, del codice, gli enti proprietari<br />
della strada devono allestire e mantenere<br />
funzionali ed efficienti tutte le<br />
strutture per consentire ed agevolare<br />
la mobilità delle persone invalide.<br />
2. Per la circolazione e la sosta dei<br />
veicoli a servizio delle persone inva-
lide con capacità di deambulazione<br />
sensibilmente ridotta, il sindaco rilascia<br />
apposita autorizzazione in deroga,<br />
previo specifico accertamento sanitario.<br />
L’autorizzazione è resa nota mediante<br />
l’apposito “contrassegno invalidi”<br />
di cui alla figura V.4.<br />
Il contrassegno è strettamente personale,<br />
non è vincolato ad uno specifico<br />
veicolo ed ha valore su tutto il territorio<br />
nazionale.<br />
L’indicazione delle strutture di cui al<br />
comma 1 deve essere resa nota mediante<br />
il segnale di “simbolo di accessibilità”<br />
di cui alla figura V.5.<br />
3. Per il rilascio della autorizzazione<br />
di cui al comma 2, l’interessato deve<br />
presentare domanda al sindaco del<br />
comune di residenza, nella quale, oltre<br />
a dichiarare sotto la propria responsabilità<br />
i dati personali e gli elementi<br />
oggettivi che giustificano la richiesta,<br />
deve presentare la certificazione<br />
medica rilasciata dall’ufficio<br />
medico-legale dell’Unità Sanitaria locale<br />
di appartenenza, dalla quale risulta<br />
che nella visita medica è stato<br />
espressamente accertato che la persona<br />
per la quale viene chiesta l’autorizzazione<br />
ha effettiva capacità di<br />
deambulazione sensibilmente ridotta.<br />
L’autorizzazione ha validità 5 anni.<br />
Il rinnovo avviene con la presentazione<br />
del certificato del medico curante<br />
che confermi il persistere delle<br />
condizioni sanitarie che hanno dato<br />
luogo al rilascio.<br />
Conservano la loro validità le autorizzazioni<br />
e i corrispondenti "contrassegni<br />
invalidi" già rilasciati.<br />
All’atto del rinnovo, il contrassegno<br />
dovrà essere adeguato alle presenti<br />
norme.<br />
4. Per le persone invalide a tempo<br />
determinato in conseguenza di infortunio<br />
o per altre cause patologiche,<br />
l’autorizzazione può essere rilasciata<br />
a tempo determinato con le stesse<br />
modalità di cui al comma 3. In tal caso,<br />
la relativa certificazione medica<br />
deve specificare il presumibile periodo<br />
di durata della invalidità. Anche<br />
le autorizzazioni temporanee possono<br />
essere rinnovate così come previsto<br />
dal comma 3.<br />
5. Nei casi in cui ricorrono particolari<br />
condizioni di invalidità della persona<br />
interessata, il sindaco può, con<br />
propria ordinanza, assegnare a titolo<br />
gratuito un adeguato spazio di sosta<br />
individuato da apposita segnaletica<br />
indicante gli estremi del "contrassegno<br />
invalidi" del soggetto autorizzato<br />
ad usufruirne (fig. II.79/a).<br />
Tale agevolazione può essere concessa<br />
nelle zone ad alta densità di<br />
traffico, dietro specifica richiesta da<br />
parte del detentore del "contrassegno<br />
invalidi". Questi deve, di norma, essere<br />
abilitato alla guida e deve disporre<br />
di un autoveicolo.<br />
6. Gli schemi delle strutture e le modalità<br />
di segnalamento delle stesse, nonché<br />
le modalità di apposizione della segnaletica<br />
necessaria e quant’altro utile<br />
alla realizzazione delle opere indicate<br />
nel comma 1, sono determinati con<br />
apposito disciplinare tecnico, approvato<br />
dal Ministro dei lavori pubblici<br />
sentito il Ministro della sanità”.<br />
Con la deliberazione della Giunta comunale<br />
n. 1265 del 5.6.1996 - sopra<br />
richiamata - sono stati definiti “i criteri<br />
di valutazione della commissione<br />
tecnica per la concessione dei parcheggi<br />
personalizzati per invalidi”.<br />
Tra i “requisiti sanitari” figura - in particolare<br />
- il “grave impedimento agli<br />
spostamenti autonomi del soggetto per<br />
un sensibile deficit della funzione<br />
deambulatoria”, in relazione a specifiche<br />
infermità o patologie (art. 2).<br />
Tra i “requisiti sociali” - in particolare<br />
- sono richieste specifiche necessità<br />
di lavoro, di cura, di relazioni sociali,<br />
che giustifichino l’uso giornaliero<br />
o comunque plurisettimanale<br />
del mezzo (art. 3).<br />
Ciò posto, il Collegio osserva, innanzitutto,<br />
che nessuna disposizione di<br />
legge o di regolamento radica nell’invalido<br />
il diritto ad ottenere il posteggio<br />
personalizzato: si tratta, in<br />
buona sostanza, di una mera aspettativa<br />
cui è correlata una facoltà della<br />
pubblica amministrazione, rientrante<br />
nei suoi poteri discrezionali.<br />
Nel caso di specie l’Autorità agente<br />
ha fatto buon uso di questi poteri, dato<br />
che, come esattamente indicato nel<br />
gravato diniego, la pretesa dell’inte-<br />
17<br />
ressata non rientrava nel paradigma<br />
né delle disposizioni nazionali né di<br />
quelle regolamentari comunali sopra<br />
riportate. Si è visto che l’apposita<br />
commissione tecnico-sanitaria istituita<br />
con deliberazione della Giunta<br />
comunale n. 1265 del 5.6.1996 ha<br />
espresso parere negativo sulla base<br />
della considerazione essenziale che<br />
la interessata: “Da un punto di vista<br />
sanitario mantiene una sufficiente capacità<br />
deambulatoria: dal punto di vista<br />
dei requisiti sociali dichiara di<br />
non lavorare e di non essere sottoposta<br />
a particolari cure che richiedono<br />
l’uso quotidiano del mezzo”.<br />
Contrariamente a quanto opina la ricorrente,<br />
è evidente che il mantenimento<br />
di una “sufficiente capacità<br />
deambulatoria” non integra gli estremi<br />
né della “capacità di deambulazione<br />
sensibilmente ridotta” prevista<br />
dall’art. 381 del D.P.R. n. 495 del<br />
1992, né del “grave impedimento agli<br />
spostamenti autonomi del soggetto<br />
per un sensibile deficit della funzione<br />
deambulatoria” in relazione a specifiche<br />
infermità o patologie (art. 2<br />
del regolamento comunale).<br />
Quanto ai requisiti sociali, l’Amministrazione<br />
ha accertato l’assenza delle<br />
condizioni volute dall’art. 3 del ripetuto<br />
regolamento. Sotto quest’ultimo<br />
profilo non sembra inutile sottolineare<br />
che la interessata non si è gravata<br />
contro il medesimo regolamento<br />
- in parte qua - eppertanto non può<br />
dolersi di specifiche norme ivi contenute.<br />
In conclusione, alla stregua<br />
delle suesposte considerazioni, il ricorso<br />
va respinto. Sono ravvisabili<br />
giusti motivi per far luogo alla compensazione<br />
delle spese del giudizio.<br />
P.Q.M.<br />
il Tribunale amministrativo regionale<br />
del Friuli - Venezia Giulia, definitivamente<br />
pronunziando sul ricorso in<br />
premessa, respinta ogni contraria<br />
istanza ed eccezione, lo rigetta.<br />
Spese compensate.<br />
Ordina che la presente sentenza sia<br />
eseguita dall’autorità amministrativa.<br />
Così deciso in Trieste, in camera di<br />
consiglio, il 25.1.2006.
GAETANO DE LEO<br />
Ordinario di psicologia sociale e giuridica<br />
Università degli Studi di Bergamo<br />
Docente di psicologia giuridica<br />
Università degli studi di Roma “La Sapienza”<br />
L’INTERROGATORIO E LA TESTIMONIANZA;<br />
LE INTERVISTE INVESTIGATIVE NELL’AMBITO<br />
DELLA PSICOLOGIA FORENSE<br />
Ogni operatore di Polizia conosce le problematiche<br />
relative all’azione di investigare<br />
tramite interrogazione, poiché è ricorrente<br />
nel suo lavoro quotidiano l’esperienza<br />
di dover ascoltare e valutare<br />
una testimonianza. Negli ultimi anni le<br />
richieste di formazione degli operatori di<br />
questo settore stanno diventando sempre<br />
più rilevanti delineando così importanti<br />
momenti di raccordo e confronto tra psicologia<br />
e giustizia. Gli studi relativi alla<br />
valutazione del testimone e della testimonianza<br />
stanno infatti diventando un<br />
campo di ricerca che sempre di più richiede<br />
che gli ambiti disciplinari che se<br />
ne occupano sviluppino tra loro una dialogo<br />
e un confronto aperto in una prospettiva<br />
di lavoro interdisciplinare. In particolare,<br />
con l’affermazione relativamente<br />
recente della psicologia giuridica come<br />
disciplina accademica autonoma, i<br />
settori della psicologia e della giustizia<br />
hanno cominciato ad osservare e valutare<br />
i fenomeni che accadono in sede penale<br />
(indagini preliminari, fase processuale,<br />
indagini peritali) con uno sguardo<br />
reciproco e attento anche alle altrui premesse<br />
teoriche e metodologiche. In questo<br />
modo è possibile per la psicologia di<br />
non operare nel “vuoto” del laboratorio<br />
o di non incorrere in errori dovuti ad errate<br />
premesse teorico-operative (basti<br />
pensare che fino a pochi decenni fa gli<br />
psicologi impegnati nel campo delle perizie<br />
erano unicamente di formazione clinica),<br />
ma osservare e valutare il fenomeno<br />
oggetto di studio all’interno del campo<br />
in cui si realizza, traendone le relative<br />
riflessioni di metodo. Parimenti il contesto<br />
giudiziario tende sempre di più ad<br />
avvalersi della psicologia per rispondere<br />
anche a quesiti strettamente legati alla conoscenza<br />
delle condizioni psicologiche<br />
del teste in termini di affidabilità e credibilità.<br />
A fronte di tale premessa, la psicologia<br />
forense, attraverso il lavoro di ricercatori,<br />
studiosi clinico-forensi, psicologi<br />
giuridici, sta maturando esperienze<br />
di ricerca, operative giudiziarie e peritali<br />
e confronti internazionali e interdisciplinari,<br />
tese a definire linee-guida eticodeontologiche<br />
e metodi scientifici di<br />
ascolto e valutazione della testimonianza.<br />
La necessità è, infatti, quella di poter<br />
determinare strumenti e procedure valide<br />
e attendibili, che possano rispondere<br />
alle richieste della giustizia in merito alla<br />
valutazione psicologica del bambino<br />
nella fase di sospetto abuso e di raccolta<br />
della testimonianza, alla corretta modalità<br />
di ascolto di un testimone, sia esso vittima,<br />
testimone oculare o sospettato. Tutto<br />
ciò richiama necessariamente concetti<br />
psicologici legati alla psicologia generale,<br />
della personalità e della comunicazione.<br />
Proviamo a questo punto a delineare<br />
gli aspetti più recenti che la psicologia<br />
forense ha messo in questi anni in<br />
rilievo. In primo luogo va detto che la testimonianza<br />
è un processo comunicativo<br />
in cui qualcuno dice qualcosa rispondendo<br />
a domande poste da qualcun altro<br />
e questo qualcosa è fortemente influenzato<br />
dal funzionamento della memoria<br />
e da tutte le possibili fonti di distorsione<br />
del ricordo. In altri termini, essendo<br />
la memoria un processo ricostruttivo<br />
e non riproduttivo di un evento, essa<br />
dipende da variabili interne al soggetto<br />
(limiti fisiologici dell’osservatore, stati<br />
emotivi, ecc.) esterne (informazioni apprese<br />
successivamente all’evento che pos-<br />
18<br />
sono influenzare l’immagazzinamento<br />
nella memoria a lungo termine) e relazionali<br />
(legati al rapporto con l’interlocutore<br />
o a modalità errate, veicolanti o<br />
suggestive nel porre le domande). Inoltre<br />
le suddette variabili sono fortemente correlate<br />
all’età del soggetto, diversificandosi<br />
per intensità e importanza se il testimone<br />
è un adulto o un bambino. Questa<br />
premessa teorica è fondamentale affinché,<br />
all’interno di un setting investigativo,<br />
si tenga conto di ogni aspetto psicologico<br />
in grado di influenzare la qualità<br />
del racconto. Il setting investigativo non<br />
è però sempre lo stesso, esso varia in base<br />
al fatto se chi domanda sta cercando<br />
elementi che confermano determinati<br />
ipotesi o se l’obiettivo è raccogliere informazioni<br />
su un evento senza pregiudizi.<br />
Nel primo caso parliamo di interrogatorio,<br />
nel secondo di intervista investigativa.<br />
Chiarendo meglio, l’interrogatorio, diversamente<br />
dall’intervista investigativa,<br />
tende fortemente all’ottenimento di una<br />
confessione e si realizza in un contesto<br />
particolarmente accusatorio e stressante.<br />
Una specifica procedura di interrogatorio<br />
proviene dalla realtà americana e denominata<br />
la “Tecnica dei nove passi” di<br />
Reid. Questa tecnica, non ammissibile in<br />
Italia per la diversa normativa vigente nel<br />
nostro Paese in materia di interrogatorio,<br />
ha ricevuto recentemente importanti critiche<br />
mosse in particolare dal mondo anglosassone,<br />
a causa dell’enorme sbilanciamento<br />
tra obiettivi processuali (ottenimento<br />
di una confessione e arresto del<br />
reo) e deontologia ed etica nel metodo di<br />
ascolto del teste, che appare invece particolarmente<br />
vessatoria. Ciò che preme<br />
sottolineare che anche in questo specifi-
L’idea di questo intervento è nata<br />
qualche mese fa, in occasione della<br />
discussione di un ricorso davanti<br />
al giudice di pace della città nella<br />
quale opero.<br />
In breve l’avvocato della controparte,<br />
dopo aver letto il contenuto<br />
della comparsa di costituzione presentata<br />
dal Comando, regolarmente<br />
delegato dal Sindaco a rappresentarlo,<br />
ha eccepito che la presenza<br />
dei funzionari per la “difesa” dei<br />
verbali che scaturiscono dalle sanzioni<br />
al codice della strada non è<br />
legittima; è invece assolutamente<br />
necessario che la causa sia affidata<br />
all’avvocato del Comune se esiste o<br />
altrimenti ad altro professionista<br />
sempre avvocato. Prima di svelare<br />
la fine del racconto dunque è necessario<br />
per me fare il punto, conoscere<br />
cioè se effettivamente l’avvocato<br />
di controparte avesse ragione.<br />
La norma dalla quale occorre partire<br />
è quella che istituisce l’Ufficio<br />
del giudice di pace è la legge 21<br />
novembre 1991 n. 374, all’articolo<br />
17 di detta norma si legge:<br />
COMPETENZA<br />
DEL GIUDICE DI PACE<br />
L’articolo 7 del codice di procedura<br />
civile é sostituito dal seguente:<br />
Art. 7 - (Competenza del giudice di<br />
pace). - Il giudice di pace é com-<br />
MARCO CANTORI<br />
Comandante della Polizia municipale<br />
di Iglesias (CA)<br />
LA LEGITTIMITÀ DEI FUNZIONARI DELLE AMMINISTRAZIONI<br />
COMUNALI A STARE IN GIUDIZIO DAVANTI AL GIUDICE<br />
DI PACE NEI RICORSI AVVERSO VERBALI AL CDS<br />
petente per le cause relative a beni<br />
mobili di valore non superiore a lire<br />
cinque milioni, quando dalla legge<br />
non sono attribuite alla competenza<br />
di altro giudice.<br />
Il giudice di pace é altresì competente<br />
per le cause di risarcimento<br />
del danno prodotto dalla circolazione<br />
di veicoli e di natanti, purché<br />
il valore della controversia non superi<br />
i trenta milioni.<br />
Il giudice di pace é inoltre competente,<br />
con il limite di valore di cui<br />
al secondo comma, per le cause di<br />
opposizione alle ingiunzioni di cui<br />
alla legge 24 novembre 1981,<br />
n. 689, salvo che con la sanzione<br />
pecuniaria sia stata anche applicata<br />
una sanzione amministrativa accessoria.<br />
Resta ferma la competenza<br />
del pretore in funzione di giudice<br />
del lavoro e per le cause di opposizione<br />
alle ingiunzioni in materia<br />
di previdenza ed assistenza obbligatorie.<br />
Ed ancora all’articolo 20 della legge<br />
è riportato:<br />
PATROCINIO<br />
L’articolo 82 del codice di procedura<br />
civile é sostituito dal seguente:<br />
“Art. 82 - (Patrocinio). - Davanti al<br />
giudice di pace le parti possono<br />
stare in giudizio personalmente<br />
nelle cause il cui valore non ecce-<br />
20<br />
de un milione di lire. Negli altri casi,<br />
le parti non possono stare in<br />
giudizio se non col ministero o con<br />
l’assistenza di un difensore.<br />
Il giudice di pace tuttavia, in considerazione<br />
della natura ed entità<br />
della causa, con decreto emesso<br />
anche su istanza verbale della parte,<br />
può autorizzarla a stare in giudizio<br />
di persona.<br />
Salvi i casi in cui la legge dispone<br />
altrimenti, davanti al pretore, al tribunale<br />
e alla corte d’appello le<br />
parti debbono stare in giudizio col<br />
ministero di un procuratore legalmente<br />
esercente; e davanti alla<br />
Corte di Cassazione col ministero<br />
di un avvocato iscritto nell’apposito<br />
albo”.<br />
Da quanto letto in precedenza,<br />
non vi è dubbio che il giudice di<br />
pace è competente a conoscere sui<br />
giudizi nei ricorsi avverso i verbali<br />
al codice della strada e che davanti<br />
al giudice di pace “le parti”<br />
possono stare in giudizio “personalmente”.<br />
È altresì indubbio che nei ricorsi<br />
avverso i verbali al codice della<br />
strada di cui all’articolo 204/bis del<br />
D. Lgs 285/92 ove al secondo<br />
comma sono contenute le condizioni<br />
alle quali può essere proposto<br />
il ricorso, la “parte convenuta”,<br />
quando sia stato elevato un<br />
verbale dalla Polizia municipale è<br />
l’amministrazione comunale, l’art.<br />
23 comma 2 della legge 689/81<br />
contiene l’indicazione secondo la<br />
quale il ricorso va notificato “al-
l’autorità che ha emesso il provvedimenti<br />
impugnato”.<br />
Con il parere n. 5232/95-109 del<br />
17/02/1996 l’avvocatura dello stato<br />
ha ritenuto che in materia di ricorsi<br />
al codice della strada, l’amministrazione<br />
alla quale occorre fare<br />
riferimento è quella titolare del<br />
rapporto sostanziale, quel rapporto<br />
cioè che lega il soggetto “agente”<br />
che ha elevato il verbale e l’amministrazione<br />
stessa, alla quale va inviato<br />
il ricorso. Aggiunge ancora<br />
l’avvocatura dello stato che qualora<br />
il verbale sia stato emesso da<br />
soggetti non incardinati nel Ministero<br />
dell’Interno, la legittimazione<br />
passiva spetta agli uffici delle<br />
singole amministrazioni.<br />
Stabilito dunque che l’amministrazione<br />
da cui dipende il verbalizzante<br />
deve stare in giudizio davanti<br />
al giudice di pace occorre ora verificare<br />
se chi debba stare davanti<br />
al giudice, se possa essere un “funzionario”<br />
oppure se in ogni caso<br />
debba essere un avvocato.<br />
A quanto sopra si può rispondere<br />
intanto con quanto contenuto nella<br />
circolare n. 42 del 2000 emessa<br />
dalla Direzione Generale per<br />
l’Amministrazione Generale e per<br />
gli Affari del personale del Ministero<br />
dell’Interno, in essa infatti, al<br />
punto “C” si rinviene che l’amministrazione<br />
convenuta può stare in<br />
giudizio attraverso propri dipendenti,<br />
in quanto l’art. 205 del codice<br />
della strada richiama l’art. 23<br />
della legge 689/81 in cui il quarto<br />
comma dispone: “L’opponente e<br />
l’autorità che ha emesso l’ordinanza<br />
possono stare in giudizio personalmente;<br />
l’autorità che ha emesso<br />
l’ordinanza può avvalersi anche<br />
di funzionari appositamente delegati”.<br />
Aggiunge ancora la circolare che<br />
non occorre alcuna delega da parte<br />
dell’avvocatura dello stato.<br />
Al successivo punto “E” di detta<br />
circolare è indicata altresì l’indicazione<br />
per la legittimazione pas-<br />
siva nei giudizi di opposizione a<br />
cartelle esattoriali.<br />
Da un primo esame dei documenti<br />
che ho potuto reperire non sembrerebbero<br />
dunque esserci indicazioni<br />
contrarie al fatto che i funzionari<br />
delle amministrazioni convenute<br />
stiano in giudizio davanti al<br />
giudice di pace, tuttavia, esiste una<br />
sentenza della Corte di Cassazione<br />
la n. 4711 del 12/05/1999 che nega<br />
tale possibilità, sostenendo che<br />
legittimato passivo in tema di ricorsi<br />
al c.d.s. sia sempre il Prefetto,<br />
non fosse altro perché all’art. 203<br />
del codice della strada, viene richiamato<br />
quale Autorità alla quale<br />
presentare il ricorso - anche se si<br />
parla di ricorso amministrativo e<br />
non giurisdizionale come è quello<br />
davanti al giudice di pace -.<br />
Per quanto attiene alle formalità<br />
sulla delega occorre innanzitutto<br />
fare riferimento al Testo Unico enti<br />
locali D. Lgs 267/2000 nel quale<br />
è contenuta la norma , art. 50,<br />
la quale prevede che il Sindaco abbia<br />
la rappresentanza dell’ente.<br />
La rappresentanza legale dell’ente<br />
è altresì attribuita al sindaco dallo<br />
statuto, nello stesso può anche essere<br />
prevista una norma che attribuisce<br />
nelle materie di competenza<br />
la rappresentanza legale dei<br />
funzionari. Su tale attribuzione è<br />
però necessario rimandare oltre, a<br />
questo punto è sufficiente essere sicuri<br />
che la delega deve provenire<br />
dal Sindaco.<br />
In tal senso il Consiglio di Stato<br />
con sentenza n. 3452 del 9 giugno<br />
2006 ha ribadito che è il Sindaco<br />
quale rappresentante del Comune<br />
a conferire la delega.<br />
La stessa sentenza richiama due<br />
pronunce delle Sezioni Unite della<br />
Corte di Cassazione, la 186/01<br />
e la 17750/02, nelle quali ancor<br />
più efficacemente è ribadito il concetto<br />
della rappresentanza da parte<br />
del sindaco, ma ancor di più le<br />
due pronunce delle SS.UU. affer-<br />
21<br />
mano che essendo lo statuto una<br />
fonte di diritto comunale, nello<br />
stesso oltre che la rappresentanza<br />
legale del sindaco, può essere prevista<br />
la rappresentanza legale dei<br />
funzionari per le materie di loro<br />
competenza, semprechè gli stessi<br />
siano comunque delegati dal<br />
Sindaco.<br />
In conclusione si può dunque riassumere<br />
il problema attraverso una<br />
scansione a punti:<br />
a) l’amministrazione comunale può<br />
essere “parte” nei giudizi davanti<br />
al giudice di pace;<br />
b) non è necessaria la presenza<br />
dell’avvocatura dello stato, ne tanto<br />
meno quella del Prefetto;<br />
c) la rappresentanza legale dell’ente<br />
spetta al sindaco, e secondo<br />
gli statuti può spettare anche ai<br />
funzionari per alcune materie;<br />
d) comunque, il Sindaco, se vuole,<br />
deve delegare il funzionario per<br />
ogni singola lite al fine di farsi rappresentare<br />
in giudizio;<br />
e) il funzionario sta in giudizio in nome<br />
e per conto dell’ente anche se<br />
non riveste la qualifica di avvocato;<br />
A questo punto occorre svelare la<br />
fine del racconto: ebbene, il giudice<br />
di pace, dopo aver sentito le<br />
parti si è riservata sulla decisione,<br />
e a distanza di circa un mese e<br />
mezzo ha fissato la nuova udienza,<br />
dandone comunicazione via<br />
fax al comando tramite la cancelleria.<br />
In pratica, ha ammesso la<br />
presenza di un funzionario, non<br />
avvocato, delegato dal Sindaco per<br />
la trattazione di un ricorso su materia<br />
di codice della strada.<br />
Per quanto riguarda l’esito del ricorso,<br />
al momento non posso dare<br />
alcuna notizia poiché siamo soltanto<br />
alla seconda udienza.
CARMEN PUGLIESE<br />
Sostituto Procuratore della Repubblica<br />
COMPIMENTO DI ATTIVITÀ DI INDAGINE E DI ATTI<br />
SPECIFICATAMENTE DELEGATI DAL PUBBLICO MINISTERO<br />
ALLA POLIZIA GIUDIZIARIA<br />
È necessario evidenziare che per attività<br />
di informazione della Polizia giudiziaria<br />
noi tutti intendiamo l’acquisizione<br />
e la comunicazione della notizia<br />
di reato al Pubblico Ministero, per<br />
attività di investigazione la ricerca delle<br />
fonti di prova, per attività di assicurazione<br />
mantenere le fonti di prova,<br />
per attività esecutiva e strumentale intenderemo<br />
proprio assicurare lo svolgimento<br />
dei compiti di Polizia giudiziaria<br />
e attuare quindi i provvedimenti<br />
adottati dall’Autorità giudiziaria.<br />
È altrettanto importante sottolineare il<br />
fatto che le funzioni della Polizia giudiziaria<br />
sono stabilite nel codice di<br />
procedura penale dall’art. 55 all’art.<br />
59, mentre l’attività di indagine d’iniziativa<br />
della Polizia giudiziaria è stabilita<br />
nel codice di procedura penale<br />
dall’art. 347 all’art. 357, l’attività di indagine<br />
a mezzo di delega o di direttive<br />
da parte del Pubblico Ministero è<br />
stabilita nel codice di procedura penale<br />
negli artt. 348, comma 3 e 370.<br />
Data la complessità e l’articolazione<br />
della materia, tra le molteplici attività<br />
delegate dal Pubblico Ministero alla<br />
Polizia giudiziaria, oggi mi soffermerei<br />
esclusivamente sulle ipotesi riguardanti<br />
la delega alla perquisizione, con<br />
contestuale sequestro, e all’interrogatorio.<br />
Dovendo trattare l’argomento concernente<br />
l’attività delegata da parte del<br />
Pubblico Ministero alla Polizia giudiziaria<br />
è necessario obbligatoriamente<br />
fare riferimento all’art. 370 c.p.p. nel<br />
quale viene precisato che il Pubblico<br />
Ministero compie personalmente ogni<br />
attività di indagine e può avvalersi della<br />
Polizia giudiziaria per l’esecuzione<br />
di attività specificatamente delegate;<br />
e qui parliamo delle fattispecie rappresentate<br />
dall’art. 247 c.p.p., riguardante<br />
il caso e le forme delle perquisizioni,<br />
dove specificatamente ai commi<br />
2 e 3, viene indicato che l’Autorità<br />
giudiziaria può, con decreto motivato,<br />
procedere personalmente o avvalersi<br />
proprio dell’Ufficiale di Polizia giudiziaria,<br />
appositamente delegato, per il<br />
compimento dell’atto, per precisare<br />
poi, della fattispecie indicata nell’art.<br />
253 comma 3 che, per quanto concerne<br />
il sequestro, potrà procedere personalmente<br />
il Pubblico Ministero ovvero<br />
un Ufficiale di Polizia giudiziaria,<br />
delegato sempre mediante apposito decreto.<br />
Altra attività delegata, indicata al comma<br />
1 dell’art. 370, è quella riferita all’interrogatorio,<br />
cui partecipi la persona<br />
sottoposta alle indagini che si trovi<br />
in stato di libertà, con l’assistenza<br />
obbligatoria del difensore.<br />
E quando parliamo di interrogatorio<br />
dobbiamo affermare che lo stesso deve<br />
essere condotto secondo le regole<br />
sancite dall’art. 64 c.p.p. e cioè che la<br />
persona sottoposta alle indagini, anche<br />
se in stato di custodia cautelare o se<br />
detenuta per altra causa, interviene libera<br />
all’interrogatorio, salve le cautele<br />
necessarie per prevenire il pericolo<br />
di fuga o di violenze previste dall’art.<br />
474 c.p.p.; che non possono essere utilizzati,<br />
neppure con il consenso della<br />
persona interrogata, metodi o tecniche<br />
idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione<br />
o ad alterare la capa-<br />
22<br />
cità di ricordare e di valutare i fatti,<br />
meglio specificate nell’art. 188 c.p.p.;<br />
che, prima che abbia inizio l’interrogatorio,<br />
la persona deve essere avvertita<br />
che:<br />
a) le sue dichiarazioni potranno sempre<br />
essere utilizzate nei suoi confronti;<br />
b) salvo quanto disposto dall’articolo<br />
66, comma 1, ha facoltà di non rispondere<br />
ad alcuna domanda, ma comunque<br />
il procedimento seguirà il suo<br />
corso;<br />
c) se renderà dichiarazioni su fatti che<br />
concernono la responsabilità di altri,<br />
assumerà, in ordine a tali fatti, l’ufficio<br />
di testimone, salve le incompatibilità<br />
previste dall’articolo 197 e le garanzie<br />
di cui all’articolo 197-bis.<br />
L’inosservanza delle disposizioni di cui<br />
al comma 3, lettere a) e b) appena citate,<br />
renderanno inutilizzabili le dichiarazioni<br />
rese dalla persona interrogata.<br />
In mancanza dell’avvertimento di cui<br />
al comma 3, lettera c), le dichiarazioni<br />
eventualmente rese dalla persona interrogata<br />
su fatti che concernono la responsabilità<br />
di altri non sono utilizzabili<br />
nei loro confronti e la persona interrogata<br />
non potrà assumere, in ordine<br />
a detti fatti, l’ufficio di testimone.<br />
Durante l’interrogatorio, a norma dell’art.<br />
65 c.p.p., la Polizia giudiziaria<br />
contesterà alla persona sottoposta alle<br />
indagini, in forma chiara e precisa il<br />
fatto che le è attribuito, rendendogli<br />
noti gli elementi di prova esistenti con-
tro la stessa e, se non può derivarne<br />
pregiudizio per le indagini, dovrà comunicarne<br />
le fonti, invitando, quindi,<br />
la persona ad esporre quanto ritiene<br />
utile per la sua difesa ponendogli direttamente<br />
le domande.<br />
Se la persona rifiuterà di rispondere,<br />
dovrà esserne fatta menzione nel verbale,<br />
a norma dell’art. 134 c.p.p; nel<br />
verbale dovrà essere fatta anche menzione,<br />
quando occorre, dei connotati<br />
fisici e di eventuali segni particolari<br />
della persona.<br />
Dovranno essere inoltre rispettate le procedure<br />
concernenti la nomina e l’assistenza<br />
del difensore dettate dagli artt.<br />
364 e 365 c.p.p.; la presenza del difensore<br />
all’interrogatorio delegato sarà quindi<br />
obbligatoria, pena la nullità dell’atto.<br />
Per il corretto compimento degli atti,<br />
concernenti l’invito a presentarsi per<br />
l’interrogatorio, ricordo che lo stesso<br />
dovrà essere notificato alla persona sottoposta<br />
alle indagini, almeno tre giorni<br />
prima della data prestabilita per<br />
l’interrogatorio; l’atto dovrà inoltre avere<br />
i requisiti di cui all’art. 375 c.p.p. e<br />
dovrà obbligatoriamente contenere le<br />
generalità o le altre indicazioni personali<br />
che valgono ad identificare la persona<br />
sottoposta alle indagini oltre all’indicazione<br />
del giorno, dell’ora e del<br />
luogo della presentazione nonché l’autorità<br />
davanti alla quale la persona si<br />
dovrà presentare.<br />
Inoltre, nell’atto dovranno essere indicate<br />
alcune precisazioni riguardo: l’avvertimento<br />
che il Pubblico Ministero<br />
potrà disporre, a norma dell’art. 132<br />
c.p.p., l’accompagnamento coattivo in<br />
caso di mancata presentazione senza<br />
che sia stato addotto un legittimo impedimento;<br />
la sommaria enunciazione<br />
del fatto quale risulta dalle indagini fino<br />
a quel momento compiute con specifica<br />
dei fatti contestati e dei reati<br />
commessi, comprese le aggravanti;<br />
l’avviso per l’indagato che lo stesso ha<br />
facoltà di presentarsi con una memoria<br />
scritta da allegare al verbale di interrogatorio,<br />
in tale caso si dovrà raccomandare<br />
di narrare i fatti con sintesi<br />
e in ordine cronologico precisando<br />
data, ora e luogo del fatto e di trascurare<br />
particolari inutili e di non usare<br />
termini generici come ingiurie, minacce,<br />
senza precisare ad esempio le parole<br />
offensive, le parole o i gesti di minaccia,<br />
gli artifici, i raggiri, precisando<br />
che l’indagato che voglia citare persone<br />
informate, debba presentarsi con<br />
l’elenco di tali persone, se conosciute,<br />
con le generalità usando una scrittura<br />
chiara, facilmente leggibile con l’utilizzo<br />
di fogli con ampi margini.<br />
L’indagato verrà invitato ad esporre<br />
quanto ritenuto utile a propria difesa,<br />
con l’avvertenza che:<br />
• le sue dichiarazioni potranno sempre<br />
essere utilizzate nei suoi confronti;<br />
• salvo quanto disposto dall’art. 66/1°<br />
comma c.p.p., ha facoltà di non rispondere<br />
ad alcuna domanda;<br />
• il procedimento seguirà il suo corso<br />
anche se si avvarrà della facoltà di<br />
non rispondere;<br />
• se renderà dichiarazioni su fatti che<br />
concernono la propria responsabilità<br />
non potrà assumere in ordine a tali<br />
fatti l’ufficio di testimone;<br />
• se renderà dichiarazioni su fatti che<br />
concernono la responsabilità di altri,<br />
assumerà, in ordine a tali fatti l’ufficio<br />
di testimone, salve le incompatibilità<br />
previste dall’art. 197 c.p.p. nonché<br />
le garanzie di cui all’art. 197/bis<br />
c.p.p.<br />
Per la redazione del relativo verbale di<br />
interrogatorio, da parte della Polizia<br />
giudiziaria, dovranno essere rispettante<br />
le procedure indicate negli artt. 134<br />
- 135 - 136 c.p.p. e le altre disposizioni<br />
contenute nel Titolo III del c.p.p.<br />
A norma dell’art. 366 c.p.p., salvo<br />
quanto previsto da specifiche disposizioni,<br />
l’atto di interrogatorio compiuto<br />
dalla Polizia giudiziaria, al quale<br />
il difensore ha diritto di assistere,<br />
viene depositato presso la segreteria<br />
del Pubblico Ministero entro il terzo<br />
giorno successivo al compimento dell’atto,<br />
con facoltà per il difensore di<br />
esaminarli ed estrarne copia nei cinque<br />
giorni successivi.<br />
23<br />
A richiesta del difensore di fiducia e<br />
in caso di rinuncia al deposito, copia<br />
del verbale dell’interrogatorio potrà<br />
essere consegnata alla parte facendone<br />
espressa menzione nello stesso.<br />
Ricordo inoltre che l’art. 327 c.p.p.<br />
dispone che il Pubblico Ministero dirige<br />
le indagini e dispone direttamente<br />
della Polizia giudiziaria che, anche<br />
dopo la comunicazione della notizia<br />
di reato, continua a svolgere attività<br />
di propria iniziativa.<br />
Voglio evidenziare che, per quanto<br />
previsto dagli artt. 347 e 348 c.p.p.,<br />
anche successivamente alla comunicazione<br />
della notizia di reato, la Polizia<br />
giudiziaria deve continuare a<br />
svolgere le funzioni indicate nell’art.<br />
55 e cioè deve, anche di propria iniziativa,<br />
prendere notizia dei reati, impedire<br />
che vengano portati a conseguenze<br />
ulteriori, ricercarne gli autori,<br />
compiere gli atti necessari per assicurare<br />
le fonti di prova a norma dell’art.<br />
348 c.p.p. e raccogliere quant’altro<br />
possa servire per l’applicazione della<br />
legge penale secondo le disposizioni<br />
dell’art. 326 c.p.p., nel quale viene disposto<br />
che sia il Pubblico Ministero<br />
che la Polizia giudiziaria svolgono,<br />
nell’ambito delle rispettive attribuzioni,<br />
le indagini necessarie per le determinazioni<br />
inerenti all’esercizio dell’azione<br />
penale, raccogliendo in specie<br />
ogni elemento utile alla ricostruzione<br />
del fatto e all’individuazione<br />
del colpevole.<br />
Per quanto evidenziato la Polizia giudiziaria<br />
dovrà obbligatoriamente concorrere<br />
alla ricerca delle cose e delle<br />
tracce pertinenti al reato nonché alla<br />
conservazione di esse e dello stato dei<br />
luoghi e alla ricerca delle persone in<br />
grado di riferire su circostanze rilevanti<br />
per la ricostruzione dei fatti.<br />
Dopo l’intervento del Pubblico Ministero,<br />
la Polizia giudiziaria dovrà<br />
compiere gli atti ad essa specificamente<br />
delegati a norma dell'articolo<br />
370 c.p.p., eseguire le direttive ed<br />
inoltre svolgere di propria iniziativa,<br />
informandone prontamente il Pubblico<br />
Ministero, tutte le altre attività<br />
di indagine per accertare i reati o<br />
elementi successivamente emersi, assicurandone<br />
le nuove fonti di prova.
La Polizia giudiziaria, quando, di propria<br />
iniziativa o a seguito di delega<br />
del Pubblico Ministero, compie atti od<br />
operazioni che richiedono specifiche<br />
competenze tecniche, potrà avvalersi<br />
di persone idonee, le quali non potranno<br />
rifiutare la propria opera.<br />
Il Pubblico Ministero potrà inoltre delegare<br />
all’Ufficiale di Polizia giudiziaria<br />
le perquisizioni locali; all’atto di iniziare<br />
le operazioni, copia del decreto<br />
di perquisizione locale dovrà essere<br />
consegnata all’imputato, se presente, e<br />
a chi abbia l’attuale disponibilità del<br />
luogo, con l’avviso della facoltà di farsi<br />
rappresentare o assistere da persona<br />
di fiducia, purché questa sia prontamente<br />
reperibile e idonea a norma degli<br />
artt. 120 - 356 e 365 c.p.p.<br />
Se mancano le persone indicate la copia<br />
del decreto dovrà essere consegnata<br />
e l’avviso sarà rivolto a un congiunto,<br />
un coabitante o un collabora-<br />
tore ovvero in mancanza, al portiere<br />
o a chi ne fa le veci. L’Autorità giudiziaria,<br />
nel procedere alla perquisizione<br />
locale, potrà disporre con decreto motivato<br />
che siano perquisite, a norma dell’art.<br />
247 c.p.p., le persone presenti o<br />
sopraggiunte, quando ritiene che le stesse<br />
possano occultare il corpo del reato<br />
o cose pertinenti al reato.<br />
Può inoltre ordinare, enunciando nel<br />
verbale i motivi del provvedimento,<br />
che taluno non si allontani prima che<br />
le operazioni siano concluse.<br />
L’oggetto e le formalità del sequestro,<br />
conseguente a perquisizione, sono specificati<br />
negli artt. 252 e 253 c.p.p., dove<br />
viene espressamente indicato che le<br />
cose rinvenute a seguito della perquisizione<br />
sono sottoposte a sequestro con<br />
l’osservanza delle prescrizioni degli<br />
artt. 259 e 260 c.p.p., concernenti la<br />
custodia e l’apposizione dei sigilli alle<br />
cose sequestrate e che l’Autorità<br />
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24<br />
giudiziaria dispone con Decreto motivato<br />
il sequestro del corpo del reato e<br />
delle cose pertinenti al reato necessarie<br />
per l’accertamento dei fatti; sono<br />
corpo del reato le cose sulle quali o<br />
mediante le quali il reato è stato commesso<br />
nonché le cose che ne costituiscono<br />
il prodotto, il profitto o il prezzo;<br />
al sequestro procede personalmente<br />
l’Autorità giudiziaria ovvero un<br />
Ufficiale di Polizia giudiziaria, delegato<br />
con lo stesso decreto, copia del<br />
quale dovrà essere consegnata all’interessato,<br />
se presente.<br />
Una stretta sinergia, utile, necessaria<br />
e indispensabile; una cooperazione<br />
tra Pubblico Ministero e Polizia giudiziaria<br />
che dovrà essere alla base dei<br />
procedimenti citati con lo scopo di<br />
compiere, alla presenza di certezza di<br />
reato, tutti gli atti necessari per assicurare<br />
le fonti di prova e raccogliere<br />
quant’altro possa servire per l’applicazione<br />
della legge penale.
VINCENZO STRIPPOLI<br />
Comandante della Polizia municipale<br />
di Massa<br />
IL NUOVO PROTOCOLLO OPERATIVO IN MATERIA<br />
DI ACCERTAMENTI/TRATTAMENTI SANITARI OBBLIGATORI<br />
STIPULATO TRA L’UNITÀ SANITARIA LOCALE N.1<br />
DI MASSA CARRARA E I COMUNI DELLA COSTA APUANA<br />
UN RUOLO<br />
SOTTOVALUTATO<br />
Ritengo che il ruolo affidato alla<br />
Polizia municipale nel campo dei<br />
provvedimenti diretti ai malati di<br />
mente sia la più alta espressione di<br />
difesa dei diritti umani di cui è depositaria<br />
la nostra professione.<br />
Nei regimi totalitari, coloro che danno<br />
voce al dissenso vengono spesso<br />
qualificati come dissociati mentali e<br />
rinchiusi nei manicomi o negli ospedali<br />
psichiatrici, in tal modo isolati<br />
perché non diffondano le loro idee<br />
sovversive.<br />
In Italia, “repubblica democratica”<br />
(come recita la ns. Costituzione), è<br />
ancora diffusa la tentazione di isolare<br />
dalla società quei soggetti che sono<br />
portatori di problemi a causa della<br />
loro situazione di disagio psichico.<br />
Per questo motivo la legge Basaglia<br />
n. 180 del 1978 ha abolito le strutture<br />
manicomiali, e la successiva legge<br />
n. 833 dello stesso anno, istitutiva<br />
del Servizio sanitario nazionale,<br />
pur eliminando ogni forma di emarginazione<br />
per i soggetti con problemi<br />
psichici, ha previsto, qualora la<br />
loro malattia attraversi una fase di<br />
particolare acutizzazione, l’applicazione<br />
del loro confronti di due tipi<br />
di provvedimenti coatti, cui l’interessato<br />
può essere obbligato anche<br />
contro la propria volontà: l’accerta-<br />
mento sanitario obbligatorio, per imporre<br />
la sottoposizione ad una visita<br />
medica, e il trattamento sanitario obbligatorio,<br />
per imporre l’applicazione<br />
di specifiche terapie in ambito extra<br />
ospedaliero oppure con ricovero<br />
in ospedale.<br />
Questi provvedimenti sono strumenti<br />
assai delicati, perché sacrificano la<br />
libertà personale di un individuo e<br />
come tali possono produrre danni assai<br />
gravi: per questo motivo, la loro<br />
adozione è condizionata alla sussistenza<br />
di alcuni requisiti formali e all’adempimento<br />
di alcuni passaggi<br />
procedurali, la cui esatta osservanza<br />
costituisce garanzia del buon uso fatto<br />
di questa facoltà, e nel contempo<br />
un deterrente contro le tentazioni di<br />
farne un uso distorto.<br />
Il legislatore ha voluto individuare<br />
due soggetti garanti del rispetto delle<br />
prescrizioni di legge: il Sindaco e,<br />
per i trattamenti sanitari obbligatori,<br />
il Giudice tutelare.<br />
Tuttavia, mentre il Giudice tutelare<br />
funge da controllore dell’operato del<br />
Sindaco, quest’ultimo esercita direttamente<br />
la sua funzione di garanzia<br />
attraverso il suo braccio operativo,<br />
che è la Polizia municipale.<br />
E la Polizia municipale esercita questo<br />
suo ruolo durante due fasi distinte:<br />
nel procedimento di emanazione<br />
dell’ordinanza sindacale e nella successiva<br />
operazione di prelievo del<br />
malato.<br />
26<br />
UN RUOLO<br />
NON COMPRESO<br />
Alcuni colleghi Comandanti perseguono<br />
ancora l’opinione che il trattamento<br />
e l’accertamento sanitario<br />
obbligatorio siano da considerare come<br />
delle mere operazioni sanitarie,<br />
nelle quali la Polizia municipale possa<br />
intervenire solo quando venga<br />
chiamata per imporre la forza pubblica.<br />
Questa tesi era stata sostenuta, all’inizio<br />
degli anni 90, dall’Avvocatura<br />
generale dello Stato e fu fatta propria<br />
dal Ministero della Sanità, ma fu poi<br />
smentita dallo stesso ministero ed è<br />
stata rifiutata dal Ministero dell’Interno,<br />
con le circolari n. 5300 del 24<br />
agosto 1993 (“Si tratta infatti di un’operazione<br />
congiunta laddove il personale<br />
sanitario, lungi dall’essere deresponsabilizzato<br />
dalla presenza della<br />
Forza Pubblica, continua ad essere<br />
titolare di un ruolo tecnico mirato<br />
alla tutela della salute del paziente,<br />
al rispetto e alla cura della sua<br />
persona, nonché al recupero di un<br />
suo consenso”) e n. 3 del 20 luglio<br />
2001 (“Al riguardo, questo Ministero,<br />
più volte interessato sulla problematica<br />
in esame, ha espresso il proprio<br />
avviso ritenendo che le funzioni di<br />
accompagnamento dei soggetti per i<br />
quali si rende obbligatorio il T.S.O.<br />
debbano essere svolte da operatori<br />
di Polizia municipale per assicurare
prioritariamente l’attuazione dei<br />
principi generali di tutela della persona<br />
fissati, in particolare dalla legge<br />
833/78, istitutiva del servizio sanitario<br />
nazionale”).<br />
Ciò nonostante, avviene di frequente<br />
che Polizie municipali e personale<br />
infermieristico si deleghino a vicenda<br />
l’onere di intervenire per l’esecuzione<br />
dei citati provvedimenti<br />
coatti: molti colleghi ritengono che<br />
se dovessero dare esecuzione personalmente<br />
a tutte le ordinanze di accertamento<br />
o trattamento sanitario<br />
obbligatorio emanate dal Sindaco,<br />
non avrebbero più tempo da dedicare<br />
alle loro funzioni istituzionali.<br />
Penso che questa impostazione sia<br />
erronea: il problema non è quello di<br />
liberarci di un’incombenza che crediamo<br />
non ci competa, ma è di limitare<br />
i provvedimenti coatti ai soli casi<br />
in cui sono realmente necessari.<br />
Mi spiego. Spesso arrivano sui nostri<br />
tavoli proposte di ordinanza sindacale<br />
animate dall’intenzione di usare<br />
questi rimedi per fini che non sono<br />
loro propri: a volte è per soddisfare<br />
le pressioni dei parenti del malato,<br />
non sempre preoccupati per la<br />
salute del loro congiunto; a volte è<br />
per richiesta delle forze dell’ordine,<br />
al fine di neutralizzare un individuo<br />
socialmente pericoloso; a volte ancora<br />
è lo stesso medico che ricorre a<br />
questo rimedio per punire il proprio<br />
paziente, quando non assuma regolarmente<br />
i farmaci da lui prescritti;<br />
altre volte infine l’ordinanza è richiesta<br />
per avallare ricoveri ospedalieri<br />
già eseguiti.<br />
Queste proposte viziate nell’intenzione<br />
sono spesso riconoscibili perché<br />
non sono rispettose delle procedure<br />
e dei contenuti che la legge impone.<br />
Nonostante questo, molti uffici di<br />
Polizia municipale, in sede di istruttoria<br />
conseguente a queste proposte,<br />
preferiscono darvi seguito e proporre<br />
al Sindaco l’emanazione dell’ordinanza.<br />
Spesso questo succede perché<br />
pochi conoscono le fonti normative.<br />
Propongo allora in allegato i testi de-<br />
gli artt. da 33 a 35 della Legge 23 dicembre<br />
1978 n. 833, con alcuni<br />
commenti.<br />
Tuttavia, anche quando sono a conoscenza<br />
della norma, molti colleghi<br />
preferiscono non porre obiezioni per<br />
timore di incorrere nel reato di rifiuto<br />
di atti d’ufficio. Questo atteggiamento<br />
è sbagliato, perché l’articolo<br />
328 del codice penale, che definisce<br />
il reato, precisa, quale elemento costitutivo<br />
dello stesso, che il rifiuto deve<br />
avvenire “indebitamente”: tale non<br />
è certamente il rifiuto di un adempimento,<br />
quando la sua proposta sia caratterizzata<br />
da violazione di legge.<br />
IL RUOLO<br />
DELLE STRUTTURE<br />
SANITARIE<br />
Dall’iter formale si passa a questo<br />
punto alle procedure operative.<br />
L’ordinanza del Sindaco, sempre nella<br />
sua veste di Autorità sanitaria locale,<br />
delega alla sua esecuzione il<br />
personale sanitario e la forza pubblica.<br />
La presenza del personale sanitario<br />
durante l’intervento è indefettibile:<br />
esso è titolare, sin dal momento della<br />
proposizione del provvedimento<br />
e fino alla sua attuazione, di uno<br />
specifico ruolo tecnico finalizzato alla<br />
tutela della salute del paziente, al<br />
rispetto ed alla cura della sua persona,<br />
nonché al recupero del suo eventuale<br />
consenso.<br />
Nella pratica, i disabili mentali non<br />
sono tutti uguali tra di loro, come<br />
non sono uguali i disturbi di cui soffrono:<br />
si consideri quanto sono diverse<br />
le esigenze e le reazioni degli<br />
psicotici, come degli schizofrenici o<br />
dei paranoici, come anche dei malati<br />
di depressione o dei maniaci.<br />
La necessità di un supporto qualificato<br />
non si esaurisce nella prevenzione<br />
e nel contenimento di un’eventuale<br />
ribellione violenta, ma concerne<br />
ogni danno e trauma anche interiore<br />
che il paziente può ricevere<br />
dalla costrizione al trattamento. E tale<br />
operazione richiede conoscenze<br />
27<br />
professionali adeguate, che solo<br />
l’ambiente sanitario può fornire.<br />
IL CONTRIBUTO<br />
DEI FAMILIARI<br />
E DEL MEDICO CURANTE<br />
Personaggi spesso ignorati e sottovalutati,<br />
sia nella fase della ricerca<br />
del consenso al trattamento sanitario,<br />
sia nella fase dell’esecuzione<br />
coattiva, a volte invece non responsabilizzati<br />
o rassegnati all’inevitabile<br />
destino del loro congiunto-paziente,<br />
i parenti dell’interessato, conviventi<br />
o meno, e il suo medico curante<br />
potrebbero avere un ruolo determinante<br />
e fondamentale, per vincere<br />
le resistenze e per fornire un<br />
contributo utile a ridurre i traumi.<br />
La presenza dei parenti, i loro consigli<br />
dettati dalla migliore conoscenza<br />
del soggetto, la capacità che a<br />
volte solo loro hanno di fornire argomenti<br />
rassicuranti, sono ingredienti<br />
essenziali per il successo dell’operazione.<br />
Il medico curante è colui che ha proposto<br />
il trattamento sanitario: la sua<br />
presenza all’intervento a volte può<br />
alimentare la diffidenza del paziente,<br />
ma la sua assistenza può aiutare<br />
a comprendere la malattia ed i suoi<br />
sintomi, facilitando ed indirizzando,<br />
grazie al proprio patrimonio di conoscenze,<br />
l’operato della forza pubblica.<br />
Se il medico ha invece proposto l’accertamento<br />
sanitario, allora la sua<br />
presenza è irrinunciabile: ottenuto il<br />
consenso, la visita può essere svolta<br />
al domicilio del paziente, evitando<br />
così sia eventuali ripensamenti dello<br />
stesso, sia la necessità del trasporto<br />
all’ambulatorio, eliminando<br />
così una possibile giustificazione ad<br />
un atteggiamento di reticenza.<br />
LA FUNZIONE DELLA<br />
POLIZIA MUNICIPALE<br />
E DELLE FORZE<br />
DELL’ORDINE<br />
L’intervento della Polizia municipa-
le è dovuto, come è dovuto l’intervento<br />
del personale sanitario, ma esso<br />
non è subordinato a quest’ultimo,<br />
bensì è contestuale, e tale contestualità<br />
deve esplicarsi attraverso una<br />
distinzione chiara dei rispettivi ambiti<br />
di intervento.<br />
Innanzitutto, poiché l’ordinanza del<br />
Sindaco concreta un’attività tipica di<br />
Polizia amministrativa di sua stretta<br />
competenza, alla Polizia municipale<br />
spetta certamente l’importante<br />
ruolo di vigilare sulla corretta esecuzione<br />
del provvedimento.<br />
L’esercizio di tale funzione principale<br />
rende necessario il suo coinvolgimento,<br />
al fine di presenziare la<br />
dinamica dell’intervento, e soprattutto<br />
di garantire che sia rispettata la<br />
persona umana nei suoi aspetti fisici<br />
e morali e nel diritto alla salute, a<br />
garanzia dei diritti previsti dalle norme<br />
costituzionali.<br />
Il personale della Polizia municipale<br />
svolge inoltre altre funzioni ausiliarie<br />
ed eventuali, come compiere<br />
attività di ricerca del malato perché<br />
il personale sanitario possa raggiungerlo,<br />
ed è deputato alla messa in<br />
opera di azioni coercitive solo quando<br />
è conclamata e persistente la determinazione<br />
di rifiuto o di opposizione<br />
del paziente.<br />
In realtà, ogni caso fa storia a sé: e<br />
spesso è il vigile urbano che esercita<br />
l’attività di mediazione con il paziente.<br />
Accade anche che questi si barrichi<br />
in casa ed apra soltanto al vigile che<br />
lo conosce, che ritiene suo amico perché<br />
lo sa ascoltare. Specie nei piccoli<br />
<strong>Comuni</strong>, la figura del vigile urbano è<br />
per i cittadini - e non da meno per<br />
l’ammalato - un punto di riferimento:<br />
il personale intervento di questi può rivelarsi<br />
allora sovente positivo.<br />
Al verificarsi di comportamenti del paziente<br />
che possano configurarsi come<br />
fattispecie penali, all’attività di Polizia<br />
amministrativa deve necessariamente<br />
affiancarsi l’attività preventiva e/o repressiva<br />
di pubblica sicurezza, e potranno<br />
pertanto essere chiamate in ausilio<br />
le Forze dell’ordine.<br />
Se poi, nel dare esecuzione all’ordi-<br />
nanza, nonostante ogni attenzione,<br />
per le reazioni inconsulte dell’ammalato,<br />
questi si procura o subisce<br />
delle lesioni, nessun addebito può<br />
essere mosso al personale operante,<br />
sia esso infermieristico o appartenente<br />
alla Polizia municipale, perché<br />
si è operato nell’adempimento<br />
di un dovere (articolo 51 c. p.)<br />
La Polizia municipale può essere<br />
chiamata a svolgere ulteriori compiti<br />
successivi al prelievo: il trasporto<br />
e la scorta.<br />
Il trasporto, di regola, deve avvenire<br />
su autoambulanza, ossia su un veicolo<br />
che sia attrezzato per il contenimento<br />
e per la cura del paziente,<br />
e dove questi non possa interferire,<br />
durante un’eventuale reazione, con<br />
la condotta di guida del conducente.<br />
Il trasporto su altro veicolo - meglio<br />
se di un parente, ma può essere<br />
quello della Polizia municipale - è<br />
opportuno solo quando il soggetto<br />
da ricoverare, pur consenziente, si<br />
rifiuti di salire sull’ambulanza.<br />
La scorta è generalmente richiesta, e<br />
a volte il personale sanitario richiede<br />
la presenza del vigile all’interno<br />
dell’ambulanza.<br />
Chi scrive non ritiene ortodosso che<br />
la Polizia municipale venga sistematicamente<br />
impiegata per accompagnare<br />
il malato o per scortare l’ambulanza<br />
che lo trasporta, al di fuori<br />
del territorio comunale. Tuttavia, persistendo<br />
un atteggiamento di rifiuto<br />
della cura, l’operazione è resa legittima<br />
ai sensi dello spirito che si desume<br />
dall’articolo 4 della Legge quadro<br />
sull’ordinamento della Polizia<br />
municipale, che tratta, tra l’altro, della<br />
regolamentazione dei servizi esterni<br />
al territorio.<br />
LA RECENTE<br />
GIURISPRUDENZA<br />
La questione delle competenze e delle<br />
responsabilità in materia di ricovero<br />
coatto dei malati di mente è da<br />
sempre oggetto di dispute molto accese<br />
tra gli interessati, le strutture sanitarie<br />
e le forze di Polizia. E questo<br />
28<br />
anche per l’apparente lacunosa definizione<br />
normativa degli ambiti di<br />
intervento in riferimento, in particolare,<br />
all’accompagnamento forzato<br />
del soggetto. Ma si discute anche sulle<br />
modalità di assistenza al paziente e<br />
sulla possibilità di trasportare l’utente<br />
con un mezzo sanitario con a bordo<br />
personale di Polizia e viceversa.<br />
Un caso è stato trattato dalla sentenza<br />
del Tar Sicilia, sezione Catania, n.<br />
799 del 6 maggio 2005.<br />
Un comune ha ordinato il ricovero<br />
coatto con prelevamento del malato<br />
a totale carico della struttura sanitaria<br />
coinvolta. Contro questo ordinanza<br />
l’Asl ha proposto ricorso al<br />
Tar, censurando l’illegittimità dell’atto<br />
perché invasivo della propria<br />
sfera di competenza.<br />
Il collegio, in parte accogliendo ed<br />
in parte rigettando ricorso, ha quindi<br />
analizzato la questione delle competenze<br />
ricostruendo anche il quadro<br />
normativo di riferimento.<br />
L’iniziativa in materia, specifica al<br />
Tar, spetta ovviamente all’autorità<br />
sanitaria che procede alla redazione<br />
della proposta di ricovero. Ai sensi<br />
della legge n. 833/1978, il sindaco,<br />
nella sua qualità di autorità sanitaria<br />
locale, dispone quindi, con ordinanza<br />
motivata, il provvedimento di trattamento<br />
obbligatorio.<br />
Nell’esecuzione di un’ordinanza di ricovero<br />
coatto, la presenza del personale<br />
sanitario è indispensabile per la<br />
tutela della salute del paziente, la cura<br />
della persona nonché il possibile recupero<br />
di un suo eventuale consenso.<br />
Quando è conclamata e persistente la<br />
determinazione di rifiuto, gli operatori<br />
sanitari possono richiedere l’uso della<br />
coazione fisica alla Polizia.<br />
Come evidenziato dalla prefettura di<br />
Ragusa, specifica la sentenza, la demarcazione<br />
delle competenze in materia<br />
deve sempre tener conto “della<br />
necessità della massima collaborazione<br />
in ordine agli adempimenti da<br />
espletare per l’esecuzione dell’ordinanza<br />
sindacale di adozione del trattamento<br />
sanitario obbligatorio, che si<br />
traduce nella necessità di azione congiunta<br />
e presenza contestuale degli<br />
operatori sanitari e di Polizia, sia pure
con distinti ambiti di intervento e di responsabilità”.<br />
In conclusione, se si escludono i casi<br />
di totale e palese inoffensività del paziente,<br />
il trattamento sanitario obbligatorio<br />
deve essere effettuato attraverso<br />
l’azione congiunta del personale<br />
sanitario e delle Forze di Polizia.<br />
Un altro caso è stato trattato dalla<br />
sentenza del tribunale di Venezia, sezione<br />
III civile, del 19 dicembre 2005.<br />
Un cittadino è stato sottoposto a trattamento<br />
sanitario obbligatorio con<br />
degenza forzata presso la struttura sanitaria.<br />
E questo senza alcun rapporto<br />
preventivo diretto con i medici interessati<br />
al procedimento. In pratica,<br />
a causa di manifestazioni di disagio<br />
confermate anche dai familiari dell’interessato,<br />
il sindaco ha proceduto<br />
a contattare il medico di base del paziente,<br />
che ha quindi avanzato al comune<br />
una formale richiesta di t.s.o.<br />
All’esito dell’istruttoria, il primo cittadino<br />
ha emanato l’ordinanza che è<br />
stata eseguita con ricovero forzato del<br />
soggetto. Contro questa determinazione,<br />
l’interessato ha proposto ricorso<br />
al tribunale per il risarcimento dei<br />
danni subiti dopo l’avvenuto annullamento<br />
amministrativo dell’ordinanza.<br />
Il tribunale ha accolto la richiesta.<br />
Un provvedimento di trattamento sanitario<br />
obbligatorio, specifica la sentenza,<br />
non può prescindere da una<br />
constatazione obiettiva delle condizioni<br />
dell’interessato. Nel caso in esame<br />
non è stato mai ricercato il consenso<br />
dell’utente. Nonostante i pregressi<br />
comportamenti disturbati del<br />
paziente, infatti, l’attivazione della<br />
procedura di ricovero non è stata preceduta<br />
da un incontro dei sanitari con<br />
il malato. E il paziente non è stato posto<br />
nelle condizioni di poter scegliere<br />
terapie alternative al ricovero.<br />
COLLABORARE<br />
È MEGLIO: L’UTILITÀ<br />
DI UN PROTOCOLLO<br />
OPERATIVO<br />
La circolare del Ministero dell’Interno<br />
n. 5300 del 24 agosto 1993 propone<br />
ai Sindaci l’adozione di un protocollo<br />
uniforme e costante per i provvedimenti<br />
di T.S.O. (e, aggiungo, di<br />
A.S.O.).<br />
Accade sovente che ogni proposta di<br />
trattamento (o accertamento) coatto<br />
generi discussioni e forti contrasti tra<br />
la Polizia municipale e gli organi sanitari<br />
(dipartimento salute mentale,<br />
reparto ospedaliero psichiatrico, 118).<br />
Occorre definire regole operative<br />
chiare, conformi alle esigenze dei<br />
soggetti coinvolti, in primo luogo del<br />
malato, flessibili quanto basta, ma<br />
comunque rispettose dei principi di<br />
legalità e di collaborazione.<br />
Queste direttive sono solo parzialmente<br />
rinvenibili nella normativa vigente<br />
e nelle circolari ministeriali,<br />
perché possono differire a seconda<br />
delle situazioni locali.<br />
Le regole devono essere definite con<br />
convenzioni scritte, divulgate alla<br />
cittadinanza e alle strutture coinvolgibili,<br />
sottoscritte dai responsabili del<br />
locale dipartimento salute mentale,<br />
dell’amministrazione comunale e/o<br />
della Polizia municipale.<br />
L’ufficialità degli accordi assicura la<br />
naturale continuazione dell’applicazione<br />
di queste regole sino ad una<br />
nuova pattuizione, a prescindere dall’eventuale<br />
mutamento dei responsabili<br />
delle istituzioni firmatarie.<br />
È plausibile che alla prima sottoscrizione<br />
segua una fase di sperimentazione,<br />
successivamente alla quale<br />
possono essere posti correttivi alle<br />
procedure concordate.<br />
L’ESPERIENZA DI MASSA<br />
La città di Massa ha vissuto un’originale<br />
esperienza di protocollo operativo<br />
per l’attuazione e la gestione degli<br />
accertamenti e dei trattamenti sanitari<br />
obbligatori, stipulato d’intesa<br />
nel febbraio 2002 tra la Polizia municipale<br />
e il Dipartimento di salute<br />
mentale. Tale accordo è stato favorito<br />
dalla sensibilità del Dr. Remigio<br />
Raimondi, direttore del Dipartimento<br />
di Salute Mentale di Massa Carrara,<br />
al quale bisogna riconoscere una<br />
grande passione per i diritti del disa-<br />
29<br />
bile mentale che, purtroppo, non è<br />
molto diffusa nella sua e nella nostra<br />
categoria.<br />
Caratteristiche del testo sono l’ineludibile<br />
presenza e collaborazione della<br />
Polizia municipale e del personale<br />
sanitario, la definizione dei ruoli, l’ampio<br />
spazio di discrezionalità concesso<br />
agli operatori di Polizia municipale circa<br />
la valutazione delle proposte e i<br />
metodi di intervento, il coinvolgimento<br />
del medico curante e dei familiari.<br />
La sperimentazione è terminata in ottobre<br />
2003 con la firma ufficiale,<br />
suggellata in una cerimonia cui hanno<br />
partecipato le autorità cittadine e<br />
sanitarie. La valutazione è nel complesso<br />
positiva: nonostante le prime<br />
difficoltà applicative, dovute alle naturali<br />
resistenze interne, le prassi distorte<br />
si sono modificate e i disagi si<br />
sono ridotti; il dialogo tra istituzioni<br />
e tra i diversi operatori ha favorito il<br />
recupero del consenso del paziente,<br />
mentre il numero delle proposte di<br />
A.S.O. si è drasticamente ridotto.<br />
L’ESPERIENZA DEGLI<br />
ALTRI COMUNI APUANI<br />
Tutto sommato, anche dopo il 2003<br />
l’esperienza del protocollo operativo<br />
è proseguita in maniera efficace e la rigorosa<br />
osservanza dello stesso da parte<br />
dei due attori principali (Polizia municipale<br />
e personale sanitario) ne ha<br />
dimostrato l’efficienza, poiché non sono<br />
mai accaduti episodi di scarico di<br />
responsabilità, è stato realizzato un costante<br />
intervento congiunto e non si<br />
sono verificati fatti di aggressione o di<br />
reazione violenta da parte dei soggetti<br />
destinatari dei provvedimenti coatti.<br />
Le statistiche dell’Usl Massa Carrara<br />
hanno messo in evidenza che nel territorio<br />
del Comune di Massa, a differenza<br />
degli altri <strong>Comuni</strong> della stessa<br />
Provincia, il numero dei trattamenti sanitari<br />
obbligatori che a posteriori sono<br />
stati valutati privi di adeguata motivazione<br />
è scarsamente rilevante.<br />
Nel contempo, il protocollo operativo<br />
è stato presentato su diverse riviste<br />
dedicate alla Polizia locale e copia del-
lo stesso è stata richiesta da diverse<br />
Amministrazioni comunali, ed inoltre<br />
è stato diffuso presso diverse unità sanitarie<br />
locali, tanto che è divenuto argomento<br />
di esame in un convegno di<br />
specialisti di psichiatria tenutosi nel mese<br />
di aprile 2006 a Traversetolo (PR).<br />
L’Usl n. 1 di Massa Carrara ha voluto<br />
allora proporre lo stesso protocollo anche<br />
agli altri <strong>Comuni</strong> della costa apuana<br />
(Carrara e Montignoso). Con la collaborazione<br />
nei rispettivi Comandi di<br />
Polizia municipale, il protocollo è divenuto<br />
un accordo intercomunale, che<br />
è stato preventivamente sottoposto al<br />
vaglio del Presidente del Tribunale di<br />
Massa e che nel mese di novembre<br />
2006 si prevede sarà sottoscritto dai<br />
Sindaci dei tre <strong>Comuni</strong> e dal Direttore<br />
generale dell’Usl apuana.<br />
Rispetto al protocollo massese, il nuovo<br />
protocollo definisce con migliore<br />
precisione alcune specificità di ruoli:<br />
- se il proponente esclusivo dei trattamenti<br />
sanitari obbligatori è il medico<br />
curante del malato, in orari notturni e<br />
festivi e in caso di effettiva impossibilità<br />
da parte del medico di famiglia, la<br />
proposta compete al Medico della continuità<br />
dell’assistenza territoriale (ex<br />
Guardia Medica);<br />
- è specificato che nel caso di TSO la<br />
Polizia municipale ha la funzione di<br />
monitorare la corretta esecuzione dell’ordinanza<br />
del Sindaco, ed inoltre coopera<br />
attivamente al prelevamento del<br />
malato, al suo caricamento sull’ambulanza<br />
e alla consegna al Servizio<br />
Psichiatrico Ospedaliero;<br />
- è specificato che ogni ASO deve essere<br />
comunque portato a termine, ma<br />
che sarà preferibilmente effettuato al<br />
domicilio o presso il luogo in cui il paziente<br />
stesso si trova, senza procedere<br />
a trasferimenti coatti.<br />
Si allega il testo del nuovo protocollo,<br />
nell’intento di diffondere e proporre<br />
questa esperienza ai rispettivi colleghi<br />
delle altre realtà locali, di ogni dimensione,<br />
e nella convinzione che questo<br />
contributo possa migliorarne l’efficienza<br />
e la capacità di rispondere meglio<br />
alle esigenze del disabile mentale.<br />
TESTO DEL PROTOCOLLO STIPULATO TRA L’USL 1 DI MASSA CARRARA<br />
E I COMUNI DI MASSA, CARRARA E MONTIGNOSO PER LA DISCIPLINA<br />
DELLE PROCEDURE DI TSO E ASO<br />
Regione Toscana Comune di Massa Comune di Carrara Comune di Montignoso<br />
I Sindaci dei <strong>Comuni</strong> di Carrara,<br />
Massa e Montignoso ed il Direttore<br />
Generale dell’ASL n. 1 di Massa -<br />
Carrara<br />
Preso atto<br />
delle problematiche relative all’esecuzione<br />
di Ordinanze Sindacali di<br />
TSO e ASO;<br />
vista<br />
la Circolare del Prefetto di Massa e<br />
Carrara n. 65 del 2/8/2001;<br />
visti<br />
i protocolli esistenti tra le parti in materia<br />
di T.S.O.;<br />
Ritenuto<br />
necessario, alla luce di quanto sopra,<br />
stabilire procedure condivise qualora<br />
si ravvisi la necessità di sottoporre<br />
un cittadino a T.S.O. per malattie psichiatriche<br />
o ad ASO, per stabilire se<br />
il comportamento del cittadino segnalato<br />
sia originato da disturbo psicopatologico<br />
in atto,<br />
Concordano<br />
di adottare le seguenti modalità di intervento:<br />
TSO<br />
1) Nei giorni feriali, nell’orario di<br />
30<br />
servizio 8-20, la proposta di T.S.O.<br />
verrà redatta dal Medico di Famiglia<br />
con motivazioni ai sensi degli artt. 33<br />
e 34 della L. 833/78. La richiesta deve<br />
essere formulata dal medico solo<br />
dopo aver visitato personalmente il<br />
paziente e qualora siano soddisfatti i<br />
seguenti requisiti:<br />
a. esistenza di gravi alterazioni psichiche<br />
che richiedano urgenti interventi<br />
terapeutici;<br />
b. che questi non vengano accettati<br />
dal paziente;<br />
c. che non esistano le condizioni e le<br />
circostanze che consentano di adottare<br />
tempestive ed idonee misure sanitarie<br />
extra-ospedaliere.<br />
Il Medico di Famiglia allerterà telefonicamente<br />
il Servizio 118 il quale<br />
provvederà ad attivare gli operatori<br />
del Centro di Salute Mentale<br />
(C.S.M.)- Medico Psichiatra ed Infermieri<br />
di emergenza in servizio<br />
presso la sede di Via Marina Vecchia,<br />
74 - Massa perché si rechino a domicilio<br />
del paziente per sottoporlo a visita<br />
specialistica e tentare un trattamento<br />
adeguato.<br />
Nel caso in cui persista la necessità<br />
di cura non dilazionabile, il rifiuto<br />
del paziente al trattamento e tutti i<br />
tentativi di ottenere il consenso del<br />
paziente al trattamento extra-ospedaliero<br />
o al trattamento sanitario volontario<br />
fallissero lo Psichiatra convaliderà<br />
la proposta di T.S.O.<br />
2) Nelle ore notturne 20-8 e nei giorni<br />
festivi, nonché nei casi di cui al<br />
punto 1, in caso di effettiva impossibilità<br />
da parte del medico di famiglia,
la proposta di T.S.O verrà fatta dal<br />
Medico della continuità dell’assistenza<br />
territoriale (ex Guardia Medica).<br />
Il Servizio 118 preavvisato telefonicamente<br />
allerterà il Medico Psichiatra di<br />
guardia c/o il Servizio Psichiatrico di<br />
Diagnosi e Cura (S.P.D.C.) dello Stabilimento<br />
Ospedaliero di Massa il quale<br />
farà sì che il gli Infermieri Professionali<br />
del C.S.M. si rechino, entro<br />
i termini previsti dalle norme contrattuali<br />
sulla pronta disponibilità, sul luogo<br />
del caso nel tentativo di tranquillizzare<br />
e convincere il paziente ai trattamenti<br />
sanitari con il suo consenso.<br />
Qualora fallissero i tentativi il 118<br />
provvederà ad attivare un proprio sanitario<br />
il quale si recherà sul luogo<br />
dell’intervento per sottoscrivere la<br />
convalida del T.S.O., dopo averne<br />
constatato la necessità.<br />
Sottoscritta la convalida tale sanitario<br />
si renderà operativo rientrando con il<br />
mezzo dedicato all’emergenza territoriale<br />
al P.E.T. di competenza.<br />
3) La proposta e la convalida verranno<br />
recapitate dagli Infermieri del<br />
C.S.M. all’Ufficio delegato dal Sindaco<br />
per le procedure dell’emissione<br />
dell’Ordinanza di T.S.O.<br />
4) Gli Infermieri, nei casi diversi dal<br />
TSO da eseguire su persona già ricoverata<br />
in Ospedale, all’atto della formalizzazione<br />
dell’ordinanza del Sindaco:<br />
a. si recano a domicilio del paziente<br />
dopo aver avvertito il 118 perché provveda<br />
all’invio dell’ambulanza per il<br />
trasporto del paziente al SPDC indicato<br />
nell’ordinanza;<br />
b. aiutano il personale della Polizia<br />
municipale nella esecuzione del dispositivo<br />
sindacale;<br />
c. rassicurano il paziente, ricercando<br />
il suo consenso al ricovero.<br />
5) Contestualmente il personale della<br />
Polizia municipale, con copia dell’ordinanza<br />
redatta: si reca a domicilio<br />
del paziente per monitorare la<br />
corretta esecuzione dell’ordinanza<br />
del Sindaco; coopera attivamente al<br />
prelevamento del malato e al suo caricamento<br />
sull’ambulanza e alla consegna<br />
al S.P.D.C.; cura la tutela dei diritti<br />
del paziente e la salvaguardia dell’incolumità<br />
fisica del personale sanitario<br />
preposto ai trattamenti sanitari<br />
in tutte le fasi dell’esecuzione dell’ordinanza.<br />
In caso di valutato rischio<br />
e nello spirito di prevenire una consumazione<br />
di reato da parte del paziente,<br />
il personale della Polizia municipale<br />
provvederà a richiedere l’appoggio<br />
delle altre Forze dell’Ordine<br />
(Polizia e Carabinieri) affinché si realizzi<br />
correttamente e senza danno l’esecuzione<br />
dell’Ordinanza di T.S.O.<br />
ASO<br />
L’Accertamento Sanitario Obbligatorio<br />
è un dispositivo che può essere richiesto<br />
esclusivamente quando un<br />
comportamento segnalato fa sospettare<br />
al medico di essere in presenza<br />
di un disturbo psicopatologico rilevante<br />
e questo dubbio fondato non<br />
può essere accertato perché il cittadino<br />
si sottrae a un esame medico diretto.<br />
Il medico di famiglia è individuato<br />
come l’unico richiedente di<br />
questo provvedimento. Pertanto gli uffici<br />
della Polizia municipale rifiuteranno<br />
ogni richiesta che non provenga<br />
dallo stesso medico di famiglia, invitando<br />
i richiedenti a rivolgersi allo<br />
stesso.<br />
L’attivazione del provvedimento dovrà<br />
la seguente procedura:<br />
1) Il medico di famiglia, informato del<br />
comportamento alterato, si reca a domicilio<br />
per sottoporre a visita il suo<br />
paziente e valutare la natura del disturbo.<br />
2) Qualora il paziente si sottragga alla<br />
visita, il medico contatterà il servizio<br />
psichiatrico per concordare una<br />
strategia di intervento comune.<br />
3) Se fallisce l’intervento programmato<br />
per impossibilità a sottoporre a visita<br />
il paziente il medico di famiglia<br />
propone l’ASO.<br />
31<br />
4) Il sindaco emette l’Ordinanza la<br />
quale dispone che la Polizia municipale<br />
e il personale sanitario da questa<br />
richiesto si rechino al domicilio del<br />
paziente o nel luogo ove si trovi, e<br />
ognuno per le proprie attribuzioni vi<br />
diano esecuzione.<br />
5) Fermo restando che l’ASO deve essere<br />
comunque portato a termine, esso<br />
sarà effettuato, nell’interesse del<br />
paziente, ogni volta che sia possibile<br />
al domicilio o presso il luogo in cui il<br />
paziente stesso si trova, senza procedere<br />
a trasferimenti coatti.<br />
Il medico che ha richiesto l’intervento<br />
avrà cura di comunicare alla Polizia<br />
municipale elementi che consentano<br />
la sua reperibilità.<br />
6) Il medico di famiglia fornisce al<br />
personale di Polizia municipale tutte<br />
le informazioni utili per l’approccio<br />
al paziente e per il suo reperimento,<br />
e indica il nominativo di uno o più familiari<br />
o persone in grado di offrire<br />
elementi utili per l’esecuzione dell’ordinanza;<br />
Le parti concordano che:<br />
Passate 48 ore dalla richiesta di ASO<br />
o TSO senza che il paziente sia rintracciato,<br />
la Polizia municipale competente<br />
per territorio comunicherà<br />
tramite fax o altro mezzo idoneo, le<br />
ricerche infruttuose al fine di valutare<br />
se l’Ordinanza debba essere reiterata:<br />
a. Giudice Tutelare<br />
b. Sindaco<br />
c. medico di famiglia<br />
Il personale della Polizia municipale<br />
competente per territorio o comunque<br />
gli addetti alla redazione dell’Ordinanza<br />
sindacale e quello coinvolto<br />
nell’esecuzione della stessa ordinanza<br />
sono tenuti al rispetto del dovere di riservatezza<br />
circa le generalità del paziente<br />
e le sue condizioni di salute<br />
mentale, ai sensi del T. U n. 196/2003.
