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Scarica l'allegato - Database Comuni Italiani - EdiPol

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Patrocini<br />

Regione Lombardia Corpo di Polizia Locale Provincia di Bergamo<br />

Anci<br />

Upi<br />

Bergamo 1 e 2 dicembre 2006<br />

III CONGRESSO NAZIONALE<br />

DELLA POLIZIA LOCALE<br />

“FUNZIONE E RUOLO<br />

DI UNA PROFESSIONE”<br />

RELAZIONI PROFESSIONALI<br />

dei VIGILI URBANI<br />

ZEROIMPACTNOCARBON


Relazioni professionali<br />

LA FORMAZIONE DEL MODERNO OPERATORE<br />

DI POLIZIA ATTRAVERSO I CONCETTI<br />

DI POLIZIA DI PROSSIMITÁ<br />

EDICONTROLLO COORDINATO DEL TERRITORIO<br />

di Domenico Cristaldi pag. 4<br />

MANDATO DI ARRESTO EUROPEO:<br />

COMPITI E FUNZIONI DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA<br />

di Tommaso Buonanno pag. 6<br />

CIRCOLAZIONE E SOSTA DEI VEICOLI<br />

AL SERVIZIO DI PERSONE INVALIDE:<br />

PROFILI NORMATIVI E GIURISPRUDENZIALI<br />

di Alessandro Casale pag. 12<br />

L’INTERROGATORIO E LA TESTIMONIANZA;<br />

LE INTERVISTE INVESTIGATIVE<br />

NELL’AMBITO DELLA PSICOLOGIA FORENSE<br />

di Gaetano De Leo pag. 18<br />

LA LEGITTIMITÁ DEI FUNZIONARI<br />

DELLE AMMINISTRAZIONI COMUNALI<br />

ASTARE IN GIUDIZIO DAVANTI AL GIUDICE<br />

DI PACE NEI RICORSI AVVERSO VERBALI AL CDS<br />

di Marco Cantori pag. 20<br />

COMPIMENTO DI ATTIVITÁ DI INDAGINE<br />

E DI ATTI SPECIFICATAMENTE DELEGATI<br />

DAL PUBBLICO MINISTERO<br />

ALLA POLIZIA GIUDIZIARIA<br />

di Carmen Pugliese pag. 22<br />

IL NUOVO PROTOCOLLO OPERATIVO IN MATERIA<br />

DI ACCERTAMENTI/TRATTAMENTI SANITARI<br />

OBBLIGATORI STIPULATO TRA L’UNITÁ<br />

SANITARIA LOCALE n. 1 DI MASSA CARRARA<br />

EICOMUNI DELLA COSTA APUANA<br />

di Vincenzo Strippoli pag. 26<br />

LA GESTIONE DELLA COMUNICAZIONE ESTERNA<br />

NELLA POLIZIA MUNICIPALE:<br />

ASPETTI ORGANIZZATIVI<br />

di Luigi Altamura pag. 34<br />

IL RUOLO DELLA POLIZIA LOCALE<br />

NELLA PROGETTAZIONE E GESTIONE<br />

DEI PROGETTI SICUREZZA PER I COMUNI<br />

DI MEDIE E PICCOLE DIMENSIONI<br />

di Alberto Messerini pag. 38<br />

IL PATTO LOCALE QUALE STRUMENTO<br />

DI TUTELA DELLA SICUREZZA URBANA<br />

di Antonio Lotito pag. 44<br />

I POTERI CONCESSI ALLA POLIZIA GIUDIZIARIA<br />

NEL CAMPO AMBIENTALE<br />

di Rosa Bertuzzi pag. 46<br />

VIDEOSORVEGLIANZA: LE SINERGIE<br />

CON GLI ALTRI COPRI DI POLIZIA<br />

di Alfredo Priolo pag. 50<br />

I PHONE CENTER:<br />

NORMATIVA E CONTROLLI OPERATIVI<br />

di Riccardo Perini pag. 54<br />

NUOVE NORME SULLA CONCORRENZA E DIRITTI<br />

SUI CONSUMATORI.<br />

ULTIME NOVITÀ E MODIFICHE<br />

di Elena Fiore pag. 60<br />

SPETTACOLI ED INTRATTENIMENTO<br />

ALL’INTERNO DEI PUBBLICI ESERCIZI<br />

di Antonella Manzione pag. 68<br />

PROFILI PENALI DELLA CONTRAFFAZIONE<br />

DI MERCI E COMMERCIO SU AREE PUBBLICHE.<br />

GLI ORIENTAMENTI RECENTI DELLA GIURISPRUDENZA<br />

di Francesco Vergine pag. 81<br />

LE FUNZIONI DEL DIRIGENTE DELLA POLIZIA LOCALE<br />

IN MATERIA URBANISTICO-EDILIZIA<br />

di Giovanni Marco Giglio pag. 86<br />

LA TUTELA DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI<br />

di Marco De Vita pag. 89<br />

POLIZIA LOCALE E POLIZIA GIUDIZIARIA:<br />

INDICAZIONI OPERATIVE<br />

E AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE<br />

di Ambrogio Moccia pag. 95<br />

LA VALUTAZIONE DELLE PRESTAZIONI<br />

DELLA POLIZIA MUNICIPALE AI FINI<br />

DELLA CORRESPONSIONE DEL FONDO DI RISULTATO<br />

di Mario Zaccaria pag. 100


DOMENICO CRISTALDI<br />

Comandante compagnia Carabinieri<br />

di Bergamo<br />

LA FORMAZIONE DEL MODERNO OPERATORE DI POLIZIA<br />

ATTRAVERSO I CONCETTI DI POLIZIA DI PROSSIMITÀ<br />

EDICONTROLLO COORDINATO DEL TERRITORIO<br />

Nel corso dell’ultimo ventennio il<br />

nostro Paese è stato segnato da una<br />

serie di importanti provvedimenti<br />

normativi che, accompagnati da<br />

una significativa presa di coscienza<br />

sociale, hanno accresciuto la sensibilità<br />

collettiva verso quello che oggi<br />

viene ritenuto un vero e proprio<br />

bene del cittadino: la sicurezza.<br />

Sino alla prima metà degli anni<br />

Novanta il concetto di sicurezza era<br />

strettamente correlato a quello di<br />

Polizia di comunità, secondo cui si<br />

riteneva che dovesse essere il cittadino<br />

a tendere verso le Forze di<br />

Polizia per ottenere il soddisfacimento<br />

delle proprie esigenze.<br />

Dalla seconda metà degli anni<br />

Novanta in avanti, però, nell’ambito<br />

della Pubblica Amministrazione<br />

si è diffusa quella che è stata poi<br />

definita la c.d. filosofia della prossimità,<br />

che, fondandosi sulla centralità<br />

del cittadino, al contrario<br />

prevede - in materia di sicurezza -<br />

che siano le Forze di Polizia a tendere<br />

verso l’utente, originando la<br />

c.d. Polizia di prossimità.<br />

Nel medesimo periodo, altresì, si è<br />

sviluppato il concetto di sicurezza<br />

partecipata, che in tema di coordinamento<br />

e direzione unitaria delle Forze<br />

di Polizia ha dato vita ad altri importanti<br />

interventi normativi (a riguardo,<br />

decreto legislativo n.279/1999 e legge<br />

n.128/2001), un’esigenza cui è<br />

parallelamente corrisposto un processo<br />

di progressivo decentramento<br />

delle funzioni amministrative dello<br />

Stato verso gli enti locali, che,<br />

più prossimi al cittadino, sono stati<br />

ritenuti in grado di meglio soddisfare<br />

le esigenze dell’utenza (a riguardo,<br />

legge n.57/1999), anche in<br />

materia di sicurezza.<br />

Struttura normativa portante di questa<br />

innovativa architettura del sistema<br />

sicurezza è la legge n.121/1981,<br />

“madre” del coordinamento e della<br />

direzione unitaria delle Forze di<br />

Polizia, la progressiva evoluzione<br />

dei cui principi è stata scandita, negli<br />

anni, proprio dai concetti sopra<br />

evidenziati, attraverso la citata produzione<br />

normativa.<br />

In questo percorso di crescita si è<br />

poi inserito il sempre più diffuso ricorso<br />

al c.d. partenariato sociale.<br />

A partire dagli anni 1995/1996 esso<br />

si è rivelato importante attore del<br />

sistema sicurezza, ponendosi quale<br />

partner in grado di partecipare<br />

direttamente alla sua gestione attraverso<br />

l’adozione di quei necessari<br />

atti amministrativi che, in vista<br />

di un medesimo fine comune rappresentato<br />

- per l’appunto - dalla sicurezza,<br />

possano garantire i necessari<br />

interventi istituzionali tesi al<br />

miglioramento del vivere sociale,<br />

ad accrescere la vivibilità del territorio<br />

e delle cc.dd. aree depresse.<br />

4<br />

Il riferimento è ai cc.dd. strumenti<br />

pattizi (dai protocolli d’intesa ai<br />

contratti sicurezza), che traendo<br />

origine da una logica di reciproco<br />

consenso tra Stato ed enti locali, attraverso<br />

il successivo ricorso a fonti<br />

di finanziamento quasi sempre<br />

alimentate in complementarietà da<br />

fondi nazionali (dello Stato o degli<br />

enti locali) e dell’Unione Europea,<br />

consentono l’individuazione di idonee<br />

misure preventive (sorveglianza<br />

di stabilimenti ed aree industriali,<br />

costituzione di osservatori per il<br />

monitoraggio delle procedure d’appalto,<br />

attività di monitoraggio per<br />

evitare potenziali infiltrazioni della<br />

criminalità organizzata, attivazione<br />

di numeri verdi ed alle iniziative di<br />

prevenzione di fenomeni usurari ed<br />

estorsivi, ecc…) realizzando l’integrazione<br />

con i cc.dd. strumenti di<br />

programmazione negoziata (dalle<br />

intese istituzionali di programma<br />

agli accordi di programma), vere e<br />

proprie forme di regolamentazione<br />

concordata tra soggetti pubblici e<br />

privati che sfrutta il binomio sicurezza-investimenti<br />

dando luogo, sostanzialmente,<br />

alla c.d. politica integrata<br />

di sicurezza.<br />

In tema di sicurezza partecipata assume<br />

rilevanza la partecipazione<br />

dei Sindaci ai Comitati Provinciali<br />

per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica.<br />

Dapprima avviata nel 1996<br />

con una circolare del Ministro<br />

dell’Interno destinata ai Prefetti affinché<br />

si iniziasse ad invitare ai


Comitati Provinciali per l’Ordine e<br />

la Sicurezza Pubblica i Sindaci dei<br />

capoluoghi, essa ha negli anni trovato<br />

una vera e propria istituzionalizzazione<br />

attraverso vari interventi<br />

normativi, culminati nel 2001 nel<br />

decreto legislativo n.155 grazie al<br />

quale sono oggi ricompresi, quali<br />

membri di diritto del Comitato Provinciale<br />

per l’Ordine e la Sicurezza<br />

Pubblica posti sullo stesso piano dei<br />

vertici provinciali delle Forze<br />

dell’Ordine, il Sindaco del capoluogo<br />

di provincia ed il Presidente<br />

della Provincia.<br />

A seguire, viene in rilievo il contenuto<br />

del c.d. pacchetto sicurezza di cui<br />

alla legge n.128/2001, che alle sedute<br />

del Comitato Provinciale per<br />

l’Ordine e la Sicurezza Pubblica prevede<br />

la partecipazione delle autorità<br />

locali di pubblica sicurezza e dei responsabili<br />

dei competenti uffici<br />

dell’Amministrazione Penitenziaria,<br />

del Corpo nazionale dei Vigili del<br />

Fuoco, del Corpo delle Capitanerie di<br />

Corpo, nonché, d’intesa con il Presidente<br />

della Provincia ovvero col<br />

Sindaco, quella dei responsabili degli<br />

altri uffici delle amministrazioni locali<br />

interessate o della Polizia municipale;<br />

il provvedimento arriva persino<br />

a prevedere il ricorso alle Forze Armate,<br />

seppur - al momento - per la<br />

mera attività di vigilanza ad obiettivi<br />

sensibili al fine di rendere libero il personale<br />

delle Forze di Polizia da impiegare<br />

in attività più qualificate.<br />

La rivoluzione concettuale sin qui<br />

tracciata mette in evidenza come la<br />

sensibilità dello Stato e di tutte le<br />

amministrazioni locali, in materia<br />

di sicurezza, si sia negli ultimi anni<br />

significativamente accresciuta,<br />

determinando la formazione di una<br />

vera e propria cultura della sicurezza<br />

che venga oggi garantita attraverso<br />

l’impegno di tutte le parti<br />

interessate.<br />

A seguito del citato conferimento di<br />

sempre maggiori poteri agli enti locali<br />

e del conseguente accresciuto<br />

ruolo dei Sindaci, si è riaperto, con<br />

forza, il dibattito sull’opportunità di<br />

una partecipazione attiva dei Co-<br />

muni alla tutela dell’ordinata e civile<br />

convivenza all’interno della comunità<br />

di riferimento.<br />

Si tratta di attivare quello che oggi<br />

viene definito sistema integrato di sicurezza,<br />

che attraverso le normative<br />

regionali - nel rispetto, chiaramente,<br />

di un principio di sussidiarietà che<br />

vede lo Stato sempre pronto a intervenire<br />

- opera in un più ampio panorama<br />

di interventi istituzionali con<br />

riguardo al diritto allo studio, al collocamento<br />

al lavoro, alla prevenzione<br />

della criminalità, alla riqualificazione<br />

urbana, al coordinamento delle<br />

Forze di Polizia, all’attivazione di<br />

modelli operativi di Polizia locale e<br />

di prossimità.<br />

È in atto, dunque, una profonda ridefinizione<br />

dell’organizzazione e<br />

dei compiti dei vari Corpi di Polizia<br />

nel nostro Paese; in tale contesto<br />

assume particolare significato la sinergia<br />

tra Forze di Polizia e Polizie<br />

municipali. I problemi, prima ancora<br />

che diventino veri e propri<br />

problemi di Polizia, vanno preliminarmente<br />

intesi ed affrontati quali<br />

problemi di amministrazione; i<br />

compiti peculiari delle Polizie municipali,<br />

seppur non direttamente<br />

incidenti sulla sicurezza, sono ricollegabili<br />

alla tranquillità sociale<br />

della cittadinanza (esempio concreto<br />

ne è il vecchio “ghisa di quartiere”,<br />

uno strumento operativo un<br />

tempo molto diffuso nell’area milanese,<br />

attuato proiettando sul territorio<br />

la figura di un “vigile” amico<br />

della gente comune, risorsa di conoscenze<br />

e di informazioni che originavano<br />

dal capillare servizio di<br />

portierato negli stabili), e dunque,<br />

in questa cornice, contribuiscono<br />

fortemente al raggiungimento del<br />

medesimo fine comune.<br />

Significativa espressione di questa<br />

evoluzione sono il Carabiniere ed<br />

il Poliziotto di Quartiere, strumenti<br />

operativi attraverso cui viene oggi<br />

garantita la Polizia di prossimità.<br />

Accanto ad essi va richiamato il<br />

nuovo concetto di controllo del ter-<br />

5<br />

ritorio: un controllo del territorio<br />

non più realizzato per obiettivi,<br />

bensì per aree; un controllo del territorio<br />

realizzato attraverso l’esecuzione<br />

di servizi che rispettino i<br />

cc.dd. piani coordinati di controllo<br />

del territorio, adottati dal Prefetto<br />

con il determinante contributo del<br />

Comitato Provinciale per l’Ordine<br />

e la Sicurezza Pubblica; un controllo<br />

del territorio garantito su aree<br />

predeterminate, in relazione ad indici<br />

di densità abitativa, di delittuosità<br />

ed attività economiche; un controllo<br />

coordinato del territorio continuativamente<br />

garantito, in alternanza<br />

tra loro, dall’Arma dei Carabinieri<br />

e dalla Polizia di Stato in<br />

quanto Forze di Polizia a competenza<br />

generale, con il concorso della<br />

Guardia di Finanza ed il normativamente<br />

previsto coinvolgimento<br />

della Polizia municipale.<br />

Essere più vicini alla gente, dunque,<br />

e rendere più sicuri i quartieri cittadini<br />

è il nuovo modo di fare<br />

Polizia; un modo da non ricondurre,<br />

però, ai soli citati strumenti operativi<br />

(Carabiniere e Poliziotto di<br />

Quartiere), bensì a ciascun operatore<br />

di Polizia.<br />

È attraverso quest’architettura, in definitiva,<br />

che deve formarsi il moderno<br />

operatore di Polizia; egli, alla luce dei<br />

concetti illustrati, dovrà saper:<br />

- comprendere la Polizia di prossimità;<br />

- acquisire un atteggiamento;<br />

- comprendere le situazioni;<br />

- tradurre nel proprio comportamento<br />

la deontologia del rispetto<br />

delle persone;<br />

- adattare le tecniche di Polizia;<br />

- evidenziare capacità di fare, attitudini<br />

intellettuali e valori umani,<br />

caratterizzando così la propria professionalità<br />

in relazione al nuovo<br />

preminente e complementare ruolo<br />

quale operatore sociale.


TOMMASO BUONANNO<br />

Procuratore aggiunto della Repubblica<br />

MANDATO DI ARRESTO EUROPEO:<br />

COMPITI E FUNZIONI DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA<br />

Il mandato di arresto europeo è nato<br />

dalla necessità di configurare una<br />

nuova forma di collaborazione giudiziaria<br />

fra gli Stati membri dell’Unione<br />

per ridurre i tempi lunghi dell’estradizione,<br />

quale conseguenza<br />

dell’attuazione del principio della libera<br />

circolazione delle persone e<br />

delle cose sul territorio degli Stati<br />

membri dell’Unione Europea.<br />

Infatti, la decisione quadro approvata<br />

dal Consiglio dell’Unione europea<br />

il 13 giugno 2002 ha fissato i principi<br />

comuni per la sostituzione, tra i<br />

venticinque Stati membri dell’Unione,<br />

del sistema dell’estradizione<br />

con quello della consegna semplificata<br />

dei ricercati, fondata sul principio<br />

del mutuo riconoscimento.<br />

La legge 12 aprile 2005 n. 69, in vigore<br />

dal 14/5/2005, ha dato attuazione<br />

alla decisione quadro, in particolare<br />

all’azione comune in materia<br />

di cooperazione giudiziaria penale<br />

ai sensi degli artt. 31, par. 1, lettere<br />

a) e b), e 34, paragrafo 2, lettera<br />

b) del Trattato sull’Unione Europea.<br />

Il mandato di arresto europeo è definito<br />

“una decisione giudiziaria<br />

emessa da uno Stato membro dell’Unione<br />

Europea, denominato “Stato<br />

membro di emissione”, in vista dell’arresto<br />

e della consegna da parte di<br />

un altro Stato membro, denominato<br />

“Stato membro di esecuzione” di una<br />

persona, al fine dell’esercizio di<br />

azioni giudiziarie in materia penale<br />

o dell’esecuzione di una pena o di<br />

una misura di sicurezza privative del-<br />

la libertà personale”. Pertanto, l’emissione<br />

del mandato di arresto europeo<br />

può riferirsi ad un’ordinanza<br />

di custodia cautelare in carcere ovvero<br />

all’esecuzione di condanna ad<br />

una pena o ad una misura di sicurezza<br />

privative della libertà personale<br />

(art. 1).<br />

La consegna di un imputato o di un<br />

condannato all’estero non può essere<br />

concessa senza la decisione favorevole<br />

della Corte d’Appello, ove<br />

egli ha la residenza, la dimora o il<br />

domicilio nel momento in cui il<br />

m.a.e. è ricevuto dall’autorità giudiziaria.<br />

È stata, pertanto, attuata la<br />

giurisdizionalizzazione del procedimento<br />

di consegna (art. 5).<br />

Il Ministro della Giustizia, infatti, pur<br />

essendo Autorità Centrale, ha perso<br />

ogni potere decisorio sulla consegna<br />

ed è chiamato a svolgere compiti di<br />

assistenza alle autorità giudiziarie<br />

competenti, in particolare di collegamento<br />

(trasmissione e ricezione<br />

amministrativa dei mandati d’arresto<br />

europei e della corrispondenza<br />

ufficiale ad essi relativa) nonché di<br />

esecuzione del provvedimento di<br />

consegna (artt. 4 e 23, c. 1).<br />

L’Italia ha condizionato l’esecuzione<br />

al mandato di arresto europeo<br />

(art. 2) al rispetto:<br />

a) dei diritti fondamentali garantiti<br />

dalla Convenzione per la salvaguardia<br />

dei diritti dell’uomo e delle libertà<br />

fondamentali (firmata a Roma<br />

il 4/11/1950) resa esecutiva con legge<br />

4/8/1955, n.848) in particolare degli<br />

artt. 5 (diritto alla libertà e alla si-<br />

6<br />

curezza) e 6 (diritto ad un processo<br />

equo) nonché dei protocolli addizionali;<br />

b) dei principi e delle regole contenuti<br />

nella Costituzione italiana, attinenti<br />

al giusto processo, ivi compresi<br />

quelli relativi alla tutela della libertà<br />

personale, anche in relazione<br />

al diritto di difesa e al principio di<br />

eguaglianza, nonché quelli relativi<br />

alla responsabilità penale e alla qualità<br />

delle sanzioni penali.<br />

Essa, conseguentemente, si è impegnata<br />

a rifiutare la consegna dell’imputato<br />

o del condannato in caso<br />

di grave e persistente violazione, da<br />

parte dello Stato richiedente, dei<br />

principi di cui al comma 1, lettera a)<br />

e cioè dei diritti fondamentali garantiti<br />

dalla citata Convenzione.<br />

In generale vige il principio della<br />

doppia punibilità (art. 7) ad eccezione<br />

dei reati in materia di tasse,<br />

imposte, dogana e cambio a condizione<br />

che siano assimilabili, per analogia,<br />

a fatti costituenti reato per le<br />

legge italiana e che siano puniti con<br />

pene pari o superiori a tre anni.<br />

Il fatto, pertanto, deve essere previsto<br />

come reato anche dalla legge nazionale.<br />

Inoltre deve essere punito<br />

dalla legge dello Stato di emissione<br />

con una pena o con una misura di sicurezza<br />

privativa della libertà personale<br />

non inferiore a dodici mesi,<br />

escluse dal computo le circostanze<br />

aggravanti.<br />

In caso di sentenza di condanna, la<br />

pena o la misura di sicurezza do-


vranno avere una durata non inferiore<br />

a quattro mesi. Sono previste,<br />

però, ipotesi di consegna obbligatoria<br />

per 32 ipotesi di reato che vincolano<br />

tutti gli Stati membri che hanno<br />

aderito alla decisione quadro (art.<br />

8), per fatti di particolare allarme sociale<br />

che toccano interessi fondamentali,<br />

quali l’omicidio, le lesioni<br />

volontarie aggravate, l’associazione<br />

per delinquere, contro la pubblica incolumità,<br />

lo sfruttamento sessuale, la<br />

prostituzione minorile, il traffico di<br />

stupefacenti, di armi, la corruzione,<br />

le frodi ai danni degli Stati o delle<br />

<strong>Comuni</strong>tà Europee, il riciclaggio, le<br />

truffe informatiche, l’inquinamento,<br />

la falsificazione monetaria etc…etc...<br />

Trova applicazione il principio di<br />

specialità che può essere derogato<br />

esclusivamente dal consenso, liberamente<br />

e consapevolmente espresso,<br />

dalla persona di cui è stata richiesta<br />

la consegna nell’audizione<br />

dinanzi al presidente della Corte<br />

d’Appello o anche in epoca successiva<br />

alla consegna dinanzi all’autorità<br />

giudiziaria dello Stato emittente.<br />

L’autorità giudiziaria dello Stato emittente<br />

ha la facoltà di richiedere direttamente,<br />

a condizione di reciprocità<br />

(art. 4), l’esecuzione alla Corte<br />

d’Appello competente, anziché<br />

tramite il Ministro della Giustizia, trasmettendo<br />

il mandato di arresto e la<br />

documentazione necessaria (art. 6) o<br />

di inserire il nominativo della persona<br />

di cui si chiede la consegna nel<br />

sistema Sistema Informativo Schengen-SIS<br />

- nelle forme richieste.<br />

L’art. 9 della Decisione Quadro, ai<br />

paragrafi 2 e 3, prevede che l’autorità<br />

giudiziaria emittente può “in<br />

ogni caso” decidere di segnalare la<br />

persona ricercata nel S. I. S., secondo<br />

le disposizioni contenute nell’art.<br />

95 della Convenzione di Schengen,<br />

e che tale segnalazione equivale ad<br />

un mandato di arresto europeo,<br />

sempre che sia corredata da tutte le<br />

altre informazioni prescritte dall’art.<br />

8 della Convenzione.<br />

Tuttavia, è previsto un regime transitorio<br />

fino a quando il Sistema<br />

Schengen non sarà in grado di trasmettere<br />

tutte le informazioni necessarie<br />

(ad es. quelle concernenti la<br />

pena inflitta, nel caso di sentenza di<br />

condanna, oppure quelle concernenti<br />

i limiti di pena minima e massima<br />

previsti dalla legislazione dello<br />

Stato emittente) la segnalazione equivale<br />

al mandato di arresto europeo<br />

da parte dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione.<br />

Invero, l’art. 11 della legge n.<br />

69/2005 non specifica quali siano le<br />

forme richieste, nel senso che non<br />

fornisce alcuna indicazione sulle<br />

informazioni che la segnalazione<br />

debba contenere, né prescrive che le<br />

indicazioni necessarie ai fini della segnalazione<br />

siano corrispondenti a<br />

quelle contenute nel mandato di arresto,<br />

facendo implicitamente riferimento<br />

alle disposizioni contenute<br />

negli artt. 94 e 95 della Convenzione<br />

di Schengen. Pertanto, la Polizia<br />

giudiziaria potrà intervenire solo<br />

a condizione che nella segnalazione<br />

siano riportate tutte le indicazioni<br />

previste dalle citate disposizioni,<br />

mentre non è necessario che<br />

essa riporti tutte le indicazioni previste<br />

dall’art. 6 della legge per il<br />

mandato di arresto europeo. Ciò induce<br />

a ritenere che la segnalazione<br />

SIS abbia natura di domanda provvisoria<br />

o di arresto preliminare, alla<br />

quale deve fare seguito la trasmissione<br />

del mandato di arresto o di una<br />

segnalazione equipollente entro il<br />

termine dieci giorni a pena di inefficacia<br />

della misura disposta a seguito<br />

dell’arresto (art. 13, 3° c., citata<br />

legge).<br />

Sono stati, comunque, predisposti appositi<br />

moduli (A ed M- rinforzato) che<br />

dovranno essere utilizzati per l’inoltro<br />

della richiesta nel sistema S. I. S.<br />

Ricevuta la richiesta a mezzo S. I. S.,<br />

la Polizia giudiziaria ha, comunque,<br />

l’obbligo di procedere all’arresto della<br />

persona da consegnare (art. 11).<br />

L’art. 11, infatti, prevede che la Polizia<br />

giudiziaria procede all’arresto<br />

della persona ricercata, ponendola<br />

immediatamente, e, comunque, non<br />

oltre le ventiquattro ore a disposizione<br />

del Presidente della Corte<br />

d’Appello nel cui distretto il provvedimento<br />

è stato eseguito. Essa deve,<br />

inoltre, darne informazione immediata<br />

al Ministro della Giustizia, che<br />

7<br />

provvederà a comunicare l’avvenuto<br />

arresto allo Stato emittente affinché<br />

trasmetta il mandato di arresto e<br />

la documentazione necessaria (art.<br />

6, commi 3 e 4).<br />

Il verbale di arresto deve contenere,<br />

a pena di nullità, l’indicazione di tutte<br />

le operazioni per le quali è prescritta<br />

la verbalizzazione (art. 12).<br />

Essa, infatti, deve informare la persona,<br />

in una lingua comprensibile (ai<br />

sensi dell’art. 143 c. p. p. è necessaria<br />

la nomina dell’interprete anche<br />

nel caso in cui l’ufficiale o l’agente<br />

di Polizia giudiziaria conosca la lingua<br />

straniera) del mandato emesso e<br />

del suo contenuto, della possibilità<br />

di acconsentire alla propria consegna<br />

all’autorità giudiziaria emittente,<br />

della facoltà di nominare un difensore<br />

di fiducia e del diritto di essere<br />

assistita da un interprete.<br />

Qualora non sia nominato un difensore<br />

di fiducia, deve nominare un difensore<br />

di ufficio. La Polizia giudiziaria,<br />

inoltre, deve dare tempestivo<br />

avviso dell’arresto al difensore.<br />

Nel caso di arresto eseguito per errore<br />

di persona o fuori dei casi previsti<br />

dalla legge, il Presidente della<br />

Corte o il magistrato da lui delegato,<br />

dispone con decreto motivato che il<br />

fermato sia posto immediatamente in<br />

libertà.<br />

IL GIUDIZIO<br />

DI CONVALIDA<br />

Se non ricorrono le condizioni per<br />

ordinare l’immediata liberazione della<br />

persona arrestata, ai sensi dell’art.<br />

13 della citata legge, il Presidente,<br />

entro il termine di 48 ore dalla ricezione<br />

del verbale di arresto, provvede<br />

con ordinanza alla convalida dell’arresto,<br />

dopo aver sentito in una<br />

lingua conosciuta alla persona e, se<br />

necessario, alla presenza di un interprete,<br />

la persona arrestata con la<br />

presenza di un difensore, di fiducia<br />

o in mancanza di ufficio, informato<br />

il procuratore generale (la cui partecipazione<br />

non è, pertanto, prevista),<br />

e procede, con ordinanza motivata,<br />

a pena di nullità, all’applica-


zione della misura coercitiva, se la<br />

ritiene necessaria con particolare riferimento<br />

all’esigenza di prevenire il<br />

pericolo di fuga (art. 9 della legge).<br />

Come innanzi rilevato, se nel termine<br />

di dieci giorni dalla sua emissione<br />

non perviene il mandato d’arresto<br />

europeo o la segnalazione della persona<br />

nel SIS (equivalente al mandato<br />

di arresto se contiene le indicazioni<br />

di cui all’art. 6), effettuata dall’autorità<br />

competente, il provvedimento<br />

del Presidente perde efficacia,<br />

con la conseguenza che la persona<br />

da consegnare, se arrestata, deve essere<br />

immediatamente liberata .<br />

L’arresto da parte della Polizia giudiziaria<br />

così come delineato nella<br />

legge n.69/2005 si discosta dall’arresto<br />

provvisorio a fini estradizionali,<br />

disciplinato dall’art. 716 c.p.p.<br />

e riproduce, pur con alcune varianti,<br />

lo schema dell’arresto in flagranza<br />

di reato previsto dall’art. 386<br />

c.p.p. Esso, però, se ne diversifica,<br />

sia perché è sempre obbligatorio,<br />

non essendo riconosciuta alla Polizia<br />

giudiziaria alcuna facoltà di non procedere,<br />

sia perché diversa è l’autorità<br />

giudiziaria alla quale riferisce la<br />

notizia dell’arresto; non più il Pubblico<br />

Ministero ma il Presidente della<br />

Corte d’Appello. Diversa la struttura<br />

e la tempistica del giudizio di<br />

convalida, poiché non è più il P.m.<br />

che investe il Giudice dopo aver verificato<br />

la legittimità dell’arresto e la<br />

non ricorrenza delle condizioni per<br />

un’immediata liberazione dell’arrestato,<br />

entro le 48 ore dall’arresto, ma<br />

è la Polizia giudiziaria che investe<br />

direttamente il Presidente della Corte<br />

d’Appello, che ha a sua disposizione<br />

l’arrestato entro il più breve termine<br />

di 24 ore rispetto alle 48 con<br />

cui il G.I.P. può ricevere gli atti dal<br />

P. M.<br />

Nella normativa in esame non figura,<br />

peraltro, una disposizione analoga<br />

a quella contenuta nell’art. 389<br />

II c. c.c.p. concernente i casi di immediata<br />

liberazione dell’arrestato ad<br />

opera della Polizia giudiziaria procedente<br />

prima dell’intervento del P.<br />

M. (errore di persona, fuori dei casi<br />

previsti dalla legge o se la misura<br />

dell’arresto o del fermo è divenuta<br />

inefficace), poiché tale potere è demandato<br />

dall’art.13 della legge n.<br />

69/2005 al Presidente della Corte<br />

d’Appello, in via esclusiva, e non è<br />

previsto alcun rinvio all’art. 389<br />

c.p.p. per quanto attiene all’attività<br />

della Polizia giudiziaria. Il problema<br />

assume particolare rilevanza nel caso<br />

in cui si accerti che si è proceduto<br />

all’arresto per errore di persona e<br />

non sia possibile informare immediatamente<br />

il Presidente della Corte.<br />

Un’interpretazione estensiva dell’art.<br />

389, II c. c.p.p. in ossequio al principio<br />

del “favor libertatis” potrebbe<br />

giustificare, a mio avviso, almeno in<br />

questa ipotesi, l’attribuzione dello<br />

stesso potere anche alla Polizia giudiziaria<br />

procedente.<br />

Un ulteriore aspetto di diversificazione<br />

è rappresentato dall’obbligo di<br />

riportare nel verbale di arresto, a pena<br />

di nullità, gli adempimenti prescritti<br />

dai commi 1 e 2 dell’art. 12,<br />

citati in precedenza, che non sono<br />

richiesti dall’art. 386 c.p.p.<br />

Per quanto concerne, invece, la differenza<br />

rispetto all’arresto a fini<br />

estradizionali, deve essere rilevato<br />

che mentre, ai sensi dell’art. 716<br />

c.p.p. la Polizia giudiziaria nei casi<br />

di urgenza può (non deve) procedere<br />

all’arresto della persona nei cui<br />

confronti sia stato emesso mandato<br />

di arresto provvisorio se vi è pericolo<br />

di fuga, ad essa, invece, nel caso<br />

di mandato di arresto europeo non è<br />

riconosciuta la facoltà di procedere<br />

all’arresto, poiché è obbligata a farlo,<br />

anche nell’ipotesi in cui non ravvisasse<br />

una situazione di urgenza né<br />

il pericolo di fuga.<br />

Altra differenza è costituita dal termine<br />

di 24 ore entro il quale la<br />

Polizia giudiziaria deve mettere a disposizione<br />

dell’autorità giudiziaria la<br />

persona arrestata, che, invece, è di<br />

48 ore se procede ad arresto provvisorio<br />

a fini estradizionali.<br />

I PROFILI<br />

DI INCOSTITUZIONALITÀ<br />

Si discute sulla natura giuridica dell’arresto<br />

ad iniziativa della Polizia<br />

8<br />

giudiziaria ed in particolare sulle ragioni<br />

che giustificano l’obbligo dell’arresto.<br />

Le ipotesi prospettate sono due:<br />

a) attività di esecuzione della decisione<br />

di arresto contenuta nel mandato<br />

europeo trasmesso tramite SIS<br />

Si tratta di una soluzione che solleva<br />

dubbi di costituzionalità con riferimento<br />

alle disposizioni contenute<br />

negli artt. 13, c. 2 (non è ammessa<br />

alcuna forma di detenzione, di ispezione<br />

o perquisizione personale, né<br />

qualsiasi restrizione della libertà personale,<br />

se non per atto motivato dell’autorità<br />

giudiziaria e nei soli casi e<br />

modi previsti dalla legge) e 109 della<br />

Costituzione (l’autorità giudiziaria<br />

dispone direttamente della Polizia<br />

giudiziaria), nel senso che ipotizza<br />

un rapporto diretto fra l’autorità giudiziaria<br />

dello Stato emittente e la<br />

Polizia giudiziaria in assenza di un<br />

previo controllo dell’autorità giurisdizionale<br />

italiana sulla ricorrenza<br />

dei presupposti di legge.<br />

Essa, inoltre, comporterebbe un’ulteriore<br />

disparità di trattamento ai<br />

danni della persona arrestata, rilevante<br />

ai sensi dell’art. 3 della Costituzione,<br />

poiché nella procedura<br />

ordinaria, prevista dall’art. 9, il potere<br />

di privazione della libertà personale<br />

è attribuito alla competenza<br />

della Corte di Appello in forma collegiale,<br />

mentre nel caso di specie sarebbe<br />

rimesso alla Polizia giudiziaria.<br />

Tale tesi, comunque, è sconfessata<br />

dalla previsione normativa del<br />

giudizio di convalida di cui all’art.<br />

13, che nel nostro Ordinamento non<br />

è previsto per l’attività di esecuzione<br />

penale e che è riservato, invece,<br />

alle iniziative pre-cautelari, quale necessaria<br />

ratifica giurisdizionale dell’iniziativa<br />

della Polizia giudiziaria<br />

in ossequio al disposto dell’art. 13,<br />

c. 3 della Costituzione;<br />

b) iniziativa pre-cautelare. È l’ipotesi<br />

che riscuote più consensi, benché<br />

sia stato evidenziato che, ai sensi<br />

dell’art. 13, 3° c. Cost. solo in casi<br />

di necessità e di urgenza, indicati<br />

tassativamente dalla legge, è consentito<br />

all’autorità di pubblica sicurezza<br />

di adottare provvedimenti


provvisori che incidono sulla libertà<br />

personale.<br />

Casi che non sono ravvisabili in<br />

astratto sulla base della semplice segnalazione<br />

nel SIS, in particolare sotto<br />

il profilo dell’urgenza, poiché dalla<br />

citata segnalazione non si può<br />

presumere la sussistenza del pericolo<br />

di fuga.<br />

c) L’arresto ad iniziativa della Polizia<br />

giudiziaria può comportare una discriminazione<br />

ai danni della persona<br />

da consegnare rispetto alla procedura<br />

ordinaria, attuata attraverso<br />

la trasmissione della richiesta direttamente<br />

o tramite il Ministro della<br />

Giustizia, ai sensi dell’art. 9 della<br />

legge n. 65, poiché il Presidente della<br />

Corte, sentito il procuratore generale,<br />

procede, con ordinanza motivata<br />

a pena di nullità, all’applicazione<br />

della misura coercitiva, solo<br />

se la ritiene necessaria, tenendo<br />

conto in particolare dell’esigenza di<br />

garantire che la persona non si sottragga<br />

alla richiesta consegna.<br />

In conclusione, lo “status libertatis”<br />

della persona colpita da mandato di<br />

arresto europeo, in questa fase del<br />

procedimento, dipende, innanzitutto,<br />

dalla scelta dello Stato emittente<br />

di richiedere l’inserimento dei dati<br />

della persona nel sistema SIS piuttosto<br />

che trasmettere gli atti all’autorità<br />

giudiziaria competente.<br />

Sotto tale profilo è stata prospettata<br />

una violazione del principio di uguaglianza<br />

previsto dall’art. 3 della<br />

Costituzione.<br />

d) L’orientamento giurisprudenziale<br />

della Corte di Cassazione sulla<br />

natura giuridica dell’atto di arresto<br />

della Polizia giudiziaria, la S. C. ha<br />

ritenuto che: “…l’arresto ad opera<br />

della Polizia giudiziaria della persona<br />

ricercata attraverso il SIS, previsto<br />

dall’art. 11 L.n. 69 del 2005, si<br />

configura come atto “dovuto”, subordinato<br />

alla sola verifica che la relativa<br />

segnalazione sia stata effettuata<br />

da “un’autorità competente” di<br />

uno Stato membro dell’Unione europea<br />

e che la stessa sia avvenuta<br />

“nelle forme richieste”, dovendosi<br />

pertanto escludere che competa al-<br />

l’autorità italiana una valutazione<br />

circa l’urgenza dell’arresto.<br />

Conseguentemente la relativa convalida<br />

ad opera del presidente della<br />

Corte di Appello deve basarsi su presupposti<br />

formali, ovvero che l’arresto<br />

sia avvenuto in presenza dei citati<br />

requisiti e che non vi sia stato errore<br />

di persona (v. sez. VI, n. 20550<br />

del 5/6/2006 - Volanti).<br />

La Corte, inoltre, con la citata sentenza<br />

ha dichiarato manifestamente<br />

infondata la questione di costituzionalità<br />

dell’art. 13 della citata legge<br />

nella parte in cui legittima l’adozione<br />

di un provvedimento restrittivo<br />

della libertà personale ad opera della<br />

Polizia giudiziaria, al di fuori dei<br />

casi di necessità e di urgenza stabiliti<br />

dalla legge, osservando che la valutazione<br />

circa l’urgenza dell’arresto<br />

è rimessa all’autorità emittente, che<br />

ha facoltà di segnalare la persona ricercata<br />

nel SIS.<br />

Sul computo del termine di perdita di<br />

efficacia dell’arresto di iniziativa eseguito<br />

dalla Polizia giudiziaria, la Corte<br />

di Cassazione, con sentenza n.45254-<br />

Sez VI, del 22/11/2005- dep. il<br />

13/12/2005, ha affermato che:<br />

“con riferimento alla procedura passiva<br />

di consegna e nell’ipotesi di arresto<br />

pre-cautelare ad iniziativa della<br />

Polizia giudiziaria - eseguito in<br />

conseguenza di segnalazione della<br />

persona nel Sistema Informativo di<br />

Schengen (SIS) costituente una vera<br />

e propria richiesta di “arresto preventivo<br />

ai fini della consegna”- il<br />

termine oltre il quale, in mancanza<br />

di una decisione, la persona deve essere<br />

posta in libertà non decorre<br />

dalla data dell’arresto da parte della<br />

Polizia giudiziaria ma dalla data<br />

di notifica della misura coercitiva<br />

emessa dal presidente della Corte di<br />

Appello.”<br />

Il riferimento è all’ipotesi contenuta<br />

nell’art.13, c. 3° della legge n.69/2005<br />

(perdita di efficacia del provvedimento<br />

cautelare emesso dal Presidente<br />

della Corte a seguito della<br />

convalida dell’arresto eseguito di iniziativa<br />

dalla Polizia giudiziaria).<br />

La Corte (Sez. VI, Ordinanza<br />

n.24640 del 28/4/2006 Cc. - Ariosa)<br />

9<br />

ha anche chiarito che: “l’unico rimedio<br />

per dedurre la violazione dell’art.<br />

13 della legge n. 69 del 2005 -<br />

che prescrive che il presidente della<br />

corte di appello, nel procedere alla<br />

convalida dell’arresto e dell’eventuale<br />

misura cautelare, debba<br />

provvedere entro quarantotto ore<br />

dalla ricezione del verbale di arresto<br />

all’audizione della persona arrestata<br />

- è il ricorso per cassazione ex<br />

art 719 c.p.p. e non già la richiesta<br />

di revoca della misura cautelare applicata.<br />

(Nell’affermare tale principio la Corte<br />

ha precisato che la revoca è proponibile<br />

sempre che siano venute<br />

meno o siano modificate le esigenze<br />

cautelari che hanno determinato l’applicazione<br />

della misura, fermo restando<br />

che deve trattarsi di sopravvenuta<br />

insussistenza delle esigenze<br />

cautelari, fondandosi l’ordinanza impositiva<br />

su un giudizio prognostico<br />

favorevole alla consegna). In merito<br />

al contenuto dell’ordinanza di convalida,<br />

la Sez. VI della S. C., con sentenza<br />

n. 42803 del 10/11/2005 Cc.<br />

ha affermato il principio che:<br />

“In tema di mandato di arresto europeo,<br />

l’ordinanza con la quale l’autorità<br />

giudiziaria italiana convalida<br />

l’arresto eseguito dalla Polizia giudiziaria<br />

deve essere motivata sia in<br />

ordine all’esigenza di garantire che<br />

la persona della quale è richiesta la<br />

consegna non si sottragga alla stessa,<br />

sia in relazione a quanto previsto<br />

dalle disposizioni del codice di<br />

procedura penale in materia di misure<br />

cautelari personali con alcune<br />

tassative eccezioni. Poiché tra tali<br />

eccezioni non è inclusa la disposizione<br />

di cui all’art.274, lettera b)<br />

c.p.p., sussiste l’obbligo di motivare<br />

la convalida in riferimento al pericolo<br />

di fuga.<br />

In relazione alla congruità della motivazione<br />

del mandato di arresto, la<br />

S. C., con la sentenza n.34355 del<br />

23/9/2005 della Sez. VI, ha affermato<br />

che:<br />

“Il presupposto della motivazione<br />

del cosiddetto “mandato di arresto<br />

europeo”, cui è subordinato l’acco-


glimento della domanda di consegna<br />

(art.1, comma terzo, e art.18, comma<br />

primo, lett.T, legge 22/472005<br />

n.69), non può essere strettamente<br />

parametrato alla nozione ricavabile<br />

dalla tradizione giuridica italiana<br />

(esposizione logico-argomentativa<br />

del significato e delle implicazioni<br />

del materiale probatorio), essendo,<br />

invece, sufficiente che l’autorità giudiziaria<br />

emittente abbia dato “ragione”<br />

del provvedimento adottato;<br />

il che può realizzarsi anche attraverso<br />

la puntuale allegazione dell’evidenze<br />

fattuali a carico della<br />

persona di cui si chiede la consegna.”<br />

Principio ribadito di recente con la sentenza<br />

n.19764 del 5/5/2006(Sez.VI),<br />

con la quale ha ritenuto che: “l’ordinanza<br />

applicativa della misura della<br />

custodia cautelare in carcere<br />

emessa in esecuzione di un mandato<br />

di arresto europeo non deve contenere<br />

la descrizione sommaria del<br />

fatto e l’indicazione delle norme violate,<br />

che si rinvengono nel mandato<br />

di arresto, e non deve farsi carico<br />

delle valutazioni in tema di adeguatezza<br />

e proporzionalità della misura<br />

e di concedibilità della sospensione<br />

condizionale della pena, potendo<br />

la Corte di appello valutare, in<br />

sede di sommaria delibazione al limitato<br />

fine cautelare, l’esistenza di<br />

elementi sufficientemente certi che<br />

offrano ragioni idonee a ritenere che<br />

ricorrano, in concreto e allo stato,<br />

elementi ostativi alla consegna secondo<br />

il disposto dell’art. 9, comma<br />

sesto, legge n. 69 del 2005.<br />

Con la sentenza della Sez. VI, 26-30<br />

gennaio 2006, n.3640, la S. C. ha ritenuto<br />

che: “il titolo limitativo della<br />

libertà personale non è il mandato<br />

d’arresto europeo emanato dal<br />

giudice straniero.<br />

Pertanto nel termine previsto dalla<br />

legge (quarantotto ore dalla ricezione<br />

del verbale di arresto a opera<br />

della Polizia giudiziaria) deve procedersi<br />

alla convalida dell’arresto<br />

stesso.<br />

Lo stato privativo della libertà personale<br />

può essere mantenuto soltanto<br />

attraverso l’emissione di mi-<br />

sura coercitiva (quand’anche si volesse<br />

ritenere che l’atto di convalida<br />

contenga anche quest’ultima misura,<br />

deve però essere enunciata la<br />

motivazione quanto alle esigenze<br />

cautelari, specificamente il pericolo<br />

di fuga).”<br />

Sulla necessità dell’allegazione della<br />

relazione sui fatti addebitati alla<br />

persona, si registra un’evoluzione<br />

della giurisprudenza della S.C. in<br />

senso più restrittivo. Infatti, la stessa<br />

sezione VI, dopo aver affermato con<br />

sentenza n.46357 del 12/12/2005<br />

Cc., che:<br />

“il mancato arrivo della relazione<br />

sui fatti addebitati alla persona non<br />

determina la perdita di efficacia del<br />

provvedimento emesso dal Presidente<br />

della Corte di appello all’esito<br />

del procedimento di convalida<br />

dell’arresto, in quanto è sufficiente<br />

che pervenga, entro il termine di cui<br />

all’art.13, 3° c. della L. 22/4/2005,<br />

n. 69, la segnalazione della persona<br />

nel Sistema Informativo Schengen<br />

(SIS) contenente le sole indicazioni<br />

previste dal primo comma dell’art.<br />

6 legge citata.”<br />

Nella recente sentenza del<br />

29/9/2006, n. 32516, ha affermato il<br />

principio che: “l’omessa allegazione<br />

al mandato di arresto della relazione<br />

sui fatti addebitati alla persona di cui<br />

è richiesta la consegna, con l’indicazione<br />

delle fonti di prova, del tempo<br />

e del luogo di commissione dei fatti<br />

stessi e della loro qualificazione giuridica,<br />

di cui all’art. 6, quarto comma,<br />

lett. a) legge n. 69 del 2005, costituisce<br />

causa ostativa alla decisione<br />

di consegna, rendendo impossibili<br />

le valutazioni del giudice italiano<br />

sulla legittimità della consegna<br />

previste dalla normativa nazionale.<br />

(Nel caso di specie, la Corte ha rilevato<br />

che le “fonti di prova” non risultavano<br />

tra l’altro desumibili da alcun<br />

atto equipollente).<br />

L’EUROPOL, ufficio europeo di Polizia,<br />

è stato istituito con atto del<br />

Consiglio d’Europa del 26/7/1995,<br />

in attuazione delle disposizioni contenute<br />

nell’art. k 3 del Trattato<br />

dell’Unione Europea.<br />

Obbiettivo dell’Europol, secondo la<br />

10<br />

citata Convenzione, è migliorare l’efficienza<br />

dei servizi competenti degli<br />

Stati membri e la loro cooperazione<br />

in settori sempre più numerosi:<br />

- la prevenzione e la lotta contro il<br />

terrorismo;<br />

- il traffico illecito di stupefacenti;<br />

- la tratta di esseri umani;<br />

- le reti d’immigrazione clandestina;<br />

- il traffico illecito di autoveicoli;<br />

- la lotta contro la falsificazione<br />

dell’Euro;<br />

- il riciclaggio dei proventi di attività<br />

criminali internazionali.<br />

FUNZIONI PRIORITARIE<br />

- agevolare lo scambio di informazioni<br />

fra gli Stati membri;<br />

- raccogliere le informazioni e le segnalazioni;<br />

- comunicare ai servizi competenti<br />

degli Stati membri le informazioni<br />

che li riguardano e informarli immediatamente<br />

dei collegamenti constatati<br />

fra fatti delittuosi;<br />

- facilitare le indagini negli Stati<br />

membri;<br />

- gestire raccolte informatizzate di<br />

informazioni.<br />

UNITÀ NAZIONALI<br />

E UFFICIALI<br />

DI COLLEGAMENTO<br />

Sono costituiti presso ogni Stato<br />

membro con il compito di fornire e<br />

ricevere dati dall’Organo Centrale<br />

con sede all’Aia. In Italia è costituito<br />

presso il Ministero dell’Interno e<br />

opera, per quanto attiene al mandato<br />

di arresto europeo, nell’ambito<br />

della divisione SIRENE.<br />

Non risulta, allo stato, che esso svolga<br />

compiti operativi.