TESTO SEMI-COMMENTATO DEGLI ARTICOLI 33-34-35 DELLA LEGGE 23.12.1978,<br />
CONCERNENTI I TRATTAMENTI E GLI ACCERTAMENTI SANITARI OBBLIGATORI<br />
33. Norme per gli accertamenti ed i trattamenti<br />
sanitari volontari e obbligatori.<br />
Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari<br />
sono di norma volontari.<br />
La norma insiste sulla necessità di cercare<br />
in ogni modo possibile di ottenere<br />
il consenso, da parte dell’interessato, con<br />
riguardo:<br />
- al trattamento,<br />
- alle modalità dello stesso.<br />
Nei casi di cui alla presente legge e in<br />
quelli espressamente previsti da leggi dello<br />
Stato possono essere disposti dall’autorità<br />
sanitaria accertamenti e trattamenti<br />
sanitari obbligatori, secondo l’articolo<br />
32 della Costituzione, nel rispetto della<br />
dignità della persona e dei diritti civili e<br />
politici, compreso per quanto possibile<br />
il diritto alla libera scelta del medico e<br />
del luogo di cura.<br />
Il secondo e il quinto comma di questo<br />
articolo sono gli unici che forniscono criteri<br />
per l’esecuzione dei provvedimenti<br />
di tso e di aso:<br />
- il rispetto della dignità della persona e<br />
dei diritti civili e politici, compreso per<br />
quanto possibile il diritto alla libera scelta<br />
del medico e del luogo di cura;<br />
- devono essere accompagnati da iniziative<br />
rivolte ad assicurare il consenso e la<br />
partecipazione da parte di chi vi è obbligato.<br />
Gli accertamenti ed i trattamenti<br />
sanitari obbligatori sono disposti con<br />
provvedimento del sindaco nella sua<br />
qualità di autorità sanitaria, su proposta<br />
motivata di un medico.<br />
La procedura di adozione dei provvedimenti<br />
sanitari coatti ruota intorno alla figura<br />
del sindaco. Questi è il principale<br />
attore, in quanto è colui che assume la<br />
paternità (e quindi la responsabilità) di<br />
queste delicate decisioni.<br />
Il sindaco agisce nella sua qualità di autorità<br />
sanitaria locale, e di titolare del<br />
potere di emettere ordinanze contingibili<br />
ed urgenti. Gli accertamenti e i trattamenti<br />
sanitari obbligatori sono attuati dai<br />
presìdi e servizi sanitari pubblici territoriali<br />
e, ove, necessiti la degenza, nelle<br />
strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate.<br />
Il trattamento sanitario obbligatorio<br />
si svolge in regime di degenza<br />
ospedaliera solamente qualora manchino<br />
le condizioni e le circostanze che<br />
consentano di adottare le tempestive ed<br />
idonee misure sanitarie extraospedaliere.<br />
Invece, l’accertamento sanitario obbligatorio,<br />
non richiedendo la degenza,<br />
non può essere svolto nelle strutture<br />
ospedaliere, ma nell’ambulatorio del medico<br />
curante o presso la sede del centro<br />
di igiene mentale.<br />
Preferibilmente, deve essere svolto a domicilio<br />
del paziente o nel luogo in cui<br />
viene trovato, al fine di assicurare, come<br />
richiede il successivo comma, il consenso<br />
e la partecipazione da parte di chi<br />
vi è obbligato. Gli accertamenti e i trattamenti<br />
sanitari obbligatori di cui ai precedenti<br />
commi devono essere accompagnati<br />
da iniziative rivolte ad assicurare<br />
il consenso e la partecipazione da parte<br />
di chi vi è obbligato. L’unità sanitaria<br />
locale opera per ridurre il ricorso ai suddetti<br />
trattamenti sanitari obbligatori, sviluppando<br />
le iniziative di prevenzione e<br />
di educazione sanitaria ed i rapporti organici<br />
tra servizi e comunità. Nel corso<br />
del trattamento sanitario obbligatorio,<br />
l’infermo ha diritto di comunicare con<br />
chi ritenga opportuno. Chiunque può rivolgere<br />
al sindaco richiesta di revoca o<br />
di modifica del provvedimento con il<br />
quale è stato disposto o prolungato il trattamento<br />
sanitario obbligatorio.<br />
Sulle richieste di revoca o di modifica il<br />
sindaco decide entro dieci giorni. I provvedimenti<br />
di revoca o di modifica sono<br />
adottati con lo stesso procedimento del<br />
provvedimento revocato o modificato. Il<br />
malato, quindi, anche nel corso del trattamento<br />
sanitario obbligatorio rimane titolare<br />
di diritti, e non deve essere isolato<br />
o segregato. Addirittura egli, o chi per lui,<br />
può intervenire per ottenere la revoca o<br />
la modifica dell’ordinanza sindacale.<br />
34. Accertamenti e trattamenti sanitari<br />
volontari e obbligatori per malattia<br />
mentale.<br />
La legge regionale, nell’àmbito della<br />
unità sanitaria locale e nel complesso dei<br />
servizi generali per la tutela della salute,<br />
disciplina l’istituzione di servizi a strut-<br />
32<br />
tura dipartimentale che svolgono funzioni<br />
preventive, curative e riabilitative<br />
relative alla salute mentale. Le misure di<br />
cui al secondo comma dell’articolo precedente<br />
possono essere disposte nei confronti<br />
di persone affette da malattia mentale.<br />
Gli interventi di prevenzione, cura<br />
e riabilitazione relativi alle malattie mentali<br />
sono attuati di norma dai servizi e<br />
presìdi territoriali extraospedalieri di cui<br />
al primo comma. Il trattamento sanitario<br />
obbligatorio per malattia mentale può<br />
prevedere che le cure vengano prestate<br />
in condizioni di degenza ospedaliera solo<br />
se esistano alterazioni psichiche tali<br />
da richiedere urgenti interventi terapeutici,<br />
se gli stessi non vengano accettati<br />
dall’infermo e se non vi siano le condizioni<br />
e le circostanze che consentano di<br />
adottare tempestive ed idonee misure sanitarie<br />
extraospedaliere.<br />
Il provvedimento che dispone il trattamento<br />
sanitario obbligatorio in condizioni<br />
di degenza ospedaliera deve essere<br />
preceduto dalla convalida della proposta<br />
di cui al terzo comma dell’articolo<br />
33 da parte di un medico della unità<br />
sanitaria locale e deve essere motivato<br />
in relazione a quanto previsto nel presente<br />
comma. Qui entra in gioco la funzione<br />
degli uffici comunali, solitamente<br />
incardinati nella Polizia municipale, di<br />
tutelare i diritti del malato in sede di<br />
istruttoria dell’ordinanza sindacale, verificando<br />
la sussistenza dei requisiti tassativamente<br />
richiesti dalla norma per l’emanazione<br />
del provvedimento:<br />
- la preventiva proposta motivata di un<br />
medico (anche non specialista),<br />
- questa deve essere confermata (con un<br />
atto di convalida) da un secondo medico<br />
appartenente al Servizio sanitario nazionale.<br />
Non solo, l’ordinanza deve essere<br />
motivata, richiamando la sussistenza, attestata<br />
dalla proposta del medico, di tre<br />
circostanze in mancanza delle quali il<br />
provvedimento non può essere emesso:<br />
- solo se esistano alterazioni psichiche<br />
tali da richiedere urgenti interventi terapeutici,<br />
- se gli stessi non vengano accettati dall’infermo,<br />
- e se non vi siano le condizioni e le cir-
costanze che consentano di adottare<br />
tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliere.<br />
Nei casi di cui al precedente<br />
comma il ricovero deve essere attuato<br />
presso gli ospedali generali, in specifici<br />
servizi psichiatrici di diagnosi e cura<br />
all’interno delle strutture dipartimentali<br />
per la salute mentale comprendenti<br />
anche i presìdi e i servizi extraospedalieri,<br />
al fine di garantire la continuità terapeutica.<br />
I servizi ospedalieri di cui al<br />
presente comma sono dotati di posti letto<br />
nel numero fissato dal piano sanitario<br />
regionale.<br />
35. Procedimento relativo agli accertamenti<br />
e trattamenti sanitari obbligatori in<br />
condizioni di degenza ospedaliera per<br />
malattia mentale e tutela giurisdizionale.<br />
Il provvedimento con il quale il sindaco<br />
dispone il trattamento sanitario obbligatorio<br />
in condizioni di degenza ospedaliera,<br />
da emanarsi entro 48 ore dalla convalida<br />
di cui all’articolo 34, quarto comma,<br />
corredato dalla proposta medica motivata<br />
di cui all’articolo 33, terzo comma,<br />
e dalla suddetta convalida deve essere<br />
notificato, entro 48 ore dal ricovero,<br />
tramite messo comunale, al giudice<br />
tutelare nella cui circoscrizione rientra il<br />
comune. Particolare che pochi conoscono:<br />
il Sindaco ha tutto il tempo necessario<br />
(48 ore dalla convalida medica)<br />
per decidere se emanare l’ordinanza.<br />
Nel frattempo i suoi uffici possono richiedere<br />
chiarimenti, integrazioni o chiedere<br />
che le proposte viziate siano, se è<br />
possibile, sanate. Noto a tutti è invece il<br />
termine di 48 ore per trasmettere il provvedimento<br />
al giudice tutelare.<br />
L’intervento del giudice tutelare non è<br />
previsto:<br />
- nel caso di A.S.O.,<br />
- in quello di T.S.O. in condizioni extraospedaliere.<br />
La libertà del malato di mente viene infatti<br />
compressa per il tempo necessario<br />
alla visita, nella prima ipotesi, o comunque<br />
senza necessità di ricovero, nella seconda<br />
ipotesi.<br />
Il giudice tutelare, entro le successive 48<br />
ore, assunte le informazioni e disposti gli<br />
eventuali accertamenti, provvede con decreto<br />
motivato a convalidare o non convalidare<br />
il provvedimento e ne dà comunicazione<br />
al sindaco. In caso di mancata<br />
convalida il sindaco dispone la cessazione<br />
del trattamento sanitario obbli-<br />
gatorio in condizioni di degenza ospedaliera.<br />
Il Sindaco, in caso di mancata convalida,<br />
deve provvedere immediatamente a<br />
disporre la cessazione del Tso, anche se<br />
è intenzionato a ricorrere contro la decisione<br />
del giudice: questo accorgimento<br />
evita responsabilità derivanti dalla protrazione<br />
dell’indebita privazione della libertà.<br />
Se il provvedimento di cui al primo<br />
comma del presente articolo è disposto<br />
dal sindaco di un comune diverso<br />
da quello di residenza dell’infermo,<br />
ne va data comunicazione al sindaco di<br />
questo ultimo comune, nonché al giudice<br />
tutelare nella cui circoscrizione rientra<br />
il comune di residenza.<br />
Se il provvedimento di cui al primo comma<br />
del presente articolo è adottato nei<br />
confronti di cittadini stranieri o di apolidi,<br />
ne va data comunicazione al Ministero<br />
dell’interno, e al consolato competente,<br />
tramite il prefetto. Nei casi in cui<br />
il trattamento sanitario obbligatorio debba<br />
protrarsi oltre il settimo giorno, ed in<br />
quelli di ulteriore prolungamento, il sanitario<br />
responsabile del servizio psichiatrico<br />
della unità sanitaria locale è tenuto<br />
a formulare, in tempo utile, una proposta<br />
motivata al sindaco che ha disposto<br />
il ricovero, il quale ne dà comunicazione<br />
al giudice tutelare, con le modalità e<br />
per gli adempimenti di cui al primo e secondo<br />
comma del presente articolo, indicando<br />
la ulteriore durata presumibile<br />
del trattamento stesso.<br />
Il sanitario di cui al comma precedente<br />
è tenuto a comunicare al sindaco, sia in<br />
caso di dimissione del ricoverato che in<br />
continuità di degenza, la cessazione delle<br />
condizioni che richiedono l’obbligo<br />
del trattamento sanitario; comunica altresì<br />
la eventuale sopravvenuta impossibilità<br />
a proseguire il trattamento stesso.<br />
Il sindaco, entro 48 ore dal ricevimento<br />
della comunicazione del sanitario, ne dà<br />
notizia al giudice tutelare.<br />
Qualora ne sussista la necessità il giudice<br />
tutelare adotta i provvedimenti urgenti<br />
che possono occorrere per conservare e<br />
per amministrare il patrimonio dell’infermo.<br />
La omissione delle comunicazioni<br />
di cui al primo, quarto e quinto comma<br />
del presente articolo determina la<br />
cessazione di ogni effetto del provvedimento<br />
e configura, salvo che non sussistano<br />
gli estremi di un delitto più grave,<br />
il reato di omissione di atti di ufficio.<br />
Ecco in quali casi il Sindaco rischia ve-<br />
33<br />
ramente di essere incriminato per omissione<br />
di atti d’ufficio! Quando omette di<br />
dare comunicazione al giudice tutelare<br />
del provvedimento di trattamento sanitario<br />
obbligatorio e delle vicende successive<br />
a questo.<br />
Chi è sottoposto a trattamento sanitario<br />
obbligatorio, e chiunque vi abbia interesse,<br />
può proporre al tribunale competente<br />
per territorio ricorso contro il provvedimento<br />
convalidato dal giudice tutelare.<br />
Entro il termine di trenta giorni, decorrente<br />
dalla scadenza del termine di<br />
cui al secondo comma del presente articolo,<br />
il sindaco può proporre analogo ricorso<br />
avverso la mancata convalida del<br />
provvedimento che dispone il trattamento<br />
sanitario obbligatorio.<br />
Nel processo davanti al tribunale le parti<br />
possono stare in giudizio senza ministero<br />
di difensore e farsi rappresentare da<br />
persona munita di mandato scritto in calce<br />
al ricorso o in atto separato. Il ricorso<br />
può essere presentato al tribunale mediante<br />
raccomandata con avviso di ricevimento.<br />
Il presidente del tribunale fissa<br />
l’udienza di comparizione delle parti con<br />
decreto in calce al ricorso che, a cura del<br />
cancelliere, è notificato alle parti nonché<br />
al pubblico ministero.<br />
Il presidente del tribunale, acquisito il<br />
provvedimento che ha disposto il trattamento<br />
sanitario obbligatorio e sentito il<br />
pubblico ministero, può sospendere il<br />
trattamento medesimo anche prima che<br />
sia tenuta l’udienza di comparizione.<br />
Sulla richiesta di sospensiva il presidente<br />
del tribunale provvede entro dieci giorni.<br />
Il tribunale provvede in camera di<br />
consiglio, sentito il pubblico ministero,<br />
dopo avere assunto le informazioni e raccolto<br />
le prove disposte di ufficio o richieste<br />
dalle parti.<br />
I ricorsi ed i successivi provvedimenti sono<br />
esenti da imposta di bollo. La decisione<br />
del processo non è soggetta a registrazione.<br />
Il ricorso avverso l’ordinanza che dispone<br />
il trattamento sanitario obbligatorio<br />
(non previsto invece per il solo Aso) è<br />
un’evenienza rara, ma pur sempre possibile<br />
(allo scrivente è accaduto!). Si noti<br />
come nella procedura viene coinvolto<br />
il pubblico ministero: ciò significa che in<br />
caso di accoglimento del ricorso, questi<br />
darà avvio all’azione penale nei confronti<br />
del Sindaco per i reati di abuso d’ufficio<br />
(articolo 323 c. p.) e/o di sequestro di<br />
persona (articolo 605 c. p.).
LUIGI ALTAMURA<br />
Comandante della Polizia municipale<br />
di Verona<br />
LA GESTIONE DELLA COMUNICAZIONE ESTERNA<br />
NELLA POLIZIA MUNICIPALE: ASPETTI ORGANIZZATIVI<br />
Finalmente anche nella Polizia locale<br />
è viva la volontà di comunicare all’opinione<br />
pubblica i risultati delle<br />
attività svolte. Sembrava quasi che ci<br />
fosse un blocco, una inazione dovuta<br />
in parte all’inesperienza, in parte<br />
a non contrastare la visibilità del politico<br />
o dell’amministratore di turno,<br />
che invece hanno compreso quanto<br />
importante sia fornire elementi comunicativi<br />
e organizzativi delle singole<br />
Polizie locali.<br />
Sono sempre di più i Comandi che<br />
hanno instaurato nuovi uffici stampa<br />
o uffici comunicazione Esterna,<br />
con addetti ai rapporti con il mondo<br />
dei mass-media, tecnici che forniscono<br />
importanti commenti a giornalisti<br />
che spesso brancolano nel<br />
buio e che sempre di più vogliono<br />
sentire anche la “campana” Polizia<br />
locale, oggi sempre più artefice e<br />
protagonista nel mondo della sicurezza<br />
cittadina.<br />
Ma la Polizia municipale come si<br />
comporta? È riuscita a trovare un<br />
proprio spazio, un angolo dove descrivere<br />
le azioni, i risultati, i commenti,<br />
con tecnicismo, con professionalità,<br />
con l’esuberanza di una<br />
organizzazione unica per la sua presenza<br />
capillare sul territorio?<br />
I dati in nostro possesso dimostrano<br />
che molta strada è ancora da percorrere<br />
e dalla disamina delle situazioni<br />
che ora andremo a fare si potrà<br />
capire come l’occasione che oggi<br />
il panorama normativo e gestionale<br />
offre, non può permettere ulte-<br />
riore ritardi organizzativi. La missione<br />
che ci viene richiesta è quella<br />
di comunicare ad ogni organo di<br />
informazione - mai creare un canale<br />
preferenziale - gli obiettivi aziendali<br />
e strategici, che riguardano<br />
l’intera azione della Polizia municipale.<br />
Ma siamo in grado di farlo?<br />
Oppure ci dobbiamo affidare a terzi,<br />
ai tecnici della comunicazione,<br />
a coloro però che non conoscono le<br />
nostre peculiarità e i nostri punti di<br />
forza?<br />
Oggi subiamo la notizia, sia positiva<br />
ma sia - soprattutto - negativa; le<br />
aggressioni verbali e scritte, da parte<br />
di istituzioni, associazioni, amministratori,<br />
semplici cittadini spesso<br />
vengono passivamente recepite al<br />
nostro interno dove una sorte di disaffezione<br />
per gli innumerevoli problemi,<br />
impedisce una reazione costruttiva<br />
e la c.d. “attività silenziosa”,<br />
senza rispondere delle singole<br />
attività, non può essere certo rispondente<br />
ad una Polizia municipale<br />
aperta al confronto e alla comunicazione<br />
e aggiornata ai tempi attuali.<br />
La demotivazione di cui oggi tutti<br />
sentiamo parlare nei vari Comandi<br />
di Polizia municipale passa anche<br />
attraverso una scarsa cultura dell’informazione<br />
che è insita nel nostro<br />
dna: le attività delle Forze di<br />
Polizia dello Stato - tutte “armate”<br />
di veri e propri uffici stampa, con<br />
“portavoce tecnici” (funzionari di<br />
Polizia o ufficiali dei Carabinieri<br />
34<br />
piuttosto che della Guardia di<br />
Finanza) a disposizione della stampa<br />
in ogni provincia per realizzare<br />
un servizio “porta a porta” (intesa<br />
come singola redazione) che deve<br />
essere la carta vincente del sistema<br />
strategico “comunicazione-evoluzione-raggiungimento<br />
risultato” -<br />
vengono “elevate”, “vestite”, “confezionate”<br />
nella migliore maniera<br />
possibile e inviate agli organi di<br />
stampa già con un pacchetto tutto<br />
compreso, annesse le immagini con<br />
il logo della singola Forza di Polizia.<br />
Noi non dobbiamo copiare, ma dobbiamo<br />
saper “vendere” un prodotto<br />
che rende anche più stimolante il futuro<br />
della Polizia locale.<br />
La nostra immagine, la nostra attività<br />
non può essere calpestata da missive<br />
pubblicate sulle ormai famose pagine<br />
delle rubriche “Lettere al direttore”,<br />
dove ogni nostra azione viene<br />
letta come un agguato, una nuova<br />
tassa comunale, una truffa legalizzata<br />
- mi riferisco ai verbali redatti<br />
con strumentazioni tecnologiche autovelox,<br />
telelaser, telecamere per la<br />
ztl, photored - come un fastidio che<br />
si crea al cittadino solo perché si redige<br />
un verbale per non aver osservato<br />
il codice della strada.<br />
Il rapporto con il cittadino deve essere<br />
alla base del processo di comunicazione,<br />
per informare, chiarire,<br />
specificare, anticipare, presentare,<br />
educare alla legalità, al rispetto<br />
del nostro lavoro, al miglioramento<br />
dei servizi, aspetto quest’ultimo che
passa attraverso le tecnologie oggi a<br />
nostra disposizione.<br />
Occorre capire che la strategia deve<br />
essere quella di “attaccare” - lasciatemi<br />
passare questo termine - attraverso<br />
una comunicazione incisiva,<br />
costruttiva, duttile e rispondente alle<br />
grandi professionalità che ogni<br />
Comando possiede, grazie anche all’esperienza<br />
e alla conoscenza approfondita<br />
di norme e procedure.<br />
Nessuno si deve sentire inferiore ad<br />
un giornalista o ad un operatore mediatico<br />
solo per il fatto di “temere”<br />
l’articolo o il servizio televisivo che<br />
andrà a preparare: noi serviamo ai<br />
mass-media, siamo fornitori di spunti,<br />
e la creazione di un nuovo ufficio<br />
all’interno delle nostre strutture è un<br />
passo ormai indifferibile, se non vogliamo<br />
tornare ad essere trattati come<br />
i “servitori del sindaco”.<br />
È proprio l’amministratore che si è<br />
accorto che la Polizia locale è in trasformazione,<br />
che è il mondo dei<br />
mass-media ad aprire la porta ai conoscitori-tecnici<br />
di Polizia stradale,<br />
di Polizia amministrativa, ambientale.<br />
Non perdo mai occasione di ricordare<br />
ad ogni convegno cui partecipo<br />
che per fare comunicazione<br />
occorre crederci: questo consiglio<br />
lo do a coloro che non hanno mai<br />
ritenuto di adeguarsi ai tempi perché<br />
lo ritengono una perdita di tempo e<br />
- soprattutto in tempi di “vacche magre”<br />
- di personale.<br />
Il primo aspetto organizzativo riguarda<br />
l’istituzione di un ufficio<br />
stampa o meglio di un ufficio comunicazione<br />
esterna; come noto, la<br />
legge 150/2000 completa un percorso<br />
normativo iniziato con la legge<br />
241/1990, dove la Pubblica Amministrazione<br />
ha “dovuto” finalmente<br />
interloquire con il cittadino,<br />
fornendo assistenza attraverso vari<br />
istituti giuridici come il c.d. “diritto<br />
di accesso”.<br />
L’articolo 1 della legge 150/2000<br />
chiarisce subito gli aspetti che più<br />
riguardano la comunicazione attraverso<br />
una attività idonea a “….illustrare<br />
e favorire la conoscenza del-<br />
le disposizioni normative - al fine di<br />
facilitarne l’applicazione - illustrare<br />
le attività delle istituzioni ed il loro<br />
funzionamento, favorire l’accesso ai<br />
servizi pubblici - promuovendone la<br />
conoscenza - promuovere conoscenze<br />
allargate e approfondite su<br />
temi di rilevante interesse pubblico<br />
e sociale, favorire processi interni di<br />
semplificazione delle procedure e di<br />
modernizzazione, promuovere l’immagine”.<br />
Vengono altresì create le<br />
figure del “portavoce”, dell’”ufficio<br />
stampa”, degli “sportelli del cittadino”.<br />
Tornando all’aspetto organizzativo<br />
molti Comandi di Polizia municipale<br />
ritengono sufficiente “appoggiarsi”<br />
all’ufficio stampa del Sindaco, al<br />
portavoce dell’Amministrazione Comunale,<br />
dimenticando che la notizia<br />
perde di significato, e soprattutto<br />
svanisce una direzionalità che è<br />
anche di ritorno.<br />
Chi fornisce i particolari di quella<br />
notizia, la segreteria del Comandante,<br />
l’ufficio affari generali oppure<br />
il gabinetto del Sindaco piuttosto<br />
che il suo ufficio stampa? Sappiamo<br />
tutti che i giornalisti non vogliono<br />
nulla di preconfezionato, cercano<br />
l’angolatura giusta, la notizia nella<br />
notizia, quel particolare in più che<br />
crea la curiosità anche nel lettore.<br />
La soluzione migliore è quella di un<br />
ufficio comunicazione esterna, incorporato<br />
nel Comando Polizia municipale,<br />
in staff al Dirigente e in<br />
stretto contatto con l’ufficio stampa<br />
del Sindaco. Una sinergia con quest’ultimo<br />
settore che comporta un<br />
rafforzamento del “peso specifico”<br />
di ogni informazione. La comunicazione<br />
non può e non deve essere delegata<br />
ad altri e deve essere coordinata<br />
da una “testa pensante”.<br />
La scelta del personale da inserire in<br />
questo delicato contesto deve avvenire<br />
attraverso una vera e propria selezione,<br />
con un presupposto fondamentale:<br />
la comunicazione deve essere<br />
“amata”, “desiderata”, deve<br />
coinvolgere per saper coinvolgere,<br />
chi sarà individuato dovrà essere<br />
35<br />
una persona leale, fidata, intelligente<br />
e che sappia proporsi in maniera<br />
positiva e corretta nei confronti degli<br />
operatori dei mass-media.<br />
Operatori di Polizia locale con esperienza<br />
e con le caratteristiche sopra<br />
descritte potranno essere le armi in<br />
più per affrontare questa sfida con<br />
tenacia e soddisfazioni.<br />
Nulla vieta di inserire collaboratori<br />
anche amministrativi - ve ne sono<br />
molti di motivati in tanti Comandi<br />
che possano supportare le attività<br />
della Polizia municipale - e che rispondano<br />
sempre alle caratteristiche<br />
sopra accennate, ma la responsabilità<br />
dovrà essere sempre e comunque<br />
in capo al Dirigente. L’ufficio<br />
dovrà rispondere anche in termini di<br />
“marketing istituzionale”, perché<br />
non basta confezionare un comunicato<br />
stampa, occorre orientare l’attenzione<br />
dei media in una direzione<br />
piuttosto che in un’altra, fornendo<br />
materiale che oggi i giornalisti sono<br />
obbligati a ricercare in autonomia e<br />
totale assenza di supporto.<br />
La possibilità di fornire dati statistici<br />
- con l’obbligo che i collaboratori<br />
forniscano dati aggiornati e rispondenti<br />
alla realtà anche temporale<br />
dell’argomento - di contorno alla<br />
notizia, rendere disponibili i dettagli,<br />
consentire all’operatore di assistere<br />
all’operazione sono tutti fattori<br />
che rappresentano per il giornalista<br />
una possibilità unica.<br />
Oltre a ciò, la creazione di un rapporto<br />
confidenziale e fiduciario con<br />
tutti gli operatori potrebbe indurre il<br />
giornalista a scegliere con più attenzione<br />
le proprie fonti, evitando di<br />
dare eccessivo risalto all’isolata lamentela<br />
del cittadino o a episodiche<br />
carenze nei servizi.<br />
Altro aspetto propedeutico alla creazione<br />
è quello di uno screening aggiornato<br />
di tutte le testate esistenti<br />
nel bacino di utenza del Comando,<br />
senza tralasciare due fenomeni poco<br />
curati dalle Polizie municipali e<br />
mi riferisco alle agenzie di stampa e<br />
alla c.d. free-press.
L’ANSA, l’AGI, l’ADN Kronos, l’Italpress<br />
hanno redazioni locali nei<br />
principali capoluoghi di regione e<br />
spesso pubblicano notizie relative<br />
ad operazioni delle Polizie municipali,<br />
piuttosto che interventi a seguito<br />
di incidenti stradali e l’inserimento<br />
nei circuiti comunicativi con<br />
relativa pubblicazione dei c.d. “lanci”<br />
in questi settori, dimostra come<br />
sia apprezzata la nostra attività.<br />
Notizie inviate e pubblicate nelle<br />
prime ore della mattina vengono<br />
meglio divulgate e trovano maggiori<br />
spunti nelle singole redazioni.<br />
Il fenomeno della free-press, cioè di<br />
quei quotidiani gratuiti distribuiti<br />
agli angoli delle strade e nei principali<br />
centri di aggregazione (ospedali,<br />
scuole, uffici pubblici), va seguito<br />
con più attenzione anche come<br />
canale di comunicazione pubblica,<br />
come ad esempio i lavori in corso e<br />
le strade da evitare, le attività di educazione<br />
stradale, piuttosto che di<br />
pronto intervento o di Polizia giudiziaria.<br />
Solo così facendo si potrà ampliare<br />
il bacino di utenti, andando a formare<br />
una mentalità positiva che<br />
spinga tutto il settore giornalistico a<br />
concedere più spazio, più attenzione<br />
alle nostre attività, a mostrare la<br />
vera “faccia” di operatori professionisti.<br />
Ma quali sono gli strumenti da utilizzare<br />
per aggiornare in tempo reale<br />
le redazioni? Il primo e forse quello<br />
più conosciuto è il classico “comunicato<br />
stampa”; tralasciando il discorso<br />
sull’opportunità o meno della<br />
stesura e del rapporto con il singolo<br />
amministratore, va evidenziato<br />
l’aspetto contenutistico - che non<br />
dovrà mai essere legato a nozioni<br />
poliziesche o tecnico-giuridiche -<br />
ma che dovrà essere rivolto alla<br />
massa dei cittadini/utenti.<br />
L’autorizzazione all’invio dovrà ricadere<br />
esclusivamente sul Comandante,<br />
dopo una attenta lettura, perché<br />
anche i più piccoli particolari<br />
possono essere letti sotto varie sfaccettature.<br />
L’invio deve avvenire con i moderni<br />
e rapidi sistemi, e cioè attraverso la<br />
creazione di una sempre aggiornata<br />
(almeno due volte l’anno) mailing list<br />
di posta elettronica, che permette<br />
ad ogni giornalista la ricezione della<br />
notizia direttamente sui pc dove<br />
confezioneranno il pezzo.<br />
Attualmente la mailing list del<br />
Comando di Verona comprende oltre<br />
80 indirizzi e ci permettono di<br />
coprire l’intera regione Veneto e un<br />
vastissimo bacino di cittadini. È impensabile<br />
utilizzare il fax per trasmettere<br />
comunicati stampa; alcune<br />
redazioni non intendono nemmeno<br />
trascriverlo, giustificandosi poi per<br />
la mancata pubblicazione nell’assenza<br />
di spazio.<br />
Altro strumento particolarmente impegnativo<br />
è la conferenza stampa,<br />
ottimo strumento per migliorare il<br />
rapporto con il cittadino, che acquisisce<br />
ancora di più la consapevolezza<br />
del ruolo della Polizia locale,<br />
proponendosi in prima linea, dimostrando<br />
di essere all’altezza dei riconoscimenti<br />
che il ruolo richiede.<br />
L’organizzazione dell’incontro con<br />
i mass media dovrà prevedere un invito<br />
- da effettuarsi con l’invio di email<br />
con indicato il giorno, l’ora, il<br />
luogo e l’argomento della conferenza<br />
stampa oppure attraverso un nuovo<br />
strumento legato ad un servizio<br />
di sms multipli da gestire attraverso<br />
un semplice sistema informatico - la<br />
stesura di un comunicato da distribuire<br />
durante la conferenza stampa<br />
e la possibilità di effettuare riprese<br />
televisione anche successive per permettere<br />
il confezionamento di un<br />
buon prodotto televisivo.<br />
Dovrà essere fornita la massima disponibilità<br />
ad interviste finali e commenti<br />
a tutti coloro che intendano<br />
proporle.<br />
L’intera struttura Polizia municipale<br />
dovrà comparire nella macchina<br />
“comunicazione”, non devono esserci<br />
privilegi interni, con settori che<br />
maggiormente compaiono ed altri ri-<br />
36<br />
tenuti di serie “B”. Anche un ufficio<br />
verbali può avere il proprio spazio<br />
informativo-mediatico, utile ai cittadini<br />
per fare il punto sui ricorsi piuttosto<br />
che su un aspetto professionale,<br />
di aggiornamento e di consulenza<br />
a seguito dell’emanazione di nuove<br />
leggi o circolari ministeriali.<br />
Proprio la condivisione con tutti i<br />
settori della Polizia municipale è<br />
uno degli aspetti più delicati del<br />
“saper fare comunicazione”; tutti<br />
devono sapere quali sono gli obiettivi<br />
da raggiungere - anche un opportuno<br />
corso di aggiornamento rivolto<br />
a tutto il personale sui riferimenti<br />
normativi e su come si dovrà<br />
interloquire con il nuovo ufficio comunicazione<br />
esterna può essere un<br />
ottimo strumento di penetrazione<br />
nelle difficili maglie gestionali/organizzative<br />
di un Comando - e soprattutto<br />
perché “spendere” energie<br />
e risorse per fare informazione/comunicazione.<br />
Altra accusa che potranno muovere<br />
ad iniziative innovative di questo tipo<br />
riguardano proprio le difficoltà<br />
esistenti all’interno dei Comandi;<br />
“vogliono fare comunicazione esterna<br />
ma se qui non esiste neanche<br />
quella interna” è una di quelle frasi<br />
che come Comandante ti sbattono al<br />
muro, senza possibilità di replica.<br />
La comunicazione esterna deve necessariamente<br />
passare attraverso un<br />
benessere aziendale, attraverso un<br />
miglioramento delle condivisioni critiche<br />
sui diversi aspetti organizzativi,<br />
attraverso apposite riunione propedeutiche,<br />
con la revisione dei circuiti<br />
informativi.<br />
La comunicazione è fondamentale<br />
in una moderna Polizia locale. Ma<br />
solo se riteniamo di avere in mano<br />
uno strumento importante e strategico,<br />
che può spalancare la porta ad<br />
un miglioramento dell’immagine<br />
delle Polizie municipali e del conseguente<br />
rapporto con il cittadino/utente.<br />
Provare per credere.
ALBERTO MESSERINI<br />
Comandante della Polizia municipale<br />
di Calcinaia (PI)<br />
IL RUOLO DELLA POLIZIA LOCALE NELLA PROGETTAZIONE<br />
E GESTIONE DEI PROGETTI SICUREZZA PER I COMUNI<br />
DI MEDIE E PICCOLE DIMENSIONI<br />
Scopo di questa relazione non è quello<br />
di ricostruire l’iter normativo che,<br />
da qualche anno a questa parte, ha<br />
portato gli enti locali ad occuparsi (attivamente)<br />
di sicurezza, bensì quello<br />
di focalizzare il ruolo che la Polizia<br />
locale riveste nell’ambito delle politiche<br />
di sicurezza attivate dai <strong>Comuni</strong><br />
e che, vedremo, essere un ruolo essenziale.<br />
Tuttavia non possiamo esimerci dallo<br />
storicizzare, pur in senso estremamente<br />
analitico, l’evoluzione che, in<br />
materia di sicurezza urbana, ha coinvolto<br />
le amministrazioni comunali ed<br />
i loro organismi (sia di governo che<br />
tecnici).<br />
Costruita la premessa, passeremo ad<br />
analizzare l’aspetto inerente l’operato<br />
della Polizia locale nell’ambito della<br />
sicurezza urbana, limitando ciò ad<br />
una (volutamente) precisa dimensione:<br />
quella dei <strong>Comuni</strong> medio - piccoli,<br />
ovvero quelle realtà che non superano<br />
i 15.000 abitanti (e che, nel territorio<br />
della Repubblica, costituiscono<br />
la maggioranza).<br />
Ciò per due distinti ordini di ragioni:<br />
1) in primis perché l’esperienza diretta<br />
di chi scrive attiene alla costruzione<br />
ed alla gestione di un progetto - sicurezza<br />
che, iniziato nell’anno 2001,<br />
continua ad esplicarsi nell’ambito di<br />
un territorio comunale abitato da circa<br />
10.000 persone;<br />
2) secondariamente perché uno dei<br />
maggiori errori che è dato riscontrare<br />
nelle azioni per la sicurezza attuate<br />
nei piccoli <strong>Comuni</strong>, è quello di voler<br />
in qualche misura “scimmiottare” i<br />
progetti delle grandi realtà (addirittura<br />
delle realtà metropolitane), mutuando<br />
da questi non delle idee da rielaborare,<br />
ma dei veri e propri strumenti<br />
di azione, pensati per ben altre<br />
situazioni e di ben altra portata.<br />
EVOLUZIONE<br />
DEL RUOLO DEL COMUNE<br />
IN MATERIA DI SICUREZZA<br />
Le competenze riconosciute ai<br />
<strong>Comuni</strong> nell’ambito della sicurezza<br />
pubblica, trovano origine nel primo<br />
Testo Unico delle leggi comunali e<br />
provinciali (R.D. 04.02.1915 n. 148)<br />
il quale, all’articolo 153, prevedeva in<br />
capo al Sindaco il potere di ordinanza<br />
per casi di necessità ed urgenza, allo<br />
scopo di garantire la sicurezza degli<br />
amministrati.<br />
Analoga previsione fu mantenuta nel<br />
successivo Testo Unico (R.D. n.<br />
383/1934), il quale poneva la “sicurezza<br />
pubblica” come uno dei motivi<br />
giustificativi del potere ordinativo sindacale.<br />
In tempi di ben diversa sensibilità<br />
normativa e sociale, la materia<br />
è stata di nuovo ridisegnata dalla<br />
Legge 08.06.1990 n. 142 (oggi sostituita<br />
dal nuovo Testo Unico decreto<br />
legislativo n. 267/2000) la quale, all’art.<br />
38, annovera il concetto di “incolumità<br />
dei cittadini” quale fine verso<br />
cui volgere il potere del Sindaco di<br />
emanare ordinanze con tingibili ed urgenti<br />
in materia di sanità ed igiene,<br />
edilizia e Polizia locale.<br />
Ma è con la Legge 26.03.2001 n. 128<br />
(c.d. “pacchetto sicurezza”) che il ruolo<br />
dell’Ente Locale in materia, assume<br />
una veste del tutto nuova ed in grado<br />
38<br />
di aprire la strada ad un coinvolgimento<br />
sempre più diretto.<br />
Tra le disposizioni introdotte, quelle<br />
che appaiono più significative riguardano:<br />
- la partecipazione del Sindaco al Comitato<br />
Provinciale per la Scurezza<br />
Pubblica, quando gli argomenti da<br />
trattare riguardino il Comune;<br />
- un più intenso intervento da parte del<br />
Ministro dell’Interno, il quale è chiamato<br />
ad impartire direttive per la realizzazione,<br />
a livello provinciale e nei<br />
maggiori centri urbani, di piani coordinati<br />
di controllo interforze del territorio,<br />
con la possibilità, a richiesta del<br />
Sindaco, della partecipazione di contingenti<br />
dei corpi o servizi di Polizia<br />
municipale;<br />
- un riferimento diretto ai “presidi mobili<br />
di quartiere”, nonché il potenziamento<br />
ed il coordinamento dei servizi<br />
di soccorso pubblico e pronto intervento<br />
per la sicurezza dei cittadini;<br />
- l’obbligo, per le forze di Polizia, di<br />
conferire al Centro elaborazione dati<br />
del Dipartimento della Pubblica Sicurezza,<br />
le informazioni acquisite nel<br />
corso delle attività di prevenzione e<br />
repressione dei reati e di quelle amministrative.<br />
Con la recente riforma del Titolo V<br />
della Costituzione, la sicurezza dei cittadini<br />
viene ancor più decentrata a livello<br />
territoriale, riconoscendo alle<br />
Regioni la potestà esclusiva in materia<br />
di Polizia locale.<br />
Allo stato attuale, la quasi totalità delle<br />
comunità regionali si è dotata di<br />
leggi disciplinanti la materia; strumenti<br />
che non si limitano solo ad una regolamentazione<br />
tecnica della Polizia, ma
che apertamente sfociano nell’impegno<br />
a tutelare la sicurezza dei cittadini,<br />
quale valore primario e trasversale.<br />
I PIANI SICUREZZA<br />
DEI COMUNI<br />
MEDIO PICCOLI:<br />
ALCUNI PUNTI CRITICI<br />
Dando attuazione alle previsioni legislative<br />
regionali, sono oramai centinaia<br />
le realtà comunali italiane impegnate,<br />
in prima persona e con differenti<br />
strumenti, nella tutela della sicurezza<br />
delle rispettive comunità di riferimento.<br />
Difatti, nell’ultimo decennio, le Amministrazioni<br />
Comunali hanno approvato<br />
piani di sicurezza singoli o integrati,<br />
hanno sottoscritto protocolli d’intesa<br />
e contratti di sicurezza con le<br />
Prefetture, hanno avuto accesso agli<br />
appositi fondi regionali, hanno istituito<br />
nuovi servizi di presidio del territorio,<br />
hanno creato comitati comunali di<br />
sicurezza (aperti anche alla partecipazione<br />
di associazioni e di gruppi<br />
esponenziali di cittadini), hanno organizzato<br />
convegni, hanno pubblicizzato<br />
le loro azioni.<br />
In questa congerie, spesso disorganica,<br />
quasi sempre autoreferente, i<br />
<strong>Comuni</strong> medio piccoli sono quelli<br />
maggiormente esposti ai rischi dell’insuccesso,<br />
causa la loro impreparazione<br />
(culturale prima che metodologica)<br />
ad affrontare tematiche particolarmente<br />
delicate quali quelle relative<br />
alla sicurezza collettiva.<br />
L’esperienza fin qui maturata, ci consente<br />
di mettere in evidenza alcune<br />
criticità che, se esasperate o non adeguatamente<br />
governate, rischiano di determinare<br />
il naufragio di un’esperienza<br />
che rimane, tutto sommato, valida<br />
e stimolante.<br />
ECCESSIVA<br />
“POLITICIZZAZIONE”<br />
DELL’INIZIATIVA<br />
La sicurezza resa a livello locale diviene<br />
immancabilmente uno dei pun-<br />
ti fondamentali di qualsiasi programma<br />
elettorale del candidato sindaco,<br />
in grado di convogliare notevoli consensi.<br />
Benché l’input non possa prescindere<br />
da una componente di stimolo politico,<br />
la realizzazione e la gestione delle<br />
iniziative deve trovare, quale attore<br />
principale, la struttura tecnica; ciò<br />
nell’ambito della oramai assestata separazione<br />
delle competenze, per cui<br />
compito dell’organo di governo comunale<br />
(consiglio, giunta, sindaco)<br />
sarà solo quello di fornire le direttive,<br />
le finalità dell’azione, non anche quello<br />
di incidere direttamente (e, quindi,<br />
indebitamente) nelle fasi gestionali.<br />
L’eccessiva commistione tra politica<br />
ed amministrazione attiva o, ancor<br />
peggio, la direzione del progetto riservata<br />
alle strutture del governo locale,<br />
denotano una immediata debolezza<br />
dell’iniziativa, determinata dal<br />
fatto che si vuol giocare la carta sicurezza<br />
per avvalorare la bontà del mandato<br />
politico, quasi a costituirsi una<br />
specie di dote da spendere poi nella<br />
prossima campagna elettorale.<br />
ECCESSO<br />
DI IMPROVVISAZIONE<br />
È una conseguenza ricorrente nei casi<br />
in cui le iniziative sulla sicurezza siano<br />
calate dall’alto (dal sindaco, dalla<br />
giunta comunale), senza essere partecipate<br />
a livello culturale da parte di chi<br />
dovrebbe, in concreto, realizzarle.<br />
L’impiego in termini di sicurezza urbana,<br />
soprattutto per la Polizia locale,<br />
deve essere supportato da una impostazione<br />
culturale per certi aspetti nuova,<br />
in grado cioè di sollevare la figura<br />
dell’agente da quelli che sono i suoi<br />
compiti per così dire “tradizionali”.<br />
ECCESSO DI EMULAZIONE<br />
L’esperienza maturata in ambiti di intervento<br />
di diverse dimensioni (sia dal<br />
punto di vista degli insediamenti sociali,<br />
sia da quello delle problematiche<br />
connesse), deve essere letta come<br />
fonte di idee e proposte, mai come<br />
esempio da riproporre pedissequamente.<br />
Il rischio è evidente: ciò che va bene<br />
39<br />
per una realtà metropolitana, difficilmente<br />
potrà essere efficace in un piccolo<br />
Comune. Quindi, anche gli esempi<br />
sussunti da esperienze diverse, debbono<br />
essere filtrati ed adattati al contesto<br />
sociale, economico, culturale nel<br />
quale si pongono.<br />
DISORGANICITÀ<br />
Un progetto sicurezza deve avere una<br />
causa ed un fine. La metodologia del<br />
progetto muove dall’analisi della causa<br />
e si struttura attraverso una serie di<br />
momenti adeguati al conseguimento<br />
del risultato (fine); momenti che debbono<br />
essere monitorati di continuo, se<br />
non altro per meglio definirli ed adeguarli<br />
allo scopo che si vuole raggiungere.<br />
Se il progetto non segue questa struttura<br />
minima, mancherà di organicità<br />
e risulterà completamente avulso da<br />
una politica di sicurezza efficiente ed<br />
efficace.<br />
SOVRAVALUTAZIONE<br />
DELLE RISORSE<br />
DISPONIBILI<br />
Il progetto sicurezza deve essere articolato<br />
in base alla consistenza delle<br />
forze in campo ed in base alle risorse<br />
economiche disponibili.<br />
Se non si tiene conto di queste variabili,<br />
si rischia di strutturare interventi<br />
sovradimensionati e, come tali, difficili<br />
(impossibili) da perseguire.<br />
Meglio accontentarsi di meno che cimentarsi<br />
in un’avventura troppo ambiziosa<br />
e dall’esito incerto.<br />
COMMISTIONE<br />
TRA SICUREZZA URBANA<br />
ED ORDINE PUBBLICO<br />
Lo stato della legislazione attuale è tale<br />
da separare nettamente i due concetti<br />
e le rispettive attribuzioni.<br />
Nel proseguo della presente trattazione<br />
avremo modo di definire il concetto<br />
di sicurezza in chiave preventiva,<br />
la sola che compete agli enti locali.<br />
La tutela dell’ordine pubblico e la<br />
pubblica sicurezza sono cose diverse,<br />
che appartengono ad altri ambiti isti-
tuzionali (le forze di Polizia statali) e<br />
che non sopportano alcuna ingerenza<br />
da parte degli organi decentrati (in tal<br />
senso si è univocamente espressa la<br />
stessa Corte Costituzionale). Non aver<br />
chiari, in partenza, questi elementari<br />
concetti, porta a voler ricoprire un<br />
ruolo innaturale per la Polizia locale<br />
e per l’amministrazione comunale,<br />
con risultati che è intuitivo avvertire<br />
come disastrosi.<br />
Quelli sopra evidenziati sono solo alcuni<br />
dei “difetti” che maggiormente<br />
caratterizzano i progetti sicurezza dei<br />
<strong>Comuni</strong> medio piccoli. Dato che, come<br />
anticipato, le politiche di sicurezza<br />
rappresentano una recente, stimolante<br />
e fondamentale sfida per gli amministratori<br />
ed i tecnici locali, il loro<br />
insuccesso graverebbe non solo sull’immagine<br />
politico - elettorale dell’amministratore,<br />
ma anche sulla considerazione<br />
della Polizia locale come<br />
forza pubblica chiamata a cimentarsi<br />
in ambiti diversi.<br />
Movendo dalle suddette considerazioni,<br />
cercheremo (senza la pretesa di<br />
essere esaustivi) di proporre ed analizzare<br />
alcune fasi di un ipotetico progetto<br />
sicurezza che un Comune piccolo<br />
o medio vorrà adottare e vedremo<br />
come, nell’ambito di siffatta operazione,<br />
la Polizia locale possa costituire<br />
l’attore principale.<br />
Dedicheremo quindi la nostra attenzione<br />
alle seguenti fasi nelle quali si<br />
struttura il progetto:<br />
1. fase di monitoraggio (o fase della<br />
conoscenza);<br />
2. fase di prevenzione (o fase progettuale);<br />
3. fase di valutazione (o fase dei risultati).<br />
FASE DI MONITORAGGIO<br />
(CONOSCENZA)<br />
L’ISTAT fornisce periodicamente, mediante<br />
una serie di rapporti, i dati “ufficiali”<br />
della criminalità in Italia.<br />
Altri strumenti statistici, più prossimi<br />
all’ambito locale, sono predisposti e<br />
diffusi dalle Regioni.<br />
Nonostante l’ampia letteratura, difficilmente<br />
potranno essere reperiti i dati<br />
inerenti una singola realtà, soprattutto<br />
quando questa sia di limitate dimensioni.<br />
È doveroso inoltre considerare quello<br />
che viene definito “numero oscuro”,<br />
cioè quei reati che, per le più svariate<br />
ragioni, non vengono denunciati alle<br />
forze di Polizia e che, di conseguenza,<br />
sfuggono alle valutazioni statistiche.<br />
La disposizione e l’analisi del dato<br />
costituiscono, tuttavia, la base necessaria<br />
sulla quale edificare la progettualità<br />
in termini di sicurezza.<br />
Movendo dall’assunto che con il termine<br />
“sicurezza urbana” si intende anche<br />
il grado di percezione dei cittadini<br />
nei confronti degli episodi negativi<br />
che connotano una determinata area,<br />
la conoscenza dei fattori che generano<br />
la paura ed il disagio è, al tempo<br />
stesso, fonte e risultato.<br />
In questa prospettiva assumono fondamentale<br />
importanza le ricerche sulla<br />
vittimizzazione, che hanno trovato<br />
credibilità (scientifica) solo in tempi<br />
recenti, a partire dagli anni Sessanta.<br />
Nella tradizione classica del diritto<br />
penale e della criminologia, la vittima<br />
non godeva di particolare attenzione,<br />
per il fatto che il reato veniva letto come<br />
un evento contro l’ordine sociale<br />
(e non contro la persona), da ripristinare<br />
agendo sull’autore (teorie della<br />
pena, della funzione rieducativa e di<br />
riabilitazione, etc.).<br />
Negli anni Sessanta, appunto, scuole<br />
sociologiche americane, inglesi e<br />
scandinave iniziano a mutare prospettiva,<br />
iniziando ad occuparsi più<br />
del soggetto passivo del reato che di<br />
quello attivo. Abbiamo quindi le prime<br />
indagini di vittimizzazione che, secondo<br />
una nota definizione sociologica,<br />
si definiscono come “quelle condotte<br />
intervistando un campione rappresentativo<br />
di persone di una determinata<br />
popolazione, per individuare<br />
quali di queste siano state vittime, in<br />
un determinato periodo di tempo, di<br />
alcuni reati, per sapere se hanno sporto<br />
denuncia, per raccogliere informazioni<br />
sulla dinamica del fatto e sulle<br />
conseguenze che esso ha avuto” (M.<br />
Barbagli).<br />
Rispetto alle tradizionali ricerche condotte<br />
per reati, le indagini di vittimiz-<br />
40<br />
zazione presentano molti vantaggi, in<br />
quanto permettono l’acquisizione di<br />
informazioni relative:<br />
- all’ammontare del numero oscuro<br />
dei reati;<br />
- alle caratteristiche delle vittime;<br />
- al rischio di vittimizzazione rispetto<br />
ai diversi reati, ai luoghi, ai tempi ed<br />
alle caratteristiche socio - economiche<br />
delle vittime potenziali;<br />
- all’atteggiamento delle vittime rispetto<br />
alla delinquenza;<br />
- alle motivazioni che spingono o no<br />
a denunciare i reati subiti;<br />
- al grado di fiducia delle vittime nei -<br />
confronti delle forze dell’ordine e del<br />
sistema di giustizia penale.<br />
Tuttavia, al fine che ci siamo prefissi,<br />
l’indagine di vittimizzazione può presentare<br />
seri limiti, in quanto:<br />
- nelle realtà medio piccole l’incidenza<br />
del numero dei reati è sempre piuttosto<br />
contenuta ed essi vengono denunciati<br />
per la quasi totalità, arrivando<br />
così all’annullamento del numero<br />
oscuro;<br />
- nelle realtà medio piccole i reati tentati<br />
o consumati sono “mono tipologici”<br />
nel senso che quelli più diffusi sono<br />
della stessa fattispecie (furti, spaccio,<br />
truffe, danneggiamenti) e quelli<br />
che non appartengono alla fattispecie<br />
sono vissuti come spiacevoli eccezioni,<br />
ma non in grado di provocare allarme<br />
sociale;<br />
- nelle realtà medio piccole la percezione<br />
di insicurezza è data piuttosto<br />
da una serie di episodi non sempre a<br />
rilevanza penale, se non addirittura leciti<br />
(es. insediamenti di stranieri nella<br />
popolazione e nell’economia, incuria<br />
del patrimonio pubblico, eccessiva burocratizzazione,<br />
traffico congestionato,<br />
etc.).<br />
Data per acquisita la conoscenza delle<br />
statistiche ufficiali ed ufficiose (quelle<br />
in possesso delle Forze dell’ordine<br />
ma non ancora elaborate) e nella consapevolezza<br />
che il cittadino del pic-
colo Comune chiederà protezione più<br />
da episodi che da reati, occorre “tastare<br />
il polso” del sentire sociale per<br />
comprendere contro che cosa e con<br />
quali strumenti si dovrà agire.<br />
Riprendendo lo spunto dalle indagini<br />
di vittimizzazione (che possono essere<br />
seriamente condotte solo da esperti)<br />
possiamo importare la stessa tecnica<br />
per realizzare una indagine meno<br />
pretenziosa ma più efficace: quella<br />
della percezione dell’insicurezza.<br />
Si dovrà cioè predisporre un questionario,<br />
calibrato sulla realtà specifica<br />
(che la Polizia locale, per definizione,<br />
ben conosce) e dal quale dovrà emergere<br />
un unico e fondamentale dato:<br />
cos’è che più spaventa i cittadini, che<br />
più attenta alla loro qualità di vita.<br />
Si dovranno anche suggerire alcuni rimedi<br />
(oggettivamente apprezzabili),<br />
quali, ad esempio, una maggiore presenza<br />
di Polizia sul territorio, un sistema<br />
di videosorveglianza, un numero<br />
telefonico per le emergenze, riunioni<br />
periodiche con i cittadini, una<br />
maggiore cura degli arredi urbani, il<br />
rafforzamento della prevenzione sociale,<br />
etc.<br />
I risultati che ne possono scaturire sono<br />
sorprendentemente utili.<br />
Ad esempio, in Toscana (ma in analogia<br />
con il dato nazionale), i problemi<br />
legati al traffico veicolare sono avvertiti<br />
con maggior disagio rispetto a<br />
quelli legati al rischio criminalità. Il<br />
sondaggio sulla percezione dell’insicurezza<br />
può essere svolto dalla stessa<br />
Polizia locale la quale, rispetto ad<br />
agenzie private, vanta un approccio<br />
diverso nei confronti del cittadino, nel<br />
senso che l’agente sarà più predisposto<br />
ad illustrare la finalità delle domande<br />
ed a suscitare la collaborazione<br />
degli interpellati; il contraltare è<br />
rappresentato dal fatto che, se si pongono<br />
specifici quesiti sull’operato delle<br />
forze di Polizia presenti nel territorio,<br />
difficilmente si avranno risposte<br />
obiettive.<br />
I dati raccolti debbono essere letti ed<br />
aggregati in maniera tale da disegnare<br />
la finalità del progetto; l’ente locale<br />
deve essere consapevole del target,<br />
del bersaglio da centrare con la propria<br />
successiva azione.<br />
I dati medesimi debbono essere adeguatamente<br />
diffusi (e qui la necessaria<br />
collaborazione con l’ufficio stampa<br />
del Comune) tra la popolazione residente,<br />
in maniera tale da suscitare un<br />
dibattito e da prendere immediata<br />
confidenza con le procedure di relazione<br />
esterna che dovranno porsi lungo<br />
tutto il corso del progetto; la diffusione<br />
dell’azione amministrativa all’esterno,<br />
il dialogo con gli attori sociali,<br />
la critica costruttiva, servono a<br />
monitorare la bontà del progetto e ad<br />
imprimere quelle “correzioni di rotta”<br />
che si dovessero rendere necessarie in<br />
corso d’opera.<br />
FASE DI PREVENZIONE<br />
(PROGETTUALE)<br />
Secondo una definizione divenuta<br />
oramai classica, la prevenzione comprende<br />
“l’insieme delle strategie orientate<br />
a diminuire la frequenza di certi<br />
comportamenti, siano essi considerati<br />
punibili o meno dalla legge penale,<br />
attraverso l’uso di strumenti diversi da<br />
quelli penali” (P. Robert).<br />
Anche qui è necessario affrancarsi dalla<br />
definizione classica che vuole la<br />
prevenzione solo come prevenzione<br />
nei confronti del reato, per comprendere<br />
tutta una serie di interventi ed<br />
azioni diretti non (solo) a ridurre il numero<br />
degli episodi criminali, ma anche<br />
a modificare la percezione di insicurezza<br />
dei cittadini. In questo contesto,<br />
si è parlato di “nuova prevenzione”<br />
mettendone in evidenza i connotati<br />
salienti:<br />
- utilizzo di strumenti diversi da quelli<br />
del sistema penale;<br />
- l’obiettivo non è solo quello di contrastare<br />
la criminalità ma anche, e soprattutto,<br />
quello di produrre sicurezza;<br />
- non si interviene solo sui criminali,<br />
ma anche sulle vittime (reali o potenziali)<br />
degli atti criminali e, al limite,<br />
sulla comunità intera;<br />
- non si cercano più modelli di intervento<br />
generali, ma soluzioni specifiche<br />
riferite ai contesti locali;<br />
- i soggetti responsabili di interventi<br />
preventivi non solo più solo organi<br />
dello Stato (Forze di Polizia, magistratura,<br />
prefetture) ma anche attori istitu-<br />
41<br />
zionali e sociali locali: enti locali,<br />
scuole, servizi sociali, associazioni,<br />
singoli cittadini;<br />
- gli interventi presuppongono forme<br />
di collaborazione tra tutti i soggetti<br />
coinvolti, siano essi pubblici che privati.<br />
Il ristretto ambito di riferimento che ci<br />
siamo proposti (entità territoriali di limitate<br />
dimensioni), ci induce a soffermarci<br />
sulla validità di un intervento<br />
progettuale ispirato a quella categoria<br />
che i sociologi definiscono “prevenzione<br />
situazionale”.<br />
Questa modalità di intervento poggia<br />
sul presupposto che gli eventi criminali<br />
e gli atti di inciviltà, possono essere<br />
efficacemente contrastati intervenendo<br />
sui fattori che favoriscono le<br />
opportunità di compiere l’atto illecito<br />
(abitudini delle potenziali vittime, caratteristiche<br />
dell’ambiente, mancanza<br />
di controllo del territorio).<br />
Gli interventi di prevenzione situazionale<br />
non si prefiggono di rimuovere le<br />
cause sociali o individuali della criminalità<br />
e della devianza, bensì di rendere<br />
oggettivamente più difficile e rischioso<br />
il compimento di azioni criminali<br />
sia di comportamenti devianti<br />
rispetto alle regole di corretta convivenza<br />
civile.<br />
Nell’ambito della prevenzione situazionale,<br />
è dato riscontrare una molteplicità<br />
di interventi rivolti al contrasto<br />
di forme di illegalità:<br />
1. tecniche cha aumentano la difficoltà<br />
(barriere fisiche, controllo degli<br />
accessi negli edifici, misure di dissuasione);<br />
2. tecniche che aumentano il rischio<br />
(sorveglianza formale, informale, tecnologica);<br />
3. tecniche che riducono i vantaggi<br />
dell’attività criminale (identificazione<br />
dei beni).<br />
Individuato il fine che ci si pone, si<br />
passa quindi alla progettazione vera e<br />
propria del progetto sicurezza ed alla<br />
sua conseguente gestione.<br />
Il ruolo della Polizia locale, nella fase<br />
propositiva, sarà quello di suggerire
metodi e strumenti, magari previamente<br />
concordati con le altre forze di<br />
Polizia statali operanti sul territorio di<br />
riferimento. Metodi e strumenti adatti<br />
alle situazioni che si vogliono prevenire,<br />
calibrati sulle necessità e sulle<br />
aspettative della comunità di riferimento,<br />
praticabili con le risorse (umane<br />
e finanziarie) a disposizione, sempre<br />
misurabili.<br />
Se, ad esempio, vogliamo mettere in<br />
sicurezza uno spazio pubblico (parco,<br />
giardino) dovremmo iniziare dal coinvolgimento<br />
dei servizi tecnici del Comune<br />
per il rafforzamento dell’illuminazione,<br />
per il collocamento e la manutenzione<br />
di elementi di arredo urbano,<br />
per la corretta tenuta del verde.<br />
Potremmo poi pensare di installare un<br />
sistema di videoriprese o ancora di<br />
sottoscrivere una apposita convenzione<br />
con una associazione di volontariato<br />
per la sorveglianza dell’area.<br />
Potremmo organizzare dei turni concordati<br />
tra Polizia locale, carabinieri,<br />
Polizia di Stato per sorvegliare lo spazio<br />
oppure potremmo destinarvi, ad<br />
orari determinati o indeterminati, il vigile<br />