ART. 158 - DIVIETO DI FERMATA<br />

E DI SOSTA DEI VEICOLI<br />

1. La fermata e la sosta sono vietate:<br />

a) in corrispondenza o in prossimità dei<br />

passaggi a livello e sui binari di linee<br />

ferroviarie o tramviarie o così vicino ad<br />

essi da intralciarne la marcia;<br />

b) nelle gallerie, nei sottovia, sotto i sovrapassaggi,<br />

sotto i fornici e i portici,<br />

salvo diversa segnalazione;<br />

c) sui dossi e nelle curve e, fuori dei<br />

centri abitati e sulle strade urbane di<br />

scorrimento, anche in loro prossimità;<br />

d) in prossimità e in corrispondenza di<br />

segnali stradali verticali e semaforici in<br />

modo da occultarne la vista, nonché in<br />

corrispondenza dei segnali orizzontali<br />

di preselezione e lungo le corsie di canalizzazione;<br />

e) fuori dei centri abitati, sulla corrispondenza<br />

e in prossimità delle aree di intersezione;<br />

f) nei centri abitati, sulla corrispondenza<br />

delle aree di intersezione e in prossimità<br />

delle stesse a meno di 5 m dal<br />

prolungamento del bordo più vicino<br />

della carreggiata trasversale, salvo diversa<br />

segnalazione;<br />

g) sui passaggi e attraversamenti pedonali<br />

e sui passaggi per ciclisti, nonché sulle piste<br />

ciclabili e agli sbocchi delle medesime;<br />

h) sui marciapiedi, salvo diversa segnalazione.<br />

ALESSANDRO CASALE<br />

Comandante della Polizia locale<br />

di Busto Arsizio (VA)<br />

CIRCOLAZIONE E SOSTA DEI VEICOLI<br />

AL SERVIZIO DI PERSONE INVALIDE:<br />

PROFILI NORMATIVI E GIURISPRUDENZIALI<br />

2. La sosta di un veicolo è inoltre vietata:<br />

a) allo sbocco dei passi carrabili;<br />

b) dovunque venga impedito di accedere<br />

ad un altro veicolo regolarmente<br />

in sosta, oppure lo spostamento<br />

di veicoli in sosta;<br />

c) in seconda fila, salvo che si tratti<br />

di veicoli a due ruote;<br />

d) negli spazi riservati allo stazionamento<br />

e alla fermata degli autobus,<br />

dei filobus e dei veicoli circolanti su<br />

rotaia e, ove questi non siano delimitati,<br />

a una distanza dal segnale di<br />

fermata inferiore a 15 m, nonché negli<br />

spazi riservati allo stazionamento<br />

dei veicoli in servizio di piazza;<br />

e) sulle aree destinate al mercato e ai<br />

veicoli per il carico e lo scarico di<br />

cose, nelle ore stabilite;<br />

f) sulle banchine, salvo diversa segnalazione;<br />

g) negli spazi riservati alla fermata o<br />

alla sosta dei veicoli per persone invalide<br />

di cui all’art. 188 e in corrispondenza<br />

degli scivoli o dei raccordi<br />

tra i marciapiedi, rampe o corridoi<br />

di transito e la carreggiata utilizzati<br />

dagli stessi veicoli;<br />

h) nelle corsie o carreggiate riservate<br />

ai mezzi pubblici;<br />

i) nelle aree pedonali urbane;<br />

12<br />

l) nelle zone a traffico limitato per i veicoli<br />

non autorizzati;<br />

m) negli spazi asserviti ad impianti o<br />

attrezzature destinate a servizi di emergenza<br />

o di igiene pubblica indicati dalla<br />

apposita segnaletica;<br />

n) davanti ai cassonetti dei rifiuti urbani<br />

o contenitori analoghi;<br />

o) limitatamente alle ore di esercizio,<br />

in corrispondenza dei distributori di<br />

carburante ubicati sulla sede stradale<br />

ed in loro prossimità sino a 5 m prima<br />

e dopo le installazioni destinate all’erogazione.<br />

3. Nei centri abitati è vietata la sosta<br />

dei rimorchi quando siano staccati dal<br />

veicolo trainante, salvo diversa segnalazione.<br />

4. Durante la sosta e la fermata il conducente<br />

deve adottare le opportune<br />

cautele atte a evitare incidenti ed impedire<br />

l’uso del veicolo senza il suo<br />

consenso.<br />

5. Chiunque viola le disposizioni del<br />

comma 1 e delle lettere d), g) e h) del<br />

comma 2 è soggetto alla sanzione amministrativa<br />

del pagamento di una<br />

somma da euro 71 ad euro 286.<br />

6. Chiunque viola le altre disposizioni<br />

del presente articolo è soggetto alla<br />

sanzione amministrativa del pagamento<br />

di una somma da euro 35 ad<br />

euro 143.<br />

7. Le sanzioni di cui al presente arti-


colo si applicano per ciascun giorno di<br />

calendario per il quale si protrae la violazione.<br />

ART. 354 REGOLAMENTO CDS -<br />

ART. 159 COD. STR.<br />

CONCESSIONE DEL SERVIZIO<br />

DI RIMOZIONE E VEICOLI<br />

AD ESSO ADDETI<br />

1. Il servizio di rimozione dei veicoli<br />

ai sensi dell’art. 159 del codice può essere<br />

affidato in concessione biennale<br />

rinnovabile a soggetti in possesso della<br />

licenza di rimessa ai sensi dell’art.<br />

19 del decreto del Presidente della<br />

Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, che<br />

dispongono di almeno uno dei veicoli<br />

con le caratteristiche tecniche definite<br />

all’art. 12 e che siano in possesso<br />

dei seguenti requisiti:<br />

a) cittadinanza italiana o di altro Stato<br />

membro della CEE;<br />

b) età non inferiore ad anni 21;<br />

c) non essere sottoposti a misure amministrative<br />

di sicurezza personale o a<br />

misure di prevenzione;<br />

d) non aver riportato condanne penali<br />

o avere procedimenti penali in corso,<br />

per reati non colposi, che siano sanzionati<br />

con la pena della reclusione<br />

non inferiore a due anni;<br />

e) non aver riportato condanne e non<br />

essere sottoposti a procedimenti penali<br />

per reati commessi nell’esercizio di<br />

attività di autoriparazione;<br />

f) non essere stati interdetti o inabilitati<br />

o avere in corso un procedimento<br />

per interdizione o inabilitazione;<br />

g) essere forniti di polizza assicurativa<br />

contro la responsabilità civile verso<br />

terzi prevista dall’art. 2043 del codice<br />

civile per un massimale che verrà determinato<br />

con il disciplinare di cui al<br />

comma 2.<br />

2. Alla concessione provvede l’ente<br />

proprietario della strada. Alla concessione<br />

vanno allegate le prescrizioni<br />

tecniche del veicolo e copia delle formalità<br />

di omologazione di cui all’art.<br />

12. La concessione deve contenere<br />

l’indicazione del numero dei veicoli<br />

impiegati con i loro estremi di identificazione<br />

e di omologazione, il tempo<br />

di validità della concessione e le tariffe<br />

da applicarsi secondo un disciplinare<br />

unico approvato dal Ministro<br />

dei trasporti e della navigazione di<br />

concerto con il Ministro dei lavori<br />

pubblici.<br />

3. Per la procedura di rimozione dei<br />

veicoli che costituisce, ai sensi dell’art.<br />

59, comma 4, del codice, sanzione<br />

amministrativa accessoria, si applicano<br />

le disposizioni dell’art. 215 del codice<br />

e dell’art. 397.<br />

4. È vietata la rimozione dei veicoli<br />

destinati a servizi di Polizia, anche se<br />

privati, di ambulanze, dei Vigili del<br />

fuoco, di soccorso, nonchè di quelli<br />

dei medici che si trovano in attività di<br />

servizio in situazione di emergenza e<br />

degli invalidi, purchè muniti di apposito<br />

contrassegno.<br />

ART. 188 - CIRCOLAZIONE E SOSTA<br />

DEI VEICOLI AL SERVIZIO<br />

DI PERSONE INVALIDE<br />

1. Per la circolazione e la sosta dei<br />

veicoli al servizio delle persone invalide<br />

gli enti proprietari della strada sono<br />

tenuti ad allestire e mantenere apposite<br />

strutture, nonché la segnaletica<br />

necessaria, per consentire ed agevolare<br />

la mobilità di esse, secondo quanto<br />

stabilito nel regolamento.<br />

2. I soggetti legittimati ad usufruire delle<br />

strutture di cui al comma 1 sono autorizzati<br />

dal sindaco del comune di residenza<br />

nei casi e con limiti determinati<br />

dal regolamento e con le formalità<br />

nel medesimo indicate.<br />

3. I veicoli al servizio di persone invalide<br />

autorizzate a norma del comma 2<br />

non sono tenuti all’obbligo del rispetto<br />

dei limiti di tempo se lasciati in sosta<br />

nelle aree di parcheggio a tempo determinato.<br />

4. Chiunque usufruisce delle strutture di<br />

cui al comma 1, senza avere l’autorizzazione<br />

prescritta dal comma 2 o ne faccia<br />

uso improprio, è soggetto alla sanzione<br />

amministrativa del pagamento di<br />

una somma da euro 71 (1) ad euro 286 (1).<br />

13<br />

5. Chiunque usa delle strutture di cui<br />

al comma 1, pur avendone diritto, ma<br />

non osservando le condizioni ed i limiti<br />

indicati nell’autorizzazione prescritta<br />

dal comma 2, è soggetto alla<br />

sanzione amministrativa del pagamento<br />

di una somma da euro 35ss (1)<br />

ad euro 143 (1).<br />

ART. 381 - ART. 188 CDS -<br />

STRUTTURE E SEGNALETICA<br />

PER LA MOBILITÁ<br />

DELLE PERSONE INVALIDE<br />

1. Ai fini di cui all’art. 188, comma 1,<br />

del codice, gli enti proprietari della<br />

strada devono allestire e mantenere<br />

funzionali ed efficienti tutte le strutture<br />

per consentire ed agevolare la mobilità<br />

delle persone invalide.<br />

2. Per la circolazione e la sosta dei veicoli<br />

a servizio delle persone invalide<br />

con capacità di deambulazione sensibilmente<br />

ridotta, il sindaco rilascia apposita<br />

autorizzazione in deroga, previo<br />

specifico accertamento sanitario.<br />

L’autorizzazione è resa nota mediante<br />

l’apposito "contrassegno invalidi" di cui<br />

alla figura V.4. Il contrassegno è strettamente<br />

personale, non è vincolato ad<br />

uno specifico veicolo ed ha valore su<br />

tutto il territorio nazionale.<br />

L’indicazione delle strutture di cui al<br />

comma 1 deve essere resa nota mediante<br />

il segnale di "simbolo di accessibilità"<br />

di cui alla figura V.5. (2)<br />

3. Per il rilascio della autorizzazione<br />

di cui al comma 2, l’interessato deve<br />

presentare domanda al sindaco del comune<br />

di residenza, nella quale, oltre a<br />

dichiarare sotto la propria responsabilità<br />

i dati personali e gli elementi oggettivi<br />

che giustificano la richiesta, deve<br />

presentare la certificazione medica<br />

rilasciata dall’ufficio medico-legale<br />

dell’Unità Sanitaria Locale di apparte-<br />

(1) Importo elevato dall’art. unico, D.M. 4 gennaio<br />

1995, dall’art. unico, D.M. 20 dicembre 1996 a decorrere<br />

dal 1° gennaio 1997, dall’art. unico D.M. 22<br />

dicembre 1998, a decorrere dal 1° gennaio 1999, dall’art.<br />

unico, D.M. 29 dicembre 2000, a decorrere dal<br />

1° gennaio 2001, dall’art. 1, D.M. 24 dicembre 2002,<br />

a decorrere dal 1° gennaio 2003 e, successivamente,<br />

aggiornato dall’art. 1, D.M. 22 dicembre 2004 e arrotondato<br />

all’unità di euro dall’art. 195, comma 3-bis<br />

del presente codice, a decorrere dal 1° gennaio 2005.


nenza, dalla quale risulta che nella visita<br />

medica è stato espressamente accertato<br />

che la persona per la quale viene<br />

chiesta l’autorizzazione ha effettiva<br />

capacità di deambulazione sensibilmente<br />

ridotta. L’autorizzazione ha<br />

validità 5 anni. Il rinnovo avviene con<br />

la presentazione del certificato del medico<br />

curante che conferma il persistere<br />

delle condizioni sanitarie che hanno<br />

dato luogo al rilascio. Conservano<br />

la loro validità le autorizzazioni e i<br />

corrispondenti “contrassegni invalidi”<br />

già rilasciati. All’atto del rinnovo, il<br />

contrassegno dovrà essere adeguato alle<br />

presenti norme (3).<br />

4. Per le persone invalide a tempo determinato<br />

in conseguenza di infortunio<br />

o per altre cause patologiche, l’autorizzazione<br />

può essere rilasciata a tempo<br />

determinato con le stesse modalità<br />

di cui al comma 3. In tal caso, la relativa<br />

certificazione medica deve specificare<br />

il presumibile periodo di durata<br />

della invalidità (4).<br />

5. Nei casi in cui ricorrono particolari<br />

condizioni di invalidità della persona<br />

interessata, il sindaco può, con propria<br />

ordinanza, assegnare a titolo gratuito<br />

un adeguato spazio di sosta individuato<br />

da apposita segnaletica indicante gli<br />

estremi del “contrassegno invalidi” del<br />

soggetto autorizzato ad usufruirne (fig.<br />

II.79/a).<br />

Tale agevolazione può essere concessa<br />

nelle zone ad alta densità di traffico,<br />

dietro specifica richiesta da parte<br />

del detentore del “contrassegno invalidi”.<br />

Questi deve, di norma, essere<br />

abilitato alla guida e deve disporre di<br />

un autoveicolo (5).<br />

6. Gli schemi delle strutture e le modalità<br />

di segnalamento delle stesse,<br />

nonché le modalità di apposizione del-<br />

(2)Comma modificato dall’art. 217, comma 1, lett. a),<br />

D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610.<br />

(3) Comma modificato dall’art. 217, comma 1, lett. b),<br />

D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610.<br />

(4) Comma modificato dall’art. 217, comma 1, lett. c),<br />

D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610.<br />

(5) Comma modificato dall’art. 217, comma 1, lett. d),<br />

D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610.<br />

la segnaletica necessaria e quant’altro<br />

utile alla realizzazione delle opere indicate<br />

nel comma 1, sono determinati<br />

con apposito disciplinare tecnico, approvato<br />

dal Ministro dei lavori pubblici<br />

sentito il Ministro della sanità.<br />

D. P. R. 24 luglio 1996, n. 503<br />

Regolamento recante norme per l’eliminazione<br />

delle barriere architettoniche<br />

negli edifici, spazi e servizi pubblici.<br />

ART.11 CIRCOLAZIONE E SOSTA DEI<br />

VEICOLI AL SERVIZIO DI PERSONE<br />

DISABILI<br />

1. Alle persone detentrici del contrassegno<br />

di cui all’art.12 viene consentita,<br />

dalle autorità competenti la circolazione<br />

e la sosta del veicolo al loro<br />

specifico servizio, purché ciò non costituisca<br />

grave intralcio al traffico, nel<br />

caso di sospensione o limitazione della<br />

circolazione per motivi di sicurezza<br />

pubblica, di pubblico interesse o per<br />

esigenze di carattere militare, ovvero<br />

quando siano stati stabiliti obblighi o<br />

divieti di carattere permanente o temporaneo,<br />

oppure quando sia stata vietata<br />

o limitata la sosta.<br />

2. Le facilitazioni possono essere subordinate<br />

alla osservanza di eventuali<br />

motivate condizioni e cautele.<br />

3. La circolazione e la sosta sono consentite<br />

nelle “zone a traffico limitato”<br />

e “nelle aree pedonali urbane”, così<br />

come definite dall’art. 3 del decreto legislativo<br />

30 aprile 1992, n. 285, qualora<br />

è autorizzato l’accesso anche ad<br />

una sola categoria di veicoli per l’espletamento<br />

di servizi di trasporto di<br />

pubblica utilità.<br />

4. Per i percorsi preferenziali o le corsie<br />

preferenziali riservati oltre che ai<br />

mezzi di trasporto pubblico collettivo<br />

anche ai taxi, la circolazione deve intendersi<br />

consentita anche ai veicoli al<br />

servizio di persone invalide detentrici<br />

dello speciale contrassegno di cui all’art.<br />

12.<br />

5. Nell’ambito dei parcheggi o delle attrezzature<br />

per la sosta, muniti di dispositivi<br />

di controllo della durata del-<br />

14<br />

la sosta ovvero con custodia dei veicoli,<br />

devono essere riservati gratuitamente<br />

ai detentori del contrassegno almeno<br />

1 posto ogni 50 o frazione di 50<br />

posti disponibili.<br />

6. I suddetti posti sono contrassegnati<br />

con il segnale di cui alla figura 79/a<br />

art. 120 del decreto del Presidente della<br />

Repubblica 16 dicembre 1992, n.<br />

495.<br />

ART.12 CONTRASSEGNO SPECIALE<br />

1. Alle persone con capacità di deambulazione<br />

sensibilmente ridotta è rilasciato<br />

dai comuni, a seguito di apposita<br />

documentata istanza, lo speciale<br />

contrassegno di cui al decreto del Presidente<br />

della Repubblica 16 dicembre<br />

1992, n. 495, che deve essere apposto<br />

sulla parte anteriore del veicolo.<br />

2. Il contrassegno è valido per tutto il<br />

territorio nazionale.<br />

3. La normativa di cui al presente articolo<br />

si intende estesa anche alla categoria<br />

dei non vedenti.<br />

GIURISPRUDENZA<br />

1) SOSTA IN DOPPIA FILA: ANCHE<br />

L’INVALIDO PAGA LA MULTA<br />

Cass. civ., sez. I, 30-08-2005, n. 17479 -<br />

Pres. De Musis R - Rel. San Giorgio<br />

MR - P.m. Cafiero D (Diff.) - Com.<br />

Terni c. Vaira<br />

Svolgimento del processo<br />

Con ricorso depositato in data 3 gennaio<br />

2001, M. V. proponeva opposizione<br />

innanzi al giudice di pace di<br />

Terni avverso il verbale elevato da vigili<br />

della locale Polizia municipale per<br />

violazione dell’art. 158 c.d.s., per aver<br />

sostato in seconda fila intralciando la<br />

circolazione, con irrogazione della<br />

sanzione pecuniaria di lire 60.600. La<br />

opponente esponeva che, essendo in<br />

possesso di permesso di parcheggio riservato<br />

rilasciato al proprio figlio invalido<br />

civile, e dovendo accompagnare<br />

quest’ultimo nella propria abitazione,<br />

aveva trovato occupato da altra<br />

autovettura il posto in questione,<br />

ed era stata pertanto costretta a sostare<br />

davanti a quella autovettura, sen-


za, peraltro, creare alcun intralcio alla<br />

circolazione.<br />

Il giudice di pace, riscontrando nella<br />

fattispecie la esimente dello stato di necessità,<br />

di cui all’art. 4 della legge n.<br />

689 del 1981, con sentenza depositata<br />

il 19 luglio 2001, accoglieva il ricorso<br />

e annullava il verbale di contestazione.<br />

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso<br />

per cassazione il Comune di<br />

Terni deducendo due motivi. L’intimata<br />

non si è costituita.<br />

Motivi della decisione<br />

Con il primo motivo del ricorso, si deduce<br />

violazione e/o falsa applicazione<br />

dell’art. 4 della legge 24 novembre<br />

1981, n. 689, dell’art. 54 cod. pen.,<br />

degli artt. 2697 e 2907 cod. civ., dell’art.<br />

99 cod. proc. civ., nonché omessa,<br />

insufficiente e/o contraddittoria motivazione<br />

su di un punto decisivo della<br />

controversia. Si lamenta che il giudice<br />

di pace abbia ritenuto la sussistenza,<br />

nella specie, della esimente<br />

dello stato di necessità alla stregua di<br />

prove non offerte e di circostanze inidonee<br />

a configurarla, avendone riconosciuta<br />

la sussistenza sulla base della<br />

sola dichiarazione della opponente<br />

di aver dovuto accompagnare il proprio<br />

figliuolo disabile a casa e di aver<br />

trovato occupato il parcheggio a lui riservato<br />

in quanto invalido.<br />

Con il secondo motivo, si lamenta violazione<br />

e/o falsa applicazione degli<br />

artt. 2697 cod. civ., 196, commi 1 e 4,<br />

del codice della strada, art. 6, primo<br />

comma, della legge n. 689 del 1981,<br />

dell’art. 158, comma 1, lett. 9), e 159,<br />

lett. b), ancora del codice della strada,<br />

nonché omessa pronuncia su punti decisivi<br />

della controversia. L’intimato,<br />

quale intestatario del veicolo, non ha<br />

neppure fornito la prova liberatoria<br />

consentitagli dall’art. 196, comma 1,<br />

del codice della strada, che la circolazione<br />

del mezzo sia avvenuta contro<br />

la sua volontà. Peraltro, la violazione<br />

del divieto di sosta in doppia fila presenterebbe<br />

in sé la caratteristica di intralcio<br />

e pericolo per la circolazione,<br />

con la conseguenza che esso dovrebbe<br />

essere rispettato anche da coloro<br />

che utilizzano gli autoveicoli per il trasporto<br />

degli invalidi.<br />

Il primo motivo è fondato. L’esclusione<br />

della responsabilità per violazioni<br />

amministrative derivante da "stato di<br />

necessita", secondo la previsione dell’art.<br />

4 della legge n. 689 del 1981, postula,<br />

in applicazione degli artt. 54 e<br />

59 cod. pen., che fissano i principi generali<br />

della materia, una effettiva situazione<br />

di pericolo imminente di<br />

danno grave alla persona, non altrimenti<br />

evitabile, ovvero l’erronea persuasione<br />

di trovarsi in tale situazione,<br />

persuasione provocata da circostanze<br />

oggettive (v., tra le altre, Cass., n. 4710<br />

del 1999, n. 287 del 2005).<br />

La decisione impugnata non risulta rispettosa<br />

del citato dato normativo,<br />

avendo il giudicante erroneamente riconosciuto<br />

la configurabilità della esimente<br />

di cui si tratta senza che ne sussistessero<br />

i descritti presupposti. In particolare,<br />

dalla sola dichiarazione della<br />

V. di aver dovuto, nel giorno e nella<br />

fascia oraria cui si riferisce la contestazione,<br />

accompagnare il proprio<br />

figliuolo disabile e di aver rinvenuto<br />

occupato lo spazio riservato al parcheggio<br />

della sua autovettura, munita<br />

di permesso di parcheggio per invalidi,<br />

non era in alcun modo desumibile<br />

la sussistenza di un pericolo avente le<br />

caratteristiche richieste dall’art. 54<br />

cod. pen., trattandosi di una fattispecie<br />

del tutto carente dell’elemento del<br />

pericolo imminente di danno grave alla<br />

persona, non altrimenti evitabile,<br />

per evitare il quale l’agente sia stato<br />

costretto a tenere il comportamento<br />

sanzionato.<br />

Le suesposte argomentazioni danno ragione<br />

della superfluità dell’esame del<br />

secondo motivo del ricorso, che ne resta,<br />

pertanto, assorbito. Il primo motivo<br />

del ricorso deve, pertanto, essere<br />

accolto, assorbito il secondo. La sentenza<br />

impugnata va, conseguentemente,<br />

cassata, e, non essendo necessari<br />

ulteriori accertamenti in fatto, questa<br />

Corte, può, ai sensi dell’art. 384, primo<br />

comma, cod. proc. civ., decidere<br />

la causa nel merito, rigettando la opposizione.<br />

La decisione nel merito<br />

comporta il necessario regolamento<br />

delle spese del giudizio di primo grado,<br />

in relazione alle quali si ritengono<br />

sussistenti giusti motivi per la compensazione.<br />

Quanto alle spese del giudizio<br />

di legittimità, esse vanno poste a<br />

carico dell’intimato, e liquidate come<br />

da dispositivo.<br />

15<br />

P.Q.M.<br />

La Corte accoglie il primo motivo del<br />

ricorso, assorbito il secondo. Cassa la<br />

sentenza impugnata, e, decidendo nel<br />

merito, rigetta la opposizione. Compensa<br />

le spese del giudizio di primo<br />

grado, e condanna l’intimata al pagamento<br />

delle spese del giudizio di legittimità,<br />

che liquida in complessivi euro<br />

400,00, di cui euro 350,00 per onorari,<br />

oltre alle spese generali ed accessorie<br />

di legge.<br />

FOTOCOPIA<br />

CONTRASSEGNO INVALIDI:<br />

È REATO<br />

Suprema corte di cassazione<br />

Sentenza 11-07-2005 / 30-09-2005,<br />

n. 35165<br />

Svolgimento del processo:<br />

Motivi della decisione<br />

D. Loris è stato condannato dal Tribunale<br />

dell’Aquila alla pena di m. 6<br />

di reclusione per il delitto di cui agli<br />

artt. 477-482 c.p., avendo alterato la<br />

fotocopia di un certificato del servizio<br />

veterinario dell’USL n. 1 di Agnone,<br />

inserendovi un capo bovino e modificando<br />

la data. La corte d’appello<br />

confermava. Ricorre il difensore, deducendo<br />

il vizio di motivazione e la<br />

violazione di legge:<br />

il fatto non sussiste, poiché il falso cade<br />

su una semplice fotocopia; Non<br />

v’è prova della commissione del fatto,<br />

onde può al più configurarsi, nella<br />

specie, il reato di cui allo art. 489<br />

c.p.; erroneamente non è stata applicata<br />

l’attenuante di cui all’art. 482<br />

c.p. e sono state negate le generiche,<br />

nonché la sospensione condizionale<br />

della pena.<br />

Le doglianze sono prive di fondamento.<br />

È versata in fatto quella che<br />

nega la commissione dell’addebito, in<br />

spregio alla ricostruzione storica del<br />

fatto, così come operata dai giudici di<br />

merito. Infondate sono tutte le altre.<br />

Fuorviante e fallace è la tesi secondo<br />

cui il reato di falso si configura se abbia<br />

ad oggetto una copia fotostatica.<br />

Tanto può, infatti, affermarsi solo se<br />

la copia predetta sia presentata come<br />

tale, dal momento che essa produce


effetti giuridici solo se autenticata o<br />

non espressamente disconosciuta (sez.<br />

5^ 5.5.98, n. 11185, Detti).<br />

Al contrario, la fotocopia integra il<br />

reato di falsità materiale quando sia<br />

presentata non come tale, ma con<br />

l’apparenza di un documento originale,<br />

atto a trarre in inganno i terzi<br />

di buona fede (sez. 5^, 17.6.96, n.<br />

7717, Jacobacci; 15.4.99, n. 7566,<br />

Domenici). Il giudice si è attestato su<br />

un livello di pena assai prossimo al minimo<br />

edittale, onde appare evidente che<br />

ha tenuto conto della fattispecie delineata<br />

dagli artt. 477 e 482 c.p. (che non<br />

configura un’attenuante, come sembra<br />

ritenere il ricorrente), ascritta al D..I precedenti<br />

penali sono stati ritenuti ostativi<br />

esplicitamente alla sospensione condizionale<br />

della pena, implicitamente alle<br />

richieste generiche, per il cui riconoscimento<br />

non è stato individuato alcun<br />

elemento di meritevolezza. Il ricorso va<br />

rigettato, con la condanna del ricorrente<br />

alle spese del procedimento.<br />

P.Q.M.<br />

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente<br />

al pagamento delle spese del procedimento.<br />

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2005.<br />

Depositato in Cancelleria il 30 settembre<br />

2005<br />

POSTEGGIO PERSONALIZZATO: SO-<br />

LO IN CASO DI<br />

SENSIBILE DEFICIT<br />

DELLA FUNZIONE DEAMBULATORIA<br />

Tar Friuli Venezia Giulia sentenza<br />

n. 98/2006<br />

Il Tribunale amministrativo regionale del<br />

Friuli - Venezia Giulia, nelle persone dei<br />

magistrati:<br />

Vincenzo Borea - Presidente<br />

Oria Settesoldi - Consigliere<br />

Vincenzo Farina - Consigliere relatore<br />

ha pronunciato la seguente<br />

SENTENZA<br />

sul ricorso n. 20/05 proposto da …,<br />

rappresentata e difesa dall’ avv.<br />

Gianfranco Carbone, con domicilio<br />

eletto presso lo studio del medesimo,<br />

in Trieste, via …;<br />

contro<br />

il Comune di Trieste, in persona del<br />

Sindaco pro tempore, rappresentato e<br />

difeso dall’ avv. Maria Serena Giraldi,<br />

con domicilio eletto presso l’Avvocatura<br />

del Comune di Trieste, via Genova<br />

n. 2;<br />

per l’annullamento<br />

del provvedimento emesso dal Direttore<br />

dell’Area Pianificazione Territoriale<br />

del Comune di Trieste del<br />

18.11.2004, prot. gen. n. 48/12/85/2-<br />

04, con il quale è stata respinta la domanda<br />

della ricorrente volta ad ottenere<br />

la concessione del posteggio personalizzato;<br />

Visto il ricorso e gli atti tutti di causa;<br />

Uditi alla pubblica udienza del<br />

25.1.2006 - relatore il Consigliere<br />

Vincendo Farina - i difensori delle<br />

parti presenti; Ritenuto e considerato<br />

in fatto ed in diritto quanto segue:<br />

FATTO E DIRITTO<br />

La ricorrente ha chiesto al Comune di<br />

Trieste, nella sua veste di invalida, l’assegnazione<br />

di un posteggio personalizzato<br />

in via San Anastasio.<br />

L’apposita commissione tecnico-sanitaria<br />

istituita con deliberazione della<br />

Giunta comunale n. 1265 del 5.6.1996<br />

ha espresso al riguardo parere negativo<br />

sulla base della considerazione essenziale<br />

che la interessata: “Da un<br />

punto di vista sanitario mantiene una<br />

sufficiente capacità deambulatoria:<br />

dal punto di vista dei requisiti sociali<br />

dichiara di non lavorare e di non<br />

essere sottoposta a particolari cure<br />

che richiedono l’uso quotidiano del<br />

mezzo”.<br />

Questo - testualmente - il parere.<br />

Il Comune, con il gravato provvedimento,<br />

lo ha fatto proprio.<br />

La ricorrente ha dedotto la illegittimità<br />

dell’impugnato diniego sotto svariati<br />

profili. Si è costituito in giudizio l’intimato<br />

Comune, chiedendo il rigetto<br />

del gravame. Quest’ultimo è stato introitato<br />

dal Collegio ed è passato in<br />

decisione nella pubblica udienza del<br />

25.1.2006. È d’uopo prendere le mosse<br />

dal quadro normativo di riferimento.<br />

L’art. 188 del D.Lgs. 30 aprile<br />

1992, n. 285 (ad oggetto: “Nuovo co-<br />

16<br />

dice della strada”), così rubricato:<br />

“Circolazione e sosta dei veicoli al<br />

servizio di persone invalide”, dispone<br />

che: “1. Per la circolazione e la sosta<br />

dei veicoli al servizio delle persone<br />

invalide gli enti proprietari della<br />

strada sono tenuti ad allestire e mantenere<br />

apposite strutture, nonché la<br />

segnaletica necessaria, per consentire<br />

ed agevolare la mobilità di esse, secondo<br />

quanto stabilito nel regolamento.<br />

2. I soggetti legittimati ad usufruire<br />

delle strutture di cui al comma 1 sono<br />

autorizzati dal sindaco del comune<br />

di residenza nei casi e con limiti<br />

determinati dal regolamento e con le<br />

formalità nel medesimo indicate.<br />

3. I veicoli al servizio di persone invalide<br />

autorizzate a norma del comma<br />

2 non sono tenuti all’obbligo del<br />

rispetto dei limiti di tempo se lasciati<br />

in sosta nelle aree di parcheggio a<br />

tempo determinato.<br />

4. Chiunque usufruisce delle strutture<br />

di cui al comma 1, senza avere<br />

l’autorizzazione prescritta dal comma<br />

2 o ne faccia uso improprio, è soggetto<br />

alla sanzione amministrativa del<br />

pagamento di una somma da euro 71<br />

a euro 286.<br />

5. Chiunque usa delle strutture di cui<br />

al comma 1, pur avendone diritto, ma<br />

non osservando le condizioni ed i limiti<br />

indicati nell’autorizzazione prescritta<br />

dal comma 2 è soggetto alla<br />

sanzione amministrativa del pagamento<br />

di una somma da euro 35 a euro<br />

143”.<br />

L’art. 381 (Strutture e segnaletica per<br />

la mobilità delle persone invalide) del<br />

D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (recante<br />

il Regolamento di esecuzione e<br />

di attuazione del nuovo codice della<br />

strada), a sua volta, stabilisce che:<br />

“1. Ai fini di cui all’articolo 188, comma<br />

1, del codice, gli enti proprietari<br />

della strada devono allestire e mantenere<br />

funzionali ed efficienti tutte le<br />

strutture per consentire ed agevolare<br />

la mobilità delle persone invalide.<br />

2. Per la circolazione e la sosta dei<br />

veicoli a servizio delle persone inva-


lide con capacità di deambulazione<br />

sensibilmente ridotta, il sindaco rilascia<br />

apposita autorizzazione in deroga,<br />

previo specifico accertamento sanitario.<br />

L’autorizzazione è resa nota mediante<br />

l’apposito “contrassegno invalidi”<br />

di cui alla figura V.4.<br />

Il contrassegno è strettamente personale,<br />

non è vincolato ad uno specifico<br />

veicolo ed ha valore su tutto il territorio<br />

nazionale.<br />

L’indicazione delle strutture di cui al<br />

comma 1 deve essere resa nota mediante<br />

il segnale di “simbolo di accessibilità”<br />

di cui alla figura V.5.<br />

3. Per il rilascio della autorizzazione<br />

di cui al comma 2, l’interessato deve<br />

presentare domanda al sindaco del<br />

comune di residenza, nella quale, oltre<br />

a dichiarare sotto la propria responsabilità<br />

i dati personali e gli elementi<br />

oggettivi che giustificano la richiesta,<br />

deve presentare la certificazione<br />

medica rilasciata dall’ufficio<br />

medico-legale dell’Unità Sanitaria locale<br />

di appartenenza, dalla quale risulta<br />

che nella visita medica è stato<br />

espressamente accertato che la persona<br />

per la quale viene chiesta l’autorizzazione<br />

ha effettiva capacità di<br />

deambulazione sensibilmente ridotta.<br />

L’autorizzazione ha validità 5 anni.<br />

Il rinnovo avviene con la presentazione<br />

del certificato del medico curante<br />

che confermi il persistere delle<br />

condizioni sanitarie che hanno dato<br />

luogo al rilascio.<br />

Conservano la loro validità le autorizzazioni<br />

e i corrispondenti "contrassegni<br />

invalidi" già rilasciati.<br />

All’atto del rinnovo, il contrassegno<br />

dovrà essere adeguato alle presenti<br />

norme.<br />

4. Per le persone invalide a tempo<br />

determinato in conseguenza di infortunio<br />

o per altre cause patologiche,<br />

l’autorizzazione può essere rilasciata<br />

a tempo determinato con le stesse<br />

modalità di cui al comma 3. In tal caso,<br />

la relativa certificazione medica<br />

deve specificare il presumibile periodo<br />

di durata della invalidità. Anche<br />

le autorizzazioni temporanee possono<br />

essere rinnovate così come previsto<br />

dal comma 3.<br />

5. Nei casi in cui ricorrono particolari<br />

condizioni di invalidità della persona<br />

interessata, il sindaco può, con<br />

propria ordinanza, assegnare a titolo<br />

gratuito un adeguato spazio di sosta<br />

individuato da apposita segnaletica<br />

indicante gli estremi del "contrassegno<br />

invalidi" del soggetto autorizzato<br />

ad usufruirne (fig. II.79/a).<br />

Tale agevolazione può essere concessa<br />

nelle zone ad alta densità di<br />

traffico, dietro specifica richiesta da<br />

parte del detentore del "contrassegno<br />

invalidi". Questi deve, di norma, essere<br />

abilitato alla guida e deve disporre<br />

di un autoveicolo.<br />

6. Gli schemi delle strutture e le modalità<br />

di segnalamento delle stesse, nonché<br />

le modalità di apposizione della segnaletica<br />

necessaria e quant’altro utile<br />

alla realizzazione delle opere indicate<br />

nel comma 1, sono determinati con<br />

apposito disciplinare tecnico, approvato<br />

dal Ministro dei lavori pubblici<br />

sentito il Ministro della sanità”.<br />

Con la deliberazione della Giunta comunale<br />

n. 1265 del 5.6.1996 - sopra<br />

richiamata - sono stati definiti “i criteri<br />

di valutazione della commissione<br />

tecnica per la concessione dei parcheggi<br />

personalizzati per invalidi”.<br />

Tra i “requisiti sanitari” figura - in particolare<br />

- il “grave impedimento agli<br />

spostamenti autonomi del soggetto per<br />

un sensibile deficit della funzione<br />

deambulatoria”, in relazione a specifiche<br />

infermità o patologie (art. 2).<br />

Tra i “requisiti sociali” - in particolare<br />

- sono richieste specifiche necessità<br />

di lavoro, di cura, di relazioni sociali,<br />

che giustifichino l’uso giornaliero<br />

o comunque plurisettimanale<br />

del mezzo (art. 3).<br />

Ciò posto, il Collegio osserva, innanzitutto,<br />

che nessuna disposizione di<br />

legge o di regolamento radica nell’invalido<br />

il diritto ad ottenere il posteggio<br />

personalizzato: si tratta, in<br />

buona sostanza, di una mera aspettativa<br />

cui è correlata una facoltà della<br />

pubblica amministrazione, rientrante<br />

nei suoi poteri discrezionali.<br />

Nel caso di specie l’Autorità agente<br />

ha fatto buon uso di questi poteri, dato<br />

che, come esattamente indicato nel<br />

gravato diniego, la pretesa dell’inte-<br />

17<br />

ressata non rientrava nel paradigma<br />

né delle disposizioni nazionali né di<br />

quelle regolamentari comunali sopra<br />

riportate. Si è visto che l’apposita<br />

commissione tecnico-sanitaria istituita<br />

con deliberazione della Giunta<br />

comunale n. 1265 del 5.6.1996 ha<br />

espresso parere negativo sulla base<br />

della considerazione essenziale che<br />

la interessata: “Da un punto di vista<br />

sanitario mantiene una sufficiente capacità<br />

deambulatoria: dal punto di vista<br />

dei requisiti sociali dichiara di<br />

non lavorare e di non essere sottoposta<br />

a particolari cure che richiedono<br />

l’uso quotidiano del mezzo”.<br />

Contrariamente a quanto opina la ricorrente,<br />

è evidente che il mantenimento<br />

di una “sufficiente capacità<br />

deambulatoria” non integra gli estremi<br />

né della “capacità di deambulazione<br />

sensibilmente ridotta” prevista<br />

dall’art. 381 del D.P.R. n. 495 del<br />

1992, né del “grave impedimento agli<br />

spostamenti autonomi del soggetto<br />

per un sensibile deficit della funzione<br />

deambulatoria” in relazione a specifiche<br />

infermità o patologie (art. 2<br />

del regolamento comunale).<br />

Quanto ai requisiti sociali, l’Amministrazione<br />

ha accertato l’assenza delle<br />

condizioni volute dall’art. 3 del ripetuto<br />

regolamento. Sotto quest’ultimo<br />

profilo non sembra inutile sottolineare<br />

che la interessata non si è gravata<br />

contro il medesimo regolamento<br />

- in parte qua - eppertanto non può<br />

dolersi di specifiche norme ivi contenute.<br />

In conclusione, alla stregua<br />

delle suesposte considerazioni, il ricorso<br />

va respinto. Sono ravvisabili<br />

giusti motivi per far luogo alla compensazione<br />

delle spese del giudizio.<br />

P.Q.M.<br />

il Tribunale amministrativo regionale<br />

del Friuli - Venezia Giulia, definitivamente<br />

pronunziando sul ricorso in<br />

premessa, respinta ogni contraria<br />

istanza ed eccezione, lo rigetta.<br />

Spese compensate.<br />

Ordina che la presente sentenza sia<br />

eseguita dall’autorità amministrativa.<br />

Così deciso in Trieste, in camera di<br />

consiglio, il 25.1.2006.


GAETANO DE LEO<br />

Ordinario di psicologia sociale e giuridica<br />

Università degli Studi di Bergamo<br />

Docente di psicologia giuridica<br />

Università degli studi di Roma “La Sapienza”<br />

L’INTERROGATORIO E LA TESTIMONIANZA;<br />

LE INTERVISTE INVESTIGATIVE NELL’AMBITO<br />

DELLA PSICOLOGIA FORENSE<br />

Ogni operatore di Polizia conosce le problematiche<br />

relative all’azione di investigare<br />

tramite interrogazione, poiché è ricorrente<br />

nel suo lavoro quotidiano l’esperienza<br />

di dover ascoltare e valutare<br />

una testimonianza. Negli ultimi anni le<br />

richieste di formazione degli operatori di<br />

questo settore stanno diventando sempre<br />

più rilevanti delineando così importanti<br />

momenti di raccordo e confronto tra psicologia<br />

e giustizia. Gli studi relativi alla<br />

valutazione del testimone e della testimonianza<br />

stanno infatti diventando un<br />

campo di ricerca che sempre di più richiede<br />

che gli ambiti disciplinari che se<br />

ne occupano sviluppino tra loro una dialogo<br />

e un confronto aperto in una prospettiva<br />

di lavoro interdisciplinare. In particolare,<br />

con l’affermazione relativamente<br />

recente della psicologia giuridica come<br />

disciplina accademica autonoma, i<br />

settori della psicologia e della giustizia<br />

hanno cominciato ad osservare e valutare<br />

i fenomeni che accadono in sede penale<br />

(indagini preliminari, fase processuale,<br />

indagini peritali) con uno sguardo<br />

reciproco e attento anche alle altrui premesse<br />

teoriche e metodologiche. In questo<br />

modo è possibile per la psicologia di<br />

non operare nel “vuoto” del laboratorio<br />

o di non incorrere in errori dovuti ad errate<br />

premesse teorico-operative (basti<br />

pensare che fino a pochi decenni fa gli<br />

psicologi impegnati nel campo delle perizie<br />

erano unicamente di formazione clinica),<br />

ma osservare e valutare il fenomeno<br />

oggetto di studio all’interno del campo<br />

in cui si realizza, traendone le relative<br />

riflessioni di metodo. Parimenti il contesto<br />

giudiziario tende sempre di più ad<br />

avvalersi della psicologia per rispondere<br />

anche a quesiti strettamente legati alla conoscenza<br />

delle condizioni psicologiche<br />

del teste in termini di affidabilità e credibilità.<br />

A fronte di tale premessa, la psicologia<br />

forense, attraverso il lavoro di ricercatori,<br />

studiosi clinico-forensi, psicologi<br />

giuridici, sta maturando esperienze<br />

di ricerca, operative giudiziarie e peritali<br />

e confronti internazionali e interdisciplinari,<br />

tese a definire linee-guida eticodeontologiche<br />

e metodi scientifici di<br />

ascolto e valutazione della testimonianza.<br />

La necessità è, infatti, quella di poter<br />

determinare strumenti e procedure valide<br />

e attendibili, che possano rispondere<br />

alle richieste della giustizia in merito alla<br />

valutazione psicologica del bambino<br />

nella fase di sospetto abuso e di raccolta<br />

della testimonianza, alla corretta modalità<br />

di ascolto di un testimone, sia esso vittima,<br />

testimone oculare o sospettato. Tutto<br />

ciò richiama necessariamente concetti<br />

psicologici legati alla psicologia generale,<br />

della personalità e della comunicazione.<br />

Proviamo a questo punto a delineare<br />

gli aspetti più recenti che la psicologia<br />

forense ha messo in questi anni in<br />

rilievo. In primo luogo va detto che la testimonianza<br />

è un processo comunicativo<br />

in cui qualcuno dice qualcosa rispondendo<br />

a domande poste da qualcun altro<br />

e questo qualcosa è fortemente influenzato<br />

dal funzionamento della memoria<br />

e da tutte le possibili fonti di distorsione<br />

del ricordo. In altri termini, essendo<br />

la memoria un processo ricostruttivo<br />

e non riproduttivo di un evento, essa<br />

dipende da variabili interne al soggetto<br />

(limiti fisiologici dell’osservatore, stati<br />

emotivi, ecc.) esterne (informazioni apprese<br />

successivamente all’evento che pos-<br />

18<br />

sono influenzare l’immagazzinamento<br />

nella memoria a lungo termine) e relazionali<br />

(legati al rapporto con l’interlocutore<br />

o a modalità errate, veicolanti o<br />

suggestive nel porre le domande). Inoltre<br />

le suddette variabili sono fortemente correlate<br />

all’età del soggetto, diversificandosi<br />

per intensità e importanza se il testimone<br />

è un adulto o un bambino. Questa<br />

premessa teorica è fondamentale affinché,<br />

all’interno di un setting investigativo,<br />

si tenga conto di ogni aspetto psicologico<br />

in grado di influenzare la qualità<br />

del racconto. Il setting investigativo non<br />

è però sempre lo stesso, esso varia in base<br />

al fatto se chi domanda sta cercando<br />

elementi che confermano determinati<br />

ipotesi o se l’obiettivo è raccogliere informazioni<br />

su un evento senza pregiudizi.<br />

Nel primo caso parliamo di interrogatorio,<br />

nel secondo di intervista investigativa.<br />

Chiarendo meglio, l’interrogatorio, diversamente<br />

dall’intervista investigativa,<br />

tende fortemente all’ottenimento di una<br />

confessione e si realizza in un contesto<br />

particolarmente accusatorio e stressante.<br />

Una specifica procedura di interrogatorio<br />

proviene dalla realtà americana e denominata<br />

la “Tecnica dei nove passi” di<br />

Reid. Questa tecnica, non ammissibile in<br />

Italia per la diversa normativa vigente nel<br />

nostro Paese in materia di interrogatorio,<br />

ha ricevuto recentemente importanti critiche<br />

mosse in particolare dal mondo anglosassone,<br />

a causa dell’enorme sbilanciamento<br />

tra obiettivi processuali (ottenimento<br />

di una confessione e arresto del<br />

reo) e deontologia ed etica nel metodo di<br />

ascolto del teste, che appare invece particolarmente<br />

vessatoria. Ciò che preme<br />

sottolineare che anche in questo specifi-


L’idea di questo intervento è nata<br />

qualche mese fa, in occasione della<br />

discussione di un ricorso davanti<br />

al giudice di pace della città nella<br />

quale opero.<br />

In breve l’avvocato della controparte,<br />

dopo aver letto il contenuto<br />

della comparsa di costituzione presentata<br />

dal Comando, regolarmente<br />

delegato dal Sindaco a rappresentarlo,<br />

ha eccepito che la presenza<br />

dei funzionari per la “difesa” dei<br />

verbali che scaturiscono dalle sanzioni<br />

al codice della strada non è<br />

legittima; è invece assolutamente<br />

necessario che la causa sia affidata<br />

all’avvocato del Comune se esiste o<br />

altrimenti ad altro professionista<br />

sempre avvocato. Prima di svelare<br />

la fine del racconto dunque è necessario<br />

per me fare il punto, conoscere<br />

cioè se effettivamente l’avvocato<br />

di controparte avesse ragione.<br />

La norma dalla quale occorre partire<br />

è quella che istituisce l’Ufficio<br />

del giudice di pace è la legge 21<br />

novembre 1991 n. 374, all’articolo<br />

17 di detta norma si legge:<br />

COMPETENZA<br />

DEL GIUDICE DI PACE<br />

L’articolo 7 del codice di procedura<br />

civile é sostituito dal seguente:<br />

Art. 7 - (Competenza del giudice di<br />

pace). - Il giudice di pace é com-<br />

MARCO CANTORI<br />

Comandante della Polizia municipale<br />

di Iglesias (CA)<br />

LA LEGITTIMITÀ DEI FUNZIONARI DELLE AMMINISTRAZIONI<br />

COMUNALI A STARE IN GIUDIZIO DAVANTI AL GIUDICE<br />

DI PACE NEI RICORSI AVVERSO VERBALI AL CDS<br />

petente per le cause relative a beni<br />

mobili di valore non superiore a lire<br />

cinque milioni, quando dalla legge<br />

non sono attribuite alla competenza<br />

di altro giudice.<br />

Il giudice di pace é altresì competente<br />

per le cause di risarcimento<br />

del danno prodotto dalla circolazione<br />

di veicoli e di natanti, purché<br />

il valore della controversia non superi<br />

i trenta milioni.<br />

Il giudice di pace é inoltre competente,<br />

con il limite di valore di cui<br />

al secondo comma, per le cause di<br />

opposizione alle ingiunzioni di cui<br />

alla legge 24 novembre 1981,<br />

n. 689, salvo che con la sanzione<br />

pecuniaria sia stata anche applicata<br />

una sanzione amministrativa accessoria.<br />

Resta ferma la competenza<br />

del pretore in funzione di giudice<br />

del lavoro e per le cause di opposizione<br />

alle ingiunzioni in materia<br />

di previdenza ed assistenza obbligatorie.<br />

Ed ancora all’articolo 20 della legge<br />

è riportato:<br />

PATROCINIO<br />

L’articolo 82 del codice di procedura<br />

civile é sostituito dal seguente:<br />

“Art. 82 - (Patrocinio). - Davanti al<br />

giudice di pace le parti possono<br />

stare in giudizio personalmente<br />

nelle cause il cui valore non ecce-<br />

20<br />

de un milione di lire. Negli altri casi,<br />

le parti non possono stare in<br />

giudizio se non col ministero o con<br />

l’assistenza di un difensore.<br />

Il giudice di pace tuttavia, in considerazione<br />

della natura ed entità<br />

della causa, con decreto emesso<br />

anche su istanza verbale della parte,<br />

può autorizzarla a stare in giudizio<br />

di persona.<br />

Salvi i casi in cui la legge dispone<br />

altrimenti, davanti al pretore, al tribunale<br />

e alla corte d’appello le<br />

parti debbono stare in giudizio col<br />

ministero di un procuratore legalmente<br />

esercente; e davanti alla<br />

Corte di Cassazione col ministero<br />

di un avvocato iscritto nell’apposito<br />

albo”.<br />

Da quanto letto in precedenza,<br />

non vi è dubbio che il giudice di<br />

pace è competente a conoscere sui<br />

giudizi nei ricorsi avverso i verbali<br />

al codice della strada e che davanti<br />

al giudice di pace “le parti”<br />

possono stare in giudizio “personalmente”.<br />

È altresì indubbio che nei ricorsi<br />

avverso i verbali al codice della<br />

strada di cui all’articolo 204/bis del<br />

D. Lgs 285/92 ove al secondo<br />

comma sono contenute le condizioni<br />

alle quali può essere proposto<br />

il ricorso, la “parte convenuta”,<br />

quando sia stato elevato un<br />

verbale dalla Polizia municipale è<br />

l’amministrazione comunale, l’art.<br />

23 comma 2 della legge 689/81<br />

contiene l’indicazione secondo la<br />

quale il ricorso va notificato “al-


l’autorità che ha emesso il provvedimenti<br />

impugnato”.<br />

Con il parere n. 5232/95-109 del<br />

17/02/1996 l’avvocatura dello stato<br />

ha ritenuto che in materia di ricorsi<br />

al codice della strada, l’amministrazione<br />

alla quale occorre fare<br />

riferimento è quella titolare del<br />

rapporto sostanziale, quel rapporto<br />

cioè che lega il soggetto “agente”<br />

che ha elevato il verbale e l’amministrazione<br />

stessa, alla quale va inviato<br />

il ricorso. Aggiunge ancora<br />

l’avvocatura dello stato che qualora<br />

il verbale sia stato emesso da<br />

soggetti non incardinati nel Ministero<br />

dell’Interno, la legittimazione<br />

passiva spetta agli uffici delle<br />

singole amministrazioni.<br />

Stabilito dunque che l’amministrazione<br />

da cui dipende il verbalizzante<br />

deve stare in giudizio davanti<br />

al giudice di pace occorre ora verificare<br />

se chi debba stare davanti<br />

al giudice, se possa essere un “funzionario”<br />

oppure se in ogni caso<br />

debba essere un avvocato.<br />

A quanto sopra si può rispondere<br />

intanto con quanto contenuto nella<br />

circolare n. 42 del 2000 emessa<br />

dalla Direzione Generale per<br />

l’Amministrazione Generale e per<br />

gli Affari del personale del Ministero<br />

dell’Interno, in essa infatti, al<br />

punto “C” si rinviene che l’amministrazione<br />

convenuta può stare in<br />

giudizio attraverso propri dipendenti,<br />

in quanto l’art. 205 del codice<br />

della strada richiama l’art. 23<br />

della legge 689/81 in cui il quarto<br />

comma dispone: “L’opponente e<br />

l’autorità che ha emesso l’ordinanza<br />

possono stare in giudizio personalmente;<br />

l’autorità che ha emesso<br />

l’ordinanza può avvalersi anche<br />

di funzionari appositamente delegati”.<br />

Aggiunge ancora la circolare che<br />

non occorre alcuna delega da parte<br />

dell’avvocatura dello stato.<br />

Al successivo punto “E” di detta<br />

circolare è indicata altresì l’indicazione<br />

per la legittimazione pas-<br />

siva nei giudizi di opposizione a<br />

cartelle esattoriali.<br />

Da un primo esame dei documenti<br />

che ho potuto reperire non sembrerebbero<br />

dunque esserci indicazioni<br />

contrarie al fatto che i funzionari<br />

delle amministrazioni convenute<br />

stiano in giudizio davanti al<br />

giudice di pace, tuttavia, esiste una<br />

sentenza della Corte di Cassazione<br />

la n. 4711 del 12/05/1999 che nega<br />

tale possibilità, sostenendo che<br />

legittimato passivo in tema di ricorsi<br />

al c.d.s. sia sempre il Prefetto,<br />

non fosse altro perché all’art. 203<br />

del codice della strada, viene richiamato<br />

quale Autorità alla quale<br />

presentare il ricorso - anche se si<br />

parla di ricorso amministrativo e<br />

non giurisdizionale come è quello<br />

davanti al giudice di pace -.<br />

Per quanto attiene alle formalità<br />

sulla delega occorre innanzitutto<br />

fare riferimento al Testo Unico enti<br />

locali D. Lgs 267/2000 nel quale<br />

è contenuta la norma , art. 50,<br />

la quale prevede che il Sindaco abbia<br />

la rappresentanza dell’ente.<br />

La rappresentanza legale dell’ente<br />

è altresì attribuita al sindaco dallo<br />

statuto, nello stesso può anche essere<br />

prevista una norma che attribuisce<br />

nelle materie di competenza<br />

la rappresentanza legale dei<br />

funzionari. Su tale attribuzione è<br />

però necessario rimandare oltre, a<br />

questo punto è sufficiente essere sicuri<br />

che la delega deve provenire<br />

dal Sindaco.<br />

In tal senso il Consiglio di Stato<br />

con sentenza n. 3452 del 9 giugno<br />

2006 ha ribadito che è il Sindaco<br />

quale rappresentante del Comune<br />

a conferire la delega.<br />

La stessa sentenza richiama due<br />

pronunce delle Sezioni Unite della<br />

Corte di Cassazione, la 186/01<br />

e la 17750/02, nelle quali ancor<br />

più efficacemente è ribadito il concetto<br />

della rappresentanza da parte<br />

del sindaco, ma ancor di più le<br />

due pronunce delle SS.UU. affer-<br />

21<br />

mano che essendo lo statuto una<br />

fonte di diritto comunale, nello<br />

stesso oltre che la rappresentanza<br />

legale del sindaco, può essere prevista<br />

la rappresentanza legale dei<br />

funzionari per le materie di loro<br />

competenza, semprechè gli stessi<br />

siano comunque delegati dal<br />

Sindaco.<br />

In conclusione si può dunque riassumere<br />

il problema attraverso una<br />

scansione a punti:<br />

a) l’amministrazione comunale può<br />

essere “parte” nei giudizi davanti<br />

al giudice di pace;<br />

b) non è necessaria la presenza<br />

dell’avvocatura dello stato, ne tanto<br />

meno quella del Prefetto;<br />

c) la rappresentanza legale dell’ente<br />

spetta al sindaco, e secondo<br />

gli statuti può spettare anche ai<br />

funzionari per alcune materie;<br />

d) comunque, il Sindaco, se vuole,<br />

deve delegare il funzionario per<br />

ogni singola lite al fine di farsi rappresentare<br />

in giudizio;<br />

e) il funzionario sta in giudizio in nome<br />

e per conto dell’ente anche se<br />

non riveste la qualifica di avvocato;<br />

A questo punto occorre svelare la<br />

fine del racconto: ebbene, il giudice<br />

di pace, dopo aver sentito le<br />

parti si è riservata sulla decisione,<br />

e a distanza di circa un mese e<br />

mezzo ha fissato la nuova udienza,<br />

dandone comunicazione via<br />

fax al comando tramite la cancelleria.<br />

In pratica, ha ammesso la<br />

presenza di un funzionario, non<br />

avvocato, delegato dal Sindaco per<br />

la trattazione di un ricorso su materia<br />

di codice della strada.<br />

Per quanto riguarda l’esito del ricorso,<br />

al momento non posso dare<br />

alcuna notizia poiché siamo soltanto<br />

alla seconda udienza.