di quartiere. Potremmo concorrere<br />
all’organizzazione (in collaborazione<br />
con i competenti assessorati) di<br />
momenti di gioco e di spettacolo da<br />
ospitare nell’area. Le soluzioni praticabili<br />
sono le più variegate, ma la loro<br />
percorribilità non deve prescindere<br />
dall’approccio tecnico al problema.<br />
È nella fase della prevenzione che la<br />
Polizia locale afferma e gestisce il proprio<br />
ruolo nell’ambito del progetto sicurezza.<br />
Si da per presupposto che la “sfera politica”<br />
dell’ente locale rimanga estranea<br />
a questa fase, nel senso che il responsabile<br />
del progetto deve essere<br />
individuato nel Comandante la Polizia<br />
locale, il quale collaborerà con tutti<br />
gli altri soggetti partecipanti cui dicevamo<br />
prima. Naturalmente il referente<br />
tecnico del progetto dovrà periodicamente<br />
riferire, quanto meno alla<br />
giunta comunale, circa l’andamento<br />
del progetto ed i risultati di volta in<br />
volta conseguiti; ma ciò non significa<br />
che egli non debba agire in autonomia<br />
decisionale (in tal senso, anche la gestione<br />
diretta del P.E.G. è di estrema<br />
rilevanza).<br />
La realtà, in termini di percezione del-<br />
l’insicurezza, dei <strong>Comuni</strong> medio piccoli<br />
è strutturata in maniera tale da<br />
produrre, in modo esponenziale, le<br />
stesse richieste, prima tra tutti una<br />
maggiore sorveglianza del territorio.<br />
Abbiamo anticipato come la prevenzione<br />
situazionale preveda, al riguardo,<br />
più opportunità.<br />
Rientrano nella “sorveglianza formale”<br />
tutte le misure finalizzate a potenziare<br />
il controllo fisico del territorio,<br />
attraverso l’utilizzo della Polizia locale<br />
e di strumenti tecnici:<br />
- riorganizzare la distribuzione della<br />
Polizia locale nello spazio e nel tempo:<br />
pattugliamenti notturni, stazioni<br />
mobili, concentrazione in aree a rischio;<br />
- realizzare nuove forme di cooperazione<br />
tra Polizia locale e altre forze<br />
dell’ordine: sorveglianza congiunta,<br />
pattugliamenti misti, turnazione alternata;<br />
- migliorare la preparazione professionale<br />
della Polizia locale su temi e<br />
tecniche della prevenzione: formazione<br />
per interventi specifici, formazione<br />
dei vigili di quartiere.<br />
Con il concetto di “sorveglianza informale”<br />
si intendono tutte le misure volte<br />
a potenziare la sorveglianza del territorio<br />
attraverso il coinvolgimento e<br />
l’attivazione di soggetti che non fanno<br />
parte delle forze di Polizia: i nonni<br />
- vigile all’uscita delle scuole, le<br />
guardie ecologiche volontarie nei boschi<br />
o lungo i fiumi, sono solo degli<br />
esempi di collaborazione dalla quale<br />
la Polizia locale non può prescindere,<br />
soprattutto se si muove dall’assunto<br />
(preventivo, in senso tecnico) che con<br />
una adeguata formazione, anche questi<br />
soggetti sono in grado di “leggere”<br />
il territorio.<br />
Altri interventi di sorveglianza informale<br />
sono quelli che stimolano la segnalazione<br />
di reati o illeciti da parte<br />
dei cittadini, attraverso campagne<br />
informative, numeri verdi, attivazione<br />
di polizze contro i danni conseguenti<br />
a furti. Nella “prevenzione tecnologica”<br />
non si debbono inserire solo gli<br />
strumenti classici di controllo elettronico<br />
del territorio (prima tra tutti, la vi-<br />
42<br />
deosorveglianza), ma anche tutti quegli<br />
interventi di pianificazione urbana<br />
in grado di produrre ambienti sicuri.<br />
Diventa fondamentale, ad esempio<br />
nella progettazione di una nuova lottizzazione<br />
abitativa, il parere preventivo<br />
dell’organo tecnico del progetto<br />
sicurezza, che sia in grado di operare<br />
quella che, in alcune realtà italiane, è<br />
stata indicata come “valutazione impatto<br />
sicurezza”. Rendere un parere<br />
per un ambiente sicuro significa pronunciarsi<br />
sugli assetti della circolazione<br />
stradale, sulla sufficienza dei<br />
parcheggi (compresi quelli riservati ai<br />
disabili), sulla presenza di marciapiedi<br />
e di attraversamenti pedonali assistiti,<br />
sull’adeguatezza dell’illuminazione<br />
pubblica, sulla collocazione degli<br />
arredi urbani (panchine, fioriere,<br />
giochi per bambini).<br />
Oltre a ciò - ed è qui la dimensione<br />
meno praticata - il parere dovrebbe essere<br />
richiesto anche quando si tratta<br />
di rilasciare licenze ad autorizzazioni<br />
per l’apertura di pubblici esercizi o locali<br />
di pubblico spettacolo; se si consente<br />
l’apertura di un pub al piano terra<br />
di un condominio, si concorrerà a<br />
creare una situazione di disagio sociale<br />
che dovremmo gestire con metodi<br />
e disposizioni non sempre efficaci<br />
e, comunque, tardivi.<br />
FASE DI VALUTAZIONE<br />
(RISULTATI)<br />
È, fra quelle analizzate, la più problematica,<br />
dato che la valutazione di un<br />
intervento di politica di sicurezza può<br />
essere metodologicamente molto complessa.<br />
Negli interventi di prevenzione<br />
situazionale, ad esempio, il rischio<br />
è rappresentato dal displacement, cioè<br />
dallo spostamento degli episodi da un<br />
luogo ad un altro o da un tempo ad un<br />
tempo diverso. Tuttavia, pur senza nutrire<br />
ambizioni di eccessiva scientificità,<br />
un sondaggio di ritorno, una sorta<br />
di customer satisfation è sempre<br />
praticabile.<br />
Si tratterà, in buona sostanza, di provvedere<br />
a verificare nuovamente (ad<br />
una congrua distanza di tempo, mai<br />
inferiore al biennio) la sensibilità dei<br />
cittadini nei confronti della sicurezza,<br />
a misurare di nuovo la loro percezione<br />
nei confronti dei fenomeni di par-
tenza sui quali abbiamo incentrato la<br />
nostra politica di sicurezza. Non occorre<br />
nutrire un eccessivo timore nei<br />
confronti dei risultati del sondaggio,<br />
che rimangono termometro attendibile<br />
della bontà dell’azione intrapresa e<br />
dei risultati conseguiti; è preferibile<br />
una revisione progettuale piuttosto che<br />
una sterile autoconvinzione di aver<br />
fatto comunque bene, magari per il solo<br />
fatto di essersi impegnati con investimenti<br />
in termini finanziari e di personale.<br />
Si è cercato di dar conto, fin<br />
qui, che progettare la sicurezza significa<br />
fare i conti con una impostazione<br />
culturale e scientifica del fenomeno;<br />
ciò vale per qualsiasi dimensione cittadina<br />
e per qualsiasi problema che in<br />
essa trovi alimento e sede.<br />
Anche la valutazione dei risultati deve<br />
passare per questo filtro, prima di<br />
essere diffusa e dibattuta all’esterno.<br />
IL RUOLO<br />
(E LE PROSPETTIVE)<br />
DELLA POLIZIA LOCALE<br />
IN MATERIA DI SICUREZZA<br />
A consuntivo delle considerazioni fin<br />
d’ora espresse, possiamo provare a<br />
tracciare un profilo della Polizia locale<br />
impegnata nel campo della sicurezza<br />
urbana. Risulta evidente come<br />
non si scopra nulla di nuovo e come<br />
non ci sia bisogno di inventarsi nulla<br />
di ulteriore rispetto a ciò che appartiene<br />
al nostro d.n.a. professionale.<br />
Quando i Corpi o i Servizi di Polizia<br />
locale istituiscono figure quali il vigile<br />
di quartiere, riaffermano una funzione<br />
di prossimità al cittadino che il<br />
vigile urbano ha da sempre posseduto<br />
e che lo ha contraddistinto dalle altre<br />
forze presenti ed operanti sul territorio.<br />
Si tratta, piuttosto, di rinnovare<br />
l’impostazione culturale degli agenti,<br />
avvicinandoli a tematiche che venivano<br />
magari risolte con la sola esperienza<br />
o con la buona volontà dei singoli,<br />
ma senza una minima implicazione<br />
scientifica e sistematica.<br />
È proprio sul sistema che si gioca il<br />
ruolo (e la credibilità) della Polizia locale.<br />
Le nostre strutture sono dislocate<br />
nella quasi totalità dei <strong>Comuni</strong> italiani,<br />
siamo la Polizia più presente e<br />
più prossima al cittadino ed ai suoi bi-<br />
sogni. Questi elementi di forza rischiano,<br />
però, di essere vanificati da<br />
organici estremamente ridotti, da limiti<br />
derivati da risorse di bilancio, dalla indisponibilità<br />
di mezzi ed attrezzature<br />
adeguate.<br />
Diviene quindi estremamente importante<br />
unire le forze e le potenzialità,<br />
attraverso quegli strumenti (associazioni,<br />
consorzi) che le varie legislazioni<br />
regionali consentono ed auspicano.<br />
Ciò è tanto più vero quando si<br />
tratta di impiantare e gestire un progetto<br />
sicurezza che può interessare più<br />
<strong>Comuni</strong>; è questa l’occasione per avviare<br />
una gestione associata del progetto,<br />
magari iniziando a comporre<br />
pattuglie miste di controllo territoriale<br />
che operino oltre l’orario di servizio<br />
canonico.<br />
L’impatto che questa operazione potrebbe<br />
avere sulla cittadinanza è direttamente<br />
proporzionale all’aumento del<br />
senso di sicurezza percepito.<br />
È stato giustamente osservato come<br />
“occorre mettere da parte l’attaccamento<br />
ai campanili e creare strutture<br />
che abbiano dimensioni ottimali capaci<br />
di fornire un minimo di servizio<br />
alle comunità e, nel contempo, di garantire<br />
il contenimento dei costi di funzionamento.<br />
In questo senso hanno,<br />
ancora una volta, un ruolo determinante<br />
le Regioni, che possono fornire<br />
il sostegno normativo, economico e logistico<br />
idoneo a far germogliare e crescere<br />
realtà di dimensioni più ampie e,<br />
nel contempo, a controllare che queste<br />
non diano vita ad aggregazioni poco<br />
strutturate e di facciata, ma che costituiscano<br />
realtà davvero funzionanti<br />
o che, comunque, si sviluppino per effetto<br />
di un impegno concreto delle amministrazioni”<br />
(G.L. Albertazzi).<br />
Sono quindi tre i cardini su cui impostare<br />
il futuro della Polizia locale in<br />
materia di sicurezza urbana:<br />
- formazione culturale<br />
- unione delle forze<br />
- logica di sistema<br />
Dalla presenza e dalla coscienza di<br />
questi fattori, dipende molto del successo<br />
delle azioni intraprese in materia<br />
di sicurezza; l’esperienza delle<br />
realtà territoriali medio piccole è, in<br />
questo senso, un ottimo insegnamento<br />
ed un motivo di seria riflessione.<br />
43<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
• G. Amato<br />
Si avvicina la nascita<br />
del poliziotto di quartiere.<br />
in “Guida al Diritto” - n. 16/2001<br />
• M. Barbagli<br />
La sicurezza dei cittadini.<br />
Roma, 1998<br />
• C. Braccesi - R. Selmini<br />
Sicurezza urbana e ruolo<br />
della Polizia locale.<br />
Rimini, 2005<br />
• Forum Italiano<br />
per la Sicurezza Urbana<br />
Dieci anni di delittuosità<br />
e percezione della sicurezza<br />
nelle regioni italiane<br />
(1991-2001)<br />
Imola, 2003<br />
• Provincia di Torino<br />
Progettare la sicurezza.<br />
Torino, 2003<br />
• Rapporto sullo stato<br />
della sicurezza in Italia<br />
(Ministero degli Interni)<br />
Roma, 2001<br />
• Regione Toscana<br />
5^ Relazione generale<br />
sullo stato della sicurezza<br />
in Toscana.<br />
Firenze, 2006<br />
• P. Robert<br />
Les chercheurs face aux<br />
politiques de prévention.<br />
Parigi, 1991
ANTONIO LOTITO<br />
Comandante della Polizia locale<br />
di Varese<br />
IL PATTO LOCALE QUALE STRUMENTO DI TUTELA<br />
DELLA SICUREZZA URBANA<br />
È innegabile come la sicurezza sia<br />
una delle problematiche più scottanti<br />
dei nostri tempi; ad essa particolare<br />
attenzione viene riservata dai<br />
diversi livelli istituzionali a partire<br />
dalla Stato Centrale sino alle<br />
Regioni, alle Province, ai <strong>Comuni</strong>.<br />
Il vivo interesse per tale importante<br />
tematica ha portato, il 25 ottobre<br />
2006, anche alla stipulazione di un<br />
“Accordo di programma sulla sicurezza<br />
integrata” tra il Ministro<br />
dell’Interno ed il Presidente della<br />
Regione Lombardia.<br />
E proprio la Regione in cui io vivo<br />
ed opero ha da tempo posto in primo<br />
piano la sicurezza dei propri cittadini<br />
attraverso l’Istituto del “Patto<br />
di sicurezza locale”. Esso, infatti, è<br />
precisamente previsto dall’art. 32<br />
della legge regionale n. 4/2003 che<br />
lo definisce come lo strumento attraverso<br />
il quale “si realizza l’integrazione<br />
tra le politiche e le azioni”<br />
al fine di migliorare le condizioni di<br />
sicurezza del territorio di riferimento.<br />
Viene promosso dai Sindaci dei<br />
<strong>Comuni</strong> interessati e tende a favorire<br />
il coinvolgimento anche degli organi<br />
decentrati dello Stato, di altri<br />
enti, di privati nonché delle associazioni<br />
di volontariato presenti sul<br />
territorio ove si dà concreta attuazione<br />
all’istituto in parola. In sintesi,<br />
ed in generale, attraverso il “Patto<br />
locale” si perviene quindi a due<br />
obiettivi:<br />
1) il miglioramento delle condizioni<br />
della sicurezza urbana;<br />
2) la condivisione ed il coinvolgimento<br />
di soggetti pubblici e privati,<br />
così attuando importanti sinergie tra<br />
<strong>Comuni</strong>, organi periferici dello<br />
Stato, associazioni di volontariato,<br />
altri enti, privati.<br />
Più in dettaglio ecco invece gli<br />
obiettivi specifici, peraltro così formalizzati<br />
dalla stessa Regione<br />
Lombardia:<br />
1. prevenzione, controllo e repressione<br />
dei comportamenti deviati o<br />
illeciti;<br />
2. individuazione e specificazione<br />
dell’ambito territoriale, della problematica<br />
e dell’intervento;<br />
3. individuazione e prevenzione di<br />
specifiche situazioni di disagio, degrado<br />
o potenziale pericolo per lo<br />
svolgimento di una civile convivenza;<br />
4. coordinamento e razionalizzazione<br />
delle azioni e delle risorse<br />
pubbliche e private impiegate;<br />
5. costruzione di una rete di controllo<br />
sociale informale;<br />
6. raccordo con i finanziamenti per<br />
la sicurezza urbana.<br />
Perché tutto ciò possa re<br />
alizzarsi, la Regione Lombardia ha<br />
provveduto ad individuare sia le<br />
modalità e sia le procedure necessarie<br />
alla sottoscrizione dei Patti in<br />
parola.<br />
La loro realizzazione richiede, comunque,<br />
un’attenta e preliminare<br />
analisi dei bisogni del territorio interessato,<br />
l’individuazione degli<br />
obiettivi che si intendono raggiungere,<br />
delle attività e degli interventi<br />
che si intendono realizzare e la<br />
loro pianificazione e tempistica; do-<br />
44<br />
vranno anche individuarsi i soggetti<br />
che saranno parte del Patto e le risorse<br />
umane e strumentali disponibili.<br />
Infine, mi preme anche sottolineare<br />
come i Patti locali siano stati<br />
riconosciuti dalla Regione stessa come<br />
progetti prioritari con la conseguente<br />
previsione di uno specifico<br />
Fondo di riserva dello stanziamento<br />
regionale pari al 10%, quantomeno<br />
per il biennio 2004/2005.<br />
Da alcuni anni anche l’Amministrazione<br />
Comunale Varesina è soggetto<br />
partecipante, grazie ai relativi Finanziamenti<br />
Regionali, ai Patti locali.<br />
A quello realizzato più recentemente<br />
hanno aderito anche altri<br />
soggetti tra i quali si citano, a puro<br />
titolo informativo ed al fine di meglio<br />
illustrare l’Istituto del Patto locale,<br />
la Società Gruppo Ferrovie<br />
Nord Milano esercizio S.p.A., le<br />
Società “Supermercati GS”, UPIM,<br />
Euronics, l’ASL della provincia di<br />
Varese, l’Assessorato Comunale ai<br />
Servizi Sociali nonché alcune<br />
Associazioni di volontariato quali<br />
gli Agenti in pensione della Polizia<br />
locale di Varese e delle Forze dell’ordine,<br />
i Rangers d’Italia e, ultimamente,<br />
anche i City Angels, peraltro<br />
già attivamente presenti da<br />
anni anche nei medesimi comparti<br />
del capoluogo di Regione con risultati<br />
lusinghieri.<br />
Tale esperienza ha consentito di<br />
mettere a fuoco la pregevolezza<br />
dell’Istituto de quo e la lungimiranza<br />
del Legislatore Regionale che lo<br />
ha previsto. Infatti, sebbene occorra<br />
osservare come alla luce dell’art.<br />
159, del decreto legislativo 31 marzo<br />
1998 n. 112, che definisce l’or-
dine pubblico come “il complesso<br />
dei beni giuridici fondamentali e degli<br />
interessi pubblici primari sui<br />
quali si regge l’ordinata e civile convivenza<br />
nella comunità nazionale<br />
nonché alla sicurezza delle istituzioni,<br />
dei cittadini e dei loro beni”<br />
e del successivo art. 160, per cui le<br />
“funzioni ed i compiti amministrativi<br />
relativi all’ordine pubblico e sicurezza<br />
pubblica di cui all’articolo<br />
1, c.3, lettera I) della legge 15 marzo<br />
1997 n. 59” restino di competenza<br />
statale, ciò non di meno proprio<br />
l’istituto in esame consente di<br />
felicemente coniugare l’esigenza del<br />
cittadino alla tutela del bene della<br />
sicurezza con il ruolo dell’ente a lui<br />
più vicino, il Comune appunto, che,<br />
anche alla luce del principio di sussidiarietà,<br />
può così aderire alla predetta<br />
istanza di sicurezza sia grazie<br />
alla propria Forza di Polizia locale<br />
- munita della qualifica di Polizia<br />
giudiziaria e ausiliaria di pubblica<br />
sicurezza - sia coinvolgendo, inoltre,<br />
altri soggetti pubblici e privati<br />
e, in tal modo, conseguire quattro<br />
importanti obiettivi:<br />
1. evitare confusioni istituzionali di<br />
ruoli e sconfinamenti di competenze<br />
restando, come sopra detto, la tutela<br />
dell’ordine pubblico in capo allo<br />
Stato e, in concreto, compito precipuo<br />
delle Forze dell’ordine;<br />
2. determinare, anche grazie al coinvolgimento<br />
dei predetti diversi<br />
soggetti, una maggiore e più ampia<br />
sensibilizzazione nei confronti del<br />
bene sicurezza;<br />
3. la possibilità per l’ente locale di<br />
ricevere anche contributi in termini<br />
di impegno personale (associazioni<br />
di volontariato) o finanziari (società<br />
imprenditoriali) da parte dei soggetti<br />
45<br />
privati partecipanti al Patto. In tal<br />
modo, infatti, essi divengono parte<br />
in causa in quanto contribuiscono<br />
al miglioramento del livello di sicurezza<br />
e così traggono, a loro volta,<br />
possibili benefici in termini di immagine;<br />
4. ridurre la marginalità sociale.<br />
Per quanto riguarda l’applicazione varesina<br />
del Patto locale - operante da<br />
oltre un anno e mezzo - occorre precisare<br />
come esso abbia riguardato non<br />
l’intero territorio comunale bensì alcune<br />
zone cittadine determinate, e critiche<br />
sotto il profilo sicurezza, quali le<br />
aree mercatali e le due stazioni ferroviarie.<br />
I risultati a cui si è pervenuti sono<br />
stati senz’altro estremamente positivi<br />
essendosi pressoché annullati i reati<br />
predatori quali, in particolare, scippi<br />
e borseggi che venivano perpetrati<br />
nelle aree zonali ricadenti nel campo<br />
di applicazione del Patto locale.<br />
E d i z i o n e L i b r a r i a<br />
Costo a copia €18,00<br />
(+ e 7,00 per spedizione postale)<br />
Le norme giuridiche aggiornate e commentate.<br />
Sentenze emesse dalla Cassazione<br />
ripartite per argomento.<br />
Pagamento a mezzo c/c postale<br />
n. 36443208<br />
indirizzato a EDIPOL Srl<br />
Una Pubblicazione Edipol Srl<br />
20132 Milano - Via Palmanova 67<br />
Tel. 02 26144111 (r.a.)<br />
Email: info@edipol.it
ROSA BERTUZZI<br />
Funzionario della Polizia provinciale<br />
di Piacenza<br />
I POTERI CONCESSI ALLA POLIZIA GIUDIZIARIA<br />
NEL CAMPO AMBIENTALE<br />
Le funzioni di Polizia giudiziaria, in<br />
genere, sono compiutamente indicate<br />
nell’art. 55 codice di procedura<br />
penale, ove viene precisato che<br />
la Polizia giudiziaria deve “prendere<br />
notizia dei reati, impedire che<br />
vengano portati a conseguenze ulteriori,<br />
ricercarne gli autori, compiere<br />
gli atti necessari per assicurare<br />
le fonti di prova e raccogliere<br />
quanto altro possa servire per l’applicazione<br />
della legge penale”.<br />
Tale attività di indagine viene svolta<br />
su delega dell’autorità giudiziaria<br />
ovvero per iniziativa propria degli<br />
ufficiali e agenti di Polizia giudiziaria,<br />
i quali svolgono le funzioni sopra<br />
precisate con le modalità indicate<br />
nel terzo comma dell’art. 55<br />
c.p.p. ed alle dipendenze e sotto la<br />
direzione dell’autorità giudiziaria.<br />
Nella medesima disposizione viene<br />
precisato che le funzioni di Polizia<br />
giudiziaria (1) vengono svolte dai Servizi<br />
di Polizia giudiziaria1 previsti<br />
dalla legge, dalle Sezioni di Polizia<br />
giudiziaria istituite presso la Procura<br />
della Repubblica e costituite mediante<br />
l’utilizzazione di personale<br />
dei servizi di Polizia giudiziaria di<br />
cui sopra e, infine, dagli “Ufficiali e<br />
dagli agenti di Polizia giudiziaria appartenenti<br />
agli altri organi cui la legge<br />
fa obbligo di compiere indagini a<br />
seguito di una notizia di reato”.<br />
Dopo aver accennato che la vigilanza<br />
ambientale può essere sicuramente<br />
svolta da tutti coloro che ri-<br />
vestono la qualifica di Polizia giudiziaria,<br />
si affrontano, ora, le principali<br />
leggi di tutela ambientale che<br />
prevedono la specifica attribuzione<br />
della qualifica di ufficiale o agente<br />
di P.G., seppur limitatamente alle<br />
specifiche competenze amministrative,<br />
tecniche, assegnate:<br />
• Agenti giurati per la sorveglianza<br />
in acque pubbliche e private ( R.D.<br />
8 ottobre 1931, n, 1064 T.U. leggi<br />
sulla pesca ).<br />
In questo caso i guardiapesca volontari,<br />
non pubblici dipendenti, rivestono<br />
la qualifica di P.G., sempre<br />
nel solo settore della vigilanza ittica,<br />
il quale si concretizza nel furto<br />
di pesce.<br />
• Personale sanitario o tecnico addetto<br />
alla vigilanza sulla produzione<br />
ed il commercio delle sostanze<br />
alimentari (art. 3 L. 283/62).<br />
• Ispettori sanitari, di cui all’art. 17,<br />
settimo comma, L. 441/63 (integrativa<br />
della disciplina base sugli alimenti).<br />
• Addetti ai dipartimenti di Prevenzione<br />
istituiti presso ciascuna A.S.L.<br />
ed aventi le funzioni già svolte dai<br />
Servizi delle Unità Sanitarie Locali<br />
in materia di antinfortunistica e di<br />
igiene del lavoro.<br />
Essi sono riferiti ai seguenti servizi:<br />
a) igiene e sanità pubblica;<br />
46<br />
b) prevenzione e sicurezza degli<br />
ambienti di lavoro;<br />
c) igiene degli alimenti;<br />
d) servizi veterinari.<br />
• Comandanti delle Unità di vigilanza<br />
sulle attività marittime ed<br />
economiche, appartenenti alla Marina<br />
Militare ai sensi della L. 979/81<br />
sulla difesa del mare.<br />
• Dipendenti ARPA e APAT: oggi,<br />
come in passato, mentre alcune<br />
normative attribuiscono espressamente<br />
agli addetti ai servizi di controllo<br />
la qualifica di ufficiali o agenti<br />
di P.g. - es. agli addetti alla Polizia<br />
Mineraria - , per altre il conferimento<br />
appare problematico quando<br />
non espressamente escluso.<br />
In merito ai superiori cui fare riferimento,<br />
in sede di indagini di<br />
Polizia, il Pubblico Ministero è il<br />
soggetto al quale , per legge, bisogna<br />
fare riferimento, avendo egli la<br />
diretta disponibilità della Polizia<br />
giudiziaria (art. 327 c.p.p.).<br />
Il Pubblico Ministero, dopo aver verificato<br />
la fondatezza degli elementi<br />
acquisiti a seguito dell’attività<br />
compiuta dalla Polizia giudiziaria,<br />
sia essa ad iniziativa o delegata direttamente<br />
da lui, valuterà se ri-<br />
(1) Da aggiungere anche coloro che rivestono i poteri<br />
di controllo, ex art. 16 L 689/81 e art. 129 D.lo 152/06
chiedere l’archiviazione del procedimento<br />
ovvero promuovere l’esercizio<br />
dell’azione penale, emettendo<br />
il Decreto di rinvio a giudizio.<br />
Affinché possa darsi inizio al procedimento<br />
penale, mediante avvio<br />
delle indagini preliminari, è necessaria<br />
l’acquisizione della notizia di<br />
reato. Secondo quanto stabilito dall’art.<br />
330 del c.p.p., tanto la Polizia<br />
giudiziaria quanto il Pubblico Ministero<br />
possono acquisire la notizia<br />
di reato di propria iniziativa ovvero<br />
riceverla quando viene presentata o<br />
trasmessa con le modalità indicate<br />
negli artt. 331 e seguenti del c.p.p.<br />
LE ANALISI DI CAMPIONI<br />
Talune violazioni presuppongono,<br />
per il loro accertamento, una analisi<br />
tecnica di laboratorio, come ad<br />
esempio l’accertamento di eventuali<br />
scarichi in acque pubbliche o private.<br />
È intervenuta, in materia amministrativa,<br />
la Legge 24 novembre<br />
1981, n. 689, la quale, ad ulteriore<br />
precisazione, oltre alle disposizioni<br />
in materia di redazione del verbale<br />
di violazione amministrativa, l’art.<br />
15 pone il cittadino nella condizione<br />
di chiedere la revisione delle<br />
analisi dei campioni prelevati dagli<br />
organi accertatori prima dell’irrogazione<br />
della sanzione o del compimento<br />
degli effettivi atti del procedimento.<br />
In materia penale, ovverosia<br />
nel caso in cui a seguito l’analisi<br />
del campione emerge una violazione<br />
avente carattere penale, è<br />
intervenuto l’art. 223 delle disposizioni<br />
di attuazione del c.p.p. (2)<br />
IL DIRITTO DI DIFESA<br />
CONSENTITO<br />
AL CITTADINO<br />
È stato fatto obbligo alle autorità<br />
procedenti di dare immediato avvi-<br />
so, anche oralmente, del giorno,<br />
dell’ora e del luogo ove le analisi<br />
verranno effettuate così che il potenziale<br />
trasgressore possa essere<br />
presente alle operazioni di analisi e<br />
poter richiedere tempestivamente,<br />
se lo vuole, personalmente o tramite<br />
persona di sua fiducia appositamente<br />
designata, una verifica sull’accertamento<br />
compiuto.<br />
Tale meccanismo incontra, però, dei<br />
limiti di applicazione nei casi in cui<br />
le analisi vengano ad avere ad oggetto<br />
un campione di sostanze la<br />
cui deperibilità è alta, e quindi impedisce<br />
una utile revisione delle<br />
analisi compiute. Si è così affermata<br />
l’esigenza di anticipare la tutela<br />
del soggetto sottoposto all’indagine,<br />
spostando l’esercizio della sua difesa<br />
al momento delle prime analisi,<br />
se queste non sono più ripetibili in<br />
un momento successivo.<br />
La Cassazione, con sentenza<br />
06.04.2004, n. 6769, intervenendo<br />
in merito, ha stabilito che nella procedura<br />
di irrogazione delle sanzioni<br />
amministrative, nel caso in cui il<br />
campione prelevato non consenta,<br />
per sua natura, la ripetizione delle<br />
analisi, l’unico sistema che consente<br />
il rispetto delle garanzie è quello<br />
stabilito dall’art. 223 delle disposizioni<br />
di attuazione del c.p.p., e cioè<br />
il laboratorio incaricato degli accertamenti<br />
analitici dovrà dare avviso<br />
dell’inizio delle operazioni alle persone<br />
interessate, affinché possano<br />
presenziare, eventualmente con l’assistenza<br />
di un consulente tecnico, all’esecuzione<br />
delle operazioni stesse.<br />
LA REVISIONE<br />
DELLE ANALISI<br />
L’istanza di revisione deve essere<br />
presentata dall’interessato per iscritto<br />
allo stesso organo che ha prelevato<br />
i campioni da analizzare.<br />
(2) Art. 223 disp. Att.ne C.P.P. “Qualora nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti<br />
si debbano esguire analisi di campioni per le quali non è prevista la revisione, a curo dell’organo procedente<br />
è dato, anche oralmente, avviso all’interessato del giorno, dell’ora e del luogo ove le analisi verranno<br />
effettuate. L‘interessato o persona di sua fiducia appositamente designata possono presenziare alle<br />
analisi, eventualmente con l’assistenza di un consulente tecnico. A tali persone spettano i poteri previsti<br />
dall’art. 230 del codice.”<br />
47<br />
Egli è tenuto a versare una somma<br />
determinata dall’istituto procedente,<br />
ed allegare la relativa ricevuta alla<br />
domanda di revisione.<br />
Alle operazioni di revisione ha diritto<br />
di assistere, tramite la partecipazione<br />
di un consulente di parte,<br />
lo stesso richiedente. In questa materia<br />
è da ritenersi non esista spazio<br />
per una attività di difesa in senso<br />
tecnico: l’avvocato potrà presenziare<br />
soltanto in veste di procuratore,<br />
munito di mandato sostanziale.<br />
I risultati delle analisi sono comunicati<br />
al contravventore, a cura del<br />
dirigente del laboratorio, presso il<br />
quale furono eseguite. L’istanza di<br />
revisione, in altre parole, ha l’effetto<br />
di sospendere sino al controllo<br />
del risultato della prima analisi la<br />
procedibilità del meccanismo di irrogazione<br />
della sanzione.<br />
LA CORTE DI CASSAZIONE HA<br />
CHIARITO I POTERI CONCES-<br />
SI ALLA POLIZIA GIUDIZIA-<br />
RIA, NELLO SPECIFICO DEL<br />
CAMPO AMBIENTALE, IN MA-<br />
TERIA DI ACCERTAMENTI UR-<br />
GENTI SUI LUOGHI, SULLE<br />
COSE E SULLE PERSONE, AI<br />
SENSI DELL’ART. 354 C.P.P.<br />
Sentenza Cassazione Penale,<br />
Sez. III, 11 gennaio 2005,<br />
n. 5468<br />
Con tale sentenza la Suprema Corte<br />
ha stabilito che la Polizia giudiziaria,<br />
a norma dell’art. 354 c.p.p. -<br />
“Accertamenti urgenti sui luoghi,<br />
sulle cose, sulle persone”, è legittimata<br />
a compiere una serie di attività<br />
tipiche ed atipiche: può effettuare<br />
gli accertamenti urgenti sui luoghi,<br />
sulle cose e sulle persone, provvedere<br />
al sequestro di urgenza onde<br />
assicurare che le tracce e le res concernenti<br />
il reato siano conservate e<br />
che la situazione non sia mutata prima<br />
che il Pubblico Ministero intervenga<br />
o assuma la direzione delle<br />
indagini.<br />
L’articolo in esame permette alla<br />
Polizia di prendere le opportune<br />
iniziative perché gli elementi pro-
atori non si disperdano; se necessario,<br />
per gli accertamenti ed i rilievi,<br />
la Polizia può farsi assistere,<br />
ex art. 348 u.c. c.p.p. da persone<br />
dotate di specifiche competenze<br />
tecniche che forniscono un parere<br />
non destinato ad essere utilizzato<br />
come prova: i cosiddetti Ausiliari di<br />
Polizia giudiziaria. Essi hanno l’obbligo<br />
di intervenire subito, non possono<br />
rifiutarsi dalle imposizioni dettate<br />
dalla Polizia giudiziaria, e rivestono<br />
la qualifica di Pubblici Ufficiali.<br />
Ai sensi dell’art. 354 c.p.p., gli accertamenti<br />
che concernono cose o<br />
situazioni suscettibili per loro natura<br />
di subire modificazione e, addirittura,<br />
di scomparire in tempi brevi<br />
(così che, in seguito, potrebbero<br />
solo essere riferiti o descritti) possono<br />
essere effettuati i sequestri, a<br />
ragione della improcrastinabile urgenza,<br />
in assenza del difensore che,<br />
tuttavia, ha il diritto di intervenire<br />
senza essere avvisato.<br />
Di conseguenza, l’osservazione immediata<br />
e diretta dello stato dei luoghi,<br />
effettuata a sola iniziativa dalla<br />
Polizia giudiziaria, in relazione a<br />
determinate attività considerate urgenti,<br />
è sempre consentita.<br />
Obblighi a carico della Polizia giudiziaria<br />
consistono nella sola redazione<br />
del relativo Verbale di Accertamenti<br />
Tecnici Urgenti, ai sensi dell’art.<br />
357, comma 2, c.p.p., al fine<br />
di trasmetterlo al Pubblico Ministero<br />
competente.<br />
La estrema importanza alla quale ricorrono<br />
tali atti si concretizza nel<br />
fatto che essi sono atti irripetibili,<br />
ovverosia non si fermano nel fascicolo<br />
del Pubblico Ministero, ma entreranno<br />
come prova nel dibattimento,<br />
inserendosi, così, nel fascicolo<br />
del giudice. La Corte, comunque,<br />
sottolinea che tale procedura<br />
debba redigersi dalla Polizia giudiziaria<br />
nelle sole ipotesi in cui sussistano<br />
le condizioni di urgenza.<br />
Nel caso de quo la Cassazione si<br />
era espressa in merito al fatto che<br />
ha ritenuto necessario e urgente la<br />
verifica della consistenza, stato e<br />
modalità di gestione delle alghe e<br />
materiale spiaggiato, in quanto rifiuti<br />
in putrefazione che causavano<br />
esalazioni maleodoranti, con rischi<br />
per la salute e per l’ambiente.<br />
Invece, gli accertamenti eseguiti<br />
dalla P.G. in mancanza delle condizioni<br />
di urgenza richieste dalla<br />
norma sono inficiati da nullità a regime<br />
intermedio per violazione dell’art.<br />
178 c) del c.p.p. (Nullità di ordine<br />
generale); parte della dottrina<br />
ritiene che tali attività della P.G. e<br />
gli atti conseguenti sono, comunque,<br />
ugualmente utilizzabili in dibattimento,<br />
in quanto non si ravvisa<br />
la riconducibilità alla nullità di<br />
ordine generale, e nemmeno la loro<br />
inutilizzabilità prevista per le prove<br />
acquisite in violazione dei divieti<br />
di legge.<br />
Diversa è invece la ipotesi di cui all’art.<br />
360 c.p.p. - Accertamenti urgenti<br />
non ripetibili - , alla quale vi<br />
si ricorre a sola iniziativa del Pubblico<br />
Ministero ed è applicabile<br />
quando siano necessari accertamenti<br />
urgenti per cui sono richieste<br />
specifiche competenze che riguardano<br />
situazioni soggette a modificazione<br />
e, pertanto, non sono differibili<br />
o ripetibili; in tale caso occorre,<br />
per la peculiare situazione, un<br />
accertamento avente valore di prova<br />
in tutti i tipi di giudizio per cui il<br />
Pubblico Ministero, nella fase delle<br />
indagini preliminari, può optare per<br />
tale procedura ex art. 360 c.p.p.<br />
In pratica l’accertamento tecnico di<br />
cui all’art. 354 c.p.p., in dottrina definito<br />
“ACCERTAMENTO URGEN-<br />
TE”, ha lo scopo di evitare che le<br />
cose e le tracce pertinenti al reato<br />
vadano disperse, e che lo stato dei<br />
luoghi e delle cose non venga mutato<br />
prima dell’intervento del Pubblico<br />
Ministero.<br />
L’art. 360 c.p.p., invece, in dottrina<br />
definito “ACCERTAMENTO TECNI-<br />
CO”, è assimilabile alle perizie , va-<br />
48<br />
le a dire quegli atti disposti o compiuti<br />
per acquisire dati e valutazioni<br />
su fatti, situazioni o materie che<br />
richiedono particolari conoscenze<br />
scientifiche e tecniche (3).<br />
Atto questo che può essere compiuto<br />
solamente dopo la comunicazione<br />
di notizia di reato e non nella<br />
immediatezza/flagranza dei fatti.<br />
Obblighi a carico dell’organo che<br />
ha redatto l’atto - sia in riferimento<br />
all’art. 354 che all’art. 360 - sono<br />
quelli di depositare lo stesso nella<br />
segreteria del Pubblico Ministero<br />
entro il terzo giorno successivo al<br />
compimento dell’atto, con facoltà<br />
per il difensore di esaminarli e di<br />
estrarre copia nei cinque giorni successivi.<br />
Inoltre, nei casi di cui all’art. 360<br />
c.p.p., e quindi in riferimento ai soli<br />
accertamenti tecnici compiuti ad<br />
iniziativa del Pubblico Ministero, è<br />
necessario dare avviso del compimento<br />
dell’atto, senza ritardo, alla<br />
persona sottoposta alle indagini, alla<br />
persona offesa dal reato, ed ai difensori,<br />
del giorno, dell’ora e del<br />
luogo fissati per il conferimento dell’incarico<br />
al tecnico, e della facoltà<br />
consentita alle parti di potere nominare<br />
un proprio consulente tecnico.<br />
Nelle ipotesi in cui tale avviso non<br />
sia stato effettuato, o non siano stati<br />
rispettati i dettami previsti, non ricorre<br />
mai ipotesi alcuna di nullità<br />
dell’atto, in quanto il c.p.p. consente<br />
al Pubblico Ministero di notificare<br />
al difensore l’avvenuto deposito<br />
nel fascicolo delle indagini preliminari<br />
di tale atto, ed i termini di<br />
cui sopra decorrono dal giorno di<br />
ricevimento della notificazione (4).<br />
Altra sostanziale differenza tra l’art.<br />
354 e l’art. 360 c.p.p., oltre al requisito<br />
della necessità e della urgenza<br />
come sopra delineato, e rela-<br />
(3) D’Ambrosio Vigna “La pratica di Polizia giudiziaria”, Cedam, 2002.<br />
(4) “Non dà luogo a nullità l’omessa indicazione nell’avviso di cui all’art. 360 c.p.p. della natura degli accertamenti<br />
tecnici disposti, della possibilità di nominare un difensore di fiducia e dell’identità del difensore<br />
d’ufficio nominato, trattandosi di informazioni non espressamente richieste dalla legge”. Cassazione<br />
Penale, Sez. I, 28 gennaio 2005, n. 11708.
tivamente ai soli accertamenti effettuati<br />
dalla Polizia giudiziaria, diretti<br />
alla acquisizione di fonti di prova<br />
da rinvenire nei luoghi, sulle cose o<br />
sulle persone, consiste nelle operazioni<br />
concrete effettuate, ovverosia<br />
nelle ipotesi in cui l’accertamento<br />
venga eseguito dalla stessa P.g. in<br />
modo tautologico, sempre uguale,<br />
magari tramite l’utilizzo di strumentazione<br />
in dotazione.<br />
Tale attività rientra sempre nelle<br />
procedure di cui all’art. 354 e mai<br />
nelle procedure di cui all’art. 360,<br />
e quindi tale attività può essere effettuata<br />
senza la presenza del difensore,<br />
senza nemmeno l’obbligo<br />
di avvisarlo di tali operazioni, e senza<br />
la delega e/o la convalida del<br />
Pubblico Ministero.<br />
Tale teoria è stata riconosciuta dalla<br />
Corte di Cassazione, Sez. V, 5 ottobre<br />
2004, n. 46176, la quale in merito a<br />
quanto già riferito, recita: “L’esame<br />
dattiloscopico, non postulando alcuna<br />
valutazione da parte di chi vi procede,<br />
si esaurisce in semplice operazione<br />
di ordine materiale soggetta alla<br />
disciplina dell’art. 354 comma 2<br />
c.p.p. e non a quella dell’art. 360<br />
c.p.p., riservata agli accertamenti veri<br />
e propri, se ed in quanto qualificabili<br />
come irripetibili”.<br />
Sempre sulla stessa linea, la Corte<br />
di Cassazione si è espressa in merito<br />
ad accertamenti sempre eseguiti<br />
ad iniziativa della P.g. con apposite<br />
strumentazioni, stabilendo che i rilievi<br />
di inquinamento ambientale,<br />
nel caso di specie inquinamento acustico,<br />
anche se non presentano la<br />
caratteristica della urgenza, rientrano<br />
sempre e comunque nella disciplina<br />
di cui all’art. 354 c.p.p.<br />
La Corte Suprema, con sentenza n.<br />
25103 del 16 aprile 2004, ha stabilito:<br />
”I rilievi fonometrici sono tipici<br />
accertamenti “a sorpesa” che non<br />
possono farsi rientrare tra quelli riguardanti<br />
cose o luoghi il cui stato<br />
è soggetto a modificazione, per i<br />
quali l’art. 360 c.p.p. richiede, in<br />
quanto non ripetibili, il previo avviso<br />
all’indagato, ma vanno inquadrati<br />
tra le attività svolte dalla Po-<br />
lizia giudiziaria ai sensi degli artt.<br />
348 e 354 comma 2 stesso codice”.<br />
Non costituisce, invece, atto urgente,<br />
quella operazione di P.g., anche<br />
se effettuata tramite strumentazione<br />
in suo possesso, in tutti i casi in cui<br />
la notizia di reato era già stata effettuata<br />
- art. 347 c.p.p. - ma era necessario,<br />
per consentire la prosecuzione<br />
delle indagini preliminari dinanzi<br />
al Pubblico Ministero, tale ulteriore<br />
operazione.<br />
Infatti, la Cassazione si è espressa<br />
stabilendo che non costituisce accertamento<br />
tecnico irripetibile e<br />
neppure atto urgente ai sensi dell’art.<br />
354 c.p.p. quello consistente<br />
nell’effettuazione, da parte di un<br />
operatore di Polizia giudiziaria, di<br />
una prova chimica atta a far rilevare<br />
l’avvenuta alterazione del numero<br />
di telaio di un autoveicolo, trattandosi<br />
in realtà della semplice constatazione,<br />
di un dato fattuale, con<br />
possibilità, quindi, che in ordine ad<br />
esso venga acquisita la deposizione<br />
del medesimo operatore (Cass. Pen.,<br />
Sez. III, 6 aprile 2004, n. 18889).<br />
Tanto premesso, nel caso di specie -<br />
sentenza contenuta nel titolo - il<br />
Collegio ha rilevato che, nella ipotesi<br />
concreta, non si può seriamente<br />
dubitare del requisito della urgenza<br />
per la stessa situazione operativa<br />
che aveva richiesto l’intervento<br />
della Polizia; occorreva, infatti,<br />
verificare la consistenza, lo stato<br />
e le modalità di gestione dei rifiuti<br />
in putrefazione che causavano<br />
emanazioni maleodoranti, per le<br />
quali vari cittadini si erano lamentati,<br />
con possibili danni o ricadute<br />
negative per la salute e l’ambiente.<br />
Gli accertamenti effettuati ai sensi<br />
dell’art. 354 c.p.p. si sono limitati<br />
ad una osservazione immediata e<br />
diretta dello stato dei luoghi ed alla<br />
descrizione oggettiva e statica<br />
della situazione dei rifiuti e, pertanto,<br />
non richiedevano l’intervento<br />
della difesa.<br />
L’attività della Polizia è stata circoscritta<br />
a dei “meri rilievi” come segnala<br />
lo stesso imputato nei motivi<br />
di impugnazione.<br />
49<br />
Di conseguenza, gli accertamenti in<br />
oggetto - rimasti nell’ambito di operatività<br />
dell’art. 354 c.p.p. - sono<br />
stati correttamente inseriti nel fascicolo<br />
del dibattimento ed utilizzati<br />
ai fini decisori.<br />
È stato, quindi, rigettato il ricorso<br />
presentato dal soggetto trasgressore<br />
dell’illecito penale ambientale.<br />
LA CORTE DI CASSAZIONE HA<br />
CHIARITO IL RICONOSCIMEN-<br />
TO DELLE RELAZIONI DI SERVI-<br />
ZIO COME ATTI NON RIPETIBILI<br />
Sentenza Cassazione Penale<br />
Sez. I, 23 maggio 2006,<br />
n. 10278<br />
Premesso che la comunicazione di<br />
notizia di reato è un atto importantissimo,<br />
in materia ambientale è altrettanto<br />
importante la redazione di<br />
tutti quegli atti che divengono irripetibili,<br />
ovverosia vengono inseriti,<br />
a cura del pubblico ministero, direttamente<br />
nel fascicolo del giudice,<br />
il quale ha la possibilità di venire<br />
a conoscenza di parte dell’opera<br />
svolta dalla Polizia giudiziaria<br />
prima ancora dell’apertura del dibattimento.<br />
La singola relazione di servizio della<br />
Polizia giudiziaria, in certi casi,<br />
costituisce un momento processuale<br />
altamente importante, previa conferma,<br />
ovviamente, del rispettivo<br />
contenuto, tramite la testimonianza,<br />
quale mezzo di prova, ad opera della<br />
stessa P.G.<br />
In questo senso la Cassazione Penale,<br />
con sentenza 26 gennaio 2005,<br />
aveva riconosciuto la Relazione di<br />
servizio ad opera della P.g. quale atti<br />
irripetibile, mentre, nell’anno successivo,<br />
2006, la stessa Cassazione,<br />
ha stabilito che le “relazioni di servizio”<br />
e le “informative” ad opera<br />
della Polizia giudiziaria non possono<br />
qualificarsi come atti irripetibili<br />
(Cass. Pen. 23 maggio 2006).
Le nuove tecnologie hanno modificato<br />
l’approccio alle politiche di prevenzione<br />
e di controllo del territorio ed hanno ottimizzato,<br />
in termini di efficacia ed efficienza,<br />
le attività delle Forze di Polizia.<br />
Le potenzialità delle innovazioni tecnologiche<br />
esercitano, infatti, su tutti gli attori<br />
delle politiche di sicurezza dello Stato<br />
e delle città un’attrazione difficilmente resistibile<br />
rappresentando una sostanziale<br />
ed importante estensione delle capacità<br />
fisiche degli operatori di Polizia di vedere,<br />
osservare, analizzare, controllare ed<br />
anche incrociare e comunicare dati, immagini<br />
ed informazioni. La diffusione della<br />
videosorveglianza delle città, quale strumento<br />
di prevenzione, trova la sua origine<br />
nel nuovo ruolo rivestito nel campo<br />
delle politiche di sicurezza delle città dai<br />
sindaci. In tal senso, infatti, se in Europa,<br />
già a metà degli anni ’80, si è sviluppata<br />
una approfondita riflessione sul tema della<br />
sicurezza delle città da parte delle amministrazioni<br />
locali, in Italia, solo da pochi<br />
anni, se ne è iniziato a parlare. Il confronto<br />
con le altre esperienze europee ha<br />
permesso, inoltre, di rilevare che i governi<br />
nazionali che si erano impegnati per<br />
promuovere legislazioni nazionali sulla<br />
sicurezza, hanno studiato ed attivato strumenti<br />
di supporto per le amministrazioni<br />
locali. In particolare, in Francia e in<br />
Belgio, le amministrazioni locali, le Forze<br />
dell’ordine, la magistratura e gli altri soggetti<br />
interessati si sono riuniti, mediante<br />
un vero e proprio strumento pattizio, per<br />
attuare sinergicamente politiche di sicurezza<br />
nelle città, mentre, in Inghilterra, il<br />
Ministero dell’Interno ha investito sui sistemi<br />
di videosorveglianza ingenti risorse<br />
economiche a partire dalla fine degli anni<br />
Ottanta. In Italia, in questi ultimi anni,<br />
l’attenzione dei cittadini si è spostata mol-<br />
ALFREDO PRIOLO<br />
Comandante della Polizia municipale<br />
di Reggio Calabria<br />
VIDEOSORVEGLIANZA: LE SINERGIE<br />
CON GLI ALTRI CORPI DI POLIZIA<br />
tissimo verso le amministrazioni locali:<br />
prima il fenomeno della sicurezza era visto<br />
come fenomeno riconducibile all'ordine<br />
pubblico con lo Stato, la Polizia e gli<br />
apparati repressivi che dovevano rispondere<br />
a quest’emergenza; più di recente,<br />
con l’introduzione della riforma elettorale<br />
e l’elezione diretta dei sindaci, con il<br />
decentramento amministrativo e, soprattutto,<br />
con la modifica del titolo V della<br />
Costituzione, le amministrazioni locali, in<br />
tale materia, hanno assunto una ruolo<br />
centrale da protagoniste e sono diventate<br />
le uniche referenti e destinatarie del senso<br />
di insicurezza della popolazione.<br />
I cittadini, infatti, hanno cominciato a percepire<br />
che, ai fini della sicurezza degli<br />
ambienti urbani, non è sufficiente la presenza<br />
dell’operatore di Polizia che controlla<br />
il territorio, ma che necessitano l’applicazione<br />
di regole precise, la qualificazione<br />
degli spazi urbani, l’attuazione di<br />
politiche di prevenzione e di intervento<br />
su tutti gli elementi di disturbo alla pacifica<br />
convivenza dei quartieri e delle città.<br />
L’approccio della parte politica rispetto alle<br />
nuove istanze rivolte alle amministrazioni<br />
locali si è dunque dovuto celermente<br />
modificare: così sono nate le prime<br />
significative esperienze di sicurezza<br />
promosse dalle città e, con esse, i primi<br />
sistemi di video sorveglianza realizzati dai<br />
<strong>Comuni</strong> ed offerti nella disponibilità delle<br />
Forze di Polizia dello Stato.<br />
Sugli strumenti da utilizzare, però, la scelta<br />
non è stata unanime: per molti infatti il<br />
ricorso alle tecnologie doveva seguire altre<br />
modifiche culturali da diffondersi prima<br />
nel campo della programmazione del<br />
territorio e, dopo, tra la popolazione delle<br />
città. L’ordine pubblico nelle strade e<br />
sui marciapiedi, secondo una parte della<br />
dottrina, dunque, non poteva essere (so-<br />
50<br />
lo) mantenuto dalle Forze di Polizia ma<br />
doveva essere assicurato da una complessa<br />
e quasi inconscia rete di controlli<br />
spontanei e dall’esistenza di norme accettate<br />
e fatte osservare dagli abitanti stessi.<br />
Tale approccio, che tende a privilegiare<br />
i legami di vicinato, la forza della struttura<br />
del tessuto sociale, la morfologia urbana,<br />
le diverse tipologie di edificato, la<br />
qualità della strada e dell’isolato, l’identificazione<br />
con il territorio dell’abitante,<br />
contempla solo in via sussidiaria altre tipologie<br />
di interventi come la video sorveglianza<br />
e richiede una città organizzata<br />
in modo che vi siano strade ricche di<br />
attività e frequentate a tutte le ore del giorno,<br />
varietà di usi e di popolazioni, edifici<br />
concepiti in modo che gli abitanti possano<br />
avere un rapporto visivo diretto con lo<br />
spazio pubblico. Ma la realtà urbana delle<br />
grandi e piccole città è ben diversa; le<br />
zone abitate si sono ormai sviluppate a dismisura<br />
e gli interventi di bonifica e di riqualificazione<br />
degli spazi sono lenti, particolarmente<br />
costosi e non sempre realizzabili<br />
nelle aree disponibili. L’approccio<br />
alle nuove politiche di sicurezza preferito<br />
negli ultimi anni ha riunito le diverse<br />
forme di intervento nella consapevolezza<br />
che la produzione ordinaria di sicurezza<br />
nelle città non si realizzi solo con attività<br />
di Polizia di sicurezza o di Polizia giudiziaria<br />
ma anche con forme di prevenzione<br />
e di dissuasione e con interventi di<br />
Polizia sociale e prossimità. Nonostante<br />
la visione dei dirigenti del sistema di sicurezza<br />
nazionale e del Ministero dell’Interno<br />
sulla necessità di unitarietà del sistema<br />
di sicurezza pubblica e sul problema<br />
della responsabilità della direzione e<br />
della gestione, le esperienze più recenti e<br />
le proposte normative esistenti si muovono<br />
nella direzione di un sistema misto in
cui l’ordine e la sicurezza pubblica continuano<br />
a rimanere in capo allo Stato e le<br />
iniziative di sicurezza delle città sono<br />
adottate sotto la spinta propositiva dei sindaci<br />
e con il concorso di tutte le Forze di<br />
Polizia operanti sul territorio ed in primo<br />
luogo delle Polizie locali. In tale direzione,<br />
la diffusione dei sistemi di video controllo<br />
delle città con finalità di contrasto<br />
alle illegalità ed al disordine urbano è avvenuta<br />
in Italia a partire dalla fine degli<br />
anni Novanta grazie ad investimenti economici<br />
significativi effettuati dai comuni<br />
e dalle regioni dell’Italia settentrionale; in<br />
altri contesti territoriali, che fino a pochi<br />
anni fa hanno orientato tali sistemi solo al<br />
monitoraggio del traffico e della viabilità,<br />
solo di recente sono stati elaborati ed attuati<br />
una serie di progetti di videosorveglianza<br />
come strumento di attuazione di<br />
politiche di sicurezza utilizzando le risorse<br />
economiche messe a disposizione nell’ambito<br />
dei progetti per la sicurezza delle<br />
città dal PON. “Sicurezza per lo sviluppo<br />
del Mezzogiorno”. Dopo una valutazione<br />
delle esperienze esistenti ed un<br />
esame di alcune realtà in cui stanno sorgendo<br />
sistemi di videocontrollo particolarmente<br />
interessanti, è emersa la necessità<br />
di approfondire alcune questioni affinché<br />
si effettuino interventi adeguati e<br />
proporzionati alle dimensioni territoriali<br />
di riferimento e si realizzino opere da<br />
condividere sinergicamente con le altre<br />
Forze di Polizia. Il primo elemento da verificare<br />
riguarda la caratterizzazione territoriale<br />
del problema della sicurezza e,<br />
dunque, l’esistenza o meno di peculiarità<br />
del fenomeno legate alla configurazione<br />
territoriale, culturale o sociale dell’area.<br />
In tal caso, si rende necessario un ulteriore<br />
approfondimento con lo scopo di verificare<br />
le tipologie di fenomeni criminosi<br />
che si intendono limitare e reprimere e,<br />
dunque, di adeguare la struttura e l’impianto<br />
delle tecnologie alle specifiche esigenze<br />
dell’area o delle aree cittadine da<br />
controllare in riferimento a quel particolare<br />
evento. Alcune fattispecie criminose<br />
quali, ad esempio, lo spaccio di sostanze<br />
stupefacenti, gli scippi, i danneggiamenti<br />
dolosi a scopo estorsivo, richiedono una<br />
diversa soluzione tecnologica (telecamera<br />
a brandeggio o fissa ad es.) da utilizzarsi<br />
ora quale fonte di prova, ora quale<br />
sistema di allerta per la Forza di Polizia<br />
operante per evitare gli effetti dell’atto criminoso.<br />
Dopo aver analizzato il fenomeno<br />
ed aver affidato alla videosorveglian-<br />
za una connotazione centrale e decisiva<br />
nel sistema di sicurezza cittadino, occorre<br />
coinvolgere preliminarmente tutti gli attori<br />
interessati sul territorio e poi analizzare<br />
costantemente i primi risultati in termini<br />
di efficacia preventiva e dissuasiva e<br />
di ricostruzione ex post degli eventi criminosi.<br />
Gli ulteriori passaggi da seguire<br />
per ottimizzare gli effetti dell’investimento<br />
e per realizzare una produttiva condivisione<br />
con le altre Forze di Polizia, possono<br />
così riassumersi:<br />
1. partecipazione nelle fasi progettuali<br />
degli utenti finali del sistema per assicurare<br />
un completo coinvolgimento nell’iniziativa;<br />
2. analisi approfondita della zona di posizionamento<br />
di ciascun impianto di ripresa<br />
avendo riguardo alle criticità materiali<br />
ed alle tipologie di illegalità che si<br />
manifestano nell’area;<br />
3. illuminazione dell’area oggetto delle<br />
riprese per assicurare una adeguato livello<br />
di prestazione agli impianti tecnologici;<br />
4. sistema di protezione adeguato per<br />
prevenire e ridurre i rischi di atti vandalici<br />
o di manomissioni;<br />
5. scelta approfondita e diversificata per<br />
aree di controllo tra telecamere fisse ed<br />
a brandeggio sulla base dei risultati da ottenere;<br />
6. adeguato livello di pubblicità dell’esistenza<br />
dei sistemi di video controllo per<br />
massimizzare l’efficacia preventiva;<br />
7. massima attenzione alle attività di manutenzione<br />
e controllo successive alla<br />
realizzazione dei sistemi;<br />
8. formazione specialistica del personale<br />
destinato alle sale operative che gestiscono<br />
i sistemi.<br />
La scelta della condivisione degli strumenti<br />
di videocontrollo delle città con le<br />
altre Forze di Polizia, fino a qualche tempo<br />
fa, era adottata liberamente da parte<br />
degli enti che li realizzavano. Ma i numerosi<br />
sistemi funzionanti ed il proliferare<br />
di iniziative progettuali di video sorveglianza<br />
da parte dei <strong>Comuni</strong> da finanziare<br />
con i fondi europei del P.O.N.<br />
“Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno”<br />
hanno indotto il Ministero<br />
dell’Interno ad intervenire in materia ponendo,<br />
almeno per le opere da realizzare<br />
con finanziamenti ministeriali (o gestiti<br />
dal Ministero), alcune linee guida tese<br />
a favorire la sinergia tra le polizie locali e<br />
le altre Polizie dello Stato. Con una circolare<br />
del febbraio 2005, il Ministero ha<br />
51<br />
riconosciuto agli enti locali, avendo riguardo<br />
ai compiti ed alle funzioni da essi<br />
esercitate, ampia autonomia nel ricorso<br />
alle tecnologie innovative ed ha promosso<br />
tali iniziative allo scopo di contrastare<br />
fenomeni di criminalità e di inciviltà<br />
e per offrire alcune risposte anche alle<br />
istanze di tutela provenienti dal mondo<br />
produttivo e dalle associazioni degli imprenditori.<br />
In sostanza, il moltiplicarsi delle<br />
iniziative in questione da parte dei privati,<br />
delle associazioni di categoria e degli<br />
enti locali ha consentito allo stesso<br />
Ministero di realizzare gradualmente un<br />
sistema integrato di prevenzione sul territorio<br />
attraverso una maggiore sinergia fra<br />
gli organi tradizionalmente preposti alla<br />
tutela della sicurezza pubblica, gli organi<br />
di Polizia locale, nell’ambito dei rispettivi<br />
compiti istituzionali, e gli operatori della<br />
“sicurezza sussidiaria”, con particolare<br />
riguardo agli istituti di vigilanza privata.<br />
Ma proprio per realizzare tale obiettivo<br />
sono state poste alcune linee guida anche<br />
al fine di non alterare il corretto rapporto<br />
tra i diversi ambiti istituzionali dei diversi<br />
soggetti coinvolti. Per una condivisione<br />
definitiva dei sistemi con le Forze di<br />
Polizia dello Stato e per una corretta realizzazione<br />
degli interventi da parte delle<br />
amministrazioni locali, il Ministero ha approfondito<br />
alcune questioni particolarmente<br />
rilevanti:<br />
- la scelta delle aree deve avvenire nell’ambito<br />
di un procedimento che veda interessati<br />
i Comitati Provinciali per l’ordine<br />
e la sicurezza pubblica, eventualmente<br />
allargati ai responsabili delle amministrazioni<br />
dello Stato e degli enti locali interessati,<br />
ai sensi dell’art.16 della legge<br />
n.128/2001;<br />
- sotto il profilo tecnologico, in particolare,<br />
le nuove strutture devono essere realizzate<br />
con tecnologie compatibili con<br />
quelle esistenti presso le questure;<br />
- sotto il profilo funzionale, lo sviluppo<br />
degli apparati di videosorveglianza deve<br />
coniugarsi con l’esigenza di garantire l’efficacia<br />
e la tempestività della risposta delle<br />
Forze di Polizia e, pertanto, è richiesta<br />
una corretta scelta nella visualizzazione<br />
delle immagini rilevate dai sistemi nelle<br />
sale o centrali operative delle Forze di<br />
Polizia dello Stato che le potranno mantenere<br />
nei soli casi di obiettivi “istituzionali”<br />
particolarmente sensibili o di obiettivi<br />
di interesse strategico per la sicurezza<br />
primaria (le Forze di Polizia statali vigilano<br />
prioritariamente obiettivi sensibili).
- il soggetto che propone l’attivazione dei<br />
sistemi di videosorveglianza, oltre ad approvvigionarsi<br />
di adeguata strumentazione,<br />
connettività e relativa manutenzione,<br />
deve provvedere, nella rigorosa osservanza<br />
della normativa posta a tutela dei<br />
dati personali, anche ai servizi di gestione,<br />
memorizzazione e monitoraggio delle<br />
immagini, con sistemi di allertamento<br />
immediato dell’organo di Polizia dello<br />
Stato nei casi di effettiva esigenza e mettendo,<br />
comunque, a sua disposizione i segnali<br />
e le immagini relative a situazioni di<br />
rischio, appositamente selezionate, ivi<br />
comprese le registrazioni dei fatti che, anche<br />
fuori della flagranza del reato, presentino<br />
anomalie suscettibili di interesse<br />
investigativo, come potrebbe verificarsi<br />
nel caso delle registrazioni di attività che,<br />
ad un successivo approfondimento, possono<br />
risultare fasi preparatorie di un’azione<br />
criminosa e concorrere alla individuazione<br />
dei colpevoli.<br />
- se sussistono i requisiti di pubblico interesse<br />
(necessità, pertinenza, non eccedenza<br />
dei dati e dei trattamenti), può essere<br />
valutata una soluzione mediata, in<br />
forza della quale il flusso delle immagini<br />
prodotte dai sistemi giunga, a seconda degli<br />
obiettivi da vigilare e nel fondamentale<br />
rispetto delle competenze istituzionali,<br />
presso gli organi di Polizia locale ovvero<br />
presso istituti di vigilanza, in grado di garantire<br />
i servizi di monitoraggio ed il conseguente,<br />
eventuale allertamento della sala<br />
o centrale operativa delle Forze di<br />
Polizia statali, nei casi in cui vengano riscontrati<br />
allarmi o anomalie.<br />
Il Ministero, in definitiva, secondo la tradizionale<br />
impostazione, ha ribadito la<br />
centralità delle Forze di Polizia dello Stato<br />
nelle politiche di sicurezza ma ha aperto<br />
agli enti locali in primis ed anche alla vigilanza<br />
privata la strada per concorrere<br />
ciascuno nei limiti delle proprie competenze<br />
al raggiungimento di livelli più alti<br />
di sicurezza nelle città consentendo l’attivazione<br />
e la gestione di sistemi sui quali,<br />
però, intende mantenere il controllo e<br />
servirsene per le attività di Polizia di sicurezza<br />
e di Polizia giudiziaria. Contestualmente,<br />
lo stesso Ministero, però, ha<br />
delegato alle Polizia locali il controllo delle<br />
immagini relative ad obiettivi non ritenuti<br />
sensibili allo scopo di consentire comunque<br />
di esercitare quel ruolo decisivo<br />
nel perseguimento di politiche di sicurezza<br />
urbana. Dopo la realizzazione degli<br />
interventi, un’altra problematica rile-<br />
vata attiene alla gestione del sistema di<br />
sorveglianza avendo riguardo alle peculiarità<br />
ed alle funzioni affidate a ciascun<br />
gruppo di ripresa ed alle situazioni che le<br />
Forze di Polizia statali e quelle locali intendono<br />
controllare e vigilare con continuità.<br />
A tal fine si rende senza dubbio necessaria<br />
la stipula di un protocollo operativo<br />
che disciplini l’utilizzo del sistema, le<br />
finalità che ciascuna telecamera o ciascun<br />
gruppo di ripresa devono perseguire ed<br />
eventualmente la suddivisione oraria della<br />
gestione degli impianti realizzati in<br />
prossimità di obiettivi sensibili. Si potranno<br />
così destinare alcune telecamere al<br />
controllo del traffico durante la giornata,<br />
salvo poi, nelle ore notturne, essere utilizzate<br />
per vigilare su immobili o su arterie<br />
stradali ad alta densità commerciale<br />
(con funzioni preventive). L’esperienza<br />
del Comune di Reggio Calabria, dove, da<br />
quasi un anno, è in funzione un sistema<br />
di videocontrollo del cuore commerciale,<br />
turistico e sociale della città fortemente<br />
voluto dall’amministrazione comunale,<br />
è esemplificativa di come possano esistere<br />
diversi regimi organizzativi e gestionali<br />
dei sistemi di sorveglianza con riferimento<br />
alla condivisione degli strumenti<br />
tra la Polizia municipale e le altre Forze<br />
dell’ordine.<br />
- La sala operativa del Comando di Polizia<br />
municipale, oggi, gestisce in assoluta autonomia<br />
il sistema di videosorveglianza<br />
del centro cittadino ed assicura alle altre<br />
Forze di Polizia la disponibilità delle immagini<br />
solo in caso di attività di Polizia<br />
giudiziaria.<br />
- Il Comando ospita, in sala operativa e<br />
senza poteri attivi di gestione, le immagini<br />
di un altro sistema di videocontrollo relativo<br />
all’area dello stadio “O. Granillo”,<br />
realizzato dal Comune, in attuazione di<br />
provvedimenti anti-violenza negli stadi,<br />
ma gestito in autonomia dalla Questura.<br />
Dopo aver realizzato una serie di interventi<br />
di recupero e di valorizzazione del<br />
quartiere in cui sorge anche lo stadio,<br />
l’amministrazione comunale ha chiesto<br />
ed ottenuto dalla Questura di poter utilizzare<br />
attivamente (con il controllo delle<br />
otto telecamere esterne allo stadio) il sistema<br />
di video controllo con l’obiettivo di<br />
monitorare e di reprimere, attraverso l’intervento<br />
della Polizia municipale ed, ove<br />
occorra, delle altre Forze di Polizia, quelle<br />
piccole forme di micro-criminalità e di<br />
illegalità che ancora persistono nell’area.<br />
A breve, dopo la stipula di un protocollo<br />
52<br />
operativo, il sistema sarà gestito attivamente<br />
dalla Polizia municipale in tutte le<br />
giornate diverse da quelle in cui si svolgono<br />
le partite, quando, invece, il sistema<br />
torna nella piena disponibilità della<br />
Questura.<br />
- La terza esperienza da rappresentare è<br />
forse la più interessante: a seguito di un<br />
protocollo d’intesa stipulato tra la<br />
Prefettura ed il Comune sarà realizzato, a<br />
breve, un sistema di video sorveglianza<br />
importante che consentirà, a regime, di<br />
gestire circa 100 punti di ripresa.<br />
L’accordo prevede che:<br />
- la Prefettura realizzi, con i fondi del<br />
PON, un sistema di videocontrollo degli<br />
obiettivi sensibili e delle grandi direttrici<br />
di transito veicolare e finanzi anche il sistema<br />
di illuminazione e di cablaggio del<br />
quartiere di Sbarre allo scopo di inserirlo<br />
nell’intervento principale, cedendo, a titolo<br />
gratuito al Comune tutte le infrastrutture<br />
realizzate;<br />
- il Comune consenta l’utilizzo, per il funzionamento<br />
del sistema, della rete in fibra<br />
ottica esistente, realizzi la progettazione<br />
tecnica ed esecutiva dell’intera opera nel<br />
rispetto delle indicazioni tecniche del<br />
Ministero dell’Interno e mantenga in efficienza<br />
il sistema assumendosene i relativi<br />
oneri dopo il periodo di garanzia e manutenzione<br />
posto a carico del fornitore;<br />
- la Polizia municipale sia autorizzata dalla<br />
Prefettura ad utilizzare il software applicativo<br />
del “Sistema per il controllo del<br />
territorio della Polizia di Stato” e ad impiegare<br />
gratuitamente il sistema per lo<br />
svolgimento delle funzioni istituzionali,<br />
con l’interazione attiva con il medesimo<br />
previa autorizzazione della Questura.<br />
La progettazione esecutiva, l’individuazione<br />
in Comitato per l’ordine e la sicurezza<br />
pubblica dei punti di ripresa ed il finanziamento<br />
dell’intervento sono fasi già<br />
concluse; dopo la fase di scelta del contraente<br />
curata dalla Prefettura, si potrà dare<br />
inizio ai lavori sotto la direzione tecnica<br />
del Comune. La completa realizzazione<br />
dell’intervento descritto rappresenterà<br />
un modello di riferimento che dimostra<br />
come attraverso una adeguata e propositiva<br />
sinergia tra l’amministrazione centrale<br />
e quelle locali sia possibile raggiungere<br />
alcuni risultati concreti che possono attenuare<br />
il crescente e diffuso senso di insicurezza<br />
degli abitanti dei centri urbani<br />
e contribuire a frenare fenomeni di illegalità<br />
ed altre manifestazioni delittuose<br />
più comuni.
RICCARDO PERINI<br />
Responsabile della Polizia annonaria<br />
e commerciale di Milano<br />
I PHONE CENTER: NORMATIVA E CONTROLLI OPERATIVI<br />
Le attività di telefonia internazionale si inseriscono<br />
in un ampio spettro di attività<br />
imprenditoriali svolte da soggetti extracomunitari<br />
che consentono a cittadini di nazionalità<br />
straniera non solo di potersi mettere<br />
in contatto con i propri congiunti nei<br />
Paese d’origine ma anche di fruire di servizi<br />
(money transfer - biglietti aerei) e di<br />
acquistare beni (alimentari, CD musicali<br />
e DVD etc.).<br />
I c.d. phone center sono, sotto il profilo<br />
tecnico, centri di telefonia soprattutto internazionale<br />
che utilizzano la commutazione<br />
telefonica avvalendosi di pacchetti<br />
di traffico telefonico acquistati a prezzo<br />
scontato oppure sfruttando la tecnologia<br />
Voip con un conseguente minor costo delle<br />
telefonate anche intercontinentali. I centri<br />
di telefonia in sede fissa, secondo la definizione<br />
della legge della Regione<br />
Lombardia (prima Regione che ha inteso<br />
regolamentare la materia sotto il profilo<br />
amministrativo) 3 marzo 2006, n. 6, sono,<br />
in particolare, costituiti da qualsiasi struttura<br />
ove è svolta l’attività commerciale in<br />
via esclusiva di cessione al pubblico di<br />
servizi telefonici; rientra in questa definizione<br />
quindi ogni attività che comporti<br />
una connessione telefonica o telematica<br />
allo scopo di fornire servizi di telefonia vocale,<br />
da realizzarsi nei locali o sulle superfici<br />
aperti al pubblico e a tale scopo attrezzati.<br />
Spesso nei phone center vi sono alcune<br />
postazioni per la navigazione su internet,<br />
anch’esse previo pagamento di un corrispettivo.<br />
Meno frequenti sono invece i veri e propri<br />
internet point in cui l’attività principale,<br />
se non esclusiva, è rappresentata dalla<br />
possibilità di navigare in internet, magari<br />
accompagnata dalla consumo di alimenti<br />
e bevande (c.d. internet café).<br />
Non è considerato “internet point” l’esercizio,<br />
nel quale pure in presenza di un<br />
apparecchio per la connessione telematica,<br />
questi è utilizzato unicamente dal conduttore<br />
per i propri fini professionali o privati.<br />
I centri di telefonia, presenti attualmente<br />
nel numero di circa 1800 sul territorio<br />
lombardo e di circa 7.500 in tutto il<br />
territorio nazionale, ovviamente con maggiori<br />
concentrazioni nelle grandi città,<br />
vengono frequentati in maggior parte da<br />
cittadini di origine extracomunitaria che,<br />
come detto, intendono mettersi in contatto<br />
con le famiglie nei paesi di origine.<br />
Tale frequentazione pone in alcuni casi<br />
problemi di ordine pubblico nonché di carattere<br />
ambientale derivanti dai rumori<br />
notturni nonché di natura igienico-sanitaria<br />
a causa dei comportamenti di alcuni<br />
di questi soggetti. Le attività dei phone<br />
center sono regolamentate a vario titolo<br />
da diversi provvedimenti normativi: il decreto<br />
legislativo 1 agosto 2003, n. 259, art.<br />
25 c.4 (c.d. Codice delle comunicazioni<br />
elettroniche) stabilisce gli aspetti tecnici<br />
delle attività di commutazione telefonica,<br />
il decreto legge 27 luglio 2005, n. 144, art.<br />
7 stabilisce l’obbligo per i titolari dei centri<br />
di telefonia e internet di munirsi di licenza<br />
di Polizia e il d.m. 16 agosto 2005<br />
fissa gli obblighi di registrazione e monitoraggio<br />
del traffico telefonico e internet,<br />
con riguardo alla sicurezza nazionale; infine,<br />
si devono prendere in considerazione<br />
gli aspetti amministrativi di stretta competenza<br />
della recente legge regionale 6/06<br />
la quale aggiunge altri obblighi autorizzatori,<br />
amministrativi e igienico-sanitari.<br />
I PROFILI TECNICI<br />
È bene innanzi tutto chiarire che i phone<br />
54<br />
center sono centri ove viene fornito un servizio<br />
di telecomunicazioni.<br />
Pertanto il titolare deve presentare al<br />
Ministero delle <strong>Comuni</strong>cazioni una dichiarazione<br />
contenente l’intenzione di iniziare<br />
il servizio di comunicazione elettronica.<br />
Tale dichiarazione, che vale come<br />
DIA, deve essere presentata sul modello<br />
di cui all’allegato 9 del Codice delle comunicazioni,<br />
in cui devono essere indicate<br />
le generalità del dichiarante e dell’eventuale<br />
società in caso sia presentata dal<br />
legale rappresentante della stessa, la descrizione<br />
del servizio di comunicazione<br />
elettronica che si vuole effettuare e la data<br />
di inizio dell’attività.<br />
Alla dichiarazione deve essere allegato il<br />
certificato di iscrizione al registro ed il certificato<br />
anti-mafia.<br />
Le imprese operanti, dopo la DIA, sono<br />
tenute all’iscrizione nel Registro degli<br />
Operatori Elettronici (R.O.C.).<br />
I PROFILI<br />
DI PUBBLICA SICUREZZA<br />
Il secondo adempimento cui devono attenersi<br />
i titolari dei phone center è quello<br />
connesso al c.d. decreto Pisanu del 27 luglio<br />
2005 convertito con modificazioni<br />
nella legge 155/05: fino al 31 dicembre<br />
2007, chiunque intende aprire un pubblico<br />
esercizio o un circolo privato di qualsiasi<br />
specie, nel quale sono posti a disposizione<br />
del pubblico, dei clienti o dei soci<br />
apparecchi terminali utilizzabili per le<br />
comunicazioni anche telematiche, deve<br />
chiederne la licenza al questore. La licenza<br />
non è richiesta nel caso di sola installazione<br />
di telefoni pubblici a pagamento,<br />
abilitati esclusivamente alla telefonia<br />
vocale: quantunque quest’ultima
espressione faccia pensare che i phone<br />
center con sole postazioni telefoniche siano<br />
esclusi dall’obbligo di munirsi della licenza<br />
di Polizia, in realtà qui ci riferisce<br />
alle cabine telefoniche e ad altre postazioni<br />
in cui si accede direttamente al servizio<br />
di telefonia fornito dal gestore di rete,<br />
senza la mediazione imprenditoriale.<br />
Perciò anche i phone center “puri” devono<br />
chiedere la licenza di p.s.<br />
Al rilascio della licenza si applica la disciplina<br />
del silenzio-assenso dopo 60 giorni.<br />
In quanto nuova fattispecie di pubblico<br />
esercizio, si applicano le disposizioni<br />
del t.u.l.p.s. tra cui quelle in materia di sorvegliabilità,<br />
di rappresentanza, di condizioni<br />
soggettive per il rilascio e in materia<br />
di sospensione o revoca della licenza e di<br />
sanzioni. Secondo il d.m. 16 agosto 2005,<br />
poi, i titolari o gestori di un esercizio nel<br />
quale sono poste a disposizione del pubblico,<br />
dei clienti o dei soci, apparecchi terminali<br />
utilizzabili per le comunicazioni,<br />
anche telematiche, sono tenuti a adottare<br />
le misure fisiche o tecnologiche occorrenti<br />
per impedire l'accesso agli apparecchi terminali<br />
a persone che non siano preventivamente<br />
identificate e adottare le misure<br />
occorrenti per il monitoraggio dei traffici<br />
telefonici e internet. Essi devono inoltre<br />
informare, anche in lingue straniere, il<br />
pubblico delle condizioni d’uso dei terminali<br />
messi a disposizione e devono assicurare<br />
il corretto trattamento dei dati acquisiti<br />
e la loro conservazione fino al 31<br />
dicembre 2007.<br />
L’inosservanza delle disposizioni di Polizia<br />
qui evidenziate secondo il Ministero<br />
dell’Interno sono punite penalmente, ai<br />
sensi dell’art. 17 t.u.l.p.s.<br />
Così si è pronunciata la circolare<br />
557/PAS/12982D(22) del 29-08-2005.<br />
Secondo questa circolare alla licenza di<br />
P.S. in questione si applicano, per espressa<br />
indicazione dell’art. 7 del D.L. n. 144<br />
in argomento, le disposizioni del testo unico<br />
delle leggi di pubblica sicurezza. concernenti:<br />
a) le autorizzazioni di Polizia (Titolo I -<br />
Capo III), fra cui, particolarmente, quelle<br />
degli artt. 9 (prescrizioni), 10 e 11 (condizioni<br />
per il rilascio, la sospensione e la revoca);<br />
b) i controlli e le sanzioni (Titolo I - Capo<br />
IV), e, particolarmente, l’art. 16 (controlli)<br />
e l’art. 17 (sanzioni penali);<br />
c) la disciplina generale dei pubblici esercizi<br />
(Titolo III - Capo II), fra cui, particolarmente,<br />
quelle degli artt. 92 (ulteriori<br />
condizioni di rilascio), 93 (conduzione tramite<br />
rappresentanza) e 100 (sospensione<br />
della licenza per motivi di pubblica sicurezza)<br />
e quelle corrispondenti del regolamento<br />
di esecuzione (fra cui gli artt. 152<br />
e 153).<br />
In particolare, sotto il profilo dei controlli,<br />
il Ministero ritiene che l’esercizio delle<br />
attività qui in argomento in assenza di licenza,<br />
o in violazione degli obblighi ad<br />
esse inerenti, rientra fra le fattispecie previste<br />
e punite dall’art. 17 del testo unico<br />
delle leggi di pubblica sicurezza, appositamente<br />
richiamato, fra le disposizioni del<br />
Capo IV del Titolo I dello stesso T.U., dal<br />
comma 3 dell’art. 7.<br />
Conseguentemente, secondo il Ministero,<br />
la Polizia giudiziaria deve adottare le misure<br />
previste dal codice di procedura penale<br />
per l’interruzione delle attività costituenti<br />
reato. Peraltro, alcune Questure<br />
quale quella di Piacenza seguono l’orientamento<br />
che prevede l’applicazione delle<br />
sanzioni amministrative di cui all’art.<br />
17 bis e seguenti.<br />
Anche chi scrive ritiene più condivisibile<br />
quest’ultimo orientamento.<br />
L’interpretazione ministeriale, che sostiene<br />
l’applicazione dell’art.17 per la violazione<br />
di una norma non appartenente al<br />
TULPS, ma al D.L. 144/05, sembra non tenere<br />
conto del principio di legalità sancito<br />
dall’art.1 del Codice penale. D’altra parte<br />
proprio il riferimento contenuto nella<br />
Circolare al capo III del titolo II, del TUL-<br />
PS, può consentire di far rientrare questa<br />
attività tra gli esercizi pubblici di cui all’art.86<br />
e pertanto di assoggettare alla sanzione<br />
amministrativa di cui all’art. 17 bis<br />
dello stesso TULPS.<br />
In ragione di quanto sopra, riteniamo che<br />
si debba applicare il riferimento sanzionatorio<br />
dell’art. 17 bis 1° comma TULPS,<br />
in caso di carenza di licenza del Questore,<br />
e del secondo comma dello stesso articolo<br />
in caso di inottemperanza alla prescrizioni<br />
del DM 16/8/05, con le conseguenti<br />
determinazioni di cui agli artt. 17 ter e<br />
quater.<br />
La Questura di Milano, sollecitata dallo<br />
scrivente, ha trasmesso una nota che conferma<br />
la bontà di quest’ultima interpretazione.<br />
Dalla lettura combinata della predetta nota<br />
e del quadro normativo emerge pertanto<br />
che:<br />
- in caso di accertata assenza della licenza<br />
di PS di cui al DL 144/05 o di non pre-<br />
55<br />
sentata richiesta di licenza di PS, per gli<br />
esercizi già attivi al 28 luglio 2005, si deve<br />
procedere all’applicazione della sanzione<br />
amministrativa di cui all’art. 17 bis 1° comma<br />
del r.d. 773/31 (VdC di 1.032 € - competenza<br />
Prefettura);<br />
- in caso di inosservanza delle prescrizioni<br />
di cui al DM 16/8/05, contestare l’art.<br />
17 bis 2° comma del r.d. 773/31 (VdC di<br />
1.032 € - competenza Prefettura);<br />
- in caso siano accertate ambo le violazioni,<br />
si deve verbalizzarle entrambe.<br />
Sarà peraltro rilevante trasmettere segnalazione<br />
alla Questura competente per territorio,<br />
Divisione Polizia amministrativa e<br />
sociale, per l’adozione dei provvedimenti<br />
sanzionatori accessori di cui all’art. 17<br />
ter e quater del TULPS.<br />
I PROFILI<br />
AMMINISTRATIVI<br />
In questo contesto e con riferimento alla<br />
Lombardia si inserisce la legge regionale<br />
6 del 2006. La Regione Lombardia ha<br />
emanato il primo provvedimento normativo,<br />
a livello regionale, che disciplina le<br />
attività di telefonia in sede fissa, meglio<br />
noti come phone center (circa 1800 in<br />
Lombardia, secondo gli ultimi dati). Infatti,<br />
con la Legge Regionale del 3 marzo 2006<br />
n. 6 pubblicata sul BURL del 7 marzo<br />
2006 n. 10, in vigore dal 22 marzo scorso,<br />
la Lombardia è la prima Regione a stabilire<br />
delle norme per l’insediamento e la<br />
gestione di centri di telefonia in sede fissa.<br />
La disciplina contenuta nella legge regionale<br />
6/06 è essenzialmente di natura<br />
amministrativa e igienico-sanitaria e integra<br />
le disposizioni statuali che fissano i requisiti<br />
tecnici per l’attivazione dei servizi<br />
di telefonia (decreto legislativo 259/03) e<br />
che stabiliscono l’obbligo di munirsi di<br />
una licenza di Polizia e altri obblighi legati<br />
all’identificazione degli utenti dei phone<br />
center (d.l.144/05 convertito con modificazioni<br />
dalla legge 155/05 e decreto<br />
ministero dell’interno 16 agosto 2005), per<br />
finalità anti-terrorismo. Diciamo subito che<br />
la legge regionale 6 del 2006 è una legge<br />
alquanto pasticciata. In essa vengono chiaramente<br />
ripresi alcuni contenuti della legge<br />
regionale 30 del 2003 sui pubblici<br />
esercizi (procedure di rilascio dell’autorizzazione,<br />
requisiti morali per gli esercenti,<br />
profili sanzionatori) ma con una impostazione<br />
negativa verso i centri di telefonia<br />
in sede fissa, visti come un fattore
di disagio per i residenti e, come tali, sottoposti<br />
a vincoli e obblighi che non hanno<br />
riscontro in altre normative di settore.<br />
Il problema è che a volte questi due aspetti<br />
si scontrano nel testo normativo, creando<br />
evidenti incoerenze e difficoltà interpretative.<br />
Ma andiamo con ordine.<br />
Già nell’articolo 2 in cui si definisce l’ambito<br />
di applicazione della legge, si presentano<br />
alcune incongruenze. Infatti, il legislatore,<br />
dopo aver definito centro di telefonia<br />
in sede fissa, qualsiasi struttura ove<br />
è svolta l’attività commerciale in via esclusiva<br />
di cessione al pubblico di servizi telefonici,<br />
limita l’attività di questi centri a<br />
tre distinte offerte commerciali, intese in<br />
senso lato:<br />
- l’attività che comporti “una connessione<br />
telefonica o telematica allo scopo di<br />
fornire servizi di telefonia vocale indipendentemente<br />
dalle tecnologie di commutazione<br />
utilizzate”;<br />
- l’attività di vendita di schede telefoniche<br />
- l’installazione di distributori automatici<br />
di bevande ed alimenti.<br />
Con questa formulazione, pertanto, anche<br />
le postazioni per navigare in internet, spesso<br />
presenti nei phone center, devono essere<br />
rimosse da parte dei gestori, in quanto<br />
è ammessa solo la possibilità di offrire<br />
servizi telefonici. Vengono inoltre implicitamente<br />
vietati proprio quei numerosi<br />
servizi ed attività commerciali che integrano<br />
l’offerta di servizi telefonici, quali,<br />
come detto , money transfer (ossia il trasferimento<br />
di denaro ai propri congiunti<br />
nei paesi di origine), vendita di telefoni<br />
cellulari e di accessori di telefonia, vendita<br />
di prodotti alimentari e non alimentari,<br />
vendita e noleggio di audiovisivi. Si<br />
tratta di attività per le quali i gestori di phone<br />
center devono conseguire dei titoli autorizzatori.<br />
Infatti, l’attività di money transfer<br />
è disciplinata dal Testo unico bancario<br />
(d. lgs. 385/93) come attività di intermediazione<br />
finanziaria soggetta ad iscrizione<br />
all’Ufficio Italiano Cambi. Il noleggio<br />
e la vendita di audiovisivi sono invece<br />
soggetti, ai sensi dell’art. 75 bis del<br />
TULPS, a comunicazione alla locale<br />
Autorità di P.S. la quale rilascia la c.d presa<br />
d’atto. Le attività commerciali di vendita<br />
di prodotti alimentari e non alimentari<br />
sono poi soggette a comunicazioni di<br />
apertura di esercizio di vicinato (art. 7 d.<br />
lgs 114/98). Ebbene, da un lato sussistono<br />
delle norme che autorizzano queste attività<br />
e dall’altro lato è stata introdotta nel-<br />
l’ordinamento una disposizione (appunto<br />
l’art. 2 comma 3 della l.r. 6/06) che vieta<br />
l’svolgimento di attività imprenditoriali. A<br />
tacere del fatto che la Regione, come nel<br />
caso di money transfer, non potrebbe vietare<br />
un’attività che è soggetta solo alla normativa<br />
nazionale, resta il pesante problema<br />
che un eventuale diffida da parte del<br />
Comune ad esercire queste attività a seguito<br />
di accertamenti e sanzioni da parte<br />
della Polizia locale sarebbe con ogni probabilità<br />
cassata da parte della giustizia<br />
amministrativa, per le accennate incongruenze<br />
legislative, non adeguatamente<br />
motivate da ragioni di pubblico interesse.<br />
La legge regionale stabilisce anche i requisiti<br />
morali per l’esercizio dell’attività di<br />
cessione di servizi di telefonia in sede fissa,<br />
più o meno in linea con quanto previsto<br />
per gli esercenti di bar e ristoranti. Non<br />
possono esercitare tale attività, quali titolari<br />
o gestori preposti all’esercizio, salvo<br />
che abbiano ottenuto la riabilitazione, coloro<br />
che sono stati dichiarati falliti, hanno<br />
riportato una condanna, con sentenza passata<br />
in giudicato, a pena restrittiva della<br />
libertà personale superiore a due anni oppure<br />
una condanna per alcuni reati specifici<br />
(tra questi citiamo: reati contro la<br />
moralità pubblica e il buon costume o<br />
contro l’igiene e la sanità pubblica, gioco<br />
d’azzardo, scommesse clandestine alle<br />
norme sul gioco del lotto, delitti contro la<br />
personalità dello Stato o contro l’ordine<br />
pubblico, ovvero per delitti contro la persona<br />
commessi con violenza, o per furto,<br />
rapina, estorsione, sequestro di persona a<br />
scopo di rapina o di estorsione, usura, ricettazione)<br />
oppure ancora siano sottoposti<br />
ad una delle misure di prevenzione di<br />
cui all’articolo 3 della legge 27 dicembre<br />
1956, n. 1423 o nei cui confronti è stata<br />
applicata una delle misure previste dalla<br />
legislazione antimafia ovvero sono sottoposti<br />
a misure di sicurezza o sono stati dichiarati<br />
delinquenti abituali, professionali<br />
o per tendenza. Anche qui si avverte un<br />
approccio non positivo verso queste attività.<br />
Infatti, a differenza di quanto previsto<br />
dalla l.r. 30/03 per i pubblici esercizi,<br />
in caso di gestione societaria dell’attività<br />
, i requisiti morali devono essere posseduti<br />
per le società di persone da tutti i soci<br />
(mentre abitualmente i requisiti sono richiesti<br />
solo per i soci amministratori, ad<br />
es, gli accomandatari nelle s.a.s.) mentre<br />
permane tale obbligo per il solo legale<br />
rappresentante per le società di capitali.<br />
Le attività di telefonia, con la l.r. 6/06, so-<br />
56<br />
no soggette ad autorizzazione comunale,<br />
di cui all’art. 4 della legge, autorizzazione<br />
che viene rilasciata sulla base di alcuni<br />
requisiti, oltre a quelli morali già visti.<br />
Essi sono essenzialmente legati ai locali in<br />
cui si andrà ad esercitare l’attività. Infatti,<br />
l’esercente deve dichiarare la disponibilità,<br />
all’atto della presentazione della domanda<br />
o nel corso dell’istruttoria, dei locali<br />
e delle superfici nei quali si intende<br />
esercitare l’attività nonché il possesso del<br />
certificato igienico-sanitario relativo ai locali<br />
evidentemente rilasciato dall’ASL e<br />
deve autocertificare di aver ottemperato<br />
alle norme contenute nel decreto legislativo<br />
19 settembre 1994, n. 626 in materia<br />
di sicurezza e salute dei lavoratori e alla<br />
normativa di prevenzione incendi. Un altro<br />
aspetto che desta perplessità consiste<br />
nel fatto che da un lato si chiede che, prima<br />
della presentazione della domanda per<br />
l’autorizzazione amministrativa, l’esercente<br />
del phone center adegui i locali e si<br />
munisca del relativo certificato igienicosanitario,<br />
dall’altro che, come precisato al<br />
comma 5 dello stesso art. 4, il momento<br />
significativo per stabilire che i locali sono<br />
a norma è solo quello che precede l’inizio<br />
effettivo dell’attività (“il richiedente deve<br />
porsi in regola con le vigenti norme,<br />
prescrizioni e autorizzazioni in materia<br />
edilizia, urbanistica ed igienico-sanitaria,<br />
nonché con le disposizioni sulla destinazione<br />
d’uso dei locali e degli edifici, prevenzione<br />
incendi e sicurezza”). I locali,<br />
sotto questo profilo igienico-sanitario, devono<br />
essere conformi ai regolamenti locali<br />
di igiene integrati dalle prescrizioni<br />
contenute nell’art. 8. Tra esse citiamo l’obbligo<br />
di allacciamento alla rete idrica dell’acquedotto<br />
pubblico e l’allacciamento<br />
degli scarichi alla pubblica fognatura e la<br />
presenza di sistemi di ventilazione naturale<br />
e sistemi di aerazione artificiale<br />
conformi alle norme UNI nonché l’esistenza<br />
di illuminazione naturale conforme<br />
ai requisiti dei regolamenti locali di<br />
igiene e di illuminazione artificiale conforme<br />
ai requisiti minimi generali delle specifiche<br />
norme UNI. Per quanto attiene ai<br />
servizi igienici ve ne deve essere uno ad<br />
uso esclusivo del personale dipendente ed<br />
uno riservato al pubblico, anche prossimo<br />
al locale nel caso di esercizi già attivi all’entrata<br />
in vigore della presente legge, ma<br />
ad uso esclusivo dello stesso mentre deve<br />
essere all’interno al locale nel caso di esercizi<br />
successivamente autorizzati, per il locale<br />
con superficie fino a 60 metri qua-
drati. In casi di locali di dimensioni superiori,<br />
vi dovrà essere un ulteriore servizio<br />
igienico. Il phone center deve poi avere<br />
uno spazio di attesa all’interno del locale<br />
di almeno 9 metri quadrati, fino a 4 postazioni<br />
telefoniche, provvisto di idonei<br />
sedili posizionati in modo da non ostruire<br />
le vie di esodo; la sala di attesa dovrà<br />
essere aumentata di 2 metri quadrati ogni<br />
postazione aggiuntiva.<br />
Ogni postazione telefonica deve avere una<br />
superficie minima di 1 metro quadrato ed<br />
essere dislocata in modo da garantire un<br />
percorso di esodo, libero da qualsiasi ingombro<br />
ed avere una larghezza minima<br />
di 1,20 metri. E’ evidente che con queste<br />
prescrizioni così vincolanti ben pochi phone<br />
center, di quelli esistenti, riusciranno<br />
ad ottenere il nulla osta delle ASL. La domanda<br />
di autorizzazione o di trasferimento<br />
deve contenere l’indicazione della<br />
denominazione o ragione sociale, della<br />
residenza o sede legale e della nazionalità<br />
del richiedente, ed i dati dell’eventuale<br />
preposto nonché dell’ubicazione del<br />
locale e della superficie nei quali si intende<br />
esercitare l’attività. Vige il termine<br />
di 90 giorni dalla presentazione della domanda<br />
per comunicare alla parte se la domanda<br />
è stata accolta o meno. Non è dato<br />
capire dal testo di legge se trattasi di silenzio-assenso<br />
o silenzio-rifiuto. Peraltro,<br />
applicando i principi contenuti nell’art. 20<br />
della l. 241/90, la regola del silenzio - assenso<br />
dovrebbe prevalere anche in questa<br />
fattispecie. Tuttavia dobbiamo precisare<br />
che, ai sensi dell’art. 7 della l.r. 6/06<br />
che modifica la legge regionale 11 marzo<br />
2005, n. 12, inserendovi l’articolo 98 bis,<br />
i <strong>Comuni</strong> devono individuare gli ambiti<br />
territoriali nei quali è ammessa la localizzazione<br />
dei centri di telefonia in sede fissa<br />
e devono definire la disciplina urbanistica<br />
cui è subordinato il loro insediamento,<br />
con particolare riferimento alla disponibilità<br />
di aree per parcheggi, nonché<br />
alla compatibilità con le altre funzioni urbane<br />
e con la viabilità di accesso. Sino a<br />
quando non saranno definiti questi parametri,<br />
non è consentita l’apertura di nuovi<br />
centri di telefonia in sede fissa, né la rilocalizzazione<br />
di centri preesistenti.<br />
Questo per quanto attiene le attività che<br />
sorgeranno in futuro. Per le attività esistenti<br />
alla data di entrata in vigore della legge<br />
6/06, l’art. 12 dispone che i titolari di questi<br />
centri di telefonia fissa devono porsi in<br />
regola con le vigenti norme e con le prescrizioni<br />
e autorizzazioni in materia edi-<br />
lizia, urbanistica ed igienico-sanitaria previste<br />
dalla legge entro un anno dall’entrata<br />
in vigore della stessa.. È infatti del tutto<br />
ragionevole prevedere un congruo periodo<br />
di tempo per l’adeguamento strutturale<br />
dei locali. Questa formulazione lasciava<br />
pensare che tutto il resto dell’impianto<br />
normativo (necessità di ottenere l’autorizzazione,<br />
possesso dei requisiti morali, obbligo<br />
di rispettare orari di chiusura, divieto<br />
di esercitare altre attività oltre quelle<br />
previste dall’art.2) della legge sarebbe entrato<br />
da subito in vigore.<br />
In realtà i funzionari della Regione, interpellati<br />
al riguardo, avevano già anticipato<br />
informalmente, che, di fatto, l’unica disposizione<br />
da subito vigente è quella di<br />
cui parleremo tra poco, in materia di orari<br />
e turni di chiusura. In particolare, l’autorizzazione<br />
per le attività già esistenti non<br />
verrà rilasciata sino a quando (entro il 21<br />
marzo 2007) i titolari dei phone center<br />
avranno tempo per gli adeguamenti dei<br />
locali.<br />
A niente è valso eccepire che l’art. 9 prevede<br />
tra i casi di revoca dell’ autorizzazione,<br />
l’ipotesi in cui il “titolare non abbia<br />
adempiuto all’obbligo di porsi in regola<br />
con le vigenti norme, prescrizioni e<br />
autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica<br />
ed igienico-sanitaria, nonché con le<br />
disposizioni sulla destinazione d’uso dei<br />
locali e degli edifici, prevenzione incendi<br />
e sicurezza…entro un anno dall’entrata<br />
in vigore della legge ai sensi dell’ articolo<br />
12”. L’autorizzazione per essere revocata<br />
deve essere stata prima rilasciata.<br />
Si sarebbe potuto risolvere la querelle con<br />
una più attenta operazione di tecnica legislativa,<br />
prevedendo, oltre ad un periodo<br />
di tempo per gli adeguamenti dei locali,<br />
anche un arco di tempo (60 o 90 giorni)<br />
per presentare domanda di autorizzazione<br />
per le attività esistenti, con l’evidente<br />
riserva di adeguamento dei locali entro un<br />
anno, pena la revoca dell’autorizzazione.<br />
Si deve ricordare che su alcuni punti controversi<br />
è intervenuta la Circolare regionale<br />
H1.2006.0027733 del 5/6/2006 in<br />
cui sono stati chiariti alcuni punti:<br />
- le attività complementari alla telefonia<br />
non saranno in ogni caso consentite a partire<br />
dal marzo 2007;<br />
- i subingressi sono consentiti, a differenza<br />
delle nuove aperture, anche nelle more<br />
dell’adeguamento degli strumenti urbanistici<br />
da parte dei <strong>Comuni</strong>;<br />
- i requisiti morali, in caso di società, de-<br />
57<br />
vono essere posseduti dai soli soci amministratori.<br />
Per quanto attiene agli orari di chiusura,<br />
l’art. 6 (l’unico realmente vigente da subito)<br />
della legge regionale 6/06 stabilisce<br />
che essi sono rimessi alla libera determinazione<br />
degli esercenti entro i limiti stabiliti<br />
dal Comune competente, fatto salvo<br />
che i phone center non possono aprire prima<br />
delle 7 e devono chiudere non oltre le<br />
ore 22, non superando, comunque, il limite<br />
delle tredici ore giornaliere. Il<br />
Comune, previa motivata richiesta degli<br />
esercenti, può autorizzare l’apertura anticipata<br />
o la chiusura posticipata di due ore.<br />
I centri di telefonia in sede fissa devono<br />
inoltre osservare un giorno di chiusura di<br />
una giornata settimanale, stabilito dall’esercente<br />
e quindi non necessariamente<br />
coincidente con la domenica. In ogni caso<br />
orario e giorno di chiusura adottato deve<br />
essere pubblicizzato mediante l’esposizione<br />
di appositi cartelli all’interno e all’esterno<br />
dell’esercizio e comunicato al<br />
Comune. Sotto il profilo sanzionatorio,<br />
chiunque eserciti l’attività di cessione al<br />
pubblico di servizi di telefonia senza la<br />
prescritta autorizzazione, ovvero quando<br />
questa sia stata revocata o sospesa, ovvero<br />
senza i requisiti morali, si applica la<br />
sanzione amministrativa prevista dall’ articolo<br />
17 bis, comma 1, del TULPS (regio<br />
decreto 18 giugno 1931, n. 773). Pertanto<br />
la Polizia locale e gli altri corpi di Polizia<br />
redigeranno un verbale di contestazione<br />
indicando l’importo di 1.032 € per l’ammissione<br />
al pagamento in misura ridotta.<br />
Per ogni altra violazione alle disposizioni<br />
della legge, si applica la sanzione amministrativa<br />
di 308 €, prevista dall’ articolo<br />
17 bis, comma 3, del r.d. 773/1931.<br />
In ambo i casi, si applicano anche le disposizioni<br />
di cui agli articoli 17 ter e 17<br />
quater del TULPS e pertanto si potrà dare<br />
corso alla sanzione accessoria della sospensione<br />
dell’attività per un periodo non<br />
superiore a tre mesi.<br />
La competenza per ricevere il rapporto di<br />
cui all’ articolo 17 della legge 24 novembre<br />
1981, n. 689 e per emettere le ordinanze<br />
di pagamento e le sanzioni accessorie<br />
nonché per introitare i proventi delle<br />
sanzioni è il Comune competente per<br />
territorio.<br />
Al fine di fornire uno strumento operativo<br />
per i controlli di Polizia locale si allega un<br />
mini-prontuario delle sanzioni applicabili<br />
in casi di accertate violazioni a carico<br />
di centri di telefonia.
PRONTUARIO SANZIONI PHONE CENTER E INTERNET POINT<br />
NORMA VIOLATA FATTISPECIE SANZIONE AUTORITÁ COMPETENTE NOTE<br />
Art. 3 L.R. 6/06<br />
Art. 3 L.R. 6/06 Mancanza requisiti Da 516 € Comune<br />
in relaz. morali a 3098 €<br />
Art. 5 L.R. 30/03 P.M.R. 1.032 €<br />
Art. 6<br />
2° comma L.R. 6/06<br />
Art. 6<br />
3° comma L.R. 6/06<br />
Art. 6<br />
4° comma L.R. 6/06<br />
Art. 6<br />
4° comma L.R. 6/06<br />
Mancanza autorizzazione<br />
comunale<br />
Inosservanza orari<br />
di chiusura<br />
Inosservanza turno<br />
di chiusura<br />
settimanale<br />
Omessa<br />
esposizione<br />
di cartello<br />
orari ristorante<br />
Omessa<br />
comunicazione<br />
al comune<br />
degli orari praticati<br />
Da 516 a 3098 €<br />
P.M.R. 1.032 €<br />
Da 154 a 1.032 €<br />
P.M.R. 308 €<br />
Da 154 a 1.032 €<br />
P.M.R. 308 €<br />
Da 154 a 1.032 €<br />
P.M.R. 308 €<br />
Da 154 a 1.032 €<br />
P.M.R. 308 €<br />
58<br />
Comune Medesima sanzione<br />
in caso di autorizzazione<br />
revocata o sospesa.<br />
L’obbligo di<br />
autorizzazione si applica<br />
dal 21 marzo<br />
2007 per le attività<br />
esistenti alla data di<br />
entrata della legge<br />
Comune<br />
Comune<br />
Comune<br />
Comune<br />
Devono essere posseduti<br />
dal titolare, se<br />
ditta individuale e,<br />
in caso di società<br />
dal legale rappresentante<br />
ed eventuale<br />
preposto<br />
Gli esercizi devono<br />
aprire non prima delle<br />
7 e chiudere non<br />
oltre le 22, per non oltre<br />
13 ore giornaliere<br />
Intimare chiusura immediata<br />
esercizio<br />
Turno a discrezione<br />
dell’esercente.<br />
Intimare chiusura immediata<br />
esercizio<br />
segue a pag. 59
PRONTUARIO SANZIONI PHONE CENTER E INTERNET POINT<br />
NORMA VIOLATA FATTISPECIE SANZIONE AUTORITÁ COMPETENTE NOTE<br />
Art. 8<br />
L.R. 6/0<br />
Art. 2 3°<br />
comma L.R. 6/06<br />
Art. 7 D.L.<br />
144/05 Conv.<br />
con modificazioni<br />
in L. 155/05<br />
in relaz.<br />
art. 17 bis tulps<br />
Art. 1 D.M. 16<br />
agosto 2005<br />
in relaz.<br />
art. 17 bis tulps<br />
Art. 25<br />
4° comma<br />
L.R. 259/06<br />
Art. 106<br />
D.L. 385/93<br />
Mancato rispetto<br />
delle prescrizioni<br />
igienico-sanitarie<br />
Svolgimento attività<br />
diverse dalla cessione<br />
di servizi telefonici<br />
schede telefoniche<br />
Mancanza della licenza<br />
di P.S. o, Per<br />
esercizi già attivi al<br />
12 agosto 2005 della<br />
richiesta di licenza<br />
Inosservanza obblighi<br />
di identificazione utenti,<br />
monitoraggio<br />
attività informaz. all’utenza<br />
etc.<br />
Da 516 a 3098 €<br />
P.M.R. 1.032 €<br />
Mancata dichiarazio- Da 15.000 €<br />
ne inizio attività al mi- a 2.500.000 €<br />
nistero delle comunicazioni<br />
Mancata iscrizione<br />
all’UIC per il servizio<br />
di money Transfer<br />
Da 154 a 1.032 €<br />
P.M.R. 308 €<br />
Da 154 a 1.032 €<br />
P.M.R. 308 €<br />
Da 516 a 3098 €<br />
P.M.R. 1.032 €<br />
C.N.D.R. in relaz.<br />
art. 7<br />
D.M. Finanze 485/01<br />
59<br />
Comune Gli esercizi già attivi<br />
hanno 1 anno<br />
per adeguarsi alle<br />
prescrizioni<br />
Comune Ammessa solo<br />
presenza<br />
distributori<br />
automatici<br />
Comune<br />
Comune<br />
Ministero<br />
delle comunicazioni<br />
Si applica<br />
il silenzio-assenso<br />
Si redige C.N.D.R<br />
come previsto dalla<br />
circolare ministeriale<br />
del 29 agosto<br />
2005<br />
Riferire all’Ispettorato<br />
territoriale del<br />
Ministero per l’applicazione<br />
della<br />
sanzione<br />
Autorità giudiziaria Accertamneti<br />
e rapporto<br />
alla sede territoriale<br />
dell’UIC
ELENA FIORE<br />
Comandante della Polizia municipale<br />
di Lugo di Romagna (RA)<br />
NUOVE NORME SULLA CONCORRENZA E DIRITTI<br />
SUI CONSUMATORI. ULTIME MODIFICHE E NOVITÀ<br />
1. Il decreto legge n. 223/2006 (decreto<br />
Visco-Bersani), convertito con modificazioni<br />
in legge 4 agosto 2006, n.<br />
248 (GU n. 186 del 11-8-2006- Suppl.<br />
Ordinario n.183), recante disposizioni<br />
urgenti per il rilancio economico e sociale,<br />
per il contenimento e la razionalizzazione<br />
della spesa pubblica, nonché<br />
interventi in materia di entrate e di<br />
contrasto all’evasione fiscale, persegue<br />
le seguenti finalità:<br />
- rafforzare la libertà di scelta del cittadino-consumatore<br />
di assicurando un livello<br />
minimo ed uniforme di condizioni<br />
di acquisto di prodotti e servizi sul<br />
territorio nazionale;<br />
- promuovere la concorrenza sui mercati;<br />
- rilanciare l’economia e l’occupazione;<br />
- liberalizzare le attività imprenditoriali<br />
e creare nuovi posti di lavoro.<br />
2. Art. 3 - Regole di tutela della concorrenza<br />
nel settore della distribuzione<br />
commerciale<br />
Le rivendicazioni dei taxisti e dei farmacisti<br />
hanno spostato l’attenzione dei<br />
media sugli articoli 5 e 6 del decreto<br />
legge Bersani che intervengono rispettivamente<br />
sulla vendita di farmaci e sulle<br />
licenze per il servizio taxi.<br />
Sono questi due articoli sicuramente<br />
importanti per rilanciare l’economia e<br />
l’occupazione attraverso la liberalizzare<br />
delle attività imprenditoriali e<br />
creare nuovi posti di lavoro ma, per il<br />
raggiungimento delle finalità che il decreto<br />
si pone, assumono grande rilevanza<br />
anche le disposizioni contenute<br />
nell’art. 3.<br />
Questo articolo, nel primo comma, elimina<br />
in sei disposizioni contenute nelle<br />
lettere dalla a) alla f-bis) la maggioranza<br />
dei limiti sopravvissuti al d.lgs n.<br />
114/98, in linea con le disposizioni comunitarie<br />
e in attuazione dell’art. 117,<br />
comma secondo, lettere e) ed m) della<br />
Costituzione che riservano allo Stato<br />
la competenza esclusiva in materia di<br />
tutela della concorrenza e di determinazione<br />
dei livelli essenziali delle prestazioni<br />
concernenti i diritti civili e sociali.<br />
Tralasciando le probabili future controversie<br />
sulla legittimità - alla luce soprattutto<br />
delle modifiche apportate al titolo<br />
V della Costituzione e relative al riparto<br />
delle competenze legislative tra lo<br />
Stato e le regioni - di un intervento statale<br />
su una materia che non solo è attinente<br />
alla “concorrenza” ma anche al<br />
“commercio” (la regione Toscana ha già<br />
presentato ricorso alla Corte Costituzionale),<br />
si vuole porre l’accento sull’ambito<br />
di applicazione delle disposizioni<br />
contenute nell’art. 3.<br />
Il comma 1 di questo articolo precisa<br />
che i limiti e le prescrizioni che si intendono<br />
eliminare solo riferibili alle “attività<br />
commerciali, come individuate<br />
dal decreto legislativo 31 marzo 1998,<br />
n. 114 e di somministrazione di alimenti<br />
e bevande”.<br />
La legge di conversione n. 248/2006 ha<br />
sostituito l’infelice formulazione dell’art.3,<br />
comma 1, del decreto legge nella<br />
parte che intendeva eliminare limiti<br />
e prescrizioni delle “attività economiche<br />
di distribuzione commerciale, ivi<br />
comprese la somministrazione di alimenti<br />
e bevande”.<br />
60<br />
Nel dettare questa disposizione, ora<br />
modificata, non si era tenuto conto che<br />
nella legislazione commerciale vigente<br />
non esiste alcuna definizione di attività<br />
economica di distribuzione commerciale,<br />
ma solo di attività di commercio<br />
(all’ingrosso o al dettaglio) che l’art.4<br />
del d.lgs n.114/98 definisce come quella<br />
attività svolta da chiunque professionalmente<br />
acquista merci in nome e per<br />
conto proprio e le rivende ad altri (commercianti,<br />
utilizzatori professionali o in<br />
grande ovvero consumatori), su aree private<br />
in sede fissa, su aree pubbliche o<br />
mediante altre forme di distribuzione.<br />
Nell’ambito di applicazione dell’art.3<br />
quindi rientrano:<br />
- le attività di commercio previste dal<br />
d.lgs n.114/98 (commercio all’ingrosso,<br />
commercio su aree private, commercio<br />
su aree pubbliche, e commercio mediante<br />
forme speciali di vendita);<br />
- le attività di somministrazione di alimenti<br />
e bevande di cui alla legge<br />
n.287/91.<br />
Dopo la modifica, pertanto, non vi è più<br />
alcun dubbio che le disposizioni dell’art.<br />
3 non si applicano:<br />
- alle attività escluse dall’art.4, comma<br />
2, del d.lgs n.114/98 dall’ambito di applicazione<br />
del decreto e quindi, ad<br />
esempio, alla vendita di carburanti;<br />
- alle attività commerciali disciplinate<br />
da leggi di settore quali la vendita della<br />
stampa quotidiana e periodica, disciplinata<br />
dal d.lgs 24 aprile 2001,<br />
n.170 (1) ;<br />
(1) Vedi anche la circolare del Ministero dello Sviluppo<br />
Econimico n. 3603/C del 28/09/2006
- alle attività artigianali quali attività di<br />
acconciatore, di estetista ecc…<br />
3. Art. 3 - Entrata in vigore delle disposizioni<br />
L’art. 3, comma 3, del d.l. 223/2006 dispone<br />
che a decorrere dalla data di entrata<br />
in vigore del decreto (4 luglio 2006)<br />
sono abrogate le disposizioni legislative<br />
e regolamentari statali di disciplina del<br />
settore della distribuzione commerciale<br />
incompatibili con le disposizioni indicate<br />
nello stesso articolo.<br />
Si evidenzia che il decreto non indica in<br />
modo chiaro e tassativo quali disposizioni<br />
sono abrogate e lascia, quindi, all’interprete<br />
l’individuazione delle stesse.<br />
È evidente che questo porterà a contenziosi<br />
sia che l’interpretazione data<br />
alle disposizioni del decreto sia restrittiva<br />
che estensiva in quanto trattasi di<br />
liberalizzazione di attività economiche<br />
e di concorrenza e competitività.<br />
Questa incertezza interpretativa, purtroppo,<br />
peserà ancora una volta sui comuni,<br />
che sono gli enti competenti a gestire<br />
i processi modificati dal d.l. n.223.<br />
In particolare, il Ministero dello Sviluppo<br />
Economico, nella circolare n.<br />
3603/C del 28 settembre 2006, ha precisato<br />
che sono abrogate le seguenti disposizioni:<br />
- artt. 1, 2, 4, 8 e 10 della legge 11 giugno<br />
1971, n. 426;<br />
- gli artt. 1, 2, 3, 4,5, 12, 14, 15, 17, 18,<br />
20, 21, 22, 25, 27 e 29 del decreto ministeriale<br />
4 agosto 1988, n. 375;<br />
- l’art. 2, comma 2, della legge 5 gennaio<br />
1996, n. 25;<br />
- tutti i termini e le locuzioni che citano<br />
il Registro e i relativi esami, contenuti<br />
nei testi delle disposizioni della<br />
legge 25 agosto 1991, n. 287.<br />
Il comma 4 dell’art.3, invece, indica<br />
l’entrata in vigore di queste nuove disposizioni<br />
quando la materia è regolata<br />
da legge regionale e precisamente dispone:<br />
“Le regioni e gli enti locali adeguano<br />
le proprie disposizioni legislative<br />
e regolamentari ai principi e alle disposizioni<br />
di cui al comma 1 entro il 1°<br />
gennaio 2007”.<br />
È evidente che si tratta di un termine assolutamente<br />
irrisorio (6 mesi) per consentire<br />
alle regioni la revisione delle leggi<br />
regionali e ai comuni di rivedere i regolamenti<br />
adottati in attuazione alle di-<br />
sposizioni regionali: termine comunque<br />
confermato anche dalla legge di conversione<br />
del decreto.<br />
Questo termine ha poche possibilità di<br />
essere rispettato; d’altro canto il decreto<br />
stesso non prevede quale misura dovrà<br />
essere adottata per le regioni e gli<br />
enti locali inadempienti: forse il commissariamento?<br />
Anche per questo aspetto i comuni sono<br />
in difficoltà in quanto si troveranno,<br />
dopo il 1 gennaio 2007, ad applicare<br />
leggi regionali in contrasto con le disposizioni<br />
del decreto.<br />
L’autorità Garante della concorrenza e<br />
del mercato ha precisato che “in questi<br />
settori un ruolo di primo piano spetterà<br />
alle regioni che sulla base di queste disposizioni,<br />
che segnano il limite minimo<br />
di una regolazione efficiente, potranno<br />
spingersi anche oltre in senso più<br />
aperto, nel rispetto delle sole reali esigenze<br />
di interesse generale.”<br />
Il Ministero dello Sviluppo Economico,<br />
nella citata circolare n. 3603/C del 28<br />
settembre 2006, ha precisato che nelle<br />
regioni e nelle Province Autonome, che<br />
hanno già esercitato la potestà legislativa<br />
sulla materia del commercio per effetto<br />
dell’art. 117 della Costituzione, come<br />
modificato dalla legge costituzionale<br />
n. 3 del 2001, restano vigenti, fino<br />
al termine di cui all’art. 3, comma 4, del<br />
decreto (1 gennaio 2007), le disposizioni<br />
legislative e regolamentari emanate<br />
dagli enti territoriali.<br />
Una precisazione che nulla aggiunge a<br />
quanto già detto dal legislatore e che lascia<br />
aperti tutti i dubbi su come devono<br />
procedere i comuni dopo questa data<br />
che le regioni non saranno in grado<br />
di rispettare.<br />
4. Art. 3, comma 1, lettera a) - REC e<br />
requisiti professionali<br />
Il primo limite che viene eliminato dall’art.3,<br />
comma 1, lettera a) è:<br />
- l’iscrizione a registri abilitanti;<br />
- ovvero l’obbligo di possedere requisiti<br />
professionali soggettivi per l’esercizio<br />
di attività commerciali, fatti salvi quelli<br />
riguardanti il settore alimentare e la<br />
somministrazione degli alimenti e bevande.<br />
Questa disposizione porta a termine l’opera<br />
già intrapresa dal d.lgs n.114/98<br />
che ha eliminato l’obbligo dell’iscrizio-<br />
61<br />
ne nel R.E.C. per l’attività commerciale<br />
e della legge n.135/2001 che ha soppresso<br />
il R.I.T. per le imprese turisticoricettive.<br />
Il limite eliminato, quindi, è l’obbligo<br />
dell’iscrizione al REC per la somministrazione<br />
di alimenti e bevande ancora<br />
previsto dall’art. 2 della legge n.287/91.<br />
Non viene solo abolito l’obbligo di iscrizione<br />
al REC ma anche l’obbligo di possedere<br />
requisiti professionali soggettivi<br />
per l’esercizio di attività di commercio<br />
all’ingrosso e al dettaglio di prodotti non<br />
alimentari.<br />
Si tratta in questo caso di disposizioni<br />
regionali (2) che prevedono, in luogo dell’abolito<br />
REC, il possesso di requisiti<br />
professionali anche per la vendita di<br />
prodotti appartenenti al settore non alimentare.<br />
In particolare si rammenta che:<br />
- la regione Puglia, all’art.6 della L.R.<br />
n.11/2003, prevede il possesso di requisiti<br />
professionali per l'esercizio, in<br />
qualsiasi forma, di un'attività di commercio<br />
(sia alimentare che non alimentare),<br />
anche se effettuata nei confronti<br />
di una cerchia determinata di persone;<br />
- la regione Friuli Venezia Giulia, all’art.7<br />
della L.R.n.29/2005, prevede il<br />
possesso di requisiti professionali anche<br />
per l’esercizio dell’attività commerciale<br />
in sede fissa o sulle aree pubbliche di<br />
prodotti non alimentari (questa regione<br />
ha comunque mantenuto anche l’obbligo<br />
del REC per la somministrazione).<br />
Nelle regioni, quindi, ove è ancora vigente<br />
la legge n. 287/91, gli interessati,<br />
per ottenere il rilascio di autorizzazione<br />
alla somministrazione, devono, al<br />
momento della richiesta al comune del<br />
titolo autorizzativo, autocertificare il<br />
possesso dei requisiti professionali indicati<br />
dall’art. 2, comma 2, della legge<br />
n. 287/91 e quindi dichiarare in alternativa<br />
di:<br />
- aver frequentato con esito positivo corsi<br />
professionali istituiti o riconosciuti<br />
dalle regioni o dalle province autonome<br />
di Trento e di Bolzano, aventi a oggetto<br />
l'attività di somministrazione di<br />
alimenti e di bevande,<br />
- aver frequentato con esito positivo corsi<br />
di una scuola alberghiera o di altra<br />
scuola a specifico indirizzo professionale.<br />
(2) Per l’efficacia del d.l. n.223/06 sulle disposizioni<br />
regionali vedi al paragrafo precedente n.3
Con circolare la n. 3603/C del 28 settembre<br />
2006, il Ministero dello Sviluppo<br />
Economico ha precisato che “Per effetto<br />
della soppressione del Registro degli<br />
esercenti il commercio per l’attività<br />
di somministrazione di alimenti e bevande,<br />
deve ritenersi soppresso anche<br />
il requisito del superamento degli esami<br />
presso le Camere di commercio previsto<br />
dall’art. 2, comma 2, lettera c), ultimo<br />
periodo, della citata legge n. 287,<br />
direttamente finalizzato all’iscrizione.<br />
Con riferimento a quanto precisato, si<br />
richiama il parere della scrivente 1 agosto<br />
2006, n. 7084, in risposta ad un<br />
quesito dell’Unioncamere, con il quale,<br />
riguardo alle problematiche relative<br />
al periodo transitorio, si è ritenuto, al fine<br />
di non pregiudicare gli interessi e le<br />
aspettative dei cittadini che hanno presentato<br />
istanza presso le Camere di<br />
commercio in data antecedente al 4 luglio<br />
2006, che i relativi esami possano<br />
essere svolti e che il superamento dei<br />
medesimi possa essere ritenuto valido<br />
ai limitati fini del riconoscimento del requisito<br />
professionale per l’avvio dell’attività<br />
di somministrazione di alimenti e<br />
bevande”.<br />
Nella richiamata circolare il Ministero<br />
fornisce, inoltre importanti delucidazioni<br />
in merito al requisito della pratica<br />
commerciale, ovvero l’avere “prestato<br />
servizio, per almeno due anni negli<br />
ultimi cinque, presso imprese esercenti<br />
attività di somministrazione di alimenti<br />
e bevande, in qualità dipendenti<br />
qualificati addetti alla somministrazione,<br />
alla produzione o all’amministrazione<br />
o, se trattasi di coniuge, parente<br />
o affine entro il terzo grado dell’imprenditore,<br />
in qualità di coadiutore”<br />
(cfr. art. 2, comma 3, ultimo periodo,<br />
della legge n. 287).<br />
Questo requisito, sostiene il Ministero,<br />
può essere ritenuto valido ai fini della<br />
dimostrazione del possesso della qualificazione<br />
professionale, analogamente<br />
a quanto già previsto ai fini dell’avvio<br />
dell’attività di vendita nel settore<br />
alimentare dal d. lgs. n. 114 (cfr.<br />
art. 5, comma 5, lett. b).<br />
Gli interessati, oltre al requisito professionale,<br />
devono essere in possesso<br />
anche dei requisiti morali, previsti dall’art.2,<br />
comma 4, della legge n.<br />
287/91.<br />
I requisiti di onorabilità, prima verificati<br />
dalle Camere di Commercio, de-<br />
vono ora essere autocertificati dagli interessati<br />
con le modalità indicate dal<br />
D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, ed<br />
in particolare dagli artt. 38, 46 e 47.<br />
“Allo stato attuale, infatti, nel caso di<br />
avvio di attività di somministrazione di<br />
alimenti e bevande, il possesso dei requisiti<br />
professionali e di onorabilità<br />
previsti può essere comprovato con dichiarazioni<br />
sottoscritte dal soggetto interessato,<br />
ferme restando in capo al<br />
Comune, competente per territorio, le<br />
opportune verifiche nei termini e secondo<br />
le modalità previste dalle norme<br />
vigenti”.<br />
5. Art. 3, comma 1, lettera b) - Distanze<br />
minime<br />
Il comma 1 lettera b) dell’art.3 del d.l<br />
266/200 dispone inoltre che le attività<br />
di commercio e di somministrazione<br />
di alimenti e bevande siano svolte senza<br />
dover rispettare distanze minime<br />
obbligatorie.<br />
Questo limite è stato eliminato dalla<br />
legislazione nazionale ma può sopravvivere<br />
in disposizioni legislative<br />
regionali e regolamentari dei comuni<br />
che dovranno comunque adeguarsi<br />
entro il 1 gennaio 2007.<br />
Si rammenta, ad esempio, che la regione<br />
Lombardia, al punto 7.1 della<br />
Deliberazione della Giunta Regionale<br />
17/5/2004 n. VII/17516, recante<br />
“Indirizzi generali per il rilascio da<br />
parte dei comuni delle autorizzazioni<br />
relative alle attività di somministrazione<br />
di alimenti e bevande in attuazione<br />
della LR n. 30 del 24 dicembre<br />
2003” prevede che “I criteri comunali<br />
di cui all’articolo 9 della l.r. n. 30<br />
del 2003, previo parere della Commissione<br />
di cui all’articolo 20 della l.r.<br />
n. 30 del 2003, potranno prevedere limiti<br />
di distanza per esercizi di somministrazione<br />
solo a fronte di motivata<br />
esigenza volta ad evitare addensamenti<br />
di traffico, di disturbo alla quiete<br />
o alla sicurezza pubblica o simili e<br />
comunque non allo scopo di limitare<br />
la concorrenza”.<br />
L’obbligo di rispettare delle distanze<br />
minime obbligatorie è previsto nella<br />
maggioranza dei comuni per le attività<br />
di estetista che, come detto sopra, non<br />
rientrano nell’ambito di applicazione<br />
del decreto legge in argomento.<br />
62<br />
6. Art. 3, comma 1, lettera c) - Limitazioni<br />
quantitative<br />
L’art.3, comma 1, lettera c) elimina ogni<br />
limite quantitativo all’assortimento merceologico<br />
offerto negli esercizi commerciali,<br />
fatta salva - come precisato<br />
dalla legge di conversione - la distinzione<br />
tra settore alimentare e non alimentare.<br />
Questo limite è stato già superato per il<br />
commercio su aree private con il d.lgs<br />
n. 114/98 che ha previsto la possibilità<br />
per i commercianti di porre in vendita<br />
nel medesimo esercizio tutta la gamma<br />
dei prodotti alimentari e non alimentari.<br />
La fraseologia utilizzata dal legislatore<br />
è però ambigua in quanto specifica<br />
che viene eliminata ogni “limitazione<br />
quantitativa di assortimento merceologico”.<br />
Se il termine “limitazione<br />
quantitativa” viene letto estrapolandolo<br />
dal contesto, si tratta solo di eventuali<br />
limiti di quantità che non risultano essere<br />
attualmente imposti nella legislazione<br />
nazionale.<br />
Se invece il termine “limitazione quantitativa”<br />
viene letto unitamente a quello<br />
“di assortimento merceologico” e per<br />
“esercizi commerciali” si intendono tutte<br />
le attività commerciali che si svolgono<br />
su aree private e pubbliche (3) , si potrebbe<br />
sostenere che il limite rimosso<br />
concerne il numero delle merceologie<br />
che possono essere poste in vendita. Il<br />
Ministero dello Sviluppo Economico<br />
nella citata circolare n.3603/06, ha però<br />
precisato che la disposizione deve intendersi<br />
riferita agli esercizi di vendita<br />
in sede fissa e che non comporta conseguenze<br />
sulla programmazione del territorio<br />
nel caso di esercizio dell’attività<br />
sulle aree pubbliche. “Il principio introdotto<br />
intende impedire che all’interno<br />
del settore alimentare o non alimentare<br />
siano posti obblighi, riserve o<br />
limitazioni con riferimento ai prodotti<br />
esitabili, fatto salvo, ovviamente, il rispetto,<br />
ove sussistano, dei requisiti igienico<br />
sanitari previsti. La prescrizione va<br />
riferita, quindi, anche ai casi di eventuale<br />
programmazione territoriale caratterizzata<br />
dalla previsione di ulteriori<br />
suddivisioni all’interno del settore merceologico<br />
alimentare o non alimentare,<br />
(3) Si rammenta che il d.lgs n. 114/98, cui occorre fare<br />
riferimento per individuare le attività commerciali<br />
che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 3<br />
del decreto legge n.223/206
con riferimento a categorie merceologiche.<br />
Si ritiene che il principio enunciato<br />
a tutela della concorrenza non sia<br />
applicabile nel caso in cui prescrizioni<br />
relative a limitazioni dell’assortimento<br />
merceologico siano emanate per finalità<br />
di valorizzazione e salvaguardia delle<br />
aree o degli edifici aventi valore storico,<br />
archeologico, artistico o ambientale<br />
e, pertanto, per finalità costituzionalmente<br />
garantite.<br />
7. Art. 3, comma 1, lettera d) - Limiti<br />
a quote di mercato predefinite<br />
Sono eliminate anche eventuali limiti<br />
riferiti a quote di mercato predefinite<br />
o calcolate sul volume delle vendite a<br />
livello territoriale sub regionale. Si tratta,<br />
in questo caso, di evitare meccanismi<br />
di programmazione degli insediamenti<br />
commerciali fondati sul rispetto<br />
di determinati limiti antitrust.<br />
Non è possibile, quindi, stabilire programmazioni<br />
basate sulla determinazioni<br />
“…di volumi di vendite o quote<br />
massime di mercato, comunque individuate,<br />
riferite ad ambiti territoriali<br />
predefiniti, che non trovano riscontro<br />
nella normativa e nella giurisprudenza<br />
statale e comunitaria riguardante la tutela<br />
della concorrenza”.<br />
La disposizione, al momento, sembra<br />
trovare applicazione solo in riferimento<br />
alla legge regionale della Sicilia che<br />
ha stabilito limiti per la grande distribuzione.<br />
8. Art. 3, comma 1, lettere e) ed f) -<br />
Vendite promozionali<br />
Le vendite promozionali non possono<br />
essere più oggetto di divieti generali,<br />
salvo che non siano previsti dal diritto<br />
comunitario, né soggette ad autorizzazioni<br />
preventive né a limitazioni di ordine<br />
temporale o quantitativo salvo<br />
che nei periodi immediatamente precedenti<br />
i saldi di fine stagione per i<br />
medesimi prodotti.<br />
Il Ministero dello Sviluppo Economico,<br />
nella citata circolare, ha precisato che<br />
nell’utilizzare la locuzione “i medesimi<br />
prodotti” intendeva fare riferimento<br />
non al singolo prodotto ma alla medesima<br />
merceologia di prodotti stagionali<br />
o di moda tradizionalmente og-<br />
getto delle vendite di fine stagione. Già<br />
queste particolari vendite straordinarie<br />
erano state liberalizzate dal d.lgs<br />
n.114/98 che, all’art. 15,:<br />
- dispone che le vendite promozionali<br />
sono effettuate dall'esercente dettagliante<br />
per tutti o una parte dei prodotti<br />
merceologici e per periodi di tempo limitato;<br />
- non prevede obbligo di alcuna comunicazione<br />
né una particolare modalità<br />
di pubblicizzazione.<br />
Alcune regioni, diversamente da quanto<br />
indicato dal d.lgs n.114/98, hanno<br />
imposto limiti temporali e di durata all’effettuazione<br />
di queste vendite straordinarie<br />
e l’obbligo di comunicarne l’effettuazione<br />
al comune competente per<br />
territorio. Si cita, come esempio, la legge<br />
della regione Abruzzo n.62/1999<br />
che all’art. 32 dispone: “Le vendite<br />
promozionali di abbigliamento, calzature<br />
e relativi accessori non possono<br />
essere effettuate nei trenta giorni antecedenti<br />
i saldi e durante i saldi, né<br />
trenta giorni prima di Natale.<br />
La durata massima della vendita promozionale<br />
degli articoli merceologici<br />
di cui sopra è di trenta giorni. Per l'effettuazione<br />
delle stesse l'esercente è tenuto<br />
a darne preventiva comunicazione<br />
al Comune dove ha sede l'esercizio<br />
tramite lettera raccomandata almeno<br />
10 giorni prima dell'inizio della vendita<br />
con indicazione anche del periodo<br />
in cui essa si effettua.”<br />
Le regioni quindi, entro il 1 gennaio<br />
2007, dovranno adeguare le disposizioni<br />
in materia di vendite promozionali<br />
ai dettati del decreto legge Bersani<br />
che consente l’imposizione di un solo<br />
limite, introdotto dalla legge di conversione:<br />
il divieto di esecuzione nel<br />
periodo che precede i saldi.<br />
Il comma 2, dell’art. 3, del decreto legge<br />
n.223 fa salve le disposizioni che<br />
disciplinano le vendite sottocosto (e<br />
quindi il d.P.R. n. 218/2001) e i saldi<br />
di fine stagione (art. 15, comma 3, del<br />
d.lgs n. 114/98 e leggi regionali).<br />
Nulla dispone, invece, il decreto legge<br />
per le vendite di liquidazione. Su<br />
questo tema la circolare ministeriale<br />
così si esprime “Con riferimento alle<br />
vendite correlate ad eventi straordinari<br />
ed eccezionali dell’azienda (c.d.vendite<br />
di liquidazione), resta ferma la<br />
competenza degli enti territoriali regionali<br />
a valutare l’eventuale emana-<br />
63<br />
zione di disposizioni confermative o<br />
correttive della normativa vigente nel<br />
rispetto dei principi a tutela della concorrenza<br />
introdotti dall’art. 3.”<br />
L’autorità Garante della concorrenza e<br />
del mercato, nel parere espresso in data<br />
11 luglio 2006 sul testo del d.l.<br />
223/2006, ha sostenuto l’opportunità<br />
di sopprimere questo comma 2 in<br />
quanto non vi sono ragioni che giustificano<br />
il mantenimento di simili restrizioni<br />
alle politiche dei prezzi degli<br />
operatori. Questo parere non è stato tenuto<br />
in considerazione in quanto la<br />
legge di conversione non ha eliminato<br />
dal decreto legge le disposizioni del<br />
comma 2 in materia di vendite sottocosto<br />
e di saldi di fine stagione.<br />
9. Art. 3, comma 1, lettera f-bis) - Esercizi<br />
di vicinato e somministrazione<br />
La legge di conversione n. 248/06 ha<br />
introdotto, nell’art.3 comma 1 del decreto<br />
legge, la lettera f-bis) che dispone<br />
per eliminare “il divieto o l'ottenimento<br />
di autorizzazioni preventive<br />
per il consumo immediato dei prodotti<br />
di gastronomia presso l'esercizio di vicinato,<br />
utilizzando i locali e gli arredi<br />
dell'azienda con l'esclusione del servizio<br />
assistito di somministrazione e<br />
con l'osservanza delle prescrizioni<br />
igienico-sanitarie”.<br />
Per comprendere la portata di questa<br />
novella occorre rammentare che l’art.<br />
7, comma 3, del d.lgs n. 114/98 stabilisce<br />
che “ Fermi restando i requisiti<br />
igienico-sanitari, negli esercizi di vicinato<br />
autorizzati alla vendita dei prodotti<br />
di cui all'articolo 4 della legge<br />
25 marzo 1997, n.77 (4) , è consentito<br />
il consumo immediato dei medesimi<br />
a condizione che siano esclusi il servizio<br />
di somministrazione e le attrezzature<br />
ad esso direttamente finalizzati”.<br />
Gli esercizi di vicinato autorizzati<br />
alla vendita di prodotti alimentari, con<br />
l’entrata in vigore della legge di conversione<br />
n.248/06, possono effettuare,<br />
senza necessità di alcun autorizzazione<br />
aggiuntiva e fatta salva l'osservanza<br />
delle prescrizioni igienicosanitarie,<br />
la somministrazione di alimenti<br />
e bevande utilizzando i locali e<br />
gli arredi dell'azienda a condizione<br />
che non vi sia servizio assistito (servizio<br />
al tavolo).