CARMEN PUGLIESE<br />

Sostituto Procuratore della Repubblica<br />

COMPIMENTO DI ATTIVITÀ DI INDAGINE E DI ATTI<br />

SPECIFICATAMENTE DELEGATI DAL PUBBLICO MINISTERO<br />

ALLA POLIZIA GIUDIZIARIA<br />

È necessario evidenziare che per attività<br />

di informazione della Polizia giudiziaria<br />

noi tutti intendiamo l’acquisizione<br />

e la comunicazione della notizia<br />

di reato al Pubblico Ministero, per<br />

attività di investigazione la ricerca delle<br />

fonti di prova, per attività di assicurazione<br />

mantenere le fonti di prova,<br />

per attività esecutiva e strumentale intenderemo<br />

proprio assicurare lo svolgimento<br />

dei compiti di Polizia giudiziaria<br />

e attuare quindi i provvedimenti<br />

adottati dall’Autorità giudiziaria.<br />

È altrettanto importante sottolineare il<br />

fatto che le funzioni della Polizia giudiziaria<br />

sono stabilite nel codice di<br />

procedura penale dall’art. 55 all’art.<br />

59, mentre l’attività di indagine d’iniziativa<br />

della Polizia giudiziaria è stabilita<br />

nel codice di procedura penale<br />

dall’art. 347 all’art. 357, l’attività di indagine<br />

a mezzo di delega o di direttive<br />

da parte del Pubblico Ministero è<br />

stabilita nel codice di procedura penale<br />

negli artt. 348, comma 3 e 370.<br />

Data la complessità e l’articolazione<br />

della materia, tra le molteplici attività<br />

delegate dal Pubblico Ministero alla<br />

Polizia giudiziaria, oggi mi soffermerei<br />

esclusivamente sulle ipotesi riguardanti<br />

la delega alla perquisizione, con<br />

contestuale sequestro, e all’interrogatorio.<br />

Dovendo trattare l’argomento concernente<br />

l’attività delegata da parte del<br />

Pubblico Ministero alla Polizia giudiziaria<br />

è necessario obbligatoriamente<br />

fare riferimento all’art. 370 c.p.p. nel<br />

quale viene precisato che il Pubblico<br />

Ministero compie personalmente ogni<br />

attività di indagine e può avvalersi della<br />

Polizia giudiziaria per l’esecuzione<br />

di attività specificatamente delegate;<br />

e qui parliamo delle fattispecie rappresentate<br />

dall’art. 247 c.p.p., riguardante<br />

il caso e le forme delle perquisizioni,<br />

dove specificatamente ai commi<br />

2 e 3, viene indicato che l’Autorità<br />

giudiziaria può, con decreto motivato,<br />

procedere personalmente o avvalersi<br />

proprio dell’Ufficiale di Polizia giudiziaria,<br />

appositamente delegato, per il<br />

compimento dell’atto, per precisare<br />

poi, della fattispecie indicata nell’art.<br />

253 comma 3 che, per quanto concerne<br />

il sequestro, potrà procedere personalmente<br />

il Pubblico Ministero ovvero<br />

un Ufficiale di Polizia giudiziaria,<br />

delegato sempre mediante apposito decreto.<br />

Altra attività delegata, indicata al comma<br />

1 dell’art. 370, è quella riferita all’interrogatorio,<br />

cui partecipi la persona<br />

sottoposta alle indagini che si trovi<br />

in stato di libertà, con l’assistenza<br />

obbligatoria del difensore.<br />

E quando parliamo di interrogatorio<br />

dobbiamo affermare che lo stesso deve<br />

essere condotto secondo le regole<br />

sancite dall’art. 64 c.p.p. e cioè che la<br />

persona sottoposta alle indagini, anche<br />

se in stato di custodia cautelare o se<br />

detenuta per altra causa, interviene libera<br />

all’interrogatorio, salve le cautele<br />

necessarie per prevenire il pericolo<br />

di fuga o di violenze previste dall’art.<br />

474 c.p.p.; che non possono essere utilizzati,<br />

neppure con il consenso della<br />

persona interrogata, metodi o tecniche<br />

idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione<br />

o ad alterare la capa-<br />

22<br />

cità di ricordare e di valutare i fatti,<br />

meglio specificate nell’art. 188 c.p.p.;<br />

che, prima che abbia inizio l’interrogatorio,<br />

la persona deve essere avvertita<br />

che:<br />

a) le sue dichiarazioni potranno sempre<br />

essere utilizzate nei suoi confronti;<br />

b) salvo quanto disposto dall’articolo<br />

66, comma 1, ha facoltà di non rispondere<br />

ad alcuna domanda, ma comunque<br />

il procedimento seguirà il suo<br />

corso;<br />

c) se renderà dichiarazioni su fatti che<br />

concernono la responsabilità di altri,<br />

assumerà, in ordine a tali fatti, l’ufficio<br />

di testimone, salve le incompatibilità<br />

previste dall’articolo 197 e le garanzie<br />

di cui all’articolo 197-bis.<br />

L’inosservanza delle disposizioni di cui<br />

al comma 3, lettere a) e b) appena citate,<br />

renderanno inutilizzabili le dichiarazioni<br />

rese dalla persona interrogata.<br />

In mancanza dell’avvertimento di cui<br />

al comma 3, lettera c), le dichiarazioni<br />

eventualmente rese dalla persona interrogata<br />

su fatti che concernono la responsabilità<br />

di altri non sono utilizzabili<br />

nei loro confronti e la persona interrogata<br />

non potrà assumere, in ordine<br />

a detti fatti, l’ufficio di testimone.<br />

Durante l’interrogatorio, a norma dell’art.<br />

65 c.p.p., la Polizia giudiziaria<br />

contesterà alla persona sottoposta alle<br />

indagini, in forma chiara e precisa il<br />

fatto che le è attribuito, rendendogli<br />

noti gli elementi di prova esistenti con-


tro la stessa e, se non può derivarne<br />

pregiudizio per le indagini, dovrà comunicarne<br />

le fonti, invitando, quindi,<br />

la persona ad esporre quanto ritiene<br />

utile per la sua difesa ponendogli direttamente<br />

le domande.<br />

Se la persona rifiuterà di rispondere,<br />

dovrà esserne fatta menzione nel verbale,<br />

a norma dell’art. 134 c.p.p; nel<br />

verbale dovrà essere fatta anche menzione,<br />

quando occorre, dei connotati<br />

fisici e di eventuali segni particolari<br />

della persona.<br />

Dovranno essere inoltre rispettate le procedure<br />

concernenti la nomina e l’assistenza<br />

del difensore dettate dagli artt.<br />

364 e 365 c.p.p.; la presenza del difensore<br />

all’interrogatorio delegato sarà quindi<br />

obbligatoria, pena la nullità dell’atto.<br />

Per il corretto compimento degli atti,<br />

concernenti l’invito a presentarsi per<br />

l’interrogatorio, ricordo che lo stesso<br />

dovrà essere notificato alla persona sottoposta<br />

alle indagini, almeno tre giorni<br />

prima della data prestabilita per<br />

l’interrogatorio; l’atto dovrà inoltre avere<br />

i requisiti di cui all’art. 375 c.p.p. e<br />

dovrà obbligatoriamente contenere le<br />

generalità o le altre indicazioni personali<br />

che valgono ad identificare la persona<br />

sottoposta alle indagini oltre all’indicazione<br />

del giorno, dell’ora e del<br />

luogo della presentazione nonché l’autorità<br />

davanti alla quale la persona si<br />

dovrà presentare.<br />

Inoltre, nell’atto dovranno essere indicate<br />

alcune precisazioni riguardo: l’avvertimento<br />

che il Pubblico Ministero<br />

potrà disporre, a norma dell’art. 132<br />

c.p.p., l’accompagnamento coattivo in<br />

caso di mancata presentazione senza<br />

che sia stato addotto un legittimo impedimento;<br />

la sommaria enunciazione<br />

del fatto quale risulta dalle indagini fino<br />

a quel momento compiute con specifica<br />

dei fatti contestati e dei reati<br />

commessi, comprese le aggravanti;<br />

l’avviso per l’indagato che lo stesso ha<br />

facoltà di presentarsi con una memoria<br />

scritta da allegare al verbale di interrogatorio,<br />

in tale caso si dovrà raccomandare<br />

di narrare i fatti con sintesi<br />

e in ordine cronologico precisando<br />

data, ora e luogo del fatto e di trascurare<br />

particolari inutili e di non usare<br />

termini generici come ingiurie, minacce,<br />

senza precisare ad esempio le parole<br />

offensive, le parole o i gesti di minaccia,<br />

gli artifici, i raggiri, precisando<br />

che l’indagato che voglia citare persone<br />

informate, debba presentarsi con<br />

l’elenco di tali persone, se conosciute,<br />

con le generalità usando una scrittura<br />

chiara, facilmente leggibile con l’utilizzo<br />

di fogli con ampi margini.<br />

L’indagato verrà invitato ad esporre<br />

quanto ritenuto utile a propria difesa,<br />

con l’avvertenza che:<br />

• le sue dichiarazioni potranno sempre<br />

essere utilizzate nei suoi confronti;<br />

• salvo quanto disposto dall’art. 66/1°<br />

comma c.p.p., ha facoltà di non rispondere<br />

ad alcuna domanda;<br />

• il procedimento seguirà il suo corso<br />

anche se si avvarrà della facoltà di<br />

non rispondere;<br />

• se renderà dichiarazioni su fatti che<br />

concernono la propria responsabilità<br />

non potrà assumere in ordine a tali<br />

fatti l’ufficio di testimone;<br />

• se renderà dichiarazioni su fatti che<br />

concernono la responsabilità di altri,<br />

assumerà, in ordine a tali fatti l’ufficio<br />

di testimone, salve le incompatibilità<br />

previste dall’art. 197 c.p.p. nonché<br />

le garanzie di cui all’art. 197/bis<br />

c.p.p.<br />

Per la redazione del relativo verbale di<br />

interrogatorio, da parte della Polizia<br />

giudiziaria, dovranno essere rispettante<br />

le procedure indicate negli artt. 134<br />

- 135 - 136 c.p.p. e le altre disposizioni<br />

contenute nel Titolo III del c.p.p.<br />

A norma dell’art. 366 c.p.p., salvo<br />

quanto previsto da specifiche disposizioni,<br />

l’atto di interrogatorio compiuto<br />

dalla Polizia giudiziaria, al quale<br />

il difensore ha diritto di assistere,<br />

viene depositato presso la segreteria<br />

del Pubblico Ministero entro il terzo<br />

giorno successivo al compimento dell’atto,<br />

con facoltà per il difensore di<br />

esaminarli ed estrarne copia nei cinque<br />

giorni successivi.<br />

23<br />

A richiesta del difensore di fiducia e<br />

in caso di rinuncia al deposito, copia<br />

del verbale dell’interrogatorio potrà<br />

essere consegnata alla parte facendone<br />

espressa menzione nello stesso.<br />

Ricordo inoltre che l’art. 327 c.p.p.<br />

dispone che il Pubblico Ministero dirige<br />

le indagini e dispone direttamente<br />

della Polizia giudiziaria che, anche<br />

dopo la comunicazione della notizia<br />

di reato, continua a svolgere attività<br />

di propria iniziativa.<br />

Voglio evidenziare che, per quanto<br />

previsto dagli artt. 347 e 348 c.p.p.,<br />

anche successivamente alla comunicazione<br />

della notizia di reato, la Polizia<br />

giudiziaria deve continuare a<br />

svolgere le funzioni indicate nell’art.<br />

55 e cioè deve, anche di propria iniziativa,<br />

prendere notizia dei reati, impedire<br />

che vengano portati a conseguenze<br />

ulteriori, ricercarne gli autori,<br />

compiere gli atti necessari per assicurare<br />

le fonti di prova a norma dell’art.<br />

348 c.p.p. e raccogliere quant’altro<br />

possa servire per l’applicazione della<br />

legge penale secondo le disposizioni<br />

dell’art. 326 c.p.p., nel quale viene disposto<br />

che sia il Pubblico Ministero<br />

che la Polizia giudiziaria svolgono,<br />

nell’ambito delle rispettive attribuzioni,<br />

le indagini necessarie per le determinazioni<br />

inerenti all’esercizio dell’azione<br />

penale, raccogliendo in specie<br />

ogni elemento utile alla ricostruzione<br />

del fatto e all’individuazione<br />

del colpevole.<br />

Per quanto evidenziato la Polizia giudiziaria<br />

dovrà obbligatoriamente concorrere<br />

alla ricerca delle cose e delle<br />

tracce pertinenti al reato nonché alla<br />

conservazione di esse e dello stato dei<br />

luoghi e alla ricerca delle persone in<br />

grado di riferire su circostanze rilevanti<br />

per la ricostruzione dei fatti.<br />

Dopo l’intervento del Pubblico Ministero,<br />

la Polizia giudiziaria dovrà<br />

compiere gli atti ad essa specificamente<br />

delegati a norma dell'articolo<br />

370 c.p.p., eseguire le direttive ed<br />

inoltre svolgere di propria iniziativa,<br />

informandone prontamente il Pubblico<br />

Ministero, tutte le altre attività<br />

di indagine per accertare i reati o<br />

elementi successivamente emersi, assicurandone<br />

le nuove fonti di prova.


La Polizia giudiziaria, quando, di propria<br />

iniziativa o a seguito di delega<br />

del Pubblico Ministero, compie atti od<br />

operazioni che richiedono specifiche<br />

competenze tecniche, potrà avvalersi<br />

di persone idonee, le quali non potranno<br />

rifiutare la propria opera.<br />

Il Pubblico Ministero potrà inoltre delegare<br />

all’Ufficiale di Polizia giudiziaria<br />

le perquisizioni locali; all’atto di iniziare<br />

le operazioni, copia del decreto<br />

di perquisizione locale dovrà essere<br />

consegnata all’imputato, se presente, e<br />

a chi abbia l’attuale disponibilità del<br />

luogo, con l’avviso della facoltà di farsi<br />

rappresentare o assistere da persona<br />

di fiducia, purché questa sia prontamente<br />

reperibile e idonea a norma degli<br />

artt. 120 - 356 e 365 c.p.p.<br />

Se mancano le persone indicate la copia<br />

del decreto dovrà essere consegnata<br />

e l’avviso sarà rivolto a un congiunto,<br />

un coabitante o un collabora-<br />

tore ovvero in mancanza, al portiere<br />

o a chi ne fa le veci. L’Autorità giudiziaria,<br />

nel procedere alla perquisizione<br />

locale, potrà disporre con decreto motivato<br />

che siano perquisite, a norma dell’art.<br />

247 c.p.p., le persone presenti o<br />

sopraggiunte, quando ritiene che le stesse<br />

possano occultare il corpo del reato<br />

o cose pertinenti al reato.<br />

Può inoltre ordinare, enunciando nel<br />

verbale i motivi del provvedimento,<br />

che taluno non si allontani prima che<br />

le operazioni siano concluse.<br />

L’oggetto e le formalità del sequestro,<br />

conseguente a perquisizione, sono specificati<br />

negli artt. 252 e 253 c.p.p., dove<br />

viene espressamente indicato che le<br />

cose rinvenute a seguito della perquisizione<br />

sono sottoposte a sequestro con<br />

l’osservanza delle prescrizioni degli<br />

artt. 259 e 260 c.p.p., concernenti la<br />

custodia e l’apposizione dei sigilli alle<br />

cose sequestrate e che l’Autorità<br />

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24<br />

giudiziaria dispone con Decreto motivato<br />

il sequestro del corpo del reato e<br />

delle cose pertinenti al reato necessarie<br />

per l’accertamento dei fatti; sono<br />

corpo del reato le cose sulle quali o<br />

mediante le quali il reato è stato commesso<br />

nonché le cose che ne costituiscono<br />

il prodotto, il profitto o il prezzo;<br />

al sequestro procede personalmente<br />

l’Autorità giudiziaria ovvero un<br />

Ufficiale di Polizia giudiziaria, delegato<br />

con lo stesso decreto, copia del<br />

quale dovrà essere consegnata all’interessato,<br />

se presente.<br />

Una stretta sinergia, utile, necessaria<br />

e indispensabile; una cooperazione<br />

tra Pubblico Ministero e Polizia giudiziaria<br />

che dovrà essere alla base dei<br />

procedimenti citati con lo scopo di<br />

compiere, alla presenza di certezza di<br />

reato, tutti gli atti necessari per assicurare<br />

le fonti di prova e raccogliere<br />

quant’altro possa servire per l’applicazione<br />

della legge penale.


VINCENZO STRIPPOLI<br />

Comandante della Polizia municipale<br />

di Massa<br />

IL NUOVO PROTOCOLLO OPERATIVO IN MATERIA<br />

DI ACCERTAMENTI/TRATTAMENTI SANITARI OBBLIGATORI<br />

STIPULATO TRA L’UNITÀ SANITARIA LOCALE N.1<br />

DI MASSA CARRARA E I COMUNI DELLA COSTA APUANA<br />

UN RUOLO<br />

SOTTOVALUTATO<br />

Ritengo che il ruolo affidato alla<br />

Polizia municipale nel campo dei<br />

provvedimenti diretti ai malati di<br />

mente sia la più alta espressione di<br />

difesa dei diritti umani di cui è depositaria<br />

la nostra professione.<br />

Nei regimi totalitari, coloro che danno<br />

voce al dissenso vengono spesso<br />

qualificati come dissociati mentali e<br />

rinchiusi nei manicomi o negli ospedali<br />

psichiatrici, in tal modo isolati<br />

perché non diffondano le loro idee<br />

sovversive.<br />

In Italia, “repubblica democratica”<br />

(come recita la ns. Costituzione), è<br />

ancora diffusa la tentazione di isolare<br />

dalla società quei soggetti che sono<br />

portatori di problemi a causa della<br />

loro situazione di disagio psichico.<br />

Per questo motivo la legge Basaglia<br />

n. 180 del 1978 ha abolito le strutture<br />

manicomiali, e la successiva legge<br />

n. 833 dello stesso anno, istitutiva<br />

del Servizio sanitario nazionale,<br />

pur eliminando ogni forma di emarginazione<br />

per i soggetti con problemi<br />

psichici, ha previsto, qualora la<br />

loro malattia attraversi una fase di<br />

particolare acutizzazione, l’applicazione<br />

del loro confronti di due tipi<br />

di provvedimenti coatti, cui l’interessato<br />

può essere obbligato anche<br />

contro la propria volontà: l’accerta-<br />

mento sanitario obbligatorio, per imporre<br />

la sottoposizione ad una visita<br />

medica, e il trattamento sanitario obbligatorio,<br />

per imporre l’applicazione<br />

di specifiche terapie in ambito extra<br />

ospedaliero oppure con ricovero<br />

in ospedale.<br />

Questi provvedimenti sono strumenti<br />

assai delicati, perché sacrificano la<br />

libertà personale di un individuo e<br />

come tali possono produrre danni assai<br />

gravi: per questo motivo, la loro<br />

adozione è condizionata alla sussistenza<br />

di alcuni requisiti formali e all’adempimento<br />

di alcuni passaggi<br />

procedurali, la cui esatta osservanza<br />

costituisce garanzia del buon uso fatto<br />

di questa facoltà, e nel contempo<br />

un deterrente contro le tentazioni di<br />

farne un uso distorto.<br />

Il legislatore ha voluto individuare<br />

due soggetti garanti del rispetto delle<br />

prescrizioni di legge: il Sindaco e,<br />

per i trattamenti sanitari obbligatori,<br />

il Giudice tutelare.<br />

Tuttavia, mentre il Giudice tutelare<br />

funge da controllore dell’operato del<br />

Sindaco, quest’ultimo esercita direttamente<br />

la sua funzione di garanzia<br />

attraverso il suo braccio operativo,<br />

che è la Polizia municipale.<br />

E la Polizia municipale esercita questo<br />

suo ruolo durante due fasi distinte:<br />

nel procedimento di emanazione<br />

dell’ordinanza sindacale e nella successiva<br />

operazione di prelievo del<br />

malato.<br />

26<br />

UN RUOLO<br />

NON COMPRESO<br />

Alcuni colleghi Comandanti perseguono<br />

ancora l’opinione che il trattamento<br />

e l’accertamento sanitario<br />

obbligatorio siano da considerare come<br />

delle mere operazioni sanitarie,<br />

nelle quali la Polizia municipale possa<br />

intervenire solo quando venga<br />

chiamata per imporre la forza pubblica.<br />

Questa tesi era stata sostenuta, all’inizio<br />

degli anni 90, dall’Avvocatura<br />

generale dello Stato e fu fatta propria<br />

dal Ministero della Sanità, ma fu poi<br />

smentita dallo stesso ministero ed è<br />

stata rifiutata dal Ministero dell’Interno,<br />

con le circolari n. 5300 del 24<br />

agosto 1993 (“Si tratta infatti di un’operazione<br />

congiunta laddove il personale<br />

sanitario, lungi dall’essere deresponsabilizzato<br />

dalla presenza della<br />

Forza Pubblica, continua ad essere<br />

titolare di un ruolo tecnico mirato<br />

alla tutela della salute del paziente,<br />

al rispetto e alla cura della sua<br />

persona, nonché al recupero di un<br />

suo consenso”) e n. 3 del 20 luglio<br />

2001 (“Al riguardo, questo Ministero,<br />

più volte interessato sulla problematica<br />

in esame, ha espresso il proprio<br />

avviso ritenendo che le funzioni di<br />

accompagnamento dei soggetti per i<br />

quali si rende obbligatorio il T.S.O.<br />

debbano essere svolte da operatori<br />

di Polizia municipale per assicurare


prioritariamente l’attuazione dei<br />

principi generali di tutela della persona<br />

fissati, in particolare dalla legge<br />

833/78, istitutiva del servizio sanitario<br />

nazionale”).<br />

Ciò nonostante, avviene di frequente<br />

che Polizie municipali e personale<br />

infermieristico si deleghino a vicenda<br />

l’onere di intervenire per l’esecuzione<br />

dei citati provvedimenti<br />

coatti: molti colleghi ritengono che<br />

se dovessero dare esecuzione personalmente<br />

a tutte le ordinanze di accertamento<br />

o trattamento sanitario<br />

obbligatorio emanate dal Sindaco,<br />

non avrebbero più tempo da dedicare<br />

alle loro funzioni istituzionali.<br />

Penso che questa impostazione sia<br />

erronea: il problema non è quello di<br />

liberarci di un’incombenza che crediamo<br />

non ci competa, ma è di limitare<br />

i provvedimenti coatti ai soli casi<br />

in cui sono realmente necessari.<br />

Mi spiego. Spesso arrivano sui nostri<br />

tavoli proposte di ordinanza sindacale<br />

animate dall’intenzione di usare<br />

questi rimedi per fini che non sono<br />

loro propri: a volte è per soddisfare<br />

le pressioni dei parenti del malato,<br />

non sempre preoccupati per la<br />

salute del loro congiunto; a volte è<br />

per richiesta delle forze dell’ordine,<br />

al fine di neutralizzare un individuo<br />

socialmente pericoloso; a volte ancora<br />

è lo stesso medico che ricorre a<br />

questo rimedio per punire il proprio<br />

paziente, quando non assuma regolarmente<br />

i farmaci da lui prescritti;<br />

altre volte infine l’ordinanza è richiesta<br />

per avallare ricoveri ospedalieri<br />

già eseguiti.<br />

Queste proposte viziate nell’intenzione<br />

sono spesso riconoscibili perché<br />

non sono rispettose delle procedure<br />

e dei contenuti che la legge impone.<br />

Nonostante questo, molti uffici di<br />

Polizia municipale, in sede di istruttoria<br />

conseguente a queste proposte,<br />

preferiscono darvi seguito e proporre<br />

al Sindaco l’emanazione dell’ordinanza.<br />

Spesso questo succede perché<br />

pochi conoscono le fonti normative.<br />

Propongo allora in allegato i testi de-<br />

gli artt. da 33 a 35 della Legge 23 dicembre<br />

1978 n. 833, con alcuni<br />

commenti.<br />

Tuttavia, anche quando sono a conoscenza<br />

della norma, molti colleghi<br />

preferiscono non porre obiezioni per<br />

timore di incorrere nel reato di rifiuto<br />

di atti d’ufficio. Questo atteggiamento<br />

è sbagliato, perché l’articolo<br />

328 del codice penale, che definisce<br />

il reato, precisa, quale elemento costitutivo<br />

dello stesso, che il rifiuto deve<br />

avvenire “indebitamente”: tale non<br />

è certamente il rifiuto di un adempimento,<br />

quando la sua proposta sia caratterizzata<br />

da violazione di legge.<br />

IL RUOLO<br />

DELLE STRUTTURE<br />

SANITARIE<br />

Dall’iter formale si passa a questo<br />

punto alle procedure operative.<br />

L’ordinanza del Sindaco, sempre nella<br />

sua veste di Autorità sanitaria locale,<br />

delega alla sua esecuzione il<br />

personale sanitario e la forza pubblica.<br />

La presenza del personale sanitario<br />

durante l’intervento è indefettibile:<br />

esso è titolare, sin dal momento della<br />

proposizione del provvedimento<br />

e fino alla sua attuazione, di uno<br />

specifico ruolo tecnico finalizzato alla<br />

tutela della salute del paziente, al<br />

rispetto ed alla cura della sua persona,<br />

nonché al recupero del suo eventuale<br />

consenso.<br />

Nella pratica, i disabili mentali non<br />

sono tutti uguali tra di loro, come<br />

non sono uguali i disturbi di cui soffrono:<br />

si consideri quanto sono diverse<br />

le esigenze e le reazioni degli<br />

psicotici, come degli schizofrenici o<br />

dei paranoici, come anche dei malati<br />

di depressione o dei maniaci.<br />

La necessità di un supporto qualificato<br />

non si esaurisce nella prevenzione<br />

e nel contenimento di un’eventuale<br />

ribellione violenta, ma concerne<br />

ogni danno e trauma anche interiore<br />

che il paziente può ricevere<br />

dalla costrizione al trattamento. E tale<br />

operazione richiede conoscenze<br />

27<br />

professionali adeguate, che solo<br />

l’ambiente sanitario può fornire.<br />

IL CONTRIBUTO<br />

DEI FAMILIARI<br />

E DEL MEDICO CURANTE<br />

Personaggi spesso ignorati e sottovalutati,<br />

sia nella fase della ricerca<br />

del consenso al trattamento sanitario,<br />

sia nella fase dell’esecuzione<br />

coattiva, a volte invece non responsabilizzati<br />

o rassegnati all’inevitabile<br />

destino del loro congiunto-paziente,<br />

i parenti dell’interessato, conviventi<br />

o meno, e il suo medico curante<br />

potrebbero avere un ruolo determinante<br />

e fondamentale, per vincere<br />

le resistenze e per fornire un<br />

contributo utile a ridurre i traumi.<br />

La presenza dei parenti, i loro consigli<br />

dettati dalla migliore conoscenza<br />

del soggetto, la capacità che a<br />

volte solo loro hanno di fornire argomenti<br />

rassicuranti, sono ingredienti<br />

essenziali per il successo dell’operazione.<br />

Il medico curante è colui che ha proposto<br />

il trattamento sanitario: la sua<br />

presenza all’intervento a volte può<br />

alimentare la diffidenza del paziente,<br />

ma la sua assistenza può aiutare<br />

a comprendere la malattia ed i suoi<br />

sintomi, facilitando ed indirizzando,<br />

grazie al proprio patrimonio di conoscenze,<br />

l’operato della forza pubblica.<br />

Se il medico ha invece proposto l’accertamento<br />

sanitario, allora la sua<br />

presenza è irrinunciabile: ottenuto il<br />

consenso, la visita può essere svolta<br />

al domicilio del paziente, evitando<br />

così sia eventuali ripensamenti dello<br />

stesso, sia la necessità del trasporto<br />

all’ambulatorio, eliminando<br />

così una possibile giustificazione ad<br />

un atteggiamento di reticenza.<br />

LA FUNZIONE DELLA<br />

POLIZIA MUNICIPALE<br />

E DELLE FORZE<br />

DELL’ORDINE<br />

L’intervento della Polizia municipa-


le è dovuto, come è dovuto l’intervento<br />

del personale sanitario, ma esso<br />

non è subordinato a quest’ultimo,<br />

bensì è contestuale, e tale contestualità<br />

deve esplicarsi attraverso una<br />

distinzione chiara dei rispettivi ambiti<br />

di intervento.<br />

Innanzitutto, poiché l’ordinanza del<br />

Sindaco concreta un’attività tipica di<br />

Polizia amministrativa di sua stretta<br />

competenza, alla Polizia municipale<br />

spetta certamente l’importante<br />

ruolo di vigilare sulla corretta esecuzione<br />

del provvedimento.<br />

L’esercizio di tale funzione principale<br />

rende necessario il suo coinvolgimento,<br />

al fine di presenziare la<br />

dinamica dell’intervento, e soprattutto<br />

di garantire che sia rispettata la<br />

persona umana nei suoi aspetti fisici<br />

e morali e nel diritto alla salute, a<br />

garanzia dei diritti previsti dalle norme<br />

costituzionali.<br />

Il personale della Polizia municipale<br />

svolge inoltre altre funzioni ausiliarie<br />

ed eventuali, come compiere<br />

attività di ricerca del malato perché<br />

il personale sanitario possa raggiungerlo,<br />

ed è deputato alla messa in<br />

opera di azioni coercitive solo quando<br />

è conclamata e persistente la determinazione<br />

di rifiuto o di opposizione<br />

del paziente.<br />

In realtà, ogni caso fa storia a sé: e<br />

spesso è il vigile urbano che esercita<br />

l’attività di mediazione con il paziente.<br />

Accade anche che questi si barrichi<br />

in casa ed apra soltanto al vigile che<br />

lo conosce, che ritiene suo amico perché<br />

lo sa ascoltare. Specie nei piccoli<br />

<strong>Comuni</strong>, la figura del vigile urbano è<br />

per i cittadini - e non da meno per<br />

l’ammalato - un punto di riferimento:<br />

il personale intervento di questi può rivelarsi<br />

allora sovente positivo.<br />

Al verificarsi di comportamenti del paziente<br />

che possano configurarsi come<br />

fattispecie penali, all’attività di Polizia<br />

amministrativa deve necessariamente<br />

affiancarsi l’attività preventiva e/o repressiva<br />

di pubblica sicurezza, e potranno<br />

pertanto essere chiamate in ausilio<br />

le Forze dell’ordine.<br />

Se poi, nel dare esecuzione all’ordi-<br />

nanza, nonostante ogni attenzione,<br />

per le reazioni inconsulte dell’ammalato,<br />

questi si procura o subisce<br />

delle lesioni, nessun addebito può<br />

essere mosso al personale operante,<br />

sia esso infermieristico o appartenente<br />

alla Polizia municipale, perché<br />

si è operato nell’adempimento<br />

di un dovere (articolo 51 c. p.)<br />

La Polizia municipale può essere<br />

chiamata a svolgere ulteriori compiti<br />

successivi al prelievo: il trasporto<br />

e la scorta.<br />

Il trasporto, di regola, deve avvenire<br />

su autoambulanza, ossia su un veicolo<br />

che sia attrezzato per il contenimento<br />

e per la cura del paziente,<br />

e dove questi non possa interferire,<br />

durante un’eventuale reazione, con<br />

la condotta di guida del conducente.<br />

Il trasporto su altro veicolo - meglio<br />

se di un parente, ma può essere<br />

quello della Polizia municipale - è<br />

opportuno solo quando il soggetto<br />

da ricoverare, pur consenziente, si<br />

rifiuti di salire sull’ambulanza.<br />

La scorta è generalmente richiesta, e<br />

a volte il personale sanitario richiede<br />

la presenza del vigile all’interno<br />

dell’ambulanza.<br />

Chi scrive non ritiene ortodosso che<br />

la Polizia municipale venga sistematicamente<br />

impiegata per accompagnare<br />

il malato o per scortare l’ambulanza<br />

che lo trasporta, al di fuori<br />

del territorio comunale. Tuttavia, persistendo<br />

un atteggiamento di rifiuto<br />

della cura, l’operazione è resa legittima<br />

ai sensi dello spirito che si desume<br />

dall’articolo 4 della Legge quadro<br />

sull’ordinamento della Polizia<br />

municipale, che tratta, tra l’altro, della<br />

regolamentazione dei servizi esterni<br />

al territorio.<br />

LA RECENTE<br />

GIURISPRUDENZA<br />

La questione delle competenze e delle<br />

responsabilità in materia di ricovero<br />

coatto dei malati di mente è da<br />

sempre oggetto di dispute molto accese<br />

tra gli interessati, le strutture sanitarie<br />

e le forze di Polizia. E questo<br />

28<br />

anche per l’apparente lacunosa definizione<br />

normativa degli ambiti di<br />

intervento in riferimento, in particolare,<br />

all’accompagnamento forzato<br />

del soggetto. Ma si discute anche sulle<br />

modalità di assistenza al paziente e<br />

sulla possibilità di trasportare l’utente<br />

con un mezzo sanitario con a bordo<br />

personale di Polizia e viceversa.<br />

Un caso è stato trattato dalla sentenza<br />

del Tar Sicilia, sezione Catania, n.<br />

799 del 6 maggio 2005.<br />

Un comune ha ordinato il ricovero<br />

coatto con prelevamento del malato<br />

a totale carico della struttura sanitaria<br />

coinvolta. Contro questo ordinanza<br />

l’Asl ha proposto ricorso al<br />

Tar, censurando l’illegittimità dell’atto<br />

perché invasivo della propria<br />

sfera di competenza.<br />

Il collegio, in parte accogliendo ed<br />

in parte rigettando ricorso, ha quindi<br />

analizzato la questione delle competenze<br />

ricostruendo anche il quadro<br />

normativo di riferimento.<br />

L’iniziativa in materia, specifica al<br />

Tar, spetta ovviamente all’autorità<br />

sanitaria che procede alla redazione<br />

della proposta di ricovero. Ai sensi<br />

della legge n. 833/1978, il sindaco,<br />

nella sua qualità di autorità sanitaria<br />

locale, dispone quindi, con ordinanza<br />

motivata, il provvedimento di trattamento<br />

obbligatorio.<br />

Nell’esecuzione di un’ordinanza di ricovero<br />

coatto, la presenza del personale<br />

sanitario è indispensabile per la<br />

tutela della salute del paziente, la cura<br />

della persona nonché il possibile recupero<br />

di un suo eventuale consenso.<br />

Quando è conclamata e persistente la<br />

determinazione di rifiuto, gli operatori<br />

sanitari possono richiedere l’uso della<br />

coazione fisica alla Polizia.<br />

Come evidenziato dalla prefettura di<br />

Ragusa, specifica la sentenza, la demarcazione<br />

delle competenze in materia<br />

deve sempre tener conto “della<br />

necessità della massima collaborazione<br />

in ordine agli adempimenti da<br />

espletare per l’esecuzione dell’ordinanza<br />

sindacale di adozione del trattamento<br />

sanitario obbligatorio, che si<br />

traduce nella necessità di azione congiunta<br />

e presenza contestuale degli<br />

operatori sanitari e di Polizia, sia pure


con distinti ambiti di intervento e di responsabilità”.<br />

In conclusione, se si escludono i casi<br />

di totale e palese inoffensività del paziente,<br />

il trattamento sanitario obbligatorio<br />

deve essere effettuato attraverso<br />

l’azione congiunta del personale<br />

sanitario e delle Forze di Polizia.<br />

Un altro caso è stato trattato dalla<br />

sentenza del tribunale di Venezia, sezione<br />

III civile, del 19 dicembre 2005.<br />

Un cittadino è stato sottoposto a trattamento<br />

sanitario obbligatorio con<br />

degenza forzata presso la struttura sanitaria.<br />

E questo senza alcun rapporto<br />

preventivo diretto con i medici interessati<br />

al procedimento. In pratica,<br />

a causa di manifestazioni di disagio<br />

confermate anche dai familiari dell’interessato,<br />

il sindaco ha proceduto<br />

a contattare il medico di base del paziente,<br />

che ha quindi avanzato al comune<br />

una formale richiesta di t.s.o.<br />

All’esito dell’istruttoria, il primo cittadino<br />

ha emanato l’ordinanza che è<br />

stata eseguita con ricovero forzato del<br />

soggetto. Contro questa determinazione,<br />

l’interessato ha proposto ricorso<br />

al tribunale per il risarcimento dei<br />

danni subiti dopo l’avvenuto annullamento<br />

amministrativo dell’ordinanza.<br />

Il tribunale ha accolto la richiesta.<br />

Un provvedimento di trattamento sanitario<br />

obbligatorio, specifica la sentenza,<br />

non può prescindere da una<br />

constatazione obiettiva delle condizioni<br />

dell’interessato. Nel caso in esame<br />

non è stato mai ricercato il consenso<br />

dell’utente. Nonostante i pregressi<br />

comportamenti disturbati del<br />

paziente, infatti, l’attivazione della<br />

procedura di ricovero non è stata preceduta<br />

da un incontro dei sanitari con<br />

il malato. E il paziente non è stato posto<br />

nelle condizioni di poter scegliere<br />

terapie alternative al ricovero.<br />

COLLABORARE<br />

È MEGLIO: L’UTILITÀ<br />

DI UN PROTOCOLLO<br />

OPERATIVO<br />

La circolare del Ministero dell’Interno<br />

n. 5300 del 24 agosto 1993 propone<br />

ai Sindaci l’adozione di un protocollo<br />

uniforme e costante per i provvedimenti<br />

di T.S.O. (e, aggiungo, di<br />

A.S.O.).<br />

Accade sovente che ogni proposta di<br />

trattamento (o accertamento) coatto<br />

generi discussioni e forti contrasti tra<br />

la Polizia municipale e gli organi sanitari<br />

(dipartimento salute mentale,<br />

reparto ospedaliero psichiatrico, 118).<br />

Occorre definire regole operative<br />

chiare, conformi alle esigenze dei<br />

soggetti coinvolti, in primo luogo del<br />

malato, flessibili quanto basta, ma<br />

comunque rispettose dei principi di<br />

legalità e di collaborazione.<br />

Queste direttive sono solo parzialmente<br />

rinvenibili nella normativa vigente<br />

e nelle circolari ministeriali,<br />

perché possono differire a seconda<br />

delle situazioni locali.<br />

Le regole devono essere definite con<br />

convenzioni scritte, divulgate alla<br />

cittadinanza e alle strutture coinvolgibili,<br />

sottoscritte dai responsabili del<br />

locale dipartimento salute mentale,<br />

dell’amministrazione comunale e/o<br />

della Polizia municipale.<br />

L’ufficialità degli accordi assicura la<br />

naturale continuazione dell’applicazione<br />

di queste regole sino ad una<br />

nuova pattuizione, a prescindere dall’eventuale<br />

mutamento dei responsabili<br />

delle istituzioni firmatarie.<br />

È plausibile che alla prima sottoscrizione<br />

segua una fase di sperimentazione,<br />

successivamente alla quale<br />

possono essere posti correttivi alle<br />

procedure concordate.<br />

L’ESPERIENZA DI MASSA<br />

La città di Massa ha vissuto un’originale<br />

esperienza di protocollo operativo<br />

per l’attuazione e la gestione degli<br />

accertamenti e dei trattamenti sanitari<br />

obbligatori, stipulato d’intesa<br />

nel febbraio 2002 tra la Polizia municipale<br />

e il Dipartimento di salute<br />

mentale. Tale accordo è stato favorito<br />

dalla sensibilità del Dr. Remigio<br />

Raimondi, direttore del Dipartimento<br />

di Salute Mentale di Massa Carrara,<br />

al quale bisogna riconoscere una<br />

grande passione per i diritti del disa-<br />

29<br />

bile mentale che, purtroppo, non è<br />

molto diffusa nella sua e nella nostra<br />

categoria.<br />

Caratteristiche del testo sono l’ineludibile<br />

presenza e collaborazione della<br />

Polizia municipale e del personale<br />

sanitario, la definizione dei ruoli, l’ampio<br />

spazio di discrezionalità concesso<br />

agli operatori di Polizia municipale circa<br />

la valutazione delle proposte e i<br />

metodi di intervento, il coinvolgimento<br />

del medico curante e dei familiari.<br />

La sperimentazione è terminata in ottobre<br />

2003 con la firma ufficiale,<br />

suggellata in una cerimonia cui hanno<br />

partecipato le autorità cittadine e<br />

sanitarie. La valutazione è nel complesso<br />

positiva: nonostante le prime<br />

difficoltà applicative, dovute alle naturali<br />

resistenze interne, le prassi distorte<br />

si sono modificate e i disagi si<br />

sono ridotti; il dialogo tra istituzioni<br />

e tra i diversi operatori ha favorito il<br />

recupero del consenso del paziente,<br />

mentre il numero delle proposte di<br />

A.S.O. si è drasticamente ridotto.<br />

L’ESPERIENZA DEGLI<br />

ALTRI COMUNI APUANI<br />

Tutto sommato, anche dopo il 2003<br />

l’esperienza del protocollo operativo<br />

è proseguita in maniera efficace e la rigorosa<br />

osservanza dello stesso da parte<br />

dei due attori principali (Polizia municipale<br />

e personale sanitario) ne ha<br />

dimostrato l’efficienza, poiché non sono<br />

mai accaduti episodi di scarico di<br />

responsabilità, è stato realizzato un costante<br />

intervento congiunto e non si<br />

sono verificati fatti di aggressione o di<br />

reazione violenta da parte dei soggetti<br />

destinatari dei provvedimenti coatti.<br />

Le statistiche dell’Usl Massa Carrara<br />

hanno messo in evidenza che nel territorio<br />

del Comune di Massa, a differenza<br />

degli altri <strong>Comuni</strong> della stessa<br />

Provincia, il numero dei trattamenti sanitari<br />

obbligatori che a posteriori sono<br />

stati valutati privi di adeguata motivazione<br />

è scarsamente rilevante.<br />

Nel contempo, il protocollo operativo<br />

è stato presentato su diverse riviste<br />

dedicate alla Polizia locale e copia del-


lo stesso è stata richiesta da diverse<br />

Amministrazioni comunali, ed inoltre<br />

è stato diffuso presso diverse unità sanitarie<br />

locali, tanto che è divenuto argomento<br />

di esame in un convegno di<br />

specialisti di psichiatria tenutosi nel mese<br />

di aprile 2006 a Traversetolo (PR).<br />

L’Usl n. 1 di Massa Carrara ha voluto<br />

allora proporre lo stesso protocollo anche<br />

agli altri <strong>Comuni</strong> della costa apuana<br />

(Carrara e Montignoso). Con la collaborazione<br />

nei rispettivi Comandi di<br />

Polizia municipale, il protocollo è divenuto<br />

un accordo intercomunale, che<br />

è stato preventivamente sottoposto al<br />

vaglio del Presidente del Tribunale di<br />

Massa e che nel mese di novembre<br />

2006 si prevede sarà sottoscritto dai<br />

Sindaci dei tre <strong>Comuni</strong> e dal Direttore<br />

generale dell’Usl apuana.<br />

Rispetto al protocollo massese, il nuovo<br />

protocollo definisce con migliore<br />

precisione alcune specificità di ruoli:<br />

- se il proponente esclusivo dei trattamenti<br />

sanitari obbligatori è il medico<br />

curante del malato, in orari notturni e<br />

festivi e in caso di effettiva impossibilità<br />

da parte del medico di famiglia, la<br />

proposta compete al Medico della continuità<br />

dell’assistenza territoriale (ex<br />

Guardia Medica);<br />

- è specificato che nel caso di TSO la<br />

Polizia municipale ha la funzione di<br />

monitorare la corretta esecuzione dell’ordinanza<br />

del Sindaco, ed inoltre coopera<br />

attivamente al prelevamento del<br />

malato, al suo caricamento sull’ambulanza<br />

e alla consegna al Servizio<br />

Psichiatrico Ospedaliero;<br />

- è specificato che ogni ASO deve essere<br />

comunque portato a termine, ma<br />

che sarà preferibilmente effettuato al<br />

domicilio o presso il luogo in cui il paziente<br />

stesso si trova, senza procedere<br />

a trasferimenti coatti.<br />

Si allega il testo del nuovo protocollo,<br />

nell’intento di diffondere e proporre<br />

questa esperienza ai rispettivi colleghi<br />

delle altre realtà locali, di ogni dimensione,<br />

e nella convinzione che questo<br />

contributo possa migliorarne l’efficienza<br />

e la capacità di rispondere meglio<br />

alle esigenze del disabile mentale.<br />

TESTO DEL PROTOCOLLO STIPULATO TRA L’USL 1 DI MASSA CARRARA<br />

E I COMUNI DI MASSA, CARRARA E MONTIGNOSO PER LA DISCIPLINA<br />

DELLE PROCEDURE DI TSO E ASO<br />

Regione Toscana Comune di Massa Comune di Carrara Comune di Montignoso<br />

I Sindaci dei <strong>Comuni</strong> di Carrara,<br />

Massa e Montignoso ed il Direttore<br />

Generale dell’ASL n. 1 di Massa -<br />

Carrara<br />

Preso atto<br />

delle problematiche relative all’esecuzione<br />

di Ordinanze Sindacali di<br />

TSO e ASO;<br />

vista<br />

la Circolare del Prefetto di Massa e<br />

Carrara n. 65 del 2/8/2001;<br />

visti<br />

i protocolli esistenti tra le parti in materia<br />

di T.S.O.;<br />

Ritenuto<br />

necessario, alla luce di quanto sopra,<br />

stabilire procedure condivise qualora<br />

si ravvisi la necessità di sottoporre<br />

un cittadino a T.S.O. per malattie psichiatriche<br />

o ad ASO, per stabilire se<br />

il comportamento del cittadino segnalato<br />

sia originato da disturbo psicopatologico<br />

in atto,<br />

Concordano<br />

di adottare le seguenti modalità di intervento:<br />

TSO<br />

1) Nei giorni feriali, nell’orario di<br />

30<br />

servizio 8-20, la proposta di T.S.O.<br />

verrà redatta dal Medico di Famiglia<br />

con motivazioni ai sensi degli artt. 33<br />

e 34 della L. 833/78. La richiesta deve<br />

essere formulata dal medico solo<br />

dopo aver visitato personalmente il<br />

paziente e qualora siano soddisfatti i<br />

seguenti requisiti:<br />

a. esistenza di gravi alterazioni psichiche<br />

che richiedano urgenti interventi<br />

terapeutici;<br />

b. che questi non vengano accettati<br />

dal paziente;<br />

c. che non esistano le condizioni e le<br />

circostanze che consentano di adottare<br />

tempestive ed idonee misure sanitarie<br />

extra-ospedaliere.<br />

Il Medico di Famiglia allerterà telefonicamente<br />

il Servizio 118 il quale<br />

provvederà ad attivare gli operatori<br />

del Centro di Salute Mentale<br />

(C.S.M.)- Medico Psichiatra ed Infermieri<br />

di emergenza in servizio<br />

presso la sede di Via Marina Vecchia,<br />

74 - Massa perché si rechino a domicilio<br />

del paziente per sottoporlo a visita<br />

specialistica e tentare un trattamento<br />

adeguato.<br />

Nel caso in cui persista la necessità<br />

di cura non dilazionabile, il rifiuto<br />

del paziente al trattamento e tutti i<br />

tentativi di ottenere il consenso del<br />

paziente al trattamento extra-ospedaliero<br />

o al trattamento sanitario volontario<br />

fallissero lo Psichiatra convaliderà<br />

la proposta di T.S.O.<br />

2) Nelle ore notturne 20-8 e nei giorni<br />

festivi, nonché nei casi di cui al<br />

punto 1, in caso di effettiva impossibilità<br />

da parte del medico di famiglia,


la proposta di T.S.O verrà fatta dal<br />

Medico della continuità dell’assistenza<br />

territoriale (ex Guardia Medica).<br />

Il Servizio 118 preavvisato telefonicamente<br />

allerterà il Medico Psichiatra di<br />

guardia c/o il Servizio Psichiatrico di<br />

Diagnosi e Cura (S.P.D.C.) dello Stabilimento<br />

Ospedaliero di Massa il quale<br />

farà sì che il gli Infermieri Professionali<br />

del C.S.M. si rechino, entro<br />

i termini previsti dalle norme contrattuali<br />

sulla pronta disponibilità, sul luogo<br />

del caso nel tentativo di tranquillizzare<br />

e convincere il paziente ai trattamenti<br />

sanitari con il suo consenso.<br />

Qualora fallissero i tentativi il 118<br />

provvederà ad attivare un proprio sanitario<br />

il quale si recherà sul luogo<br />

dell’intervento per sottoscrivere la<br />

convalida del T.S.O., dopo averne<br />

constatato la necessità.<br />

Sottoscritta la convalida tale sanitario<br />

si renderà operativo rientrando con il<br />

mezzo dedicato all’emergenza territoriale<br />

al P.E.T. di competenza.<br />

3) La proposta e la convalida verranno<br />

recapitate dagli Infermieri del<br />

C.S.M. all’Ufficio delegato dal Sindaco<br />

per le procedure dell’emissione<br />

dell’Ordinanza di T.S.O.<br />

4) Gli Infermieri, nei casi diversi dal<br />

TSO da eseguire su persona già ricoverata<br />

in Ospedale, all’atto della formalizzazione<br />

dell’ordinanza del Sindaco:<br />

a. si recano a domicilio del paziente<br />

dopo aver avvertito il 118 perché provveda<br />

all’invio dell’ambulanza per il<br />

trasporto del paziente al SPDC indicato<br />

nell’ordinanza;<br />

b. aiutano il personale della Polizia<br />

municipale nella esecuzione del dispositivo<br />

sindacale;<br />

c. rassicurano il paziente, ricercando<br />

il suo consenso al ricovero.<br />

5) Contestualmente il personale della<br />

Polizia municipale, con copia dell’ordinanza<br />

redatta: si reca a domicilio<br />

del paziente per monitorare la<br />

corretta esecuzione dell’ordinanza<br />

del Sindaco; coopera attivamente al<br />

prelevamento del malato e al suo caricamento<br />

sull’ambulanza e alla consegna<br />

al S.P.D.C.; cura la tutela dei diritti<br />

del paziente e la salvaguardia dell’incolumità<br />

fisica del personale sanitario<br />

preposto ai trattamenti sanitari<br />

in tutte le fasi dell’esecuzione dell’ordinanza.<br />

In caso di valutato rischio<br />

e nello spirito di prevenire una consumazione<br />

di reato da parte del paziente,<br />

il personale della Polizia municipale<br />

provvederà a richiedere l’appoggio<br />

delle altre Forze dell’Ordine<br />

(Polizia e Carabinieri) affinché si realizzi<br />

correttamente e senza danno l’esecuzione<br />

dell’Ordinanza di T.S.O.<br />

ASO<br />

L’Accertamento Sanitario Obbligatorio<br />

è un dispositivo che può essere richiesto<br />

esclusivamente quando un<br />

comportamento segnalato fa sospettare<br />

al medico di essere in presenza<br />

di un disturbo psicopatologico rilevante<br />

e questo dubbio fondato non<br />

può essere accertato perché il cittadino<br />

si sottrae a un esame medico diretto.<br />

Il medico di famiglia è individuato<br />

come l’unico richiedente di<br />

questo provvedimento. Pertanto gli uffici<br />

della Polizia municipale rifiuteranno<br />

ogni richiesta che non provenga<br />

dallo stesso medico di famiglia, invitando<br />

i richiedenti a rivolgersi allo<br />

stesso.<br />

L’attivazione del provvedimento dovrà<br />

la seguente procedura:<br />

1) Il medico di famiglia, informato del<br />

comportamento alterato, si reca a domicilio<br />

per sottoporre a visita il suo<br />

paziente e valutare la natura del disturbo.<br />

2) Qualora il paziente si sottragga alla<br />

visita, il medico contatterà il servizio<br />

psichiatrico per concordare una<br />

strategia di intervento comune.<br />

3) Se fallisce l’intervento programmato<br />

per impossibilità a sottoporre a visita<br />

il paziente il medico di famiglia<br />

propone l’ASO.<br />

31<br />

4) Il sindaco emette l’Ordinanza la<br />

quale dispone che la Polizia municipale<br />

e il personale sanitario da questa<br />

richiesto si rechino al domicilio del<br />

paziente o nel luogo ove si trovi, e<br />

ognuno per le proprie attribuzioni vi<br />

diano esecuzione.<br />

5) Fermo restando che l’ASO deve essere<br />

comunque portato a termine, esso<br />

sarà effettuato, nell’interesse del<br />

paziente, ogni volta che sia possibile<br />

al domicilio o presso il luogo in cui il<br />

paziente stesso si trova, senza procedere<br />

a trasferimenti coatti.<br />

Il medico che ha richiesto l’intervento<br />

avrà cura di comunicare alla Polizia<br />

municipale elementi che consentano<br />

la sua reperibilità.<br />

6) Il medico di famiglia fornisce al<br />

personale di Polizia municipale tutte<br />

le informazioni utili per l’approccio<br />

al paziente e per il suo reperimento,<br />

e indica il nominativo di uno o più familiari<br />

o persone in grado di offrire<br />

elementi utili per l’esecuzione dell’ordinanza;<br />

Le parti concordano che:<br />

Passate 48 ore dalla richiesta di ASO<br />

o TSO senza che il paziente sia rintracciato,<br />

la Polizia municipale competente<br />

per territorio comunicherà<br />

tramite fax o altro mezzo idoneo, le<br />

ricerche infruttuose al fine di valutare<br />

se l’Ordinanza debba essere reiterata:<br />

a. Giudice Tutelare<br />

b. Sindaco<br />

c. medico di famiglia<br />

Il personale della Polizia municipale<br />

competente per territorio o comunque<br />

gli addetti alla redazione dell’Ordinanza<br />

sindacale e quello coinvolto<br />

nell’esecuzione della stessa ordinanza<br />

sono tenuti al rispetto del dovere di riservatezza<br />

circa le generalità del paziente<br />

e le sue condizioni di salute<br />

mentale, ai sensi del T. U n. 196/2003.