Analoga disposizione è stata introdotta<br />
dalla legge di conversione nell’art.<br />
4 del decreto legge che detta disposizioni<br />
urgenti per la liberalizzazione<br />
dell’attività di produzione di pane e<br />
che, al comma 2-bis, consente ai panifici<br />
(e quindi alle imprese che producono<br />
il pane) “l'attività di vendita<br />
dei prodotti di propria produzione per<br />
il consumo immediato, utilizzando i<br />
locali e gli arredi dell'azienda con l'esclusione<br />
del servizio assistito di somministrazione<br />
e con l'osservanza delle<br />
prescrizioni igienico-sanitarie”.<br />
Si tratta di disposizioni che sicuramente<br />
saranno oggetto delle più disparate<br />
interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali;<br />
e non aiuta a fare chiarezza<br />
la circolare del ministero che<br />
precisa che: “Per quanto concerne gli<br />
arredi, richiamati nella disposizione, è<br />
di tutta evidenza che i medesimi devono<br />
essere correlati all’attività consentita,<br />
che nel caso di specie è la vendita<br />
per asporto dei prodotti alimentari<br />
e il consumo sul posto dei prodotti<br />
di gastronomia. In ogni caso, però, la<br />
norma che consente negli esercizi di<br />
vicinato il consumo sul posto non prevede<br />
una modalità analoga a quella<br />
consentita negli esercizi di somministrazione<br />
di alimenti e bevande di cui<br />
alla legge 25 agosto 1991, n. 287.<br />
Detta legge, infatti, nel disciplinare l’attività<br />
di somministrazione, stabilisce,<br />
all’art. 1, comma 1, che “per somministrazione<br />
si intende la vendita per il<br />
consumo sul posto” che si esplicita in<br />
“tutti i casi in cui gli acquirenti consumano<br />
i prodotti nei locali dell’esercizio<br />
o in una superficie aperta al pubblico,<br />
all’uopo attrezzati”. Nei locali<br />
degli esercizi di vicinato, quindi, gli arredi<br />
richiamati dalla disposizione non<br />
possono coincidere con le attrezzature<br />
tradizionalmente utilizzate negli<br />
esercizi di somministrazione , né può<br />
essere ammesso, in quanto espressamente<br />
vietato dalla norma, il servizio<br />
assistito. Fermo restando quanto sopra,<br />
si ritiene ammissibile, per consentire<br />
l’effettiva applicazione della disposizione<br />
e per garantire le condizioni minime<br />
di fruizione, l’utilizzo negli esercizi<br />
di vicinato di piani di appoggio di<br />
dimensioni congrue all’ampiezza ed<br />
alla capacità ricettiva del locale, nonché<br />
la fornitura di stoviglie e posate a<br />
perdere.”<br />
Leggendo questa precisazione ministeriale<br />
si ha la sensazione - per dirla<br />
con un vecchio proverbio - che si voglia<br />
“chiudere la stalla quando i buoi<br />
sono scappati”. Gli esercizi di vicinato,<br />
per il ministero, possono consentire<br />
il consumo sul posto dei prodotti alimentari<br />
in vendita solo avvalendosi “di<br />
posate a perdere e di piani di appoggio”.<br />
Chi scrive non comprende le ragioni<br />
per le quali possano essere arredi<br />
dell’azienda commerciale i piani di<br />
appoggio e non i tavoli e le sedie ma<br />
soprattutto perché un tavolo non sia<br />
“un piano di appoggio” che è un termine<br />
non definito in alcun modo dalla<br />
disciplina commerciale che regola<br />
la materia della vendita e della somministrazione<br />
dei prodotti alimentari.<br />
Si ritiene che, trattandosi di commercio,<br />
la vera interpretazione dell’ art.3,<br />
comma 1, lettera f-bis) debba essere,<br />
con urgenza, fornita dalle regioni.<br />
10. Art. 4 - Attività di produzione di<br />
pane<br />
L’articolo 4 del decreto legge abroga la<br />
legge 31 luglio 1956, n. 1002 (5) e la lettera<br />
b), del comma 2 dell'articolo 22<br />
del d.lgs 31 marzo 1998, n. 112 (6) che<br />
disponevano per i nuovi panifici l’obbligo<br />
di un’autorizzazione rilasciata<br />
(4) Legge 25 marzo 1997, n. 77 - Art. 4 . Servizi sostitutivi di mensa. 1. Per servizi sostitutivi di mensa resi a mezzo<br />
dei buoni pasto di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 3 marzo 1994, pubblicato<br />
nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del 21 marzo 1994, devono intendersi le somministrazioni di alimenti e bevande effettuate<br />
dai pubblici esercizi, nonché le cessioni di prodotti di gastronomia pronti per il consumo immediato effettuate<br />
da mense aziendali interaziendali, rosticcerie e gastronomie artigianali, pubblici esercizi e dagli esercizi<br />
commerciali muniti dell'autorizzazione di cui all'articolo 24 della legge 11 giugno 1971, n. 426, per la vendita dei<br />
generi compresi nella tabella I del<strong>l'allegato</strong> 5 al decreto 4 agosto 1988, n. 375 , del Ministro dell'industria, del commercio<br />
e dell'artigianato nonché dell'autorizzazione di cui all'articolo 2 della legge 30 aprile 1962, n. 283, per la<br />
produzione, preparazione e vendita al pubblico di generi alimentari, anche su area pubblica, e operate dietro commesse<br />
di imprese che forniscono servizi sostitutivi di mensa aziendale.<br />
(5) Legge 31 luglio 1956 n. 1002 “ Nuove norme sulla panificazione”.<br />
(6) D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 112 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli<br />
enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59”.<br />
64<br />
dalla Camera di Commercio che doveva<br />
accertare “l'opportunità del nuovo<br />
impianto in relazione alla densità<br />
dei panifici esistenti e del volume della<br />
produzione nella località ove è stata<br />
chiesta l'autorizzazione”.<br />
Il comma 2 dell’art. 4 prevede invece<br />
la possibilità di aprire un nuovo panificio<br />
ovvero di trasferire o di trasformare<br />
i panifici esistenti semplicemente<br />
con una dichiarazione di inizio attività<br />
da presentare al comune competente<br />
per territorio ai sensi dell'articolo<br />
19 della legge 7 agosto 1990,<br />
n. 241.<br />
La dichiarazione deve essere corredata:<br />
- dall'autorizzazione della competente<br />
Azienda sanitaria locale in merito ai<br />
requisiti igienico-sanitari;<br />
- dall'autorizzazione alle emissioni in<br />
atmosfera;<br />
- dal titolo abilitativo edilizio;<br />
- dal permesso di agibilità dei locali;<br />
- dall'indicazione del nominativo del<br />
responsabile dell'attività produttiva,<br />
che assicura l'utilizzo di materie prime<br />
in conformità alle norme vigenti, l'osservanza<br />
delle norme igienico-sanitarie<br />
e di sicurezza dei luoghi di lavoro<br />
e la qualità del prodotto finito.<br />
I comuni che devono ricevere questa<br />
dichiarazione sono anche preposti,<br />
unitamente alle autorità competenti in<br />
materia igienico-sanitaria, al controllo<br />
di queste attività prima soggette alla vigilanza<br />
del Ministero dell'industria e<br />
del commercio, che poteva disporre<br />
ispezioni anche a mezzo di propri funzionari.<br />
Come già in precedenza precisato,<br />
all’interno dei panifici è possibile<br />
consumare i prodotti della panificazione<br />
senza necessità di altro titolo<br />
autorizzativo, utilizzando i locali e gli<br />
arredi dell'azienda con l’esclusione del<br />
servizio assistito di somministrazione<br />
e con l'osservanza delle prescrizioni<br />
igienico-sanitarie.<br />
Il comma 4 dell’art. 4 dispone poi che,<br />
per lo svolgimento delle attività di panificazione<br />
senza rispettare le prescrizioni<br />
indicate nello stesso articolo, si<br />
applicano le sanzioni previste dall’articolo<br />
22, commi 1, 2, 5, lettera c), e<br />
7, del d.lgs n. 114/98.<br />
Alla liberalizzazione dell’attività di panificazione<br />
si contrappone, quindi,<br />
l’aumento delle sanzioni amministra-
tive previste per l’attività illecita - ovvero<br />
svolta senza la presentazione della<br />
prescritta DIA - in quanto l’art. 14<br />
della legge n. 1002/1956 prevedeva<br />
una sanzione amministrativa “da euro<br />
25,00 a euro 2.582,00”: l’art.22, comma<br />
1, del d.lgs n. 114/98 dispone invece<br />
per una sanzione amministrativa<br />
da euro 2.582,00 a euro 15.493,00.<br />
Con l’applicazione della sanzione amministrativa<br />
sarà inoltre possibile applicare<br />
la sanzione accessoria della sospensione<br />
dell’attività per un periodo<br />
non superiore a venti giorni (art. 22,<br />
comma 2, del d.lgs n. 114/98) ovvero<br />
ordinare la chiusura del panificio “nel<br />
caso di ulteriore violazione delle prescrizioni<br />
in materia igienico-sanitaria<br />
avvenuta dopo la sospensione dell'attività<br />
disposta ai sensi del comma 2<br />
(art. 22, comma 5, del d.lgs n. 114/98).<br />
Non è prevista invece la chiusura del<br />
panificio nell’ipotesi di apertura, trasferimento<br />
o trasformazione di un panificio<br />
senza la presentazione della<br />
d.i.a., in quanto l’art. 4, comma 4, del<br />
decreto legge non richiama nelle disposizioni<br />
sanzionatorie anche il comma<br />
6 dell’art. 22 del d.lgs n. 114/98<br />
che stabilisce la chiusura immediata<br />
dell'esercizio in caso di svolgimento<br />
abusivo dell'attività.<br />
Autorità competente ad adottare queste<br />
sanzioni amministrative pecuniarie<br />
ed accessorie è il comune competente<br />
per territorio, stante il richiamo al<br />
comma 7 dell’art.22 del d.lgs n.114/98.<br />
L’art.4 del decreto legge anticipa poi<br />
l’emanazione di un ulteriore provvedimento<br />
che dovrà regolare:<br />
a) la denominazione di "panificio" da<br />
riservare alle imprese che svolgono<br />
l'intero ciclo di produzione del pane,<br />
dalla lavorazione delle materie prime<br />
alla cottura finale<br />
b) la denominazione di "pane fresco"<br />
da riservare al pane prodotto secondo<br />
un processo di produzione continuo,<br />
privo di interruzioni finalizzate al congelamento,<br />
alla surgelazione o alla<br />
conservazione prolungata delle materie<br />
prime, dei prodotti intermedi della<br />
panificazione e degli impasti, fatto salvo<br />
l'impiego di tecniche di lavorazione<br />
finalizzate al solo rallentamento del<br />
processo di lievitazione, da porre in<br />
vendita entro un termine che tenga<br />
conto delle tipologie panarie esistenti<br />
a livello territoriale. Il Ministero dello<br />
Sviluppo Economico, nella richiamata<br />
circolare n.3603/C/2006, in merito alle<br />
disposizioni concernenti l’attività di<br />
panificazione, si limita a precisare che<br />
la disposizione, prevista nell’art.4,<br />
comma 2-bis, del decreto legge n.223<br />
consente il consumo sul posto nel caso<br />
di tutti i titolari di impianti di panificazione,<br />
sia quelli già in attività autorizzati<br />
in base alla legge n. 1002 del<br />
1956 sia ai nuovi impianti soggetti a<br />
dichiarazione di inizio attività e che le<br />
modalità applicative della disposizione<br />
sono quelle indicate per gli esercizi<br />
di vicinato. Consumo sul posto quindi,<br />
ma solo con posate usa e getta e su<br />
piani di appoggio (!).<br />
11. Art. 5 Vendita di farmaci<br />
Il decreto legge n. 223/2006 liberalizza<br />
anche la vendita di alcuni farmaci<br />
ed in particolare:<br />
- dei farmaci da banco o di automedicazione,<br />
di cui all'articolo 9-bis del<br />
decreto legge 18 settembre 2001, n.<br />
347, convertito, con modificazioni,<br />
dalla legge 16 novembre 200, n. 405 (7);<br />
- di tutti i farmaci o prodotti non soggetti<br />
a prescrizione medica;<br />
- dei prodotti omeopatici classificati<br />
come medicinali vendibili senza presentazione<br />
di ricetta medica;<br />
- dei medicinali per uso veterinario che<br />
possono essere acquistati senza ricetta.<br />
Il Ministero della salute, con circolare<br />
del 3/10/2006 n. 3 (G.U. 5/10/2006 n.<br />
232), ha precisato che negli esercizi<br />
commerciali possono essere posti in<br />
vendita:<br />
- solo preparazioni medicinali industriali<br />
e non medicinali preparati in farmacia<br />
anche se vendibili senza ricetta;<br />
- anche i farmaci vendibili senza ricetta<br />
di fascia A che in questo caso sono<br />
a carico dell’acquirente mentre se acquistati<br />
nelle farmacie sono dispensati<br />
a carico del Servizio Sanitario Nazionale.<br />
In particolare l’art.9-bis del D.L.<br />
n.347/2001, conv. con mod. in L.<br />
405/01, dispone che le confezioni<br />
esterne dei medicinali non soggetti a<br />
ricetta medica immessi sul mercato, a<br />
partire dal 1° marzo 2002, devono recare<br />
un bollino di riconoscimento che<br />
ne permetta la chiara individuazione<br />
da parte del consumatore: questo il<br />
bollino è stato definito con D.M. 1°<br />
65<br />
febbraio 2002 (Gazz. Uff. 8 febbraio<br />
2002, n. 33). La vendita di questi farmaci<br />
può essere effettuata da tutti gli<br />
esercizi commerciali (esercizi di vicinato,<br />
medie e grandi strutture), previa<br />
comunicazione:<br />
- al Ministero della Salute,<br />
- alla regione in cui ha sede l'esercizio.<br />
Il Ministero della salute, però, nella circolare<br />
n.3/2006, ha precisato che è opportuno<br />
inviare comunicazione preventiva<br />
anche:<br />
- all’Agenzia Agenzia Italiana del Farmaco<br />
(AIFA), che ha il compito di gestire<br />
una banca dati centrale per monitorare<br />
le confezioni dei medicinali<br />
all'interno del sistema distributivo al fine<br />
di evitare le frodi. Per questo motivo<br />
l’AIFA assegna al punto vendita un<br />
identificativo univoco, che deve essere<br />
richiesto al momento di invio della<br />
comunicazione;<br />
- al comune competente per territorio;<br />
- all’Ordine dei farmacisti, precisando<br />
il nominativo del farmacista che viene<br />
preposto alla vendita.<br />
Gli esercenti poi, oltre alla comunicazione,:<br />
- devono predisporre la vendita dei<br />
medicinali nell'ambito di un apposito<br />
reparto che può essere costituito da<br />
uno spazio dedicato esclusivamente a<br />
questa vendita ma anche da un singolo<br />
scaffale o da una parte di scaffale a<br />
condizione che gli spazi siano chiaramente<br />
separati in modo da escludere<br />
la commistione tra altri prodotti e i medicinali;<br />
- devono fornire la presenza e l'assistenza<br />
personale e diretta al cliente di<br />
uno o più farmacisti abilitati all'esercizio<br />
della professione ed iscritti al relativo<br />
ordine che devono, opportunamente,<br />
esporre il prescritto distintivo;<br />
- possono determinare liberamente lo<br />
(7) Decreto legge 18 settembre 2001 n. 347, convertito<br />
in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 16 novembre<br />
2001, n. 405 - art.9-bis. Medicinali non soggetti<br />
a ricetta medica.” 1. Le confezioni esterne dei medicinali<br />
non soggette a ricetta medica immesse sul mercato<br />
a partire dal 1° marzo 2002 devono recare un bollino<br />
di riconoscimento che ne permetta la chiara individuazione<br />
da parte del consumatore; il bollino sarà<br />
definito con decreto non regolamentare del Ministro<br />
della salute da emanare entro sessanta giorni dalla data<br />
di entrata in vigore della legge di conversione del<br />
presente decreto. È ammesso il libero e diretto accesso<br />
da parte dei cittadini ai medicinali di automedicazione<br />
in farmacia”.
sconto sul prezzo indicato dal produttore<br />
o dal distributore sulla confezione<br />
del farmaco, purché lo sconto sia<br />
esposto in modo leggibile e chiaro al<br />
consumatore e sia praticato a tutti gli<br />
acquirenti;<br />
- non possono effettuare concorsi, operazioni<br />
a premio e vendite sotto costo<br />
aventi ad oggetto farmaci;<br />
- non possono utilizzare per l’insegna<br />
di esercizio denominazione e simboli<br />
che identificano una farmacia ma possono<br />
fare uso della denominazione<br />
“parafarmacia” e come simbolo di<br />
quello previsto nel bollino dei medicinali<br />
vendibili senza prescrizione medica.<br />
Il Ministero della salute, nella circolare<br />
n.3/2006, evidenzia che l’art.9bis<br />
del D.L. 347/2001, conv. con mod.<br />
in L. 405/2001, stabilisce che è ammesso<br />
nelle farmacie il libero e diretto<br />
accesso da parte dei cittadini ai medicinali<br />
di automedicazione e che, pertanto,<br />
la possibilità del self service deve<br />
essere garantita anche per la vendita<br />
di questi medicinali negli esercizi<br />
commerciali con l’obbligo però di un<br />
farmacista sempre presente nel reparto<br />
e a disposizione dei clienti.<br />
Da ultimo è doveroso segnalare che il<br />
d.l. n.223/2006 nulla prevede per le<br />
sanzioni da applicare in caso di vendita<br />
di medicinali da banco o di automedicazione:<br />
- senza comunicazione preventiva;<br />
- senza la presenza costante di un farmacista;<br />
- senza la predisposizione di un apposito<br />
reparto.<br />
Il Ministero della salute, nella citata circolare,<br />
precisa che “La vendita di medicinali<br />
in esercizi commerciali diversi<br />
dalla farmacia comporta l'obbligo,<br />
per i titolari dei punti vendita e per i<br />
farmacisti che prestano la loro attività<br />
professionale nei medesimi, di rispettare<br />
la normativa vigente in materia di<br />
vendita al pubblico di medicinali”.<br />
Una parte della dottrina, alla luce di<br />
questa affermazione ministeriale, sostiene<br />
che la vendita di medicinali da<br />
banco o di automedicazione senza la<br />
preventiva comunicazione comporta<br />
violazione della legge 8 gennaio 1991,<br />
n.362, recante “Norme di riordino del<br />
settore farmaceutico”.<br />
In particolare l’art.3 della legge<br />
n.362/91 dispone che “1.Chiunque<br />
apre una farmacia o ne assume l’eser-<br />
cizio senza la prescritta autorizzazione<br />
è punito con l'arresto fino a un mese<br />
e con l'ammenda da euro 2.582 a<br />
euro 5.164.<br />
2. Nei casi indicati nel comma 1, l'autorità<br />
sanitaria competente ordina l'immediata<br />
chiusura della farmacia”.<br />
Chi scrive ha difficoltà a condividere<br />
questa interpretazione in virtù dell’art.1<br />
del c.p. che dispone “Nessuno può essere<br />
punito per un fatto che non sia<br />
espressamente preveduto come reato<br />
dalla legge, né con pene che non siano<br />
da essa stabilite”. Nel caso in esame,<br />
infatti, non si tratta dell’apertura<br />
di una farmacia ma della vendita solo<br />
di medicinali da banco o di automedicazione<br />
soggetti a preventiva comunicazione.<br />
Anche condividendo questa<br />
tesi rimane, comunque, privo di sanzione<br />
la vendita senza la presenza costante<br />
del farmacista e la non predisposizione<br />
di un apposto reparto.<br />
Sarebbe importante una chiara precisazione<br />
da parte del Ministero della salute<br />
ovvero dalle regioni in quanto<br />
competenti in materia di commercio.<br />
12. Art. 6 - Servizio Taxi<br />
La legge di conversione n. 248/06 sostituisce<br />
completamente il testo dell’art.<br />
6 del decreto legge n. 223/06 e, al fine<br />
di assicurare il tempestivo adeguamento<br />
dei livelli essenziali di offerta<br />
del servizio taxi necessari all'esercizio<br />
del diritto degli utenti alla mobilità, lascia<br />
via libera ai comuni che, sentite<br />
le commissioni consultive di cui all'articolo<br />
4, comma 4, della legge n.<br />
21/1992, ove funzionanti, o analogo<br />
organo partecipativo, possono:<br />
a) disporre turnazioni integrative in aggiunta<br />
a quelle ordinarie, per i quali i<br />
titolari di licenza si avvalgono di sostituti<br />
alla guida in possesso dei requisiti<br />
professionali prescritti dalla legge;<br />
b) bandire concorsi straordinari, anche<br />
in deroga alla programmazione<br />
numerica qualora questa manchi o non<br />
sia ritenuta idonea dal comune ad assicurare<br />
un livello di offerta adeguato,<br />
per il rilascio, a titolo gratuito o a titolo<br />
oneroso, di nuove licenze da assegnare<br />
ai soggetti in possesso dei requisiti<br />
professionali previsti;<br />
c) prevedere il rilascio ai soggetti in<br />
possesso dei requisiti professionali, e<br />
66<br />
in prevalenza ai soggetti che svolgono<br />
l’attività tramite cooperative o consorzi,<br />
di titoli autorizzatori temporanei o<br />
stagionali, non cedibili, per fronteggiare<br />
particolari eventi straordinari o<br />
periodi di prevedibile incremento della<br />
domanda e in numero proporzionato<br />
alle esigenze dell'utenza;<br />
d) prevedere in via sperimentale l'attribuzione,<br />
prevalentemente a favore<br />
di soggetti che svolgono l’attività tramite<br />
cooperative o consorzi, della possibilità<br />
di utilizzare veicoli sostitutivi<br />
ed aggiuntivi per l'espletamento di servizi<br />
diretti a specifiche categorie di<br />
utenti;<br />
e) prevedere in via sperimentale forme<br />
innovative di servizio all'utenza, con<br />
obblighi di servizio e tariffe differenziati,<br />
rilasciando a tal fine apposite autorizzazioni<br />
ai titolari di licenza del<br />
servizio di taxi o ai soggetti che svolgono<br />
l’attività tramite cooperative o<br />
consorzi<br />
f) prevedere la possibilità degli utenti<br />
di avvalersi di tariffe predeterminate<br />
dal comune per percorsi prestabiliti;<br />
g) istituire un comitato permanente di<br />
monitoraggio del servizio di taxi al fine<br />
di favorire la regolarità e l'efficienza<br />
dell'espletamento del servizio e di<br />
orientare costantemente le modalità di<br />
svolgimento del servizio stesso alla domanda<br />
effettiva, composto da funzionari<br />
comunali competenti in materia<br />
di mobilità e di trasporto pubblico e da<br />
rappresentanti delle organizzazioni di<br />
categoria maggiormente rappresentative,<br />
degli operatori di radiotaxi e delle<br />
associazioni degli utenti.<br />
13. Art. 11, comma 1 - Commissione<br />
soppresse<br />
L’art. 11, comma 1, del d.l. n.<br />
223/2006 dispone la soppressione delle<br />
commissioni istituite dall’articolo 6<br />
della legge 25 agosto 1991, n. 287, e<br />
quindi:<br />
- delle commissione comunali nei comuni<br />
con popolazione superiore a diecimila<br />
abitanti (anche se molti comuni<br />
hanno già soppresso questa commissione<br />
dopo l’entrata in vigore dell’art.<br />
41, comma 1, della legge 27 dicembre<br />
1997, n. 449);<br />
- della commissione provinciale nei<br />
comuni con popolazione non superio-
e a diecimila abitanti. Per effetto della<br />
soppressione gli atti di programmazione<br />
sono adottati dagli enti locali<br />
competenti per territorio sulla base delle<br />
disposizioni di cui alla citata legge<br />
n. 287. Si rammenta che nelle regioni<br />
ove è ancora vigente la legge n. 287/91<br />
trova ancora applicazione l’art.2, comma<br />
1, della legge n.25/96 che dispone:<br />
“Fino alla data di entrata in vigore<br />
del regolamento di esecuzione della<br />
legge 25 agosto 1991, n. 287, l'autorizzazione<br />
di cui ai commi 1 e 4 dell'articolo<br />
3 della medesima legge è rilasciata<br />
dai sindaci, previa fissazione<br />
da parte degli stessi, [su conforme parere<br />
delle commissioni previste dall'articolo<br />
6 della legge stessa], di un<br />
parametro numerico che assicuri, in relazione<br />
alla tipologia degli esercizi, la<br />
migliore funzionalità e produttività del<br />
servizio da rendere al consumatore ed<br />
il più equilibrato rapporto tra gli esercizi<br />
e la popolazione residente e fluttuante,<br />
tenuto anche conto del reddito<br />
di tale popolazione, dei flussi turistici<br />
e delle abitudini di consumo extradomestico”.<br />
14. Art. 38 - Misure di contrasto del<br />
gioco illegale<br />
L’art. 38 del d.l. 223/2006 introduce<br />
anche alcune novità in materia di apparecchi<br />
da intrattenimento per il gioco<br />
lecito di cui all’art. 110 del TULPS.<br />
In particolare il comma 6 dell’art.38<br />
modifica l'articolo 22, comma 6, della<br />
legge 27 dicembre 2002, n. 289, nel<br />
modo riportato nello riquadro verde.<br />
La modifica sembra solo interessare la<br />
tipologia dell’atto normativo con il<br />
quale individuare:<br />
- il numero massimo di apparecchi da<br />
intrattenimento di cui all'articolo 110,<br />
commi 6 e 7, del TULPS che possono<br />
essere installati presso pubblici esercizi<br />
o punti di raccolta di altri giochi autorizzati<br />
(nessun riferimento nel testo novellato<br />
alla limitazione di questi apparecchi<br />
anche per l’installazione di questi<br />
apparecchi negli esercizi commerciali<br />
o in altre aree aperte al pubblico);<br />
- nonché le prescrizioni da osservare ai<br />
fini dell’installazione.<br />
In attesa di un nuovo decreto dirigenziale,<br />
rimane vigente il decreto direttoriale<br />
27 ottobre 2003 recante “Deter-<br />
Con decreto dirigenziale del Ministero<br />
dell'economia e delle finanze<br />
- Amministrazione autonoma<br />
dei Monopoli di Stato, di concerto<br />
con il Ministero dell'interno,<br />
tenuto conto del parere della<br />
Conferenza Stato-città ed autonomie<br />
locali, sono individuati il numero<br />
massimo di apparecchi con<br />
riferimento alle loro diverse tipologie<br />
di cui all'articolo 110, commi<br />
6 e 7, del testo unico delle leggi<br />
di pubblica sicurezza, di cui al<br />
regio decreto 18 giugno 1931, n.<br />
773, e successive modificazioni,<br />
che possono essere installati presso<br />
pubblici esercizi o punti di raccolta<br />
di altri giochi autorizzati, fermo<br />
restando quanto stabilito dall’articolo<br />
1, comma 2, del regolamento<br />
di cui al D.M. 31 gennaio<br />
2000, n. 29 del Ministro delle finanze,<br />
nonché le prescrizioni da<br />
osservare ai fini dell'installazione,<br />
sulla base dei seguenti criteri direttivi:<br />
a) dimensione e natura dell'attività<br />
prevalente svolta presso l'esercizio<br />
o il locale;<br />
b) ubicazione dell'esercizio o del<br />
locale;<br />
minazione del numero massimo di apparecchi<br />
e congegni di cui all'art. 110,<br />
commi 6 e 7, lettera b) del testo unico<br />
delle leggi di pubblica sicurezza (TUL-<br />
PS), che possono essere installati presso<br />
esercizi pubblici, circoli privati e<br />
punti di raccolta di altri giochi autorizzati.<br />
Nell’art.38 del d.l.223/2006, inoltre,<br />
viene prevista, come ulteriore sanzione<br />
accessoria da applicarsi nei casi<br />
di reiterazione previsti dall'articolo<br />
110, comma 10, del TULPS, la decadenza<br />
delle autorizzazioni alla raccolta<br />
di giochi, concorsi o scommesse rilasciate<br />
dal Ministero dell’Economia e<br />
delle Finanze Amministrazione autonoma<br />
dei monopoli di Stato, dalla data<br />
di notifica del provvedimento di sospensione<br />
delle licenze od autorizzazioni<br />
stesse.<br />
Negli stessi casi si interrompono gli effetti<br />
dei contratti in ragione dei quali i<br />
soggetti raccolgono gioco su incarico<br />
di concessionari affidatari della raccolta<br />
di giochi, concorsi o scommesse.<br />
67<br />
Il numero massimo di apparecchi<br />
da intrattenimento di cui all'articolo<br />
110, commi 6 e 7, del<br />
testo unico delle leggi di pubblica<br />
sicurezza, di cui al regio<br />
decreto 18 giugno 1931, n. 773,<br />
e successive modificazioni, che<br />
possono essere installati presso<br />
pubblici esercizi o punti di raccolta<br />
di altri giochi autorizzati<br />
nonché le prescrizioni da osservare<br />
ai fini dell'installazione sono<br />
definiti con decreti direttoriali<br />
del Ministero dell'economia<br />
e delle finanze Amministrazione<br />
autonoma dei monopoli di<br />
Stato. Per i punti di vendita<br />
aventi come attività accessoria<br />
la commercializzazione dei prodotti<br />
di gioco pubblici, i decreti<br />
sono predisposti di concerto<br />
con il Ministero dell'interno,<br />
sentita la Conferenza Stato-città<br />
ed autonomie locali.<br />
Costituiscono criteri direttivi per<br />
la determinazione del numero<br />
massimo di apparecchi installabili<br />
la natura dell'attività prevalente<br />
svolta presso l'esercizio o<br />
il locale e la superficie degli<br />
stessi".<br />
Il comma 7 dell’art.38 del d.l<br />
n.223/2006 modifica, poi, l'articolo<br />
110, comma 6, lettera a), del TULPS<br />
sopprimendo le parole “ in monete<br />
metalliche".<br />
Questa locuzione "in monete metalliche"<br />
era riferita alla tipologia delle “…<br />
vincite in denaro, ciascuna comunque<br />
di valore non superiore a 100 euro,<br />
erogate dalla macchina in monete metalliche”…<br />
Con questa modifica, quindi, il legislatore<br />
sembra riservarsi la possibilità di individuare<br />
altre modalità con cui erogare<br />
le vincite in denaro, anche se il<br />
Decreto del Ministero dell’Economia e<br />
delle Finanze del 19.9.2006 (G.U.<br />
25/9/2006), che integra e modifica il decreto<br />
4 dicembre 2003, all’art. 1, comma<br />
5, ribadisce che “… le vincite sono<br />
distribuite esclusivamente in moneta a<br />
richiesta del giocatore ovvero, automaticamente,<br />
al raggiungimento dell’importo<br />
equivalente alla vincita massima.
Problematiche definitorie specifiche<br />
dei trattenimenti e spettacoli<br />
all’interno dei pubblici esercizi<br />
Un corretto approccio alla tematica delle<br />
attività di trattenimento e spettacolo<br />
all’interno dei pubblici esercizi, oltre, o<br />
forse prima ancora delle problematiche<br />
definitorie di cui agli artt. 68 e 69 del<br />
T.U.L.P.S., comporta la ricerca dell’esatto<br />
confine tra attività rilevanti e attività<br />
che, magari proprio per il loro insistere<br />
in locali caratterizzati dall’essere utilizzati<br />
per attività prioritarie di tipo diverso,<br />
quale ad esempio la somministrazione<br />
di alimenti e bevande, finiscono per<br />
rientrare nella sfera dell’irrilevante giuridico.<br />
(1)<br />
Un esempio, tratto peraltro dall’evoluzione<br />
della realtà storico- sociale italiana,<br />
per meglio comprendere quanto sopra<br />
detto: l’installazione di una televisione<br />
in un bar, che in passato ne costituiva<br />
una sicura attrattiva per la popolazione,<br />
oggi è considerata mero elemento<br />
di arredo e come tale, almeno di regola,<br />
non necessita di alcun tipo di autorizzazione.<br />
L’esempio è infatti paradigmatico<br />
- se ci è consentita l’apparente<br />
tautologia - dell’importanza di una lettura<br />
delle norma non statica, ma dinamica,<br />
“fluttuante”,per così dire, e come<br />
tale di certo più difficile da ancorare ad<br />
elementi oggettivi, ma non per questo arbitraria:<br />
semplicemente, ancorata alla società<br />
in quel particolare momento storico<br />
di riferimento. (2)<br />
Può accadere, dunque, che ciò che in un<br />
certo momento storico e in un certo contesto<br />
sociale era qualificato trattenimento<br />
o spettacolo, oggi non lo sia più perché<br />
divenuto d’uso comune; così come,<br />
all’inverso, può accadere che determi-<br />
ANTONELLA MANZIONE<br />
Comandante della Polizia municipale<br />
di Livorno<br />
SPETTACOLI ED INTRATTENIMENTO<br />
ALL’INTERNO DEI PUBBLICI ESERCIZI<br />
nate attività divengano di trattenimento,<br />
in quanto destinate a costituire punto di<br />
aggregazione, di attrattiva, di richiamo<br />
di pubblico, in base a canoni di divertimento<br />
un tempo incomprensibili. Ora,<br />
perché sia comunque necessaria l’autorizzazione<br />
di Polizia ex art. 68 o 69 del<br />
T.U.L.P.S., oltre che uno spettacolo o trattenimento,<br />
sia nell’accezione generale<br />
esaminata in premessa, sia in quella più<br />
particolare che ne caratterizza lo svolgimento<br />
in un diverso locale, occorre che<br />
suddetta attività si svolga, come è noto,<br />
in “luogo pubblico” o “aperto al pubblico”.<br />
Allo scopo, restano di fondamentale<br />
importanza le due sentenze della<br />
Corte Costituzionale n.142 del 15 dicembre<br />
1967 e 56 del 15 aprile 1970 (3)<br />
,con le quali si dichiarava rispettivamente<br />
la parziale illegittimità dell’art. 68 nella<br />
parte in cui vietava di dare feste da ballo<br />
in un luogo esposto al pubblico senza<br />
licenza del Questore, nonché nella<br />
parte in cui imponeva la licenza anche<br />
per i trattenimenti (la fattispecie da cui<br />
traeva origine la questione era il gioco<br />
delle bocce) da tenersi in luoghi aperti al<br />
pubblico, e non indetti nell’esercizio di<br />
attività imprenditoriali. Ora, per luogo<br />
aperto al pubblico si intende quel luogo<br />
chiuso o comunque delimitato in cui<br />
68<br />
l’accesso è consentito solo in un certo<br />
periodo o con l’osservanza di determinate<br />
condizioni poste da colui che esercita<br />
un diritto sul luogo stesso, quale un<br />
invito, il pagamento di un biglietto, l’orario<br />
di entrata, ecc., un esempio del<br />
quale è considerato tipicamente il pubblico<br />
esercizio. Proprio per questi ultimi,<br />
dunque, ed in particolare per quella species<br />
degli stessi rappresentata dai pubblici<br />
esercizi di somministrazione di alimenti<br />
e bevande, il requisito del carattere<br />
imprenditoriale dell’attività posta in<br />
essere, pure fissato dalla Corte nella già<br />
citata sentenza n. 56, diventa determinante<br />
per stabilire se un’attività di trattenimento<br />
o svago necessiti o meno di autorizzazione.<br />
Abbiamo in tal modo già fissato due importanti<br />
passaggi definitori comuni eppure<br />
particolari dei trattenimenti che si<br />
svolgono all’interno dei pubblici esercizi<br />
in genere, rispetto alle già evidenziate<br />
problematiche generali: innanzitutto<br />
occorre valutare la “potenzialità” attrattiva<br />
dell’attività posta in essere per stabilire<br />
se, proprio per il suo svolgersi in un<br />
luogo chiuso, in tal senso parificabile ad<br />
un’abitazione privata, l’attività possa ritenersi<br />
giuridicamente rilevante (4); poi -<br />
e spesso gli elementi dell’una e dell’al-<br />
(1) Per una disamina più ampia della tematica ora in esame, ci sia consentito rinviare a Manzione, Spettacoli e trattenimenti nei pubblici<br />
esercizi: disciplina e controllo, in Atti del Convegno di Riccione, Maggioli, 2004.<br />
(2) Interessante al riguardo la tematica della disciplina degli internet point, recentemente oggetto del D.L. 144/2005: dall’originaria<br />
asserita irrilevanza giuridica degli stessi (deliberazione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n.467/2000), si passa alla loro<br />
assimilazione a locali di intrattenimento e svago cui annettere pubblici esercizi di somministrazione di tipologia “C”, fino all’attuale<br />
regime autorizzatorio. Anche a questo proposito, ci sia consentito rinviare a Manzione,<br />
Nuova disciplina degli internet point, in Disciplina del commercio e dei servizi, Maggioli, 4,2005,p.809 ss.<br />
(3) Per il testo integrale delle sentenze citate si veda Giur.cost., 1967, 1677 e ivi, 1970, 607.<br />
(4) Ancora una volta, ben si comprende il concetto attraverso l’esempio della televisione così come stralciato dal concetto di spettacolo<br />
dalla giurisprudenza della Cassazione. Sono i giudici di legittimità (Cass., sez.I, 17 gennaio 1994, in Foro it.,1994,II, 591 )ad avere<br />
affermato per primi che la televisione, ovviamente ove non concorrano particolari condizioni che la circolare ministeriale citata<br />
nel prosieguo nel testo,proprio perché ormai bene di consumo diffuso, non costituisce più attrattiva del solo pubblico esercizio.
tra valutazione finiscono per coincidere<br />
- occorre individuare l’esatta accezione<br />
di tale richiesta imprenditorialità.<br />
Ora, se si pensa che ad agire è un soggetto<br />
già di per sé imprenditore, in quanto<br />
titolare di autorizzazione per pubblico<br />
esercizio, e dunque ex art. 86 del<br />
T.U.L.P.S., suddetta imprenditorialità parrebbe<br />
sussistere sempre. Si è cioè di fronte<br />
per definizione ad un soggetto che<br />
“…esercita professionalmente una attività<br />
economica organizzata al fine della<br />
produzione o dello scambio di beni o di<br />
servizi” (art.2082 c.c.).<br />
In poche parole, l’albergatore che realizza<br />
la festa di fine anno sicuramente lo<br />
fa nell’ambito della sua attività, appunto,<br />
di albergatore; stesso discorso per il<br />
gestore di un bar che movimenti le serate<br />
dei propri clienti con spettacoli di arte<br />
varia o musica o per il titolare di uno<br />
stabilimento balneare che realizzi attività<br />
varie di intrattenimento all’interno dello<br />
stesso, quali feste in spiaggia e simili. Gli<br />
esempi fatti già evidenziano, ci pare, la<br />
delicatezza della problematica in esame,<br />
vuoi sotto il profilo della sicurezza e incolumità<br />
delle persone in ragione dell’idoneità<br />
di strutture concepite ad altro<br />
scopo ad ospitare attività che rischiano<br />
di tramutarsi in vere e proprie discoteche,<br />
sia per le inevitabili doglianze delle<br />
categorie economiche specifiche a<br />
fronte del diffondersi di nuove modalità<br />
di divertimento sicuramente temibili in<br />
termini concorrenziali.<br />
Si tratta dunque di comprendere se ciò<br />
che conta è il semplice status di imprenditore<br />
del soggetto agente, scaturendone<br />
una sorta di responsabilità per posizione,<br />
o se, come appare più logico e più<br />
conforme ai principi generali dell’ordinamento,<br />
non occorra stabilire via via<br />
quale attività imprenditoriale in più egli<br />
abbia posto in essere, anche allo scopo<br />
di incentivare quella principale di cui è<br />
già titolare. Con tutte le difficoltà che<br />
un’indagine siffatta finisce per comportare,<br />
tant’è che molte pronunce giurisprudenziali<br />
sono la prova di un punto<br />
di partenza argomentativo di senso diametralmente<br />
opposto.<br />
E per restare all’esempio della televisione,<br />
che anche nei passaggi evolutivi successivi<br />
della sua disciplina ci fa comprendere<br />
la lettura necessariamente diacronica<br />
che occorre dare alle norme de<br />
quibus, vediamo ora come il Ministero<br />
dell’Interno, con propria circolare n.3469<br />
del 17 novembre 1998 ha fornito dei “distinguo”,<br />
peraltro ormai ben noti agli<br />
operatori di Polizia locale, per chiarire a<br />
quali condizioni l’apparecchio torni ad<br />
essere uno “spettacolo”, come tale necessitante<br />
di autorizzazione, e il luogo<br />
ove viene collocato subisca una tale trasformazione<br />
da necessitare di collaudo:<br />
• non è richiesta alcuna licenza per l’installazione<br />
di un apparecchio radiotelevisivo<br />
in un pubblico esercizio dove il<br />
cliente accede per le normali consumazioni,<br />
anche laddove vengano trasmesse<br />
su reti decodificate partite di calcio o<br />
altro;<br />
• occorre autorizzazione ex art. 69<br />
T.U.L.P.S. ove l’esercente pubblico faccia<br />
pagare un biglietto di ingresso per assistere<br />
allo spettacolo, anche sotto forma<br />
di aumento del prezzo della consumazione;<br />
• occorre altresì il previo collaudo del<br />
locale ove lo spettacolo venga offerto in<br />
sale o parti di sala appositamente allestite,<br />
con eventuale autorizzazione ex art.<br />
68 qualora l’esercente faccia anche pagare<br />
un prezzo di ingresso, come già detto<br />
con qualsivoglia modalità. (5)<br />
Ora, a ben vedere, sono proprio le indicazioni<br />
fornite dalla Cassazione nella<br />
pronuncia da ultimo citata ad evidenziare<br />
in che termini deve svilupparsi e di<br />
fatto si è sviluppato il dibattito sulla tematica<br />
ora in esame. Ciò che è mutato,<br />
si legge in motivazione, non è il precetto<br />
dell’art.666 c.p., che sanziona la mancanza<br />
di autorizzazione per spettacoli e<br />
trattenimenti, bensì il concetto stesso di<br />
spettacolo e trattenimento: occorre cioè<br />
una verifica concreta della sussistenza di<br />
fatti che non devono semplicemente<br />
rientrare in un’astratta logica definitoria,<br />
ma essere ancorati alla realtà sociale di<br />
riferimento. Solo tale legame con la<br />
realtà economico-sociale è ritenuto rispondente<br />
alla già evidenziata ratio delle<br />
norme, ovvero la tutela dell’ordine<br />
pubblico e della sicurezza di cittadini<br />
69<br />
che affluiscono in ambienti dove possono<br />
verificarsi affollamenti.<br />
Ed ecco che ciò consente di leggere nello<br />
stesso modo l’orientamento di chi ha<br />
via via ritenuto non necessaria l’autorizzazione<br />
per l’installazione di apparecchi<br />
radio e proiettori di immagini e suoni di<br />
vario genere, anch’essi beni di consumo<br />
per lo più oggi disponibili nelle singole<br />
abitazioni e come tali incapaci di costituire<br />
autonoma attrattiva del locale.<br />
A questo punto ci pare chiaro perché i<br />
cosiddetti disco-bar, terminologia ampia<br />
alla quale non corrisponde necessariamente<br />
una tipologia ben individuata di<br />
locali, ma che costituiscono, nei loro vari<br />
atteggiarsi, l’evoluzione ormai tipica<br />
del pubblico esercizio di somministrazione<br />
che voglia stare al passo con i tempi,<br />
costituiscano il nodo gordiano della<br />
tematica degli spettacoli e trattenimenti<br />
per l’odierno operatore di Polizia locale.<br />
In primo luogo, infatti, occorre verificare<br />
in concreto che l’attività posta in essere<br />
non rientri nel cosiddetto irrilevante<br />
giuridico,e quindi che non si tratti di<br />
un mero arricchimento dell’attività di ristorazione<br />
per il quale non sarà necessaria<br />
i alcun tipo di autorizzazione; quindi,<br />
occorrerà chiedersi se la relativa installazione<br />
risponda a criteri di imprenditorialità,<br />
ancora una volta richiamando<br />
i pochi punti fermi che poc’anzi si sono<br />
evidenziati. Ed è proprio il “relativismo<br />
storico” che deve ispirare la nostra<br />
indagine che rischia di portarci verso risultati<br />
non necessariamente univoci.<br />
Un altro esempio di assai frequente incidenza<br />
casistica per comprendere il senso<br />
delle presenti affermazioni: l’attivazione<br />
di un semplice piano-bar può ritenersi<br />
, come in un parere ANCI per altro<br />
piuttosto datato, attività libera, ovvero assoggettata<br />
ad autorizzazione ex art. 69<br />
T.U.L.P.S.<br />
La Prefettura di Modena, con propria circolare<br />
n.151/2° sett. del 1 febbraio 1995,<br />
intervenendo espressamente sull’argomento<br />
a seguito di sollecito da parte degli<br />
uffici comunali interessati, testualmente<br />
prevedeva “..al fine dell’attribuzione<br />
del carattere di trattenimento pub-<br />
(5) Il richiamo all’art.68, anziché al 69, contenuto testualmente nella circolare citata nel testo, peraltro in dispregio della norma regolamentare<br />
già esaminata in forza della quale se lo spettacolo o il trattenimento si svolge in un pubblico esercizio l’autorizzazione<br />
dovrebbe essere rilasciata sempre ai sensi dell’art.69, è frutto di altra prassi non supportata da dati di diritto positivo, ovvero quella di<br />
ancorare necessariamente la licenza ex art.80 del T.U.L.P.S., appunto, alla sola autorizzazione ex art.68, presumibilmente per la maggior<br />
“corposità” della manifestazione cui finisce con il riferirsi.
lico e spettacolo ad un locale in cui<br />
vengano esercitate in contemporanea altre<br />
attività occorre… fare riferimento al<br />
criterio della prevalenza.” L’attività di<br />
piano-bar, cioè, di cui la Prefettura sta<br />
concretamente parlando, non deve concretizzarsi<br />
palesemente in spettacolo o<br />
rappresentazione destinata ad un pubblico<br />
“… che vi assiste in maniera diretta<br />
e non incidentale e casuale”. (6)<br />
Analoga problematica pare insorgere per<br />
il cosiddetto Karaoke. Su tale apparecchio,<br />
la giurisprudenza ha sempre assunto<br />
un orientamento particolarmente<br />
rigoroso. Afferma infatti la Corte di<br />
Cassazione proprio per meglio definire<br />
tale specifica attività che “…per trattenimento<br />
si deve intendere qualsiasi riunione<br />
a scopo di divertimento alla quale<br />
partecipano attivamente gli intervenuti,<br />
sicché in tale concetto rientra anche<br />
l’attività di diffusione di musica con<br />
il supporto video e la partecipazione del<br />
pubblico”. (7)<br />
Parte della dottrina, invece, tende ad<br />
operare anche a questo proposito un distinguo<br />
tra il caso in cui il Karaoke sia installato<br />
in sale appositamente attrezzate<br />
con la presenza di un animatore, che richiederebbe,<br />
in analogia con quanto già<br />
visto per gli apparecchi televisivi, sia l’autorizzazione<br />
ex art. 68 del T.U.L.P.S., sia<br />
il collaudo del locale e quello in cui esso<br />
venga utilizzato alla stessa stregua di<br />
un Juke-box, nel qual caso, non si comprende<br />
bene perché, si farebbe ricorso<br />
allo strumento generale della DIA di cui<br />
all’art.19 della L.241/90. (8)<br />
Come si vede, non esiste univocità di vedute<br />
al riguardo, con la conseguenza che<br />
non potranno essere univoche neppure<br />
le conseguenze sanzionatorie (9). A ben<br />
guardare, proprio l’ipotesi del juke-box<br />
a sua volta è stata oggetto di dibattito dottrinario<br />
e giurisprudenziale sempre confermativo<br />
della linea di indirizzo che stiamo<br />
cercando di tracciare, Persino la<br />
Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi<br />
sulla legittimità degli artt.68,<br />
69, 72 e 86 del T.U.L.P.S. per asserito<br />
contrasto, tra gli altri, con l’art. 41 Cost.<br />
quale norma posta a tutela della libertà<br />
di iniziativa economica privata proprio<br />
in relazione, tra l’altro, ad una fattispecie<br />
di collocazione di un juke-box in un<br />
pubblico esercizio, ha dichiarato la non<br />
fondatezza della questione sulla scorta<br />
della considerazione che comunque la<br />
prescrizione di un titolo per il singolo<br />
trattenimento all’interno di un pubblico<br />
esercizio, si inquadra razionalmente proprio<br />
nel sistema dei limiti che circondano<br />
l’iniziativa privata. Più specificamente,<br />
come la Corte aveva già chiarito in<br />
una precedente pronuncia, la n.110 del<br />
1973, occorre una specifica autorizzazione<br />
in ordine a qualsiasi attività, anche<br />
se affine, non compresa nella licenza di<br />
cui un esercizio sia già fornito. (10)<br />
E ancor più interessante per l’attualità del<br />
relativo contenuto l’affermazione in forza<br />
della quale “…la presenza, nell’esercizio<br />
pubblico, pur di un solo juke-box,<br />
e di un solo flipper (11) , può rilevare …in<br />
varia guisa: può incidere sul flusso, o sullo<br />
stesso genere della clientela, o toccare<br />
per altro verso, secondo le circostanze,<br />
le esigenze della collettività, che l’organo<br />
competente al rilascio della licenza<br />
è tenuto a valutare. Il fatto, infine, che<br />
all’autorità di pubblica sicurezza è consentito<br />
di imporre a chiunque ottenga un’<br />
autorizzazione di Polizia altre prescri-<br />
(6) La circolare è riportata per esteso in Malavasi, Circoli privati e pubblici esercizi, Manuale operativo per l’attività di controllo e la<br />
corretta gestione, Santarcangelo di Romagna, 2001,273.<br />
(7) Cfr.Cass.,sez I, 28 Ottobre 1996, in Giust. Pen, II, 441 ss.<br />
(8) In tal senso Malavasi, op. cit., , p.112.Si ricordi tuttavia che la Prefettura di Modena, nella circolare riportata dallo stesso autore<br />
e richiamata nel testo, ipotizza invece che nel caso di karaoke ubicato nel medesimo locale ove avviene la somministrazione ci si<br />
limiti a regolamentarne l’utilizzo includendo apposite prescrizioni, ad esempio di orario, ex art. 9 del T.U.L.P.S., nella licenza di pubblico<br />
esercizio cui il karaoke per così dire accede.<br />
(9) Nell’esempio prospettato sub nota precedente dell’inserzione del trattenimento quale condizione nell’autorizzazione del pubblico<br />
esercizio, secondo il suggerimento operativo della Prefettura di Modena, la relativa violazione delle prescrizioni sarà sanzionata<br />
secondo il sistema generale ex art.17-bis, c.2 T.U.L.P.S. Non solo, ma se la prassi di un Comune è nel senso sopra esplicitato, parrebbe<br />
rimanere del tutto priva di sanzione la fattispecie del Karaoke o del Juke-box installato nel locale di somministrazione senza<br />
che sia stata inclusa alcuna condizione nell’autorizzazione specifica di quest’ultimo.<br />
(10) Corte Cost. 22 dicembre 1982, n.229. Nel caso di specie il giudizio di rimessione si riferiva, come accennato nel testo, alla<br />
installazione di un elettrogrammofono a gettone (juke-box), e il Giudice a quo aveva evidenziato come essa, avvenendo in un bar<br />
provvisto di licenza, non ne avrebbe certo mutato la destinazione funzionale. Avremo modo di evidenziare nel prosieguo delle presenti<br />
note come il criterio del mutamento della destinazione funzionale possa rilevare ad altri scopi nella tematica ora in esame.<br />
(11) La Corte, infatti, ha dovuto occuparsi anche di tale apparecchio da gioco, sottoposto, come è noto, a diversa disciplina normativa,<br />
ancorché con lo stesso esito.<br />
(12) Il caso citato nel testo è stato esaminato da Cass., sez.VI, n.1887 del 4 dicembre 1969.<br />
(13) Per un’ interessante disamina della casistica giurisprudenziale in materia di spettacoli e trattenimenti all’interno dei pubblici esercizi<br />
si veda Gambacurta, L’organizzazione di spettacoli e trattenimenti all’interno dei pubblici esercizi,<br />
in Commercio e servizi, 2000, 1, 21 ss.<br />
70<br />
zioni, otre quelle stabilite dalla legge,<br />
nulla toglie all’utilità e giustificatezza dell’apposita<br />
licenza qui richiesta: giova,<br />
semmai, a meglio dimostrarla”.<br />
Come si vede, dunque, deve cercarsi un<br />
criterio per così dire “ontologico” o di<br />
sostanza per stabilire se quel tipo di attività<br />
in quel particolare momento storico<br />
e in relazione a quel particolare contesto<br />
socio-economico costituisce trattenimento<br />
o spettacolo, ovvero se, come<br />
poc’anzi detto, la sua presenza comporta<br />
un’incidenza sul flusso delle persone,<br />
e conseguentemente giustifica la necessità<br />
di un tipo di autorizzazione che comunque<br />
risponde ad esigenze di tutela<br />
dell’ordine pubblico ed è diversa e aggiuntiva<br />
rispetto a quella già posseduta<br />
dal gestore del locale.<br />
Come si vede, ogni tassello del nostro<br />
mosaico ricostruttivo finisce per divenire<br />
quasi tautologico dell’assioma dal quale<br />
siamo partiti. E nella stessa direzione<br />
occorre ribadire che se un’attività astrattamente<br />
riconducibile al genus “spettacolo”<br />
o “trattenimento” viene realizzata<br />
in un luogo aperto al pubblico, è altresì<br />
necessario che ciò avvenga nell’esercizio<br />
di attività imprenditoriale. Ora, se<br />
non vi è alcun dubbio circa la non riconducibiltà<br />
al concetto di imprenditorialità<br />
del caso, pure sottoposto al vaglio<br />
della giurisprudenza,del titolare di una<br />
sala cinematografica o di una sala parrocchiale<br />
che consente in detti locali lo<br />
svolgimento di trattenimenti nuziali, è<br />
evidente che le zone chiaroscurali nella<br />
materia de qua restano molteplici. (12)<br />
Accanto, dunque, all’idoneità del trattenimento<br />
in ragione delle diverse contingenze<br />
storiche al relativo scopo,sulla<br />
quale non ci stancheremo mai di tornare,<br />
occorre individuare una struttura di<br />
impresa finalizzata esplicitamente, anche<br />
se non esclusivamente, alla relativa<br />
attività di trattenimento. (13)<br />
Anche a questo proposito, gli indirizzi<br />
forniti dalla giurisprudenza appaiono<br />
piuttosto rigorosi, per cui si è assistito ad<br />
un continuo tentativo da parte della dottrina<br />
di erodere l’ambito di operatività<br />
delle norme de quibus per sottrarre alle<br />
stesse tutta una serie di attività ormai diffusissime<br />
nel tessuto sociale. Pertanto,<br />
mentre la Cassazione ha affermato via<br />
via apoditticamente che è sempre configurabile<br />
l’ illecito di cui all’art 666 c.p.