TESTO SEMI-COMMENTATO DEGLI ARTICOLI 33-34-35 DELLA LEGGE 23.12.1978,<br />

CONCERNENTI I TRATTAMENTI E GLI ACCERTAMENTI SANITARI OBBLIGATORI<br />

33. Norme per gli accertamenti ed i trattamenti<br />

sanitari volontari e obbligatori.<br />

Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari<br />

sono di norma volontari.<br />

La norma insiste sulla necessità di cercare<br />

in ogni modo possibile di ottenere<br />

il consenso, da parte dell’interessato, con<br />

riguardo:<br />

- al trattamento,<br />

- alle modalità dello stesso.<br />

Nei casi di cui alla presente legge e in<br />

quelli espressamente previsti da leggi dello<br />

Stato possono essere disposti dall’autorità<br />

sanitaria accertamenti e trattamenti<br />

sanitari obbligatori, secondo l’articolo<br />

32 della Costituzione, nel rispetto della<br />

dignità della persona e dei diritti civili e<br />

politici, compreso per quanto possibile<br />

il diritto alla libera scelta del medico e<br />

del luogo di cura.<br />

Il secondo e il quinto comma di questo<br />

articolo sono gli unici che forniscono criteri<br />

per l’esecuzione dei provvedimenti<br />

di tso e di aso:<br />

- il rispetto della dignità della persona e<br />

dei diritti civili e politici, compreso per<br />

quanto possibile il diritto alla libera scelta<br />

del medico e del luogo di cura;<br />

- devono essere accompagnati da iniziative<br />

rivolte ad assicurare il consenso e la<br />

partecipazione da parte di chi vi è obbligato.<br />

Gli accertamenti ed i trattamenti<br />

sanitari obbligatori sono disposti con<br />

provvedimento del sindaco nella sua<br />

qualità di autorità sanitaria, su proposta<br />

motivata di un medico.<br />

La procedura di adozione dei provvedimenti<br />

sanitari coatti ruota intorno alla figura<br />

del sindaco. Questi è il principale<br />

attore, in quanto è colui che assume la<br />

paternità (e quindi la responsabilità) di<br />

queste delicate decisioni.<br />

Il sindaco agisce nella sua qualità di autorità<br />

sanitaria locale, e di titolare del<br />

potere di emettere ordinanze contingibili<br />

ed urgenti. Gli accertamenti e i trattamenti<br />

sanitari obbligatori sono attuati dai<br />

presìdi e servizi sanitari pubblici territoriali<br />

e, ove, necessiti la degenza, nelle<br />

strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate.<br />

Il trattamento sanitario obbligatorio<br />

si svolge in regime di degenza<br />

ospedaliera solamente qualora manchino<br />

le condizioni e le circostanze che<br />

consentano di adottare le tempestive ed<br />

idonee misure sanitarie extraospedaliere.<br />

Invece, l’accertamento sanitario obbligatorio,<br />

non richiedendo la degenza,<br />

non può essere svolto nelle strutture<br />

ospedaliere, ma nell’ambulatorio del medico<br />

curante o presso la sede del centro<br />

di igiene mentale.<br />

Preferibilmente, deve essere svolto a domicilio<br />

del paziente o nel luogo in cui<br />

viene trovato, al fine di assicurare, come<br />

richiede il successivo comma, il consenso<br />

e la partecipazione da parte di chi<br />

vi è obbligato. Gli accertamenti e i trattamenti<br />

sanitari obbligatori di cui ai precedenti<br />

commi devono essere accompagnati<br />

da iniziative rivolte ad assicurare<br />

il consenso e la partecipazione da parte<br />

di chi vi è obbligato. L’unità sanitaria<br />

locale opera per ridurre il ricorso ai suddetti<br />

trattamenti sanitari obbligatori, sviluppando<br />

le iniziative di prevenzione e<br />

di educazione sanitaria ed i rapporti organici<br />

tra servizi e comunità. Nel corso<br />

del trattamento sanitario obbligatorio,<br />

l’infermo ha diritto di comunicare con<br />

chi ritenga opportuno. Chiunque può rivolgere<br />

al sindaco richiesta di revoca o<br />

di modifica del provvedimento con il<br />

quale è stato disposto o prolungato il trattamento<br />

sanitario obbligatorio.<br />

Sulle richieste di revoca o di modifica il<br />

sindaco decide entro dieci giorni. I provvedimenti<br />

di revoca o di modifica sono<br />

adottati con lo stesso procedimento del<br />

provvedimento revocato o modificato. Il<br />

malato, quindi, anche nel corso del trattamento<br />

sanitario obbligatorio rimane titolare<br />

di diritti, e non deve essere isolato<br />

o segregato. Addirittura egli, o chi per lui,<br />

può intervenire per ottenere la revoca o<br />

la modifica dell’ordinanza sindacale.<br />

34. Accertamenti e trattamenti sanitari<br />

volontari e obbligatori per malattia<br />

mentale.<br />

La legge regionale, nell’àmbito della<br />

unità sanitaria locale e nel complesso dei<br />

servizi generali per la tutela della salute,<br />

disciplina l’istituzione di servizi a strut-<br />

32<br />

tura dipartimentale che svolgono funzioni<br />

preventive, curative e riabilitative<br />

relative alla salute mentale. Le misure di<br />

cui al secondo comma dell’articolo precedente<br />

possono essere disposte nei confronti<br />

di persone affette da malattia mentale.<br />

Gli interventi di prevenzione, cura<br />

e riabilitazione relativi alle malattie mentali<br />

sono attuati di norma dai servizi e<br />

presìdi territoriali extraospedalieri di cui<br />

al primo comma. Il trattamento sanitario<br />

obbligatorio per malattia mentale può<br />

prevedere che le cure vengano prestate<br />

in condizioni di degenza ospedaliera solo<br />

se esistano alterazioni psichiche tali<br />

da richiedere urgenti interventi terapeutici,<br />

se gli stessi non vengano accettati<br />

dall’infermo e se non vi siano le condizioni<br />

e le circostanze che consentano di<br />

adottare tempestive ed idonee misure sanitarie<br />

extraospedaliere.<br />

Il provvedimento che dispone il trattamento<br />

sanitario obbligatorio in condizioni<br />

di degenza ospedaliera deve essere<br />

preceduto dalla convalida della proposta<br />

di cui al terzo comma dell’articolo<br />

33 da parte di un medico della unità<br />

sanitaria locale e deve essere motivato<br />

in relazione a quanto previsto nel presente<br />

comma. Qui entra in gioco la funzione<br />

degli uffici comunali, solitamente<br />

incardinati nella Polizia municipale, di<br />

tutelare i diritti del malato in sede di<br />

istruttoria dell’ordinanza sindacale, verificando<br />

la sussistenza dei requisiti tassativamente<br />

richiesti dalla norma per l’emanazione<br />

del provvedimento:<br />

- la preventiva proposta motivata di un<br />

medico (anche non specialista),<br />

- questa deve essere confermata (con un<br />

atto di convalida) da un secondo medico<br />

appartenente al Servizio sanitario nazionale.<br />

Non solo, l’ordinanza deve essere<br />

motivata, richiamando la sussistenza, attestata<br />

dalla proposta del medico, di tre<br />

circostanze in mancanza delle quali il<br />

provvedimento non può essere emesso:<br />

- solo se esistano alterazioni psichiche<br />

tali da richiedere urgenti interventi terapeutici,<br />

- se gli stessi non vengano accettati dall’infermo,<br />

- e se non vi siano le condizioni e le cir-


costanze che consentano di adottare<br />

tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliere.<br />

Nei casi di cui al precedente<br />

comma il ricovero deve essere attuato<br />

presso gli ospedali generali, in specifici<br />

servizi psichiatrici di diagnosi e cura<br />

all’interno delle strutture dipartimentali<br />

per la salute mentale comprendenti<br />

anche i presìdi e i servizi extraospedalieri,<br />

al fine di garantire la continuità terapeutica.<br />

I servizi ospedalieri di cui al<br />

presente comma sono dotati di posti letto<br />

nel numero fissato dal piano sanitario<br />

regionale.<br />

35. Procedimento relativo agli accertamenti<br />

e trattamenti sanitari obbligatori in<br />

condizioni di degenza ospedaliera per<br />

malattia mentale e tutela giurisdizionale.<br />

Il provvedimento con il quale il sindaco<br />

dispone il trattamento sanitario obbligatorio<br />

in condizioni di degenza ospedaliera,<br />

da emanarsi entro 48 ore dalla convalida<br />

di cui all’articolo 34, quarto comma,<br />

corredato dalla proposta medica motivata<br />

di cui all’articolo 33, terzo comma,<br />

e dalla suddetta convalida deve essere<br />

notificato, entro 48 ore dal ricovero,<br />

tramite messo comunale, al giudice<br />

tutelare nella cui circoscrizione rientra il<br />

comune. Particolare che pochi conoscono:<br />

il Sindaco ha tutto il tempo necessario<br />

(48 ore dalla convalida medica)<br />

per decidere se emanare l’ordinanza.<br />

Nel frattempo i suoi uffici possono richiedere<br />

chiarimenti, integrazioni o chiedere<br />

che le proposte viziate siano, se è<br />

possibile, sanate. Noto a tutti è invece il<br />

termine di 48 ore per trasmettere il provvedimento<br />

al giudice tutelare.<br />

L’intervento del giudice tutelare non è<br />

previsto:<br />

- nel caso di A.S.O.,<br />

- in quello di T.S.O. in condizioni extraospedaliere.<br />

La libertà del malato di mente viene infatti<br />

compressa per il tempo necessario<br />

alla visita, nella prima ipotesi, o comunque<br />

senza necessità di ricovero, nella seconda<br />

ipotesi.<br />

Il giudice tutelare, entro le successive 48<br />

ore, assunte le informazioni e disposti gli<br />

eventuali accertamenti, provvede con decreto<br />

motivato a convalidare o non convalidare<br />

il provvedimento e ne dà comunicazione<br />

al sindaco. In caso di mancata<br />

convalida il sindaco dispone la cessazione<br />

del trattamento sanitario obbli-<br />

gatorio in condizioni di degenza ospedaliera.<br />

Il Sindaco, in caso di mancata convalida,<br />

deve provvedere immediatamente a<br />

disporre la cessazione del Tso, anche se<br />

è intenzionato a ricorrere contro la decisione<br />

del giudice: questo accorgimento<br />

evita responsabilità derivanti dalla protrazione<br />

dell’indebita privazione della libertà.<br />

Se il provvedimento di cui al primo<br />

comma del presente articolo è disposto<br />

dal sindaco di un comune diverso<br />

da quello di residenza dell’infermo,<br />

ne va data comunicazione al sindaco di<br />

questo ultimo comune, nonché al giudice<br />

tutelare nella cui circoscrizione rientra<br />

il comune di residenza.<br />

Se il provvedimento di cui al primo comma<br />

del presente articolo è adottato nei<br />

confronti di cittadini stranieri o di apolidi,<br />

ne va data comunicazione al Ministero<br />

dell’interno, e al consolato competente,<br />

tramite il prefetto. Nei casi in cui<br />

il trattamento sanitario obbligatorio debba<br />

protrarsi oltre il settimo giorno, ed in<br />

quelli di ulteriore prolungamento, il sanitario<br />

responsabile del servizio psichiatrico<br />

della unità sanitaria locale è tenuto<br />

a formulare, in tempo utile, una proposta<br />

motivata al sindaco che ha disposto<br />

il ricovero, il quale ne dà comunicazione<br />

al giudice tutelare, con le modalità e<br />

per gli adempimenti di cui al primo e secondo<br />

comma del presente articolo, indicando<br />

la ulteriore durata presumibile<br />

del trattamento stesso.<br />

Il sanitario di cui al comma precedente<br />

è tenuto a comunicare al sindaco, sia in<br />

caso di dimissione del ricoverato che in<br />

continuità di degenza, la cessazione delle<br />

condizioni che richiedono l’obbligo<br />

del trattamento sanitario; comunica altresì<br />

la eventuale sopravvenuta impossibilità<br />

a proseguire il trattamento stesso.<br />

Il sindaco, entro 48 ore dal ricevimento<br />

della comunicazione del sanitario, ne dà<br />

notizia al giudice tutelare.<br />

Qualora ne sussista la necessità il giudice<br />

tutelare adotta i provvedimenti urgenti<br />

che possono occorrere per conservare e<br />

per amministrare il patrimonio dell’infermo.<br />

La omissione delle comunicazioni<br />

di cui al primo, quarto e quinto comma<br />

del presente articolo determina la<br />

cessazione di ogni effetto del provvedimento<br />

e configura, salvo che non sussistano<br />

gli estremi di un delitto più grave,<br />

il reato di omissione di atti di ufficio.<br />

Ecco in quali casi il Sindaco rischia ve-<br />

33<br />

ramente di essere incriminato per omissione<br />

di atti d’ufficio! Quando omette di<br />

dare comunicazione al giudice tutelare<br />

del provvedimento di trattamento sanitario<br />

obbligatorio e delle vicende successive<br />

a questo.<br />

Chi è sottoposto a trattamento sanitario<br />

obbligatorio, e chiunque vi abbia interesse,<br />

può proporre al tribunale competente<br />

per territorio ricorso contro il provvedimento<br />

convalidato dal giudice tutelare.<br />

Entro il termine di trenta giorni, decorrente<br />

dalla scadenza del termine di<br />

cui al secondo comma del presente articolo,<br />

il sindaco può proporre analogo ricorso<br />

avverso la mancata convalida del<br />

provvedimento che dispone il trattamento<br />

sanitario obbligatorio.<br />

Nel processo davanti al tribunale le parti<br />

possono stare in giudizio senza ministero<br />

di difensore e farsi rappresentare da<br />

persona munita di mandato scritto in calce<br />

al ricorso o in atto separato. Il ricorso<br />

può essere presentato al tribunale mediante<br />

raccomandata con avviso di ricevimento.<br />

Il presidente del tribunale fissa<br />

l’udienza di comparizione delle parti con<br />

decreto in calce al ricorso che, a cura del<br />

cancelliere, è notificato alle parti nonché<br />

al pubblico ministero.<br />

Il presidente del tribunale, acquisito il<br />

provvedimento che ha disposto il trattamento<br />

sanitario obbligatorio e sentito il<br />

pubblico ministero, può sospendere il<br />

trattamento medesimo anche prima che<br />

sia tenuta l’udienza di comparizione.<br />

Sulla richiesta di sospensiva il presidente<br />

del tribunale provvede entro dieci giorni.<br />

Il tribunale provvede in camera di<br />

consiglio, sentito il pubblico ministero,<br />

dopo avere assunto le informazioni e raccolto<br />

le prove disposte di ufficio o richieste<br />

dalle parti.<br />

I ricorsi ed i successivi provvedimenti sono<br />

esenti da imposta di bollo. La decisione<br />

del processo non è soggetta a registrazione.<br />

Il ricorso avverso l’ordinanza che dispone<br />

il trattamento sanitario obbligatorio<br />

(non previsto invece per il solo Aso) è<br />

un’evenienza rara, ma pur sempre possibile<br />

(allo scrivente è accaduto!). Si noti<br />

come nella procedura viene coinvolto<br />

il pubblico ministero: ciò significa che in<br />

caso di accoglimento del ricorso, questi<br />

darà avvio all’azione penale nei confronti<br />

del Sindaco per i reati di abuso d’ufficio<br />

(articolo 323 c. p.) e/o di sequestro di<br />

persona (articolo 605 c. p.).


LUIGI ALTAMURA<br />

Comandante della Polizia municipale<br />

di Verona<br />

LA GESTIONE DELLA COMUNICAZIONE ESTERNA<br />

NELLA POLIZIA MUNICIPALE: ASPETTI ORGANIZZATIVI<br />

Finalmente anche nella Polizia locale<br />

è viva la volontà di comunicare all’opinione<br />

pubblica i risultati delle<br />

attività svolte. Sembrava quasi che ci<br />

fosse un blocco, una inazione dovuta<br />

in parte all’inesperienza, in parte<br />

a non contrastare la visibilità del politico<br />

o dell’amministratore di turno,<br />

che invece hanno compreso quanto<br />

importante sia fornire elementi comunicativi<br />

e organizzativi delle singole<br />

Polizie locali.<br />

Sono sempre di più i Comandi che<br />

hanno instaurato nuovi uffici stampa<br />

o uffici comunicazione Esterna,<br />

con addetti ai rapporti con il mondo<br />

dei mass-media, tecnici che forniscono<br />

importanti commenti a giornalisti<br />

che spesso brancolano nel<br />

buio e che sempre di più vogliono<br />

sentire anche la “campana” Polizia<br />

locale, oggi sempre più artefice e<br />

protagonista nel mondo della sicurezza<br />

cittadina.<br />

Ma la Polizia municipale come si<br />

comporta? È riuscita a trovare un<br />

proprio spazio, un angolo dove descrivere<br />

le azioni, i risultati, i commenti,<br />

con tecnicismo, con professionalità,<br />

con l’esuberanza di una<br />

organizzazione unica per la sua presenza<br />

capillare sul territorio?<br />

I dati in nostro possesso dimostrano<br />

che molta strada è ancora da percorrere<br />

e dalla disamina delle situazioni<br />

che ora andremo a fare si potrà<br />

capire come l’occasione che oggi<br />

il panorama normativo e gestionale<br />

offre, non può permettere ulte-<br />

riore ritardi organizzativi. La missione<br />

che ci viene richiesta è quella<br />

di comunicare ad ogni organo di<br />

informazione - mai creare un canale<br />

preferenziale - gli obiettivi aziendali<br />

e strategici, che riguardano<br />

l’intera azione della Polizia municipale.<br />

Ma siamo in grado di farlo?<br />

Oppure ci dobbiamo affidare a terzi,<br />

ai tecnici della comunicazione,<br />

a coloro però che non conoscono le<br />

nostre peculiarità e i nostri punti di<br />

forza?<br />

Oggi subiamo la notizia, sia positiva<br />

ma sia - soprattutto - negativa; le<br />

aggressioni verbali e scritte, da parte<br />

di istituzioni, associazioni, amministratori,<br />

semplici cittadini spesso<br />

vengono passivamente recepite al<br />

nostro interno dove una sorte di disaffezione<br />

per gli innumerevoli problemi,<br />

impedisce una reazione costruttiva<br />

e la c.d. “attività silenziosa”,<br />

senza rispondere delle singole<br />

attività, non può essere certo rispondente<br />

ad una Polizia municipale<br />

aperta al confronto e alla comunicazione<br />

e aggiornata ai tempi attuali.<br />

La demotivazione di cui oggi tutti<br />

sentiamo parlare nei vari Comandi<br />

di Polizia municipale passa anche<br />

attraverso una scarsa cultura dell’informazione<br />

che è insita nel nostro<br />

dna: le attività delle Forze di<br />

Polizia dello Stato - tutte “armate”<br />

di veri e propri uffici stampa, con<br />

“portavoce tecnici” (funzionari di<br />

Polizia o ufficiali dei Carabinieri<br />

34<br />

piuttosto che della Guardia di<br />

Finanza) a disposizione della stampa<br />

in ogni provincia per realizzare<br />

un servizio “porta a porta” (intesa<br />

come singola redazione) che deve<br />

essere la carta vincente del sistema<br />

strategico “comunicazione-evoluzione-raggiungimento<br />

risultato” -<br />

vengono “elevate”, “vestite”, “confezionate”<br />

nella migliore maniera<br />

possibile e inviate agli organi di<br />

stampa già con un pacchetto tutto<br />

compreso, annesse le immagini con<br />

il logo della singola Forza di Polizia.<br />

Noi non dobbiamo copiare, ma dobbiamo<br />

saper “vendere” un prodotto<br />

che rende anche più stimolante il futuro<br />

della Polizia locale.<br />

La nostra immagine, la nostra attività<br />

non può essere calpestata da missive<br />

pubblicate sulle ormai famose pagine<br />

delle rubriche “Lettere al direttore”,<br />

dove ogni nostra azione viene<br />

letta come un agguato, una nuova<br />

tassa comunale, una truffa legalizzata<br />

- mi riferisco ai verbali redatti<br />

con strumentazioni tecnologiche autovelox,<br />

telelaser, telecamere per la<br />

ztl, photored - come un fastidio che<br />

si crea al cittadino solo perché si redige<br />

un verbale per non aver osservato<br />

il codice della strada.<br />

Il rapporto con il cittadino deve essere<br />

alla base del processo di comunicazione,<br />

per informare, chiarire,<br />

specificare, anticipare, presentare,<br />

educare alla legalità, al rispetto<br />

del nostro lavoro, al miglioramento<br />

dei servizi, aspetto quest’ultimo che


passa attraverso le tecnologie oggi a<br />

nostra disposizione.<br />

Occorre capire che la strategia deve<br />

essere quella di “attaccare” - lasciatemi<br />

passare questo termine - attraverso<br />

una comunicazione incisiva,<br />

costruttiva, duttile e rispondente alle<br />

grandi professionalità che ogni<br />

Comando possiede, grazie anche all’esperienza<br />

e alla conoscenza approfondita<br />

di norme e procedure.<br />

Nessuno si deve sentire inferiore ad<br />

un giornalista o ad un operatore mediatico<br />

solo per il fatto di “temere”<br />

l’articolo o il servizio televisivo che<br />

andrà a preparare: noi serviamo ai<br />

mass-media, siamo fornitori di spunti,<br />

e la creazione di un nuovo ufficio<br />

all’interno delle nostre strutture è un<br />

passo ormai indifferibile, se non vogliamo<br />

tornare ad essere trattati come<br />

i “servitori del sindaco”.<br />

È proprio l’amministratore che si è<br />

accorto che la Polizia locale è in trasformazione,<br />

che è il mondo dei<br />

mass-media ad aprire la porta ai conoscitori-tecnici<br />

di Polizia stradale,<br />

di Polizia amministrativa, ambientale.<br />

Non perdo mai occasione di ricordare<br />

ad ogni convegno cui partecipo<br />

che per fare comunicazione<br />

occorre crederci: questo consiglio<br />

lo do a coloro che non hanno mai<br />

ritenuto di adeguarsi ai tempi perché<br />

lo ritengono una perdita di tempo e<br />

- soprattutto in tempi di “vacche magre”<br />

- di personale.<br />

Il primo aspetto organizzativo riguarda<br />

l’istituzione di un ufficio<br />

stampa o meglio di un ufficio comunicazione<br />

esterna; come noto, la<br />

legge 150/2000 completa un percorso<br />

normativo iniziato con la legge<br />

241/1990, dove la Pubblica Amministrazione<br />

ha “dovuto” finalmente<br />

interloquire con il cittadino,<br />

fornendo assistenza attraverso vari<br />

istituti giuridici come il c.d. “diritto<br />

di accesso”.<br />

L’articolo 1 della legge 150/2000<br />

chiarisce subito gli aspetti che più<br />

riguardano la comunicazione attraverso<br />

una attività idonea a “….illustrare<br />

e favorire la conoscenza del-<br />

le disposizioni normative - al fine di<br />

facilitarne l’applicazione - illustrare<br />

le attività delle istituzioni ed il loro<br />

funzionamento, favorire l’accesso ai<br />

servizi pubblici - promuovendone la<br />

conoscenza - promuovere conoscenze<br />

allargate e approfondite su<br />

temi di rilevante interesse pubblico<br />

e sociale, favorire processi interni di<br />

semplificazione delle procedure e di<br />

modernizzazione, promuovere l’immagine”.<br />

Vengono altresì create le<br />

figure del “portavoce”, dell’”ufficio<br />

stampa”, degli “sportelli del cittadino”.<br />

Tornando all’aspetto organizzativo<br />

molti Comandi di Polizia municipale<br />

ritengono sufficiente “appoggiarsi”<br />

all’ufficio stampa del Sindaco, al<br />

portavoce dell’Amministrazione Comunale,<br />

dimenticando che la notizia<br />

perde di significato, e soprattutto<br />

svanisce una direzionalità che è<br />

anche di ritorno.<br />

Chi fornisce i particolari di quella<br />

notizia, la segreteria del Comandante,<br />

l’ufficio affari generali oppure<br />

il gabinetto del Sindaco piuttosto<br />

che il suo ufficio stampa? Sappiamo<br />

tutti che i giornalisti non vogliono<br />

nulla di preconfezionato, cercano<br />

l’angolatura giusta, la notizia nella<br />

notizia, quel particolare in più che<br />

crea la curiosità anche nel lettore.<br />

La soluzione migliore è quella di un<br />

ufficio comunicazione esterna, incorporato<br />

nel Comando Polizia municipale,<br />

in staff al Dirigente e in<br />

stretto contatto con l’ufficio stampa<br />

del Sindaco. Una sinergia con quest’ultimo<br />

settore che comporta un<br />

rafforzamento del “peso specifico”<br />

di ogni informazione. La comunicazione<br />

non può e non deve essere delegata<br />

ad altri e deve essere coordinata<br />

da una “testa pensante”.<br />

La scelta del personale da inserire in<br />

questo delicato contesto deve avvenire<br />

attraverso una vera e propria selezione,<br />

con un presupposto fondamentale:<br />

la comunicazione deve essere<br />

“amata”, “desiderata”, deve<br />

coinvolgere per saper coinvolgere,<br />

chi sarà individuato dovrà essere<br />

35<br />

una persona leale, fidata, intelligente<br />

e che sappia proporsi in maniera<br />

positiva e corretta nei confronti degli<br />

operatori dei mass-media.<br />

Operatori di Polizia locale con esperienza<br />

e con le caratteristiche sopra<br />

descritte potranno essere le armi in<br />

più per affrontare questa sfida con<br />

tenacia e soddisfazioni.<br />

Nulla vieta di inserire collaboratori<br />

anche amministrativi - ve ne sono<br />

molti di motivati in tanti Comandi<br />

che possano supportare le attività<br />

della Polizia municipale - e che rispondano<br />

sempre alle caratteristiche<br />

sopra accennate, ma la responsabilità<br />

dovrà essere sempre e comunque<br />

in capo al Dirigente. L’ufficio<br />

dovrà rispondere anche in termini di<br />

“marketing istituzionale”, perché<br />

non basta confezionare un comunicato<br />

stampa, occorre orientare l’attenzione<br />

dei media in una direzione<br />

piuttosto che in un’altra, fornendo<br />

materiale che oggi i giornalisti sono<br />

obbligati a ricercare in autonomia e<br />

totale assenza di supporto.<br />

La possibilità di fornire dati statistici<br />

- con l’obbligo che i collaboratori<br />

forniscano dati aggiornati e rispondenti<br />

alla realtà anche temporale<br />

dell’argomento - di contorno alla<br />

notizia, rendere disponibili i dettagli,<br />

consentire all’operatore di assistere<br />

all’operazione sono tutti fattori<br />

che rappresentano per il giornalista<br />

una possibilità unica.<br />

Oltre a ciò, la creazione di un rapporto<br />

confidenziale e fiduciario con<br />

tutti gli operatori potrebbe indurre il<br />

giornalista a scegliere con più attenzione<br />

le proprie fonti, evitando di<br />

dare eccessivo risalto all’isolata lamentela<br />

del cittadino o a episodiche<br />

carenze nei servizi.<br />

Altro aspetto propedeutico alla creazione<br />

è quello di uno screening aggiornato<br />

di tutte le testate esistenti<br />

nel bacino di utenza del Comando,<br />

senza tralasciare due fenomeni poco<br />

curati dalle Polizie municipali e<br />

mi riferisco alle agenzie di stampa e<br />

alla c.d. free-press.


L’ANSA, l’AGI, l’ADN Kronos, l’Italpress<br />

hanno redazioni locali nei<br />

principali capoluoghi di regione e<br />

spesso pubblicano notizie relative<br />

ad operazioni delle Polizie municipali,<br />

piuttosto che interventi a seguito<br />

di incidenti stradali e l’inserimento<br />

nei circuiti comunicativi con<br />

relativa pubblicazione dei c.d. “lanci”<br />

in questi settori, dimostra come<br />

sia apprezzata la nostra attività.<br />

Notizie inviate e pubblicate nelle<br />

prime ore della mattina vengono<br />

meglio divulgate e trovano maggiori<br />

spunti nelle singole redazioni.<br />

Il fenomeno della free-press, cioè di<br />

quei quotidiani gratuiti distribuiti<br />

agli angoli delle strade e nei principali<br />

centri di aggregazione (ospedali,<br />

scuole, uffici pubblici), va seguito<br />

con più attenzione anche come<br />

canale di comunicazione pubblica,<br />

come ad esempio i lavori in corso e<br />

le strade da evitare, le attività di educazione<br />

stradale, piuttosto che di<br />

pronto intervento o di Polizia giudiziaria.<br />

Solo così facendo si potrà ampliare<br />

il bacino di utenti, andando a formare<br />

una mentalità positiva che<br />

spinga tutto il settore giornalistico a<br />

concedere più spazio, più attenzione<br />

alle nostre attività, a mostrare la<br />

vera “faccia” di operatori professionisti.<br />

Ma quali sono gli strumenti da utilizzare<br />

per aggiornare in tempo reale<br />

le redazioni? Il primo e forse quello<br />

più conosciuto è il classico “comunicato<br />

stampa”; tralasciando il discorso<br />

sull’opportunità o meno della<br />

stesura e del rapporto con il singolo<br />

amministratore, va evidenziato<br />

l’aspetto contenutistico - che non<br />

dovrà mai essere legato a nozioni<br />

poliziesche o tecnico-giuridiche -<br />

ma che dovrà essere rivolto alla<br />

massa dei cittadini/utenti.<br />

L’autorizzazione all’invio dovrà ricadere<br />

esclusivamente sul Comandante,<br />

dopo una attenta lettura, perché<br />

anche i più piccoli particolari<br />

possono essere letti sotto varie sfaccettature.<br />

L’invio deve avvenire con i moderni<br />

e rapidi sistemi, e cioè attraverso la<br />

creazione di una sempre aggiornata<br />

(almeno due volte l’anno) mailing list<br />

di posta elettronica, che permette<br />

ad ogni giornalista la ricezione della<br />

notizia direttamente sui pc dove<br />

confezioneranno il pezzo.<br />

Attualmente la mailing list del<br />

Comando di Verona comprende oltre<br />

80 indirizzi e ci permettono di<br />

coprire l’intera regione Veneto e un<br />

vastissimo bacino di cittadini. È impensabile<br />

utilizzare il fax per trasmettere<br />

comunicati stampa; alcune<br />

redazioni non intendono nemmeno<br />

trascriverlo, giustificandosi poi per<br />

la mancata pubblicazione nell’assenza<br />

di spazio.<br />

Altro strumento particolarmente impegnativo<br />

è la conferenza stampa,<br />

ottimo strumento per migliorare il<br />

rapporto con il cittadino, che acquisisce<br />

ancora di più la consapevolezza<br />

del ruolo della Polizia locale,<br />

proponendosi in prima linea, dimostrando<br />

di essere all’altezza dei riconoscimenti<br />

che il ruolo richiede.<br />

L’organizzazione dell’incontro con<br />

i mass media dovrà prevedere un invito<br />

- da effettuarsi con l’invio di email<br />

con indicato il giorno, l’ora, il<br />

luogo e l’argomento della conferenza<br />

stampa oppure attraverso un nuovo<br />

strumento legato ad un servizio<br />

di sms multipli da gestire attraverso<br />

un semplice sistema informatico - la<br />

stesura di un comunicato da distribuire<br />

durante la conferenza stampa<br />

e la possibilità di effettuare riprese<br />

televisione anche successive per permettere<br />

il confezionamento di un<br />

buon prodotto televisivo.<br />

Dovrà essere fornita la massima disponibilità<br />

ad interviste finali e commenti<br />

a tutti coloro che intendano<br />

proporle.<br />

L’intera struttura Polizia municipale<br />

dovrà comparire nella macchina<br />

“comunicazione”, non devono esserci<br />

privilegi interni, con settori che<br />

maggiormente compaiono ed altri ri-<br />

36<br />

tenuti di serie “B”. Anche un ufficio<br />

verbali può avere il proprio spazio<br />

informativo-mediatico, utile ai cittadini<br />

per fare il punto sui ricorsi piuttosto<br />

che su un aspetto professionale,<br />

di aggiornamento e di consulenza<br />

a seguito dell’emanazione di nuove<br />

leggi o circolari ministeriali.<br />

Proprio la condivisione con tutti i<br />

settori della Polizia municipale è<br />

uno degli aspetti più delicati del<br />

“saper fare comunicazione”; tutti<br />

devono sapere quali sono gli obiettivi<br />

da raggiungere - anche un opportuno<br />

corso di aggiornamento rivolto<br />

a tutto il personale sui riferimenti<br />

normativi e su come si dovrà<br />

interloquire con il nuovo ufficio comunicazione<br />

esterna può essere un<br />

ottimo strumento di penetrazione<br />

nelle difficili maglie gestionali/organizzative<br />

di un Comando - e soprattutto<br />

perché “spendere” energie<br />

e risorse per fare informazione/comunicazione.<br />

Altra accusa che potranno muovere<br />

ad iniziative innovative di questo tipo<br />

riguardano proprio le difficoltà<br />

esistenti all’interno dei Comandi;<br />

“vogliono fare comunicazione esterna<br />

ma se qui non esiste neanche<br />

quella interna” è una di quelle frasi<br />

che come Comandante ti sbattono al<br />

muro, senza possibilità di replica.<br />

La comunicazione esterna deve necessariamente<br />

passare attraverso un<br />

benessere aziendale, attraverso un<br />

miglioramento delle condivisioni critiche<br />

sui diversi aspetti organizzativi,<br />

attraverso apposite riunione propedeutiche,<br />

con la revisione dei circuiti<br />

informativi.<br />

La comunicazione è fondamentale<br />

in una moderna Polizia locale. Ma<br />

solo se riteniamo di avere in mano<br />

uno strumento importante e strategico,<br />

che può spalancare la porta ad<br />

un miglioramento dell’immagine<br />

delle Polizie municipali e del conseguente<br />

rapporto con il cittadino/utente.<br />

Provare per credere.