a carico del gestore di un albergo il quale<br />
allestisca nel proprio locale intrattenimenti<br />
musicali, avendo egli agito per ciò<br />
solo nell’esercizio della propria attività<br />
imprenditoriale, ovviamente purché ciò<br />
abbia fatto senza la specifica licenza dell’autorità,<br />
la dottrina tenta interpretazioni<br />
alternative sulla base della fruibilità<br />
del trattenimento o spettacolo da parte<br />
dei soli clienti del pubblico esercizio che<br />
lo ospita o meno. (14)<br />
Un suggerimento di diritto positivo parrebbe<br />
desumibile dal testo della<br />
L. 287/91, di disciplina dei pubblici esercizi<br />
di somministrazione di alimenti e bevande:<br />
nell’elencare le relative tipologie<br />
degli stessi, infatti, l’art 5 della legge cita<br />
anche quelli “… in cui la somministrazione<br />
di alimenti e di bevande viene<br />
effettuata congiuntamente ad attività di<br />
trattenimento e svago…”, con ciò ammettendo<br />
espressamente da un lato la<br />
eterogeneità delle due attività, dall’altro<br />
la possibilità che le stesse, ancorchè abbinate,<br />
necessitino di distinti titoli di legittimazione.<br />
E ancor meglio, l’art 3, c.<br />
6, lett. d), laddove esclude l’applicabilità<br />
dei parametri numerici previsti<br />
per i pubblici esercizi di somministrazione<br />
in genere, cita quelli di cui sopra<br />
(la cosiddetta tipologia ”C”) solo<br />
ove l’attività congiunta di trattenimento<br />
e svago risulti prevalente: con<br />
ciò ammettendo che un bar, un ristorante<br />
o simile possa svolgere la sua attività<br />
tipica di ristorazione “arricchendola”<br />
di spettacoli e trattenimenti<br />
sporadici, periodici o comunque<br />
non prevalenti.<br />
Ma è ovvio che l’indicazione legislativa<br />
sopra citata si riferisce a casi in<br />
cui il problema è risolto alla radice dal<br />
legislatore, perché, come abbiamo detto,<br />
il doppio titolo - per la somministrazione<br />
e per il trattenimento - esistono<br />
per definizione, tant’è che ciò<br />
connota la tipologia “C” del pubblico<br />
esercizio stesso. In poche parole, costituisce<br />
un argomento nel senso della<br />
ammissibilità del doppio titolo di<br />
legittimazione o anche semplicemente<br />
della coesistenza dei due tipi di attività,<br />
ma non ci fornisce alcun aiuto<br />
per risolvere la casistica oggetto delle<br />
presenti note: là somministrazione e<br />
trattenimento stanno insieme perché<br />
sono nati insieme; qui prima nasce<br />
un’attività di somministrazione, poi si<br />
arricchisce con uno o più spettacoli o<br />
trattenimenti. Se così non fosse, non<br />
potrebbe trarsi alcuna argomentazione<br />
dal fatto che il trattenimento si rivolga<br />
ai soli clienti del pubblico esercizio<br />
senza guadagno aggiuntivo: per<br />
definizione, i clienti dei pubblici esercizi<br />
di somministrazione di tipologia<br />
“C” forniscono alimenti e bevande ai<br />
fruitori del trattenimento, e ne debbono<br />
rispettare anche l’orario ove quest’ultimo<br />
risulti prevalente. Potrà infatti<br />
anche accadere astrattamente che<br />
un imprenditore intenda attivare sin<br />
dall’inizio quella particolare tipologia<br />
di locale che abbiamo genericamente<br />
denominato disco-bar. Ma in tale ipotesi,<br />
le problematiche operative saranno<br />
risolte a priori dalla disciplina<br />
della L.287 e del T.U.L.P.S., nel senso<br />
che il soggetto sarà munito sin dall’inizio<br />
della sua attività di entrambe le<br />
autorizzazioni e non si porranno problemi<br />
per così dire di patologia, correlati<br />
per lo più alla trasformazione<br />
postuma di un locale nato ad altro<br />
scopo.<br />
Per stabilire, dunque, come si possa<br />
valutare l’imprenditorialità dell’attività<br />
di trattenimento o svago all’interno di<br />
un pubblico esercizio occorre effettuare<br />
un’indagine attenta ed aggiuntiva.<br />
Particolarmente utili sembrano le<br />
indicazioni fornite dalla giurisprudenza<br />
in materia di indici di imprenditorialità<br />
dell’attività di somministrazione<br />
di un circolo privato,e dunque di<br />
natura non privata dello stesso (15):<br />
• pagamento di un biglietto di ingresso<br />
in concomitanza con lo svolgimento<br />
dello spettacolo o trattenimento,<br />
anche sotto forma di aumento del<br />
prezzo;<br />
• pubblicità degli spettacoli o trattenimenti<br />
mediante messaggi o strumenti<br />
diretti alla generalità dei cittadini,<br />
quali i messaggi radiofonici, in-<br />
72<br />
serzioni su quotidiani, affissioni, ecc.<br />
Altri elementi ancora possono trarsi<br />
dalle indicazioni ministeriali in materia<br />
di trasformazione dei locali e dunque<br />
con la diversa finalità di stabilire<br />
la necessarietà o meno della licenza<br />
ex art.80 del T.U.L.P.S. Nello specifico,<br />
con nota 20 giugno 1996 diretta<br />
alla Prefettura di Pesaro Urbino il<br />
Ministero dell’Interno ha infatti testualmente<br />
detto che “…la cadenza<br />
saltuaria, tipica delle discoteche che<br />
di solito operano il sabato e la domenica,<br />
configura attività di trattenimento…perché<br />
in tale ipotesi non può più<br />
parlarsi di locale pubblico dove l’attività<br />
principale è la ristorazione e lo<br />
spettacolo rappresenta solo attività<br />
complementare”.<br />
Se così è, qualche punto fermo siamo<br />
sicuramente riusciti a darcelo: i cosiddetti<br />
disco-bar, per il fatto stesso<br />
che si autodefiniscono tali in un’insegna<br />
o analogo messaggio pubblicitario,<br />
creano un mutamento quantitativo<br />
o qualitativo nel flusso della clientela<br />
e come tali impongono un apposito<br />
titolo di legittimazione per l’attività<br />
ancorché di solo intrattenimento<br />
musicale, anziché danzante; lo stabilimento<br />
balneare che reclamizza la festa<br />
di fine stagione su radio a circuito<br />
addirittura nazionale, difficilmente potrà<br />
sostenere di aver voluto congedarsi<br />
“alla grande”solo dalla propria<br />
clientela; il ristoratore che organizza<br />
un cenone di fine anno allietato da orchestrina,<br />
per il solo fatto di aver reclamizzato<br />
la riunione a scopo di divertimento<br />
garantendone l’accessibilità<br />
a un numero indeterminato di persone<br />
con l’unica condizione della partecipazione<br />
retribuita alla cena, deve<br />
munirsi dell’apposita licenza (16) ed<br />
analogamente l’albergatore alle medesime<br />
condizioni; ma se per contro,<br />
e per rimanere agli esempi fatti, la medesima<br />
festa o trattenimento rimane<br />
nell’ambito dell’attività principale del<br />
pubblico esercizio, sia esso uno stabi-<br />
(14) Cfr per tutte Cass, sez 1, n.10610 del 22 novembre 1997, dove si legge che è sempre necessaria la licenza ex art 68 T.U.L.P.S<br />
. , in quanto finalizzata alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini che affluiscono in luoghi aperti al pubblico.<br />
Il Giudice di primo grado, per contro, aveva assolto il gestore con la formula “ perché il fatto non è previsto dalla legge come<br />
reato”. In dottrina, ci sia consentito rinviare ancora a Manzione , Locali, impianti ed attività di trattenimento e svago: disciplina e<br />
controllo, cit.<br />
(15) Per gli spettacoli all’interno dei circoli, si vedano i limiti contenuti nel D.P.C.M. 16 settembre 1999, n.504 e la circolare del<br />
Ministero delle finanze n.165 del 7 settembre 2000, sulle quali torneremo nel prosieguo della trattazione.<br />
(16) In tal senso cfr. Cass.,sez.I, 5 ottobre-1 dicembre 1998,n.13025.
limento balneare, una struttura ricettiva<br />
o altro, e l’attività preponderante,<br />
per la quale si accede alla struttura, resta<br />
quella che ne è tipica, tant’è che<br />
l’attività di trattenimento non avrebbe<br />
ragion d’essere senza di esse, allora si<br />
potrà ritenere non necessaria la licenza<br />
ex art. 68 o 69 del T.U.L.P.S. (17).<br />
Volendo dunque tirare le fila del discorso<br />
di cui sopra e in particolare dei<br />
suggerimenti di interpretazione evolutiva<br />
via via forniti dai giudici di legittimità<br />
alla luce della diffusione di certi<br />
costumi e del loro progressivo rientrare<br />
nella normalità gestionale di un pubblico<br />
esercizio che voglia porsi in maniera<br />
concorrenziale, ovviamente per la<br />
sua attività tipica, sul mercato parrebbe<br />
sostenibile che, perché l’attività di svago<br />
“a corredo” comporti anche la necessità<br />
di un autonomo titolo di legittimazione,<br />
debba essere individuato uno scopo di<br />
lucro in più, quella che, se ci si consente<br />
di coniare al riguardo un neologismo<br />
piuttosto incisivo, oseremmo definire una<br />
sorta di “imprenditorialità aggiuntiva”.<br />
Quanto sopra, ovviamente, solo sotto il<br />
profilo della necessarietà o meno di autorizzazione<br />
ex artt.68 e 69 del<br />
T.U.L.P.S., ma fermo restando il rispetto<br />
della vigente disciplina, pure riconducibile<br />
al R.D. del 1931, in tema di sicurezza<br />
dei locali di pubblico spettacolo.<br />
Problematiche definitorie<br />
in materia di agibilità dei locali<br />
di trattenimento e svago<br />
(art. 80 del T.U.L.P.S.)<br />
Le lacune definitorie già evidenziate nel<br />
paragrafo precedente diventano ancor<br />
più dense di significati se dal piano della<br />
tutela dell’ordine pubblico ci si sposta<br />
a quello della tutela della sicurezza, posta<br />
a base dell’art.80 del testo unico, e<br />
quindi presupposto della licenza di agibilità<br />
del locale dove si intende realizzare<br />
il trattenimento o spettacolo.<br />
La norma - art. 80 T.U.L.P.S. appena citato<br />
- la cui portata testuale, per l’utilizzo<br />
fattone nella prassi, finisce per sfuggire,<br />
letteralmente prevede la licenza di<br />
agibilità per l’apertura di teatri o di luoghi<br />
di pubblico spettacolo.<br />
I luoghi di trattenimento, come si vede,<br />
non sono neppure menzionati. Tuttavia,<br />
nessuno dubita che il preventivo “collaudo”<br />
e la conseguente licenza di agibilità<br />
possa avere ad oggetto anche un<br />
locale di trattenimento - tipico esempio,<br />
una discoteca - secondo la distinzione<br />
che in qualche modo si è cercato di fornire<br />
sin dalle considerazioni introduttive<br />
delle presenti note. Non a caso, la “regole<br />
tecnica” contenuta nella circolare<br />
15 febbraio 1951, n.16 - Norme di sicurezza<br />
per la costruzione, l’esercizio e la<br />
vigilanza dei teatri, cinematografi ed altri<br />
locali di spettacolo in genere-sin dal<br />
tale anno ha esteso la propria operatività<br />
anche ai locali di trattenimento, effettuando<br />
una sorta di interpretazione autentica<br />
della norma del T.U.L.P.S. che di<br />
fatto si è risolta in un’ estensione del suo<br />
ambito operativo originario, a tutela di<br />
importantissime esigenze di sicurezza altrimenti<br />
disattese dal legislatore. Suddetta<br />
estensione, d’altro canto, veniva fatta<br />
senza tener conto neppure dell’originaria<br />
formulazione dell’art. 142 del regolamento<br />
di esecuzione del T.U.L.P.S., R.<br />
D. 6 maggio 1940, n. 635: prima infatti<br />
della novella del 2001, sulla quale avremo<br />
modo di tornare nel prosieguo, la<br />
norma assoggettava alla vigilanza dell’apposita<br />
Commissione i nuovi teatri e<br />
gli altri “locali di pubblico spettacolo”,<br />
anche qui senza menzionare affatto quelli<br />
di pubblico trattenimento.<br />
Oggi invece può riscontrarsi un difetto<br />
di coordinamento tra la formulazione letterale<br />
dell’art. 80 T.U.L.P.S., rimasta immutata,<br />
e quella dell’attuale art. 141, che<br />
nell’elencare i compiti delle Commissioni<br />
di vigilanza esordisce al comma 1, lett.<br />
a), citando accanto ai locali o impianti -<br />
e anche su quest’ultima parola dovremo<br />
tornare - di pubblico spettacolo, appunto<br />
quelli di trattenimento. In pratica, ha<br />
finito per essere tradotta in norma, l’interpretazione<br />
extranormativa originariamente<br />
fornita dalla regola tecnica.<br />
Del resto, forse, proprio a tale espressione<br />
letterale è da attribuire la prassi, assai<br />
diffusa presso le pubbliche amministrazioni,<br />
ma di fatto priva di senso giuridico,<br />
di ancorare la preventiva licenza di<br />
(17) L’esempio riportato dello stabilimento balneare, particolarmente problematico per gli operatori dei <strong>Comuni</strong> che con gli stessi<br />
devono confrontarsi, ben consente di comprendere l’assunto riportato nel testo:se occorre che l’accesso avvenga alla struttura in<br />
quanto tale e per i servizi che la caratterizzano, non per il solo trattenimento, è evidente che la disciplina generale del relativo<br />
orario di apertura finisce per avere conseguenze determinanti sull’inquadramento del singolo trattenimento.<br />
73<br />
agibilità solo ad una autorizzazione ex<br />
art. 68, anziché ex art. 69 T.U.L.P.S., come<br />
se appunto il “collaudo” fosse necessario<br />
esclusivamente per i locali di<br />
spettacolo.<br />
Un altro problema riconducibile comunque<br />
agli aspetti definitori delle norme<br />
ora in esame è rappresentato poi dalla<br />
esatta individuazione di ciò che deve<br />
essere oggetto di collaudo. Un esempio<br />
per comprendere meglio la problematica:<br />
il percorso della sfilata di carri allegorici<br />
in occasione del carnevale deve<br />
essere oggetto di collaudo?<br />
E l’area di una fiera? E un bar all’interno<br />
del quale venga collocato un pianoforte<br />
o un impianto stereofonico per la diffusione<br />
della musica?<br />
La questione, apparentemente di interesse<br />
per i soli uffici preposti al rilascio<br />
del titolo, finisce per esserlo a maggior<br />
ragione per la Polizia municipale laddove<br />
essa venga chiamata ad intervenire,<br />
magari per problematiche correlate al disturbo<br />
della quiete pubblica, in una situazione<br />
del tipo di quelle sopra prospettate<br />
e debba porsi dall’angolazione<br />
sanzionatoria che ne contraddistingue<br />
l’operato.<br />
Limitandoci per il momento ai riferimenti<br />
testuali che possono desumersi, coerentemente<br />
con l’impostazione del presente<br />
paragrafo, dal dettato normativo, l’art.<br />
80 riferisce il collaudo ad un “luogo”; le<br />
corrispondenti norme regolamentari assai<br />
meno coerentemente parlano di “locali”<br />
o “impianti”, senza meglio specificare,<br />
in particolare per tale ultimo termine,<br />
cosa debba intendersi esattamente.<br />
L’art. 80, inoltre, visto nella sua globalità,<br />
parrebbe riferirsi ad un contesto<br />
chiuso, dal momento che parla espressamente<br />
della verifica della solidità e sicurezza<br />
“dell’edificio” e dell’esistenza in<br />
esso di uscite pienamente adatte a sgombrarlo<br />
prontamente in caso di incendio.<br />
Utilizza tuttavia il termine “luogo” che<br />
farebbe pensare ad un’area aperta, mentre<br />
il regolamento, espressamente riferito<br />
anche a quest’ultima, incrementando<br />
la confusione, parla di “locali”, il che lascerebbe<br />
presupporre un luogo chiuso.<br />
Diventa pertanto sempre più difficile stabilire<br />
con assoluta certezza cosa concretamente<br />
necessiti della licenza ex art.<br />
80. Fissiamo gli unici possibili punti fermi:<br />
quanto meno un “luogo”, un ambito<br />
circoscritto da collaudare deve esser-
ci, perché altrimenti perderebbe senso<br />
ogni riferimento all’oggetto della verifica<br />
da parte della Commissione di vigilanza.<br />
Le problematiche terminologiche<br />
sopra evidenziate diventano ancor più<br />
complesse se calate nello specifico di<br />
un’area ubicata all’interno di un pubblico<br />
esercizio, ad esempio di somministrazione<br />
di alimenti e bevande: è necessario<br />
che la stessa sia attrezzata per<br />
accogliere lo spettacolo, per cui non ci<br />
sarà mai nulla da collaudare in caso, ad<br />
esempio, di strumentista itinerante che<br />
allieti la serata dei clienti con le proprie<br />
melodie.<br />
Mentre poi per l’assoggettamento all’obbligo<br />
di certificato di prevenzione incendi<br />
si richiede che la capienza dell’area<br />
all’uopo attrezzata superi le 100 persone,<br />
ai fini della necessità del collaudo<br />
il Dipartimento di pubblica sicurezza, in<br />
risposta allo specifico quesito del<br />
Delegato permanente della Presidenza<br />
nazionale dell’AGIS per i problemi tecnici<br />
e di sicurezza, ha avuto modo di<br />
chiarire che i criteri per individuare la<br />
necessità del collaudo o meno nei locali<br />
di altro tipo destinati anche ad attività<br />
di trattenimento possono astrattamente<br />
prescindere dalla capienza degli stessi.<br />
Quanto sopra per ribadire, almeno a livello<br />
teorico, che la chiave di lettura dell’intero<br />
sistema dovrebbe derivare da una<br />
fonte normativa e non, come di fatto avviene,<br />
dalla regola tecnica che con la<br />
fonte normativa poco ha a che spartire e<br />
che può dare solo utili suggerimenti, in<br />
assenza di chiare definizioni da parte del<br />
legislatore.<br />
Dunque, il testo unico parlava di “luogo”<br />
utilizzando il termine in maniera impropria,<br />
in quanto è chiaro che intendeva<br />
riferirsi ad un edificio nel senso tradizionale<br />
del termine, e quindi a qualcosa<br />
di chiuso; la regola tecnica, ha ampliato<br />
da subito il relativo concetto parlando<br />
però di “locale”, e finendo così per utilizzare<br />
la terminologia inversa, che per<br />
tale intende sì un luogo deputato a spettacolo<br />
o trattenimento, ma anche all’aperto.<br />
Il regolamento di esecuzione del<br />
T.U.L.P.S., dopo le modifiche ad esso apportate<br />
dal D.P.R. 28 maggio 2001, n.<br />
311, recepisce in parte tale regola tecnica<br />
in quanto estende espressamente l<br />
’operatività delle relative disposizioni ai<br />
locali di trattenimento, oltre che a quelli<br />
di spettacolo; in più ampliando ulte-<br />
riormente la portata della norma in quanto<br />
utilizza l’ancor più generico termine<br />
“impianto”.<br />
Il risultato di questa scarsa chiarezza normativa,<br />
è che oggi come in passato, ancorché<br />
in ambito territoriale diverso, è<br />
spesso la Commissione di vigilanza, e<br />
per essa la componente tecnica della<br />
stessa, a decidere quali attività tra i casi<br />
dubbi sottoporre a preventiva verifica e<br />
quali no. In tale ottica, pertanto, ben si<br />
comprendono e condividono i suggerimenti<br />
operativi da più parte forniti in dottrina<br />
circa l’opportunità di consacrare le<br />
prime riunioni della neo-costituita<br />
Commissione comunale di vigilanza sui<br />
locali di pubblico spettacolo alla codifica,<br />
per quanto possibile, delle attività di<br />
successivo interesse per la stessa, onde<br />
evitare di trasformare in “arbitrio” tecnico<br />
il parere di chi è abituato a rapportarsi<br />
alla normativa sulla sicurezza in maniera<br />
giustamente rigida, ma di sicuro dettata<br />
a scopi diversi.<br />
Quanto sopra varrà a maggior ragione<br />
per gli spazi interni ai pubblici esercizi,<br />
la cui tipicità ciascun comune sarà in<br />
grado di conoscere e di gestire preventivamente.<br />
Quali elementi di diritto positivo utili al<br />
riguardo può citarsi in primo luogo<br />
l’art.1, comma 1, lett.e) del D.M. 19 agosto<br />
1996, contenente la nuova regola tecnica<br />
dei locali di intrattenimento e di<br />
pubblico spettacolo, ove si parla di “aree<br />
ubicate in esercizi pubblici ed attrezzate<br />
per accogliere spettacoli con capienza<br />
superiore alle 100 persone”.<br />
Il limite di capienza delle 100 persone<br />
torna poi al punto 83 del D.M. 16 febbraio<br />
1982 che disciplinava l’elenco delle<br />
attività soggette a controllo di prevenzione<br />
incendi, tra le quali rientrano a tale<br />
punto i locali di pubblico spettacolo e<br />
trattenimento con capienza superiore a<br />
100 posti.<br />
La dicitura “aree ubicate…” farebbe pensare<br />
ad una parte del tutto, cioè a quella<br />
porzione del pubblico esercizio attrezzata<br />
ad accogliere lo spettacolo o<br />
trattenimento, cui parrebbe che vada rapportata<br />
la capienza , senza tener conto<br />
di quella generale del pubblico esercizio<br />
di somministrazione. Non deve, invece,<br />
74<br />
per quanto già detto, tenersi in alcun<br />
conto dell’indicazione numerica delle<br />
100 persone, in quanto un’area attrezzata<br />
interna ad un pubblico esercizio<br />
proprio in quanto attrezzata potrebbe necessitare<br />
dell’apposito collaudo a prescindere<br />
dalla sua capienza inferiore alle<br />
100 persone, e viceversa un esercizio<br />
di ristorazione o simile che allestisca un<br />
trattenimento senza a ciò destinare alcuna<br />
area specifica può non necessitare<br />
di collaudo, anche se di capienza superiore<br />
alle 100 unità. Il riferimento alla capienza,<br />
tuttavia, e soprattutto al suo calcolo<br />
solo sulla parte di area interessata<br />
allo spettacolo, potrebbe rivelarsi utile in<br />
sede di calcolo del limite minimo al di<br />
sotto del quale è ammissibile la relazione<br />
asseverata in luogo del parere su progetto<br />
della Commissione, secondo la<br />
procedura semplificata contenuta nel<br />
D.P.R. 311/2001. (18) Come è noto, peraltro,<br />
il Ministero ha vanificato parecchio<br />
tale snellimento procedurale, leggendo<br />
la norma nella sua testualità, e quindi eliminando<br />
solo l’accesso in loco della<br />
Commissione, ma non l’esame su progetto,<br />
che proprio nei casi per noi di interesse<br />
divengono particolarmente gravosi<br />
per l’utente. (19)<br />
Un esempio tratto dalla realtà nella quale<br />
mi trovo ad operare per meglio comprendere<br />
l’importanza della tematica ora<br />
in esame: un trattenimento danzante-festa<br />
organizzato dal titolare di uno stabilimento<br />
balneare ed aperto a tutti, dunque<br />
non accessorio all’ attività del pubblico<br />
esercizio stesso, quale servizio aggiuntivo<br />
ai clienti per la struttura del locale,<br />
che è costituita da spazi aperti, ben<br />
difficilmente potrà avere una capienza<br />
preventivamente limitata al di sotto delle<br />
200 persone. Perché ciò avvenga, vi<br />
dovrebbe essere stata l’individuazione<br />
all’interno dello stabilimento stesso di<br />
un’area circoscritta per l’attività di trattenimento<br />
con il risultato che la trasformazione<br />
della struttura ne imporrebbe<br />
sempre il collaudo, se del caso attraverso<br />
la relazione del tecnico, anche se il<br />
trattenimento rimanesse circoscritto ai<br />
soli clienti dello stabilimento balneare e<br />
come tale non necessitasse, secondo la<br />
(18) Per la verità già consta una prassi di senso diametralmente opposto da parte delle commissioni comunali di vigilanza, secondo<br />
gli indirizzi alle stesse imposto dalla componente dei vigili del fuoco.<br />
(19) Si è in sostanza fatto leva sul fatto che il comma 2 dell’art.141 del regolamento testualmente prevede che siano sostituite “le<br />
verifiche e gli accertamenti di cui al primo comma”, ma non il parere sul progetto, menzionato pure al primo comma, ma lett.a).
icostruzione fornita nelle presenti note,<br />
neppure della prescritta autorizzazione<br />
di Polizia. Circa le condizioni da asseverare<br />
nella relazione il Ministero, nella<br />
propria circolare n.43/A del 27 settembre<br />
2002 ha chiarito che il richiamo<br />
normativo attuale è da intendersi al D.M.<br />
19 agosto 1996 più volte citato, quanto<br />
meno nelle more della adozione di una<br />
nuova “regola tecnica”. Nel caso di specie,<br />
il Ministero non ha fatto che avallare<br />
una conclusione abbastanza scontata<br />
sul piano interpretativo, alla quale si era<br />
già pervenuti in sede di primi commenti<br />
della norma, al fine di evitarne di fatto<br />
la disapplicazione nelle more della adozione<br />
dei previsti provvedimenti attuativi.<br />
Semmai, viene esplicitata, almeno al<br />
momento, la ritenuta non necessarietà di<br />
procedere all’adozione di un nuovo decreto,<br />
evidentemente ritenendo ancora<br />
attuale in termini di tutela della sicurezza<br />
quello del ‘96, integrato per gli spettacoli<br />
e trattenimenti a carattere occasionale<br />
svolti all’interno degli impianti<br />
sportivi dal successivo del 6 marzo 2001.<br />
D’altro canto, il D.M. 19 agosto 1996 e<br />
successive integrazioni è di aiuto anche<br />
a questo proposito, dal momento che al<br />
titolo IV, punto 1.4 definisce l’“affollamento<br />
massimo” il numero massimo di<br />
persone per le quali sono previsti posti a<br />
sedere ed in piedi autorizzati. Non potrà<br />
quindi considerarsi, ai fini della capienza,<br />
il numero di persone che eventualmente<br />
affollino zone nelle quali non è<br />
consentita la presenza di pubblico, ovvero,<br />
se trattasi di spettacoli o di intrattenimento<br />
all’aperto, aree non delimitate<br />
da transenne. Non si vede quindi perché<br />
tale concetto non debba valere per<br />
l’area interna al pubblico esercizio, mutatis<br />
mutandis.<br />
Abbiamo già detto di come, con commistione<br />
degli elementi licenza di<br />
Polizia-licenza di agibilità, si forniscano<br />
indicazioni nel senso della necessarietà<br />
di entrambe soltanto quando lo spettacolo<br />
o trattenimento organizzato nel pubblico<br />
esercizio allo scopo di attirare la<br />
clientela comporti aumento del prezzo<br />
della consumazione o apprestamento di<br />
elementi tali da configurarne una trasformazione<br />
(20); vorrà dire che in quel caso,<br />
ove voglia comunque sfruttarsi la<br />
prassi per cui il controllo della prevenzione<br />
incendi viene effettuato dal relativo<br />
tecnico contestualmente alle verifiche<br />
di agibilità, allo scopo del buon esito del<br />
primo si richiederà la sola dichiarazione<br />
del tecnico abilitato in materia di esodo<br />
del pubblico, statica delle strutture, esecuzione<br />
a regola d’arte degli impianti installati,<br />
in quanto la relativa regola tecnica<br />
si limita a prescrivere il rispetto di<br />
tali caratteristiche. (21)<br />
Altre indicazioni ci vengono dalla sovrapposizione<br />
della normativa sulla prevenzione<br />
incendi con quella ora in esame.<br />
Il D.P.R. n. 37 del 12 gennaio 1998,<br />
ad esempio, esclude dall’obbligo del certificato<br />
di prevenzione incendi le manifestazioni<br />
temporanee di pubblico spettacolo<br />
svolte in luoghi non espressamente<br />
deputati a tali attività, prescindendo<br />
dalla capienza dell’avvenimento.<br />
Potrebbe invece accadere che suddetto<br />
spettacolo necessiti comunque di licenza<br />
ex art.80 del T.U.L.P.S., annessa o meno<br />
a licenza ex art. 69 a seconda che lo<br />
spettacolo si rivolga ai clienti o meno<br />
nell’accezione di imprenditorialità che a<br />
questo punto crediamo di aver ben chiarito.<br />
(22)<br />
Per ripercorrere esempi già fatti nello sviluppo<br />
della presente trattazione il certificato<br />
di prevenzione incendi non è richiesto<br />
mai in caso di generico impiego<br />
in pubblici esercizi di strumenti musicali,<br />
o di collocazione di Karaoke, purché<br />
lo stesso non avvenga in sale apposite e<br />
sempre con il limite di capienza delle<br />
100 persone: viceversa, anche in tali ipotesi,<br />
ciò che deve far valutare la necessarietà<br />
o meno del collaudo è l’eventuale<br />
trasformazione del locale. “…debbono<br />
ritenersi esenti dall’applicabilità dell’art.<br />
80 T.U.L.P.S. gli esercizi pubblici<br />
muniti di regolare licenza di ristorazione<br />
…qualora organizzino trattenimenti<br />
(20) In tal senso si è espressa testualmente il Dipartimento della P.S, con nota n.559/C.25521/13500:A del 14 maggio 1997.<br />
(21) L’art.1, c.3 del D.M. 19 agosto 1996, infatti, prevede che i locali di trattenimento di cui- alla lett.e) del primo comma della<br />
medesima norma - e dunque anche le aree attrezzate all’interno dei pubblici esercizi - sono assoggettate alle disposizioni del solo<br />
titolo XI dell’allegato al decreto stesso, e dunque alla relazione sugli aspetti evidenziati nel testo.<br />
(22) La consuetudine di subordinare il CPI al parere di agibilità e di effettuare i sopralluoghi per il rilascio di tali certificati contestualmente<br />
a quelli effettuati in seno alle commissioni di vigilanza è stata ribadita anche dal Ministero dell’Interno con propria circolare<br />
n.9 del 5 maggio 1998. In proposito, assai opportunamente la dottrina (cfr. Romeo, op. cit,, p142, evidenzia l’opportunità<br />
per assicurare un sostanziale snellimento burocratico, di unificare la procedura a favore del rilascio della sola licenza di agibilità.<br />
(23) Così testualmente sempre il Ministero dell’Interno, con nota del 20 giugno 1996 diretta alla Prefettura di Pesaro Urbino.<br />
(24) In tal senso cfr.G.Romeo, Locali di pubblico spettacolo- procedure autorizzatorie,II edizione,2002,p.61.<br />
75<br />
danzanti per la propria clientela in via<br />
del tutto eccezionale …a condizione che<br />
detti trattenimenti siano organizzati senza<br />
fine di lucro (pagamento del prezzo<br />
di ingresso, maggiorazione del prezzo<br />
della consumazione) e a condizione che<br />
il trattenimento occasionale non comporti<br />
l’apprestamento di elementi tali da<br />
configurarne la trasformazione da esercizio<br />
pubblico a locale di pubblico spettacolo”<br />
(23). A questo punto, non resta che<br />
condividere le perplessità di quella dottrina<br />
che ha assai opportunamente parlato<br />
di “equilibrismi”interpretativi, stante<br />
l’assoluta mancanza di elementi certi<br />
per stabilire l’avvenuta trasformazione<br />
del locale da pubblico esercizio di somministrazione<br />
a locale di trattenimento.<br />
Quanto sopra nella maggior parte dei casi,<br />
ovvero quelli per i quali risulta del tutto<br />
utopistico percentualizzare l’interesse<br />
della clientela per l’una o l’altra attività<br />
quale indice di tale asserito “snaturamento”<br />
(24).<br />
E sarà ancora una volta compito dell’agente<br />
accertatore motivare bene il relativo<br />
verbale di accertamento suffragandolo<br />
con un verbale di ispezione che evidenzi<br />
tutti gli elementi oggettivi sui quali<br />
ci si è basati per ritenere suddetta trasformazione,<br />
onde fornire rilevanti argomentazioni<br />
per sostenere la propria posizione<br />
in sede di contenzioso.<br />
La mancanza di autorizzazione<br />
per attività di trattenimento<br />
e spettacolo:<br />
problematiche specifiche<br />
connesse alla loro effettuazione<br />
all’interno di pubblici esercizi<br />
Risolte in qualche modo le problematiche<br />
definitorie inerenti le attività di trattenimento<br />
e svago, ed in particolare quelle<br />
di esse che vengono effettuate all’interno<br />
dei pubblici esercizi, vediamo ora<br />
quali sono le conseguenze sanzionatorie<br />
della carenza dei relativi titoli di legittimazione<br />
evidenziandone gli eventuali<br />
aspetti di specificità per la tematica<br />
qui in esame. La norma sanzionatoria di<br />
riferimento è, come è noto, quella contenuta<br />
nell’art. 666 c.p., originariamente<br />
esclusa per scelta espressa del legislatore<br />
dalla massiccia decriminalizzazione<br />
del T.U.L.P.S. attuata con il D. Lgs.<br />
480/94, e che viceversa ha finito per<br />
rientrare appieno in quella più recente<br />
operata dal D. Lgs. 507/99: risultato di
tale scelta normativa, le asimmetrie del<br />
sistema sanzionatorio rispetto a quello<br />
generale previsto per le violazioni al R.D.<br />
del 1931 che ora andremo ad evidenziare.<br />
Mentre, infatti, la generalità degli illeciti<br />
amministrativi consistenti in violazioni<br />
del testo unico hanno un procedimento<br />
sanzionatorio unitario descritto negli artt.<br />
17-bis e seguenti, introdotti appunto con<br />
la riforma del 1994, la violazione degli<br />
artt. 68 e 69, riconducibile, come appena<br />
detto, al disposto del codice penale,<br />
segue un iter del tutto a se stante,<br />
conforme soltanto, come è ovvio, ai principi<br />
generali di cui alla L. 689/81. Può<br />
sembrare un falso problema ma, trattandosi<br />
comunque di fattispecie consistenti<br />
nella carenza di un titolo di legittimazione<br />
di Polizia amministrativa, il<br />
rischio è quello di aver creato un sistema<br />
disarmonico per situazioni apparentemente<br />
uguali. Un esempio per meglio<br />
comprendere il senso di quanto sopra<br />
detto: l’art.17-ter in caso di attività di<br />
pubblico esercizio condotta in difetto di<br />
autorizzazione prevede, a titolo di misura<br />
cautelare provvisoria, la cessazione immediata<br />
della stessa da disporsi con provvedimento<br />
motivato; nel caso invece di<br />
spettacolo o trattenimento pubblico senza<br />
licenza, per i quali tra l’altro la cessazione<br />
immediata dell’attività sarebbe<br />
quanto mai opportuna, e comunque dirimente<br />
delle controversie che in genere<br />
stanno alla base del relativo intervento<br />
della Polizia municipale - si pensi al disturbo<br />
della quiete pubblica, sul quale<br />
avremo pure modo di ritornare - la norma<br />
in questione non si applica in quanto<br />
la violazione degli artt. 68 e 69 non<br />
rientra tra quelli ivi espressamente citati.<br />
L’attuale art. 666 c.p. a sua volta prevede<br />
la cessazione dell’attività svolta in difetto<br />
di titolo, ma non chiarisce l’esatta<br />
natura del provvedimento, con ciò dando<br />
luogo alle prime problematiche operative.<br />
Anche la sanzione amministrativa<br />
pecuniaria “principale” per la fattispecie<br />
de qua è diversa nei limiti edittali<br />
da quelli generali fissati nell’art.17-bis<br />
per le altre violazioni al T.U.L.P.S. In caso<br />
di effettuazione di trattenimento o<br />
spettacolo in assenza di autorizzazione<br />
perché mai richiesta, essa va da Euro 258<br />
a Euro 1549, mentre l’art. 17-bis ne prevede<br />
una compresa tra Euro 516 a Euro<br />
3098. Se la licenza ex artt. 68 o 69 è stata<br />
negata, sospesa o revocata, la sanzione<br />
pecuniaria è più elevata e va da Euro<br />
413 a Euro 2478, e dunque neppure in<br />
questo caso coincide con quella individuata<br />
dal T.U.L.P.S., che non pone alcuna<br />
diversificazione tra le varie ipotesi.<br />
L’inquadramento dogmatico della “cessazione<br />
dell’attività” di cui all’art. 666<br />
c.p. fra le sanzioni accessorie o meno,<br />
dicevamo, ha conseguenze pratiche<br />
tutt’altro che irrilevanti. Se, infatti,si opti<br />
per la risposta affermativa, proprio tale<br />
inquadramento comporterà che si addivenga<br />
alla relativa irrogazione solo unitamente<br />
alla sanzione pecuniaria principale,<br />
ovvero in sede di emanazione dell’ordinanza-ingiunzione.<br />
L’inammissibilità del pagamento in misura<br />
ridotta, comporterà che a tale provvedimento<br />
si debba necessariamente arrivare,<br />
secondo le scansioni procedurali<br />
previste dalla L.689/81. In particolare, in<br />
questa ipotesi, stante l’assenza di espresse<br />
previsioni normative in merito si ritiene<br />
che l’Autorità preposta all’emanazione<br />
del provvedimento - id est il dirigente<br />
comunale interessato per competenza<br />
- potrà adottarlo una volta decorso il termine<br />
per la presentazione degli scritti difensivi<br />
o la richiesta di audizione da parte<br />
dell’interessato (i 30 giorni previsti dal<br />
comma 1 dell’art.18 della 689), magari<br />
sollecitando l’inoltro del rapporto ex art.<br />
17 da parte dell’agente accertatore che<br />
non sarà in questa ipotesi vincolato all’attesa<br />
dei 60 giorni per una definizione<br />
in via breve che, come già detto, non risulta<br />
ammessa. Qualora viceversa si fosse<br />
optato per l’inquadramento del provvedimento<br />
nel novero delle misure cautelari,<br />
è ovvio che esso verrebbe adottato<br />
in maniera autonoma e per quanto<br />
possibile tempestiva, pur nel rispetto dei<br />
principi generali sul procedimento amministrativo<br />
di cui alla L.241/90 (25). Per<br />
l’ipotesi specifica di attività svolta in locale<br />
per il quale è stata rilasciata autorizzazione<br />
o altro titolo abilitativo all’esercizio<br />
di diversa attività, ad esempio di<br />
ristorante, bar, albergo o stabilimento balneare,<br />
è prevista la sospensione fino a 7<br />
giorni, così come in caso di violazione<br />
consistente nell’esercizio dell’ attività a<br />
seguito di diniego, sospensione o revoca<br />
del titolo. In proposito, si ricordi che<br />
il concetto di “reiterazione” va desunto<br />
dai principi generali di cui all’art. 8-bis<br />
della L. 689/81 e quindi presuppone la<br />
commissione dell’illecito nei cinque anni<br />
successivi al precedente, già oggetto<br />
di ordinanza-ingiunzione. Non potrà tuttavia<br />
mai essere evitata la reiterazione,<br />
come di regola, con il pagamento in misura<br />
ridotta, in quanto, come già detto,<br />
non ammesso. La mancanza di specifica<br />
indicazione normativa per entrambe<br />
le fattispecie - cessazione della sola attività<br />
abusiva e chiusura del locale - ci costringe,<br />
per addivenire ad una qualche<br />
scelta ermeneutica sostenibile, ad addentrarci<br />
in una questione ampiamente<br />
dibattuta dalla dottrina amministrativistica,<br />
senza poter addivenire a punti fermi<br />
e definitivi in merito.<br />
L’essenza della sanzione costituisce, infatti,<br />
uno dei nodi dolenti di tutto il diritto<br />
amministrativo punitivo e in assenza<br />
di un’univoca indicazione del legislatore<br />
per ciascuna ipotesi, rischia di divenire<br />
sempre un autentico rompicapo per<br />
chi è chiamato ad applicarle. In linea di<br />
massima, si tende a riconoscere natura di<br />
sanzione a ciò che è caratterizzato da afflittività,<br />
piuttosto che dall’esigenza di sollevare<br />
il soggetto leso (per quanto qui interessa,<br />
la Pubblica Amministrazione) dallo<br />
svantaggio che la condotta illecita gli<br />
ha arrecato. Laddove vi sia viceversa nella<br />
misura adottata una funzione direttamente<br />
e immediatamente riparatoria dell’interesse<br />
violato, secondo lo schema<br />
classico della sanzione civile di risarcimento<br />
del danno, o ripristinatoria dello<br />
stato di fatto o di diritto preesistente all’illecito<br />
(cosiddetta reductio in pristinum),<br />
tale essenza della sanzione sembrerebbe<br />
mancare (26).<br />
Nel caso di specie, attenendosi pedissequamente<br />
allo schema dottrinario sopra<br />
prospettato, si dovrebbe arrivare a distinguere<br />
tra la cessazione dell’ attività di<br />
trattenimento abusiva, alla quale deve riconoscersi<br />
sicuramente anche una funzione<br />
ripristinatoria della legalità lesa, e<br />
la chiusura del locale ove tale attività viene<br />
svolta, ma che fa anche altro, come<br />
ristorazione o simili, chiusura non a ca-<br />
(25) In particolare, si ritiene opportuna la comunicazione di avvio procedimento, viceversa di impossibile inoltro nei casi di cui<br />
all’art.17-ter del T.U.L.P.S. per l’esiguità del termine per la relativa adozione (5 giorni dalla ricezione del rapporto dell’agente accertatore).<br />
(26) In tal senso si veda in particolare M. A. Sandulli, voce “Sanzioni amministrative”, in Enc. Giur., XXVIII, Roma, 1992.<br />
76
so prevista solo nell’ipotesi di reiterazione<br />
della violazione, o nella fattispecie<br />
più grave di cui al comma 2 dell’art. 666<br />
c. p.,e che come tale pare avere ha natura<br />
palesemente afflittiva, e come tale<br />
sanzionatoria (27).<br />
Tra l’altro, se la cessazione dell’attività<br />
viene irrogata in sede di adozione del<br />
provvedimento che prevede la sanzione<br />
pecuniaria principale (ordinanza-ingiunzione,<br />
come già detto), esso risulterà<br />
opponibile al Tribunale in composizione<br />
monocratica e non al giudice di pace,<br />
secondo i principi generali fissati al<br />
riguardo dall’art.22-bis della L.689/81. (28)<br />
Chi scrive, nel silenzio della legge, ritiene<br />
che l’opzione ermeneutica proposta<br />
nel senso che si tratti di sanzione accessoria,<br />
sia, più che obbligata - i principi<br />
generali di cui sopra sembrerebbero portare<br />
a conclusioni diverse- maggiormente<br />
garantista …anche per chi la firma!<br />
Irrogando infatti la cessazione dell’attività<br />
con l’ordinanza-ingiunzione, come<br />
evidenziato più volte, conformemente al<br />
disposto dell’art. 20 della L.689/81 si<br />
avrà un provvedimento che per definizione<br />
accerta l’esistenza dell’illecito ed<br />
afferma la responsabilità del trasgressore,<br />
esprimendo la volontà punitiva della<br />
P.A. in merito. La sua applicazione in via<br />
provvisoria,invece, in forza del suo inquadramento<br />
tra le misure cautelari, che<br />
peraltro sarebbe stato opportuno prevedere<br />
espressamente, comporta una specie<br />
di “anticipazione della soglia della<br />
punibilità” e di applicazione di una misura<br />
fortemente affittiva subito e a prescindere<br />
dall’esito finale del procedimento<br />
sanzionatorio.<br />
Quando si è voluto creare tale diverso sistema<br />
(art. 17-ter più volte citato), lo si è<br />
fatto espressamente, dettando anche un<br />
termine per l’adozione del provvedimento<br />
di cessazione dell’attività abusiva<br />
(29), tant’è che l’art. 17-quater, nel disciplinare<br />
la vera e propria sanzione accessoria<br />
della sospensione dell’attività,<br />
ne prevede l’irrogazione con l’ordinanza-ingiunzione,<br />
secondo la ricostruzione<br />
generale sopra fornita.<br />
Il soggetto attivo dell’illecito<br />
di cui all’art.666 c.p.<br />
Un problema operativo di una certa rilevanza<br />
per la casistica ora in esame è<br />
quello della individuazione del soggetto<br />
responsabile della violazione di cui all’art.666<br />
c.p.<br />
Questo perché, come da postulato di<br />
partenza, c’è un titolare di autorizzazione<br />
ex art.86 del T.U.L.P.S. che può non<br />
coincidere con il titolare dell’ autorizzazione<br />
ex art. 68 o 69 o con l’esecutore<br />
dello spettacolo o trattenimento. È possibile<br />
ricavare talune indicazioni al riguardo<br />
dalla giurisprudenza della<br />
Cassazione penale formatasi sull’art. 666<br />
c.p. prima della sua decriminalizzazione.<br />
In termini tecnici trattatavasi di un<br />
reato cosiddetto “comune” e non “proprio”,<br />
caratterizzato cioè dalla genericità<br />
del soggetto attivo che non deve caratterizzarsi<br />
per il possesso di particolari<br />
qualifiche giuridiche o naturalistiche.<br />
Esso si identifica in colui che deve munirsi<br />
della relativa autorizzazione, ovvero,<br />
appunto, in “chiunque” dà spettacoli<br />
o trattenimenti senza la prescritta autorizzazione.<br />
Ovviamente si tratterà dell’impresario<br />
o organizzatore del pubblico<br />
spettacolo o trattenimento, restando<br />
estranei alla fattispecie gli spettatori, ma<br />
anche chi vi partecipi come attore, suonatore<br />
o comunque prestatore d’opera.<br />
(27) D’altro canto, seguendo lo schema ricostruttivo proposto nel testo, dovrebbe ipotizzarsi la natura non sanzionatoria, ma cautelare,<br />
di quasi tuttil i provvedimenti di cessazione di attività, laddove viceversa in dottrina sono sempre stati operati al riguardo attenti<br />
dei distinguo. Ad esempio, si tende a non riconoscere natura di sanzione accessoria al provvedimento di cessazione dell’attività<br />
di cui all’art. 22, c. 6, D. Lgs. 114/98 (decreto “Bersani”). Da qui, tuttavia, a riportarlo nell’alveo degli atti politici,<br />
come tali a firma del Sindaco e non del dirigente, come fa, ad esempio, il T.A.R.Veneto in una recente pronuncia, ce ne corre!<br />
(cfr.TAR Veneto,sez.III, n.1065 del 13 marzo 2002).Sulla natura non sanzionatoria del provvedimento di cessazione di attività<br />
commerciale abusiva si veda per tutti, a dimostrazione delle difficoltà di inquadramento di tutti i provvedimenti in questione,<br />
Maggiora, La nuova disciplina del commercio, Giuffrè, Milano, 1998.<br />
(28) La competenza per il giudizio di opposizione, infatti, secondo la norma citata nel testo,si propone al Tribunale, tra le altre ipotesi,<br />
“…quando è stata applicata una sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola o congiunta a quest’ultima…”<br />
( art.22-bis, comma 2, lett.c).<br />
(29) In tal senso cfr. anche E. Fiore, La depenalizzazione del T.U.L.P.S. e di altri reati minori, Maggioli, Rimini, 1995.<br />
(30) Cfr. al riguardo Cass., Sez. 1, 19 novembre 1993, ove si escludela responsabilità penale dell’intestatario della licenza del<br />
pubblico esercizio privo di potere di ingerenza nella gestione in quanto tale solo a livello formale, avendo ceduto l’azienda.<br />
(31) Cass…,sez.I, n.13541 del 22 dicembre 1998, che traeva spunto da una fattispecie nella quale la Suprema Corte ha censurato<br />
la decisione del giudice di merito in quanto la responsabilità della ricorrente non era stata ricollegata ad un suo comportamento<br />
attivo, ma alla circostanza che essa rivestiva la qualità di socia fondatrice del circolo culturale ove si erano svolti i trattenimenti<br />
musicali.<br />
(32) Cass., sez.I, n.785 del 26 gennaio 1994, nella quale si esclude che la responsabilità ex art.666 c.p. possa essere ascritta a chi<br />
sia formalmente titolare di autorizzazione ex art.86 T.U.L.P.S., ma di fatto abbia ceduto l’azienda e non abbia più alcuna ingerenza<br />
nella gestione dell’esercizio.<br />
77<br />
Una corretta indagine di Polizia amministrativa,<br />
comporterà che semmai i presenti<br />
vengano assunti quali testimoni ex<br />
art. 13 L. 689/81 per suffragare le varie<br />
circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento<br />
dell’illecito. Si pensi, a puro titolo<br />
esemplificativo, al caso già prospettato<br />
del trattenimento all’interno di stabilimento<br />
balneare e quanto meno “spacciato”<br />
come attività meramente “interna”<br />
ed accessoria allo stesso: appurare che<br />
in realtà tutti gli astanti sentiti a campione<br />
in merito hanno dichiarato di non esse<br />
clienti di quel pubblico esercizio, ma<br />
di presenziare alla festa avendone avuto<br />
notizia attraverso un certo canale pubblicitario,<br />
costituisce senz’altro un elemento<br />
di prova dell’illecito da non trascurare,<br />
ovviamente ove manchi il titolo<br />
di legittimazione autonomo dell’attività.<br />
Quando lo spettacolo o intrattenimento<br />
avvenga all’interno di altro locale,<br />
ad esempio di somministrazione di<br />
alimenti e bevande,avremo a che fare,<br />
dunque, con due soggetti, il titolare dell’<br />
autorizzazione per il pubblico esercizio<br />
e colui che effettua concretamente il trattenimento<br />
nel locale stesso. (30)<br />
Saranno i principi generali sulla colpevolezza<br />
a dirci se e in che misura l’uno,<br />
l’altro o entrambi debbano essere ritenuti<br />
responsabili diretti della violazione. E siccome<br />
la responsabilità, come è scontato,<br />
deve essere quanto meno colposa, occorre<br />
tener conto ancora oggi delle affermazioni<br />
per cui “..rispondono della<br />
violazione dell’art.666 c.p. soltanto i soggetti<br />
che effettivamente curano l’organizzazione<br />
dello spettacolo. Pertanto,<br />
l’intestazione del locale o di altre autorizzazioni<br />
di Polizia ad esso inerenti, e<br />
la rappresentanza dell’ente gestore,sono<br />
soltanto elementi indiziari e presuntivi,<br />
la cui valenza deve essere in concreto<br />
verificata, circa l’effettiva gestione dell’attività<br />
illecita.” (31)<br />
E analogamente, resta estraneo alla fattispecie<br />
l’elemento della intestazione della<br />
licenza del pubblico esercizio, qualora<br />
non sia accompagnato dall’effettivo<br />
compimento della condotta punita dall’art.666<br />
c.p. (32)<br />
Al contrario, in altra occasione, che pure<br />
traeva lo spunto da un’analoga ipotesi<br />
di subingresso nella gestione di pubblici<br />
esercizi all’interno dei quali venivano<br />
effettuate attività di trattenimento e<br />
svago, la Cassazione ha, in maniera ap-
parentemente assai più rigorosa, affermato<br />
che non basta il trasferimento della<br />
gestione del pubblico esercizio, ove al<br />
suo interno, come già anticipato, sia svolta<br />
un’attività di trattenimento musicale<br />
dei clienti senza la prescritta autorizzazione<br />
specifica, poiché non è sufficiente<br />
ad escludere la fattispecie criminosa<br />
la circostanza che l’esercizio pubblico o<br />
aperto al pubblico sia munito della pertinente<br />
autorizzazione, ancorché l’attività<br />
per cui essa è stata concessa possa<br />
ritenersi affine a quella per la quale è richiesta<br />
la specifica autorizzazione prevista<br />
dall’art.666 c.p. (33)<br />
In realtà, a ben guardare i principi che<br />
possono desumersi dalle pronunce in<br />
materia altro non sono che espressione<br />
dei già citati principi in materia di responsabilità<br />
colpevole. Il reato prima - e<br />
l’illecito amministrativo oggi - è costruito<br />
in termini commissivi e non omissivi,<br />
per cui ciò che conta è l’effettuazione<br />
della relativa attività in assenza di titolo,<br />
della quale suddetta omissione rappresenta<br />
l’ovvio presupposto. E a tale presupposto<br />
può attingersi in sede di indagine<br />
per valutare se l’organizzatore aveva<br />
un concreto ambito d’azione così autonomo<br />
da estromettere del tutto la figura<br />
del titolare del locale nel quale va a<br />
realizzare lo spettacolo o trattenimento,<br />
se lo ha rassicurato in tal senso e comunque<br />
in che misura.In base ai postulati<br />
sul concorso di persone nel reato occorrerà<br />
valutare se quest’ultimo possa comunque<br />
essere chiamato in causa quale<br />
concorrente nell’illecito o meno.<br />
E detto ciò, salvo i casi di subingresso o<br />
di autorizzazioni di pubblico esercizio<br />
intestate a persona giuridica attraverso il<br />
proprio legale rappresentante o comunque<br />
a rappresentante di ente collettivo,<br />
come oggi ammesso, ben difficilmente<br />
potrà ipotizzarsi “un’innocente ignoranza”<br />
dei fatti che si svolgono all’interno<br />
del proprio locale da parte dell’intestatario<br />
della autorizzazione ex art. 86 del<br />
T.U.L.P.S.; molto più plausibile, semmai,<br />
ci pare l’ipotesi inversa dell’estraneità ai<br />
fatti del mero esecutore dello spettacolo,<br />
ancorché pure in questo caso la già<br />
ricordata natura commissiva dell’illecito<br />
imporrebbe un’indagine sull’elemento<br />
(33) Cass.,sez.I, n.11994 del 13 dicembre 1985.<br />
psicologico, o meglio sulla sua carenza,<br />
che rischia di diventare una vera e propria<br />
probatio diabolica.<br />
Va anche detto che nel campo dell’illecito<br />
amministrativo quello che, per così<br />
dire, esce dalla porta, può in questo caso<br />
agevolmente esser fatto rientrare dalla<br />
finestra, stante che l’intestatario dell’autorizzazione<br />
ex art. 86 del T.U.L.P.S.<br />
per essere tale deve avere anche un titolo<br />
di disponibilità del bene,ovvero esserne<br />
proprietario o titolare di diritto personale<br />
di godimento, e quindi, se estraneo<br />
alla violazione quale suo coautore ,<br />
finisce per risponderne quale responsabile<br />
in solido in virtù dei principi generali<br />
in materia di cui al comma 1 dell’art.6<br />
della L.24 novembre 1981, n.689.<br />
Circa il momento di consumazione, il<br />
reato-rectius, oggi, l’illecito amministrativo<br />
- per quanto sopra detto si consuma<br />
nel momento e nel luogo in cui viene dato<br />
lo spettacolo o trattenimento, per cui<br />
occorre verificarne almeno l’inizio. La<br />
relativa pubblicizzazione, al contrario,<br />
ove non consegua suddetta realizzazione,<br />
non ha alcun valore di per sé. Trattasi<br />
di un illecito permanente, nel senso che<br />
la sua consumazione perdura fino alla<br />
cessazione-interruzione. Ciò rende particolarmente<br />
spinosa la questione già accennata<br />
della assenza di strumenti di intervento<br />
immediato su attività in itinere<br />
riscontrate abusive.<br />
Se lo spettacolo si ripete ad esempio per<br />
più sere, o anche più volte nello stesso<br />
giorno, in passato si ipotizzava per esplicita<br />
indicazione dottrinaria e giurisprudenziale,<br />
il reato continuato di cui all’art.<br />
81 c.p. Oggi. Stante la formulazione restrittiva<br />
della materia contenuta nell’art.<br />
8 della L.689/81, si avrà sempre il cumulo<br />
aritmetico e non giuridico delle<br />
sanzioni (salvo la discrezionalità dell’autorità<br />
preposta in sede di ordinanzaingiunzione.<br />
Si ricordi infine che l’originaria ipotesi di<br />
reato aggravata contemplata dal 2°<br />
comma dell’art. 666 c.p. diviene oggi autonomo<br />
illecito amministrativo munito<br />
come già detto di altrettanto autonoma<br />
sanzione. Ovviamente, come in passato<br />
si riteneva che la relativa circostanza<br />
avesse carattere soggettivo, dovesse cioè<br />
essere conosciuta dal soggetto agente per<br />
rilevare, analogamente deve opinarsi oggi:<br />
l’impresario o chi per lui, deve cioè<br />
78<br />
sapere che l’autorizzazione gli è stata negata,<br />
revocata o sospesa perché possa essere<br />
chiamato a rispondere della violazione<br />
di cui all’art. 666 c.p.<br />
Conseguenze della mancanza<br />
di agibilità, ove necessaria<br />
Possiamo ora affrontare finalmente una<br />
delle novità di maggior rilievo introdotta<br />
dal D.P.R. 311/2001: le modifiche alle<br />
modalità di effettuazione dei controlli<br />
sulla solidità e sicurezza delle strutture<br />
destinate a pubblico spettacolo. Come<br />
chiarito più volte, infatti, oltre alla licenza<br />
ex artt. 68 o 69 T.U.L.P.S. e con finalità<br />
del tutto diversa rispetto a quella sottesa<br />
al rilascio delle stesse, è necessario<br />
talvolta un titolo di legittimazione del locale,<br />
ovvero la licenza di agibilità ex art.<br />
80 T.U.L.P.S.<br />
E come chiarito più volte, i problemi forse<br />
più pregnanti al riguardo li pone proprio<br />
la casistica che costituisce oggetto<br />
della nostra specifica trattazione.<br />
Pensiamo ancora una volta al caso, più<br />
volte citato perché a vari effetti paradigmatico,<br />
del piano-bar all’interno di un<br />
pubblico esercizio di somministrazione<br />
di alimenti e bevande. Perché sia necessario<br />
un “collaudo” occorre accertare<br />
l’avvenuta trasformazione della natura<br />
originaria del locale di pubblico esercizio<br />
di somministrazione in locale di pubblico<br />
spettacolo.<br />
Occorre dunque ancora una volta andare<br />
a cercare dei criteri che in maniera<br />
quanto più possibile oggettiva mi dicano<br />
appunto che tale trasformazione c’è<br />
stata. E a ben guardare, i suggerimenti<br />
che il ministero ha dato via via al riguardo<br />
realizzano una certa commistione<br />
di piani tra quanto è necessario verificare<br />
per stabilire la necessarietà del titolo<br />
ex art. 68 o 69, ovvero quella ex art.<br />
80 del T.U.L.P.S.; sta all’interprete distinguere<br />
i due profili e contestualmente utilizzare<br />
le indicazioni date ad un fine per<br />
meglio chiarire quelle date all’altro scopo.<br />
Dice dunque il Ministero dell’Interno,<br />
con lettera datata 24 ottobre 1995, diretta<br />
alla Prefettura di Avellino, che<br />
“…l’art. 80 non deve essere applicato<br />
quando si svolgono trattenimenti musicali<br />
allestiti occasionalmente e temporaneamente<br />
in locali pubblici dove l’attività<br />
principale è la ristorazione e lo spet-
tacolo rappresenta solo un’attività complementare…<br />
senza aumentare il prezzo<br />
della consumazione” - elementi rilevanti<br />
in realtà per stabilire se sia necessaria<br />
o meno l’autorizzazione ex art. 69<br />
del T.U.L.P.S.,n.d.r. - e “senza che ci sia<br />
(nel locale) l’apprestamento di elementi<br />
tali da configurarne la trasformazione…”.<br />
E ancora, successivamente, con nota del<br />
20 giugno 1996 diretta alla Prefettura di<br />
Pesaro Urbino: “…debbono ritenersi<br />
esenti dall’applicabilità dell’art. 80<br />
T.U.L.P.S. - rectius, ancora una volta, 69,<br />
n.d.r. - gli esercizi pubblici muniti di regolare<br />
licenza di ristorazione …qualora<br />
organizzino trattenimenti danzanti per la<br />
propria clientela in via del tutto eccezionale<br />
(festa dell’ultimo dell’anno) a<br />
condizione che detti trattenimenti siano<br />
organizzati senza fine di lucro (pagamento<br />
del biglietto d’ingresso, maggiorazione<br />
del prezzo di consumazione) e<br />
a condizione che il trattenimento occasionale<br />
non comporti l’apprestamento<br />
di elementi tali da configurarne la trasformazione<br />
da esercizio pubblico a locale<br />
di pubblico spettacolo. In tale ultima<br />
ipotesi si renderà necessario l’intervento<br />
della C.P.V.L.P.S., sia che il trattenimento<br />
abbia fini di lucro, sia che non<br />
sia indetto a fini di lucro.”<br />
Da quest’ultima notazione si ricava<br />
un’altra importante indicazione, apparentemente<br />
banale, ma di grande rilievo<br />
operativo: può sussistere la necessità di<br />
licenza ex art. 80 del T.U.L.P.S. anche<br />
laddove, al contrario, non serva autorizzazione<br />
ax art.68 o 69 (34).<br />
Tutto sommato costituisce una sintesi di<br />
tali principi la ancora una volta la circolare<br />
telegrafica n.3469 del 17 novembre<br />
1998, già citata, che detta i noti chiarimenti<br />
a proposito di quei pubblici esercizi<br />
ove vengono installati apparecchi televisivi,<br />
magari corredati da maxi schermo,<br />
chiarimenti ai quali ovviamente si<br />
rinvia.<br />
Si tratterà, cioè, volta per volta, facendo<br />
la summa di tutto quanto sopra detto, di<br />
cercare “un luogo” o “un impianto”da<br />
collaudare che non si confonda con i<br />
normali elementi di arredo del pubblico<br />
esercizio o con la loro modifica estemporanea<br />
(si pensi all’improvvisato spostamento<br />
dei tavoli da parte di clienti che<br />
decidano sul momento di mettersi a ballare)<br />
da parte degli avventori.<br />
Stabilito questo, veniamo ai riferimenti<br />
sanzionatori: l’art. 80 del testo unico trova<br />
la sua sanzione nell’art. 681 c.p., impropriamente<br />
rubricato “Apertura abusiva<br />
di luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento”.<br />
Trattasi di ipotesi di reato rimasta<br />
tale anche dopo gli ultimi interventi<br />
di decriminalizzazione.<br />
Indipendentemente dalla sua intitolazione,<br />
palesemente generica rispetto al relativo<br />
contenuto, la norma sanziona l’apertura<br />
di luoghi di pubblico spettacolo,<br />
trattenimento o ritrovo, certo non senza<br />
titolo, ma in dispregio delle prescrizioni<br />
imposte dall’Autorità a tutela della pubblica<br />
incolumità. Destinatari di essa sono<br />
dunque tutti coloro i quali a qualunque<br />
titolo concorrano ad aprire o tenere<br />
aperti luoghi di pubblico spettacolo, trattenimento<br />
o ritrovo per i quali non siano<br />
rispettate le condizioni di sicurezza: vi<br />
rientrano cioè, secondo la giurisprudenza,<br />
sia il titolare del locale o gestore in<br />
forza di idoneo titolo giuridico, sia qualunque<br />
altro soggetto che, anche soltanto<br />
in via di fatto, svolga suddetta attività<br />
di gestione (35). Si pensi proprio al caso di<br />
un’attività di trattenimento all’interno di<br />
un ristorante o pubblico esercizio di<br />
somministrazione di alimenti e bevande<br />
regolarmente autorizzato come tale, ove<br />
venga fatto pagare un prezzo aggiuntivo<br />
per la presenza dello stesso: potendosi<br />
presumere realizzata la trasformazione,<br />
secondo i criteri indicativi sopra evidenziati,<br />
del locale da pubblico esercizio e<br />
basta in locale anche di trattenimento, risponderà<br />
della violazione dell’art. 681<br />
(34) Per un’attenta disamina delle circolari riportate in stralcio nel testo ,cfr. Romeo, Locali di pubblico spettacolo,procedure autorizzatorie,<br />
II edizione, 2002, p.60-61.La nota diretta alla Prefettura di Pesaro Urbino contiene un’altra importante indicazione ai<br />
fini dell’indagine circa la necessarietà o meno di autorizzazione ex art.68 o 69 di un trattenimento danzante interno ad un locale<br />
di pubblico esercizio:se la realizzazione dello stesso avviene con cadenza saltuaria, ma coincidente con i giorni festivi e prefestivi,<br />
tipici delle discoteche, che di solito operano il sabato e la domenica, difficilmente potrà continuare a dirsi che si tratti di locale<br />
pubblico dove l’attività principale è la ristorazione e lo spettacolo rappresenta solo l’attività complementare!<br />
(35) Cfr. in tal senso Cass., sez. VI, 14 maggio 1973; nonché più di recente Cass., sez. I, 29 febbraio 1996.<br />
(36) Per la figura del direttore amministrativo cfr. Cass., 26 febbraio 1962.<br />
(37) In tal senso cfr. Cass., n. 203829/95.<br />
(38) Cfr. per tutte Cass., sez. III, 25 febbraio 1997, in Foro it., 1997, II, 471.<br />
(39) Tipico esempio di realizzazione del reato in questione potrebbe essere il superamento dei limiti di capienza di un locale di<br />
trattenimento indicati dalla Commissione in sede di collaudo e recepiti nella licenza di agibilità, nonché, talvolta, anche in quella<br />
ex art. 68 T.U.L.P.S.<br />
79<br />
c.p. sia il titolare del pubblico esercizio,<br />
sia l’organizzatore del trattenimento, ove<br />
i due soggetti non coincidano.<br />
Per contro, si ritiene debba essere esclusa<br />
la responsabilità penale del direttore<br />
amministrativo del locale, a meno che<br />
non abbia organizzato tutto lui autonomamente,<br />
come pure quella di chi abbia<br />
agito o sia altrimenti intervenuto nello<br />
spettacolo, trattenimento o ritrovo (36).<br />
Secondo la Cassazione, infine, il precetto<br />
contenuto nell’art. 681 c.p. non è rivolto<br />
esclusivamente a chi gestisce, in<br />
via permanente e professionale, luoghi<br />
di pubblico spettacolo, ma a “chiunque”<br />
li apra o li tenga aperti ancorché occasionalmente<br />
e per una sola volta (37).<br />
L’elemento materiale del reato consiste<br />
nella mancata osservanza delle prescrizioni<br />
dell’Autorità in materia di sicurezza.<br />
Ora, l’art. 80 parla espressamente<br />
di una licenza subordinata alla verifica<br />
dei requisiti di solidità e sicurezza<br />
del locale, e dunque al parere dell’apposita<br />
commissione, comunale o provinciale<br />
che sia.<br />
La Cassazione ha avuto modo di puntualizzare<br />
in più occasioni, tuttavia, come<br />
non integri la fattispecie dell’art. 681<br />
c.p. l’inottemperanza da parte del responsabile<br />
di attività svolte in luoghi di<br />
pubblico spettacolo o trattenimento alle<br />
indicazioni fornite dalla Commissione<br />
tecnica provinciale di vigilanza - oggi<br />
dalla Commissione comunale - non costituendo<br />
quest’ultima organo dotato di<br />
autonomo potere di ordinanza, in quanto<br />
le funzioni consultive e ispettive, attribuitele<br />
dalla legge, sono finalizzate alla<br />
successiva adozione degli eventuali<br />
provvedimenti da parte delle competenti<br />
autorità di P.S. o comunali (38).<br />
Siccome i giudici di legittimità, nel negare<br />
potere precettivo diretto alla Commissione<br />
di vigilanza fanno riferimento<br />
agli atti successivi espliciti dell’autorità<br />
competente, ovvero il rilascio, rinnovo,<br />
sospensione o revoca delle licenze di<br />
apertura o di esercizio o ancora le ordinanze<br />
contingibili e urgenti recanti specifiche<br />
prescrizioni a tutela della pubblica<br />
incolumità (39), si intuisce perché<br />
nella prassi la carenza della licenza di<br />
agibilità costituisca elemento probante<br />
pressoché certo dell’avvenuta consumazione<br />
del reato in questione. Eventuali<br />
valutazioni difformi saranno semmai ar-
gomento per la tesi difensiva, in quanto<br />
l’agente operante dovrà comunque inoltrare<br />
la prevista notizia di reato una volta<br />
constatato il dato formale della mancanza<br />
di suddetta licenza di agibilità.<br />
Diversamente, laddove la Polizia municipale<br />
venga a conoscenza dell’elenco<br />
delle prescrizioni che la Commissione<br />
ha inteso imporre agli interessati, deve<br />
anche verificare che esse siano state recepite<br />
in un provvedimento dell’Autorità.<br />
La ritenuta natura permanente del reato<br />
in questione ha poi indotto la dottrina<br />
maggioritaria ad escludere la sussistenza<br />
della fattispecie nel caso di svolgimento<br />
estemporaneo di un trattenimento<br />
o spettacolo, proprio perché non vi sono<br />
state sicuramente preliminari prescrizioni<br />
dell’Autorità. Alcuni tuttavia ne ritengono<br />
possibile anche una “consumazione”<br />
istantanea, sussistente proprio nell’ipotesi<br />
poc’anzi prospettata di iniziativa<br />
del momento con allestimento ovviamente<br />
di struttura ad hoc.<br />
Quando la prescrizione dell’Autorità viene<br />
tradotta in un’ordinanza che per i suoi<br />
contenuti e la sua motivazione è riconducibile<br />
al novero delle contingibili ed<br />
urgenti, il reato di cui all’art. 650 c. p.,<br />
normalmente ipotizzabile per tale tipo di<br />
violazioni rimane assorbito nel reato di<br />
cui all’art. 681. Analogamente, la violazione<br />
delle prescrizioni contenute nella<br />
licenza di agibilità non costituisce violazione<br />
dell’art. 9 del T.U.L.P.S., come tale<br />
sanzionata, in base al meccanismo già<br />
evidenziato, ex art. 17 del medesimo testo<br />
unico, ma rappresenta l’ipotesi letteralmente<br />
più tipica di applicabilità della<br />
fattispecie speciale ora in esame.<br />
Tipico esempio in tal senso il superamento<br />
della capienza del locale, indicata<br />
per definizione nel contesto della licenza<br />
di agibilità. Le ultime considerazioni<br />
svolte ci forniscono lo spunto per<br />
evidenziare un’ulteriore differenza in materia<br />
di procedura di accertamento di violazioni<br />
per attività di trattenimento e svago,<br />
rispetto a quanto avviene in quella<br />
per i pubblici esercizi in genere.<br />
La violazione dell’ordinanza di cessa-<br />
(40) A tali conclusioni si arriva dall’esame della copiosa giurisprudenza<br />
in materia di art. 650 c.p., nonché in materia di<br />
violazione di un provvedimento astrattamente adottato per<br />
ragioni di igiene<br />
zione dell’attività di trattenimento priva<br />
di licenza ex artt. 68 o 69 del T.U.L.P.S.<br />
può essere sanzionata ai sensi dell’art.<br />
650 c. p., a differenza di quanto avviene<br />
per l’analoga violazione della disposizione<br />
emanata ai sensi dell’art. 17-ter<br />
T.U.L.P.S.<br />
Per tale ipotesi, infatti, vi è un richiamo<br />
esplicito all’art. 650 medesimo, richiamo<br />
che deve essere inteso tuttavia esclusivamente<br />
quoad poenam, ovvero ai fini<br />
della individuazione della sanzione<br />
applicabile al trasgressore.<br />
Diversamente verrebbe meno la natura<br />
di sussidiarietà della fattispecie di cui all’art.<br />
650 c. p., che si applica solo ogniqualvolta<br />
il fatto, costituito dall’inosservanza<br />
di un ordine legalmente dato per<br />
ragioni di giustizia, igiene, sicurezza pubblica<br />
o ordine pubblico, non sia sanzionato<br />
da altra specifica norma. In particolare,<br />
per la sussistenza del reato è necessario<br />
che la violazione riguardi i provvedimenti<br />
contingibili ed urgenti adottati<br />
dal Sindaco quale ufficiale di Governo<br />
a norma dell’art. 54, D. Lgs. 267/2000,<br />
ovvero quale capo dell’Amministrazione<br />
a norma dell’art. 50 del medesimo testo<br />
di legge (per soli motivi di igiene).<br />
Quindi, mentre nel caso di violazione<br />
dell’art. 17-ter, c. 5, del T.U.L.P.S., si è di<br />
fronte all’autonoma fattispecie di reato<br />
consistente nell’inottemperanza al provvedimento<br />
di cessazione o di sospensione<br />
di attività abusiva, la cui sanzione è<br />
identica a quella prevista dal codice penale<br />
per la contravvenzione di cui all’art.<br />
650, l’ordinanza di cessazione di spettacolo<br />
o trattenimento pubblico abusivo<br />
sarà sanzionata secondo le regole generali<br />
previste per le violazioni delle ordinanze<br />
sindacali; se conseguente a mancanza<br />
di agibilità, sarà sanzionata, come<br />
sopra detto, ai sensi dell’art. 681 c. p. (40).<br />
Infine, un’altra ipotesi interessante sotto<br />
il profilo operativo: se la licenza di agibilità<br />
è stata rilasciata per un’area del locale<br />
diversa da quella dove di fatto viene<br />
riscontata (si pensi al caso in cui gli<br />
avventori vengano sorpresi, appunto, a<br />
ballare su una pista interna al ristorante<br />
e non oggetto del collaudo),e quindi sono<br />
state violate le prescrizioni circa l’ubicazione<br />
dell’area del trattenimento<br />
contenute nella licenza ex art. 80, con<br />
conseguente applicabilità dell’art. 681<br />
c.p., astrattamente lo stesso organo procedente<br />
disporrebbe del più efficace dei<br />
80<br />
rimedi per far cessare la situazione di pericolo,<br />
senza attendere l’emanazione di<br />
alcuna ordinanza successiva: il sequestro<br />
preventivo del locale finalizzato, appunto,<br />
ad evitare la perpetrazione delle<br />
conseguenze dell’illecito.<br />
Conclusioni<br />
La disciplina dei locali, impianti ed attività<br />
di trattenimento e svago, come<br />
crediamo di aver evidenziato, è sicuramente<br />
una delle più complesse tra<br />
quelle previste dal testo unico delle<br />
leggi di P.S. La confusione nasce in primo<br />
luogo dalla mancanza di chiarezza<br />
terminologica. Ogni sforzo ermeneutica<br />
al riguardo rischia di essere<br />
smentito dalla creazione di nuovi tipi<br />
di attività che le mode e i costumi sociali<br />
rendono via via attuali e che non<br />
sempre è agevole ricondurre a schemi<br />
normativi del passato. La tutela della<br />
sicurezza, dovrebbe essere l’egida sotto<br />
la quale ricondurre ogni sforzo interpretativo.<br />
La creazione di Commissioni comunali<br />
che coinvolgono, tuttavia, in prima<br />
persona i vertici della Polizia municipale,<br />
rischia comunque, quanto meno<br />
in prima battuta, di svilire la portata<br />
della riforma rendendo i commissari,<br />
poco avvezzi a trattare di normative a<br />
carattere eminentemente tecnico, in<br />
balia di commissari assai più tecnici<br />
che potrebbero - sia detto senza venatura<br />
polemica - trasportare semplicemente<br />
in ambiti territoriali diversi regole<br />
spesso farraginose che di fatto<br />
hanno inceppato l’attività delle<br />
Commissioni provinciali. In tale ottica,<br />
diventa fondamentale il ruolo di autonomia<br />
dell’ente locale, che nell’ambito<br />
dei suoi poteri di autoregolamentazione<br />
deve opportunamente disciplinare<br />
sia le modalità di funzionamento<br />
della Commissione di vigilanza sia le<br />
relative procedure. E a sua volta, la<br />
Commissione dovrebbe avocarsi un<br />
ruolo di interprete preliminare che andrà<br />
senz’altro a vantaggio della certezza<br />
del diritto affrontando a priori la<br />
codifica di quanto astrattamente può<br />
ricadere nel concetto di spettacolo,<br />
trattenimento o impianto in maniera da<br />
avere e fornire al cittadino strumenti<br />
certi in un quadro normativo che sicuramente<br />
certo non è.
FRANCESCO VERGINE<br />
Comandante della Polizia municipale<br />
di Venezia<br />
PROFILI PENALI DELLA CONTRAFFAZIONE DI MERCI<br />
E COMMERCIO SU AREE PUBBLICHE. GLI ORIENTAMENTI<br />
RECENTI DELLA GIURISPRUDENZA<br />
1) La contraffazione:<br />
fenomeno criminale globale<br />
Secondo le stime della W. T. O. World<br />
Trade Organisation (ORGANIZZAZIONE<br />
MONDIALE DEL COMMERCIO) il mercato<br />
criminale mondiale della contraffazione<br />
fattura ogni anno circa 100 miliardi<br />
di dollari (SORBINO - CALABRIA,<br />
“Commercio di prodotti contraffati: progetto<br />
per l’integrazione delle strategie di<br />
contrasto”, convegno nazionale di Polizia<br />
locale, Riccione , sett. 2004).<br />
Il danno per le industrie e per il prodotto<br />
interno lordo, anche nel nostro Paese, è<br />
davvero enorme ed ammonterebbe circa<br />
al 9% dell’intero commercio mondiale.<br />
La contraffazione può essere definita come<br />
un complesso di violazioni delle leggi<br />
nazionali ed europee, nonché dei contratti<br />
in materia di proprietà intellettuale<br />
e diritti di sfruttamento commerciale dei<br />
prodotti. Essa va divisa in due grandi filoni:<br />
la pirateria audio, video e dei prodotti<br />
informatici; la falsificazione degli altri<br />
prodotti, siano essi artigianali che industriali.<br />
L’esame delle fattispecie sanzionatorie<br />
in materia esige una attenzione<br />
alla realtà operativa sul territorio, di<br />
cui occorre tenere conto.<br />
2) Commercio di prodotti contraffatti<br />
ed orientamenti della giurisprudenza<br />
penale: profili generali<br />
2.1. La materia del commercio ambulante<br />
su aree pubbliche è disciplinata dalla legge<br />
generale di riforma del commercio, il<br />
c.d. decreto Bersani (d.lgs. n.114/1998),<br />
che rinvia per una disciplina di dettaglio<br />
alle leggi regionali.<br />
Di rilievo tra l’altro sono le competenze<br />
in argomento del Comune, che è chiamato<br />
dalla legge statale ad una disciplina<br />
di specifiche fattispecie, attraverso regolamenti<br />
di competenza del Consiglio<br />
Comunale.<br />
Come noto, esistono due forme di commercio<br />
sul suolo pubblico: mediante posteggi<br />
fissi, oppure in forma itinerante.<br />
Il commercio itinerante è certamente l’ipotesi<br />
che riveste una serie di profili, siano<br />
amministrativi, che penali e che più<br />
impegna le amministrazioni locali e gli<br />
organi di controllo.<br />
È frequente infatti che il commerciante<br />
od il venditore itinerante detengano e<br />
vendano merce contraffatta ovvero servili<br />
imitazioni di prodotti griffati.<br />
2.2. La detenzione e la vendita di prodotti<br />
recanti marchi contraffatti sono fattispecie<br />
caratterizzate da rilevanti profili penali<br />
e di Polizia amministrativa. In ordine<br />
ai primi è necessario peraltro mettere<br />
un punto fermo nella interpretazione delle<br />
norme incriminatici da parte della<br />
Cassazione, con specifico riguardo in materia<br />
di reati contro la pubblica fede ed il<br />
patrimonio collegati al commercio c.d.<br />
“abusivo” di merce contraffatta.<br />
Già nel 2001 le Sezioni Unite avevano<br />
stabilito il principio del concorso dei reati<br />
di ricettazione e commercio di prodotti<br />
con segni distintivi falsi, nella fattispecie<br />
concreta della vendita di merci “contraffatte”<br />
(Cassazione, sezioni unite penali,<br />
sentenza del 7.6.2001 n. 23427).<br />
Ciò aveva eliminato alcuni dubbi interpretativi<br />
circa l’ammissibilità del concorso<br />
dei due reati, peraltro dotati di distinta<br />
oggettività giuridica, essendo afferenti<br />
il primo alla tutela del patrimonio (ricettazione),<br />
il secondo alla tutela della fede<br />
pubblica (commercio di prodotti falsi) (sul<br />
81<br />
tema PAPA, La vendita di prodotti con<br />
marchi contraffatti: spunti sui rapporti tra<br />
ricettazione e norme disciplinanti la circolazione<br />
di cose illecite in Rivi it. dir .<br />
proc. pen.,1985 ,715).<br />
Occorre chiarire anzitutto che ricorrono<br />
gli estremi del reato di ricettazione in ogni<br />
condotta dolosa di acquisizione o ricezione<br />
di beni che costituiscano profitto<br />
patrimoniale di un qualsiasi delitto. Ne<br />
segue che è ravvisabile la ricettazione<br />
nella acquisizione di beni che siano prodotti<br />
di attività di contraffazione od alterazione<br />
di marchi o segni distintivi, nazionali<br />
od esteri, di opere dell’ingegno o<br />
prodotti industriali: tale attività è infatti rilevante<br />
come delitto ex art. 473 c.p.,<br />
commi 1 o 2.<br />
Si tratta in sostanza del reato presupposto<br />
rispetto alla successiva condotta di<br />
ricettazione dei beni in precedenza e da<br />
terzi contraffati od alterati (Cassazione<br />
penale sez. II, sentenza n. 12249 del<br />
13.12.1988).<br />
2.3. In secondo luogo, occorre rilevare<br />
che orientamenti diversi si sono registrati<br />
nella giurisprudenza di legittimità in ordine<br />
alla ipotesi di acquisto o di ricezione,<br />
nella consapevolezza della provenienza<br />
delittuosa ex art. 473 c.p., di beni<br />
contraffatti od alterati, allo scopo di<br />
vendita: diverse pronunce hanno a suo<br />
tempo stabilito che il reato ex art. 474 c.p.<br />
concorre con la ricettazione, attesa la diversa<br />
oggettività giuridica dei due delitti<br />
(Cassazione sez. II sentenza n. 3154 del<br />
27.7.1996; Cassazione sez. 5, sent. 2098<br />
del 6.3.1997).<br />
In altre sentenze invece si riteneva sussistere<br />
tra le due fattispecie un rapporto<br />
di specialità ex art.15 c.p., che determinava<br />
l’assorbimento dell’art.474
c.p. nella fattispecie, più grave e con<br />
elementi specializzanti, della ricettazione<br />
ex art.648 c. p. (Cass. sez. 5, sent.<br />
n. 1315 del 27.4.1998 e sent. n. 5525<br />
del 14.1.2000).<br />
Ciò peraltro veniva sostenuto prescindendo<br />
dalla eventuale natura abusiva,<br />
cioè senza titolo amministrativo, del commercio<br />
(in qualsiasi forma, fisso od ambulante)<br />
svolto dal venditore senza licenza,<br />
attenendo ai diversi profili amministrativi<br />
della fattispecie, regolati dalla<br />
citata legislazione di settore.<br />
La tesi si fondava sulla natura plurioffensiva<br />
del reato ex art. 474 c.p. di introduzione<br />
e commercio di prodotti falsi, ritenuto<br />
reato contro il patrimonio, oltrechè<br />
contro la pubblica fede.<br />
La giurisprudenza ha ritenuto talora che<br />
la norma è rivolta alla protezione del monopolio<br />
sull’opera e sul marchio ed è<br />
quindi posta a tutela del patrimonio dei<br />
privati. Ne seguiva secondo tale impostazione<br />
che:<br />
1. la ricezione di beni contraffatti od alterati<br />
è antefatto non punibile della detenzione<br />
per la vendita; priva di rilievo<br />
autonomo nella condotta punita dall’art.<br />
474 c.p.;<br />
2. le opere riprodotte abusivamente ed i<br />
beni con marchi falsi sono prodotti e non<br />
provento di reato, come richiesto dall’art.<br />
648 c.p.<br />
2.4. Le Sezioni unite nel 2001, con la<br />
sentenza sopra citata (Cassazione, sezioni<br />
unite penali, sentenza del 7.6.2001<br />
n. 23427) hanno infine risolto il contrasto<br />
giurisprudenziale, chiarendo che ricettazione<br />
e commercio di prodotti falsi<br />
sono delitti che possono concorrere nell’ipotesi<br />
della vendita di merce contraffatta.<br />
Ciò anche nell’ipotesi della semplice<br />
detenzione al fine di vendere, qualora<br />
il commerciante da un lato sia consapevole<br />
della provenienza della merce<br />
da altro delitto (reato presupposto), dall’altro<br />
vi sia la coscienza e volontà di detenere<br />
cose contraffatte destinate alla<br />
vendita. Ricettazione e commercio di<br />
prodotti falsi sono infatti fattispecie penali<br />
che secondo le sezioni unite descrivono<br />
condotte diverse sotto il profilo<br />
strutturale e cronologico, tra cui non si<br />
configura rapporto di specialità, nè risulta<br />
dal sistema penale una diversa volontà,<br />
espressa od implicita, del legislatore (cfr.<br />
guida al diritto - sole 24 ore n. 27 del<br />
10.7.2004, p. 59).<br />
Si registra di recente poi un ulteriore<br />
orientamento (Cassazione, sezione II pen.<br />
sentenza n. 12926/2004, guida al diritto,<br />
cit.), relativo al solo art. 474 c.p., norma<br />
di cui la Corte suprema fornisce una puntuale<br />
ricostruzione, partendo da una disamina<br />
approfondita del bene giuridico<br />
tutelato.<br />
Si stabilisce, come vediamo oltre, che<br />
non è rilevante l’eventuale inganno a carico<br />
del compratore (v. paragr. 4).<br />
La sentenza citata, per altro verso, conferma<br />
l’astratta possibilità del concorso<br />
con la ipotesi di ricettazione, secondo<br />
l’insegnamento sopraccitato delle Sezioni<br />
Unite penali.<br />
3) Il delitto di introduzione<br />
nello Stato<br />
e commercio di prodotti<br />
con segni distintivi falsi (art. 474 c.p.)<br />
3.1. L’art. 474 c.p. prevede un delitto contro<br />
la pubblica fede (c.p. libro II, titolo<br />
VII), volto alla tutela dell’affidamento collettivo<br />
nella veridicità dei marchi e segni<br />
distintivi dei prodotti industriali e opere<br />
dell’ingegno.<br />
Esso richiede la contraffazione o l’alterazione<br />
di un marchio protetto e riconosciuto<br />
nello Stato od all’estero (Cassazione<br />
penale, sezione V, 7.5.1986 n.<br />
2670; idem, sezione V, 27.5.1981 n.<br />
4980). La condotta punibile consiste nel<br />
detenere per vendere o nel porre in<br />
commercio prodotti industriali con marchi<br />
o segni contraffatti od alterati, avendone<br />
coscienza e volontà (Cassazione penale<br />
sezione V, 27.5.1973 n. 387; sezione<br />
VI, 12.4.1986 n. 2897).<br />
Si ha contraffazione quando vi è la integrale<br />
riproduzione in tutta la sua configurazione<br />
di un marchio o segno distintivo.<br />
Vi è la condotta di alterazione invece<br />
quando la riproduzione è parziale, ma<br />
confondibile col marchio o segno originale.<br />
Non occorre dimostrare le concrete<br />
trattative per la vendita stessa, essendo<br />
sufficiente detenere, col chiaro intento di<br />
mettere in vendita, le merci fasulle (vedi<br />
anche Cassazione penale, sezione V,<br />
25.5.1978 n. 6374).<br />
3.2. In generale l’ambito di tutela della<br />
fede pubblica nel campo della contraffazione<br />
e del commercio abusivo era controverso<br />
nella giurisprudenza di legittimità.<br />
Era stata affermata infatti la penale<br />
irrilevanza dei casi in cui il compratore<br />
82<br />
può constatare la falsità del marchio, sia<br />
per la evidente scarsa qualità del prodotto,<br />
sia per il prezzo vile richiesto (Cassazione<br />
penale, sezione V, sentenza<br />
2119/2000). In sostanza, se il falso era<br />
grossolano, esso era da ritenere mediamente<br />
riconoscibile: la vendita era perciò<br />
lecita penalmente, mancando l’idoneità<br />
ad ingannare la persona di media<br />
esperienza e diligenza.<br />
Questa ricostruzione privilegiava evidentemente<br />
la libera determinazione del<br />
privato, quindi la tutela della volontà negoziale<br />
e conseguentemente del patrimonio,<br />
che deve restare esente da incisioni<br />
causate da condotte fraudolente dei<br />
commercianti. L’art. 474 codice penale<br />
era ricostruito quale reato di danno, che<br />
esigeva una contrattazione in cui l’acquirente<br />
è ingannato dal venditore circa<br />
la veridicità del marchio o del segno distintivo.<br />
La tesi, se da un lato pare coerente<br />
con il principio dottrinale della “offensività”<br />
della fattispecie penale, dall’altra<br />
si pone in contrasto con l’oggetto<br />
giuridico della norma, costituito non dall’affidamento<br />
del privato nella libera e<br />
consapevole contrattazione, bensì dall’affidamento<br />
collettivo in ordine ai marchi<br />
dei prodotti oggetto dei traffici economici.<br />
La tesi, restrittiva peraltro, si pone<br />
in collisione inoltre con la circostanza<br />
che è reato ex art. 474 codice penale<br />
anche la sola detenzione di merci contraffatte<br />
destinate alla vendita. Essa trova<br />
poi smentita nella esigenza di tutela di un<br />
bene giuridico della collettività, la fede<br />
pubblica, che richiede la repressione anche<br />
di fatti che causano la sola probabilità<br />
di una lesione della fede pubblica,<br />
quali ad esempio la vendita di merci con<br />
“griffes” fasulle, che entrano poi nel circuito<br />
commerciale generando confusione<br />
nel pubblico e causando danni anche<br />
d’immagine alle “maisons”.<br />
4) La pronuncia<br />
della Corte di Cassazione<br />
II sezione penale, sentenza n. 12926<br />
del 5-17 marzo 2004<br />
4.1. L’orientamento fin qui esposto, anteriore<br />
alla sentenza in commento, sembra<br />
rifarsi alla teoria del reato - contratto<br />
ed è stato smentito dalla Suprema Corte.<br />
Con la sentenza n.12926 del 5-17 marzo<br />
2004 della Cassazione penale cade infatti<br />
la necessità di accertare se vi sia stato<br />
o meno inganno a carico del compra-
tore eventualmente “deceptus” e se la falsificazione<br />
del bene sia “grossolana” o<br />
meno (cfr. Guida al diritto - Sole 24 Ore<br />
n. 27 del 10.7.2004, p. 58 ss. “ Punita la<br />
vendita di prodotti contraffatti anche se il<br />
falso non inganna l’acquirente”, con nota<br />
di Marco Galdieri “La normativa ha la<br />
funzione di tutelare l’affidamento della<br />
collettività dei marchi”).<br />
La Cassazione penale aggiunge inoltre<br />
l’affermazione che si tratta di reato di pericolo,<br />
che non esige l’inganno ai danni<br />
dell’acquirente, né al contrario che la<br />
contraffazione sia “grossolana” e le condizioni<br />
di vendita tali da rendere edotto<br />
l’acquirente della reale natura e provenienza<br />
della merce. In particolare, secondo<br />
il giudice di legittimità l’ipotesi di<br />
reato dell’art. 474 c.p. è volta a tutelare<br />
in via principale e diretta non la libera determinazione<br />
dell’acquirente, ma la pubblica<br />
fede, intesa come affidamento della<br />
collettività nei marchi e segni distintivi<br />
che individuano le opere dell’ingegno<br />
od i prodotti industriali e ne garantiscono<br />
la circolazione.<br />
Si tratta in effetti di una tutela penale anticipata<br />
della pubblica fede, “anticipata”<br />
rispetto alla soglia di lesione dell’affidamento<br />
collettivo, a nostro avviso, tale da<br />
prescindere dall’accertamento della volontà<br />
dell’acquirente e della sua rappresentazione<br />
della realtà dei fatti.<br />
Infatti, rappresentazione e volontà del singolo<br />
acquirente attengono alla formazione<br />
e manifestazione del consenso negoziale,<br />
ciò che nell’art. 474 codice penale<br />
esula dalla struttura del reato e dal bene<br />
giuridico che si vuole tutelare (la pubblica<br />
fede).<br />
La ricostruzione proposta dalla Cassazione<br />
induce quindi a considerare irrilevante<br />
l’errore negoziale del contraente,<br />
da un lato, così come l’eventuale dolo del<br />
venditore, dall’altro, in ordine alla veridicità<br />
del marchio, almeno ai fini dell’art.<br />
474 c. p..<br />
Deve peraltro essere segnalato che tali<br />
elementi di vizio della volontà negoziale<br />
hanno invece rilievo in ordine alla<br />
eventuale truffa perpetrata ai danni del<br />
consumatore- acquirente, nel caso in cui<br />
concorrano artifizi o raggiri posti in essere<br />
dal venditore (art. 640 codice penale),<br />
ovvero ai sensi dell’art. 517 codice penale<br />
in ordine al marchio non registrato.<br />
In definitiva, nella sentenza in commento<br />
si evidenzia che l’art. 474 codice penale<br />
tutela l’affidamento collettivo in or-<br />
dine ai marchi registrati, onde evitare confusione<br />
nelle transazioni commerciali,<br />
non l’affidamento del singolo che si determina<br />
all’acquisto.<br />
Ciò in quanto è rilevante penalmente anche<br />
la sola detenzione della merce contraffatta,<br />
quando ad esempio la merce è<br />
addosso al venditore, in cassaforte, nelle<br />
borse, e non vi sono in atto trattative o<br />
apparenti contatti con potenziali clienti,<br />
finalizzati alla vendita.<br />
4.2. L’orientamento precedente ( paragr.<br />
3) quindi viene rovesciato e confutato dalla<br />
Cassazione penale che respinge, con<br />
una inversione di tendenza, detta impostazione<br />
con la citata sentenza n.<br />
2926/2004.<br />
Si ricostruisce l’art. 474 c.p. in modo innovativo<br />
per una serie di ragioni:<br />
- anzitutto per la lettera della norma, che<br />
non esige l’avvenuta compravendita;<br />
- la collocazione sistematica dell’art. 474<br />
codice penale nel libro II, titolo dei reati<br />
contro la fede pubblica;<br />
- la evidente rilevanza collettiva ( e non<br />
individuale) del bene tutelato dalla<br />
norma incriminatrice, la pubblica fede,<br />
che è, come noto, un bene di rango collettivo;<br />
- la fattispecie in esame non tutela quindi<br />
un bene giuridico individuale, cioè la<br />
libera determinazione del compratore);<br />
- il reato è di pericolo; quindi non occorre<br />
che si verifichi un inganno ai danni del<br />
singolo acquirente;<br />
- è quindi irrilevante che la contraffazione<br />
sia o meno “grossolana”, ovvero agevolmente<br />
riconoscibile da persone di ordinaria<br />
diligenza ed esperienza;<br />
- sono altresì irrilevanti le concrete modalità<br />
di vendita, poiché il successivo uso<br />
e la diffusione dei beni contraffatti possono<br />
comunque generare confusione nel<br />
pubblico (Cassazione penale sezione II,<br />
sentenza 8.11.2001/39863).<br />
5) La tesi del c.d.<br />
falso grossolano inoffensivo<br />
Sono discutibili pertanto le argomentazioni<br />
talora poste a sostegno della tesi del<br />
c.d. falso “inoffensivo”, sub specie di contraffazione<br />
grossolana, nel commercio<br />
abusivo, fondate sulla regola che non è<br />
punibile ciò che non reca offesa ad alcuno,<br />
né al bene giuridico tutelato (“falsitas<br />
quae nemimi nocet non punitur”).<br />
Come noto, il falso in genere è classifi-<br />
83<br />
cabile come grossolano quando sia così<br />
immediatamente riconoscibile da non poter<br />
fare cadere in errore alcuno (cfr.<br />
Fiandaca- Musco , Diritto penale p. speciale,<br />
vol. I, ed. 3°, 2002, 534 ss.).<br />
La stessa giurisprudenza tuttavia esclude<br />
rigorosamente la punibilità del falso solo<br />
quando sia di evidente grossolanità, tale<br />
da risultare “assolutamente” inidoneo a<br />
trarre in inganno la generalità dei cittadini.<br />
Il reato di falso invece permane quando<br />
il falso presenti imperfezioni che pure<br />
riconoscibili da persone esperte, non<br />
rendono impossibile l’inganno rispetto alla<br />
media delle persone (Cass. 27.5.1992<br />
, in Riv. Pen. 1992 , 733).<br />
Nei casi all’attenzione di alcuni tribunali<br />
penali è stata sostenuta dai difensori anche<br />
la tesi del reato impossibile per inidoneità<br />
dell’azione (art. 49 codice penale).<br />
Il ragionamento partiva dal carattere<br />
inoffensivo della falsificazione delle merci<br />
in vendita, posta la chiara riconoscibilità<br />
nella circostanza di merce “diversa”<br />
da quella originale “griffata”, sia per il<br />
prezzo, sia per la condizione del venditore,<br />
sia per le altre modalità della vendita.<br />
In tema di falso si rinviene in effetti<br />
giurisprudenza che afferma la inidoneità<br />
dell’azione ad ingannare la fede pubblica,<br />
quando la falsificazione risulti evidente<br />
all’uomo medio (Cassazione penale,<br />
sezione V, 9.10.1981 n. 8659, idem,<br />
9.7.1981 n. 6780; in dottrina per la tesi<br />
del falso innocuo proprio in ordine all’art.<br />
474 c.p. FASCE , Brevi note in ordine all’innocuità<br />
del falso in relazione all’art.<br />
474 c.p. in Riv. Pen. 2001, 275).<br />
In effetti tali pronunce attengono al settore<br />
del falso documentale, più che del<br />
falso commerciale.<br />
6) Il delitto di vendita<br />
di prodotti industriali<br />
con segni mendaci (art. 517 c.p.).<br />
Differenze rispetto all’art. 474 c.p.<br />
La disamina dell’art. 474 codice penale<br />
non può risultare completa senza un confronto<br />
con altre disposizioni penali ed in<br />
particolare con l’art.517 codice penale,<br />
che punisce la vendita di prodotti industriali<br />
con segni mendaci.<br />
Si tratta di un reato di pericolo, al pari dell’art.<br />
474 c.p., che punisce chi mette in<br />
circolazione prodotti industriali con nomi,<br />
marchi e segni distintivi, nazionali o<br />
esteri, atti ad indurre il compratore in inganno<br />
circa origine, provenienza o qua-
lità, a prescindere da ogni contraffazione<br />
(Cassazione penale sezione III, sent.<br />
8.3.1985 n. 2250).<br />
L’ art. 517 codice penale prevede un reato<br />
a carattere sussidiario, che si distingue<br />
dalla fattispecie di cui all’art. 474 codice<br />
penale per i seguenti elementi costitutivi:<br />
a) il bene giuridico è l’ordine economico,<br />
anziché la pubblica fede;<br />
b) la condotta criminosa richiede non la<br />
contraffazione o l’alterazione, ma la semplice<br />
imitazione del nome e del marchio<br />
o del segno distintivo, purché idonea a<br />
trarre in inganno;<br />
c) non occorre l’estremo della registrazione<br />
o del riconoscimento del segno o<br />
del marchio.<br />
È sufficiente quindi l’illegittima sostituzione<br />
del marchio originario con altro<br />
marchio o segno al fine di trarre in inganno<br />
il compratore circa l’origine della<br />
merce: si ricorda il caso delle motociclette<br />
assemblate cui erano state cancellate le<br />
diciture giapponesi d’origine e sostituite<br />
con altre italiane (Cassazione penale, sezione<br />
III, sentenza 8.3.1985 n. 2250).<br />
La consumazione del reato si realizza nel<br />
momento in cui il prodotto viene messo<br />
in vendita o altresì in commercio, ancorché<br />
in concreto esso non abbia formato<br />
oggetto di compravendita.<br />
L’elemento psicologico è costituito dal<br />
dolo generico, che non è escluso dalla<br />
consuetudine largamente praticata di applicare<br />
marchi o segni di fantasia in lingue<br />
straniere, atti ad indurre in inganno<br />
l’acquirente.<br />
In ordine al carattere sussidiario del reato<br />
ex art. 517 codice penale rispetto alla<br />
fattispecie prevista dall’art. 474, deve ritenersi<br />
infine che quest’ultima fattispecie<br />
prevale nei casi di contraffazione del marchio<br />
vero e proprio, elemento non richiesto<br />
dalla minore ipotesi prevista dall’art.<br />
517 codice penale.<br />
Il confronto e le differenze emerse tra le<br />
due fattispecie sono state oggetto di approfondimento<br />
nella giurisprudenza penale<br />
(Cassazione penale , sezione V,<br />
7.2.1984, n.1104; idem, 7.4.1986,<br />
n.2670).<br />
In definitiva, la giurisprudenza di legittimità<br />
ritiene prevalente la norma incriminatrice<br />
dell’art. 474 codice penale, che<br />
prevede una fattispecie più grave nell’ipotesi<br />
in cui vi sia stata contraffazione in<br />
senso proprio del prodotto detenuto o posto<br />
in vendita, lasciando invece alla disposizione<br />
ex art. 517 codice penale un<br />
ruolo sussidiario, limitato alla imitazione<br />
dei prodotti.<br />
Si ripropone quindi il problema della differenza<br />
tra le due ipotesi, contraffazione<br />
e mera imitazione del marchio o segno<br />
distintivo.<br />
7) La condotta dell’acquirente<br />
di merce contraffatta.<br />
Il reato di incauto acquisto<br />
(art. 712 c.p.). Suo rapporto<br />
con l’art. 1 commi 7 ss.<br />
legge 14.5.2005 n. 80 e modifiche<br />
7.1. Nel variegato quadro normativo vigente,<br />
si inserisce il decreto legge sulla<br />
“competitività “, poi convertito nella legge<br />
n. 80/2005.<br />
L’art. 1 c. 7 ss. introduce una importante<br />
fattispecie sanzionatoria amministrativa<br />
in materia di lotta alla contraffazione.<br />
Si tratta di una norma molto discussa e<br />
chiaramente destinata a scoraggiare, con<br />
una sanzione pecuniaria molto pesante<br />
(il minimo nel verbale era in origine fissato<br />
a 3.333 euro, ovvero un terzo del<br />
massimo previsto in 10.000 euro), i potenziali<br />
clienti delle merci fasulle ed incidere<br />
quindi sul versante della domanda,<br />
diversamente dalle norme penali ed<br />
amministrative fin qui viste che incidono<br />
tutte sul versante dell’offerta, ovvero del<br />
venditore, del produttore o distributore.<br />
Riportiamo il testo integrale della norma<br />
dell’ art. 1 c. 7 ss.:<br />
“ 7. Salvo che il fatto costituisca reato, è<br />
punito con la sanzione amministrativa pecuniaria<br />
fino a 10.000 euro l’acquisto o<br />
l’accettazione, senza averne prima accertata<br />
la legittima provenienza, a qualsiasi<br />
titolo di cose che, per la loro qualità<br />
o per la condizione di chi le offre o per<br />
l’entità del prezzo, inducano a ritenere<br />
che siano state violate le norme in materia<br />
di origine e provenienza dei prodotti<br />
ed in materia di proprietà intellettuale. La<br />
sanzione di cui al presente comma si applica<br />
anche a coloro che si adoperano<br />
per fare acquistare o ricevere a qualsiasi<br />
titolo alcuna delle cose suindicate, senza<br />
averne prima accertata la legittima<br />
provenienza. ((In ogni caso si procede alla<br />
confisca amministrativa delle cose di<br />
cui al presente comma. Restano ferme le<br />
norme di cui al decreto legislativo 9 aprile<br />
2003, n. 70)).<br />
8. Le somme derivanti dall’applicazione<br />
delle sanzioni previste dal comma 7 sono<br />
versate all’entrata del bilancio dello<br />
84<br />
Stato per essere riassegnate ad appositi<br />
capitoli, anche di nuova istituzione, dello<br />
stato di previsione del Ministero delle<br />
attività produttive e del Ministero degli affari<br />
esteri, da destinare alla lotta alla contraffazione.<br />
9. All’articolo 4, comma 49, della legge<br />
24 dicembre 2003, n. 350, dopo le parole:<br />
"fallaci indicazioni di provenienza"<br />
sono inserite le seguenti: "o di origine".<br />
10. All’articolo 517 del codice penale, le<br />
parole: "due milioni" sono sostituite dalle<br />
seguenti: "ventimila euro"”.<br />
La norma prevede in definitiva una nuova<br />
fattispecie di illecito amministrativo a<br />
carico dell’acquirente di merce contraffatta<br />
e dell’intermediario nel traffico illecito<br />
in parola.<br />
Da segnalare che con la legge n.49 del<br />
21 febbraio 2006, in materia di Olimpiadi<br />
invernali, art.5bis (“lotta alla contraffazione”),<br />
la sanzione amministrativa è stata<br />
modificata, prevedendo ora il minimo<br />
di euro 500. Ai sensi della legge<br />
24.11.1981 n.689 essa comporta quindi<br />
la facoltà di pagamento in misura ridotta<br />
di euro 1000 (doppio del minimo).<br />
7.2. La norma sembra apprestare una sanzione<br />
alla condotta del compratore ed all’intermediario<br />
di merci che al comune<br />
uomo della strada appaiano di provenienza<br />
dubbia.<br />
Si pone pertanto la questione del concorso<br />
apparente di norme con l’art. 712<br />
c.p., il c.d. reato di incauto acquisto (acquisto<br />
di cose di sospetta provenienza).<br />
La norma dell’art. 1 c. 7 legge n. 80/2005<br />
infatti ricalca, anche nella lettera, l’art.<br />
712 c.p. prevedendo una fattispecie che<br />
potremmo definire di “incauto acquisto<br />
amministrativo”.<br />
La norma della legge c.d. sulla competitività<br />
sembra prevalere, ai sensi della legge<br />
n. 689/1981 art. 9, essendo in rapporto<br />
di specialità, rispetto alla norma incriminatrice<br />
penale dell’art. 712 c. p..<br />
La specialità pare evidente almeno con<br />
riguardo all’oggetto della fattispecie amministrativa,<br />
costituito solo dalle merci<br />
sottoposte alla tutela della proprietà intellettuale,<br />
ovvero della loro origine e provenienza,<br />
mentre l’incauto acquisto penale<br />
ha ad oggetto materiale la generalità<br />
dei beni che provengono da reato.<br />
Di rilievo sono i seguenti elementi della<br />
fattispecie in esame:<br />
- l’acquirente di merci contraffatte sog-
giace all’obbligo di pagamento in misura<br />
ridotta di 1.000 euro ( doppio del minimo,<br />
ai sensi della legge n. 689/1981,<br />
art. 16);<br />
- autorità amministrativa competente per<br />
i ricorsi ed il procedimento sanzionatorio<br />
conseguente è la Prefettura;<br />
- i proventi sono devoluti allo Stato;<br />
- è previsto il sequestro amministrativo<br />
della merce acquistata, ai fini della confisca.<br />
Da sottolineare nel contesto che il<br />
venditore soggiace comunque a conseguenze<br />
penali, trattandosi di merce contraffatta,<br />
con conseguente sequestro penale<br />
delle altre merci in vendita e denuncia<br />
per i reati di ricettazione e vendita<br />
di prodotti falsi, ex artt. 648 e 474 c.p.<br />
8) Questioni normative<br />
ed organizzative in materia<br />
di commercio abusivo<br />
e lotta alla contraffazione<br />
In conclusione, ci sembrano utili alcune<br />
considerazioni e proposte, specie<br />
con riguardo alla necessità di potenziare<br />
l’azione di controllo e repressione sul<br />
territorio dei deprecati fenomeni fin qui<br />
trattati.<br />
8.1. Il decreto legislativo 31.3.1998 n.<br />
114 (riforma del commercio) sanziona<br />
all’art. 29 l’esercizio del commercio su<br />
aree pubbliche senza autorizzazione,<br />
fuori dal territorio previsto nell’autorizzazione,<br />
ovvero in violazione di limitazioni<br />
e divieti stabiliti dal Comune. In sostanza<br />
è perseguibile solo l’atto della<br />
vendita. In entrambe le fattispecie citate<br />
di illecito amministrativo occorre rilevare<br />
che spesso di fatto la vendita nelle strade<br />
avviene a seguito e mediante un lungo<br />
e paziente stazionamento dei venditori,<br />
con involucri chiusi e contenenti la<br />
merce da esitare. Ciò impedisce agli organi<br />
di Polizia di verbalizzare il trasgressore<br />
e sequestrare le merci. Occorre<br />
pertanto una modifica dell’art. 29 d. lgs.<br />
n.114/1998, che preveda e sanzioni in<br />
via amministrativa anche la sola detenzione<br />
ai fini della vendita, esercitata abusivamente<br />
in forma itinerante su aree<br />
pubbliche, quale illecito amministrativo,<br />
equiparandola all’esercizio effettivo della<br />
vendita abusiva. Ciò consentirebbe di<br />
potenziare l’azione di contrasto del commercio<br />
abusivo sulle spiagge, nelle strade,<br />
nei luoghi di arrivo e di stazionamento<br />
dei “venditori”.<br />
8.2. In ambito penale occorre rammentare<br />
la citata restrittiva giurisprudenza di<br />
merito, anche in ordine agli atti di assicurazione<br />
della prova da parte della<br />
Polizia giudiziaria, in specie del sequestro<br />
probatorio di merci contraffatte ex art.<br />
473 c.p.. Si sostiene che non integra il<br />
reato di introduzione nello Stato e commercio<br />
di prodotti distintivi con segni falsi,<br />
previsto dall’ art. 474 c. p., la detenzione<br />
di merci ove il marchio sia stato servilmente<br />
imitato, ovvero imitato in modo<br />
grossolano, imitazione quindi priva di<br />
idoneità decettiva della pubblica fede, come<br />
tale rilevante solo in sede civile quale<br />
forma di concorrenza sleale (Tribunale<br />
Genova, sezione riesame, ord. 28 febbraio-2<br />
marzo 2005). Era stato annullato<br />
nel caso di Genova un sequestro probatorio<br />
disposto dal P.M. di 309 cartoni contenenti<br />
7350 borse con marchio contraffatto<br />
Louis Vuitton, detenute da un extracomunitario.<br />
La sezione del riesame del<br />
Tribunale ligure ha ritenuto nella specie<br />
di escludere la “contraffazione” in senso<br />
stretto, accogliendo l’orientamento che<br />
in sostanza distingue la imitazione mera<br />
dalla vera contraffazione del marchio, ritenendo<br />
che la prima sia irrilevante penalmente<br />
in quanto non atta ad ingannare<br />
i compratori. La Cassazione ha mostrato<br />
di non condividere tale tesi (cfr.<br />
Cassazione sez. II penale, sent.<br />
11.5.2005). Pare necessario comunque<br />
un intervento normativo sull’art. 474 c.p.<br />
che chiarisca l’ambito oggettivo di applicazione<br />
della norma incriminatrice. Le<br />
modifiche normative proposte, in definitiva,<br />
consentirebbero di perseguire:<br />
- in sede amministrativa ex art. 29 d.lgs.<br />
n.114/1998 le ipotesi di detenzione o<br />
vendita di merce non contraffatta, se svolte<br />
abusivamente o fuori da limiti e divieti<br />
locali;<br />
- in sede penale ex art.474 c.p. la detenzione<br />
e la vendita di merce recante marchi<br />
o segni distintivi nazionali od esteri,<br />
siano contraffatti che imitati servilmente<br />
o grossolanamente.<br />
8.3. Circa l’organizzazione delle strutture<br />
pubbliche del settore, occorre evidenziare<br />
la necessità di assegnare un ruolo<br />
decisivo alle autonomie locali, da sempre<br />
impegnate sul territorio nella lotta ai<br />
fenomeni citati.<br />
Di rilievo è la recente costituzione dell’alto<br />
commissario governativo per la lotta<br />
alla contraffazione, disposta con la leg-<br />
85<br />
ge n. 80/ 2005 in materia di competitività<br />
economica.<br />
A tal fine si ritiene utile:<br />
- prevedere almeno due esponenti di<br />
enti locali quali membri di diritto<br />
nell’Alto commissariato per la lotta alla<br />
contraffazione, ovvero un rappresentante<br />
ed un Comandante di Polizia municipale<br />
di capoluogo di medie o di<br />
grandi dimensioni;<br />
- stabilire il principio che la Polizia municipale<br />
è organo preposto alla lotta alla<br />
contraffazione ed al commercio abusivo,<br />
quale forza di Polizia locale a competenza<br />
specializzata.<br />
8.4. Strumentale rispetto al punto 8.3, circa<br />
il potenziamento del ruolo delle autonomie<br />
locali nella lotta alla contraffazione,<br />
riteniamo essere una modifica sostanziale<br />
dell’art. 57 c.p.p. (Ufficiali ed<br />
agenti di Polizia giudiziaria) volta a ridurre<br />
i limiti generali delle qualifiche di<br />
Polizia giudiziaria del personale della<br />
Polizia locale, tema su cui pendono disegni<br />
di legge in parlamento.<br />
In particolare occorre:<br />
- eliminare il limite del territorio comunale<br />
alle funzioni di p.g. della Polizia municipale;<br />
- eliminare altresì il limite dell’orario di<br />
servizio.<br />
Ciò consentirebbe di estendere l’azione<br />
di contrasto e repressione penale fino all’ambito<br />
del territorio provinciale e regionale,<br />
consentendo di colpire i luoghi<br />
di temporaneo stoccaggio e deposito delle<br />
merci contraffatte, destinate ai venditori<br />
al dettaglio sulle strade e nei mercati.<br />
Infatti, spesso tali luoghi sono posti fuori<br />
dai <strong>Comuni</strong> ove poi si svolge il fenomeno<br />
della vendita abusiva.<br />
8.5. Sembra infine necessario che in<br />
ambito provinciale operino gruppi interforze<br />
specializzati in materia, composti<br />
in ipotesi da operatori della<br />
Guardia di Finanza e della Polizia municipale.<br />
A tali gruppi operativi specializzati<br />
dovrebbe corrispondere analoga<br />
specializzazione per materia presso le<br />
Procure della Repubblica. La doppia<br />
specializzazione, della Polizia giudiziaria<br />
e delle procure, peraltro si inserirebbe<br />
in un filone legislativo che ha già<br />
portato alla istituzione delle sezioni specializzate<br />
nella proprietà industriale<br />
presso i tribunali ordinari civili.
MARCO GIGLIO<br />
Comandante della Polizia locale<br />
di Erba (CO)<br />
LE FUNZIONI DEL DIRIGENTE DELLA POLIZIA LOCALE<br />
IN MATERIA URBANISTICO-EDILIZIA<br />
Si pensava che con il passaggio delle<br />
funzioni di controllo e repressione<br />
in materia urbanistico - edilizia,<br />
dal sindaco (organo politico) al dirigente<br />
o responsabile del servizio<br />
tecnico comunale (organo amministrativo),<br />
potesse fermare l’edificazione<br />
indiscriminata sul territorio.<br />
Tutto ciò non è avvenuto e le cause<br />
sono da ricercare considerando<br />
vari aspetti:<br />
- politico = questi ultimi venti anni<br />
sono stati caratterizzati da una serie<br />
di condoni edilizi che hanno incoraggiato<br />
l’abusivismo edilizio;<br />
- legislativo = una farraginosa e<br />
convulsa e in alcuni casi contraddittoria<br />
legislazione conclusasi con<br />
il DPR 380/2001, ha determinato<br />
uno stato di confusione ed incertezza<br />
negli operatori (professionisti)<br />
e nei confronti dei controllori<br />
(Comune);<br />
- amministrativo = l’introduzione<br />
dell’istituto del silenzio assenso<br />
nelle richieste di concessione edilizia<br />
e dichiarazioni di inizio attività<br />
ha da una parte accelerato i<br />
tempi di rilascio dei titoli abilitativi<br />
ma da un’altra parte ha consentito<br />
la legittimazione di permessi<br />
senza titolo che attraverso un controllo<br />
preventivo non sarebbero<br />
mai stati rilasciati.<br />
L’ultima causa è determinata dal-<br />
l’organizzazione che l’ente si è dato<br />
per l’espletamento delle funzioni<br />
di vigilanza degli abusi edilizi.<br />
Partendo da quest’ultima analisi va<br />
precisato che in forza dell’articolo<br />
27 del testo unico delle disposizioni<br />
legislative e regolamentari in<br />
materia edilizia, con riferimento all’articolo<br />
4 della legge 28 febbraio<br />
1985, n.47 ed agli articoli 107 e<br />
109 del testo unico enti locali che<br />
cita “il dirigente o responsabile del<br />
competente ufficio comunale esercita,<br />
anche secondo le modalità<br />
stabilite dallo statuto o dai regolamenti<br />
dell’ente, la vigilanza sull’attività<br />
urbanistico edilizia nel<br />
territorio comunale per assicurarne<br />
la rispondenza alle norme di<br />
legge e di regolamento, alle prescrizioni<br />
degli strumenti ed alle<br />
modalità esecutive fissate nei titoli<br />
abilitativi”.<br />
Con questo articolo si assiste al definitivo<br />
trasferimento delle competenze<br />
dal sindaco al dirigente ex<br />
art.107 T.U. enti locali o nei comuni<br />
privi di questa figura al responsabile<br />
dell’ufficio tecnico ex<br />
art.109 T.U. enti locali.<br />
I dirigenti e responsabili dell’ufficio<br />
tecnico possono emettere ordinanze<br />
con effetto ripristinatorio<br />
se il sindaco ha delegato a detti<br />
soggetti questo aspetto della vita<br />
amministrativa locale in conformità<br />
dello statuto e dei regolamenti<br />
di organizzazione.<br />
86<br />
Anche in virtù del fatto che dette<br />
ordinanze contengono delle valutazioni<br />
essenzialmente di carattere<br />
tecnico, finalizzate alla puntuale<br />
applicazione ed esecuzione di leggi<br />
e regolamenti. Alla luce di quanto<br />
sopra, la vigilanza ed i poteri<br />
sanzionatori in materia urbanisticoedilizia,<br />
attribuite al sindaco sono<br />
ora di competenza esclusiva del dirigente<br />
o responsabile dell’ufficio<br />
comunale competente che è rappresentato<br />
dall’ufficio tecnico per i<br />
motivi di cui sopra.<br />
Contrariamente a quanto detto sopra<br />
si fa presente che la norma non precisa<br />
a quale ufficio comunale debba<br />
essere attribuito il potere di ordinatorio<br />
rinviando la specifica allo statuto<br />
o regolamenti comunali di organizzazione,<br />
ciò non preclude che<br />
tale funzione non possa essere delegata<br />
al dirigente e/o responsabile<br />
della Polizia locale, che in egual misura<br />
al dirigente dell’ufficio tecnico<br />
potrebbe essere competente.<br />
Dopo tutto il Comandante della<br />
Polizia locale tratta quotidianamente<br />
materie giuridiche ed applica sanzioni<br />
amministrative a differenza del dirigente/architetto<br />
o ingegnere dell’ufficio<br />
tecnico e in alcuni casi oltre all’esperienza<br />
ne possiede pure i titoli<br />
accademici (laurea in giurisprudenza,<br />
scienze politiche ecc..) che gli<br />
consente di avere una preparazione<br />
tecnico giuridica sui provvedimenti<br />
ammnistrativi.
CENNI SUI POTERI<br />
DEL DIRIGENTE<br />
IN MATERIA<br />
URBANISTICO EDILIZIA<br />
Il comma 1 dell’art.27 del T.U. contiene<br />
una norma prescrittiva del dovere<br />
del dirigente e/o responsabile<br />
dell’ufficio competente di vigilare<br />
sull’uso e la gestione del territorio,<br />
in particolare accertando che l’attività<br />
di trasformazione del suolo avvenga<br />
in modo conforme sia agli<br />
strumenti urbanistici sia ai permessi<br />
di costruire e DIA. L’esercizio<br />
dell’attività di vigilanza del dirigente<br />
e/ responsabile dell’ufficio si<br />
estrinseca mediante l’impiego diretto<br />
di funzionari appartenenti l’ufficio<br />
tecnico ma soprattutto mediante<br />
l’impiego di ufficiali ed<br />
agenti di Polizia giudiziaria appartenenti<br />
alla Polizia locale.<br />
Quindi al dirigente o responsabile<br />
dell’ufficio comunale competente<br />
appartiene una sorta di vigilanza<br />
preventiva in quanto capo della gestione<br />
amministrativa comunale,<br />
detto potere è il logico sviluppo di<br />
quello di rilasciare permessi di costruire,<br />
il permesso di costruire è un<br />
atto del dirigente dell’ufficio in<br />
quanto capo della gestione amministrativa.<br />
Per contro, al comandante,<br />
in quanto capo della Polizia<br />
locale, e diretto responsabile della<br />
Polizia locale e giudiziaria, appartiene<br />
una sorta di vigilanza successiva<br />
e susseguente al rilascio titoli<br />
abilitativi.<br />
Dal tenore della norma risulta che<br />
il dirigente e/o responsabile dell’ufficio<br />
esercita la vigilanza non solo<br />
su impulso o denuncia, ma in via<br />
continuativa e d’ufficio. Infatti, la<br />
vigilanza del dirigente e /o responsabile<br />
d’ufficio si presenta come un<br />
potere-dovere, indipendentemente<br />
dai modi o dai soggetti che segnalano<br />
al dirigente stesso, la rispondenza<br />
alle normative di legge o di<br />
regolamento, dell’attività urbanistico<br />
- edilizia nel territorio comuna-<br />
le. La giurisprudenza specifica che<br />
la predetta vigilanza deve avvenire<br />
con immediatezza, nel corso dei lavori<br />
e senza aspettare la conclusione<br />
degli stessi.<br />
Questo è uno dei motivi fondanti la<br />
tesi di trasferire detta competenza<br />
al dirigente e/o responsabile della<br />
vigilanza o Polizia locale che per<br />
sua natura è dotato di altri strumenti<br />
efficaci forniti dal codice e procedura<br />
penale come il sequestro preventivo<br />
delle opere realizzate abusivamente.<br />
L’obbligo di intervento è confermato<br />
dal 2 comma dell’art.27 del testo<br />
unico in cui il dirigente e/ responsabile<br />
dell’ufficio ha il potere di disporre<br />
e provvedere alla immediata<br />
demolizione delle opere, nonché<br />
al ripristino dello stato dei luoghi,<br />
nell’ipotesi in cui sia stato accertato<br />
l’inizio di opere edilizie senza titolo<br />
che risultino realizzate su aree<br />
sottoposte a vincolo di inedificabilità<br />
ovvero destinate ad opere o<br />
spazi pubblici di cui alla legge 18<br />
aprile 1962, n.167 e successive modificazioni<br />
ed integrazioni.<br />
Questa possibilità è giustificata dalla<br />
chiarezza della fattispecie (manomissione<br />
di una zona in edificabile),<br />
nonché dalla univocità della<br />
sanzione prevista (demolizione), che<br />
esclude qualsiasi possibilità di sanatoria<br />
o di conversione del danno<br />
urbanistico in sanzione pecuniaria.<br />
Può affermarsi che il potere di vigilanza<br />
si viene a configurare non solo<br />
come un potere preordinato alla<br />
verifica della rispondenza dell’attività<br />
di trasformazione urbanisticoedilizia<br />
alle disposizioni legislative<br />
e alla disciplina urbanistica vigente<br />
ma anche come un potere di prevenzione<br />
degli abusi, mediante interventi<br />
immediati nella fase della<br />
loro iniziale commissione.<br />
Fuori l’ipotesi del 2 comma, il diri-<br />
88<br />
gente e/o responsabile ha sempre<br />
l’obbligo di ordinare la sospensione<br />
dei lavori, immediatamente, dopo<br />
aver accertato tramite la Polizia<br />
locale ed i funzionari dell’ufficio<br />
tecnico, l’inosservanza delle norme,<br />
prescrizioni e modalità previste dalle<br />
norme e dagli strumenti urbanistici.<br />
Il potere dirigenziale di sospensione<br />
lavori deve ritenersi subordinato alla<br />
preventiva constatazione dell’abusivismo<br />
dell’opera, pertanto deve ritenersi<br />
illegittimo il provvedimento di<br />
sospensione adottato al solo scopo di<br />
effettuare accertamenti in ordine alla<br />
legittimità del manufatto in corso di<br />
realizzazione.<br />
Il dirigente ha il potere di ordinare la<br />
sospensione lavori edilizi ritenuti illegittimi<br />
solo quando questi ultimi siano<br />
ancora in corso, inutile se l’opera<br />
abusiva risulti già realizzata in questo<br />
caso l’ordine di demolizione non è<br />
condizionato dalla prima emanazione<br />
dell’atto soppressorio.<br />
La sospensione delle opere illecite<br />
disposte con ordinanza del dirigente<br />
ha effetto fino all’adozione dei<br />
provvedimenti definitivi di natura<br />
sanzionatoria e comunque non oltre<br />
45 giorni dalla notifica dell’ordine<br />
di sospensione medesimo.<br />
Il dirigente ha il potere di adottare<br />
i provvedimenti repressivi anche<br />
dopo la scadenza del termine di efficacia<br />
dell’ordine di sospensione.<br />
Qualora decorrano i 45 giorni senza<br />
che il dirigente emetta provvedimento<br />
definitivo, il destinatario<br />
può riprendere i lavori, ma ciò non<br />
esclude l’emanazione di ulteriori atti<br />
di carattere cautelare.<br />
È legittima, quindi, scaduto il termine,<br />
l’emissione di un’altra ordinanza<br />
di sospensione. Come si ritiene<br />
che l’ordinanza sia rinnovabile<br />
anche prima della scadenza<br />
quando non sia stato possibile una<br />
valutazione compiuta della situazione<br />
di fatto e di diritto che ha<br />
consigliato l’adozione della misura<br />
cautelare.