ALBERTO MESSERINI<br />

Comandante della Polizia municipale<br />

di Calcinaia (PI)<br />

IL RUOLO DELLA POLIZIA LOCALE NELLA PROGETTAZIONE<br />

E GESTIONE DEI PROGETTI SICUREZZA PER I COMUNI<br />

DI MEDIE E PICCOLE DIMENSIONI<br />

Scopo di questa relazione non è quello<br />

di ricostruire l’iter normativo che,<br />

da qualche anno a questa parte, ha<br />

portato gli enti locali ad occuparsi (attivamente)<br />

di sicurezza, bensì quello<br />

di focalizzare il ruolo che la Polizia<br />

locale riveste nell’ambito delle politiche<br />

di sicurezza attivate dai <strong>Comuni</strong><br />

e che, vedremo, essere un ruolo essenziale.<br />

Tuttavia non possiamo esimerci dallo<br />

storicizzare, pur in senso estremamente<br />

analitico, l’evoluzione che, in<br />

materia di sicurezza urbana, ha coinvolto<br />

le amministrazioni comunali ed<br />

i loro organismi (sia di governo che<br />

tecnici).<br />

Costruita la premessa, passeremo ad<br />

analizzare l’aspetto inerente l’operato<br />

della Polizia locale nell’ambito della<br />

sicurezza urbana, limitando ciò ad<br />

una (volutamente) precisa dimensione:<br />

quella dei <strong>Comuni</strong> medio - piccoli,<br />

ovvero quelle realtà che non superano<br />

i 15.000 abitanti (e che, nel territorio<br />

della Repubblica, costituiscono<br />

la maggioranza).<br />

Ciò per due distinti ordini di ragioni:<br />

1) in primis perché l’esperienza diretta<br />

di chi scrive attiene alla costruzione<br />

ed alla gestione di un progetto - sicurezza<br />

che, iniziato nell’anno 2001,<br />

continua ad esplicarsi nell’ambito di<br />

un territorio comunale abitato da circa<br />

10.000 persone;<br />

2) secondariamente perché uno dei<br />

maggiori errori che è dato riscontrare<br />

nelle azioni per la sicurezza attuate<br />

nei piccoli <strong>Comuni</strong>, è quello di voler<br />

in qualche misura “scimmiottare” i<br />

progetti delle grandi realtà (addirittura<br />

delle realtà metropolitane), mutuando<br />

da questi non delle idee da rielaborare,<br />

ma dei veri e propri strumenti<br />

di azione, pensati per ben altre<br />

situazioni e di ben altra portata.<br />

EVOLUZIONE<br />

DEL RUOLO DEL COMUNE<br />

IN MATERIA DI SICUREZZA<br />

Le competenze riconosciute ai<br />

<strong>Comuni</strong> nell’ambito della sicurezza<br />

pubblica, trovano origine nel primo<br />

Testo Unico delle leggi comunali e<br />

provinciali (R.D. 04.02.1915 n. 148)<br />

il quale, all’articolo 153, prevedeva in<br />

capo al Sindaco il potere di ordinanza<br />

per casi di necessità ed urgenza, allo<br />

scopo di garantire la sicurezza degli<br />

amministrati.<br />

Analoga previsione fu mantenuta nel<br />

successivo Testo Unico (R.D. n.<br />

383/1934), il quale poneva la “sicurezza<br />

pubblica” come uno dei motivi<br />

giustificativi del potere ordinativo sindacale.<br />

In tempi di ben diversa sensibilità<br />

normativa e sociale, la materia<br />

è stata di nuovo ridisegnata dalla<br />

Legge 08.06.1990 n. 142 (oggi sostituita<br />

dal nuovo Testo Unico decreto<br />

legislativo n. 267/2000) la quale, all’art.<br />

38, annovera il concetto di “incolumità<br />

dei cittadini” quale fine verso<br />

cui volgere il potere del Sindaco di<br />

emanare ordinanze con tingibili ed urgenti<br />

in materia di sanità ed igiene,<br />

edilizia e Polizia locale.<br />

Ma è con la Legge 26.03.2001 n. 128<br />

(c.d. “pacchetto sicurezza”) che il ruolo<br />

dell’Ente Locale in materia, assume<br />

una veste del tutto nuova ed in grado<br />

38<br />

di aprire la strada ad un coinvolgimento<br />

sempre più diretto.<br />

Tra le disposizioni introdotte, quelle<br />

che appaiono più significative riguardano:<br />

- la partecipazione del Sindaco al Comitato<br />

Provinciale per la Scurezza<br />

Pubblica, quando gli argomenti da<br />

trattare riguardino il Comune;<br />

- un più intenso intervento da parte del<br />

Ministro dell’Interno, il quale è chiamato<br />

ad impartire direttive per la realizzazione,<br />

a livello provinciale e nei<br />

maggiori centri urbani, di piani coordinati<br />

di controllo interforze del territorio,<br />

con la possibilità, a richiesta del<br />

Sindaco, della partecipazione di contingenti<br />

dei corpi o servizi di Polizia<br />

municipale;<br />

- un riferimento diretto ai “presidi mobili<br />

di quartiere”, nonché il potenziamento<br />

ed il coordinamento dei servizi<br />

di soccorso pubblico e pronto intervento<br />

per la sicurezza dei cittadini;<br />

- l’obbligo, per le forze di Polizia, di<br />

conferire al Centro elaborazione dati<br />

del Dipartimento della Pubblica Sicurezza,<br />

le informazioni acquisite nel<br />

corso delle attività di prevenzione e<br />

repressione dei reati e di quelle amministrative.<br />

Con la recente riforma del Titolo V<br />

della Costituzione, la sicurezza dei cittadini<br />

viene ancor più decentrata a livello<br />

territoriale, riconoscendo alle<br />

Regioni la potestà esclusiva in materia<br />

di Polizia locale.<br />

Allo stato attuale, la quasi totalità delle<br />

comunità regionali si è dotata di<br />

leggi disciplinanti la materia; strumenti<br />

che non si limitano solo ad una regolamentazione<br />

tecnica della Polizia, ma


che apertamente sfociano nell’impegno<br />

a tutelare la sicurezza dei cittadini,<br />

quale valore primario e trasversale.<br />

I PIANI SICUREZZA<br />

DEI COMUNI<br />

MEDIO PICCOLI:<br />

ALCUNI PUNTI CRITICI<br />

Dando attuazione alle previsioni legislative<br />

regionali, sono oramai centinaia<br />

le realtà comunali italiane impegnate,<br />

in prima persona e con differenti<br />

strumenti, nella tutela della sicurezza<br />

delle rispettive comunità di riferimento.<br />

Difatti, nell’ultimo decennio, le Amministrazioni<br />

Comunali hanno approvato<br />

piani di sicurezza singoli o integrati,<br />

hanno sottoscritto protocolli d’intesa<br />

e contratti di sicurezza con le<br />

Prefetture, hanno avuto accesso agli<br />

appositi fondi regionali, hanno istituito<br />

nuovi servizi di presidio del territorio,<br />

hanno creato comitati comunali di<br />

sicurezza (aperti anche alla partecipazione<br />

di associazioni e di gruppi<br />

esponenziali di cittadini), hanno organizzato<br />

convegni, hanno pubblicizzato<br />

le loro azioni.<br />

In questa congerie, spesso disorganica,<br />

quasi sempre autoreferente, i<br />

<strong>Comuni</strong> medio piccoli sono quelli<br />

maggiormente esposti ai rischi dell’insuccesso,<br />

causa la loro impreparazione<br />

(culturale prima che metodologica)<br />

ad affrontare tematiche particolarmente<br />

delicate quali quelle relative<br />

alla sicurezza collettiva.<br />

L’esperienza fin qui maturata, ci consente<br />

di mettere in evidenza alcune<br />

criticità che, se esasperate o non adeguatamente<br />

governate, rischiano di determinare<br />

il naufragio di un’esperienza<br />

che rimane, tutto sommato, valida<br />

e stimolante.<br />

ECCESSIVA<br />

“POLITICIZZAZIONE”<br />

DELL’INIZIATIVA<br />

La sicurezza resa a livello locale diviene<br />

immancabilmente uno dei pun-<br />

ti fondamentali di qualsiasi programma<br />

elettorale del candidato sindaco,<br />

in grado di convogliare notevoli consensi.<br />

Benché l’input non possa prescindere<br />

da una componente di stimolo politico,<br />

la realizzazione e la gestione delle<br />

iniziative deve trovare, quale attore<br />

principale, la struttura tecnica; ciò<br />

nell’ambito della oramai assestata separazione<br />

delle competenze, per cui<br />

compito dell’organo di governo comunale<br />

(consiglio, giunta, sindaco)<br />

sarà solo quello di fornire le direttive,<br />

le finalità dell’azione, non anche quello<br />

di incidere direttamente (e, quindi,<br />

indebitamente) nelle fasi gestionali.<br />

L’eccessiva commistione tra politica<br />

ed amministrazione attiva o, ancor<br />

peggio, la direzione del progetto riservata<br />

alle strutture del governo locale,<br />

denotano una immediata debolezza<br />

dell’iniziativa, determinata dal<br />

fatto che si vuol giocare la carta sicurezza<br />

per avvalorare la bontà del mandato<br />

politico, quasi a costituirsi una<br />

specie di dote da spendere poi nella<br />

prossima campagna elettorale.<br />

ECCESSO<br />

DI IMPROVVISAZIONE<br />

È una conseguenza ricorrente nei casi<br />

in cui le iniziative sulla sicurezza siano<br />

calate dall’alto (dal sindaco, dalla<br />

giunta comunale), senza essere partecipate<br />

a livello culturale da parte di chi<br />

dovrebbe, in concreto, realizzarle.<br />

L’impiego in termini di sicurezza urbana,<br />

soprattutto per la Polizia locale,<br />

deve essere supportato da una impostazione<br />

culturale per certi aspetti nuova,<br />

in grado cioè di sollevare la figura<br />

dell’agente da quelli che sono i suoi<br />

compiti per così dire “tradizionali”.<br />

ECCESSO DI EMULAZIONE<br />

L’esperienza maturata in ambiti di intervento<br />

di diverse dimensioni (sia dal<br />

punto di vista degli insediamenti sociali,<br />

sia da quello delle problematiche<br />

connesse), deve essere letta come<br />

fonte di idee e proposte, mai come<br />

esempio da riproporre pedissequamente.<br />

Il rischio è evidente: ciò che va bene<br />

39<br />

per una realtà metropolitana, difficilmente<br />

potrà essere efficace in un piccolo<br />

Comune. Quindi, anche gli esempi<br />

sussunti da esperienze diverse, debbono<br />

essere filtrati ed adattati al contesto<br />

sociale, economico, culturale nel<br />

quale si pongono.<br />

DISORGANICITÀ<br />

Un progetto sicurezza deve avere una<br />

causa ed un fine. La metodologia del<br />

progetto muove dall’analisi della causa<br />

e si struttura attraverso una serie di<br />

momenti adeguati al conseguimento<br />

del risultato (fine); momenti che debbono<br />

essere monitorati di continuo, se<br />

non altro per meglio definirli ed adeguarli<br />

allo scopo che si vuole raggiungere.<br />

Se il progetto non segue questa struttura<br />

minima, mancherà di organicità<br />

e risulterà completamente avulso da<br />

una politica di sicurezza efficiente ed<br />

efficace.<br />

SOVRAVALUTAZIONE<br />

DELLE RISORSE<br />

DISPONIBILI<br />

Il progetto sicurezza deve essere articolato<br />

in base alla consistenza delle<br />

forze in campo ed in base alle risorse<br />

economiche disponibili.<br />

Se non si tiene conto di queste variabili,<br />

si rischia di strutturare interventi<br />

sovradimensionati e, come tali, difficili<br />

(impossibili) da perseguire.<br />

Meglio accontentarsi di meno che cimentarsi<br />

in un’avventura troppo ambiziosa<br />

e dall’esito incerto.<br />

COMMISTIONE<br />

TRA SICUREZZA URBANA<br />

ED ORDINE PUBBLICO<br />

Lo stato della legislazione attuale è tale<br />

da separare nettamente i due concetti<br />

e le rispettive attribuzioni.<br />

Nel proseguo della presente trattazione<br />

avremo modo di definire il concetto<br />

di sicurezza in chiave preventiva,<br />

la sola che compete agli enti locali.<br />

La tutela dell’ordine pubblico e la<br />

pubblica sicurezza sono cose diverse,<br />

che appartengono ad altri ambiti isti-


tuzionali (le forze di Polizia statali) e<br />

che non sopportano alcuna ingerenza<br />

da parte degli organi decentrati (in tal<br />

senso si è univocamente espressa la<br />

stessa Corte Costituzionale). Non aver<br />

chiari, in partenza, questi elementari<br />

concetti, porta a voler ricoprire un<br />

ruolo innaturale per la Polizia locale<br />

e per l’amministrazione comunale,<br />

con risultati che è intuitivo avvertire<br />

come disastrosi.<br />

Quelli sopra evidenziati sono solo alcuni<br />

dei “difetti” che maggiormente<br />

caratterizzano i progetti sicurezza dei<br />

<strong>Comuni</strong> medio piccoli. Dato che, come<br />

anticipato, le politiche di sicurezza<br />

rappresentano una recente, stimolante<br />

e fondamentale sfida per gli amministratori<br />

ed i tecnici locali, il loro<br />

insuccesso graverebbe non solo sull’immagine<br />

politico - elettorale dell’amministratore,<br />

ma anche sulla considerazione<br />

della Polizia locale come<br />

forza pubblica chiamata a cimentarsi<br />

in ambiti diversi.<br />

Movendo dalle suddette considerazioni,<br />

cercheremo (senza la pretesa di<br />

essere esaustivi) di proporre ed analizzare<br />

alcune fasi di un ipotetico progetto<br />

sicurezza che un Comune piccolo<br />

o medio vorrà adottare e vedremo<br />

come, nell’ambito di siffatta operazione,<br />

la Polizia locale possa costituire<br />

l’attore principale.<br />

Dedicheremo quindi la nostra attenzione<br />

alle seguenti fasi nelle quali si<br />

struttura il progetto:<br />

1. fase di monitoraggio (o fase della<br />

conoscenza);<br />

2. fase di prevenzione (o fase progettuale);<br />

3. fase di valutazione (o fase dei risultati).<br />

FASE DI MONITORAGGIO<br />

(CONOSCENZA)<br />

L’ISTAT fornisce periodicamente, mediante<br />

una serie di rapporti, i dati “ufficiali”<br />

della criminalità in Italia.<br />

Altri strumenti statistici, più prossimi<br />

all’ambito locale, sono predisposti e<br />

diffusi dalle Regioni.<br />

Nonostante l’ampia letteratura, difficilmente<br />

potranno essere reperiti i dati<br />

inerenti una singola realtà, soprattutto<br />

quando questa sia di limitate dimensioni.<br />

È doveroso inoltre considerare quello<br />

che viene definito “numero oscuro”,<br />

cioè quei reati che, per le più svariate<br />

ragioni, non vengono denunciati alle<br />

forze di Polizia e che, di conseguenza,<br />

sfuggono alle valutazioni statistiche.<br />

La disposizione e l’analisi del dato<br />

costituiscono, tuttavia, la base necessaria<br />

sulla quale edificare la progettualità<br />

in termini di sicurezza.<br />

Movendo dall’assunto che con il termine<br />

“sicurezza urbana” si intende anche<br />

il grado di percezione dei cittadini<br />

nei confronti degli episodi negativi<br />

che connotano una determinata area,<br />

la conoscenza dei fattori che generano<br />

la paura ed il disagio è, al tempo<br />

stesso, fonte e risultato.<br />

In questa prospettiva assumono fondamentale<br />

importanza le ricerche sulla<br />

vittimizzazione, che hanno trovato<br />

credibilità (scientifica) solo in tempi<br />

recenti, a partire dagli anni Sessanta.<br />

Nella tradizione classica del diritto<br />

penale e della criminologia, la vittima<br />

non godeva di particolare attenzione,<br />

per il fatto che il reato veniva letto come<br />

un evento contro l’ordine sociale<br />

(e non contro la persona), da ripristinare<br />

agendo sull’autore (teorie della<br />

pena, della funzione rieducativa e di<br />

riabilitazione, etc.).<br />

Negli anni Sessanta, appunto, scuole<br />

sociologiche americane, inglesi e<br />

scandinave iniziano a mutare prospettiva,<br />

iniziando ad occuparsi più<br />

del soggetto passivo del reato che di<br />

quello attivo. Abbiamo quindi le prime<br />

indagini di vittimizzazione che, secondo<br />

una nota definizione sociologica,<br />

si definiscono come “quelle condotte<br />

intervistando un campione rappresentativo<br />

di persone di una determinata<br />

popolazione, per individuare<br />

quali di queste siano state vittime, in<br />

un determinato periodo di tempo, di<br />

alcuni reati, per sapere se hanno sporto<br />

denuncia, per raccogliere informazioni<br />

sulla dinamica del fatto e sulle<br />

conseguenze che esso ha avuto” (M.<br />

Barbagli).<br />

Rispetto alle tradizionali ricerche condotte<br />

per reati, le indagini di vittimiz-<br />

40<br />

zazione presentano molti vantaggi, in<br />

quanto permettono l’acquisizione di<br />

informazioni relative:<br />

- all’ammontare del numero oscuro<br />

dei reati;<br />

- alle caratteristiche delle vittime;<br />

- al rischio di vittimizzazione rispetto<br />

ai diversi reati, ai luoghi, ai tempi ed<br />

alle caratteristiche socio - economiche<br />

delle vittime potenziali;<br />

- all’atteggiamento delle vittime rispetto<br />

alla delinquenza;<br />

- alle motivazioni che spingono o no<br />

a denunciare i reati subiti;<br />

- al grado di fiducia delle vittime nei -<br />

confronti delle forze dell’ordine e del<br />

sistema di giustizia penale.<br />

Tuttavia, al fine che ci siamo prefissi,<br />

l’indagine di vittimizzazione può presentare<br />

seri limiti, in quanto:<br />

- nelle realtà medio piccole l’incidenza<br />

del numero dei reati è sempre piuttosto<br />

contenuta ed essi vengono denunciati<br />

per la quasi totalità, arrivando<br />

così all’annullamento del numero<br />

oscuro;<br />

- nelle realtà medio piccole i reati tentati<br />

o consumati sono “mono tipologici”<br />

nel senso che quelli più diffusi sono<br />

della stessa fattispecie (furti, spaccio,<br />

truffe, danneggiamenti) e quelli<br />

che non appartengono alla fattispecie<br />

sono vissuti come spiacevoli eccezioni,<br />

ma non in grado di provocare allarme<br />

sociale;<br />

- nelle realtà medio piccole la percezione<br />

di insicurezza è data piuttosto<br />

da una serie di episodi non sempre a<br />

rilevanza penale, se non addirittura leciti<br />

(es. insediamenti di stranieri nella<br />

popolazione e nell’economia, incuria<br />

del patrimonio pubblico, eccessiva burocratizzazione,<br />

traffico congestionato,<br />

etc.).<br />

Data per acquisita la conoscenza delle<br />

statistiche ufficiali ed ufficiose (quelle<br />

in possesso delle Forze dell’ordine<br />

ma non ancora elaborate) e nella consapevolezza<br />

che il cittadino del pic-


colo Comune chiederà protezione più<br />

da episodi che da reati, occorre “tastare<br />

il polso” del sentire sociale per<br />

comprendere contro che cosa e con<br />

quali strumenti si dovrà agire.<br />

Riprendendo lo spunto dalle indagini<br />

di vittimizzazione (che possono essere<br />

seriamente condotte solo da esperti)<br />

possiamo importare la stessa tecnica<br />

per realizzare una indagine meno<br />

pretenziosa ma più efficace: quella<br />

della percezione dell’insicurezza.<br />

Si dovrà cioè predisporre un questionario,<br />

calibrato sulla realtà specifica<br />

(che la Polizia locale, per definizione,<br />

ben conosce) e dal quale dovrà emergere<br />

un unico e fondamentale dato:<br />

cos’è che più spaventa i cittadini, che<br />

più attenta alla loro qualità di vita.<br />

Si dovranno anche suggerire alcuni rimedi<br />

(oggettivamente apprezzabili),<br />

quali, ad esempio, una maggiore presenza<br />

di Polizia sul territorio, un sistema<br />

di videosorveglianza, un numero<br />

telefonico per le emergenze, riunioni<br />

periodiche con i cittadini, una<br />

maggiore cura degli arredi urbani, il<br />

rafforzamento della prevenzione sociale,<br />

etc.<br />

I risultati che ne possono scaturire sono<br />

sorprendentemente utili.<br />

Ad esempio, in Toscana (ma in analogia<br />

con il dato nazionale), i problemi<br />

legati al traffico veicolare sono avvertiti<br />

con maggior disagio rispetto a<br />

quelli legati al rischio criminalità. Il<br />

sondaggio sulla percezione dell’insicurezza<br />

può essere svolto dalla stessa<br />

Polizia locale la quale, rispetto ad<br />

agenzie private, vanta un approccio<br />

diverso nei confronti del cittadino, nel<br />

senso che l’agente sarà più predisposto<br />

ad illustrare la finalità delle domande<br />

ed a suscitare la collaborazione<br />

degli interpellati; il contraltare è<br />

rappresentato dal fatto che, se si pongono<br />

specifici quesiti sull’operato delle<br />

forze di Polizia presenti nel territorio,<br />

difficilmente si avranno risposte<br />

obiettive.<br />

I dati raccolti debbono essere letti ed<br />

aggregati in maniera tale da disegnare<br />

la finalità del progetto; l’ente locale<br />

deve essere consapevole del target,<br />

del bersaglio da centrare con la propria<br />

successiva azione.<br />

I dati medesimi debbono essere adeguatamente<br />

diffusi (e qui la necessaria<br />

collaborazione con l’ufficio stampa<br />

del Comune) tra la popolazione residente,<br />

in maniera tale da suscitare un<br />

dibattito e da prendere immediata<br />

confidenza con le procedure di relazione<br />

esterna che dovranno porsi lungo<br />

tutto il corso del progetto; la diffusione<br />

dell’azione amministrativa all’esterno,<br />

il dialogo con gli attori sociali,<br />

la critica costruttiva, servono a<br />

monitorare la bontà del progetto e ad<br />

imprimere quelle “correzioni di rotta”<br />

che si dovessero rendere necessarie in<br />

corso d’opera.<br />

FASE DI PREVENZIONE<br />

(PROGETTUALE)<br />

Secondo una definizione divenuta<br />

oramai classica, la prevenzione comprende<br />

“l’insieme delle strategie orientate<br />

a diminuire la frequenza di certi<br />

comportamenti, siano essi considerati<br />

punibili o meno dalla legge penale,<br />

attraverso l’uso di strumenti diversi da<br />

quelli penali” (P. Robert).<br />

Anche qui è necessario affrancarsi dalla<br />

definizione classica che vuole la<br />

prevenzione solo come prevenzione<br />

nei confronti del reato, per comprendere<br />

tutta una serie di interventi ed<br />

azioni diretti non (solo) a ridurre il numero<br />

degli episodi criminali, ma anche<br />

a modificare la percezione di insicurezza<br />

dei cittadini. In questo contesto,<br />

si è parlato di “nuova prevenzione”<br />

mettendone in evidenza i connotati<br />

salienti:<br />

- utilizzo di strumenti diversi da quelli<br />

del sistema penale;<br />

- l’obiettivo non è solo quello di contrastare<br />

la criminalità ma anche, e soprattutto,<br />

quello di produrre sicurezza;<br />

- non si interviene solo sui criminali,<br />

ma anche sulle vittime (reali o potenziali)<br />

degli atti criminali e, al limite,<br />

sulla comunità intera;<br />

- non si cercano più modelli di intervento<br />

generali, ma soluzioni specifiche<br />

riferite ai contesti locali;<br />

- i soggetti responsabili di interventi<br />

preventivi non solo più solo organi<br />

dello Stato (Forze di Polizia, magistratura,<br />

prefetture) ma anche attori istitu-<br />

41<br />

zionali e sociali locali: enti locali,<br />

scuole, servizi sociali, associazioni,<br />

singoli cittadini;<br />

- gli interventi presuppongono forme<br />

di collaborazione tra tutti i soggetti<br />

coinvolti, siano essi pubblici che privati.<br />

Il ristretto ambito di riferimento che ci<br />

siamo proposti (entità territoriali di limitate<br />

dimensioni), ci induce a soffermarci<br />

sulla validità di un intervento<br />

progettuale ispirato a quella categoria<br />

che i sociologi definiscono “prevenzione<br />

situazionale”.<br />

Questa modalità di intervento poggia<br />

sul presupposto che gli eventi criminali<br />

e gli atti di inciviltà, possono essere<br />

efficacemente contrastati intervenendo<br />

sui fattori che favoriscono le<br />

opportunità di compiere l’atto illecito<br />

(abitudini delle potenziali vittime, caratteristiche<br />

dell’ambiente, mancanza<br />

di controllo del territorio).<br />

Gli interventi di prevenzione situazionale<br />

non si prefiggono di rimuovere le<br />

cause sociali o individuali della criminalità<br />

e della devianza, bensì di rendere<br />

oggettivamente più difficile e rischioso<br />

il compimento di azioni criminali<br />

sia di comportamenti devianti<br />

rispetto alle regole di corretta convivenza<br />

civile.<br />

Nell’ambito della prevenzione situazionale,<br />

è dato riscontrare una molteplicità<br />

di interventi rivolti al contrasto<br />

di forme di illegalità:<br />

1. tecniche cha aumentano la difficoltà<br />

(barriere fisiche, controllo degli<br />

accessi negli edifici, misure di dissuasione);<br />

2. tecniche che aumentano il rischio<br />

(sorveglianza formale, informale, tecnologica);<br />

3. tecniche che riducono i vantaggi<br />

dell’attività criminale (identificazione<br />

dei beni).<br />

Individuato il fine che ci si pone, si<br />

passa quindi alla progettazione vera e<br />

propria del progetto sicurezza ed alla<br />

sua conseguente gestione.<br />

Il ruolo della Polizia locale, nella fase<br />

propositiva, sarà quello di suggerire


metodi e strumenti, magari previamente<br />

concordati con le altre forze di<br />

Polizia statali operanti sul territorio di<br />

riferimento. Metodi e strumenti adatti<br />

alle situazioni che si vogliono prevenire,<br />

calibrati sulle necessità e sulle<br />

aspettative della comunità di riferimento,<br />

praticabili con le risorse (umane<br />

e finanziarie) a disposizione, sempre<br />

misurabili.<br />

Se, ad esempio, vogliamo mettere in<br />

sicurezza uno spazio pubblico (parco,<br />

giardino) dovremmo iniziare dal coinvolgimento<br />

dei servizi tecnici del Comune<br />

per il rafforzamento dell’illuminazione,<br />

per il collocamento e la manutenzione<br />

di elementi di arredo urbano,<br />

per la corretta tenuta del verde.<br />

Potremmo poi pensare di installare un<br />

sistema di videoriprese o ancora di<br />

sottoscrivere una apposita convenzione<br />

con una associazione di volontariato<br />

per la sorveglianza dell’area.<br />

Potremmo organizzare dei turni concordati<br />

tra Polizia locale, carabinieri,<br />

Polizia di Stato per sorvegliare lo spazio<br />

oppure potremmo destinarvi, ad<br />

orari determinati o indeterminati, il vigile<br />

di quartiere. Potremmo concorrere<br />

all’organizzazione (in collaborazione<br />

con i competenti assessorati) di<br />

momenti di gioco e di spettacolo da<br />

ospitare nell’area. Le soluzioni praticabili<br />

sono le più variegate, ma la loro<br />

percorribilità non deve prescindere<br />

dall’approccio tecnico al problema.<br />

È nella fase della prevenzione che la<br />

Polizia locale afferma e gestisce il proprio<br />

ruolo nell’ambito del progetto sicurezza.<br />

Si da per presupposto che la “sfera politica”<br />

dell’ente locale rimanga estranea<br />

a questa fase, nel senso che il responsabile<br />

del progetto deve essere<br />

individuato nel Comandante la Polizia<br />

locale, il quale collaborerà con tutti<br />

gli altri soggetti partecipanti cui dicevamo<br />

prima. Naturalmente il referente<br />

tecnico del progetto dovrà periodicamente<br />

riferire, quanto meno alla<br />

giunta comunale, circa l’andamento<br />

del progetto ed i risultati di volta in<br />

volta conseguiti; ma ciò non significa<br />

che egli non debba agire in autonomia<br />

decisionale (in tal senso, anche la gestione<br />

diretta del P.E.G. è di estrema<br />

rilevanza).<br />

La realtà, in termini di percezione del-<br />

l’insicurezza, dei <strong>Comuni</strong> medio piccoli<br />

è strutturata in maniera tale da<br />

produrre, in modo esponenziale, le<br />

stesse richieste, prima tra tutti una<br />

maggiore sorveglianza del territorio.<br />

Abbiamo anticipato come la prevenzione<br />

situazionale preveda, al riguardo,<br />

più opportunità.<br />

Rientrano nella “sorveglianza formale”<br />

tutte le misure finalizzate a potenziare<br />

il controllo fisico del territorio,<br />

attraverso l’utilizzo della Polizia locale<br />

e di strumenti tecnici:<br />

- riorganizzare la distribuzione della<br />

Polizia locale nello spazio e nel tempo:<br />

pattugliamenti notturni, stazioni<br />

mobili, concentrazione in aree a rischio;<br />

- realizzare nuove forme di cooperazione<br />

tra Polizia locale e altre forze<br />

dell’ordine: sorveglianza congiunta,<br />

pattugliamenti misti, turnazione alternata;<br />

- migliorare la preparazione professionale<br />

della Polizia locale su temi e<br />

tecniche della prevenzione: formazione<br />

per interventi specifici, formazione<br />

dei vigili di quartiere.<br />

Con il concetto di “sorveglianza informale”<br />

si intendono tutte le misure volte<br />

a potenziare la sorveglianza del territorio<br />

attraverso il coinvolgimento e<br />

l’attivazione di soggetti che non fanno<br />

parte delle forze di Polizia: i nonni<br />

- vigile all’uscita delle scuole, le<br />

guardie ecologiche volontarie nei boschi<br />

o lungo i fiumi, sono solo degli<br />

esempi di collaborazione dalla quale<br />

la Polizia locale non può prescindere,<br />

soprattutto se si muove dall’assunto<br />

(preventivo, in senso tecnico) che con<br />

una adeguata formazione, anche questi<br />

soggetti sono in grado di “leggere”<br />

il territorio.<br />

Altri interventi di sorveglianza informale<br />

sono quelli che stimolano la segnalazione<br />

di reati o illeciti da parte<br />

dei cittadini, attraverso campagne<br />

informative, numeri verdi, attivazione<br />

di polizze contro i danni conseguenti<br />

a furti. Nella “prevenzione tecnologica”<br />

non si debbono inserire solo gli<br />

strumenti classici di controllo elettronico<br />

del territorio (prima tra tutti, la vi-<br />

42<br />

deosorveglianza), ma anche tutti quegli<br />

interventi di pianificazione urbana<br />

in grado di produrre ambienti sicuri.<br />

Diventa fondamentale, ad esempio<br />

nella progettazione di una nuova lottizzazione<br />

abitativa, il parere preventivo<br />

dell’organo tecnico del progetto<br />

sicurezza, che sia in grado di operare<br />

quella che, in alcune realtà italiane, è<br />

stata indicata come “valutazione impatto<br />

sicurezza”. Rendere un parere<br />

per un ambiente sicuro significa pronunciarsi<br />

sugli assetti della circolazione<br />

stradale, sulla sufficienza dei<br />

parcheggi (compresi quelli riservati ai<br />

disabili), sulla presenza di marciapiedi<br />

e di attraversamenti pedonali assistiti,<br />

sull’adeguatezza dell’illuminazione<br />

pubblica, sulla collocazione degli<br />

arredi urbani (panchine, fioriere,<br />

giochi per bambini).<br />

Oltre a ciò - ed è qui la dimensione<br />

meno praticata - il parere dovrebbe essere<br />

richiesto anche quando si tratta<br />

di rilasciare licenze ad autorizzazioni<br />

per l’apertura di pubblici esercizi o locali<br />

di pubblico spettacolo; se si consente<br />

l’apertura di un pub al piano terra<br />

di un condominio, si concorrerà a<br />

creare una situazione di disagio sociale<br />

che dovremmo gestire con metodi<br />

e disposizioni non sempre efficaci<br />

e, comunque, tardivi.<br />

FASE DI VALUTAZIONE<br />

(RISULTATI)<br />

È, fra quelle analizzate, la più problematica,<br />

dato che la valutazione di un<br />

intervento di politica di sicurezza può<br />

essere metodologicamente molto complessa.<br />

Negli interventi di prevenzione<br />

situazionale, ad esempio, il rischio<br />

è rappresentato dal displacement, cioè<br />

dallo spostamento degli episodi da un<br />

luogo ad un altro o da un tempo ad un<br />

tempo diverso. Tuttavia, pur senza nutrire<br />

ambizioni di eccessiva scientificità,<br />

un sondaggio di ritorno, una sorta<br />

di customer satisfation è sempre<br />

praticabile.<br />

Si tratterà, in buona sostanza, di provvedere<br />

a verificare nuovamente (ad<br />

una congrua distanza di tempo, mai<br />

inferiore al biennio) la sensibilità dei<br />

cittadini nei confronti della sicurezza,<br />

a misurare di nuovo la loro percezione<br />

nei confronti dei fenomeni di par-


tenza sui quali abbiamo incentrato la<br />

nostra politica di sicurezza. Non occorre<br />

nutrire un eccessivo timore nei<br />

confronti dei risultati del sondaggio,<br />

che rimangono termometro attendibile<br />

della bontà dell’azione intrapresa e<br />

dei risultati conseguiti; è preferibile<br />

una revisione progettuale piuttosto che<br />

una sterile autoconvinzione di aver<br />

fatto comunque bene, magari per il solo<br />

fatto di essersi impegnati con investimenti<br />

in termini finanziari e di personale.<br />

Si è cercato di dar conto, fin<br />

qui, che progettare la sicurezza significa<br />

fare i conti con una impostazione<br />

culturale e scientifica del fenomeno;<br />

ciò vale per qualsiasi dimensione cittadina<br />

e per qualsiasi problema che in<br />

essa trovi alimento e sede.<br />

Anche la valutazione dei risultati deve<br />

passare per questo filtro, prima di<br />

essere diffusa e dibattuta all’esterno.<br />

IL RUOLO<br />

(E LE PROSPETTIVE)<br />

DELLA POLIZIA LOCALE<br />

IN MATERIA DI SICUREZZA<br />

A consuntivo delle considerazioni fin<br />

d’ora espresse, possiamo provare a<br />

tracciare un profilo della Polizia locale<br />

impegnata nel campo della sicurezza<br />

urbana. Risulta evidente come<br />

non si scopra nulla di nuovo e come<br />

non ci sia bisogno di inventarsi nulla<br />

di ulteriore rispetto a ciò che appartiene<br />

al nostro d.n.a. professionale.<br />

Quando i Corpi o i Servizi di Polizia<br />

locale istituiscono figure quali il vigile<br />

di quartiere, riaffermano una funzione<br />

di prossimità al cittadino che il<br />

vigile urbano ha da sempre posseduto<br />

e che lo ha contraddistinto dalle altre<br />

forze presenti ed operanti sul territorio.<br />

Si tratta, piuttosto, di rinnovare<br />

l’impostazione culturale degli agenti,<br />

avvicinandoli a tematiche che venivano<br />

magari risolte con la sola esperienza<br />

o con la buona volontà dei singoli,<br />

ma senza una minima implicazione<br />

scientifica e sistematica.<br />

È proprio sul sistema che si gioca il<br />

ruolo (e la credibilità) della Polizia locale.<br />

Le nostre strutture sono dislocate<br />

nella quasi totalità dei <strong>Comuni</strong> italiani,<br />

siamo la Polizia più presente e<br />

più prossima al cittadino ed ai suoi bi-<br />

sogni. Questi elementi di forza rischiano,<br />

però, di essere vanificati da<br />

organici estremamente ridotti, da limiti<br />

derivati da risorse di bilancio, dalla indisponibilità<br />

di mezzi ed attrezzature<br />

adeguate.<br />

Diviene quindi estremamente importante<br />

unire le forze e le potenzialità,<br />

attraverso quegli strumenti (associazioni,<br />

consorzi) che le varie legislazioni<br />

regionali consentono ed auspicano.<br />

Ciò è tanto più vero quando si<br />

tratta di impiantare e gestire un progetto<br />

sicurezza che può interessare più<br />

<strong>Comuni</strong>; è questa l’occasione per avviare<br />

una gestione associata del progetto,<br />

magari iniziando a comporre<br />

pattuglie miste di controllo territoriale<br />

che operino oltre l’orario di servizio<br />

canonico.<br />

L’impatto che questa operazione potrebbe<br />

avere sulla cittadinanza è direttamente<br />

proporzionale all’aumento del<br />

senso di sicurezza percepito.<br />

È stato giustamente osservato come<br />

“occorre mettere da parte l’attaccamento<br />

ai campanili e creare strutture<br />

che abbiano dimensioni ottimali capaci<br />

di fornire un minimo di servizio<br />

alle comunità e, nel contempo, di garantire<br />

il contenimento dei costi di funzionamento.<br />

In questo senso hanno,<br />

ancora una volta, un ruolo determinante<br />

le Regioni, che possono fornire<br />

il sostegno normativo, economico e logistico<br />

idoneo a far germogliare e crescere<br />

realtà di dimensioni più ampie e,<br />

nel contempo, a controllare che queste<br />

non diano vita ad aggregazioni poco<br />

strutturate e di facciata, ma che costituiscano<br />

realtà davvero funzionanti<br />

o che, comunque, si sviluppino per effetto<br />

di un impegno concreto delle amministrazioni”<br />

(G.L. Albertazzi).<br />

Sono quindi tre i cardini su cui impostare<br />

il futuro della Polizia locale in<br />

materia di sicurezza urbana:<br />

- formazione culturale<br />

- unione delle forze<br />

- logica di sistema<br />

Dalla presenza e dalla coscienza di<br />

questi fattori, dipende molto del successo<br />

delle azioni intraprese in materia<br />

di sicurezza; l’esperienza delle<br />

realtà territoriali medio piccole è, in<br />

questo senso, un ottimo insegnamento<br />

ed un motivo di seria riflessione.<br />

43<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

• G. Amato<br />

Si avvicina la nascita<br />

del poliziotto di quartiere.<br />

in “Guida al Diritto” - n. 16/2001<br />

• M. Barbagli<br />

La sicurezza dei cittadini.<br />

Roma, 1998<br />

• C. Braccesi - R. Selmini<br />

Sicurezza urbana e ruolo<br />

della Polizia locale.<br />

Rimini, 2005<br />

• Forum Italiano<br />

per la Sicurezza Urbana<br />

Dieci anni di delittuosità<br />

e percezione della sicurezza<br />

nelle regioni italiane<br />

(1991-2001)<br />

Imola, 2003<br />

• Provincia di Torino<br />

Progettare la sicurezza.<br />

Torino, 2003<br />

• Rapporto sullo stato<br />

della sicurezza in Italia<br />

(Ministero degli Interni)<br />

Roma, 2001<br />

• Regione Toscana<br />

5^ Relazione generale<br />

sullo stato della sicurezza<br />

in Toscana.<br />

Firenze, 2006<br />

• P. Robert<br />

Les chercheurs face aux<br />

politiques de prévention.<br />

Parigi, 1991


ANTONIO LOTITO<br />

Comandante della Polizia locale<br />

di Varese<br />

IL PATTO LOCALE QUALE STRUMENTO DI TUTELA<br />

DELLA SICUREZZA URBANA<br />

È innegabile come la sicurezza sia<br />

una delle problematiche più scottanti<br />

dei nostri tempi; ad essa particolare<br />

attenzione viene riservata dai<br />

diversi livelli istituzionali a partire<br />

dalla Stato Centrale sino alle<br />

Regioni, alle Province, ai <strong>Comuni</strong>.<br />

Il vivo interesse per tale importante<br />

tematica ha portato, il 25 ottobre<br />

2006, anche alla stipulazione di un<br />

“Accordo di programma sulla sicurezza<br />

integrata” tra il Ministro<br />

dell’Interno ed il Presidente della<br />

Regione Lombardia.<br />

E proprio la Regione in cui io vivo<br />

ed opero ha da tempo posto in primo<br />

piano la sicurezza dei propri cittadini<br />

attraverso l’Istituto del “Patto<br />

di sicurezza locale”. Esso, infatti, è<br />

precisamente previsto dall’art. 32<br />

della legge regionale n. 4/2003 che<br />

lo definisce come lo strumento attraverso<br />

il quale “si realizza l’integrazione<br />

tra le politiche e le azioni”<br />

al fine di migliorare le condizioni di<br />

sicurezza del territorio di riferimento.<br />

Viene promosso dai Sindaci dei<br />

<strong>Comuni</strong> interessati e tende a favorire<br />

il coinvolgimento anche degli organi<br />

decentrati dello Stato, di altri<br />

enti, di privati nonché delle associazioni<br />

di volontariato presenti sul<br />

territorio ove si dà concreta attuazione<br />

all’istituto in parola. In sintesi,<br />

ed in generale, attraverso il “Patto<br />

locale” si perviene quindi a due<br />

obiettivi:<br />

1) il miglioramento delle condizioni<br />

della sicurezza urbana;<br />

2) la condivisione ed il coinvolgimento<br />

di soggetti pubblici e privati,<br />

così attuando importanti sinergie tra<br />

<strong>Comuni</strong>, organi periferici dello<br />

Stato, associazioni di volontariato,<br />

altri enti, privati.<br />

Più in dettaglio ecco invece gli<br />

obiettivi specifici, peraltro così formalizzati<br />

dalla stessa Regione<br />

Lombardia:<br />

1. prevenzione, controllo e repressione<br />

dei comportamenti deviati o<br />

illeciti;<br />

2. individuazione e specificazione<br />

dell’ambito territoriale, della problematica<br />

e dell’intervento;<br />

3. individuazione e prevenzione di<br />

specifiche situazioni di disagio, degrado<br />

o potenziale pericolo per lo<br />

svolgimento di una civile convivenza;<br />

4. coordinamento e razionalizzazione<br />

delle azioni e delle risorse<br />

pubbliche e private impiegate;<br />

5. costruzione di una rete di controllo<br />

sociale informale;<br />

6. raccordo con i finanziamenti per<br />

la sicurezza urbana.<br />

Perché tutto ciò possa re<br />

alizzarsi, la Regione Lombardia ha<br />

provveduto ad individuare sia le<br />

modalità e sia le procedure necessarie<br />

alla sottoscrizione dei Patti in<br />

parola.<br />

La loro realizzazione richiede, comunque,<br />

un’attenta e preliminare<br />

analisi dei bisogni del territorio interessato,<br />

l’individuazione degli<br />

obiettivi che si intendono raggiungere,<br />

delle attività e degli interventi<br />

che si intendono realizzare e la<br />

loro pianificazione e tempistica; do-<br />

44<br />

vranno anche individuarsi i soggetti<br />

che saranno parte del Patto e le risorse<br />

umane e strumentali disponibili.<br />

Infine, mi preme anche sottolineare<br />

come i Patti locali siano stati<br />

riconosciuti dalla Regione stessa come<br />

progetti prioritari con la conseguente<br />

previsione di uno specifico<br />

Fondo di riserva dello stanziamento<br />

regionale pari al 10%, quantomeno<br />

per il biennio 2004/2005.<br />

Da alcuni anni anche l’Amministrazione<br />

Comunale Varesina è soggetto<br />

partecipante, grazie ai relativi Finanziamenti<br />

Regionali, ai Patti locali.<br />

A quello realizzato più recentemente<br />

hanno aderito anche altri<br />

soggetti tra i quali si citano, a puro<br />

titolo informativo ed al fine di meglio<br />

illustrare l’Istituto del Patto locale,<br />

la Società Gruppo Ferrovie<br />

Nord Milano esercizio S.p.A., le<br />

Società “Supermercati GS”, UPIM,<br />

Euronics, l’ASL della provincia di<br />

Varese, l’Assessorato Comunale ai<br />

Servizi Sociali nonché alcune<br />

Associazioni di volontariato quali<br />

gli Agenti in pensione della Polizia<br />

locale di Varese e delle Forze dell’ordine,<br />

i Rangers d’Italia e, ultimamente,<br />

anche i City Angels, peraltro<br />

già attivamente presenti da<br />

anni anche nei medesimi comparti<br />

del capoluogo di Regione con risultati<br />

lusinghieri.<br />

Tale esperienza ha consentito di<br />

mettere a fuoco la pregevolezza<br />

dell’Istituto de quo e la lungimiranza<br />

del Legislatore Regionale che lo<br />

ha previsto. Infatti, sebbene occorra<br />

osservare come alla luce dell’art.<br />

159, del decreto legislativo 31 marzo<br />

1998 n. 112, che definisce l’or-


dine pubblico come “il complesso<br />

dei beni giuridici fondamentali e degli<br />

interessi pubblici primari sui<br />

quali si regge l’ordinata e civile convivenza<br />

nella comunità nazionale<br />

nonché alla sicurezza delle istituzioni,<br />

dei cittadini e dei loro beni”<br />

e del successivo art. 160, per cui le<br />

“funzioni ed i compiti amministrativi<br />

relativi all’ordine pubblico e sicurezza<br />

pubblica di cui all’articolo<br />

1, c.3, lettera I) della legge 15 marzo<br />

1997 n. 59” restino di competenza<br />

statale, ciò non di meno proprio<br />

l’istituto in esame consente di<br />

felicemente coniugare l’esigenza del<br />

cittadino alla tutela del bene della<br />

sicurezza con il ruolo dell’ente a lui<br />

più vicino, il Comune appunto, che,<br />

anche alla luce del principio di sussidiarietà,<br />

può così aderire alla predetta<br />

istanza di sicurezza sia grazie<br />

alla propria Forza di Polizia locale<br />

- munita della qualifica di Polizia<br />

giudiziaria e ausiliaria di pubblica<br />

sicurezza - sia coinvolgendo, inoltre,<br />

altri soggetti pubblici e privati<br />

e, in tal modo, conseguire quattro<br />

importanti obiettivi:<br />

1. evitare confusioni istituzionali di<br />

ruoli e sconfinamenti di competenze<br />

restando, come sopra detto, la tutela<br />

dell’ordine pubblico in capo allo<br />

Stato e, in concreto, compito precipuo<br />

delle Forze dell’ordine;<br />

2. determinare, anche grazie al coinvolgimento<br />

dei predetti diversi<br />

soggetti, una maggiore e più ampia<br />

sensibilizzazione nei confronti del<br />

bene sicurezza;<br />

3. la possibilità per l’ente locale di<br />

ricevere anche contributi in termini<br />

di impegno personale (associazioni<br />

di volontariato) o finanziari (società<br />

imprenditoriali) da parte dei soggetti<br />

45<br />

privati partecipanti al Patto. In tal<br />

modo, infatti, essi divengono parte<br />

in causa in quanto contribuiscono<br />

al miglioramento del livello di sicurezza<br />

e così traggono, a loro volta,<br />

possibili benefici in termini di immagine;<br />

4. ridurre la marginalità sociale.<br />

Per quanto riguarda l’applicazione varesina<br />

del Patto locale - operante da<br />

oltre un anno e mezzo - occorre precisare<br />

come esso abbia riguardato non<br />

l’intero territorio comunale bensì alcune<br />

zone cittadine determinate, e critiche<br />

sotto il profilo sicurezza, quali le<br />

aree mercatali e le due stazioni ferroviarie.<br />

I risultati a cui si è pervenuti sono<br />

stati senz’altro estremamente positivi<br />

essendosi pressoché annullati i reati<br />

predatori quali, in particolare, scippi<br />

e borseggi che venivano perpetrati<br />

nelle aree zonali ricadenti nel campo<br />

di applicazione del Patto locale.<br />

E d i z i o n e L i b r a r i a<br />

Costo a copia €18,00<br />

(+ e 7,00 per spedizione postale)<br />

Le norme giuridiche aggiornate e commentate.<br />

Sentenze emesse dalla Cassazione<br />

ripartite per argomento.<br />

Pagamento a mezzo c/c postale<br />

n. 36443208<br />

indirizzato a EDIPOL Srl<br />

Una Pubblicazione Edipol Srl<br />

20132 Milano - Via Palmanova 67<br />

Tel. 02 26144111 (r.a.)<br />

Email: info@edipol.it


ROSA BERTUZZI<br />

Funzionario della Polizia provinciale<br />

di Piacenza<br />

I POTERI CONCESSI ALLA POLIZIA GIUDIZIARIA<br />

NEL CAMPO AMBIENTALE<br />

Le funzioni di Polizia giudiziaria, in<br />

genere, sono compiutamente indicate<br />

nell’art. 55 codice di procedura<br />

penale, ove viene precisato che<br />

la Polizia giudiziaria deve “prendere<br />

notizia dei reati, impedire che<br />

vengano portati a conseguenze ulteriori,<br />

ricercarne gli autori, compiere<br />

gli atti necessari per assicurare<br />

le fonti di prova e raccogliere<br />

quanto altro possa servire per l’applicazione<br />

della legge penale”.<br />

Tale attività di indagine viene svolta<br />

su delega dell’autorità giudiziaria<br />

ovvero per iniziativa propria degli<br />

ufficiali e agenti di Polizia giudiziaria,<br />

i quali svolgono le funzioni sopra<br />

precisate con le modalità indicate<br />

nel terzo comma dell’art. 55<br />

c.p.p. ed alle dipendenze e sotto la<br />

direzione dell’autorità giudiziaria.<br />

Nella medesima disposizione viene<br />

precisato che le funzioni di Polizia<br />

giudiziaria (1) vengono svolte dai Servizi<br />

di Polizia giudiziaria1 previsti<br />

dalla legge, dalle Sezioni di Polizia<br />

giudiziaria istituite presso la Procura<br />

della Repubblica e costituite mediante<br />

l’utilizzazione di personale<br />

dei servizi di Polizia giudiziaria di<br />

cui sopra e, infine, dagli “Ufficiali e<br />

dagli agenti di Polizia giudiziaria appartenenti<br />

agli altri organi cui la legge<br />

fa obbligo di compiere indagini a<br />

seguito di una notizia di reato”.<br />

Dopo aver accennato che la vigilanza<br />

ambientale può essere sicuramente<br />

svolta da tutti coloro che ri-<br />

vestono la qualifica di Polizia giudiziaria,<br />

si affrontano, ora, le principali<br />

leggi di tutela ambientale che<br />

prevedono la specifica attribuzione<br />

della qualifica di ufficiale o agente<br />

di P.G., seppur limitatamente alle<br />

specifiche competenze amministrative,<br />

tecniche, assegnate:<br />

• Agenti giurati per la sorveglianza<br />

in acque pubbliche e private ( R.D.<br />

8 ottobre 1931, n, 1064 T.U. leggi<br />

sulla pesca ).<br />

In questo caso i guardiapesca volontari,<br />

non pubblici dipendenti, rivestono<br />

la qualifica di P.G., sempre<br />

nel solo settore della vigilanza ittica,<br />

il quale si concretizza nel furto<br />

di pesce.<br />

• Personale sanitario o tecnico addetto<br />

alla vigilanza sulla produzione<br />

ed il commercio delle sostanze<br />

alimentari (art. 3 L. 283/62).<br />

• Ispettori sanitari, di cui all’art. 17,<br />

settimo comma, L. 441/63 (integrativa<br />

della disciplina base sugli alimenti).<br />

• Addetti ai dipartimenti di Prevenzione<br />

istituiti presso ciascuna A.S.L.<br />

ed aventi le funzioni già svolte dai<br />

Servizi delle Unità Sanitarie Locali<br />

in materia di antinfortunistica e di<br />

igiene del lavoro.<br />

Essi sono riferiti ai seguenti servizi:<br />

a) igiene e sanità pubblica;<br />

46<br />

b) prevenzione e sicurezza degli<br />

ambienti di lavoro;<br />

c) igiene degli alimenti;<br />

d) servizi veterinari.<br />

• Comandanti delle Unità di vigilanza<br />

sulle attività marittime ed<br />

economiche, appartenenti alla Marina<br />

Militare ai sensi della L. 979/81<br />

sulla difesa del mare.<br />

• Dipendenti ARPA e APAT: oggi,<br />

come in passato, mentre alcune<br />

normative attribuiscono espressamente<br />

agli addetti ai servizi di controllo<br />

la qualifica di ufficiali o agenti<br />

di P.g. - es. agli addetti alla Polizia<br />

Mineraria - , per altre il conferimento<br />

appare problematico quando<br />

non espressamente escluso.<br />

In merito ai superiori cui fare riferimento,<br />

in sede di indagini di<br />

Polizia, il Pubblico Ministero è il<br />

soggetto al quale , per legge, bisogna<br />

fare riferimento, avendo egli la<br />

diretta disponibilità della Polizia<br />

giudiziaria (art. 327 c.p.p.).<br />

Il Pubblico Ministero, dopo aver verificato<br />

la fondatezza degli elementi<br />

acquisiti a seguito dell’attività<br />

compiuta dalla Polizia giudiziaria,<br />

sia essa ad iniziativa o delegata direttamente<br />

da lui, valuterà se ri-<br />

(1) Da aggiungere anche coloro che rivestono i poteri<br />

di controllo, ex art. 16 L 689/81 e art. 129 D.lo 152/06


chiedere l’archiviazione del procedimento<br />

ovvero promuovere l’esercizio<br />

dell’azione penale, emettendo<br />

il Decreto di rinvio a giudizio.<br />

Affinché possa darsi inizio al procedimento<br />

penale, mediante avvio<br />

delle indagini preliminari, è necessaria<br />

l’acquisizione della notizia di<br />

reato. Secondo quanto stabilito dall’art.<br />

330 del c.p.p., tanto la Polizia<br />

giudiziaria quanto il Pubblico Ministero<br />

possono acquisire la notizia<br />

di reato di propria iniziativa ovvero<br />

riceverla quando viene presentata o<br />

trasmessa con le modalità indicate<br />

negli artt. 331 e seguenti del c.p.p.<br />

LE ANALISI DI CAMPIONI<br />

Talune violazioni presuppongono,<br />

per il loro accertamento, una analisi<br />

tecnica di laboratorio, come ad<br />

esempio l’accertamento di eventuali<br />

scarichi in acque pubbliche o private.<br />

È intervenuta, in materia amministrativa,<br />

la Legge 24 novembre<br />

1981, n. 689, la quale, ad ulteriore<br />

precisazione, oltre alle disposizioni<br />

in materia di redazione del verbale<br />

di violazione amministrativa, l’art.<br />

15 pone il cittadino nella condizione<br />

di chiedere la revisione delle<br />

analisi dei campioni prelevati dagli<br />

organi accertatori prima dell’irrogazione<br />

della sanzione o del compimento<br />

degli effettivi atti del procedimento.<br />

In materia penale, ovverosia<br />

nel caso in cui a seguito l’analisi<br />

del campione emerge una violazione<br />

avente carattere penale, è<br />

intervenuto l’art. 223 delle disposizioni<br />

di attuazione del c.p.p. (2)<br />

IL DIRITTO DI DIFESA<br />

CONSENTITO<br />

AL CITTADINO<br />

È stato fatto obbligo alle autorità<br />

procedenti di dare immediato avvi-<br />

so, anche oralmente, del giorno,<br />

dell’ora e del luogo ove le analisi<br />

verranno effettuate così che il potenziale<br />

trasgressore possa essere<br />

presente alle operazioni di analisi e<br />

poter richiedere tempestivamente,<br />

se lo vuole, personalmente o tramite<br />

persona di sua fiducia appositamente<br />

designata, una verifica sull’accertamento<br />

compiuto.<br />

Tale meccanismo incontra, però, dei<br />

limiti di applicazione nei casi in cui<br />

le analisi vengano ad avere ad oggetto<br />

un campione di sostanze la<br />

cui deperibilità è alta, e quindi impedisce<br />

una utile revisione delle<br />

analisi compiute. Si è così affermata<br />

l’esigenza di anticipare la tutela<br />

del soggetto sottoposto all’indagine,<br />

spostando l’esercizio della sua difesa<br />

al momento delle prime analisi,<br />

se queste non sono più ripetibili in<br />

un momento successivo.<br />

La Cassazione, con sentenza<br />

06.04.2004, n. 6769, intervenendo<br />

in merito, ha stabilito che nella procedura<br />

di irrogazione delle sanzioni<br />

amministrative, nel caso in cui il<br />

campione prelevato non consenta,<br />

per sua natura, la ripetizione delle<br />

analisi, l’unico sistema che consente<br />

il rispetto delle garanzie è quello<br />

stabilito dall’art. 223 delle disposizioni<br />

di attuazione del c.p.p., e cioè<br />

il laboratorio incaricato degli accertamenti<br />

analitici dovrà dare avviso<br />

dell’inizio delle operazioni alle persone<br />

interessate, affinché possano<br />

presenziare, eventualmente con l’assistenza<br />

di un consulente tecnico, all’esecuzione<br />

delle operazioni stesse.<br />

LA REVISIONE<br />

DELLE ANALISI<br />

L’istanza di revisione deve essere<br />

presentata dall’interessato per iscritto<br />

allo stesso organo che ha prelevato<br />

i campioni da analizzare.<br />

(2) Art. 223 disp. Att.ne C.P.P. “Qualora nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti<br />

si debbano esguire analisi di campioni per le quali non è prevista la revisione, a curo dell’organo procedente<br />

è dato, anche oralmente, avviso all’interessato del giorno, dell’ora e del luogo ove le analisi verranno<br />

effettuate. L‘interessato o persona di sua fiducia appositamente designata possono presenziare alle<br />

analisi, eventualmente con l’assistenza di un consulente tecnico. A tali persone spettano i poteri previsti<br />

dall’art. 230 del codice.”<br />

47<br />

Egli è tenuto a versare una somma<br />

determinata dall’istituto procedente,<br />

ed allegare la relativa ricevuta alla<br />

domanda di revisione.<br />

Alle operazioni di revisione ha diritto<br />

di assistere, tramite la partecipazione<br />

di un consulente di parte,<br />

lo stesso richiedente. In questa materia<br />

è da ritenersi non esista spazio<br />

per una attività di difesa in senso<br />

tecnico: l’avvocato potrà presenziare<br />

soltanto in veste di procuratore,<br />

munito di mandato sostanziale.<br />

I risultati delle analisi sono comunicati<br />

al contravventore, a cura del<br />

dirigente del laboratorio, presso il<br />

quale furono eseguite. L’istanza di<br />

revisione, in altre parole, ha l’effetto<br />

di sospendere sino al controllo<br />

del risultato della prima analisi la<br />

procedibilità del meccanismo di irrogazione<br />

della sanzione.<br />

LA CORTE DI CASSAZIONE HA<br />

CHIARITO I POTERI CONCES-<br />

SI ALLA POLIZIA GIUDIZIA-<br />

RIA, NELLO SPECIFICO DEL<br />

CAMPO AMBIENTALE, IN MA-<br />

TERIA DI ACCERTAMENTI UR-<br />

GENTI SUI LUOGHI, SULLE<br />

COSE E SULLE PERSONE, AI<br />

SENSI DELL’ART. 354 C.P.P.<br />

Sentenza Cassazione Penale,<br />

Sez. III, 11 gennaio 2005,<br />

n. 5468<br />

Con tale sentenza la Suprema Corte<br />

ha stabilito che la Polizia giudiziaria,<br />

a norma dell’art. 354 c.p.p. -<br />

“Accertamenti urgenti sui luoghi,<br />

sulle cose, sulle persone”, è legittimata<br />

a compiere una serie di attività<br />

tipiche ed atipiche: può effettuare<br />

gli accertamenti urgenti sui luoghi,<br />

sulle cose e sulle persone, provvedere<br />

al sequestro di urgenza onde<br />

assicurare che le tracce e le res concernenti<br />

il reato siano conservate e<br />

che la situazione non sia mutata prima<br />

che il Pubblico Ministero intervenga<br />

o assuma la direzione delle<br />

indagini.<br />

L’articolo in esame permette alla<br />

Polizia di prendere le opportune<br />

iniziative perché gli elementi pro-


atori non si disperdano; se necessario,<br />

per gli accertamenti ed i rilievi,<br />

la Polizia può farsi assistere,<br />

ex art. 348 u.c. c.p.p. da persone<br />

dotate di specifiche competenze<br />

tecniche che forniscono un parere<br />

non destinato ad essere utilizzato<br />

come prova: i cosiddetti Ausiliari di<br />

Polizia giudiziaria. Essi hanno l’obbligo<br />

di intervenire subito, non possono<br />

rifiutarsi dalle imposizioni dettate<br />

dalla Polizia giudiziaria, e rivestono<br />

la qualifica di Pubblici Ufficiali.<br />

Ai sensi dell’art. 354 c.p.p., gli accertamenti<br />

che concernono cose o<br />

situazioni suscettibili per loro natura<br />

di subire modificazione e, addirittura,<br />

di scomparire in tempi brevi<br />

(così che, in seguito, potrebbero<br />

solo essere riferiti o descritti) possono<br />

essere effettuati i sequestri, a<br />

ragione della improcrastinabile urgenza,<br />

in assenza del difensore che,<br />

tuttavia, ha il diritto di intervenire<br />

senza essere avvisato.<br />

Di conseguenza, l’osservazione immediata<br />

e diretta dello stato dei luoghi,<br />

effettuata a sola iniziativa dalla<br />

Polizia giudiziaria, in relazione a<br />

determinate attività considerate urgenti,<br />

è sempre consentita.<br />

Obblighi a carico della Polizia giudiziaria<br />

consistono nella sola redazione<br />

del relativo Verbale di Accertamenti<br />

Tecnici Urgenti, ai sensi dell’art.<br />

357, comma 2, c.p.p., al fine<br />

di trasmetterlo al Pubblico Ministero<br />

competente.<br />

La estrema importanza alla quale ricorrono<br />

tali atti si concretizza nel<br />

fatto che essi sono atti irripetibili,<br />

ovverosia non si fermano nel fascicolo<br />

del Pubblico Ministero, ma entreranno<br />

come prova nel dibattimento,<br />

inserendosi, così, nel fascicolo<br />

del giudice. La Corte, comunque,<br />

sottolinea che tale procedura<br />

debba redigersi dalla Polizia giudiziaria<br />

nelle sole ipotesi in cui sussistano<br />

le condizioni di urgenza.<br />

Nel caso de quo la Cassazione si<br />

era espressa in merito al fatto che<br />

ha ritenuto necessario e urgente la<br />

verifica della consistenza, stato e<br />

modalità di gestione delle alghe e<br />

materiale spiaggiato, in quanto rifiuti<br />

in putrefazione che causavano<br />

esalazioni maleodoranti, con rischi<br />

per la salute e per l’ambiente.<br />

Invece, gli accertamenti eseguiti<br />

dalla P.G. in mancanza delle condizioni<br />

di urgenza richieste dalla<br />

norma sono inficiati da nullità a regime<br />

intermedio per violazione dell’art.<br />

178 c) del c.p.p. (Nullità di ordine<br />

generale); parte della dottrina<br />

ritiene che tali attività della P.G. e<br />

gli atti conseguenti sono, comunque,<br />

ugualmente utilizzabili in dibattimento,<br />

in quanto non si ravvisa<br />

la riconducibilità alla nullità di<br />

ordine generale, e nemmeno la loro<br />

inutilizzabilità prevista per le prove<br />

acquisite in violazione dei divieti<br />

di legge.<br />

Diversa è invece la ipotesi di cui all’art.<br />

360 c.p.p. - Accertamenti urgenti<br />

non ripetibili - , alla quale vi<br />

si ricorre a sola iniziativa del Pubblico<br />

Ministero ed è applicabile<br />

quando siano necessari accertamenti<br />

urgenti per cui sono richieste<br />

specifiche competenze che riguardano<br />

situazioni soggette a modificazione<br />

e, pertanto, non sono differibili<br />

o ripetibili; in tale caso occorre,<br />

per la peculiare situazione, un<br />

accertamento avente valore di prova<br />

in tutti i tipi di giudizio per cui il<br />

Pubblico Ministero, nella fase delle<br />

indagini preliminari, può optare per<br />

tale procedura ex art. 360 c.p.p.<br />

In pratica l’accertamento tecnico di<br />

cui all’art. 354 c.p.p., in dottrina definito<br />

“ACCERTAMENTO URGEN-<br />

TE”, ha lo scopo di evitare che le<br />

cose e le tracce pertinenti al reato<br />

vadano disperse, e che lo stato dei<br />

luoghi e delle cose non venga mutato<br />

prima dell’intervento del Pubblico<br />

Ministero.<br />

L’art. 360 c.p.p., invece, in dottrina<br />

definito “ACCERTAMENTO TECNI-<br />

CO”, è assimilabile alle perizie , va-<br />

48<br />

le a dire quegli atti disposti o compiuti<br />

per acquisire dati e valutazioni<br />

su fatti, situazioni o materie che<br />

richiedono particolari conoscenze<br />

scientifiche e tecniche (3).<br />

Atto questo che può essere compiuto<br />

solamente dopo la comunicazione<br />

di notizia di reato e non nella<br />

immediatezza/flagranza dei fatti.<br />

Obblighi a carico dell’organo che<br />

ha redatto l’atto - sia in riferimento<br />

all’art. 354 che all’art. 360 - sono<br />

quelli di depositare lo stesso nella<br />

segreteria del Pubblico Ministero<br />

entro il terzo giorno successivo al<br />

compimento dell’atto, con facoltà<br />

per il difensore di esaminarli e di<br />

estrarre copia nei cinque giorni successivi.<br />

Inoltre, nei casi di cui all’art. 360<br />

c.p.p., e quindi in riferimento ai soli<br />

accertamenti tecnici compiuti ad<br />

iniziativa del Pubblico Ministero, è<br />

necessario dare avviso del compimento<br />

dell’atto, senza ritardo, alla<br />

persona sottoposta alle indagini, alla<br />

persona offesa dal reato, ed ai difensori,<br />

del giorno, dell’ora e del<br />

luogo fissati per il conferimento dell’incarico<br />

al tecnico, e della facoltà<br />

consentita alle parti di potere nominare<br />

un proprio consulente tecnico.<br />

Nelle ipotesi in cui tale avviso non<br />

sia stato effettuato, o non siano stati<br />

rispettati i dettami previsti, non ricorre<br />

mai ipotesi alcuna di nullità<br />

dell’atto, in quanto il c.p.p. consente<br />

al Pubblico Ministero di notificare<br />

al difensore l’avvenuto deposito<br />

nel fascicolo delle indagini preliminari<br />

di tale atto, ed i termini di<br />

cui sopra decorrono dal giorno di<br />

ricevimento della notificazione (4).<br />

Altra sostanziale differenza tra l’art.<br />

354 e l’art. 360 c.p.p., oltre al requisito<br />

della necessità e della urgenza<br />

come sopra delineato, e rela-<br />

(3) D’Ambrosio Vigna “La pratica di Polizia giudiziaria”, Cedam, 2002.<br />

(4) “Non dà luogo a nullità l’omessa indicazione nell’avviso di cui all’art. 360 c.p.p. della natura degli accertamenti<br />

tecnici disposti, della possibilità di nominare un difensore di fiducia e dell’identità del difensore<br />

d’ufficio nominato, trattandosi di informazioni non espressamente richieste dalla legge”. Cassazione<br />

Penale, Sez. I, 28 gennaio 2005, n. 11708.


tivamente ai soli accertamenti effettuati<br />

dalla Polizia giudiziaria, diretti<br />

alla acquisizione di fonti di prova<br />

da rinvenire nei luoghi, sulle cose o<br />

sulle persone, consiste nelle operazioni<br />

concrete effettuate, ovverosia<br />

nelle ipotesi in cui l’accertamento<br />

venga eseguito dalla stessa P.g. in<br />

modo tautologico, sempre uguale,<br />

magari tramite l’utilizzo di strumentazione<br />

in dotazione.<br />

Tale attività rientra sempre nelle<br />

procedure di cui all’art. 354 e mai<br />

nelle procedure di cui all’art. 360,<br />

e quindi tale attività può essere effettuata<br />

senza la presenza del difensore,<br />

senza nemmeno l’obbligo<br />

di avvisarlo di tali operazioni, e senza<br />

la delega e/o la convalida del<br />

Pubblico Ministero.<br />

Tale teoria è stata riconosciuta dalla<br />

Corte di Cassazione, Sez. V, 5 ottobre<br />

2004, n. 46176, la quale in merito a<br />

quanto già riferito, recita: “L’esame<br />

dattiloscopico, non postulando alcuna<br />

valutazione da parte di chi vi procede,<br />

si esaurisce in semplice operazione<br />

di ordine materiale soggetta alla<br />

disciplina dell’art. 354 comma 2<br />

c.p.p. e non a quella dell’art. 360<br />

c.p.p., riservata agli accertamenti veri<br />

e propri, se ed in quanto qualificabili<br />

come irripetibili”.<br />

Sempre sulla stessa linea, la Corte<br />

di Cassazione si è espressa in merito<br />

ad accertamenti sempre eseguiti<br />

ad iniziativa della P.g. con apposite<br />

strumentazioni, stabilendo che i rilievi<br />

di inquinamento ambientale,<br />

nel caso di specie inquinamento acustico,<br />

anche se non presentano la<br />

caratteristica della urgenza, rientrano<br />

sempre e comunque nella disciplina<br />

di cui all’art. 354 c.p.p.<br />

La Corte Suprema, con sentenza n.<br />

25103 del 16 aprile 2004, ha stabilito:<br />

”I rilievi fonometrici sono tipici<br />

accertamenti “a sorpesa” che non<br />

possono farsi rientrare tra quelli riguardanti<br />

cose o luoghi il cui stato<br />

è soggetto a modificazione, per i<br />

quali l’art. 360 c.p.p. richiede, in<br />

quanto non ripetibili, il previo avviso<br />

all’indagato, ma vanno inquadrati<br />

tra le attività svolte dalla Po-<br />

lizia giudiziaria ai sensi degli artt.<br />

348 e 354 comma 2 stesso codice”.<br />

Non costituisce, invece, atto urgente,<br />

quella operazione di P.g., anche<br />

se effettuata tramite strumentazione<br />

in suo possesso, in tutti i casi in cui<br />

la notizia di reato era già stata effettuata<br />

- art. 347 c.p.p. - ma era necessario,<br />

per consentire la prosecuzione<br />

delle indagini preliminari dinanzi<br />

al Pubblico Ministero, tale ulteriore<br />

operazione.<br />

Infatti, la Cassazione si è espressa<br />

stabilendo che non costituisce accertamento<br />

tecnico irripetibile e<br />

neppure atto urgente ai sensi dell’art.<br />

354 c.p.p. quello consistente<br />

nell’effettuazione, da parte di un<br />

operatore di Polizia giudiziaria, di<br />

una prova chimica atta a far rilevare<br />

l’avvenuta alterazione del numero<br />

di telaio di un autoveicolo, trattandosi<br />

in realtà della semplice constatazione,<br />

di un dato fattuale, con<br />

possibilità, quindi, che in ordine ad<br />

esso venga acquisita la deposizione<br />

del medesimo operatore (Cass. Pen.,<br />

Sez. III, 6 aprile 2004, n. 18889).<br />

Tanto premesso, nel caso di specie -<br />

sentenza contenuta nel titolo - il<br />

Collegio ha rilevato che, nella ipotesi<br />

concreta, non si può seriamente<br />

dubitare del requisito della urgenza<br />

per la stessa situazione operativa<br />

che aveva richiesto l’intervento<br />

della Polizia; occorreva, infatti,<br />

verificare la consistenza, lo stato<br />

e le modalità di gestione dei rifiuti<br />

in putrefazione che causavano<br />

emanazioni maleodoranti, per le<br />

quali vari cittadini si erano lamentati,<br />

con possibili danni o ricadute<br />

negative per la salute e l’ambiente.<br />

Gli accertamenti effettuati ai sensi<br />

dell’art. 354 c.p.p. si sono limitati<br />

ad una osservazione immediata e<br />

diretta dello stato dei luoghi ed alla<br />

descrizione oggettiva e statica<br />

della situazione dei rifiuti e, pertanto,<br />

non richiedevano l’intervento<br />

della difesa.<br />

L’attività della Polizia è stata circoscritta<br />

a dei “meri rilievi” come segnala<br />

lo stesso imputato nei motivi<br />

di impugnazione.<br />

49<br />

Di conseguenza, gli accertamenti in<br />

oggetto - rimasti nell’ambito di operatività<br />

dell’art. 354 c.p.p. - sono<br />

stati correttamente inseriti nel fascicolo<br />

del dibattimento ed utilizzati<br />

ai fini decisori.<br />

È stato, quindi, rigettato il ricorso<br />

presentato dal soggetto trasgressore<br />

dell’illecito penale ambientale.<br />

LA CORTE DI CASSAZIONE HA<br />

CHIARITO IL RICONOSCIMEN-<br />

TO DELLE RELAZIONI DI SERVI-<br />

ZIO COME ATTI NON RIPETIBILI<br />

Sentenza Cassazione Penale<br />

Sez. I, 23 maggio 2006,<br />

n. 10278<br />

Premesso che la comunicazione di<br />

notizia di reato è un atto importantissimo,<br />

in materia ambientale è altrettanto<br />

importante la redazione di<br />

tutti quegli atti che divengono irripetibili,<br />

ovverosia vengono inseriti,<br />

a cura del pubblico ministero, direttamente<br />

nel fascicolo del giudice,<br />

il quale ha la possibilità di venire<br />

a conoscenza di parte dell’opera<br />

svolta dalla Polizia giudiziaria<br />

prima ancora dell’apertura del dibattimento.<br />

La singola relazione di servizio della<br />

Polizia giudiziaria, in certi casi,<br />

costituisce un momento processuale<br />

altamente importante, previa conferma,<br />

ovviamente, del rispettivo<br />

contenuto, tramite la testimonianza,<br />

quale mezzo di prova, ad opera della<br />

stessa P.G.<br />

In questo senso la Cassazione Penale,<br />

con sentenza 26 gennaio 2005,<br />

aveva riconosciuto la Relazione di<br />

servizio ad opera della P.g. quale atti<br />

irripetibile, mentre, nell’anno successivo,<br />

2006, la stessa Cassazione,<br />

ha stabilito che le “relazioni di servizio”<br />

e le “informative” ad opera<br />

della Polizia giudiziaria non possono<br />

qualificarsi come atti irripetibili<br />

(Cass. Pen. 23 maggio 2006).


Le nuove tecnologie hanno modificato<br />

l’approccio alle politiche di prevenzione<br />

e di controllo del territorio ed hanno ottimizzato,<br />

in termini di efficacia ed efficienza,<br />

le attività delle Forze di Polizia.<br />

Le potenzialità delle innovazioni tecnologiche<br />

esercitano, infatti, su tutti gli attori<br />

delle politiche di sicurezza dello Stato<br />

e delle città un’attrazione difficilmente resistibile<br />

rappresentando una sostanziale<br />

ed importante estensione delle capacità<br />

fisiche degli operatori di Polizia di vedere,<br />

osservare, analizzare, controllare ed<br />

anche incrociare e comunicare dati, immagini<br />

ed informazioni. La diffusione della<br />

videosorveglianza delle città, quale strumento<br />

di prevenzione, trova la sua origine<br />

nel nuovo ruolo rivestito nel campo<br />

delle politiche di sicurezza delle città dai<br />

sindaci. In tal senso, infatti, se in Europa,<br />

già a metà degli anni ’80, si è sviluppata<br />

una approfondita riflessione sul tema della<br />

sicurezza delle città da parte delle amministrazioni<br />

locali, in Italia, solo da pochi<br />

anni, se ne è iniziato a parlare. Il confronto<br />

con le altre esperienze europee ha<br />

permesso, inoltre, di rilevare che i governi<br />

nazionali che si erano impegnati per<br />

promuovere legislazioni nazionali sulla<br />

sicurezza, hanno studiato ed attivato strumenti<br />

di supporto per le amministrazioni<br />

locali. In particolare, in Francia e in<br />

Belgio, le amministrazioni locali, le Forze<br />

dell’ordine, la magistratura e gli altri soggetti<br />

interessati si sono riuniti, mediante<br />

un vero e proprio strumento pattizio, per<br />

attuare sinergicamente politiche di sicurezza<br />

nelle città, mentre, in Inghilterra, il<br />

Ministero dell’Interno ha investito sui sistemi<br />

di videosorveglianza ingenti risorse<br />

economiche a partire dalla fine degli anni<br />

Ottanta. In Italia, in questi ultimi anni,<br />

l’attenzione dei cittadini si è spostata mol-<br />

ALFREDO PRIOLO<br />

Comandante della Polizia municipale<br />

di Reggio Calabria<br />

VIDEOSORVEGLIANZA: LE SINERGIE<br />

CON GLI ALTRI CORPI DI POLIZIA<br />

tissimo verso le amministrazioni locali:<br />

prima il fenomeno della sicurezza era visto<br />

come fenomeno riconducibile all'ordine<br />

pubblico con lo Stato, la Polizia e gli<br />

apparati repressivi che dovevano rispondere<br />

a quest’emergenza; più di recente,<br />

con l’introduzione della riforma elettorale<br />

e l’elezione diretta dei sindaci, con il<br />

decentramento amministrativo e, soprattutto,<br />

con la modifica del titolo V della<br />

Costituzione, le amministrazioni locali, in<br />

tale materia, hanno assunto una ruolo<br />

centrale da protagoniste e sono diventate<br />

le uniche referenti e destinatarie del senso<br />

di insicurezza della popolazione.<br />

I cittadini, infatti, hanno cominciato a percepire<br />

che, ai fini della sicurezza degli<br />

ambienti urbani, non è sufficiente la presenza<br />

dell’operatore di Polizia che controlla<br />

il territorio, ma che necessitano l’applicazione<br />

di regole precise, la qualificazione<br />

degli spazi urbani, l’attuazione di<br />

politiche di prevenzione e di intervento<br />

su tutti gli elementi di disturbo alla pacifica<br />

convivenza dei quartieri e delle città.<br />

L’approccio della parte politica rispetto alle<br />

nuove istanze rivolte alle amministrazioni<br />

locali si è dunque dovuto celermente<br />

modificare: così sono nate le prime<br />

significative esperienze di sicurezza<br />

promosse dalle città e, con esse, i primi<br />

sistemi di video sorveglianza realizzati dai<br />

<strong>Comuni</strong> ed offerti nella disponibilità delle<br />

Forze di Polizia dello Stato.<br />

Sugli strumenti da utilizzare, però, la scelta<br />

non è stata unanime: per molti infatti il<br />

ricorso alle tecnologie doveva seguire altre<br />

modifiche culturali da diffondersi prima<br />

nel campo della programmazione del<br />

territorio e, dopo, tra la popolazione delle<br />

città. L’ordine pubblico nelle strade e<br />

sui marciapiedi, secondo una parte della<br />

dottrina, dunque, non poteva essere (so-<br />

50<br />

lo) mantenuto dalle Forze di Polizia ma<br />

doveva essere assicurato da una complessa<br />

e quasi inconscia rete di controlli<br />

spontanei e dall’esistenza di norme accettate<br />

e fatte osservare dagli abitanti stessi.<br />

Tale approccio, che tende a privilegiare<br />

i legami di vicinato, la forza della struttura<br />

del tessuto sociale, la morfologia urbana,<br />

le diverse tipologie di edificato, la<br />

qualità della strada e dell’isolato, l’identificazione<br />

con il territorio dell’abitante,<br />

contempla solo in via sussidiaria altre tipologie<br />

di interventi come la video sorveglianza<br />

e richiede una città organizzata<br />

in modo che vi siano strade ricche di<br />

attività e frequentate a tutte le ore del giorno,<br />

varietà di usi e di popolazioni, edifici<br />

concepiti in modo che gli abitanti possano<br />

avere un rapporto visivo diretto con lo<br />

spazio pubblico. Ma la realtà urbana delle<br />

grandi e piccole città è ben diversa; le<br />

zone abitate si sono ormai sviluppate a dismisura<br />

e gli interventi di bonifica e di riqualificazione<br />

degli spazi sono lenti, particolarmente<br />

costosi e non sempre realizzabili<br />

nelle aree disponibili. L’approccio<br />

alle nuove politiche di sicurezza preferito<br />

negli ultimi anni ha riunito le diverse<br />

forme di intervento nella consapevolezza<br />

che la produzione ordinaria di sicurezza<br />

nelle città non si realizzi solo con attività<br />

di Polizia di sicurezza o di Polizia giudiziaria<br />

ma anche con forme di prevenzione<br />

e di dissuasione e con interventi di<br />

Polizia sociale e prossimità. Nonostante<br />

la visione dei dirigenti del sistema di sicurezza<br />

nazionale e del Ministero dell’Interno<br />

sulla necessità di unitarietà del sistema<br />

di sicurezza pubblica e sul problema<br />

della responsabilità della direzione e<br />

della gestione, le esperienze più recenti e<br />

le proposte normative esistenti si muovono<br />

nella direzione di un sistema misto in


cui l’ordine e la sicurezza pubblica continuano<br />

a rimanere in capo allo Stato e le<br />

iniziative di sicurezza delle città sono<br />

adottate sotto la spinta propositiva dei sindaci<br />

e con il concorso di tutte le Forze di<br />

Polizia operanti sul territorio ed in primo<br />

luogo delle Polizie locali. In tale direzione,<br />

la diffusione dei sistemi di video controllo<br />

delle città con finalità di contrasto<br />

alle illegalità ed al disordine urbano è avvenuta<br />

in Italia a partire dalla fine degli<br />

anni Novanta grazie ad investimenti economici<br />

significativi effettuati dai comuni<br />

e dalle regioni dell’Italia settentrionale; in<br />

altri contesti territoriali, che fino a pochi<br />

anni fa hanno orientato tali sistemi solo al<br />

monitoraggio del traffico e della viabilità,<br />

solo di recente sono stati elaborati ed attuati<br />

una serie di progetti di videosorveglianza<br />

come strumento di attuazione di<br />

politiche di sicurezza utilizzando le risorse<br />

economiche messe a disposizione nell’ambito<br />

dei progetti per la sicurezza delle<br />

città dal PON. “Sicurezza per lo sviluppo<br />

del Mezzogiorno”. Dopo una valutazione<br />

delle esperienze esistenti ed un<br />

esame di alcune realtà in cui stanno sorgendo<br />

sistemi di videocontrollo particolarmente<br />

interessanti, è emersa la necessità<br />

di approfondire alcune questioni affinché<br />

si effettuino interventi adeguati e<br />

proporzionati alle dimensioni territoriali<br />

di riferimento e si realizzino opere da<br />

condividere sinergicamente con le altre<br />

Forze di Polizia. Il primo elemento da verificare<br />

riguarda la caratterizzazione territoriale<br />

del problema della sicurezza e,<br />

dunque, l’esistenza o meno di peculiarità<br />

del fenomeno legate alla configurazione<br />

territoriale, culturale o sociale dell’area.<br />

In tal caso, si rende necessario un ulteriore<br />

approfondimento con lo scopo di verificare<br />

le tipologie di fenomeni criminosi<br />

che si intendono limitare e reprimere e,<br />

dunque, di adeguare la struttura e l’impianto<br />

delle tecnologie alle specifiche esigenze<br />

dell’area o delle aree cittadine da<br />

controllare in riferimento a quel particolare<br />

evento. Alcune fattispecie criminose<br />

quali, ad esempio, lo spaccio di sostanze<br />

stupefacenti, gli scippi, i danneggiamenti<br />

dolosi a scopo estorsivo, richiedono una<br />

diversa soluzione tecnologica (telecamera<br />

a brandeggio o fissa ad es.) da utilizzarsi<br />

ora quale fonte di prova, ora quale<br />

sistema di allerta per la Forza di Polizia<br />

operante per evitare gli effetti dell’atto criminoso.<br />

Dopo aver analizzato il fenomeno<br />

ed aver affidato alla videosorveglian-<br />

za una connotazione centrale e decisiva<br />

nel sistema di sicurezza cittadino, occorre<br />

coinvolgere preliminarmente tutti gli attori<br />

interessati sul territorio e poi analizzare<br />

costantemente i primi risultati in termini<br />

di efficacia preventiva e dissuasiva e<br />

di ricostruzione ex post degli eventi criminosi.<br />

Gli ulteriori passaggi da seguire<br />

per ottimizzare gli effetti dell’investimento<br />

e per realizzare una produttiva condivisione<br />

con le altre Forze di Polizia, possono<br />

così riassumersi:<br />

1. partecipazione nelle fasi progettuali<br />

degli utenti finali del sistema per assicurare<br />

un completo coinvolgimento nell’iniziativa;<br />

2. analisi approfondita della zona di posizionamento<br />

di ciascun impianto di ripresa<br />

avendo riguardo alle criticità materiali<br />

ed alle tipologie di illegalità che si<br />

manifestano nell’area;<br />

3. illuminazione dell’area oggetto delle<br />

riprese per assicurare una adeguato livello<br />

di prestazione agli impianti tecnologici;<br />

4. sistema di protezione adeguato per<br />

prevenire e ridurre i rischi di atti vandalici<br />

o di manomissioni;<br />

5. scelta approfondita e diversificata per<br />

aree di controllo tra telecamere fisse ed<br />

a brandeggio sulla base dei risultati da ottenere;<br />

6. adeguato livello di pubblicità dell’esistenza<br />

dei sistemi di video controllo per<br />

massimizzare l’efficacia preventiva;<br />

7. massima attenzione alle attività di manutenzione<br />

e controllo successive alla<br />

realizzazione dei sistemi;<br />

8. formazione specialistica del personale<br />

destinato alle sale operative che gestiscono<br />

i sistemi.<br />

La scelta della condivisione degli strumenti<br />

di videocontrollo delle città con le<br />

altre Forze di Polizia, fino a qualche tempo<br />

fa, era adottata liberamente da parte<br />

degli enti che li realizzavano. Ma i numerosi<br />

sistemi funzionanti ed il proliferare<br />

di iniziative progettuali di video sorveglianza<br />

da parte dei <strong>Comuni</strong> da finanziare<br />

con i fondi europei del P.O.N.<br />

“Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno”<br />

hanno indotto il Ministero<br />

dell’Interno ad intervenire in materia ponendo,<br />

almeno per le opere da realizzare<br />

con finanziamenti ministeriali (o gestiti<br />

dal Ministero), alcune linee guida tese<br />

a favorire la sinergia tra le polizie locali e<br />

le altre Polizie dello Stato. Con una circolare<br />

del febbraio 2005, il Ministero ha<br />

51<br />

riconosciuto agli enti locali, avendo riguardo<br />

ai compiti ed alle funzioni da essi<br />

esercitate, ampia autonomia nel ricorso<br />

alle tecnologie innovative ed ha promosso<br />

tali iniziative allo scopo di contrastare<br />

fenomeni di criminalità e di inciviltà<br />

e per offrire alcune risposte anche alle<br />

istanze di tutela provenienti dal mondo<br />

produttivo e dalle associazioni degli imprenditori.<br />

In sostanza, il moltiplicarsi delle<br />

iniziative in questione da parte dei privati,<br />

delle associazioni di categoria e degli<br />

enti locali ha consentito allo stesso<br />

Ministero di realizzare gradualmente un<br />

sistema integrato di prevenzione sul territorio<br />

attraverso una maggiore sinergia fra<br />

gli organi tradizionalmente preposti alla<br />

tutela della sicurezza pubblica, gli organi<br />

di Polizia locale, nell’ambito dei rispettivi<br />

compiti istituzionali, e gli operatori della<br />

“sicurezza sussidiaria”, con particolare<br />

riguardo agli istituti di vigilanza privata.<br />

Ma proprio per realizzare tale obiettivo<br />

sono state poste alcune linee guida anche<br />

al fine di non alterare il corretto rapporto<br />

tra i diversi ambiti istituzionali dei diversi<br />

soggetti coinvolti. Per una condivisione<br />

definitiva dei sistemi con le Forze di<br />

Polizia dello Stato e per una corretta realizzazione<br />

degli interventi da parte delle<br />

amministrazioni locali, il Ministero ha approfondito<br />

alcune questioni particolarmente<br />

rilevanti:<br />

- la scelta delle aree deve avvenire nell’ambito<br />

di un procedimento che veda interessati<br />

i Comitati Provinciali per l’ordine<br />

e la sicurezza pubblica, eventualmente<br />

allargati ai responsabili delle amministrazioni<br />

dello Stato e degli enti locali interessati,<br />

ai sensi dell’art.16 della legge<br />

n.128/2001;<br />

- sotto il profilo tecnologico, in particolare,<br />

le nuove strutture devono essere realizzate<br />

con tecnologie compatibili con<br />

quelle esistenti presso le questure;<br />

- sotto il profilo funzionale, lo sviluppo<br />

degli apparati di videosorveglianza deve<br />

coniugarsi con l’esigenza di garantire l’efficacia<br />

e la tempestività della risposta delle<br />

Forze di Polizia e, pertanto, è richiesta<br />

una corretta scelta nella visualizzazione<br />

delle immagini rilevate dai sistemi nelle<br />

sale o centrali operative delle Forze di<br />

Polizia dello Stato che le potranno mantenere<br />

nei soli casi di obiettivi “istituzionali”<br />

particolarmente sensibili o di obiettivi<br />

di interesse strategico per la sicurezza<br />

primaria (le Forze di Polizia statali vigilano<br />

prioritariamente obiettivi sensibili).


- il soggetto che propone l’attivazione dei<br />

sistemi di videosorveglianza, oltre ad approvvigionarsi<br />

di adeguata strumentazione,<br />

connettività e relativa manutenzione,<br />

deve provvedere, nella rigorosa osservanza<br />

della normativa posta a tutela dei<br />

dati personali, anche ai servizi di gestione,<br />

memorizzazione e monitoraggio delle<br />

immagini, con sistemi di allertamento<br />

immediato dell’organo di Polizia dello<br />

Stato nei casi di effettiva esigenza e mettendo,<br />

comunque, a sua disposizione i segnali<br />

e le immagini relative a situazioni di<br />

rischio, appositamente selezionate, ivi<br />

comprese le registrazioni dei fatti che, anche<br />

fuori della flagranza del reato, presentino<br />

anomalie suscettibili di interesse<br />

investigativo, come potrebbe verificarsi<br />

nel caso delle registrazioni di attività che,<br />

ad un successivo approfondimento, possono<br />

risultare fasi preparatorie di un’azione<br />

criminosa e concorrere alla individuazione<br />

dei colpevoli.<br />

- se sussistono i requisiti di pubblico interesse<br />

(necessità, pertinenza, non eccedenza<br />

dei dati e dei trattamenti), può essere<br />

valutata una soluzione mediata, in<br />

forza della quale il flusso delle immagini<br />

prodotte dai sistemi giunga, a seconda degli<br />

obiettivi da vigilare e nel fondamentale<br />

rispetto delle competenze istituzionali,<br />

presso gli organi di Polizia locale ovvero<br />

presso istituti di vigilanza, in grado di garantire<br />

i servizi di monitoraggio ed il conseguente,<br />

eventuale allertamento della sala<br />

o centrale operativa delle Forze di<br />

Polizia statali, nei casi in cui vengano riscontrati<br />

allarmi o anomalie.<br />

Il Ministero, in definitiva, secondo la tradizionale<br />

impostazione, ha ribadito la<br />

centralità delle Forze di Polizia dello Stato<br />

nelle politiche di sicurezza ma ha aperto<br />

agli enti locali in primis ed anche alla vigilanza<br />

privata la strada per concorrere<br />

ciascuno nei limiti delle proprie competenze<br />

al raggiungimento di livelli più alti<br />

di sicurezza nelle città consentendo l’attivazione<br />

e la gestione di sistemi sui quali,<br />

però, intende mantenere il controllo e<br />

servirsene per le attività di Polizia di sicurezza<br />

e di Polizia giudiziaria. Contestualmente,<br />

lo stesso Ministero, però, ha<br />

delegato alle Polizia locali il controllo delle<br />

immagini relative ad obiettivi non ritenuti<br />

sensibili allo scopo di consentire comunque<br />

di esercitare quel ruolo decisivo<br />

nel perseguimento di politiche di sicurezza<br />

urbana. Dopo la realizzazione degli<br />

interventi, un’altra problematica rile-<br />

vata attiene alla gestione del sistema di<br />

sorveglianza avendo riguardo alle peculiarità<br />

ed alle funzioni affidate a ciascun<br />

gruppo di ripresa ed alle situazioni che le<br />

Forze di Polizia statali e quelle locali intendono<br />

controllare e vigilare con continuità.<br />

A tal fine si rende senza dubbio necessaria<br />

la stipula di un protocollo operativo<br />

che disciplini l’utilizzo del sistema, le<br />

finalità che ciascuna telecamera o ciascun<br />

gruppo di ripresa devono perseguire ed<br />

eventualmente la suddivisione oraria della<br />

gestione degli impianti realizzati in<br />

prossimità di obiettivi sensibili. Si potranno<br />

così destinare alcune telecamere al<br />

controllo del traffico durante la giornata,<br />

salvo poi, nelle ore notturne, essere utilizzate<br />

per vigilare su immobili o su arterie<br />

stradali ad alta densità commerciale<br />

(con funzioni preventive). L’esperienza<br />

del Comune di Reggio Calabria, dove, da<br />

quasi un anno, è in funzione un sistema<br />

di videocontrollo del cuore commerciale,<br />

turistico e sociale della città fortemente<br />

voluto dall’amministrazione comunale,<br />

è esemplificativa di come possano esistere<br />

diversi regimi organizzativi e gestionali<br />

dei sistemi di sorveglianza con riferimento<br />

alla condivisione degli strumenti<br />

tra la Polizia municipale e le altre Forze<br />

dell’ordine.<br />

- La sala operativa del Comando di Polizia<br />

municipale, oggi, gestisce in assoluta autonomia<br />

il sistema di videosorveglianza<br />

del centro cittadino ed assicura alle altre<br />

Forze di Polizia la disponibilità delle immagini<br />

solo in caso di attività di Polizia<br />

giudiziaria.<br />

- Il Comando ospita, in sala operativa e<br />

senza poteri attivi di gestione, le immagini<br />

di un altro sistema di videocontrollo relativo<br />

all’area dello stadio “O. Granillo”,<br />

realizzato dal Comune, in attuazione di<br />

provvedimenti anti-violenza negli stadi,<br />

ma gestito in autonomia dalla Questura.<br />

Dopo aver realizzato una serie di interventi<br />

di recupero e di valorizzazione del<br />

quartiere in cui sorge anche lo stadio,<br />

l’amministrazione comunale ha chiesto<br />

ed ottenuto dalla Questura di poter utilizzare<br />

attivamente (con il controllo delle<br />

otto telecamere esterne allo stadio) il sistema<br />

di video controllo con l’obiettivo di<br />

monitorare e di reprimere, attraverso l’intervento<br />

della Polizia municipale ed, ove<br />

occorra, delle altre Forze di Polizia, quelle<br />

piccole forme di micro-criminalità e di<br />

illegalità che ancora persistono nell’area.<br />

A breve, dopo la stipula di un protocollo<br />

52<br />

operativo, il sistema sarà gestito attivamente<br />

dalla Polizia municipale in tutte le<br />

giornate diverse da quelle in cui si svolgono<br />

le partite, quando, invece, il sistema<br />

torna nella piena disponibilità della<br />

Questura.<br />

- La terza esperienza da rappresentare è<br />

forse la più interessante: a seguito di un<br />

protocollo d’intesa stipulato tra la<br />

Prefettura ed il Comune sarà realizzato, a<br />

breve, un sistema di video sorveglianza<br />

importante che consentirà, a regime, di<br />

gestire circa 100 punti di ripresa.<br />

L’accordo prevede che:<br />

- la Prefettura realizzi, con i fondi del<br />

PON, un sistema di videocontrollo degli<br />

obiettivi sensibili e delle grandi direttrici<br />

di transito veicolare e finanzi anche il sistema<br />

di illuminazione e di cablaggio del<br />

quartiere di Sbarre allo scopo di inserirlo<br />

nell’intervento principale, cedendo, a titolo<br />

gratuito al Comune tutte le infrastrutture<br />

realizzate;<br />

- il Comune consenta l’utilizzo, per il funzionamento<br />

del sistema, della rete in fibra<br />

ottica esistente, realizzi la progettazione<br />

tecnica ed esecutiva dell’intera opera nel<br />

rispetto delle indicazioni tecniche del<br />

Ministero dell’Interno e mantenga in efficienza<br />

il sistema assumendosene i relativi<br />

oneri dopo il periodo di garanzia e manutenzione<br />

posto a carico del fornitore;<br />

- la Polizia municipale sia autorizzata dalla<br />

Prefettura ad utilizzare il software applicativo<br />

del “Sistema per il controllo del<br />

territorio della Polizia di Stato” e ad impiegare<br />

gratuitamente il sistema per lo<br />

svolgimento delle funzioni istituzionali,<br />

con l’interazione attiva con il medesimo<br />

previa autorizzazione della Questura.<br />

La progettazione esecutiva, l’individuazione<br />

in Comitato per l’ordine e la sicurezza<br />

pubblica dei punti di ripresa ed il finanziamento<br />

dell’intervento sono fasi già<br />

concluse; dopo la fase di scelta del contraente<br />

curata dalla Prefettura, si potrà dare<br />

inizio ai lavori sotto la direzione tecnica<br />

del Comune. La completa realizzazione<br />

dell’intervento descritto rappresenterà<br />

un modello di riferimento che dimostra<br />

come attraverso una adeguata e propositiva<br />

sinergia tra l’amministrazione centrale<br />

e quelle locali sia possibile raggiungere<br />

alcuni risultati concreti che possono attenuare<br />

il crescente e diffuso senso di insicurezza<br />

degli abitanti dei centri urbani<br />

e contribuire a frenare fenomeni di illegalità<br />

ed altre manifestazioni delittuose<br />

più comuni.


RICCARDO PERINI<br />

Responsabile della Polizia annonaria<br />

e commerciale di Milano<br />

I PHONE CENTER: NORMATIVA E CONTROLLI OPERATIVI<br />

Le attività di telefonia internazionale si inseriscono<br />

in un ampio spettro di attività<br />

imprenditoriali svolte da soggetti extracomunitari<br />

che consentono a cittadini di nazionalità<br />

straniera non solo di potersi mettere<br />

in contatto con i propri congiunti nei<br />

Paese d’origine ma anche di fruire di servizi<br />

(money transfer - biglietti aerei) e di<br />

acquistare beni (alimentari, CD musicali<br />

e DVD etc.).<br />

I c.d. phone center sono, sotto il profilo<br />

tecnico, centri di telefonia soprattutto internazionale<br />

che utilizzano la commutazione<br />

telefonica avvalendosi di pacchetti<br />

di traffico telefonico acquistati a prezzo<br />

scontato oppure sfruttando la tecnologia<br />

Voip con un conseguente minor costo delle<br />

telefonate anche intercontinentali. I centri<br />

di telefonia in sede fissa, secondo la definizione<br />

della legge della Regione<br />

Lombardia (prima Regione che ha inteso<br />

regolamentare la materia sotto il profilo<br />

amministrativo) 3 marzo 2006, n. 6, sono,<br />

in particolare, costituiti da qualsiasi struttura<br />

ove è svolta l’attività commerciale in<br />

via esclusiva di cessione al pubblico di<br />

servizi telefonici; rientra in questa definizione<br />

quindi ogni attività che comporti<br />

una connessione telefonica o telematica<br />

allo scopo di fornire servizi di telefonia vocale,<br />

da realizzarsi nei locali o sulle superfici<br />

aperti al pubblico e a tale scopo attrezzati.<br />

Spesso nei phone center vi sono alcune<br />

postazioni per la navigazione su internet,<br />

anch’esse previo pagamento di un corrispettivo.<br />

Meno frequenti sono invece i veri e propri<br />

internet point in cui l’attività principale,<br />

se non esclusiva, è rappresentata dalla<br />

possibilità di navigare in internet, magari<br />

accompagnata dalla consumo di alimenti<br />

e bevande (c.d. internet café).<br />

Non è considerato “internet point” l’esercizio,<br />

nel quale pure in presenza di un<br />

apparecchio per la connessione telematica,<br />

questi è utilizzato unicamente dal conduttore<br />

per i propri fini professionali o privati.<br />

I centri di telefonia, presenti attualmente<br />

nel numero di circa 1800 sul territorio<br />

lombardo e di circa 7.500 in tutto il<br />

territorio nazionale, ovviamente con maggiori<br />

concentrazioni nelle grandi città,<br />

vengono frequentati in maggior parte da<br />

cittadini di origine extracomunitaria che,<br />

come detto, intendono mettersi in contatto<br />

con le famiglie nei paesi di origine.<br />

Tale frequentazione pone in alcuni casi<br />

problemi di ordine pubblico nonché di carattere<br />

ambientale derivanti dai rumori<br />

notturni nonché di natura igienico-sanitaria<br />

a causa dei comportamenti di alcuni<br />

di questi soggetti. Le attività dei phone<br />

center sono regolamentate a vario titolo<br />

da diversi provvedimenti normativi: il decreto<br />

legislativo 1 agosto 2003, n. 259, art.<br />

25 c.4 (c.d. Codice delle comunicazioni<br />

elettroniche) stabilisce gli aspetti tecnici<br />

delle attività di commutazione telefonica,<br />

il decreto legge 27 luglio 2005, n. 144, art.<br />

7 stabilisce l’obbligo per i titolari dei centri<br />

di telefonia e internet di munirsi di licenza<br />

di Polizia e il d.m. 16 agosto 2005<br />

fissa gli obblighi di registrazione e monitoraggio<br />

del traffico telefonico e internet,<br />

con riguardo alla sicurezza nazionale; infine,<br />

si devono prendere in considerazione<br />

gli aspetti amministrativi di stretta competenza<br />

della recente legge regionale 6/06<br />

la quale aggiunge altri obblighi autorizzatori,<br />

amministrativi e igienico-sanitari.<br />

I PROFILI TECNICI<br />

È bene innanzi tutto chiarire che i phone<br />

54<br />

center sono centri ove viene fornito un servizio<br />

di telecomunicazioni.<br />

Pertanto il titolare deve presentare al<br />

Ministero delle <strong>Comuni</strong>cazioni una dichiarazione<br />

contenente l’intenzione di iniziare<br />

il servizio di comunicazione elettronica.<br />

Tale dichiarazione, che vale come<br />

DIA, deve essere presentata sul modello<br />

di cui all’allegato 9 del Codice delle comunicazioni,<br />

in cui devono essere indicate<br />

le generalità del dichiarante e dell’eventuale<br />

società in caso sia presentata dal<br />

legale rappresentante della stessa, la descrizione<br />

del servizio di comunicazione<br />

elettronica che si vuole effettuare e la data<br />

di inizio dell’attività.<br />

Alla dichiarazione deve essere allegato il<br />

certificato di iscrizione al registro ed il certificato<br />

anti-mafia.<br />

Le imprese operanti, dopo la DIA, sono<br />

tenute all’iscrizione nel Registro degli<br />

Operatori Elettronici (R.O.C.).<br />

I PROFILI<br />

DI PUBBLICA SICUREZZA<br />

Il secondo adempimento cui devono attenersi<br />

i titolari dei phone center è quello<br />

connesso al c.d. decreto Pisanu del 27 luglio<br />

2005 convertito con modificazioni<br />

nella legge 155/05: fino al 31 dicembre<br />

2007, chiunque intende aprire un pubblico<br />

esercizio o un circolo privato di qualsiasi<br />

specie, nel quale sono posti a disposizione<br />

del pubblico, dei clienti o dei soci<br />

apparecchi terminali utilizzabili per le<br />

comunicazioni anche telematiche, deve<br />

chiederne la licenza al questore. La licenza<br />

non è richiesta nel caso di sola installazione<br />

di telefoni pubblici a pagamento,<br />

abilitati esclusivamente alla telefonia<br />

vocale: quantunque quest’ultima


espressione faccia pensare che i phone<br />

center con sole postazioni telefoniche siano<br />

esclusi dall’obbligo di munirsi della licenza<br />

di Polizia, in realtà qui ci riferisce<br />

alle cabine telefoniche e ad altre postazioni<br />

in cui si accede direttamente al servizio<br />

di telefonia fornito dal gestore di rete,<br />

senza la mediazione imprenditoriale.<br />

Perciò anche i phone center “puri” devono<br />

chiedere la licenza di p.s.<br />

Al rilascio della licenza si applica la disciplina<br />

del silenzio-assenso dopo 60 giorni.<br />

In quanto nuova fattispecie di pubblico<br />

esercizio, si applicano le disposizioni<br />

del t.u.l.p.s. tra cui quelle in materia di sorvegliabilità,<br />

di rappresentanza, di condizioni<br />

soggettive per il rilascio e in materia<br />

di sospensione o revoca della licenza e di<br />

sanzioni. Secondo il d.m. 16 agosto 2005,<br />

poi, i titolari o gestori di un esercizio nel<br />

quale sono poste a disposizione del pubblico,<br />

dei clienti o dei soci, apparecchi terminali<br />

utilizzabili per le comunicazioni,<br />

anche telematiche, sono tenuti a adottare<br />

le misure fisiche o tecnologiche occorrenti<br />

per impedire l'accesso agli apparecchi terminali<br />

a persone che non siano preventivamente<br />

identificate e adottare le misure<br />

occorrenti per il monitoraggio dei traffici<br />

telefonici e internet. Essi devono inoltre<br />

informare, anche in lingue straniere, il<br />

pubblico delle condizioni d’uso dei terminali<br />

messi a disposizione e devono assicurare<br />

il corretto trattamento dei dati acquisiti<br />

e la loro conservazione fino al 31<br />

dicembre 2007.<br />

L’inosservanza delle disposizioni di Polizia<br />

qui evidenziate secondo il Ministero<br />

dell’Interno sono punite penalmente, ai<br />

sensi dell’art. 17 t.u.l.p.s.<br />

Così si è pronunciata la circolare<br />

557/PAS/12982D(22) del 29-08-2005.<br />

Secondo questa circolare alla licenza di<br />

P.S. in questione si applicano, per espressa<br />

indicazione dell’art. 7 del D.L. n. 144<br />

in argomento, le disposizioni del testo unico<br />

delle leggi di pubblica sicurezza. concernenti:<br />

a) le autorizzazioni di Polizia (Titolo I -<br />

Capo III), fra cui, particolarmente, quelle<br />

degli artt. 9 (prescrizioni), 10 e 11 (condizioni<br />

per il rilascio, la sospensione e la revoca);<br />

b) i controlli e le sanzioni (Titolo I - Capo<br />

IV), e, particolarmente, l’art. 16 (controlli)<br />

e l’art. 17 (sanzioni penali);<br />

c) la disciplina generale dei pubblici esercizi<br />

(Titolo III - Capo II), fra cui, particolarmente,<br />

quelle degli artt. 92 (ulteriori<br />

condizioni di rilascio), 93 (conduzione tramite<br />

rappresentanza) e 100 (sospensione<br />

della licenza per motivi di pubblica sicurezza)<br />

e quelle corrispondenti del regolamento<br />

di esecuzione (fra cui gli artt. 152<br />

e 153).<br />

In particolare, sotto il profilo dei controlli,<br />

il Ministero ritiene che l’esercizio delle<br />

attività qui in argomento in assenza di licenza,<br />

o in violazione degli obblighi ad<br />

esse inerenti, rientra fra le fattispecie previste<br />

e punite dall’art. 17 del testo unico<br />

delle leggi di pubblica sicurezza, appositamente<br />

richiamato, fra le disposizioni del<br />

Capo IV del Titolo I dello stesso T.U., dal<br />

comma 3 dell’art. 7.<br />

Conseguentemente, secondo il Ministero,<br />

la Polizia giudiziaria deve adottare le misure<br />

previste dal codice di procedura penale<br />

per l’interruzione delle attività costituenti<br />

reato. Peraltro, alcune Questure<br />

quale quella di Piacenza seguono l’orientamento<br />

che prevede l’applicazione delle<br />

sanzioni amministrative di cui all’art.<br />

17 bis e seguenti.<br />

Anche chi scrive ritiene più condivisibile<br />

quest’ultimo orientamento.<br />

L’interpretazione ministeriale, che sostiene<br />

l’applicazione dell’art.17 per la violazione<br />

di una norma non appartenente al<br />

TULPS, ma al D.L. 144/05, sembra non tenere<br />

conto del principio di legalità sancito<br />

dall’art.1 del Codice penale. D’altra parte<br />

proprio il riferimento contenuto nella<br />

Circolare al capo III del titolo II, del TUL-<br />

PS, può consentire di far rientrare questa<br />

attività tra gli esercizi pubblici di cui all’art.86<br />

e pertanto di assoggettare alla sanzione<br />

amministrativa di cui all’art. 17 bis<br />

dello stesso TULPS.<br />

In ragione di quanto sopra, riteniamo che<br />

si debba applicare il riferimento sanzionatorio<br />

dell’art. 17 bis 1° comma TULPS,<br />

in caso di carenza di licenza del Questore,<br />

e del secondo comma dello stesso articolo<br />

in caso di inottemperanza alla prescrizioni<br />

del DM 16/8/05, con le conseguenti<br />

determinazioni di cui agli artt. 17 ter e<br />

quater.<br />

La Questura di Milano, sollecitata dallo<br />

scrivente, ha trasmesso una nota che conferma<br />

la bontà di quest’ultima interpretazione.<br />

Dalla lettura combinata della predetta nota<br />

e del quadro normativo emerge pertanto<br />

che:<br />

- in caso di accertata assenza della licenza<br />

di PS di cui al DL 144/05 o di non pre-<br />

55<br />

sentata richiesta di licenza di PS, per gli<br />

esercizi già attivi al 28 luglio 2005, si deve<br />

procedere all’applicazione della sanzione<br />

amministrativa di cui all’art. 17 bis 1° comma<br />

del r.d. 773/31 (VdC di 1.032 € - competenza<br />

Prefettura);<br />

- in caso di inosservanza delle prescrizioni<br />

di cui al DM 16/8/05, contestare l’art.<br />

17 bis 2° comma del r.d. 773/31 (VdC di<br />

1.032 € - competenza Prefettura);<br />

- in caso siano accertate ambo le violazioni,<br />

si deve verbalizzarle entrambe.<br />

Sarà peraltro rilevante trasmettere segnalazione<br />

alla Questura competente per territorio,<br />

Divisione Polizia amministrativa e<br />

sociale, per l’adozione dei provvedimenti<br />

sanzionatori accessori di cui all’art. 17<br />

ter e quater del TULPS.<br />

I PROFILI<br />

AMMINISTRATIVI<br />

In questo contesto e con riferimento alla<br />

Lombardia si inserisce la legge regionale<br />

6 del 2006. La Regione Lombardia ha<br />

emanato il primo provvedimento normativo,<br />

a livello regionale, che disciplina le<br />

attività di telefonia in sede fissa, meglio<br />

noti come phone center (circa 1800 in<br />

Lombardia, secondo gli ultimi dati). Infatti,<br />

con la Legge Regionale del 3 marzo 2006<br />

n. 6 pubblicata sul BURL del 7 marzo<br />

2006 n. 10, in vigore dal 22 marzo scorso,<br />

la Lombardia è la prima Regione a stabilire<br />

delle norme per l’insediamento e la<br />

gestione di centri di telefonia in sede fissa.<br />

La disciplina contenuta nella legge regionale<br />

6/06 è essenzialmente di natura<br />

amministrativa e igienico-sanitaria e integra<br />

le disposizioni statuali che fissano i requisiti<br />

tecnici per l’attivazione dei servizi<br />

di telefonia (decreto legislativo 259/03) e<br />

che stabiliscono l’obbligo di munirsi di<br />

una licenza di Polizia e altri obblighi legati<br />

all’identificazione degli utenti dei phone<br />

center (d.l.144/05 convertito con modificazioni<br />

dalla legge 155/05 e decreto<br />

ministero dell’interno 16 agosto 2005), per<br />

finalità anti-terrorismo. Diciamo subito che<br />

la legge regionale 6 del 2006 è una legge<br />

alquanto pasticciata. In essa vengono chiaramente<br />

ripresi alcuni contenuti della legge<br />

regionale 30 del 2003 sui pubblici<br />

esercizi (procedure di rilascio dell’autorizzazione,<br />

requisiti morali per gli esercenti,<br />

profili sanzionatori) ma con una impostazione<br />

negativa verso i centri di telefonia<br />

in sede fissa, visti come un fattore


di disagio per i residenti e, come tali, sottoposti<br />

a vincoli e obblighi che non hanno<br />

riscontro in altre normative di settore.<br />

Il problema è che a volte questi due aspetti<br />

si scontrano nel testo normativo, creando<br />

evidenti incoerenze e difficoltà interpretative.<br />

Ma andiamo con ordine.<br />

Già nell’articolo 2 in cui si definisce l’ambito<br />

di applicazione della legge, si presentano<br />

alcune incongruenze. Infatti, il legislatore,<br />

dopo aver definito centro di telefonia<br />

in sede fissa, qualsiasi struttura ove<br />

è svolta l’attività commerciale in via esclusiva<br />

di cessione al pubblico di servizi telefonici,<br />

limita l’attività di questi centri a<br />

tre distinte offerte commerciali, intese in<br />

senso lato:<br />

- l’attività che comporti “una connessione<br />

telefonica o telematica allo scopo di<br />

fornire servizi di telefonia vocale indipendentemente<br />

dalle tecnologie di commutazione<br />

utilizzate”;<br />

- l’attività di vendita di schede telefoniche<br />

- l’installazione di distributori automatici<br />

di bevande ed alimenti.<br />

Con questa formulazione, pertanto, anche<br />

le postazioni per navigare in internet, spesso<br />

presenti nei phone center, devono essere<br />

rimosse da parte dei gestori, in quanto<br />

è ammessa solo la possibilità di offrire<br />

servizi telefonici. Vengono inoltre implicitamente<br />

vietati proprio quei numerosi<br />

servizi ed attività commerciali che integrano<br />

l’offerta di servizi telefonici, quali,<br />

come detto , money transfer (ossia il trasferimento<br />

di denaro ai propri congiunti<br />

nei paesi di origine), vendita di telefoni<br />

cellulari e di accessori di telefonia, vendita<br />

di prodotti alimentari e non alimentari,<br />

vendita e noleggio di audiovisivi. Si<br />

tratta di attività per le quali i gestori di phone<br />

center devono conseguire dei titoli autorizzatori.<br />

Infatti, l’attività di money transfer<br />

è disciplinata dal Testo unico bancario<br />

(d. lgs. 385/93) come attività di intermediazione<br />

finanziaria soggetta ad iscrizione<br />

all’Ufficio Italiano Cambi. Il noleggio<br />

e la vendita di audiovisivi sono invece<br />

soggetti, ai sensi dell’art. 75 bis del<br />

TULPS, a comunicazione alla locale<br />

Autorità di P.S. la quale rilascia la c.d presa<br />

d’atto. Le attività commerciali di vendita<br />

di prodotti alimentari e non alimentari<br />

sono poi soggette a comunicazioni di<br />

apertura di esercizio di vicinato (art. 7 d.<br />

lgs 114/98). Ebbene, da un lato sussistono<br />

delle norme che autorizzano queste attività<br />

e dall’altro lato è stata introdotta nel-<br />

l’ordinamento una disposizione (appunto<br />

l’art. 2 comma 3 della l.r. 6/06) che vieta<br />

l’svolgimento di attività imprenditoriali. A<br />

tacere del fatto che la Regione, come nel<br />

caso di money transfer, non potrebbe vietare<br />

un’attività che è soggetta solo alla normativa<br />

nazionale, resta il pesante problema<br />

che un eventuale diffida da parte del<br />

Comune ad esercire queste attività a seguito<br />

di accertamenti e sanzioni da parte<br />

della Polizia locale sarebbe con ogni probabilità<br />

cassata da parte della giustizia<br />

amministrativa, per le accennate incongruenze<br />

legislative, non adeguatamente<br />

motivate da ragioni di pubblico interesse.<br />

La legge regionale stabilisce anche i requisiti<br />

morali per l’esercizio dell’attività di<br />

cessione di servizi di telefonia in sede fissa,<br />

più o meno in linea con quanto previsto<br />

per gli esercenti di bar e ristoranti. Non<br />

possono esercitare tale attività, quali titolari<br />

o gestori preposti all’esercizio, salvo<br />

che abbiano ottenuto la riabilitazione, coloro<br />

che sono stati dichiarati falliti, hanno<br />

riportato una condanna, con sentenza passata<br />

in giudicato, a pena restrittiva della<br />

libertà personale superiore a due anni oppure<br />

una condanna per alcuni reati specifici<br />

(tra questi citiamo: reati contro la<br />

moralità pubblica e il buon costume o<br />

contro l’igiene e la sanità pubblica, gioco<br />

d’azzardo, scommesse clandestine alle<br />

norme sul gioco del lotto, delitti contro la<br />

personalità dello Stato o contro l’ordine<br />

pubblico, ovvero per delitti contro la persona<br />

commessi con violenza, o per furto,<br />

rapina, estorsione, sequestro di persona a<br />

scopo di rapina o di estorsione, usura, ricettazione)<br />

oppure ancora siano sottoposti<br />

ad una delle misure di prevenzione di<br />

cui all’articolo 3 della legge 27 dicembre<br />

1956, n. 1423 o nei cui confronti è stata<br />

applicata una delle misure previste dalla<br />

legislazione antimafia ovvero sono sottoposti<br />

a misure di sicurezza o sono stati dichiarati<br />

delinquenti abituali, professionali<br />

o per tendenza. Anche qui si avverte un<br />

approccio non positivo verso queste attività.<br />

Infatti, a differenza di quanto previsto<br />

dalla l.r. 30/03 per i pubblici esercizi,<br />

in caso di gestione societaria dell’attività<br />

, i requisiti morali devono essere posseduti<br />

per le società di persone da tutti i soci<br />

(mentre abitualmente i requisiti sono richiesti<br />

solo per i soci amministratori, ad<br />

es, gli accomandatari nelle s.a.s.) mentre<br />

permane tale obbligo per il solo legale<br />

rappresentante per le società di capitali.<br />

Le attività di telefonia, con la l.r. 6/06, so-<br />

56<br />

no soggette ad autorizzazione comunale,<br />

di cui all’art. 4 della legge, autorizzazione<br />

che viene rilasciata sulla base di alcuni<br />

requisiti, oltre a quelli morali già visti.<br />

Essi sono essenzialmente legati ai locali in<br />

cui si andrà ad esercitare l’attività. Infatti,<br />

l’esercente deve dichiarare la disponibilità,<br />

all’atto della presentazione della domanda<br />

o nel corso dell’istruttoria, dei locali<br />

e delle superfici nei quali si intende<br />

esercitare l’attività nonché il possesso del<br />

certificato igienico-sanitario relativo ai locali<br />

evidentemente rilasciato dall’ASL e<br />

deve autocertificare di aver ottemperato<br />

alle norme contenute nel decreto legislativo<br />

19 settembre 1994, n. 626 in materia<br />

di sicurezza e salute dei lavoratori e alla<br />

normativa di prevenzione incendi. Un altro<br />

aspetto che desta perplessità consiste<br />

nel fatto che da un lato si chiede che, prima<br />

della presentazione della domanda per<br />

l’autorizzazione amministrativa, l’esercente<br />

del phone center adegui i locali e si<br />

munisca del relativo certificato igienicosanitario,<br />

dall’altro che, come precisato al<br />

comma 5 dello stesso art. 4, il momento<br />

significativo per stabilire che i locali sono<br />

a norma è solo quello che precede l’inizio<br />

effettivo dell’attività (“il richiedente deve<br />

porsi in regola con le vigenti norme,<br />

prescrizioni e autorizzazioni in materia<br />

edilizia, urbanistica ed igienico-sanitaria,<br />

nonché con le disposizioni sulla destinazione<br />

d’uso dei locali e degli edifici, prevenzione<br />

incendi e sicurezza”). I locali,<br />

sotto questo profilo igienico-sanitario, devono<br />

essere conformi ai regolamenti locali<br />

di igiene integrati dalle prescrizioni<br />

contenute nell’art. 8. Tra esse citiamo l’obbligo<br />

di allacciamento alla rete idrica dell’acquedotto<br />

pubblico e l’allacciamento<br />

degli scarichi alla pubblica fognatura e la<br />

presenza di sistemi di ventilazione naturale<br />

e sistemi di aerazione artificiale<br />

conformi alle norme UNI nonché l’esistenza<br />

di illuminazione naturale conforme<br />

ai requisiti dei regolamenti locali di<br />

igiene e di illuminazione artificiale conforme<br />

ai requisiti minimi generali delle specifiche<br />

norme UNI. Per quanto attiene ai<br />

servizi igienici ve ne deve essere uno ad<br />

uso esclusivo del personale dipendente ed<br />

uno riservato al pubblico, anche prossimo<br />

al locale nel caso di esercizi già attivi all’entrata<br />

in vigore della presente legge, ma<br />

ad uso esclusivo dello stesso mentre deve<br />

essere all’interno al locale nel caso di esercizi<br />

successivamente autorizzati, per il locale<br />

con superficie fino a 60 metri qua-


drati. In casi di locali di dimensioni superiori,<br />

vi dovrà essere un ulteriore servizio<br />

igienico. Il phone center deve poi avere<br />

uno spazio di attesa all’interno del locale<br />

di almeno 9 metri quadrati, fino a 4 postazioni<br />

telefoniche, provvisto di idonei<br />

sedili posizionati in modo da non ostruire<br />

le vie di esodo; la sala di attesa dovrà<br />

essere aumentata di 2 metri quadrati ogni<br />

postazione aggiuntiva.<br />

Ogni postazione telefonica deve avere una<br />

superficie minima di 1 metro quadrato ed<br />

essere dislocata in modo da garantire un<br />

percorso di esodo, libero da qualsiasi ingombro<br />

ed avere una larghezza minima<br />

di 1,20 metri. E’ evidente che con queste<br />

prescrizioni così vincolanti ben pochi phone<br />

center, di quelli esistenti, riusciranno<br />

ad ottenere il nulla osta delle ASL. La domanda<br />

di autorizzazione o di trasferimento<br />

deve contenere l’indicazione della<br />

denominazione o ragione sociale, della<br />

residenza o sede legale e della nazionalità<br />

del richiedente, ed i dati dell’eventuale<br />

preposto nonché dell’ubicazione del<br />

locale e della superficie nei quali si intende<br />

esercitare l’attività. Vige il termine<br />

di 90 giorni dalla presentazione della domanda<br />

per comunicare alla parte se la domanda<br />

è stata accolta o meno. Non è dato<br />

capire dal testo di legge se trattasi di silenzio-assenso<br />

o silenzio-rifiuto. Peraltro,<br />

applicando i principi contenuti nell’art. 20<br />

della l. 241/90, la regola del silenzio - assenso<br />

dovrebbe prevalere anche in questa<br />

fattispecie. Tuttavia dobbiamo precisare<br />

che, ai sensi dell’art. 7 della l.r. 6/06<br />

che modifica la legge regionale 11 marzo<br />

2005, n. 12, inserendovi l’articolo 98 bis,<br />

i <strong>Comuni</strong> devono individuare gli ambiti<br />

territoriali nei quali è ammessa la localizzazione<br />

dei centri di telefonia in sede fissa<br />

e devono definire la disciplina urbanistica<br />

cui è subordinato il loro insediamento,<br />

con particolare riferimento alla disponibilità<br />

di aree per parcheggi, nonché<br />

alla compatibilità con le altre funzioni urbane<br />

e con la viabilità di accesso. Sino a<br />

quando non saranno definiti questi parametri,<br />

non è consentita l’apertura di nuovi<br />

centri di telefonia in sede fissa, né la rilocalizzazione<br />

di centri preesistenti.<br />

Questo per quanto attiene le attività che<br />

sorgeranno in futuro. Per le attività esistenti<br />

alla data di entrata in vigore della legge<br />

6/06, l’art. 12 dispone che i titolari di questi<br />

centri di telefonia fissa devono porsi in<br />

regola con le vigenti norme e con le prescrizioni<br />

e autorizzazioni in materia edi-<br />

lizia, urbanistica ed igienico-sanitaria previste<br />

dalla legge entro un anno dall’entrata<br />

in vigore della stessa.. È infatti del tutto<br />

ragionevole prevedere un congruo periodo<br />

di tempo per l’adeguamento strutturale<br />

dei locali. Questa formulazione lasciava<br />

pensare che tutto il resto dell’impianto<br />

normativo (necessità di ottenere l’autorizzazione,<br />

possesso dei requisiti morali, obbligo<br />

di rispettare orari di chiusura, divieto<br />

di esercitare altre attività oltre quelle<br />

previste dall’art.2) della legge sarebbe entrato<br />

da subito in vigore.<br />

In realtà i funzionari della Regione, interpellati<br />

al riguardo, avevano già anticipato<br />

informalmente, che, di fatto, l’unica disposizione<br />

da subito vigente è quella di<br />

cui parleremo tra poco, in materia di orari<br />

e turni di chiusura. In particolare, l’autorizzazione<br />

per le attività già esistenti non<br />

verrà rilasciata sino a quando (entro il 21<br />

marzo 2007) i titolari dei phone center<br />

avranno tempo per gli adeguamenti dei<br />

locali.<br />

A niente è valso eccepire che l’art. 9 prevede<br />

tra i casi di revoca dell’ autorizzazione,<br />

l’ipotesi in cui il “titolare non abbia<br />

adempiuto all’obbligo di porsi in regola<br />

con le vigenti norme, prescrizioni e<br />

autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica<br />

ed igienico-sanitaria, nonché con le<br />

disposizioni sulla destinazione d’uso dei<br />

locali e degli edifici, prevenzione incendi<br />

e sicurezza…entro un anno dall’entrata<br />

in vigore della legge ai sensi dell’ articolo<br />

12”. L’autorizzazione per essere revocata<br />

deve essere stata prima rilasciata.<br />

Si sarebbe potuto risolvere la querelle con<br />

una più attenta operazione di tecnica legislativa,<br />

prevedendo, oltre ad un periodo<br />

di tempo per gli adeguamenti dei locali,<br />

anche un arco di tempo (60 o 90 giorni)<br />

per presentare domanda di autorizzazione<br />

per le attività esistenti, con l’evidente<br />

riserva di adeguamento dei locali entro un<br />

anno, pena la revoca dell’autorizzazione.<br />

Si deve ricordare che su alcuni punti controversi<br />

è intervenuta la Circolare regionale<br />

H1.2006.0027733 del 5/6/2006 in<br />

cui sono stati chiariti alcuni punti:<br />

- le attività complementari alla telefonia<br />

non saranno in ogni caso consentite a partire<br />

dal marzo 2007;<br />

- i subingressi sono consentiti, a differenza<br />

delle nuove aperture, anche nelle more<br />

dell’adeguamento degli strumenti urbanistici<br />

da parte dei <strong>Comuni</strong>;<br />

- i requisiti morali, in caso di società, de-<br />

57<br />

vono essere posseduti dai soli soci amministratori.<br />

Per quanto attiene agli orari di chiusura,<br />

l’art. 6 (l’unico realmente vigente da subito)<br />

della legge regionale 6/06 stabilisce<br />

che essi sono rimessi alla libera determinazione<br />

degli esercenti entro i limiti stabiliti<br />

dal Comune competente, fatto salvo<br />

che i phone center non possono aprire prima<br />

delle 7 e devono chiudere non oltre le<br />

ore 22, non superando, comunque, il limite<br />

delle tredici ore giornaliere. Il<br />

Comune, previa motivata richiesta degli<br />

esercenti, può autorizzare l’apertura anticipata<br />

o la chiusura posticipata di due ore.<br />

I centri di telefonia in sede fissa devono<br />

inoltre osservare un giorno di chiusura di<br />

una giornata settimanale, stabilito dall’esercente<br />

e quindi non necessariamente<br />

coincidente con la domenica. In ogni caso<br />

orario e giorno di chiusura adottato deve<br />

essere pubblicizzato mediante l’esposizione<br />

di appositi cartelli all’interno e all’esterno<br />

dell’esercizio e comunicato al<br />

Comune. Sotto il profilo sanzionatorio,<br />

chiunque eserciti l’attività di cessione al<br />

pubblico di servizi di telefonia senza la<br />

prescritta autorizzazione, ovvero quando<br />

questa sia stata revocata o sospesa, ovvero<br />

senza i requisiti morali, si applica la<br />

sanzione amministrativa prevista dall’ articolo<br />

17 bis, comma 1, del TULPS (regio<br />

decreto 18 giugno 1931, n. 773). Pertanto<br />

la Polizia locale e gli altri corpi di Polizia<br />

redigeranno un verbale di contestazione<br />

indicando l’importo di 1.032 € per l’ammissione<br />

al pagamento in misura ridotta.<br />

Per ogni altra violazione alle disposizioni<br />

della legge, si applica la sanzione amministrativa<br />

di 308 €, prevista dall’ articolo<br />

17 bis, comma 3, del r.d. 773/1931.<br />

In ambo i casi, si applicano anche le disposizioni<br />

di cui agli articoli 17 ter e 17<br />

quater del TULPS e pertanto si potrà dare<br />

corso alla sanzione accessoria della sospensione<br />

dell’attività per un periodo non<br />

superiore a tre mesi.<br />

La competenza per ricevere il rapporto di<br />

cui all’ articolo 17 della legge 24 novembre<br />

1981, n. 689 e per emettere le ordinanze<br />

di pagamento e le sanzioni accessorie<br />

nonché per introitare i proventi delle<br />

sanzioni è il Comune competente per<br />

territorio.<br />

Al fine di fornire uno strumento operativo<br />

per i controlli di Polizia locale si allega un<br />

mini-prontuario delle sanzioni applicabili<br />

in casi di accertate violazioni a carico<br />

di centri di telefonia.