MARCO DE VITA<br />
Dirigente della Polizia municipale<br />
di Torino<br />
LA TUTELA DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI<br />
Secondo la miglior dottrina, (1) accanto<br />
alla legislazione urbanistica generale,<br />
esistono normative di settore a tutela di<br />
specifici interessi pubblici, fra i quali il<br />
paesaggio e il patrimonio storico - artistico.<br />
Questo realizza quel sistema di<br />
tutele parallele “in cui ogni potere pubblico<br />
provvede autonomamente alla tutela<br />
di quello specifico interesse cui è<br />
addetto” (2) tendenti alla salvaguardia del<br />
paesaggio e del patrimonio storico ed<br />
artistico della nazione, sancita dall’articolo<br />
9 della Costituzione.<br />
La tutela si concretizza, in particolar<br />
modo, con l’imposizione di vincoli, ossia<br />
“…interventi dell’autorità pubblica<br />
che importano l’affievolimento del diritto<br />
di proprietà”. (3) Detta normativa<br />
speciale si è basata per anni principalmente<br />
sulle leggi 1 giugno 1939, n.<br />
1089, sulla protezione delle cose di interesse<br />
artistico e storico; 29 giugno<br />
1939, n. 1497, sulla protezione delle<br />
bellezze naturali e panoramiche; 8 agosto<br />
1985, n. 431, sulla tutela delle zone<br />
di particolare interesse ambientale (c.d.<br />
legge “Gala sso”); sugli articoli 733 e<br />
734 del codice penale. Peraltro, la legislazione<br />
del 1939 è stata oggetto oltre<br />
che di molte modificazioni, anche di numerose<br />
critiche, in particolare per la visione,<br />
definita “estetizzante”, dei beni<br />
culturali e paesaggistici e la dottrina più<br />
autorevole ha auspicato, invece, un’ottica<br />
di accentuazione dei valori di “me-<br />
(1) GIANNINI M.S. - I beni culturali, in Riv.<br />
Trim. dir. Pubbl., 1973.<br />
(2) SALVIA - TERESI, Lineamenti di diritto urbanistico,<br />
CEDAM, Padova, 1980.<br />
(3) SANDULLI - Manuale di diritto amministrativo,<br />
JOVENE, Napoli, 1984.<br />
moria e testimonianza di civiltà”, che<br />
giustifichino la conservazione anche come<br />
mezzo di continuità tra presente e<br />
passato.<br />
La tutela delle cose d’interesse artistico<br />
e storico<br />
La normativa fondamentale in materia,<br />
già presa in esame dalla citata legge<br />
1089/39, è oggi contenuta nella parte<br />
seconda del decreto legislativo 22 gennaio<br />
2004, n. 42 (meglio conosciuto come<br />
“Codice Urbani”) che, all’articolo<br />
10, stabilisce che:<br />
1. Sono beni culturali le cose immobili<br />
e mobili appartenenti allo Stato, alle<br />
regioni, agli altri enti pubblici territoriali,<br />
nonché ad ogni altro ente ed<br />
istituto pubblico e a persone giuridiche<br />
private senza fine di lucro, che presentano<br />
interesse artistico, storico, archeologico<br />
o etnoantropologico.<br />
2. Sono inoltre beni culturali:<br />
a) le raccolte di musei, pinacoteche,<br />
gallerie e altri luoghi espositivi dello<br />
Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici<br />
territoriali, nonché di ogni altro<br />
ente ed istituto pubblico;<br />
b) gli archivi e i singoli documenti dello<br />
Stato, delle regioni, degli altri enti<br />
pubblici territoriali, nonché di ogni altro<br />
ente ed istituto pubblico;<br />
c) le raccolte librarie delle biblioteche<br />
dello Stato, delle regioni, degli altri enti<br />
pubblici territoriali, nonché di ogni<br />
altro ente e istituto pubblico.<br />
3. Sono altresì beni culturali, quando<br />
sia intervenuta la dichiarazione prevista<br />
dall’articolo 13<br />
a) le cose immobili e mobili che pre-<br />
89<br />
sentano interesse artistico, storico, archeologico<br />
o etnoantropologico particolarmente<br />
importante, appartenenti a<br />
soggetti diversi da quelli indicati al<br />
comma 1;<br />
b) gli archivi e i singoli documenti, appartenenti<br />
a privati, che rivestono interesse<br />
storico particolarmente importante;<br />
c) le raccolte librarie, appartenenti a privati,<br />
di eccezionale interesse culturale;<br />
d) le cose immobili e mobili, a chiunque<br />
appartenenti, che rivestono un interesse<br />
particolarmente importante a<br />
causa del loro riferimento con la storia<br />
politica, militare, della letteratura, dell’arte<br />
e della cultura in genere, ovvero<br />
quali testimonianze dell’identità e della<br />
storia delle istituzioni pubbliche, collettive<br />
o religiose;<br />
e) le collezioni o serie di oggetti, a chiunque<br />
appartenenti, che, per tradizione,<br />
fama e particolari caratteristiche ambientali,<br />
rivestono come complesso un<br />
eccezionale interesse artistico o storico.<br />
4. Sono comprese tra le cose indicate al<br />
comma 1 e al comma 3, lettera a)<br />
a) le cose che interessano la paleontologia,<br />
la preistoria e le primitive civiltà;<br />
b) le cose di interesse numismatico;<br />
c) i manoscritti, gli autografi, i carteggi,<br />
gli incunaboli, nonché i libri, le stampe<br />
e le incisioni, con relative matrici, aventi<br />
carattere di rarità e di pregio;<br />
d) le carte geografiche e gli spartiti musicali<br />
aventi carattere di rarità e di pregio;<br />
e) le fotografie, con relativi negativi e<br />
matrici, le pellicole cinematografiche<br />
ed i supporti audiovisivi in genere,<br />
aventi carattere di rarità e di pregio;<br />
f) le ville, i parchi e i giardini che ab-
iano interesse artistico o storico;<br />
g) le pubbliche piazze, vie, strade e altri<br />
spazi aperti urbani di interesse artistico<br />
o storico;<br />
h) i siti minerari di interesse storico od<br />
etnoantropologico;<br />
i) le navi e i galleggianti aventi interesse<br />
artistico, storico od etnoantropologico;<br />
l) le tipologie di architettura rurale aventi<br />
interesse storico od etnoantropologico<br />
quali testimonianze dell’economia<br />
rurale tradizionale.<br />
Ai sensi della normativa in esame, non<br />
sono soggette a tutela le opere di autori<br />
viventi o la cui esecuzione non risalga<br />
ad oltre 50 anni.<br />
Tale termine è sempre stato considerato<br />
tassativo dalla giurisprudenza (T.A.R.<br />
Lazio, 2 dicembre 1981, n. 1137 - T.A.R.<br />
Abruzzo, 28 marzo 1985, n 143).<br />
L’imposizione del vincolo richiede una<br />
preventiva istruttoria tendente ad accertare<br />
con sicurezza le fonti storiche<br />
e/o documentali. Tale istruttoria è attività<br />
tecnico - discrezionale, finalizzata<br />
ad accertare che il valore dei beni esaminati<br />
possa essere ricondotto ad avvenimenti<br />
storici, di costume o culturali<br />
(T.A.R. Lazio, sez. II, 20 settembre 1991,<br />
n. 1394 - Cons. Stato, sez. VI, 12 dicembre<br />
1992, n. 1055).<br />
Competente in materia di tutela dei beni<br />
culturali è il Ministero omonimo, salvo<br />
per quanto riguarda i manoscritti, autografi,<br />
carteggi, documenti notevoli, incunaboli,<br />
libri, stampe, incisioni aventi<br />
carattere di rarità e pregio per i quali<br />
è competente la Regione.<br />
Il procedimento si concretizza con la<br />
notificazione della “dichiarazione dell’interesse”<br />
ai sensi dell’art. 13, a seguito<br />
di procedimento avviato dal<br />
Ministero (o dalla Regione nei casi previsti)<br />
direttamente o su proposta del soprintendente<br />
o su richiesta della<br />
Regione, della Provincia o del Comune<br />
(art. 12). L’avvio del procedimento va<br />
comunicato al proprietario, possessore<br />
o detentore, ai sensi della legge 7<br />
agosto 1990, n. 241. A conclusione del<br />
procedimento, la dichiarazione deve<br />
essere notificata agli interessati e, se<br />
trattasi di immobili, trascritta nei registri<br />
immobiliari (art. 15).<br />
È consolidato l’indirizzo giurisprudenziale<br />
che impone un particolare rigore<br />
nell’esposizione delle motivazioni<br />
alla base della notificazione di vinco-<br />
lo (Cons. Stato, sez. VI, 26 giugno<br />
1985, n. 353 - T.A.R. Marche, 13 dicembre<br />
1984, n. 529).<br />
Ai sensi dell’articolo 21 del “Codice”<br />
sono subordinati ad autorizzazione del<br />
Ministero:<br />
a) la demolizione delle cose costituenti<br />
beni culturali, anche con successiva<br />
ricostituzione;<br />
b) lo spostamento, anche temporaneo,<br />
dei beni culturali, salvo quanto previsto<br />
ai commi 2 e 3;<br />
c) lo smembramento di collezioni, serie<br />
e raccolte;<br />
d) lo scarto dei documenti degli archivi<br />
pubblici e degli archivi privati per i<br />
quali sia intervenuta la dichiarazione ai<br />
sensi dell’articolo 13;<br />
e) il trasferimento ad altre persone giuridiche<br />
di complessi organici di documentazione<br />
di archivi pubblici, nonché<br />
di archivi di soggetti giuridici privati.<br />
Salvi i casi nei quali si ricorra alla conferenza<br />
di servizi o alla valutazione di<br />
impatto ambientale, in caso di interventi<br />
di edilizia pubblica o privata,<br />
l’autorizzazione di cui al citato articolo<br />
21, comma 4, deve essere rilasciata<br />
Bellezze naturali Cose immobili aventi notevoli caratteri di bellezza naturale<br />
o singolarità geologica, dove gli aspetti e le conformazioni<br />
del terreno, delle acque o della vegetazione conferiscano<br />
caratteri di bellezza e rarità. (art. 9, n. 1, R.D. 3 giugno<br />
1940, n. 1357), ovvero la singolarità geologica ne evidenzi<br />
uno specifico interesse scientifico. (art. 9, n. 2, R.D.<br />
3 giugno 1940, n. 1357).*<br />
Ville, giardini, parchi Non compresi fra quelli assoggettati a tutela dal D. Lgs.<br />
490/1999, Titolo I, ma che si distinguono per la non comune<br />
bellezza, anche in relazione alla flora, all’ambiente,<br />
soprattutto se si trovano entro il perimetro della<br />
città e vi costituiscono una attraente zona verde.<br />
(art. 9, n. 3, R.D. 3 giugno 1940, n. 1357).*<br />
Complessi caratteristici<br />
di immobili<br />
Bellezze panoramiche<br />
90<br />
entro 120 giorni, mentre quando necessiti<br />
il titolo abilitativo edilizio e sia<br />
possibile il ricorso alla DIA di cui al<br />
d.P.R. 6 giugno 2001, 380, l’interessato<br />
trasmette al comune l’autorizzazione<br />
conseguita, corredata dal relativo<br />
progetto.<br />
La tutela dei beni paesaggistici ed ambientali<br />
La parte terza del citato “Codice Urbani”,<br />
prende in esame i beni paesaggistici<br />
ed ambientali ed, in particolare,<br />
all’art. 134 prevede la tutela, in attuazione<br />
dell’art. 9 della Costituzione, per:<br />
a) gli immobili e le aree indicati all’articolo<br />
136, individuati ai sensi degli articoli<br />
da 138 a 141;<br />
b) le aree indicate all’articolo 142;<br />
c) gli immobili e le aree comunque sottoposti<br />
a tutela dai piani paesaggistici<br />
previsti dagli articoli 143 e 156.<br />
Si può porre in evidenza che la distinzione<br />
di cui sopra, era già attuata dalla<br />
normativa previgente ed, in particolare,<br />
dalla legge 29 giugno 1939, n.<br />
1497, laddove per i beni presi in esame<br />
veniva prevista la tutela mediante<br />
provvedimento amministrativo, e dalla<br />
legge 8 agosto 1985, n. 431 “Ga-<br />
Aventi la caratteristica essenziale di una spontanea concordanza<br />
e fusione fra l’espressione della natura e quella del<br />
lavoro umano. (art. 9, n. 4, R.D. 3 giugno 1940, n. 1357).*<br />
Che si possono godere da un punto di vista o belvedere<br />
accessibile al pubblico, nel qual caso sono da proteggere<br />
l’uno e le altre. (art. 9, n. 5, R.D. 3 giugno 1940,<br />
n. 1357).*
lasso” che, invece, prevedeva direttamente<br />
la tutela per tutta una serie di<br />
territori, in ragione del loro interesse<br />
paesaggistico.<br />
L’art. 142, invece, ricalca gli artt. 1 e 1<br />
quater della legge 431/1985 “Galasso”,<br />
e sottopone a tutela:<br />
a) territori costieri compresi in una fascia<br />
della profondità di m. 300 dalla linea<br />
di battigia, anche per i territori elevati<br />
sul mare;<br />
b) territori contermini ai laghi compresi<br />
in una fascia della profondità di m.<br />
300 dalla linea di battigia, anche per i<br />
territori elevati sui laghi;<br />
c) fiumi, torrenti, corsi d’acqua iscritti<br />
negli elenchi di cui al T.U. delle disposizioni<br />
di legge sulle acque ed impianti<br />
elettrici, approvato con R.D. 11<br />
dicembre 1933, n. 1755, e le relative<br />
sponde o piede degli argini per una fascia<br />
di m. 150 ciascuna;<br />
d) montagne per la parte eccedente m.<br />
1.600 s.l.m. per la catena alpina e m.<br />
1.200 s.l.m. per la catena appenninica<br />
e per le isole;<br />
e) ghiacciai e circhi glaciali;<br />
f) parchi e riserve nazionali o regionali,<br />
nonché i territori di protezione esterna<br />
dei parchi;<br />
g) territori coperti da foreste e da bo-<br />
schi, ancorché percorsi o danneggiati<br />
dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo<br />
di rimboschimento;<br />
h) aree assegnate alle università agrarie<br />
e zone gravate da usi civici;<br />
i) zone umide incluse nell’elenco di<br />
cui al d.P.R. 13 marzo 1976, n. 448;<br />
l) i vulcani;<br />
m) zone di interesse archeologico.<br />
Le disposizioni di cui al co. I non si applicano<br />
alle aree che, alla data del 6 settembre<br />
1985:<br />
a) erano delimitate negli strumenti urbanistici<br />
come zone A e B;<br />
b) limitatamente alle parti ricomprese nei<br />
piani pluriennali di attuazione, erano delimitate<br />
negli strumenti urbanistici a norma<br />
del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 come<br />
zone diverse da quelle indicate nella<br />
lettera a) e, nei <strong>Comuni</strong> sprovvisti di<br />
tali strumenti, ricadevano nei centri edificati<br />
perimetrati a norma dell’art. 18 della<br />
legge 22 ottobre 1971, n. 865.<br />
Il regime sanzionatorio<br />
L’articolo 9 della Costituzione recita:<br />
“La Repubblica promuove lo sviluppo<br />
della cultura e la ricerca scientifica e<br />
tecnica.<br />
Tutela il paesaggio e il patrimonio sto-<br />
PRINCIPALI VIOLAZIONI E RELATIVE SANZIONI<br />
Destinazione incompatibile<br />
Chiunque destina i beni culturali indicati<br />
nell’articolo 10 ad uso incompatibile<br />
con il loro carattere storico<br />
od artistico o pregiudizievole per la<br />
loro conservazione o integrità.<br />
Fissazione dei beni<br />
Chiunque omette di fissare al luogo<br />
di loro destinazione, nel modo indicato<br />
dal soprintendente, beni culturali<br />
appartenenti ai soggetti di cui all’articolo<br />
10, comma 1.<br />
Art. 170 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />
ad un anno e ammenda<br />
da 775 a 38.734.<br />
Arresto flagranza:<br />
non consentito<br />
Fermo indiziato:<br />
non consentito<br />
Procedibilità: d’ufficio<br />
Art. 171/1 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />
ad un anno e ammenda<br />
da 775 a 38.734<br />
91<br />
Arresto flagranza:<br />
non consentito<br />
Fermo indiziato:<br />
non consentito<br />
Procedibilità: d’ufficio<br />
rico e artistico della Nazione”. In base<br />
a tale norma, la miglior dottrina (5)<br />
ha ritenuto oggetto di tutela il bene<br />
giuridico paesaggistico ed ambientale,<br />
non solo in funzione delle bellezze<br />
naturali o del paesaggio, ma con<br />
una configurazione più ampia in relazione<br />
al rapporto uomo - ambiente.<br />
L’indirizzo è altresì confortato dalla<br />
giurisprudenza della Corte Costituzionale<br />
che, con le sentenze n. 210 e 641<br />
del 1987, ha ribadito l’unitarietà del<br />
bene “ambiente” sebbene esistano<br />
”…varie componenti, ciascuna delle<br />
quali può anche costituire isolatamente<br />
e separatamente oggetto di cura<br />
e tutela …”, tale linea a conferma<br />
di quanto già contenuto nella famosa<br />
sentenza n. 395 del 1985 sulla legittimità<br />
costituzionale della legge “Galasso”.<br />
A garanzia del rispetto di quanto sopra,<br />
l’ordinamento prevede un sistema<br />
che si basa su sanzioni amministrative,<br />
civili e penali.<br />
(5) BAJNO, La tutela del governo del territorio,<br />
GIUFFRE’, Milano, 1980;<br />
MERUSI, Principi fondamentali,<br />
in “Commentario della Costituzione”, 1975;<br />
REZZONICO, I reati edilizi, PIROLA, MILANO, 1996.<br />
Autorità giudiziaria<br />
Ente competente vincolo<br />
Autorità giudiziaria<br />
Ente competente vincolo<br />
segue a pag. 92
Fissazione dei beni<br />
Chiunque omette di fissare al luogo<br />
di loro destinazione, nel modo indicato<br />
dal soprintendente, beni culturali<br />
appartenenti ai soggetti di cui all’articolo<br />
10, comma 1.<br />
Inosservanza dell’ordine di sospensione<br />
lavori<br />
Inosservanza dell’ordine di sospensione<br />
dei lavori impartito dal soprintendente<br />
ai sensi dell’articolo 28.<br />
Inosservanza di prescrizioni<br />
Chiunque omette il rispetto delle prescrizioni<br />
della soprintendenza nello<br />
spostamento di beni vincolati.<br />
Inottemperanza dell’ordine dell’autorità<br />
preposta alla tutela<br />
Salvo che il fatto non costituisca più<br />
grave reato, chiunque non ottempera<br />
ad un ordine impartito dall’autorità<br />
preposta alla tutela dei beni culturali.<br />
Mancanza di autorizzazione<br />
Chiunque senza autorizzazioe demolisce,<br />
rimuove, modifica, restaura<br />
ovvero esegue opere di qualunque<br />
genere sui beni culturali.<br />
Art. 171/1 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />
ad un anno e ammenda<br />
da 775 a 38.734<br />
Arresto flagranza:<br />
non consentito<br />
Fermo indiziato:<br />
non consentito<br />
Procedibilità: d’ufficio<br />
Art. 169/2 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />
ad un anno e ammenda<br />
da 775 a 38.734<br />
Arresto flagranza:<br />
non consentito<br />
Fermo indiziato:<br />
non consentito<br />
Procedibilità: d’ufficio<br />
Art. 171/2 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />
ad un anno e ammenda<br />
da 775 a 38.734<br />
Arresto flagranza:<br />
non consentito<br />
Fermo indiziato:<br />
non consentito<br />
Procedibilità: d’ufficio<br />
Art. 180/2 d.lgs 42/04 Articolo 650<br />
Codice penale<br />
Arresto fino a 3 mesi<br />
o ammenda fino a 206<br />
Arresto flagranza:<br />
non consentito<br />
Fermo indiziato:<br />
non consentito<br />
Procedibilità: d’ufficio<br />
Art. 169/1 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />
ad un anno e ammenda<br />
da 775 a 38.734<br />
92<br />
Arresto flagranza:<br />
non consentito<br />
Fermo indiziato:<br />
non consentito<br />
Procedibilità: d’ufficio<br />
Autorità giudiziaria<br />
Ente competente vincolo<br />
Autorità giudiziaria<br />
Ente competente vincolo<br />
Autorità giudiziaria<br />
Ente competente vincolo<br />
Autorità giudiziaria<br />
Ente competente vincolo<br />
Autorità giudiziaria<br />
Ente competente vincolo<br />
segue a pag. 93
Mancanza di autorizzazione<br />
Chiunque, senza l’autorizzazione del<br />
soprintendente, procede al distacco<br />
di affreschi, stemmi, graffiti, iscrizioni,<br />
tabernacoli ed altri ornamenti di<br />
edifici, esposti o non alla pubblica<br />
vista, anche se non vi sia stata la dichiarazione<br />
prevista dall’articolo 13.<br />
Mancanza di autorizzazione<br />
Chiunque esegue, in casi di assoluta<br />
urgenza, lavori provvisori indispensabili<br />
per evitare danni notevoli ai<br />
beni indicati nell’articolo 10, senza<br />
darne immediata comunicazione alla<br />
Soprintendenza ovvero senza inviare,<br />
nel più breve tempo, i progetti<br />
dei lavori definitivi per l’autorizzazione.<br />
Omessa comunicazione di spostamento<br />
Chiunque omette di comunicare<br />
all’Ente competente per il vincolo lo<br />
spostamento di beni culturali.<br />
Opere abusive<br />
Opere abusive su edifici o aree sottoposte<br />
a vincolo paesaggistico ambientale.<br />
Inottemperanza dell’ordine<br />
di demolizione e rimessione in pristino.<br />
(Fatte salve le altre sanzioni).<br />
Opere in assenza di autorizzazioni<br />
Esecuzione di lavori in assenza di autorizzazione<br />
o in difformità da essa.<br />
Opere in assenza di autorizzazione<br />
Esecuzione di lavori in assenza di autorizzazione<br />
o in difformità da essa<br />
quando riguardino:<br />
a) ricadano su immobili od aree che,<br />
ai sensi dell'articolo 136, per le loro<br />
caratteristiche paesaggistiche siano<br />
stati dichiarati di notevole interesse<br />
pubblico con apposito provvedi-<br />
Art. 169/1 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />
ad un anno e ammenda<br />
da 775 a 38.734<br />
Arresto flagranza:<br />
non consentito<br />
Fermo indiziato:<br />
non consentito<br />
Procedibilità: d’ufficio<br />
Art. 169/1 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />
ad un anno e ammenda<br />
da 775 a 38.734<br />
Arresto flagranza:<br />
non consentito<br />
Fermo indiziato:<br />
non consentito<br />
Procedibilità: d’ufficio<br />
Art. 171/2 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />
ad un anno e ammenda<br />
da 775 a 38.734<br />
Arresto flagranza:<br />
non consentito<br />
Fermo indiziato:<br />
non consentito<br />
Procedibilità: d’ufficio<br />
Autorità giudiziaria<br />
Ente competente vincolo<br />
Autorità giudiziaria<br />
Ente competente vincolo<br />
Autorità giudiziaria<br />
Ente competente vincolo<br />
Art. 167 d.lgs. 42/04 Confisca del manufatto Ente competente vincolo<br />
Art. 181 d.lgs. 42/05 Articolo 44,<br />
d.p.r. 6 giugno 2001,<br />
n. 380<br />
Art. 181 d.lgs. 42/05 Reclusione<br />
da 1 a 4 anni<br />
93<br />
Non<br />
ammesso<br />
Autorità giudiziaria<br />
Ente competente vincolo<br />
Comune<br />
Autorità giudiziaria<br />
Ente competente vincolo<br />
Comune<br />
segue a pag. 94
mento emanato in epoca antecedente<br />
alla realizzazione dei lavori;<br />
b) ricadano su immobili od aree tutelati<br />
per legge ai sensi dell'articolo 142<br />
ed abbiano comportato un aumento<br />
dei manufatti superiore al trenta per<br />
cento della volumetria della costruzione<br />
originaria o, in alternativa, un<br />
ampliamento della medesima superiore<br />
a settecentocinquanta metri cubi,<br />
ovvero ancora abbiano comportato<br />
una nuova costruzione con una volumetria<br />
superiore ai mille metri cubi.<br />
Ordine di reintegrazione<br />
Violazione degli obblighi di protezione<br />
e conservazione di beni culturali.<br />
Ordine di reintegrazione<br />
Violazione degli obblighi di protezione<br />
e conservazione di beni culturali,<br />
quando non sia tecnicamente<br />
possibile l’intervento ripristinatorio.<br />
Restauro o risanamento conservativo<br />
Restauro o risanamento conservativo<br />
abusiva su immobili sottoposti<br />
a vincolo.<br />
(Fatte salve le altre sanzioni)<br />
Ristrutturazione<br />
Ristrutturazione abusiva<br />
su immobili sottoposti a vincolo.<br />
(Fatte salve le altre sanzioni)<br />
Violazione di obblighi<br />
Violazione degli obblighi e/o degli<br />
ordini previsti dal titolo I della parte<br />
terza del T.U.<br />
Art. 160 d.lgs. 42/04 Ordine di reintegrazione Ente competente vincolo<br />
Art. 160 d.lgs. 42/04 Sanzione pecuniaria<br />
pari al valore della cosa perduta<br />
o alla diminuzione<br />
di valore subita<br />
dalla cosa stessa<br />
37/2<br />
dpr 380/01<br />
33/3<br />
dpr 380/01<br />
Art. 167<br />
d.lgs. 42/04<br />
94<br />
da 516,00<br />
a 10329,00<br />
da 516,00<br />
a 5164,00<br />
Non<br />
ammesso<br />
Non<br />
ammesso<br />
Sanzione pecuniaria pari al maggiore<br />
importo tra il danno arrecato<br />
ed il profitto conseguito mediante<br />
la trasgressione. Laddove l’autorità<br />
amministrativa preposta alla tutela<br />
paesaggistica non provveda d’ufficio,<br />
il direttore regionale competente,<br />
su richiesta della medesima<br />
autorità amministrativa, decorsi<br />
180 giorni dall’accertamento dell'illecito,<br />
diffida alla suddetta autorità<br />
competente a provvedervi nei<br />
successivi 30 giorni, procede alla<br />
demolizione avvalendosi delle<br />
modalità operative previste dall’art.<br />
41 del dpr 6 giugno 2001, n. 380,<br />
a seguito di apposita convenzione<br />
stipulata d’intesa tra il Ministero per<br />
i Beni e le Attività Culturali e il<br />
Ministero della Difesa.<br />
Ente competente vincolo<br />
Comune<br />
Ente competente vincolo<br />
Comune<br />
Ente competente vincolo<br />
Ente competente vincolo
AMBROGIO MOCCIA<br />
Vice Presidente V Sezione Penale<br />
Tribunale di Milano<br />
POLIZIA LOCALE E POLIZIA GIUDIZIARIA:<br />
INDICAZIONI OPERATIVE<br />
E AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE<br />
Quante volte mi è capitato di ascoltare,<br />
nei contesti espositivi più vari, sedicenti,<br />
autoreferenziati cultori del diritto<br />
che pomposamente accreditavano<br />
di “verità” questa o quella strampalata<br />
interpretazione giuridica con il<br />
citare la sentenza del Tribunale di<br />
Vattelapesca o magari del giudice di<br />
pace di Chissadove!<br />
Non mi sono mai sorpreso più di tanto:<br />
il relatore o il conversatore povero<br />
di argomenti, o di conoscenza tecnica<br />
del tema che ha presuntuosamente<br />
accettato di trattare, pratica l’antica arte<br />
di arrampicarsi sui vetri, e trova comodo<br />
l’espediente di suggestionare la<br />
platea (la parte meno attenta o più ingenua<br />
della platea, mi viene di aggiungere)<br />
citando quelle sentenze di<br />
merito che più risultano “originali”; e<br />
non si preoccupa (quel relatore o conversatore)<br />
se la pronuncia che cita abbia<br />
o meno adeguata lucidità di costrutto<br />
e sufficiente riscontro nella legge<br />
prima di tutto, e nei principi interpretativi<br />
dei giudici di legittimità in secondo<br />
luogo. Ma mi sono immancabilmente<br />
irritato - per via del mio solido<br />
rispetto nei confronti della Polizia<br />
locale - quando l’esercizio della “citazione<br />
a casaccio” è stato svolto in<br />
contesti dedicati tematicamente alle<br />
non poche problematiche interessanti<br />
le polizie non statuali. Ecco perché,<br />
senza la presunzione di segnare una<br />
pietra miliare, ma con la ferma intenzione<br />
di documentare in termini rassicuranti<br />
questo mio intervento, ho dedicato<br />
alcuni dei giorni di vigilia di<br />
questo Convegno ad una ricerca mirata<br />
ed approfondita sulle pronunce,<br />
concernenti questioni attinenti alla<br />
Polizia locale nell’ambito giuridico<br />
che conosco (quello penalistico), della<br />
Corte di Cassazione. La quale, è bene<br />
ricordarlo a beneficio di quanti<br />
(compresi gli ispiratori del mio polemico<br />
incipit) evocano a sostegno delle<br />
proprie tesi interpretative la pronuncia<br />
di questo o quel giudice di merito,<br />
è l’unica titolare, in base alla<br />
Legge di Ordinamento Giudiziario<br />
(R.D. 30 gennaio 1941, n. 12), del potere/dovere<br />
di assicurare “…l’esatta osservanza<br />
e l’uniforme interpretazione<br />
della legge, l’unità del diritto oggettivo<br />
nazionale, il rispetto dei limiti delle<br />
diverse giurisdizioni…” (art. 65,1°<br />
comma).<br />
E la giurisprudenza della Suprema<br />
Corte l’ho scandagliata (andando a ritroso<br />
nel tempo fino al lontano 1997)<br />
attraverso il canale di ricerca “Polizia<br />
municipale” (quello “Polizia locale”<br />
è, allo stato dell’arte, in canale di ricerca<br />
improduttivo di risultati).<br />
In cerca di che cosa?<br />
Semplice, in cerca di risposte rassicuranti<br />
(per l’autorevolezza della fonte)<br />
in ordine a quesiti vecchi e nuovo, a<br />
quei quesiti che animano da tempo i<br />
dibattiti convegnistici ma, soprattutto,<br />
occupano - e non di rado preoccupano<br />
- l’operatività quotidiana dei soggetti<br />
ai quali è rivolta la Legge Quadro<br />
del 1986.<br />
Credo di avere trovato qualcosa di interessante.<br />
Vi propongo il risultato della<br />
ricerca specificando, ammesso che<br />
ce ne sia bisogno, che non ho…oscurato<br />
nessuna pronuncia significativa,<br />
magari con l’intento di accreditare soltanto<br />
le tesi da me da sempre sostenute<br />
con riguardo alla problematica di<br />
un’istituzione, la Vostra, alla quale sono<br />
seriamente affezionato.<br />
95<br />
Di seguito, eccovi dunque i frutti del<br />
mio studio, con qualche parola a commento.<br />
L’ultima (in ordine di inserimento nel<br />
massimario informatico) sentenza in<br />
argomento è:<br />
Cass. Sez. 6^,<br />
sent. 5393 del 13.10.2005);<br />
Pres. Ambrosiani, rel. De Roberto<br />
Tra i soggetti attivi del reato di cui all’art.<br />
329 cod. pen. sono da ricomprendere,<br />
quali agenti della forza pubblica,<br />
anche gli appartenenti alla<br />
Polizia municipale.<br />
Tale pronuncia, della quale ho letto la<br />
motivazione, consacrava la responsabilità<br />
per il delitto contestato di un<br />
istruttore di vigilanza il quale, disattendendo<br />
l’ordine di un superiore gerarchico,<br />
non aveva inoltrato all’A.G.<br />
un’annotazione di servizio dalla quale<br />
emergevano ipotesi di reato a carico<br />
di terze persone.<br />
Interessante per il caso concreto esaminato,<br />
più che per la condivisibile linea<br />
interpretativa, la pronuncia immediatamente<br />
antecedente (fra quelle<br />
massimate):<br />
Cass. Pen. 5^ sez.,<br />
sent. 49028 del 19.11.2004;<br />
Pres. Calabrese, rel. Rotella<br />
In tema di falso per soppressione (art.<br />
490 cod. pen.) non sussiste il dolo<br />
qualora la soppressione del documento<br />
avvenga in ragione della dimostrata<br />
ignoranza o errata interpreta-
zione di norme, da parte del pubblico<br />
ufficiale, determinata da una lunga<br />
prassi amministrativa, autorizzata dall’amministrazione<br />
di appartenenza e<br />
specificamente da quella preposta al<br />
controllo. (In applicazione di questo<br />
principio la S.C. ha ritenuto sussistente<br />
il reato di cui all’art. 490, contestato<br />
ad un comandante della Polizia municipale,<br />
che aveva, sulla scorta di<br />
prassi risalente al previdente codice<br />
della strada, soppresso esemplari di<br />
verbali di accertamento, relativi ad infrazioni<br />
del codice della strada, i quali,<br />
nel caso di mancata consegna al<br />
trasgressore e di non sopravvenuta<br />
conciliazione entro un dato termine,<br />
venivano eliminati e sostituiti con altro<br />
da notificare, per la prosecuzione<br />
dell’iter, e ciò anche successivamente<br />
alla diramazione di una circolare del<br />
Ministero dell’Interno, che vietava l’eliminazione<br />
dei verbali di accertamento,<br />
intervenuta due anni prima del<br />
fatto contestato all’imputato).<br />
Sentenza, che consente di trarre più di<br />
una “morale”, ma che mi limito a consegnare<br />
alla vostra attenzione così come<br />
è massimata.<br />
A proposito, anche le parentesi - il<br />
contenuto delle quali graficamente vi<br />
propongo in corsivo - che seguono il<br />
testo della massima sono frutto dell’elaborazione<br />
del Centro Elaborazione<br />
Dati della Corte di Cassazione, Centro<br />
al quale sono addetti magistrati che<br />
hanno il compito di sintetizzate in termini<br />
estremi - cioè, appunto, massimare<br />
- le sentenze più interessanti del<br />
Supremo Collegio. Merita di essere<br />
evidenziata anche la sentenza che segue<br />
(della quale non so dirvi perché<br />
ha preso un numero molto più alto rispetto<br />
a quello che sarebbe stato lecito<br />
attendersi, posto che è addirittura<br />
precedente, e comunque quasi coeva,<br />
di quella che commenterò dopo, la<br />
quale ha un numero di gran lunga più<br />
basso: temo che il C.E.D. sia incorso<br />
in un errore materiale), sentenza che<br />
affronta in approfondimento la tematica<br />
del fatto tipico nel delitto di violenza<br />
o minaccia a un pubblico ufficiale.<br />
È una sentenza da tenere ben presente,<br />
perché esprime una giurisprudenza<br />
assolutamente pacifica.<br />
Cass. Pen. 6^ sez.,<br />
sent. 7346 del 22.1.2004;<br />
Pres. Romano, rel. Colla<br />
Nel delitto di cui all’art. 336 cod. pen.<br />
l’atto contrario ai doveri di ufficio non<br />
fa parte dell’elemento oggettivo del<br />
reato, ma di quello soggettivo e più<br />
precisamente del dolo specifico che<br />
attiene alla finalità che l’agente si propone<br />
con il suo comportamento. Ne<br />
consegue che se l’agente agisce con<br />
minaccia e con l’intenzione di attaccare<br />
il pubblico ufficiale per costringerlo<br />
a fare un atto contrario ai propri<br />
doveri od omettere un atto dell’ufficio,<br />
il delitto è consumato sia che l’attività<br />
commissiva o l’omissione cui è finalizzata<br />
l’azione dell’agente siano state<br />
già realizzate sia che ancora debbano<br />
esserlo. (In applicazione di tale<br />
principio, la Corte ha ravvisato il delitto<br />
indicato nella minaccia diretta a<br />
due agenti della Polizia municipale<br />
per costringerli ad ottenere l’inoltro alla<br />
Procura della Repubblica della notitia<br />
criminis concernente taluni abusi<br />
edilizi, poi risultata già inviata dagli<br />
stessi nei giorni precedenti).<br />
La massima dell’ulteriore sentenza<br />
che, andando a ricercare a ritroso nel<br />
tempo, ho rinvenuto, mi è da subito<br />
apparsa interessante di suo per il caso<br />
concreto esaminato dai Giudici di legittimità.<br />
Cass. Pen. 1^ sez.,<br />
sent. 3969 del 28.1.2004;<br />
Pres. Sossi, rel. Piraccini<br />
L’inottemperanza all’ordine dato da un<br />
agente della Polizia municipale di rimuovere<br />
l’autovettura parcheggiata<br />
che intralcia la circolazione stradale,<br />
determinando una situazione di pericolo,<br />
configura la contravvenzione di<br />
cui all’art. 650 cod. pen.<br />
Mica male, vero, come enunciazione<br />
in diritto? Il mio compiacimento, peraltro,<br />
è cresciuto quando, approfondendo<br />
lo studio, ho letto la motivazione<br />
della sentenza. L’ho trovata pregevole,<br />
e ve ne propongo un significativo<br />
stralcio (per la cronaca, il fattoreato<br />
era stato commesso nel circondario<br />
del Tribunale di Tempio<br />
Pausania: tutto il mondo - italico - è<br />
96<br />
paese!), convinto che vi possa tornare<br />
utile (convincente mi sembra lo sia indiscutibilmente)<br />
per evenienze di vita<br />
quotidiana.<br />
.<br />
A questo punto opero una scelta che<br />
non mi è abituale: di sentenza della<br />
quale ho trovato la massima cercando<br />
con la chiave di ricerca testuale “vigile<br />
urbano” (avevo messo in conto un<br />
fatto per me dolorosamente notorio,<br />
cioè che anche molti magistrati non<br />
hanno piena confidenza terminologica<br />
con la Legge Quadro) propongo<br />
non soltanto gli estremi:<br />
Cass. Pen. 6^ sez.,<br />
sent. 31408 del 18.2.2003;<br />
Pres. Sansone, rel. Mannino,<br />
ma addirittura l’intera motivazione.<br />
Non lo faccio così, tanto per…riempire<br />
una mezza pagina. Lo faccio perché,<br />
leggendo il riassunto della vicenda<br />
e della storia processuale, possiate<br />
trarne una duplice morale.<br />
Morale A): anche la Suprema Corte ha<br />
dei suoi momenti di..incompiutezza<br />
nell’approfondimento delle questioni<br />
giuridiche. Me lo fa esclamare l’ostinato<br />
ricorso alla terminologia “vigile<br />
urbano”, ma anche la discreta dose di<br />
approssimazione con la quale viene<br />
affrontata (farei meglio a scrivere non<br />
affrontata) la tematica dell’estensione<br />
della qualifica di ufficiale di Polizia<br />
giudiziaria di comandanti, responsabili<br />
di servizio ed addetti al coordinamento.<br />
Morale B): nelle pronunce dei Giudici
di merito, anche autorevoli, si trova<br />
veramente di tutto, anche la singolare<br />
interpretazione che la qualifica di<br />
Polizia giudiziaria sarebbe legata non<br />
già all’orario di servizio, ma al contenuto<br />
del “foglio di servizio”, cioè del<br />
mansionario del giorno dell’operatore<br />
di Polizia municipale; tesi fatta propria<br />
dalla Corte di Appello di Roma e<br />
poi…fatta a pezzi (anche se con argomentazioni<br />
non proprio stratosferiche,<br />
dalla Corte di Cassazione).<br />
Mi permetto, dunque, di invitarvi a<br />
leggere integralmente il testo della motivazione.<br />
Potrete convenire con me che, per trovare<br />
indirizzi interpretativi, è un dovere<br />
culturale ed operativo quello di<br />
non affidarsi alle pronunce di Giudici<br />
che non siano quelli ai quali la Legge<br />
di Ordinamento Giudiziario affida i<br />
compiti che ho più sopra virgolettato.<br />
IN FATTO E DIRITTO<br />
Con sentenza del 21 febbraio 2001. il<br />
Tribunale di Rieti/Poggio Mirteto dichiarava<br />
F, B. colpevole del reato<br />
ascrittogli - perché in più occasioni<br />
aveva minacciato il vigile urbano terze<br />
persone, al fine di fargli omettere<br />
atti del suo ufficio nella propria azienda<br />
- e lo condannava, con le attenuanti<br />
generiche, alla pena di quattro<br />
mesi e dieci giorni di reclusione.<br />
Contro tale decisione proponeva appello<br />
l’imputato, chiedendo di essere<br />
assolto per insussistenza del fatto o<br />
dell’elemento psicologico, quanto meno<br />
ai sensi dell’art. 530 c.2 c.p.p., e,<br />
in via subordinata, che la pena irrogatagli<br />
in primo grado fosse diminuita.<br />
A seguito del giudizio di appello la<br />
Corte d’appello di Roma con sentenza<br />
30 gennaio 2002 n.839 riformava<br />
la decisione di primo grado, riqualificando<br />
giuridicamente il fatto come minaccia<br />
grave e determinando la pena,<br />
con le attenuanti generiche già concesse,<br />
in venti giorni di reclusione.<br />
Avverso la suddetta sentenza ha proposto<br />
ricorso per cassazione, chiedendone<br />
l’annullamento per il seguente<br />
motivo:<br />
•inosservanza o erronea applicazione<br />
degli artt.57 c.2 lett. b)330,347 c.p.p.<br />
e 4 u.c. L.1985 n.47 perché la sen-<br />
tenza impugnata ha ritenuto che, essendosi<br />
il Vigile Urbano recato presso<br />
l’azienda dell’Imputato per il controllo<br />
degli scarichi di acque reflue, fosse<br />
fuori del compito da lui assunto rivolgere<br />
domande all’interessato in ordine<br />
alla presenza di alcuni scavi e alla<br />
mancanza del prescritto cartello -, in<br />
contrasto con la regola posta con le<br />
norme sopra indicate, per cui i vigili<br />
comunali e provinciali sono agenti di<br />
Polizia giudiziaria non solo nei limiti<br />
del servizio cui sono destinati e secondo<br />
le rispettive attribuzioni, (art.57<br />
u.c. c.p.p.), ma quando sono in servizio,<br />
cioè durante l’orario di servizio.<br />
L’impugnazione è fondata.<br />
L’art. 57 c.2 lett. b) c. p. p., attribuisce<br />
alle guardie delle province e dei comuni<br />
quando sono in servizio, nell’ambito<br />
territoriale dell’ente di appartenenza,<br />
la qualifica di agenti di<br />
Polizia giudiziaria, la quale, per correlazione<br />
degli artt.55, 330 e 347<br />
c.p.p., comporta che gli stessi devono<br />
prendere notizia dei reati anche di<br />
propria iniziativa, impedire che vengano<br />
portati a conseguenze ulteriori,<br />
ricercarne gli autori, compiere gli atti<br />
necessari a raccogliere le fonti di prova<br />
e raccogliere quant’altro possa servire<br />
per l’applicazione della legge penale<br />
e, quindi, riferire senza ritardo al<br />
pubblico ministero per iscritto gli<br />
estremi essenziali del fatto e gli altri<br />
elementi raccolti, indicando le fonti di<br />
prova e le attività compiute, delle quali<br />
trasmettono la documentazione. Nel<br />
quadro generale dei poteri-doveri inerenti<br />
alla funzione della Polizia giudiziaria<br />
si inseriscono quelli conferiti<br />
dalla L. 28 febbraio 1985 n.47, recante<br />
norme in materia di controllo<br />
dell’attività urbanistico-edilizia, che<br />
all’art.4, concernente la vigilanza sulla<br />
predetta attività, assegna agli ufficiali<br />
e agenti di Polizia giudiziaria la<br />
funzione di assicurare nei luoghi in cui<br />
si realizzano le opere l’esibizione della<br />
concessione e l’esposizione del prescritto<br />
cartello e di dare alle autorità<br />
giudiziaria e amministrativa (sindaco<br />
e presidente della giunta regionale)<br />
immediata comunicazione dei casi di<br />
presunta violazione urbanistico-edilizia.<br />
In base a queste disposizioni il vigile<br />
urbano in servizio svolge nel territorio<br />
comunale la funzione di agente<br />
di Polizia giudiziaria (Cass., Sez. 1^,<br />
97<br />
9 maggio 1995 n.8281, ric. Macrì)<br />
esercitando nella loro pienezza i compiti<br />
inerenti a tale funzione, indipendentemente<br />
dai limiti del servizio che<br />
gli sia stato specificamente assegnato.<br />
Legittimamente, pertanto, il vigile urbano<br />
che, trovandosi ad espletare un<br />
controllo sulla regolarità degli scarichi<br />
delle acque reflue, rileva nel recinto<br />
dell’azienda l’esistenza di scavi in corso,<br />
svolge indagini sulla natura edilizia<br />
di detti scavi prendendo atto dell’inesistenza<br />
dei prescritti cartelli, in<br />
quanto la sua qualifica di agente di<br />
p.g. ed i compiti assegnatigli dall’art.4<br />
L. n.4/85 gli impongono di registrare<br />
l’attività urbanisticamente rilevante in<br />
corso di esecuzione e di denunciare<br />
le presunte violazioni, anche se questo<br />
non rientra nei limiti del servizio<br />
che ne ha determinato l’intervento (cfr.<br />
Cass., Sez. 6^, 6 maggio 1983 n.7974,<br />
ric. Notarangelo). Gli atti di controllo<br />
della legittimità dell’attività urbanistico<br />
edilizia e degli adempimenti di natura<br />
amministrativa ad essa pertinenti<br />
costituiscono atti dell’ufficio del vigile<br />
urbano nel senso indicato dall’art.336<br />
c.p., per cui si rende colpevole<br />
del reato previsto da questa norma<br />
chiunque gli usa violenza o minaccia<br />
per costringerlo a omettere tale<br />
attività. Nella fattispecie concreta il<br />
riferimento della minaccia di morte<br />
proferita dal ricorrente all’intervento<br />
di controllo del vigile urbano è contenuto<br />
nell’espressione se non ti fai i fatti<br />
tuoi, da lui rivolta al pubblico ufficiale<br />
allorché questi aveva iniziato a<br />
porgli domande in ordine agli scavi in<br />
corso all’interno dell’azienda e al rilievo<br />
dell’inesistenza dei cartelli prescritti,<br />
per cui non v’è dubbio che la<br />
minaccia non possa considerarsi nella<br />
vicenda reato autonomo, ma sia elemento<br />
costitutivo del reato di resistenza<br />
a pubblico ufficiale, secondo la<br />
qualificazione giuridica esattamente<br />
data al fatto dal Giudice di primo grado.<br />
La concessione delle attenuanti generiche<br />
determina la riduzione del<br />
massimo edittale ai fini del calcolo del<br />
periodo prescrittivo, che si riduce, pertanto,<br />
con le interruzioni, a un massimo<br />
di sette anni e sei mesi, decorsi il<br />
15 giugno 2002, per cui la sentenza<br />
impugnata dev’essere annullata per<br />
l’estinzione del reato in dipendenza<br />
della causa suddetta.
SEZ. 3, SENTENZA N. 1207 DEL 2000<br />
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE<br />
Composta dagli Ill.mi sigg.ri Magistrati:<br />
Camera di consiglio<br />
- Dott. PASQUALE LA CAVA<br />
Presidente del 16/03/2000<br />
- Dott. GIUSEPPE SAVIGNANO<br />
Consigliere SENTENZA<br />
- Dott. SAVERIO FELICE MANNINO<br />
Consigliere N. 1207<br />
- Dott. VINCENZO DI NUBILA<br />
Consigliere REGISTRO GENERALE<br />
- Dott. CLAUDIA SQUASSONI<br />
Consigliere N. 1667/2000<br />
ha pronunciato la seguente<br />
SENTENZA<br />
sul ricorso proposto da<br />
1. INGRA’ Giuseppe, nato il 24 agosto<br />
1944 a Bardi;<br />
2. MANGINI GIANCARLO, nato il 10 febbraio<br />
1944 a Scandicci, avverso l'ordinanza<br />
del Tribunale del riesame di Firenze<br />
5 novembre 1999 n. 120, con la quale è<br />
stato confermato il decreto di perquisizione<br />
e sequestro di documentazione, eseguiti<br />
il 22 ottobre 1999 nelle loro abitazioni<br />
e nei locali della Imperial s.n.c. della<br />
quale sono soci e amministratori, decreto<br />
emesso il 14 ottobre 1999 dal P.M.<br />
presso il Tribunale di Firenze.<br />
Sentita la relazione svolta dal Cons. Dr. S.<br />
F. MANNINO;<br />
Sentita la requisitoria del P.G., in persona<br />
del Dr. Mario FAVALLI, il quale ha chiesto<br />
il rigetto del ricorso;<br />
osserva<br />
IN FATTO E DIRITTO<br />
Avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame<br />
di Firenze 5 novembre 1999 n. 120<br />
- con la quale è stato confermato il decreto<br />
di perquisizione e sequestro di documentazione,<br />
eseguiti il 22 ottobre 1999<br />
nelle loro abitazioni e nei locali della<br />
Imperial s.n.c. della quale sono soci e amministratori,<br />
decreto emesso il 14 ottobre<br />
1999 dal P.M. presso il Tribunale di<br />
Firenze - Giuseppe Ingrà e Giancarlo<br />
Mangini hanno proposto ricorso per cassazione,<br />
chiedendone l’annullamento per<br />
i seguenti motivi;<br />
1. violazione ed erronea applicazione dell'art.<br />
247 c. 3 c.p.p. (art. 606 c. 1 lett. b) e<br />
c) c. p.p.) perché alla perquisizione hanno<br />
partecipato in maniera preponderante<br />
agenti di Polizia giudiziaria;<br />
2. violazione ed erronea applicazione dell'art.<br />
247 c. 3 c.p.p. in relazione all'art. 57<br />
c. 3 c.p.p., all'art. 6 L. 7 marzo 1986 n. 65<br />
e agli artt.20 e 21 D.Lgs. 5 febbraio 1997<br />
n. 22 (art. 606 c. 1 lett. b) e c) c.p.p.), in<br />
quanto l'art. 6 L. 1986 n. 65 assegna al<br />
personale che svolge servizio di Polizia<br />
municipale, nell'ambito territoriale dell'ente<br />
di appartenenza e nei limiti delle<br />
proprie attribuzioni, anche funzioni di<br />
Polizia giudiziaria, come agente per gli<br />
operatori e come ufficiale per i responsabili<br />
del servizio o del corpo e gli addetti al<br />
coordinamento e al controllo, ai sensi dell'art.<br />
221 c.p.p. abr. e 57 c.p.p. in vigore;<br />
l'art. 21 D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, recante<br />
la disciplina fondamentale in materia<br />
di rifiuti, elenca i poteri e le competenze<br />
dei comuni, nessuno dei quali - a<br />
parte l'art. 55 c. 1, che riguarda una competenza<br />
particolare - riguarda funzioni di<br />
controllo o di accertamento, mentre per il<br />
decreto Ronchi la competenza è attribuita<br />
in via generale alla provincia e ai suoi<br />
organi, per cui la perquisizione è stata irregolarmente<br />
delegata a personale che,<br />
seppur rivestiva la qualifica di ufficiale di<br />
p.g. secondo il proprio ordinamento, è stato<br />
tuttavia chiamato ad opera in un settore,<br />
quello dei rifiuti, nel quale neppure<br />
l'ente di appartenenza era competente a<br />
intervenire. Il ricorso è infondato e non<br />
può essere accolto. Il terzo comma dell'art.<br />
247 c. 3 c.p.p., che assegna all'A.G.<br />
il potere di delegare l'esecuzione della<br />
perquisizione ad ufficiali di Polizia giudiziaria,<br />
non può essere interpretato secondo<br />
un significato aritmetico, come se solo<br />
ufficiali di p.g. possano partecipare all'esecuzione<br />
dell'atto, e neppure come<br />
vorrebbe il ricorrente nel suo primo motivo<br />
dr impugnazione come se, comunque,<br />
gli ufficiali di p.g. debbano essere in maggioranza,<br />
bensì in senso funzionale, cioè<br />
98<br />
che la responsabilità dell'esecuzione del<br />
mezzo d'indagine compete ad uno o più<br />
ufficiali di p.g. per la garanzia del grado,<br />
indipendentemente dal numero maggiore<br />
o minore, più esiguo o preponderante<br />
di agenti di p.g. che partecipano alla perquisizione<br />
alle sue o alle loro dipendenze.<br />
Infondato è anche il secondo motivo<br />
d'impugnazione. Secondo l'art. 57 c. 2<br />
lett. c) c. p.p. sono agenti di Polizia giudiziaria<br />
le guardie delle province e dei comuni<br />
nell'ambito territoriale dell'ente di<br />
appartenenza quando sono in servizio.<br />
Dal tenore della disposizione non emerge<br />
alcuna limitazione funzionale, ma solo<br />
una delimitazione di tempo e di luogo.<br />
Il medesimo contenuto normativo esprime<br />
l'art. 5 c. 1 lett. a) e c) dell'ordinamento<br />
di Polizia municipale, approvato<br />
con L. 7 marzo 1986 n. 65, nel quale<br />
l'ambito territoriale di appartenenza e i<br />
limiti delle attribuzioni - vale a dire, la natura<br />
dei poteri attribuiti - costituiscono<br />
solo presupposti e non limiti delle funzioni<br />
di Polizia giudiziaria (Cass., Sez. I,<br />
18 gennaio 1996 n. 553, ric. Citera), che<br />
riguardano potenzialmente ogni genere<br />
di reati (Cass., Sez. I, 26 aprile 1994 n.<br />
1193, ric. Perina; Sez. III, 7 novembre<br />
1995 n. 3289, ric. D'Alessandris) e non<br />
sono suscettibili di essere ristrette ai reati<br />
che ledono interessi comunali (Cass.,<br />
Sez. V, 8 febbraio 1993 n. 1869, ric.<br />
Ferrara). Il carattere generale delle funzioni<br />
di Polizia giudiziaria delle guardie<br />
comunali riguarda, pertanto, anche i reati<br />
in materia di rifiuti. Tale competenza discende<br />
inoltre dallo stesso D.L.vo 5 febbraio<br />
1997 n. 22, il quale prevede, fra l'altro,<br />
all’art. 14 un potere d'ordinanza del<br />
sindaco in materia di abbandono di rifiuti,<br />
penalmente sanzionato all'art. 50, quale<br />
indice di un più generale potere di controllo,<br />
il cui esercizio rientra nelle funzioni<br />
delle guardie comunali.<br />
P.Q.M.<br />
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti<br />
in solido al pagamento delle spese<br />
processuali.<br />
Così deciso in Roma, il 16 marzo 2000.<br />
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2000.
P.Q.M.<br />
La Corte annulla senza rinvio la sentenza<br />
impugnata perché il reato di cui<br />
all’art.336c.p. è estinto per prescrizione.<br />
Così deciso in Roma, il 18 febbraio<br />
2003.><br />
Non ho rinvenuto null’altro di significativo<br />
fino al lontano anno di inizio<br />
millennio, nell’ambito del quale mi<br />
sono (positivamente) imbattuto nella<br />
massima che vado a riportare.<br />
Cass. Pen. 3^ sez.,<br />
sent. 1207 del 16.3.2000;<br />
Pres. La Cava, rel. Mannino<br />
Alla Polizia municipale sono attribuite,<br />
in virtù dell’art. 5 della L. n. 65 del<br />
1986, funzioni di Polizia giudiziaria<br />
nell’ambito delle quali sono compresi<br />
anche i poteri di accertamento dei<br />
reati in materia di rifiuti.<br />
Incuriosito dalla tematica, ma soprattutto<br />
sollecitato dalla specificazione<br />
che la pronuncia era stata pubblicata<br />
su una accreditata (nei Tribunali) rivista<br />
giuridica, ho ritenuto di leggere<br />
anche la motivazione. Sento di dovervela<br />
trascrivere (pag.98).<br />
Se avrete la (opportuna) perseveranza<br />
di leggerla con attenzione, comprenderete<br />
perché.<br />
Ho evidenziato la parte che, a mio<br />
avviso, non è rilevante, è rilevantissima.<br />
Non è corretta, è correttissima.<br />
Non è documentata, è documentatissima.<br />
Va bene, mi sono fatto prendere dall’enfasi.<br />
Ma, se mi permettete un’esclamazione<br />
che tradisce i miei natali, quanno ce vo’<br />
ce vo’: la sentenza che ho (finalmente)<br />
trovato è lo specchio del mio pensiero<br />
su un tema che mi sta particolarmente<br />
a cuore: quelli tra gli appartenenti alla<br />
Polizia municipale che rivestono la qualifica<br />
di Polizia giudiziaria a livello di<br />
ufficiale hanno il “rango” di ufficiale di<br />
Polizia giudiziaria in via generale (con<br />
competenza, cioè, estesa a tutti i reati),<br />
per il semplice motivo che da nessuna<br />
parte (tanto meno nella Legge Quadro)<br />
è scritto che la Polizia municipale ha at-<br />
tribuzioni limitate alla presunta tipologia<br />
dei reati che ledono interessi comunali.<br />
Non lo dice solo (da sempre) Moccia.<br />
Non lo dice solo (da un pezzo) una<br />
moltitudine di (veri) esperti su tematiche<br />
di Polizia locale.<br />
Lo dice anche (apertis verbis) la Corte<br />
di Cassazione, non già, con tutto il rispetto,<br />
il giudice di pace dell’Isola che<br />
non c’è.<br />
Qui potrei chiudere, ma non lo faccio.<br />
Ritengo per Voi utile conoscere (e per<br />
me gratificante trasmettervi) gli ulteriori<br />
risultati della mia ricerca.<br />
Senza commento, perché, tanto, le massime<br />
si illustrano da sole.<br />
Con affetto.<br />
Cass, Pen. 6^ sez.,<br />
sent.1256 del 3.11.2003;<br />
Pres. Sansone, rel. Martella<br />
Il delitto di peculato, che è reato istantaneo,<br />
si consuma nel momento stesso<br />
in cui l’agente, in possesso di un bene<br />
altrui per ragioni di ufficio, ne dispone<br />
"uti dominus" nel caso riguardante la riscossione<br />
di denaro per conto della P.A.,<br />
posto che tale denaro diviene subito di<br />
proprietà pubblica, l’agente non può<br />
confonderlo con il proprio, assumendo<br />
l’obbligo di erogare all’amministrazione<br />
l’equivalente, o scambiarlo con titoli<br />
di credito di sua pertinenza, perché<br />
già tale comportamento assume valenza<br />
appropriativi, almeno quando il tempo<br />
trascorso tra la riscossione ed il versamento<br />
ecceda quello ragionevolmente<br />
necessario in relazione alla complessità<br />
delle operazioni da compiere.<br />
(Fattispecie nella quale agenti di Polizia<br />
municipale avevano versato nella cassa<br />
comunale, in luogo delle somme riscosse<br />
per contravvenzioni stradali, assegni<br />
bancari privi di data dei quali avevano<br />
la disponibilità, per altro a lungo<br />
trattenuti senza presentazione per l’incasso).<br />
Cass. Pen. 6^ sez.,<br />
sent. 7498 del 12.5.1998;<br />
Pres. Trojano, rel. Oliva<br />
Ai fini della sussistenza del reato di<br />
oltraggio a un corpo politico, amministrativo<br />
o giudiziario, di cui all’art.<br />
99<br />
342 cod. pen., è necessario che l’espressione<br />
oltraggiosa sia rivolta ad<br />
uno dei predetti consessi al “cospetto<br />
del corpo”, cioè nel momento in cui<br />
essi si trovino riuniti nell’esercizio delle<br />
loro funzioni.<br />
(Nell’affermare il principio la Corte di<br />
cassazione ha annullato la decisione<br />
dei giudici di merito che avevano ritenuto<br />
la sussistenza del reato in questione<br />
da parte di un rappresentante<br />
sindacale che, alla presenza di tre vigili<br />
urbani prossimi a prendere servizio,<br />
aveva espresso l’opinione che<br />
l’intero corpo della Polizia municipale<br />
fosse composto da ladri).<br />
[Inutile sottolineare che questa non mi<br />
piace; ma non potevo fare finta che<br />
non esistesse - n.d.r.]<br />
Cass. Pen. 6^ sez.,<br />
sent. 6556 del 27.3.1998;<br />
Pres. Trojano, rel. Serpico<br />
Il reato di interruzione di un ufficio o<br />
servizio pubblico o di un servizio di<br />
pubblica necessità (art. 340 c.p.) è<br />
configurabile anche se l’interruzione<br />
o il turbamento della regolarità dell’ufficio<br />
o del servizio pubblico o di<br />
pubblica necessità siano temporalmente<br />
limitati e coinvolgano solamente<br />
un settore e non la totalità dell’attività.<br />
(Nella specie, gli autori, parcheggiando<br />
autocarri ed autoveicoli davanti<br />
ad una recinzione abusiva, avevano<br />
cagionato un’interruzione dell’attività<br />
di demolizione ordinata dal<br />
sindaco, ad opera della Polizia municipale).<br />
Cass. Pen. 3^ sez.,<br />
sent. 1975 del 7.5.1997;<br />
Pres. Violetti, rel. Onorato<br />
I vigili urbani addetti al controllo, in<br />
virtù dell’art. 5 Legge 7 marzo 1986,<br />
n. 65 (legge quadro sull’ordinamento<br />
della Polizia municipale), quando procedono<br />
ad un sequestro di Polizia giudiziaria<br />
in presenza di un reato di costruzione<br />
abusiva, sono da considerarsi<br />
ufficiali di Polizia giudiziaria, indipendentemente<br />
dalla documentazione<br />
di tale qualifica, che comunque<br />
deriva loro dallo svolgimento effettivo<br />
della funzione di controllo.
L’articolo 39 del Contratto collettivo<br />
di lavoro dei dirigenti degli enti locali,<br />
al secondo e al terzo comma,<br />
prevede:<br />
“2. Le amministrazioni determinano<br />
la graduazione delle funzioni dirigenziali,<br />
cui è correlato il trattamento<br />
economico di posizione, ai<br />
sensi dell’art. 24 del D.Lgs. n. 29 del<br />
1993 e succ. mod. ed int.. Le funzioni<br />
sono graduate tenendo conto<br />
di parametri connessi alla collocazione<br />
della struttura, alla complessità<br />
organizzativa, alle responsabilità<br />
gestionali interne ed esterne.<br />
3. Le Amministrazioni attribuiscono<br />
un valore economico ad ogni posizione<br />
dirigenziale prevista nell’assetto<br />
organizzativo dell’ente, in base<br />
alle risultanze della graduazione<br />
di cui al comma precedente e secondo<br />
i criteri indicati negli artt. 40,<br />
41 e 42 che non prefigurano alcun<br />
modello organizzativo”.<br />
Le norme ora riportate stabiliscono,<br />
quindi, che l’amministrazione deve<br />
individuare le “posizioni dirigenziali”<br />
e inserire queste, in relazione alla<br />
tipologia delle funzioni che vi sono<br />
collegate e al loro livello di responsabilità<br />
(“collocazione della<br />
struttura, complessità organizzativa,<br />
responsabilità gestionali interne ed<br />
esterne della relativa funzione”), in<br />
MARIO ZACCARIA<br />
Docente all’Università di Foggia<br />
LA VALUTAZIONE DELLE PRESTAZIONI<br />
DELLA POLIZIA MUNICIPALE<br />
AI FINI DELLA CORRESPONSIONE<br />
DEL FONDO DI RISULTATO<br />
una delle tre fasce di valori in cui la<br />
normativa ripartisce la cd. indennità<br />
di posizione (a,b,c). L’indennità, pertanto,<br />
secondo la norma in esame,<br />
può essere corrisposta in misura diversa<br />
per le varie posizioni dirigenziali<br />
anche di una stessa fascia.<br />
La normativa in esame ha considerato<br />
che alcune posizioni, pur avendo<br />
funzioni genericamente caratterizzate<br />
da uno stesso ambito di responsabilità,<br />
potessero essere ulteriormente<br />
specificate e graduate ed<br />
ha di conseguenza diversificato anche<br />
la corresponsione della relativa<br />
indennità.<br />
La norma ha pertanto stabilito per la<br />
concreta attribuzione di tale indennità<br />
un limite minimo ed un limite<br />
massimo entro i quali collocare concretamente<br />
le singole posizioni dirigenziali.<br />
Ciò emerge con tutta evidenza dal<br />
fatto che la norma, disponendo che<br />
la indennità di posizione di ciascuna<br />
fascia possa essere variabile, chiaramente<br />
autorizza l’amministrazione<br />
a differenziare l’indennità di posizione<br />
in relazione alla specifica posizione<br />
che il dirigente occupa “nella<br />
struttura organizzativa dell’ente”.<br />
Ma non è detto che solo i dirigenti<br />
possano fruire della cosiddetta indennità<br />
accessoria relativa alla erogazione<br />
del fondo di risultato.<br />
L’articolo 6 del contratto, Sistema di<br />
100<br />
valutazione, prevede infatti che:<br />
“In ogni ente sono adottate metodologie<br />
permanenti per la valutazione<br />
delle prestazioni e dei risultati dei dipendenti,<br />
anche ai fini della progressione<br />
economica di cui al presente<br />
contratto; la valutazione è di competenza<br />
dei dirigenti, si effettua a cadenza<br />
periodica ed è tempestivamente<br />
comunicata al dipendente, in<br />
base ai criteri definiti ai sensi dell’art.<br />
16, comma 2, laddove è previsto alla<br />
lettera d. che: gli enti devono adottare<br />
una metodologia permanente di<br />
valutazione di cui all’art. 6.”<br />
E allora come può essere questa metodologia<br />
relativamente al personale<br />
della Polizia municipale?<br />
Bisogna innanzitutto stabilire:<br />
1) L’individuazione, attraverso il Regolamento<br />
di Organizzazione, degli<br />
ambitiCentrali/Coordinatori/Respons<br />
abili di Servizio Autonomo e dei Dirigenti<br />
di Servizio/Progetto nell’ambito<br />
della P.m. per comprendere la<br />
dinamica con la quale si perviene alla<br />
costruzione del Piano Esecutivo:<br />
pervenire, cioè ad un Dettagliato degli<br />
Obiettivi (strumenti chiave del sistema<br />
di direzione per gli obiettivi).<br />
2) Costruzione del piano generale<br />
con la concorrenza di tutti gli operatori.
3) Costituzione di un nucleo di valutazione<br />
autonomo della P.m. (il<br />
contratto riserva particolare autonomia<br />
al corpo di P.m.) ovvero integrato<br />
nel Nucleo di Valutazione generale<br />
con specifiche professionalità<br />
inerenti il Corpo di P.m.<br />
Passare quindi, alla<br />
Valutazione delle prestazioni<br />
dirigenziali<br />
La leva con cui promuovere il raggiungimento<br />
degli obiettivi e degli<br />
standard di attività è costituita dalla<br />
valutazione delle prestazioni professionali<br />
del management.<br />
La stima delle performance dirigenziali<br />
si dovrebbe articolare secondo<br />
quattro parametri di prestazione:<br />
A. Risultato degli obiettivi di PEG<br />
(cosa è stato ottenuto);<br />
B. Risultato degli standard di attività<br />
(cosa è stato ottenuto);<br />
C. Comportamento organizzativo<br />
(come i risultati sono stati raggiunti);<br />
D. Risultato degli obiettivi generali<br />
del Comune o della struttura di primo<br />
livello di appartenenza (mediante<br />
il quale sono incentivati i<br />
processi cooperativi tra i dirigenti).<br />
I quattro parametri individuati devono<br />
concorrere alla misurazione delle<br />
performance con un’incidenza differente<br />
a seconda della funzione dirigenziale<br />
espletata.<br />
Quale è a questo punto il sistema<br />
unificante di valutazione?<br />
L’elemento unificante del sistema di<br />
valutazione delle prestazioni dirigenziali,<br />
pur in presenza di differenti tipologie<br />
di funzioni dirigenziali e di<br />
composizione dell’indennità di risultato,<br />
è dato dall’aspettativa di risultato,<br />
fissata in ugual misura per ciascun<br />
Direttore Centrale/Coordinatore di Dipartimento/Responsabile<br />
di Servizio<br />
Autonomo, Comandante, Ufficiale di<br />
P.m. e ciascun dirigente. Quale è la<br />
legislazione attuale nella quale fare<br />
riferimento ai sistemi di valutazione?<br />
La legge n.241/90 - il d.lgs. 29/93 -<br />
d.lgs.267/2000 - d.lgs. n.165/2001.<br />
Quale è la legislazione attuale nella<br />
quale fare riferimento ai sistemi di<br />
valutazione?<br />
La legge n.241/90- il d.lgs. 29/93 -<br />
d.lgs.267/2000 - d.lgs. n.165/2001.<br />
Tutta questa normativa non fa altro<br />
che ribadire i principi di valutazione<br />
sopra e enunciati.<br />
Ma forse non è altrettanto simile il<br />
sistema di valutazione del personale<br />
non dirigenziale dell’Ente? Come<br />
potrebbe il management direzionale<br />
esperire la sua azione dirigenziale se<br />
non ci fosse il contributo da parte di<br />
tutto il personale della Polizia municipale?<br />
E allora la valutazione non può che<br />
basarsi su alcuni principi cardini, e<br />
cioè fissare degli obiettivi di servizio<br />
principali da raggiungere quali:<br />
1) La diffusione e il rispetto delle<br />
norme che regolano la convivenza<br />
civile sul territorio comunale. In particolare<br />
il servizio svolto si propone<br />
alla cittadinanza per meglio far conoscere<br />
i servizi offerti e per un migliore<br />
orientamento nel territorio.<br />
2) Partire dall’irrinunciabile concetto<br />
per il quale l’operatore di Polizia<br />
locale, a tutti i livelli di operatività<br />
quindi, rappresenta un importante<br />
punto di riferimento per la collettività.<br />
Nell’ambito delle sue funzioni, esso<br />
svolge i propri compiti in maniera<br />
autorevole, evidenziando la sua preparazione<br />
professionale e sensibilità<br />
nel contatto relazionale.<br />
La sua attività, inoltre, deve essere<br />
caratterizzata dal costante sforzo teso<br />
alla migliore interpretazione delle<br />
situazioni e delle problematiche<br />
incontrate, applicando un approccio<br />
educativo e orientato alla più adeguata<br />
risposta ai bisogni della cittadinanza.<br />
102<br />
3) Agire al fine di garantire l’ordinato<br />
svolgimento delle seguenti generali<br />
attività: controllo della mobilità<br />
e sicurezza stradale; tutela della vivibilità<br />
e della qualità urbana, nonché<br />
salvaguardia della sicurezza sociale,<br />
nella quali individuare attività<br />
specifiche propriamente del Corpo<br />
di Polizia locale.<br />
4) Ispirare il servizio in base ai principi<br />
di:<br />
- CONTINUITÁ<br />
- PARTECIPAZIONE<br />
- EFFICIENZA ED EFFICACIA<br />
- EGUAGLIANZA<br />
ED IMPARZIALITÁ<br />
- CORTESIA E DISPONIBILITÁ<br />
- CHIAREZZA E TRASPARENZA.<br />
Per attuare quanto innanzi, ovviamente,<br />
è necessario dotarsi di strumenti<br />
idonei quali:<br />
1) Coordinamento delle procedure<br />
coinvolgenti più uffici, c.d. N.A.O.;<br />
2) Informazione all’utenza;<br />
3) Standard di servizio riferiti ai procedimenti<br />
amministrativi;<br />
4) Fattori, indicatori, standard di qualità<br />
del servizio;<br />
5) Valutazione ed aggiornamento<br />
della carta dei servizi offerti.<br />
Solo così tutti gli operatori di Polizia<br />
municipale potranno sfuggire da<br />
quelle griglie di valutazione tante<br />
idiote quanto inconsistenti che vedono<br />
l’erogazione del fondo di risultato<br />
solo in base a fattori molto<br />
marginali, quali ad esempio la presenza<br />
in servizio, il numero delle<br />
contravvenzioni elevate, il numero<br />
delle determine e delle delibere<br />
adottate, ed altri balzelli goffi di<br />
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