PRONTUARIO SANZIONI PHONE CENTER E INTERNET POINT<br />

NORMA VIOLATA FATTISPECIE SANZIONE AUTORITÁ COMPETENTE NOTE<br />

Art. 3 L.R. 6/06<br />

Art. 3 L.R. 6/06 Mancanza requisiti Da 516 € Comune<br />

in relaz. morali a 3098 €<br />

Art. 5 L.R. 30/03 P.M.R. 1.032 €<br />

Art. 6<br />

2° comma L.R. 6/06<br />

Art. 6<br />

3° comma L.R. 6/06<br />

Art. 6<br />

4° comma L.R. 6/06<br />

Art. 6<br />

4° comma L.R. 6/06<br />

Mancanza autorizzazione<br />

comunale<br />

Inosservanza orari<br />

di chiusura<br />

Inosservanza turno<br />

di chiusura<br />

settimanale<br />

Omessa<br />

esposizione<br />

di cartello<br />

orari ristorante<br />

Omessa<br />

comunicazione<br />

al comune<br />

degli orari praticati<br />

Da 516 a 3098 €<br />

P.M.R. 1.032 €<br />

Da 154 a 1.032 €<br />

P.M.R. 308 €<br />

Da 154 a 1.032 €<br />

P.M.R. 308 €<br />

Da 154 a 1.032 €<br />

P.M.R. 308 €<br />

Da 154 a 1.032 €<br />

P.M.R. 308 €<br />

58<br />

Comune Medesima sanzione<br />

in caso di autorizzazione<br />

revocata o sospesa.<br />

L’obbligo di<br />

autorizzazione si applica<br />

dal 21 marzo<br />

2007 per le attività<br />

esistenti alla data di<br />

entrata della legge<br />

Comune<br />

Comune<br />

Comune<br />

Comune<br />

Devono essere posseduti<br />

dal titolare, se<br />

ditta individuale e,<br />

in caso di società<br />

dal legale rappresentante<br />

ed eventuale<br />

preposto<br />

Gli esercizi devono<br />

aprire non prima delle<br />

7 e chiudere non<br />

oltre le 22, per non oltre<br />

13 ore giornaliere<br />

Intimare chiusura immediata<br />

esercizio<br />

Turno a discrezione<br />

dell’esercente.<br />

Intimare chiusura immediata<br />

esercizio<br />

segue a pag. 59


PRONTUARIO SANZIONI PHONE CENTER E INTERNET POINT<br />

NORMA VIOLATA FATTISPECIE SANZIONE AUTORITÁ COMPETENTE NOTE<br />

Art. 8<br />

L.R. 6/0<br />

Art. 2 3°<br />

comma L.R. 6/06<br />

Art. 7 D.L.<br />

144/05 Conv.<br />

con modificazioni<br />

in L. 155/05<br />

in relaz.<br />

art. 17 bis tulps<br />

Art. 1 D.M. 16<br />

agosto 2005<br />

in relaz.<br />

art. 17 bis tulps<br />

Art. 25<br />

4° comma<br />

L.R. 259/06<br />

Art. 106<br />

D.L. 385/93<br />

Mancato rispetto<br />

delle prescrizioni<br />

igienico-sanitarie<br />

Svolgimento attività<br />

diverse dalla cessione<br />

di servizi telefonici<br />

schede telefoniche<br />

Mancanza della licenza<br />

di P.S. o, Per<br />

esercizi già attivi al<br />

12 agosto 2005 della<br />

richiesta di licenza<br />

Inosservanza obblighi<br />

di identificazione utenti,<br />

monitoraggio<br />

attività informaz. all’utenza<br />

etc.<br />

Da 516 a 3098 €<br />

P.M.R. 1.032 €<br />

Mancata dichiarazio- Da 15.000 €<br />

ne inizio attività al mi- a 2.500.000 €<br />

nistero delle comunicazioni<br />

Mancata iscrizione<br />

all’UIC per il servizio<br />

di money Transfer<br />

Da 154 a 1.032 €<br />

P.M.R. 308 €<br />

Da 154 a 1.032 €<br />

P.M.R. 308 €<br />

Da 516 a 3098 €<br />

P.M.R. 1.032 €<br />

C.N.D.R. in relaz.<br />

art. 7<br />

D.M. Finanze 485/01<br />

59<br />

Comune Gli esercizi già attivi<br />

hanno 1 anno<br />

per adeguarsi alle<br />

prescrizioni<br />

Comune Ammessa solo<br />

presenza<br />

distributori<br />

automatici<br />

Comune<br />

Comune<br />

Ministero<br />

delle comunicazioni<br />

Si applica<br />

il silenzio-assenso<br />

Si redige C.N.D.R<br />

come previsto dalla<br />

circolare ministeriale<br />

del 29 agosto<br />

2005<br />

Riferire all’Ispettorato<br />

territoriale del<br />

Ministero per l’applicazione<br />

della<br />

sanzione<br />

Autorità giudiziaria Accertamneti<br />

e rapporto<br />

alla sede territoriale<br />

dell’UIC


ELENA FIORE<br />

Comandante della Polizia municipale<br />

di Lugo di Romagna (RA)<br />

NUOVE NORME SULLA CONCORRENZA E DIRITTI<br />

SUI CONSUMATORI. ULTIME MODIFICHE E NOVITÀ<br />

1. Il decreto legge n. 223/2006 (decreto<br />

Visco-Bersani), convertito con modificazioni<br />

in legge 4 agosto 2006, n.<br />

248 (GU n. 186 del 11-8-2006- Suppl.<br />

Ordinario n.183), recante disposizioni<br />

urgenti per il rilancio economico e sociale,<br />

per il contenimento e la razionalizzazione<br />

della spesa pubblica, nonché<br />

interventi in materia di entrate e di<br />

contrasto all’evasione fiscale, persegue<br />

le seguenti finalità:<br />

- rafforzare la libertà di scelta del cittadino-consumatore<br />

di assicurando un livello<br />

minimo ed uniforme di condizioni<br />

di acquisto di prodotti e servizi sul<br />

territorio nazionale;<br />

- promuovere la concorrenza sui mercati;<br />

- rilanciare l’economia e l’occupazione;<br />

- liberalizzare le attività imprenditoriali<br />

e creare nuovi posti di lavoro.<br />

2. Art. 3 - Regole di tutela della concorrenza<br />

nel settore della distribuzione<br />

commerciale<br />

Le rivendicazioni dei taxisti e dei farmacisti<br />

hanno spostato l’attenzione dei<br />

media sugli articoli 5 e 6 del decreto<br />

legge Bersani che intervengono rispettivamente<br />

sulla vendita di farmaci e sulle<br />

licenze per il servizio taxi.<br />

Sono questi due articoli sicuramente<br />

importanti per rilanciare l’economia e<br />

l’occupazione attraverso la liberalizzare<br />

delle attività imprenditoriali e<br />

creare nuovi posti di lavoro ma, per il<br />

raggiungimento delle finalità che il decreto<br />

si pone, assumono grande rilevanza<br />

anche le disposizioni contenute<br />

nell’art. 3.<br />

Questo articolo, nel primo comma, elimina<br />

in sei disposizioni contenute nelle<br />

lettere dalla a) alla f-bis) la maggioranza<br />

dei limiti sopravvissuti al d.lgs n.<br />

114/98, in linea con le disposizioni comunitarie<br />

e in attuazione dell’art. 117,<br />

comma secondo, lettere e) ed m) della<br />

Costituzione che riservano allo Stato<br />

la competenza esclusiva in materia di<br />

tutela della concorrenza e di determinazione<br />

dei livelli essenziali delle prestazioni<br />

concernenti i diritti civili e sociali.<br />

Tralasciando le probabili future controversie<br />

sulla legittimità - alla luce soprattutto<br />

delle modifiche apportate al titolo<br />

V della Costituzione e relative al riparto<br />

delle competenze legislative tra lo<br />

Stato e le regioni - di un intervento statale<br />

su una materia che non solo è attinente<br />

alla “concorrenza” ma anche al<br />

“commercio” (la regione Toscana ha già<br />

presentato ricorso alla Corte Costituzionale),<br />

si vuole porre l’accento sull’ambito<br />

di applicazione delle disposizioni<br />

contenute nell’art. 3.<br />

Il comma 1 di questo articolo precisa<br />

che i limiti e le prescrizioni che si intendono<br />

eliminare solo riferibili alle “attività<br />

commerciali, come individuate<br />

dal decreto legislativo 31 marzo 1998,<br />

n. 114 e di somministrazione di alimenti<br />

e bevande”.<br />

La legge di conversione n. 248/2006 ha<br />

sostituito l’infelice formulazione dell’art.3,<br />

comma 1, del decreto legge nella<br />

parte che intendeva eliminare limiti<br />

e prescrizioni delle “attività economiche<br />

di distribuzione commerciale, ivi<br />

comprese la somministrazione di alimenti<br />

e bevande”.<br />

60<br />

Nel dettare questa disposizione, ora<br />

modificata, non si era tenuto conto che<br />

nella legislazione commerciale vigente<br />

non esiste alcuna definizione di attività<br />

economica di distribuzione commerciale,<br />

ma solo di attività di commercio<br />

(all’ingrosso o al dettaglio) che l’art.4<br />

del d.lgs n.114/98 definisce come quella<br />

attività svolta da chiunque professionalmente<br />

acquista merci in nome e per<br />

conto proprio e le rivende ad altri (commercianti,<br />

utilizzatori professionali o in<br />

grande ovvero consumatori), su aree private<br />

in sede fissa, su aree pubbliche o<br />

mediante altre forme di distribuzione.<br />

Nell’ambito di applicazione dell’art.3<br />

quindi rientrano:<br />

- le attività di commercio previste dal<br />

d.lgs n.114/98 (commercio all’ingrosso,<br />

commercio su aree private, commercio<br />

su aree pubbliche, e commercio mediante<br />

forme speciali di vendita);<br />

- le attività di somministrazione di alimenti<br />

e bevande di cui alla legge<br />

n.287/91.<br />

Dopo la modifica, pertanto, non vi è più<br />

alcun dubbio che le disposizioni dell’art.<br />

3 non si applicano:<br />

- alle attività escluse dall’art.4, comma<br />

2, del d.lgs n.114/98 dall’ambito di applicazione<br />

del decreto e quindi, ad<br />

esempio, alla vendita di carburanti;<br />

- alle attività commerciali disciplinate<br />

da leggi di settore quali la vendita della<br />

stampa quotidiana e periodica, disciplinata<br />

dal d.lgs 24 aprile 2001,<br />

n.170 (1) ;<br />

(1) Vedi anche la circolare del Ministero dello Sviluppo<br />

Econimico n. 3603/C del 28/09/2006


- alle attività artigianali quali attività di<br />

acconciatore, di estetista ecc…<br />

3. Art. 3 - Entrata in vigore delle disposizioni<br />

L’art. 3, comma 3, del d.l. 223/2006 dispone<br />

che a decorrere dalla data di entrata<br />

in vigore del decreto (4 luglio 2006)<br />

sono abrogate le disposizioni legislative<br />

e regolamentari statali di disciplina del<br />

settore della distribuzione commerciale<br />

incompatibili con le disposizioni indicate<br />

nello stesso articolo.<br />

Si evidenzia che il decreto non indica in<br />

modo chiaro e tassativo quali disposizioni<br />

sono abrogate e lascia, quindi, all’interprete<br />

l’individuazione delle stesse.<br />

È evidente che questo porterà a contenziosi<br />

sia che l’interpretazione data<br />

alle disposizioni del decreto sia restrittiva<br />

che estensiva in quanto trattasi di<br />

liberalizzazione di attività economiche<br />

e di concorrenza e competitività.<br />

Questa incertezza interpretativa, purtroppo,<br />

peserà ancora una volta sui comuni,<br />

che sono gli enti competenti a gestire<br />

i processi modificati dal d.l. n.223.<br />

In particolare, il Ministero dello Sviluppo<br />

Economico, nella circolare n.<br />

3603/C del 28 settembre 2006, ha precisato<br />

che sono abrogate le seguenti disposizioni:<br />

- artt. 1, 2, 4, 8 e 10 della legge 11 giugno<br />

1971, n. 426;<br />

- gli artt. 1, 2, 3, 4,5, 12, 14, 15, 17, 18,<br />

20, 21, 22, 25, 27 e 29 del decreto ministeriale<br />

4 agosto 1988, n. 375;<br />

- l’art. 2, comma 2, della legge 5 gennaio<br />

1996, n. 25;<br />

- tutti i termini e le locuzioni che citano<br />

il Registro e i relativi esami, contenuti<br />

nei testi delle disposizioni della<br />

legge 25 agosto 1991, n. 287.<br />

Il comma 4 dell’art.3, invece, indica<br />

l’entrata in vigore di queste nuove disposizioni<br />

quando la materia è regolata<br />

da legge regionale e precisamente dispone:<br />

“Le regioni e gli enti locali adeguano<br />

le proprie disposizioni legislative<br />

e regolamentari ai principi e alle disposizioni<br />

di cui al comma 1 entro il 1°<br />

gennaio 2007”.<br />

È evidente che si tratta di un termine assolutamente<br />

irrisorio (6 mesi) per consentire<br />

alle regioni la revisione delle leggi<br />

regionali e ai comuni di rivedere i regolamenti<br />

adottati in attuazione alle di-<br />

sposizioni regionali: termine comunque<br />

confermato anche dalla legge di conversione<br />

del decreto.<br />

Questo termine ha poche possibilità di<br />

essere rispettato; d’altro canto il decreto<br />

stesso non prevede quale misura dovrà<br />

essere adottata per le regioni e gli<br />

enti locali inadempienti: forse il commissariamento?<br />

Anche per questo aspetto i comuni sono<br />

in difficoltà in quanto si troveranno,<br />

dopo il 1 gennaio 2007, ad applicare<br />

leggi regionali in contrasto con le disposizioni<br />

del decreto.<br />

L’autorità Garante della concorrenza e<br />

del mercato ha precisato che “in questi<br />

settori un ruolo di primo piano spetterà<br />

alle regioni che sulla base di queste disposizioni,<br />

che segnano il limite minimo<br />

di una regolazione efficiente, potranno<br />

spingersi anche oltre in senso più<br />

aperto, nel rispetto delle sole reali esigenze<br />

di interesse generale.”<br />

Il Ministero dello Sviluppo Economico,<br />

nella citata circolare n. 3603/C del 28<br />

settembre 2006, ha precisato che nelle<br />

regioni e nelle Province Autonome, che<br />

hanno già esercitato la potestà legislativa<br />

sulla materia del commercio per effetto<br />

dell’art. 117 della Costituzione, come<br />

modificato dalla legge costituzionale<br />

n. 3 del 2001, restano vigenti, fino<br />

al termine di cui all’art. 3, comma 4, del<br />

decreto (1 gennaio 2007), le disposizioni<br />

legislative e regolamentari emanate<br />

dagli enti territoriali.<br />

Una precisazione che nulla aggiunge a<br />

quanto già detto dal legislatore e che lascia<br />

aperti tutti i dubbi su come devono<br />

procedere i comuni dopo questa data<br />

che le regioni non saranno in grado<br />

di rispettare.<br />

4. Art. 3, comma 1, lettera a) - REC e<br />

requisiti professionali<br />

Il primo limite che viene eliminato dall’art.3,<br />

comma 1, lettera a) è:<br />

- l’iscrizione a registri abilitanti;<br />

- ovvero l’obbligo di possedere requisiti<br />

professionali soggettivi per l’esercizio<br />

di attività commerciali, fatti salvi quelli<br />

riguardanti il settore alimentare e la<br />

somministrazione degli alimenti e bevande.<br />

Questa disposizione porta a termine l’opera<br />

già intrapresa dal d.lgs n.114/98<br />

che ha eliminato l’obbligo dell’iscrizio-<br />

61<br />

ne nel R.E.C. per l’attività commerciale<br />

e della legge n.135/2001 che ha soppresso<br />

il R.I.T. per le imprese turisticoricettive.<br />

Il limite eliminato, quindi, è l’obbligo<br />

dell’iscrizione al REC per la somministrazione<br />

di alimenti e bevande ancora<br />

previsto dall’art. 2 della legge n.287/91.<br />

Non viene solo abolito l’obbligo di iscrizione<br />

al REC ma anche l’obbligo di possedere<br />

requisiti professionali soggettivi<br />

per l’esercizio di attività di commercio<br />

all’ingrosso e al dettaglio di prodotti non<br />

alimentari.<br />

Si tratta in questo caso di disposizioni<br />

regionali (2) che prevedono, in luogo dell’abolito<br />

REC, il possesso di requisiti<br />

professionali anche per la vendita di<br />

prodotti appartenenti al settore non alimentare.<br />

In particolare si rammenta che:<br />

- la regione Puglia, all’art.6 della L.R.<br />

n.11/2003, prevede il possesso di requisiti<br />

professionali per l'esercizio, in<br />

qualsiasi forma, di un'attività di commercio<br />

(sia alimentare che non alimentare),<br />

anche se effettuata nei confronti<br />

di una cerchia determinata di persone;<br />

- la regione Friuli Venezia Giulia, all’art.7<br />

della L.R.n.29/2005, prevede il<br />

possesso di requisiti professionali anche<br />

per l’esercizio dell’attività commerciale<br />

in sede fissa o sulle aree pubbliche di<br />

prodotti non alimentari (questa regione<br />

ha comunque mantenuto anche l’obbligo<br />

del REC per la somministrazione).<br />

Nelle regioni, quindi, ove è ancora vigente<br />

la legge n. 287/91, gli interessati,<br />

per ottenere il rilascio di autorizzazione<br />

alla somministrazione, devono, al<br />

momento della richiesta al comune del<br />

titolo autorizzativo, autocertificare il<br />

possesso dei requisiti professionali indicati<br />

dall’art. 2, comma 2, della legge<br />

n. 287/91 e quindi dichiarare in alternativa<br />

di:<br />

- aver frequentato con esito positivo corsi<br />

professionali istituiti o riconosciuti<br />

dalle regioni o dalle province autonome<br />

di Trento e di Bolzano, aventi a oggetto<br />

l'attività di somministrazione di<br />

alimenti e di bevande,<br />

- aver frequentato con esito positivo corsi<br />

di una scuola alberghiera o di altra<br />

scuola a specifico indirizzo professionale.<br />

(2) Per l’efficacia del d.l. n.223/06 sulle disposizioni<br />

regionali vedi al paragrafo precedente n.3


Con circolare la n. 3603/C del 28 settembre<br />

2006, il Ministero dello Sviluppo<br />

Economico ha precisato che “Per effetto<br />

della soppressione del Registro degli<br />

esercenti il commercio per l’attività<br />

di somministrazione di alimenti e bevande,<br />

deve ritenersi soppresso anche<br />

il requisito del superamento degli esami<br />

presso le Camere di commercio previsto<br />

dall’art. 2, comma 2, lettera c), ultimo<br />

periodo, della citata legge n. 287,<br />

direttamente finalizzato all’iscrizione.<br />

Con riferimento a quanto precisato, si<br />

richiama il parere della scrivente 1 agosto<br />

2006, n. 7084, in risposta ad un<br />

quesito dell’Unioncamere, con il quale,<br />

riguardo alle problematiche relative<br />

al periodo transitorio, si è ritenuto, al fine<br />

di non pregiudicare gli interessi e le<br />

aspettative dei cittadini che hanno presentato<br />

istanza presso le Camere di<br />

commercio in data antecedente al 4 luglio<br />

2006, che i relativi esami possano<br />

essere svolti e che il superamento dei<br />

medesimi possa essere ritenuto valido<br />

ai limitati fini del riconoscimento del requisito<br />

professionale per l’avvio dell’attività<br />

di somministrazione di alimenti e<br />

bevande”.<br />

Nella richiamata circolare il Ministero<br />

fornisce, inoltre importanti delucidazioni<br />

in merito al requisito della pratica<br />

commerciale, ovvero l’avere “prestato<br />

servizio, per almeno due anni negli<br />

ultimi cinque, presso imprese esercenti<br />

attività di somministrazione di alimenti<br />

e bevande, in qualità dipendenti<br />

qualificati addetti alla somministrazione,<br />

alla produzione o all’amministrazione<br />

o, se trattasi di coniuge, parente<br />

o affine entro il terzo grado dell’imprenditore,<br />

in qualità di coadiutore”<br />

(cfr. art. 2, comma 3, ultimo periodo,<br />

della legge n. 287).<br />

Questo requisito, sostiene il Ministero,<br />

può essere ritenuto valido ai fini della<br />

dimostrazione del possesso della qualificazione<br />

professionale, analogamente<br />

a quanto già previsto ai fini dell’avvio<br />

dell’attività di vendita nel settore<br />

alimentare dal d. lgs. n. 114 (cfr.<br />

art. 5, comma 5, lett. b).<br />

Gli interessati, oltre al requisito professionale,<br />

devono essere in possesso<br />

anche dei requisiti morali, previsti dall’art.2,<br />

comma 4, della legge n.<br />

287/91.<br />

I requisiti di onorabilità, prima verificati<br />

dalle Camere di Commercio, de-<br />

vono ora essere autocertificati dagli interessati<br />

con le modalità indicate dal<br />

D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, ed<br />

in particolare dagli artt. 38, 46 e 47.<br />

“Allo stato attuale, infatti, nel caso di<br />

avvio di attività di somministrazione di<br />

alimenti e bevande, il possesso dei requisiti<br />

professionali e di onorabilità<br />

previsti può essere comprovato con dichiarazioni<br />

sottoscritte dal soggetto interessato,<br />

ferme restando in capo al<br />

Comune, competente per territorio, le<br />

opportune verifiche nei termini e secondo<br />

le modalità previste dalle norme<br />

vigenti”.<br />

5. Art. 3, comma 1, lettera b) - Distanze<br />

minime<br />

Il comma 1 lettera b) dell’art.3 del d.l<br />

266/200 dispone inoltre che le attività<br />

di commercio e di somministrazione<br />

di alimenti e bevande siano svolte senza<br />

dover rispettare distanze minime<br />

obbligatorie.<br />

Questo limite è stato eliminato dalla<br />

legislazione nazionale ma può sopravvivere<br />

in disposizioni legislative<br />

regionali e regolamentari dei comuni<br />

che dovranno comunque adeguarsi<br />

entro il 1 gennaio 2007.<br />

Si rammenta, ad esempio, che la regione<br />

Lombardia, al punto 7.1 della<br />

Deliberazione della Giunta Regionale<br />

17/5/2004 n. VII/17516, recante<br />

“Indirizzi generali per il rilascio da<br />

parte dei comuni delle autorizzazioni<br />

relative alle attività di somministrazione<br />

di alimenti e bevande in attuazione<br />

della LR n. 30 del 24 dicembre<br />

2003” prevede che “I criteri comunali<br />

di cui all’articolo 9 della l.r. n. 30<br />

del 2003, previo parere della Commissione<br />

di cui all’articolo 20 della l.r.<br />

n. 30 del 2003, potranno prevedere limiti<br />

di distanza per esercizi di somministrazione<br />

solo a fronte di motivata<br />

esigenza volta ad evitare addensamenti<br />

di traffico, di disturbo alla quiete<br />

o alla sicurezza pubblica o simili e<br />

comunque non allo scopo di limitare<br />

la concorrenza”.<br />

L’obbligo di rispettare delle distanze<br />

minime obbligatorie è previsto nella<br />

maggioranza dei comuni per le attività<br />

di estetista che, come detto sopra, non<br />

rientrano nell’ambito di applicazione<br />

del decreto legge in argomento.<br />

62<br />

6. Art. 3, comma 1, lettera c) - Limitazioni<br />

quantitative<br />

L’art.3, comma 1, lettera c) elimina ogni<br />

limite quantitativo all’assortimento merceologico<br />

offerto negli esercizi commerciali,<br />

fatta salva - come precisato<br />

dalla legge di conversione - la distinzione<br />

tra settore alimentare e non alimentare.<br />

Questo limite è stato già superato per il<br />

commercio su aree private con il d.lgs<br />

n. 114/98 che ha previsto la possibilità<br />

per i commercianti di porre in vendita<br />

nel medesimo esercizio tutta la gamma<br />

dei prodotti alimentari e non alimentari.<br />

La fraseologia utilizzata dal legislatore<br />

è però ambigua in quanto specifica<br />

che viene eliminata ogni “limitazione<br />

quantitativa di assortimento merceologico”.<br />

Se il termine “limitazione<br />

quantitativa” viene letto estrapolandolo<br />

dal contesto, si tratta solo di eventuali<br />

limiti di quantità che non risultano essere<br />

attualmente imposti nella legislazione<br />

nazionale.<br />

Se invece il termine “limitazione quantitativa”<br />

viene letto unitamente a quello<br />

“di assortimento merceologico” e per<br />

“esercizi commerciali” si intendono tutte<br />

le attività commerciali che si svolgono<br />

su aree private e pubbliche (3) , si potrebbe<br />

sostenere che il limite rimosso<br />

concerne il numero delle merceologie<br />

che possono essere poste in vendita. Il<br />

Ministero dello Sviluppo Economico<br />

nella citata circolare n.3603/06, ha però<br />

precisato che la disposizione deve intendersi<br />

riferita agli esercizi di vendita<br />

in sede fissa e che non comporta conseguenze<br />

sulla programmazione del territorio<br />

nel caso di esercizio dell’attività<br />

sulle aree pubbliche. “Il principio introdotto<br />

intende impedire che all’interno<br />

del settore alimentare o non alimentare<br />

siano posti obblighi, riserve o<br />

limitazioni con riferimento ai prodotti<br />

esitabili, fatto salvo, ovviamente, il rispetto,<br />

ove sussistano, dei requisiti igienico<br />

sanitari previsti. La prescrizione va<br />

riferita, quindi, anche ai casi di eventuale<br />

programmazione territoriale caratterizzata<br />

dalla previsione di ulteriori<br />

suddivisioni all’interno del settore merceologico<br />

alimentare o non alimentare,<br />

(3) Si rammenta che il d.lgs n. 114/98, cui occorre fare<br />

riferimento per individuare le attività commerciali<br />

che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 3<br />

del decreto legge n.223/206


con riferimento a categorie merceologiche.<br />

Si ritiene che il principio enunciato<br />

a tutela della concorrenza non sia<br />

applicabile nel caso in cui prescrizioni<br />

relative a limitazioni dell’assortimento<br />

merceologico siano emanate per finalità<br />

di valorizzazione e salvaguardia delle<br />

aree o degli edifici aventi valore storico,<br />

archeologico, artistico o ambientale<br />

e, pertanto, per finalità costituzionalmente<br />

garantite.<br />

7. Art. 3, comma 1, lettera d) - Limiti<br />

a quote di mercato predefinite<br />

Sono eliminate anche eventuali limiti<br />

riferiti a quote di mercato predefinite<br />

o calcolate sul volume delle vendite a<br />

livello territoriale sub regionale. Si tratta,<br />

in questo caso, di evitare meccanismi<br />

di programmazione degli insediamenti<br />

commerciali fondati sul rispetto<br />

di determinati limiti antitrust.<br />

Non è possibile, quindi, stabilire programmazioni<br />

basate sulla determinazioni<br />

“…di volumi di vendite o quote<br />

massime di mercato, comunque individuate,<br />

riferite ad ambiti territoriali<br />

predefiniti, che non trovano riscontro<br />

nella normativa e nella giurisprudenza<br />

statale e comunitaria riguardante la tutela<br />

della concorrenza”.<br />

La disposizione, al momento, sembra<br />

trovare applicazione solo in riferimento<br />

alla legge regionale della Sicilia che<br />

ha stabilito limiti per la grande distribuzione.<br />

8. Art. 3, comma 1, lettere e) ed f) -<br />

Vendite promozionali<br />

Le vendite promozionali non possono<br />

essere più oggetto di divieti generali,<br />

salvo che non siano previsti dal diritto<br />

comunitario, né soggette ad autorizzazioni<br />

preventive né a limitazioni di ordine<br />

temporale o quantitativo salvo<br />

che nei periodi immediatamente precedenti<br />

i saldi di fine stagione per i<br />

medesimi prodotti.<br />

Il Ministero dello Sviluppo Economico,<br />

nella citata circolare, ha precisato che<br />

nell’utilizzare la locuzione “i medesimi<br />

prodotti” intendeva fare riferimento<br />

non al singolo prodotto ma alla medesima<br />

merceologia di prodotti stagionali<br />

o di moda tradizionalmente og-<br />

getto delle vendite di fine stagione. Già<br />

queste particolari vendite straordinarie<br />

erano state liberalizzate dal d.lgs<br />

n.114/98 che, all’art. 15,:<br />

- dispone che le vendite promozionali<br />

sono effettuate dall'esercente dettagliante<br />

per tutti o una parte dei prodotti<br />

merceologici e per periodi di tempo limitato;<br />

- non prevede obbligo di alcuna comunicazione<br />

né una particolare modalità<br />

di pubblicizzazione.<br />

Alcune regioni, diversamente da quanto<br />

indicato dal d.lgs n.114/98, hanno<br />

imposto limiti temporali e di durata all’effettuazione<br />

di queste vendite straordinarie<br />

e l’obbligo di comunicarne l’effettuazione<br />

al comune competente per<br />

territorio. Si cita, come esempio, la legge<br />

della regione Abruzzo n.62/1999<br />

che all’art. 32 dispone: “Le vendite<br />

promozionali di abbigliamento, calzature<br />

e relativi accessori non possono<br />

essere effettuate nei trenta giorni antecedenti<br />

i saldi e durante i saldi, né<br />

trenta giorni prima di Natale.<br />

La durata massima della vendita promozionale<br />

degli articoli merceologici<br />

di cui sopra è di trenta giorni. Per l'effettuazione<br />

delle stesse l'esercente è tenuto<br />

a darne preventiva comunicazione<br />

al Comune dove ha sede l'esercizio<br />

tramite lettera raccomandata almeno<br />

10 giorni prima dell'inizio della vendita<br />

con indicazione anche del periodo<br />

in cui essa si effettua.”<br />

Le regioni quindi, entro il 1 gennaio<br />

2007, dovranno adeguare le disposizioni<br />

in materia di vendite promozionali<br />

ai dettati del decreto legge Bersani<br />

che consente l’imposizione di un solo<br />

limite, introdotto dalla legge di conversione:<br />

il divieto di esecuzione nel<br />

periodo che precede i saldi.<br />

Il comma 2, dell’art. 3, del decreto legge<br />

n.223 fa salve le disposizioni che<br />

disciplinano le vendite sottocosto (e<br />

quindi il d.P.R. n. 218/2001) e i saldi<br />

di fine stagione (art. 15, comma 3, del<br />

d.lgs n. 114/98 e leggi regionali).<br />

Nulla dispone, invece, il decreto legge<br />

per le vendite di liquidazione. Su<br />

questo tema la circolare ministeriale<br />

così si esprime “Con riferimento alle<br />

vendite correlate ad eventi straordinari<br />

ed eccezionali dell’azienda (c.d.vendite<br />

di liquidazione), resta ferma la<br />

competenza degli enti territoriali regionali<br />

a valutare l’eventuale emana-<br />

63<br />

zione di disposizioni confermative o<br />

correttive della normativa vigente nel<br />

rispetto dei principi a tutela della concorrenza<br />

introdotti dall’art. 3.”<br />

L’autorità Garante della concorrenza e<br />

del mercato, nel parere espresso in data<br />

11 luglio 2006 sul testo del d.l.<br />

223/2006, ha sostenuto l’opportunità<br />

di sopprimere questo comma 2 in<br />

quanto non vi sono ragioni che giustificano<br />

il mantenimento di simili restrizioni<br />

alle politiche dei prezzi degli<br />

operatori. Questo parere non è stato tenuto<br />

in considerazione in quanto la<br />

legge di conversione non ha eliminato<br />

dal decreto legge le disposizioni del<br />

comma 2 in materia di vendite sottocosto<br />

e di saldi di fine stagione.<br />

9. Art. 3, comma 1, lettera f-bis) - Esercizi<br />

di vicinato e somministrazione<br />

La legge di conversione n. 248/06 ha<br />

introdotto, nell’art.3 comma 1 del decreto<br />

legge, la lettera f-bis) che dispone<br />

per eliminare “il divieto o l'ottenimento<br />

di autorizzazioni preventive<br />

per il consumo immediato dei prodotti<br />

di gastronomia presso l'esercizio di vicinato,<br />

utilizzando i locali e gli arredi<br />

dell'azienda con l'esclusione del servizio<br />

assistito di somministrazione e<br />

con l'osservanza delle prescrizioni<br />

igienico-sanitarie”.<br />

Per comprendere la portata di questa<br />

novella occorre rammentare che l’art.<br />

7, comma 3, del d.lgs n. 114/98 stabilisce<br />

che “ Fermi restando i requisiti<br />

igienico-sanitari, negli esercizi di vicinato<br />

autorizzati alla vendita dei prodotti<br />

di cui all'articolo 4 della legge<br />

25 marzo 1997, n.77 (4) , è consentito<br />

il consumo immediato dei medesimi<br />

a condizione che siano esclusi il servizio<br />

di somministrazione e le attrezzature<br />

ad esso direttamente finalizzati”.<br />

Gli esercizi di vicinato autorizzati<br />

alla vendita di prodotti alimentari, con<br />

l’entrata in vigore della legge di conversione<br />

n.248/06, possono effettuare,<br />

senza necessità di alcun autorizzazione<br />

aggiuntiva e fatta salva l'osservanza<br />

delle prescrizioni igienicosanitarie,<br />

la somministrazione di alimenti<br />

e bevande utilizzando i locali e<br />

gli arredi dell'azienda a condizione<br />

che non vi sia servizio assistito (servizio<br />

al tavolo).


Analoga disposizione è stata introdotta<br />

dalla legge di conversione nell’art.<br />

4 del decreto legge che detta disposizioni<br />

urgenti per la liberalizzazione<br />

dell’attività di produzione di pane e<br />

che, al comma 2-bis, consente ai panifici<br />

(e quindi alle imprese che producono<br />

il pane) “l'attività di vendita<br />

dei prodotti di propria produzione per<br />

il consumo immediato, utilizzando i<br />

locali e gli arredi dell'azienda con l'esclusione<br />

del servizio assistito di somministrazione<br />

e con l'osservanza delle<br />

prescrizioni igienico-sanitarie”.<br />

Si tratta di disposizioni che sicuramente<br />

saranno oggetto delle più disparate<br />

interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali;<br />

e non aiuta a fare chiarezza<br />

la circolare del ministero che<br />

precisa che: “Per quanto concerne gli<br />

arredi, richiamati nella disposizione, è<br />

di tutta evidenza che i medesimi devono<br />

essere correlati all’attività consentita,<br />

che nel caso di specie è la vendita<br />

per asporto dei prodotti alimentari<br />

e il consumo sul posto dei prodotti<br />

di gastronomia. In ogni caso, però, la<br />

norma che consente negli esercizi di<br />

vicinato il consumo sul posto non prevede<br />

una modalità analoga a quella<br />

consentita negli esercizi di somministrazione<br />

di alimenti e bevande di cui<br />

alla legge 25 agosto 1991, n. 287.<br />

Detta legge, infatti, nel disciplinare l’attività<br />

di somministrazione, stabilisce,<br />

all’art. 1, comma 1, che “per somministrazione<br />

si intende la vendita per il<br />

consumo sul posto” che si esplicita in<br />

“tutti i casi in cui gli acquirenti consumano<br />

i prodotti nei locali dell’esercizio<br />

o in una superficie aperta al pubblico,<br />

all’uopo attrezzati”. Nei locali<br />

degli esercizi di vicinato, quindi, gli arredi<br />

richiamati dalla disposizione non<br />

possono coincidere con le attrezzature<br />

tradizionalmente utilizzate negli<br />

esercizi di somministrazione , né può<br />

essere ammesso, in quanto espressamente<br />

vietato dalla norma, il servizio<br />

assistito. Fermo restando quanto sopra,<br />

si ritiene ammissibile, per consentire<br />

l’effettiva applicazione della disposizione<br />

e per garantire le condizioni minime<br />

di fruizione, l’utilizzo negli esercizi<br />

di vicinato di piani di appoggio di<br />

dimensioni congrue all’ampiezza ed<br />

alla capacità ricettiva del locale, nonché<br />

la fornitura di stoviglie e posate a<br />

perdere.”<br />

Leggendo questa precisazione ministeriale<br />

si ha la sensazione - per dirla<br />

con un vecchio proverbio - che si voglia<br />

“chiudere la stalla quando i buoi<br />

sono scappati”. Gli esercizi di vicinato,<br />

per il ministero, possono consentire<br />

il consumo sul posto dei prodotti alimentari<br />

in vendita solo avvalendosi “di<br />

posate a perdere e di piani di appoggio”.<br />

Chi scrive non comprende le ragioni<br />

per le quali possano essere arredi<br />

dell’azienda commerciale i piani di<br />

appoggio e non i tavoli e le sedie ma<br />

soprattutto perché un tavolo non sia<br />

“un piano di appoggio” che è un termine<br />

non definito in alcun modo dalla<br />

disciplina commerciale che regola<br />

la materia della vendita e della somministrazione<br />

dei prodotti alimentari.<br />

Si ritiene che, trattandosi di commercio,<br />

la vera interpretazione dell’ art.3,<br />

comma 1, lettera f-bis) debba essere,<br />

con urgenza, fornita dalle regioni.<br />

10. Art. 4 - Attività di produzione di<br />

pane<br />

L’articolo 4 del decreto legge abroga la<br />

legge 31 luglio 1956, n. 1002 (5) e la lettera<br />

b), del comma 2 dell'articolo 22<br />

del d.lgs 31 marzo 1998, n. 112 (6) che<br />

disponevano per i nuovi panifici l’obbligo<br />

di un’autorizzazione rilasciata<br />

(4) Legge 25 marzo 1997, n. 77 - Art. 4 . Servizi sostitutivi di mensa. 1. Per servizi sostitutivi di mensa resi a mezzo<br />

dei buoni pasto di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 3 marzo 1994, pubblicato<br />

nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del 21 marzo 1994, devono intendersi le somministrazioni di alimenti e bevande effettuate<br />

dai pubblici esercizi, nonché le cessioni di prodotti di gastronomia pronti per il consumo immediato effettuate<br />

da mense aziendali interaziendali, rosticcerie e gastronomie artigianali, pubblici esercizi e dagli esercizi<br />

commerciali muniti dell'autorizzazione di cui all'articolo 24 della legge 11 giugno 1971, n. 426, per la vendita dei<br />

generi compresi nella tabella I del<strong>l'allegato</strong> 5 al decreto 4 agosto 1988, n. 375 , del Ministro dell'industria, del commercio<br />

e dell'artigianato nonché dell'autorizzazione di cui all'articolo 2 della legge 30 aprile 1962, n. 283, per la<br />

produzione, preparazione e vendita al pubblico di generi alimentari, anche su area pubblica, e operate dietro commesse<br />

di imprese che forniscono servizi sostitutivi di mensa aziendale.<br />

(5) Legge 31 luglio 1956 n. 1002 “ Nuove norme sulla panificazione”.<br />

(6) D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 112 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli<br />

enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59”.<br />

64<br />

dalla Camera di Commercio che doveva<br />

accertare “l'opportunità del nuovo<br />

impianto in relazione alla densità<br />

dei panifici esistenti e del volume della<br />

produzione nella località ove è stata<br />

chiesta l'autorizzazione”.<br />

Il comma 2 dell’art. 4 prevede invece<br />

la possibilità di aprire un nuovo panificio<br />

ovvero di trasferire o di trasformare<br />

i panifici esistenti semplicemente<br />

con una dichiarazione di inizio attività<br />

da presentare al comune competente<br />

per territorio ai sensi dell'articolo<br />

19 della legge 7 agosto 1990,<br />

n. 241.<br />

La dichiarazione deve essere corredata:<br />

- dall'autorizzazione della competente<br />

Azienda sanitaria locale in merito ai<br />

requisiti igienico-sanitari;<br />

- dall'autorizzazione alle emissioni in<br />

atmosfera;<br />

- dal titolo abilitativo edilizio;<br />

- dal permesso di agibilità dei locali;<br />

- dall'indicazione del nominativo del<br />

responsabile dell'attività produttiva,<br />

che assicura l'utilizzo di materie prime<br />

in conformità alle norme vigenti, l'osservanza<br />

delle norme igienico-sanitarie<br />

e di sicurezza dei luoghi di lavoro<br />

e la qualità del prodotto finito.<br />

I comuni che devono ricevere questa<br />

dichiarazione sono anche preposti,<br />

unitamente alle autorità competenti in<br />

materia igienico-sanitaria, al controllo<br />

di queste attività prima soggette alla vigilanza<br />

del Ministero dell'industria e<br />

del commercio, che poteva disporre<br />

ispezioni anche a mezzo di propri funzionari.<br />

Come già in precedenza precisato,<br />

all’interno dei panifici è possibile<br />

consumare i prodotti della panificazione<br />

senza necessità di altro titolo<br />

autorizzativo, utilizzando i locali e gli<br />

arredi dell'azienda con l’esclusione del<br />

servizio assistito di somministrazione<br />

e con l'osservanza delle prescrizioni<br />

igienico-sanitarie.<br />

Il comma 4 dell’art. 4 dispone poi che,<br />

per lo svolgimento delle attività di panificazione<br />

senza rispettare le prescrizioni<br />

indicate nello stesso articolo, si<br />

applicano le sanzioni previste dall’articolo<br />

22, commi 1, 2, 5, lettera c), e<br />

7, del d.lgs n. 114/98.<br />

Alla liberalizzazione dell’attività di panificazione<br />

si contrappone, quindi,<br />

l’aumento delle sanzioni amministra-


tive previste per l’attività illecita - ovvero<br />

svolta senza la presentazione della<br />

prescritta DIA - in quanto l’art. 14<br />

della legge n. 1002/1956 prevedeva<br />

una sanzione amministrativa “da euro<br />

25,00 a euro 2.582,00”: l’art.22, comma<br />

1, del d.lgs n. 114/98 dispone invece<br />

per una sanzione amministrativa<br />

da euro 2.582,00 a euro 15.493,00.<br />

Con l’applicazione della sanzione amministrativa<br />

sarà inoltre possibile applicare<br />

la sanzione accessoria della sospensione<br />

dell’attività per un periodo<br />

non superiore a venti giorni (art. 22,<br />

comma 2, del d.lgs n. 114/98) ovvero<br />

ordinare la chiusura del panificio “nel<br />

caso di ulteriore violazione delle prescrizioni<br />

in materia igienico-sanitaria<br />

avvenuta dopo la sospensione dell'attività<br />

disposta ai sensi del comma 2<br />

(art. 22, comma 5, del d.lgs n. 114/98).<br />

Non è prevista invece la chiusura del<br />

panificio nell’ipotesi di apertura, trasferimento<br />

o trasformazione di un panificio<br />

senza la presentazione della<br />

d.i.a., in quanto l’art. 4, comma 4, del<br />

decreto legge non richiama nelle disposizioni<br />

sanzionatorie anche il comma<br />

6 dell’art. 22 del d.lgs n. 114/98<br />

che stabilisce la chiusura immediata<br />

dell'esercizio in caso di svolgimento<br />

abusivo dell'attività.<br />

Autorità competente ad adottare queste<br />

sanzioni amministrative pecuniarie<br />

ed accessorie è il comune competente<br />

per territorio, stante il richiamo al<br />

comma 7 dell’art.22 del d.lgs n.114/98.<br />

L’art.4 del decreto legge anticipa poi<br />

l’emanazione di un ulteriore provvedimento<br />

che dovrà regolare:<br />

a) la denominazione di "panificio" da<br />

riservare alle imprese che svolgono<br />

l'intero ciclo di produzione del pane,<br />

dalla lavorazione delle materie prime<br />

alla cottura finale<br />

b) la denominazione di "pane fresco"<br />

da riservare al pane prodotto secondo<br />

un processo di produzione continuo,<br />

privo di interruzioni finalizzate al congelamento,<br />

alla surgelazione o alla<br />

conservazione prolungata delle materie<br />

prime, dei prodotti intermedi della<br />

panificazione e degli impasti, fatto salvo<br />

l'impiego di tecniche di lavorazione<br />

finalizzate al solo rallentamento del<br />

processo di lievitazione, da porre in<br />

vendita entro un termine che tenga<br />

conto delle tipologie panarie esistenti<br />

a livello territoriale. Il Ministero dello<br />

Sviluppo Economico, nella richiamata<br />

circolare n.3603/C/2006, in merito alle<br />

disposizioni concernenti l’attività di<br />

panificazione, si limita a precisare che<br />

la disposizione, prevista nell’art.4,<br />

comma 2-bis, del decreto legge n.223<br />

consente il consumo sul posto nel caso<br />

di tutti i titolari di impianti di panificazione,<br />

sia quelli già in attività autorizzati<br />

in base alla legge n. 1002 del<br />

1956 sia ai nuovi impianti soggetti a<br />

dichiarazione di inizio attività e che le<br />

modalità applicative della disposizione<br />

sono quelle indicate per gli esercizi<br />

di vicinato. Consumo sul posto quindi,<br />

ma solo con posate usa e getta e su<br />

piani di appoggio (!).<br />

11. Art. 5 Vendita di farmaci<br />

Il decreto legge n. 223/2006 liberalizza<br />

anche la vendita di alcuni farmaci<br />

ed in particolare:<br />

- dei farmaci da banco o di automedicazione,<br />

di cui all'articolo 9-bis del<br />

decreto legge 18 settembre 2001, n.<br />

347, convertito, con modificazioni,<br />

dalla legge 16 novembre 200, n. 405 (7);<br />

- di tutti i farmaci o prodotti non soggetti<br />

a prescrizione medica;<br />

- dei prodotti omeopatici classificati<br />

come medicinali vendibili senza presentazione<br />

di ricetta medica;<br />

- dei medicinali per uso veterinario che<br />

possono essere acquistati senza ricetta.<br />

Il Ministero della salute, con circolare<br />

del 3/10/2006 n. 3 (G.U. 5/10/2006 n.<br />

232), ha precisato che negli esercizi<br />

commerciali possono essere posti in<br />

vendita:<br />

- solo preparazioni medicinali industriali<br />

e non medicinali preparati in farmacia<br />

anche se vendibili senza ricetta;<br />

- anche i farmaci vendibili senza ricetta<br />

di fascia A che in questo caso sono<br />

a carico dell’acquirente mentre se acquistati<br />

nelle farmacie sono dispensati<br />

a carico del Servizio Sanitario Nazionale.<br />

In particolare l’art.9-bis del D.L.<br />

n.347/2001, conv. con mod. in L.<br />

405/01, dispone che le confezioni<br />

esterne dei medicinali non soggetti a<br />

ricetta medica immessi sul mercato, a<br />

partire dal 1° marzo 2002, devono recare<br />

un bollino di riconoscimento che<br />

ne permetta la chiara individuazione<br />

da parte del consumatore: questo il<br />

bollino è stato definito con D.M. 1°<br />

65<br />

febbraio 2002 (Gazz. Uff. 8 febbraio<br />

2002, n. 33). La vendita di questi farmaci<br />

può essere effettuata da tutti gli<br />

esercizi commerciali (esercizi di vicinato,<br />

medie e grandi strutture), previa<br />

comunicazione:<br />

- al Ministero della Salute,<br />

- alla regione in cui ha sede l'esercizio.<br />

Il Ministero della salute, però, nella circolare<br />

n.3/2006, ha precisato che è opportuno<br />

inviare comunicazione preventiva<br />

anche:<br />

- all’Agenzia Agenzia Italiana del Farmaco<br />

(AIFA), che ha il compito di gestire<br />

una banca dati centrale per monitorare<br />

le confezioni dei medicinali<br />

all'interno del sistema distributivo al fine<br />

di evitare le frodi. Per questo motivo<br />

l’AIFA assegna al punto vendita un<br />

identificativo univoco, che deve essere<br />

richiesto al momento di invio della<br />

comunicazione;<br />

- al comune competente per territorio;<br />

- all’Ordine dei farmacisti, precisando<br />

il nominativo del farmacista che viene<br />

preposto alla vendita.<br />

Gli esercenti poi, oltre alla comunicazione,:<br />

- devono predisporre la vendita dei<br />

medicinali nell'ambito di un apposito<br />

reparto che può essere costituito da<br />

uno spazio dedicato esclusivamente a<br />

questa vendita ma anche da un singolo<br />

scaffale o da una parte di scaffale a<br />

condizione che gli spazi siano chiaramente<br />

separati in modo da escludere<br />

la commistione tra altri prodotti e i medicinali;<br />

- devono fornire la presenza e l'assistenza<br />

personale e diretta al cliente di<br />

uno o più farmacisti abilitati all'esercizio<br />

della professione ed iscritti al relativo<br />

ordine che devono, opportunamente,<br />

esporre il prescritto distintivo;<br />

- possono determinare liberamente lo<br />

(7) Decreto legge 18 settembre 2001 n. 347, convertito<br />

in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 16 novembre<br />

2001, n. 405 - art.9-bis. Medicinali non soggetti<br />

a ricetta medica.” 1. Le confezioni esterne dei medicinali<br />

non soggette a ricetta medica immesse sul mercato<br />

a partire dal 1° marzo 2002 devono recare un bollino<br />

di riconoscimento che ne permetta la chiara individuazione<br />

da parte del consumatore; il bollino sarà<br />

definito con decreto non regolamentare del Ministro<br />

della salute da emanare entro sessanta giorni dalla data<br />

di entrata in vigore della legge di conversione del<br />

presente decreto. È ammesso il libero e diretto accesso<br />

da parte dei cittadini ai medicinali di automedicazione<br />

in farmacia”.


sconto sul prezzo indicato dal produttore<br />

o dal distributore sulla confezione<br />

del farmaco, purché lo sconto sia<br />

esposto in modo leggibile e chiaro al<br />

consumatore e sia praticato a tutti gli<br />

acquirenti;<br />

- non possono effettuare concorsi, operazioni<br />

a premio e vendite sotto costo<br />

aventi ad oggetto farmaci;<br />

- non possono utilizzare per l’insegna<br />

di esercizio denominazione e simboli<br />

che identificano una farmacia ma possono<br />

fare uso della denominazione<br />

“parafarmacia” e come simbolo di<br />

quello previsto nel bollino dei medicinali<br />

vendibili senza prescrizione medica.<br />

Il Ministero della salute, nella circolare<br />

n.3/2006, evidenzia che l’art.9bis<br />

del D.L. 347/2001, conv. con mod.<br />

in L. 405/2001, stabilisce che è ammesso<br />

nelle farmacie il libero e diretto<br />

accesso da parte dei cittadini ai medicinali<br />

di automedicazione e che, pertanto,<br />

la possibilità del self service deve<br />

essere garantita anche per la vendita<br />

di questi medicinali negli esercizi<br />

commerciali con l’obbligo però di un<br />

farmacista sempre presente nel reparto<br />

e a disposizione dei clienti.<br />

Da ultimo è doveroso segnalare che il<br />

d.l. n.223/2006 nulla prevede per le<br />

sanzioni da applicare in caso di vendita<br />

di medicinali da banco o di automedicazione:<br />

- senza comunicazione preventiva;<br />

- senza la presenza costante di un farmacista;<br />

- senza la predisposizione di un apposito<br />

reparto.<br />

Il Ministero della salute, nella citata circolare,<br />

precisa che “La vendita di medicinali<br />

in esercizi commerciali diversi<br />

dalla farmacia comporta l'obbligo,<br />

per i titolari dei punti vendita e per i<br />

farmacisti che prestano la loro attività<br />

professionale nei medesimi, di rispettare<br />

la normativa vigente in materia di<br />

vendita al pubblico di medicinali”.<br />

Una parte della dottrina, alla luce di<br />

questa affermazione ministeriale, sostiene<br />

che la vendita di medicinali da<br />

banco o di automedicazione senza la<br />

preventiva comunicazione comporta<br />

violazione della legge 8 gennaio 1991,<br />

n.362, recante “Norme di riordino del<br />

settore farmaceutico”.<br />

In particolare l’art.3 della legge<br />

n.362/91 dispone che “1.Chiunque<br />

apre una farmacia o ne assume l’eser-<br />

cizio senza la prescritta autorizzazione<br />

è punito con l'arresto fino a un mese<br />

e con l'ammenda da euro 2.582 a<br />

euro 5.164.<br />

2. Nei casi indicati nel comma 1, l'autorità<br />

sanitaria competente ordina l'immediata<br />

chiusura della farmacia”.<br />

Chi scrive ha difficoltà a condividere<br />

questa interpretazione in virtù dell’art.1<br />

del c.p. che dispone “Nessuno può essere<br />

punito per un fatto che non sia<br />

espressamente preveduto come reato<br />

dalla legge, né con pene che non siano<br />

da essa stabilite”. Nel caso in esame,<br />

infatti, non si tratta dell’apertura<br />

di una farmacia ma della vendita solo<br />

di medicinali da banco o di automedicazione<br />

soggetti a preventiva comunicazione.<br />

Anche condividendo questa<br />

tesi rimane, comunque, privo di sanzione<br />

la vendita senza la presenza costante<br />

del farmacista e la non predisposizione<br />

di un apposto reparto.<br />

Sarebbe importante una chiara precisazione<br />

da parte del Ministero della salute<br />

ovvero dalle regioni in quanto<br />

competenti in materia di commercio.<br />

12. Art. 6 - Servizio Taxi<br />

La legge di conversione n. 248/06 sostituisce<br />

completamente il testo dell’art.<br />

6 del decreto legge n. 223/06 e, al fine<br />

di assicurare il tempestivo adeguamento<br />

dei livelli essenziali di offerta<br />

del servizio taxi necessari all'esercizio<br />

del diritto degli utenti alla mobilità, lascia<br />

via libera ai comuni che, sentite<br />

le commissioni consultive di cui all'articolo<br />

4, comma 4, della legge n.<br />

21/1992, ove funzionanti, o analogo<br />

organo partecipativo, possono:<br />

a) disporre turnazioni integrative in aggiunta<br />

a quelle ordinarie, per i quali i<br />

titolari di licenza si avvalgono di sostituti<br />

alla guida in possesso dei requisiti<br />

professionali prescritti dalla legge;<br />

b) bandire concorsi straordinari, anche<br />

in deroga alla programmazione<br />

numerica qualora questa manchi o non<br />

sia ritenuta idonea dal comune ad assicurare<br />

un livello di offerta adeguato,<br />

per il rilascio, a titolo gratuito o a titolo<br />

oneroso, di nuove licenze da assegnare<br />

ai soggetti in possesso dei requisiti<br />

professionali previsti;<br />

c) prevedere il rilascio ai soggetti in<br />

possesso dei requisiti professionali, e<br />

66<br />

in prevalenza ai soggetti che svolgono<br />

l’attività tramite cooperative o consorzi,<br />

di titoli autorizzatori temporanei o<br />

stagionali, non cedibili, per fronteggiare<br />

particolari eventi straordinari o<br />

periodi di prevedibile incremento della<br />

domanda e in numero proporzionato<br />

alle esigenze dell'utenza;<br />

d) prevedere in via sperimentale l'attribuzione,<br />

prevalentemente a favore<br />

di soggetti che svolgono l’attività tramite<br />

cooperative o consorzi, della possibilità<br />

di utilizzare veicoli sostitutivi<br />

ed aggiuntivi per l'espletamento di servizi<br />

diretti a specifiche categorie di<br />

utenti;<br />

e) prevedere in via sperimentale forme<br />

innovative di servizio all'utenza, con<br />

obblighi di servizio e tariffe differenziati,<br />

rilasciando a tal fine apposite autorizzazioni<br />

ai titolari di licenza del<br />

servizio di taxi o ai soggetti che svolgono<br />

l’attività tramite cooperative o<br />

consorzi<br />

f) prevedere la possibilità degli utenti<br />

di avvalersi di tariffe predeterminate<br />

dal comune per percorsi prestabiliti;<br />

g) istituire un comitato permanente di<br />

monitoraggio del servizio di taxi al fine<br />

di favorire la regolarità e l'efficienza<br />

dell'espletamento del servizio e di<br />

orientare costantemente le modalità di<br />

svolgimento del servizio stesso alla domanda<br />

effettiva, composto da funzionari<br />

comunali competenti in materia<br />

di mobilità e di trasporto pubblico e da<br />

rappresentanti delle organizzazioni di<br />

categoria maggiormente rappresentative,<br />

degli operatori di radiotaxi e delle<br />

associazioni degli utenti.<br />

13. Art. 11, comma 1 - Commissione<br />

soppresse<br />

L’art. 11, comma 1, del d.l. n.<br />

223/2006 dispone la soppressione delle<br />

commissioni istituite dall’articolo 6<br />

della legge 25 agosto 1991, n. 287, e<br />

quindi:<br />

- delle commissione comunali nei comuni<br />

con popolazione superiore a diecimila<br />

abitanti (anche se molti comuni<br />

hanno già soppresso questa commissione<br />

dopo l’entrata in vigore dell’art.<br />

41, comma 1, della legge 27 dicembre<br />

1997, n. 449);<br />

- della commissione provinciale nei<br />

comuni con popolazione non superio-


e a diecimila abitanti. Per effetto della<br />

soppressione gli atti di programmazione<br />

sono adottati dagli enti locali<br />

competenti per territorio sulla base delle<br />

disposizioni di cui alla citata legge<br />

n. 287. Si rammenta che nelle regioni<br />

ove è ancora vigente la legge n. 287/91<br />

trova ancora applicazione l’art.2, comma<br />

1, della legge n.25/96 che dispone:<br />

“Fino alla data di entrata in vigore<br />

del regolamento di esecuzione della<br />

legge 25 agosto 1991, n. 287, l'autorizzazione<br />

di cui ai commi 1 e 4 dell'articolo<br />

3 della medesima legge è rilasciata<br />

dai sindaci, previa fissazione<br />

da parte degli stessi, [su conforme parere<br />

delle commissioni previste dall'articolo<br />

6 della legge stessa], di un<br />

parametro numerico che assicuri, in relazione<br />

alla tipologia degli esercizi, la<br />

migliore funzionalità e produttività del<br />

servizio da rendere al consumatore ed<br />

il più equilibrato rapporto tra gli esercizi<br />

e la popolazione residente e fluttuante,<br />

tenuto anche conto del reddito<br />

di tale popolazione, dei flussi turistici<br />

e delle abitudini di consumo extradomestico”.<br />

14. Art. 38 - Misure di contrasto del<br />

gioco illegale<br />

L’art. 38 del d.l. 223/2006 introduce<br />

anche alcune novità in materia di apparecchi<br />

da intrattenimento per il gioco<br />

lecito di cui all’art. 110 del TULPS.<br />

In particolare il comma 6 dell’art.38<br />

modifica l'articolo 22, comma 6, della<br />

legge 27 dicembre 2002, n. 289, nel<br />

modo riportato nello riquadro verde.<br />

La modifica sembra solo interessare la<br />

tipologia dell’atto normativo con il<br />

quale individuare:<br />

- il numero massimo di apparecchi da<br />

intrattenimento di cui all'articolo 110,<br />

commi 6 e 7, del TULPS che possono<br />

essere installati presso pubblici esercizi<br />

o punti di raccolta di altri giochi autorizzati<br />

(nessun riferimento nel testo novellato<br />

alla limitazione di questi apparecchi<br />

anche per l’installazione di questi<br />

apparecchi negli esercizi commerciali<br />

o in altre aree aperte al pubblico);<br />

- nonché le prescrizioni da osservare ai<br />

fini dell’installazione.<br />

In attesa di un nuovo decreto dirigenziale,<br />

rimane vigente il decreto direttoriale<br />

27 ottobre 2003 recante “Deter-<br />

Con decreto dirigenziale del Ministero<br />

dell'economia e delle finanze<br />

- Amministrazione autonoma<br />

dei Monopoli di Stato, di concerto<br />

con il Ministero dell'interno,<br />

tenuto conto del parere della<br />

Conferenza Stato-città ed autonomie<br />

locali, sono individuati il numero<br />

massimo di apparecchi con<br />

riferimento alle loro diverse tipologie<br />

di cui all'articolo 110, commi<br />

6 e 7, del testo unico delle leggi<br />

di pubblica sicurezza, di cui al<br />

regio decreto 18 giugno 1931, n.<br />

773, e successive modificazioni,<br />

che possono essere installati presso<br />

pubblici esercizi o punti di raccolta<br />

di altri giochi autorizzati, fermo<br />

restando quanto stabilito dall’articolo<br />

1, comma 2, del regolamento<br />

di cui al D.M. 31 gennaio<br />

2000, n. 29 del Ministro delle finanze,<br />

nonché le prescrizioni da<br />

osservare ai fini dell'installazione,<br />

sulla base dei seguenti criteri direttivi:<br />

a) dimensione e natura dell'attività<br />

prevalente svolta presso l'esercizio<br />

o il locale;<br />

b) ubicazione dell'esercizio o del<br />

locale;<br />

minazione del numero massimo di apparecchi<br />

e congegni di cui all'art. 110,<br />

commi 6 e 7, lettera b) del testo unico<br />

delle leggi di pubblica sicurezza (TUL-<br />

PS), che possono essere installati presso<br />

esercizi pubblici, circoli privati e<br />

punti di raccolta di altri giochi autorizzati.<br />

Nell’art.38 del d.l.223/2006, inoltre,<br />

viene prevista, come ulteriore sanzione<br />

accessoria da applicarsi nei casi<br />

di reiterazione previsti dall'articolo<br />

110, comma 10, del TULPS, la decadenza<br />

delle autorizzazioni alla raccolta<br />

di giochi, concorsi o scommesse rilasciate<br />

dal Ministero dell’Economia e<br />

delle Finanze Amministrazione autonoma<br />

dei monopoli di Stato, dalla data<br />

di notifica del provvedimento di sospensione<br />

delle licenze od autorizzazioni<br />

stesse.<br />

Negli stessi casi si interrompono gli effetti<br />

dei contratti in ragione dei quali i<br />

soggetti raccolgono gioco su incarico<br />

di concessionari affidatari della raccolta<br />

di giochi, concorsi o scommesse.<br />

67<br />

Il numero massimo di apparecchi<br />

da intrattenimento di cui all'articolo<br />

110, commi 6 e 7, del<br />

testo unico delle leggi di pubblica<br />

sicurezza, di cui al regio<br />

decreto 18 giugno 1931, n. 773,<br />

e successive modificazioni, che<br />

possono essere installati presso<br />

pubblici esercizi o punti di raccolta<br />

di altri giochi autorizzati<br />

nonché le prescrizioni da osservare<br />

ai fini dell'installazione sono<br />

definiti con decreti direttoriali<br />

del Ministero dell'economia<br />

e delle finanze Amministrazione<br />

autonoma dei monopoli di<br />

Stato. Per i punti di vendita<br />

aventi come attività accessoria<br />

la commercializzazione dei prodotti<br />

di gioco pubblici, i decreti<br />

sono predisposti di concerto<br />

con il Ministero dell'interno,<br />

sentita la Conferenza Stato-città<br />

ed autonomie locali.<br />

Costituiscono criteri direttivi per<br />

la determinazione del numero<br />

massimo di apparecchi installabili<br />

la natura dell'attività prevalente<br />

svolta presso l'esercizio o<br />

il locale e la superficie degli<br />

stessi".<br />

Il comma 7 dell’art.38 del d.l<br />

n.223/2006 modifica, poi, l'articolo<br />

110, comma 6, lettera a), del TULPS<br />

sopprimendo le parole “ in monete<br />

metalliche".<br />

Questa locuzione "in monete metalliche"<br />

era riferita alla tipologia delle “…<br />

vincite in denaro, ciascuna comunque<br />

di valore non superiore a 100 euro,<br />

erogate dalla macchina in monete metalliche”…<br />

Con questa modifica, quindi, il legislatore<br />

sembra riservarsi la possibilità di individuare<br />

altre modalità con cui erogare<br />

le vincite in denaro, anche se il<br />

Decreto del Ministero dell’Economia e<br />

delle Finanze del 19.9.2006 (G.U.<br />

25/9/2006), che integra e modifica il decreto<br />

4 dicembre 2003, all’art. 1, comma<br />

5, ribadisce che “… le vincite sono<br />

distribuite esclusivamente in moneta a<br />

richiesta del giocatore ovvero, automaticamente,<br />

al raggiungimento dell’importo<br />

equivalente alla vincita massima.


Problematiche definitorie specifiche<br />

dei trattenimenti e spettacoli<br />

all’interno dei pubblici esercizi<br />

Un corretto approccio alla tematica delle<br />

attività di trattenimento e spettacolo<br />

all’interno dei pubblici esercizi, oltre, o<br />

forse prima ancora delle problematiche<br />

definitorie di cui agli artt. 68 e 69 del<br />

T.U.L.P.S., comporta la ricerca dell’esatto<br />

confine tra attività rilevanti e attività<br />

che, magari proprio per il loro insistere<br />

in locali caratterizzati dall’essere utilizzati<br />

per attività prioritarie di tipo diverso,<br />

quale ad esempio la somministrazione<br />

di alimenti e bevande, finiscono per<br />

rientrare nella sfera dell’irrilevante giuridico.<br />

(1)<br />

Un esempio, tratto peraltro dall’evoluzione<br />

della realtà storico- sociale italiana,<br />

per meglio comprendere quanto sopra<br />

detto: l’installazione di una televisione<br />

in un bar, che in passato ne costituiva<br />

una sicura attrattiva per la popolazione,<br />

oggi è considerata mero elemento<br />

di arredo e come tale, almeno di regola,<br />

non necessita di alcun tipo di autorizzazione.<br />

L’esempio è infatti paradigmatico<br />

- se ci è consentita l’apparente<br />

tautologia - dell’importanza di una lettura<br />

delle norma non statica, ma dinamica,<br />

“fluttuante”,per così dire, e come<br />

tale di certo più difficile da ancorare ad<br />

elementi oggettivi, ma non per questo arbitraria:<br />

semplicemente, ancorata alla società<br />

in quel particolare momento storico<br />

di riferimento. (2)<br />

Può accadere, dunque, che ciò che in un<br />

certo momento storico e in un certo contesto<br />

sociale era qualificato trattenimento<br />

o spettacolo, oggi non lo sia più perché<br />

divenuto d’uso comune; così come,<br />

all’inverso, può accadere che determi-<br />

ANTONELLA MANZIONE<br />

Comandante della Polizia municipale<br />

di Livorno<br />

SPETTACOLI ED INTRATTENIMENTO<br />

ALL’INTERNO DEI PUBBLICI ESERCIZI<br />

nate attività divengano di trattenimento,<br />

in quanto destinate a costituire punto di<br />

aggregazione, di attrattiva, di richiamo<br />

di pubblico, in base a canoni di divertimento<br />

un tempo incomprensibili. Ora,<br />

perché sia comunque necessaria l’autorizzazione<br />

di Polizia ex art. 68 o 69 del<br />

T.U.L.P.S., oltre che uno spettacolo o trattenimento,<br />

sia nell’accezione generale<br />

esaminata in premessa, sia in quella più<br />

particolare che ne caratterizza lo svolgimento<br />

in un diverso locale, occorre che<br />

suddetta attività si svolga, come è noto,<br />

in “luogo pubblico” o “aperto al pubblico”.<br />

Allo scopo, restano di fondamentale<br />

importanza le due sentenze della<br />

Corte Costituzionale n.142 del 15 dicembre<br />

1967 e 56 del 15 aprile 1970 (3)<br />

,con le quali si dichiarava rispettivamente<br />

la parziale illegittimità dell’art. 68 nella<br />

parte in cui vietava di dare feste da ballo<br />

in un luogo esposto al pubblico senza<br />

licenza del Questore, nonché nella<br />

parte in cui imponeva la licenza anche<br />

per i trattenimenti (la fattispecie da cui<br />

traeva origine la questione era il gioco<br />

delle bocce) da tenersi in luoghi aperti al<br />

pubblico, e non indetti nell’esercizio di<br />

attività imprenditoriali. Ora, per luogo<br />

aperto al pubblico si intende quel luogo<br />

chiuso o comunque delimitato in cui<br />

68<br />

l’accesso è consentito solo in un certo<br />

periodo o con l’osservanza di determinate<br />

condizioni poste da colui che esercita<br />

un diritto sul luogo stesso, quale un<br />

invito, il pagamento di un biglietto, l’orario<br />

di entrata, ecc., un esempio del<br />

quale è considerato tipicamente il pubblico<br />

esercizio. Proprio per questi ultimi,<br />

dunque, ed in particolare per quella species<br />

degli stessi rappresentata dai pubblici<br />

esercizi di somministrazione di alimenti<br />

e bevande, il requisito del carattere<br />

imprenditoriale dell’attività posta in<br />

essere, pure fissato dalla Corte nella già<br />

citata sentenza n. 56, diventa determinante<br />

per stabilire se un’attività di trattenimento<br />

o svago necessiti o meno di autorizzazione.<br />

Abbiamo in tal modo già fissato due importanti<br />

passaggi definitori comuni eppure<br />

particolari dei trattenimenti che si<br />

svolgono all’interno dei pubblici esercizi<br />

in genere, rispetto alle già evidenziate<br />

problematiche generali: innanzitutto<br />

occorre valutare la “potenzialità” attrattiva<br />

dell’attività posta in essere per stabilire<br />

se, proprio per il suo svolgersi in un<br />

luogo chiuso, in tal senso parificabile ad<br />

un’abitazione privata, l’attività possa ritenersi<br />

giuridicamente rilevante (4); poi -<br />

e spesso gli elementi dell’una e dell’al-<br />

(1) Per una disamina più ampia della tematica ora in esame, ci sia consentito rinviare a Manzione, Spettacoli e trattenimenti nei pubblici<br />

esercizi: disciplina e controllo, in Atti del Convegno di Riccione, Maggioli, 2004.<br />

(2) Interessante al riguardo la tematica della disciplina degli internet point, recentemente oggetto del D.L. 144/2005: dall’originaria<br />

asserita irrilevanza giuridica degli stessi (deliberazione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n.467/2000), si passa alla loro<br />

assimilazione a locali di intrattenimento e svago cui annettere pubblici esercizi di somministrazione di tipologia “C”, fino all’attuale<br />

regime autorizzatorio. Anche a questo proposito, ci sia consentito rinviare a Manzione,<br />

Nuova disciplina degli internet point, in Disciplina del commercio e dei servizi, Maggioli, 4,2005,p.809 ss.<br />

(3) Per il testo integrale delle sentenze citate si veda Giur.cost., 1967, 1677 e ivi, 1970, 607.<br />

(4) Ancora una volta, ben si comprende il concetto attraverso l’esempio della televisione così come stralciato dal concetto di spettacolo<br />

dalla giurisprudenza della Cassazione. Sono i giudici di legittimità (Cass., sez.I, 17 gennaio 1994, in Foro it.,1994,II, 591 )ad avere<br />

affermato per primi che la televisione, ovviamente ove non concorrano particolari condizioni che la circolare ministeriale citata<br />

nel prosieguo nel testo,proprio perché ormai bene di consumo diffuso, non costituisce più attrattiva del solo pubblico esercizio.


tra valutazione finiscono per coincidere<br />

- occorre individuare l’esatta accezione<br />

di tale richiesta imprenditorialità.<br />

Ora, se si pensa che ad agire è un soggetto<br />

già di per sé imprenditore, in quanto<br />

titolare di autorizzazione per pubblico<br />

esercizio, e dunque ex art. 86 del<br />

T.U.L.P.S., suddetta imprenditorialità parrebbe<br />

sussistere sempre. Si è cioè di fronte<br />

per definizione ad un soggetto che<br />

“…esercita professionalmente una attività<br />

economica organizzata al fine della<br />

produzione o dello scambio di beni o di<br />

servizi” (art.2082 c.c.).<br />

In poche parole, l’albergatore che realizza<br />

la festa di fine anno sicuramente lo<br />

fa nell’ambito della sua attività, appunto,<br />

di albergatore; stesso discorso per il<br />

gestore di un bar che movimenti le serate<br />

dei propri clienti con spettacoli di arte<br />

varia o musica o per il titolare di uno<br />

stabilimento balneare che realizzi attività<br />

varie di intrattenimento all’interno dello<br />

stesso, quali feste in spiaggia e simili. Gli<br />

esempi fatti già evidenziano, ci pare, la<br />

delicatezza della problematica in esame,<br />

vuoi sotto il profilo della sicurezza e incolumità<br />

delle persone in ragione dell’idoneità<br />

di strutture concepite ad altro<br />

scopo ad ospitare attività che rischiano<br />

di tramutarsi in vere e proprie discoteche,<br />

sia per le inevitabili doglianze delle<br />

categorie economiche specifiche a<br />

fronte del diffondersi di nuove modalità<br />

di divertimento sicuramente temibili in<br />

termini concorrenziali.<br />

Si tratta dunque di comprendere se ciò<br />

che conta è il semplice status di imprenditore<br />

del soggetto agente, scaturendone<br />

una sorta di responsabilità per posizione,<br />

o se, come appare più logico e più<br />

conforme ai principi generali dell’ordinamento,<br />

non occorra stabilire via via<br />

quale attività imprenditoriale in più egli<br />

abbia posto in essere, anche allo scopo<br />

di incentivare quella principale di cui è<br />

già titolare. Con tutte le difficoltà che<br />

un’indagine siffatta finisce per comportare,<br />

tant’è che molte pronunce giurisprudenziali<br />

sono la prova di un punto<br />

di partenza argomentativo di senso diametralmente<br />

opposto.<br />

E per restare all’esempio della televisione,<br />

che anche nei passaggi evolutivi successivi<br />

della sua disciplina ci fa comprendere<br />

la lettura necessariamente diacronica<br />

che occorre dare alle norme de<br />

quibus, vediamo ora come il Ministero<br />

dell’Interno, con propria circolare n.3469<br />

del 17 novembre 1998 ha fornito dei “distinguo”,<br />

peraltro ormai ben noti agli<br />

operatori di Polizia locale, per chiarire a<br />

quali condizioni l’apparecchio torni ad<br />

essere uno “spettacolo”, come tale necessitante<br />

di autorizzazione, e il luogo<br />

ove viene collocato subisca una tale trasformazione<br />

da necessitare di collaudo:<br />

• non è richiesta alcuna licenza per l’installazione<br />

di un apparecchio radiotelevisivo<br />

in un pubblico esercizio dove il<br />

cliente accede per le normali consumazioni,<br />

anche laddove vengano trasmesse<br />

su reti decodificate partite di calcio o<br />

altro;<br />

• occorre autorizzazione ex art. 69<br />

T.U.L.P.S. ove l’esercente pubblico faccia<br />

pagare un biglietto di ingresso per assistere<br />

allo spettacolo, anche sotto forma<br />

di aumento del prezzo della consumazione;<br />

• occorre altresì il previo collaudo del<br />

locale ove lo spettacolo venga offerto in<br />

sale o parti di sala appositamente allestite,<br />

con eventuale autorizzazione ex art.<br />

68 qualora l’esercente faccia anche pagare<br />

un prezzo di ingresso, come già detto<br />

con qualsivoglia modalità. (5)<br />

Ora, a ben vedere, sono proprio le indicazioni<br />

fornite dalla Cassazione nella<br />

pronuncia da ultimo citata ad evidenziare<br />

in che termini deve svilupparsi e di<br />

fatto si è sviluppato il dibattito sulla tematica<br />

ora in esame. Ciò che è mutato,<br />

si legge in motivazione, non è il precetto<br />

dell’art.666 c.p., che sanziona la mancanza<br />

di autorizzazione per spettacoli e<br />

trattenimenti, bensì il concetto stesso di<br />

spettacolo e trattenimento: occorre cioè<br />

una verifica concreta della sussistenza di<br />

fatti che non devono semplicemente<br />

rientrare in un’astratta logica definitoria,<br />

ma essere ancorati alla realtà sociale di<br />

riferimento. Solo tale legame con la<br />

realtà economico-sociale è ritenuto rispondente<br />

alla già evidenziata ratio delle<br />

norme, ovvero la tutela dell’ordine<br />

pubblico e della sicurezza di cittadini<br />

69<br />

che affluiscono in ambienti dove possono<br />

verificarsi affollamenti.<br />

Ed ecco che ciò consente di leggere nello<br />

stesso modo l’orientamento di chi ha<br />

via via ritenuto non necessaria l’autorizzazione<br />

per l’installazione di apparecchi<br />

radio e proiettori di immagini e suoni di<br />

vario genere, anch’essi beni di consumo<br />

per lo più oggi disponibili nelle singole<br />

abitazioni e come tali incapaci di costituire<br />

autonoma attrattiva del locale.<br />

A questo punto ci pare chiaro perché i<br />

cosiddetti disco-bar, terminologia ampia<br />

alla quale non corrisponde necessariamente<br />

una tipologia ben individuata di<br />

locali, ma che costituiscono, nei loro vari<br />

atteggiarsi, l’evoluzione ormai tipica<br />

del pubblico esercizio di somministrazione<br />

che voglia stare al passo con i tempi,<br />

costituiscano il nodo gordiano della<br />

tematica degli spettacoli e trattenimenti<br />

per l’odierno operatore di Polizia locale.<br />

In primo luogo, infatti, occorre verificare<br />

in concreto che l’attività posta in essere<br />

non rientri nel cosiddetto irrilevante<br />

giuridico,e quindi che non si tratti di<br />

un mero arricchimento dell’attività di ristorazione<br />

per il quale non sarà necessaria<br />

i alcun tipo di autorizzazione; quindi,<br />

occorrerà chiedersi se la relativa installazione<br />

risponda a criteri di imprenditorialità,<br />

ancora una volta richiamando<br />

i pochi punti fermi che poc’anzi si sono<br />

evidenziati. Ed è proprio il “relativismo<br />

storico” che deve ispirare la nostra<br />

indagine che rischia di portarci verso risultati<br />

non necessariamente univoci.<br />

Un altro esempio di assai frequente incidenza<br />

casistica per comprendere il senso<br />

delle presenti affermazioni: l’attivazione<br />

di un semplice piano-bar può ritenersi<br />

, come in un parere ANCI per altro<br />

piuttosto datato, attività libera, ovvero assoggettata<br />

ad autorizzazione ex art. 69<br />

T.U.L.P.S.<br />

La Prefettura di Modena, con propria circolare<br />

n.151/2° sett. del 1 febbraio 1995,<br />

intervenendo espressamente sull’argomento<br />

a seguito di sollecito da parte degli<br />

uffici comunali interessati, testualmente<br />

prevedeva “..al fine dell’attribuzione<br />

del carattere di trattenimento pub-<br />

(5) Il richiamo all’art.68, anziché al 69, contenuto testualmente nella circolare citata nel testo, peraltro in dispregio della norma regolamentare<br />

già esaminata in forza della quale se lo spettacolo o il trattenimento si svolge in un pubblico esercizio l’autorizzazione<br />

dovrebbe essere rilasciata sempre ai sensi dell’art.69, è frutto di altra prassi non supportata da dati di diritto positivo, ovvero quella di<br />

ancorare necessariamente la licenza ex art.80 del T.U.L.P.S., appunto, alla sola autorizzazione ex art.68, presumibilmente per la maggior<br />

“corposità” della manifestazione cui finisce con il riferirsi.


lico e spettacolo ad un locale in cui<br />

vengano esercitate in contemporanea altre<br />

attività occorre… fare riferimento al<br />

criterio della prevalenza.” L’attività di<br />

piano-bar, cioè, di cui la Prefettura sta<br />

concretamente parlando, non deve concretizzarsi<br />

palesemente in spettacolo o<br />

rappresentazione destinata ad un pubblico<br />

“… che vi assiste in maniera diretta<br />

e non incidentale e casuale”. (6)<br />

Analoga problematica pare insorgere per<br />

il cosiddetto Karaoke. Su tale apparecchio,<br />

la giurisprudenza ha sempre assunto<br />

un orientamento particolarmente<br />

rigoroso. Afferma infatti la Corte di<br />

Cassazione proprio per meglio definire<br />

tale specifica attività che “…per trattenimento<br />

si deve intendere qualsiasi riunione<br />

a scopo di divertimento alla quale<br />

partecipano attivamente gli intervenuti,<br />

sicché in tale concetto rientra anche<br />

l’attività di diffusione di musica con<br />

il supporto video e la partecipazione del<br />

pubblico”. (7)<br />

Parte della dottrina, invece, tende ad<br />

operare anche a questo proposito un distinguo<br />

tra il caso in cui il Karaoke sia installato<br />

in sale appositamente attrezzate<br />

con la presenza di un animatore, che richiederebbe,<br />

in analogia con quanto già<br />

visto per gli apparecchi televisivi, sia l’autorizzazione<br />

ex art. 68 del T.U.L.P.S., sia<br />

il collaudo del locale e quello in cui esso<br />

venga utilizzato alla stessa stregua di<br />

un Juke-box, nel qual caso, non si comprende<br />

bene perché, si farebbe ricorso<br />

allo strumento generale della DIA di cui<br />

all’art.19 della L.241/90. (8)<br />

Come si vede, non esiste univocità di vedute<br />

al riguardo, con la conseguenza che<br />

non potranno essere univoche neppure<br />

le conseguenze sanzionatorie (9). A ben<br />

guardare, proprio l’ipotesi del juke-box<br />

a sua volta è stata oggetto di dibattito dottrinario<br />

e giurisprudenziale sempre confermativo<br />

della linea di indirizzo che stiamo<br />

cercando di tracciare, Persino la<br />

Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi<br />

sulla legittimità degli artt.68,<br />

69, 72 e 86 del T.U.L.P.S. per asserito<br />

contrasto, tra gli altri, con l’art. 41 Cost.<br />

quale norma posta a tutela della libertà<br />

di iniziativa economica privata proprio<br />

in relazione, tra l’altro, ad una fattispecie<br />

di collocazione di un juke-box in un<br />

pubblico esercizio, ha dichiarato la non<br />

fondatezza della questione sulla scorta<br />

della considerazione che comunque la<br />

prescrizione di un titolo per il singolo<br />

trattenimento all’interno di un pubblico<br />

esercizio, si inquadra razionalmente proprio<br />

nel sistema dei limiti che circondano<br />

l’iniziativa privata. Più specificamente,<br />

come la Corte aveva già chiarito in<br />

una precedente pronuncia, la n.110 del<br />

1973, occorre una specifica autorizzazione<br />

in ordine a qualsiasi attività, anche<br />

se affine, non compresa nella licenza di<br />

cui un esercizio sia già fornito. (10)<br />

E ancor più interessante per l’attualità del<br />

relativo contenuto l’affermazione in forza<br />

della quale “…la presenza, nell’esercizio<br />

pubblico, pur di un solo juke-box,<br />

e di un solo flipper (11) , può rilevare …in<br />

varia guisa: può incidere sul flusso, o sullo<br />

stesso genere della clientela, o toccare<br />

per altro verso, secondo le circostanze,<br />

le esigenze della collettività, che l’organo<br />

competente al rilascio della licenza<br />

è tenuto a valutare. Il fatto, infine, che<br />

all’autorità di pubblica sicurezza è consentito<br />

di imporre a chiunque ottenga un’<br />

autorizzazione di Polizia altre prescri-<br />

(6) La circolare è riportata per esteso in Malavasi, Circoli privati e pubblici esercizi, Manuale operativo per l’attività di controllo e la<br />

corretta gestione, Santarcangelo di Romagna, 2001,273.<br />

(7) Cfr.Cass.,sez I, 28 Ottobre 1996, in Giust. Pen, II, 441 ss.<br />

(8) In tal senso Malavasi, op. cit., , p.112.Si ricordi tuttavia che la Prefettura di Modena, nella circolare riportata dallo stesso autore<br />

e richiamata nel testo, ipotizza invece che nel caso di karaoke ubicato nel medesimo locale ove avviene la somministrazione ci si<br />

limiti a regolamentarne l’utilizzo includendo apposite prescrizioni, ad esempio di orario, ex art. 9 del T.U.L.P.S., nella licenza di pubblico<br />

esercizio cui il karaoke per così dire accede.<br />

(9) Nell’esempio prospettato sub nota precedente dell’inserzione del trattenimento quale condizione nell’autorizzazione del pubblico<br />

esercizio, secondo il suggerimento operativo della Prefettura di Modena, la relativa violazione delle prescrizioni sarà sanzionata<br />

secondo il sistema generale ex art.17-bis, c.2 T.U.L.P.S. Non solo, ma se la prassi di un Comune è nel senso sopra esplicitato, parrebbe<br />

rimanere del tutto priva di sanzione la fattispecie del Karaoke o del Juke-box installato nel locale di somministrazione senza<br />

che sia stata inclusa alcuna condizione nell’autorizzazione specifica di quest’ultimo.<br />

(10) Corte Cost. 22 dicembre 1982, n.229. Nel caso di specie il giudizio di rimessione si riferiva, come accennato nel testo, alla<br />

installazione di un elettrogrammofono a gettone (juke-box), e il Giudice a quo aveva evidenziato come essa, avvenendo in un bar<br />

provvisto di licenza, non ne avrebbe certo mutato la destinazione funzionale. Avremo modo di evidenziare nel prosieguo delle presenti<br />

note come il criterio del mutamento della destinazione funzionale possa rilevare ad altri scopi nella tematica ora in esame.<br />

(11) La Corte, infatti, ha dovuto occuparsi anche di tale apparecchio da gioco, sottoposto, come è noto, a diversa disciplina normativa,<br />

ancorché con lo stesso esito.<br />

(12) Il caso citato nel testo è stato esaminato da Cass., sez.VI, n.1887 del 4 dicembre 1969.<br />

(13) Per un’ interessante disamina della casistica giurisprudenziale in materia di spettacoli e trattenimenti all’interno dei pubblici esercizi<br />

si veda Gambacurta, L’organizzazione di spettacoli e trattenimenti all’interno dei pubblici esercizi,<br />

in Commercio e servizi, 2000, 1, 21 ss.<br />

70<br />

zioni, otre quelle stabilite dalla legge,<br />

nulla toglie all’utilità e giustificatezza dell’apposita<br />

licenza qui richiesta: giova,<br />

semmai, a meglio dimostrarla”.<br />

Come si vede, dunque, deve cercarsi un<br />

criterio per così dire “ontologico” o di<br />

sostanza per stabilire se quel tipo di attività<br />

in quel particolare momento storico<br />

e in relazione a quel particolare contesto<br />

socio-economico costituisce trattenimento<br />

o spettacolo, ovvero se, come<br />

poc’anzi detto, la sua presenza comporta<br />

un’incidenza sul flusso delle persone,<br />

e conseguentemente giustifica la necessità<br />

di un tipo di autorizzazione che comunque<br />

risponde ad esigenze di tutela<br />

dell’ordine pubblico ed è diversa e aggiuntiva<br />

rispetto a quella già posseduta<br />

dal gestore del locale.<br />

Come si vede, ogni tassello del nostro<br />

mosaico ricostruttivo finisce per divenire<br />

quasi tautologico dell’assioma dal quale<br />

siamo partiti. E nella stessa direzione<br />

occorre ribadire che se un’attività astrattamente<br />

riconducibile al genus “spettacolo”<br />

o “trattenimento” viene realizzata<br />

in un luogo aperto al pubblico, è altresì<br />

necessario che ciò avvenga nell’esercizio<br />

di attività imprenditoriale. Ora, se<br />

non vi è alcun dubbio circa la non riconducibiltà<br />

al concetto di imprenditorialità<br />

del caso, pure sottoposto al vaglio<br />

della giurisprudenza,del titolare di una<br />

sala cinematografica o di una sala parrocchiale<br />

che consente in detti locali lo<br />

svolgimento di trattenimenti nuziali, è<br />

evidente che le zone chiaroscurali nella<br />

materia de qua restano molteplici. (12)<br />

Accanto, dunque, all’idoneità del trattenimento<br />

in ragione delle diverse contingenze<br />

storiche al relativo scopo,sulla<br />

quale non ci stancheremo mai di tornare,<br />

occorre individuare una struttura di<br />

impresa finalizzata esplicitamente, anche<br />

se non esclusivamente, alla relativa<br />

attività di trattenimento. (13)<br />

Anche a questo proposito, gli indirizzi<br />

forniti dalla giurisprudenza appaiono<br />

piuttosto rigorosi, per cui si è assistito ad<br />

un continuo tentativo da parte della dottrina<br />

di erodere l’ambito di operatività<br />

delle norme de quibus per sottrarre alle<br />

stesse tutta una serie di attività ormai diffusissime<br />

nel tessuto sociale. Pertanto,<br />

mentre la Cassazione ha affermato via<br />

via apoditticamente che è sempre configurabile<br />

l’ illecito di cui all’art 666 c.p.


a carico del gestore di un albergo il quale<br />

allestisca nel proprio locale intrattenimenti<br />

musicali, avendo egli agito per ciò<br />

solo nell’esercizio della propria attività<br />

imprenditoriale, ovviamente purché ciò<br />

abbia fatto senza la specifica licenza dell’autorità,<br />

la dottrina tenta interpretazioni<br />

alternative sulla base della fruibilità<br />

del trattenimento o spettacolo da parte<br />

dei soli clienti del pubblico esercizio che<br />

lo ospita o meno. (14)<br />

Un suggerimento di diritto positivo parrebbe<br />

desumibile dal testo della<br />

L. 287/91, di disciplina dei pubblici esercizi<br />

di somministrazione di alimenti e bevande:<br />

nell’elencare le relative tipologie<br />

degli stessi, infatti, l’art 5 della legge cita<br />

anche quelli “… in cui la somministrazione<br />

di alimenti e di bevande viene<br />

effettuata congiuntamente ad attività di<br />

trattenimento e svago…”, con ciò ammettendo<br />

espressamente da un lato la<br />

eterogeneità delle due attività, dall’altro<br />

la possibilità che le stesse, ancorchè abbinate,<br />

necessitino di distinti titoli di legittimazione.<br />

E ancor meglio, l’art 3, c.<br />

6, lett. d), laddove esclude l’applicabilità<br />

dei parametri numerici previsti<br />

per i pubblici esercizi di somministrazione<br />

in genere, cita quelli di cui sopra<br />

(la cosiddetta tipologia ”C”) solo<br />

ove l’attività congiunta di trattenimento<br />

e svago risulti prevalente: con<br />

ciò ammettendo che un bar, un ristorante<br />

o simile possa svolgere la sua attività<br />

tipica di ristorazione “arricchendola”<br />

di spettacoli e trattenimenti<br />

sporadici, periodici o comunque<br />

non prevalenti.<br />

Ma è ovvio che l’indicazione legislativa<br />

sopra citata si riferisce a casi in<br />

cui il problema è risolto alla radice dal<br />

legislatore, perché, come abbiamo detto,<br />

il doppio titolo - per la somministrazione<br />

e per il trattenimento - esistono<br />

per definizione, tant’è che ciò<br />

connota la tipologia “C” del pubblico<br />

esercizio stesso. In poche parole, costituisce<br />

un argomento nel senso della<br />

ammissibilità del doppio titolo di<br />

legittimazione o anche semplicemente<br />

della coesistenza dei due tipi di attività,<br />

ma non ci fornisce alcun aiuto<br />

per risolvere la casistica oggetto delle<br />

presenti note: là somministrazione e<br />

trattenimento stanno insieme perché<br />

sono nati insieme; qui prima nasce<br />

un’attività di somministrazione, poi si<br />

arricchisce con uno o più spettacoli o<br />

trattenimenti. Se così non fosse, non<br />

potrebbe trarsi alcuna argomentazione<br />

dal fatto che il trattenimento si rivolga<br />

ai soli clienti del pubblico esercizio<br />

senza guadagno aggiuntivo: per<br />

definizione, i clienti dei pubblici esercizi<br />

di somministrazione di tipologia<br />

“C” forniscono alimenti e bevande ai<br />

fruitori del trattenimento, e ne debbono<br />

rispettare anche l’orario ove quest’ultimo<br />

risulti prevalente. Potrà infatti<br />

anche accadere astrattamente che<br />

un imprenditore intenda attivare sin<br />

dall’inizio quella particolare tipologia<br />

di locale che abbiamo genericamente<br />

denominato disco-bar. Ma in tale ipotesi,<br />

le problematiche operative saranno<br />

risolte a priori dalla disciplina<br />

della L.287 e del T.U.L.P.S., nel senso<br />

che il soggetto sarà munito sin dall’inizio<br />

della sua attività di entrambe le<br />

autorizzazioni e non si porranno problemi<br />

per così dire di patologia, correlati<br />

per lo più alla trasformazione<br />

postuma di un locale nato ad altro<br />

scopo.<br />

Per stabilire, dunque, come si possa<br />

valutare l’imprenditorialità dell’attività<br />

di trattenimento o svago all’interno di<br />

un pubblico esercizio occorre effettuare<br />

un’indagine attenta ed aggiuntiva.<br />

Particolarmente utili sembrano le<br />

indicazioni fornite dalla giurisprudenza<br />

in materia di indici di imprenditorialità<br />

dell’attività di somministrazione<br />

di un circolo privato,e dunque di<br />

natura non privata dello stesso (15):<br />

• pagamento di un biglietto di ingresso<br />

in concomitanza con lo svolgimento<br />

dello spettacolo o trattenimento,<br />

anche sotto forma di aumento del<br />

prezzo;<br />

• pubblicità degli spettacoli o trattenimenti<br />

mediante messaggi o strumenti<br />

diretti alla generalità dei cittadini,<br />

quali i messaggi radiofonici, in-<br />

72<br />

serzioni su quotidiani, affissioni, ecc.<br />

Altri elementi ancora possono trarsi<br />

dalle indicazioni ministeriali in materia<br />

di trasformazione dei locali e dunque<br />

con la diversa finalità di stabilire<br />

la necessarietà o meno della licenza<br />

ex art.80 del T.U.L.P.S. Nello specifico,<br />

con nota 20 giugno 1996 diretta<br />

alla Prefettura di Pesaro Urbino il<br />

Ministero dell’Interno ha infatti testualmente<br />

detto che “…la cadenza<br />

saltuaria, tipica delle discoteche che<br />

di solito operano il sabato e la domenica,<br />

configura attività di trattenimento…perché<br />

in tale ipotesi non può più<br />

parlarsi di locale pubblico dove l’attività<br />

principale è la ristorazione e lo<br />

spettacolo rappresenta solo attività<br />

complementare”.<br />

Se così è, qualche punto fermo siamo<br />

sicuramente riusciti a darcelo: i cosiddetti<br />

disco-bar, per il fatto stesso<br />

che si autodefiniscono tali in un’insegna<br />

o analogo messaggio pubblicitario,<br />

creano un mutamento quantitativo<br />

o qualitativo nel flusso della clientela<br />

e come tali impongono un apposito<br />

titolo di legittimazione per l’attività<br />

ancorché di solo intrattenimento<br />

musicale, anziché danzante; lo stabilimento<br />

balneare che reclamizza la festa<br />

di fine stagione su radio a circuito<br />

addirittura nazionale, difficilmente potrà<br />

sostenere di aver voluto congedarsi<br />

“alla grande”solo dalla propria<br />

clientela; il ristoratore che organizza<br />

un cenone di fine anno allietato da orchestrina,<br />

per il solo fatto di aver reclamizzato<br />

la riunione a scopo di divertimento<br />

garantendone l’accessibilità<br />

a un numero indeterminato di persone<br />

con l’unica condizione della partecipazione<br />

retribuita alla cena, deve<br />

munirsi dell’apposita licenza (16) ed<br />

analogamente l’albergatore alle medesime<br />

condizioni; ma se per contro,<br />

e per rimanere agli esempi fatti, la medesima<br />

festa o trattenimento rimane<br />

nell’ambito dell’attività principale del<br />

pubblico esercizio, sia esso uno stabi-<br />

(14) Cfr per tutte Cass, sez 1, n.10610 del 22 novembre 1997, dove si legge che è sempre necessaria la licenza ex art 68 T.U.L.P.S<br />

. , in quanto finalizzata alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini che affluiscono in luoghi aperti al pubblico.<br />

Il Giudice di primo grado, per contro, aveva assolto il gestore con la formula “ perché il fatto non è previsto dalla legge come<br />

reato”. In dottrina, ci sia consentito rinviare ancora a Manzione , Locali, impianti ed attività di trattenimento e svago: disciplina e<br />

controllo, cit.<br />

(15) Per gli spettacoli all’interno dei circoli, si vedano i limiti contenuti nel D.P.C.M. 16 settembre 1999, n.504 e la circolare del<br />

Ministero delle finanze n.165 del 7 settembre 2000, sulle quali torneremo nel prosieguo della trattazione.<br />

(16) In tal senso cfr. Cass.,sez.I, 5 ottobre-1 dicembre 1998,n.13025.


limento balneare, una struttura ricettiva<br />

o altro, e l’attività preponderante,<br />

per la quale si accede alla struttura, resta<br />

quella che ne è tipica, tant’è che<br />

l’attività di trattenimento non avrebbe<br />

ragion d’essere senza di esse, allora si<br />

potrà ritenere non necessaria la licenza<br />

ex art. 68 o 69 del T.U.L.P.S. (17).<br />

Volendo dunque tirare le fila del discorso<br />

di cui sopra e in particolare dei<br />

suggerimenti di interpretazione evolutiva<br />

via via forniti dai giudici di legittimità<br />

alla luce della diffusione di certi<br />

costumi e del loro progressivo rientrare<br />

nella normalità gestionale di un pubblico<br />

esercizio che voglia porsi in maniera<br />

concorrenziale, ovviamente per la<br />

sua attività tipica, sul mercato parrebbe<br />

sostenibile che, perché l’attività di svago<br />

“a corredo” comporti anche la necessità<br />

di un autonomo titolo di legittimazione,<br />

debba essere individuato uno scopo di<br />

lucro in più, quella che, se ci si consente<br />

di coniare al riguardo un neologismo<br />

piuttosto incisivo, oseremmo definire una<br />

sorta di “imprenditorialità aggiuntiva”.<br />

Quanto sopra, ovviamente, solo sotto il<br />

profilo della necessarietà o meno di autorizzazione<br />

ex artt.68 e 69 del<br />

T.U.L.P.S., ma fermo restando il rispetto<br />

della vigente disciplina, pure riconducibile<br />

al R.D. del 1931, in tema di sicurezza<br />

dei locali di pubblico spettacolo.<br />

Problematiche definitorie<br />

in materia di agibilità dei locali<br />

di trattenimento e svago<br />

(art. 80 del T.U.L.P.S.)<br />

Le lacune definitorie già evidenziate nel<br />

paragrafo precedente diventano ancor<br />

più dense di significati se dal piano della<br />

tutela dell’ordine pubblico ci si sposta<br />

a quello della tutela della sicurezza, posta<br />

a base dell’art.80 del testo unico, e<br />

quindi presupposto della licenza di agibilità<br />

del locale dove si intende realizzare<br />

il trattenimento o spettacolo.<br />

La norma - art. 80 T.U.L.P.S. appena citato<br />

- la cui portata testuale, per l’utilizzo<br />

fattone nella prassi, finisce per sfuggire,<br />

letteralmente prevede la licenza di<br />

agibilità per l’apertura di teatri o di luoghi<br />

di pubblico spettacolo.<br />

I luoghi di trattenimento, come si vede,<br />

non sono neppure menzionati. Tuttavia,<br />

nessuno dubita che il preventivo “collaudo”<br />

e la conseguente licenza di agibilità<br />

possa avere ad oggetto anche un<br />

locale di trattenimento - tipico esempio,<br />

una discoteca - secondo la distinzione<br />

che in qualche modo si è cercato di fornire<br />

sin dalle considerazioni introduttive<br />

delle presenti note. Non a caso, la “regole<br />

tecnica” contenuta nella circolare<br />

15 febbraio 1951, n.16 - Norme di sicurezza<br />

per la costruzione, l’esercizio e la<br />

vigilanza dei teatri, cinematografi ed altri<br />

locali di spettacolo in genere-sin dal<br />

tale anno ha esteso la propria operatività<br />

anche ai locali di trattenimento, effettuando<br />

una sorta di interpretazione autentica<br />

della norma del T.U.L.P.S. che di<br />

fatto si è risolta in un’ estensione del suo<br />

ambito operativo originario, a tutela di<br />

importantissime esigenze di sicurezza altrimenti<br />

disattese dal legislatore. Suddetta<br />

estensione, d’altro canto, veniva fatta<br />

senza tener conto neppure dell’originaria<br />

formulazione dell’art. 142 del regolamento<br />

di esecuzione del T.U.L.P.S., R.<br />

D. 6 maggio 1940, n. 635: prima infatti<br />

della novella del 2001, sulla quale avremo<br />

modo di tornare nel prosieguo, la<br />

norma assoggettava alla vigilanza dell’apposita<br />

Commissione i nuovi teatri e<br />

gli altri “locali di pubblico spettacolo”,<br />

anche qui senza menzionare affatto quelli<br />

di pubblico trattenimento.<br />

Oggi invece può riscontrarsi un difetto<br />

di coordinamento tra la formulazione letterale<br />

dell’art. 80 T.U.L.P.S., rimasta immutata,<br />

e quella dell’attuale art. 141, che<br />

nell’elencare i compiti delle Commissioni<br />

di vigilanza esordisce al comma 1, lett.<br />

a), citando accanto ai locali o impianti -<br />

e anche su quest’ultima parola dovremo<br />

tornare - di pubblico spettacolo, appunto<br />

quelli di trattenimento. In pratica, ha<br />

finito per essere tradotta in norma, l’interpretazione<br />

extranormativa originariamente<br />

fornita dalla regola tecnica.<br />

Del resto, forse, proprio a tale espressione<br />

letterale è da attribuire la prassi, assai<br />

diffusa presso le pubbliche amministrazioni,<br />

ma di fatto priva di senso giuridico,<br />

di ancorare la preventiva licenza di<br />

(17) L’esempio riportato dello stabilimento balneare, particolarmente problematico per gli operatori dei <strong>Comuni</strong> che con gli stessi<br />

devono confrontarsi, ben consente di comprendere l’assunto riportato nel testo:se occorre che l’accesso avvenga alla struttura in<br />

quanto tale e per i servizi che la caratterizzano, non per il solo trattenimento, è evidente che la disciplina generale del relativo<br />

orario di apertura finisce per avere conseguenze determinanti sull’inquadramento del singolo trattenimento.<br />

73<br />

agibilità solo ad una autorizzazione ex<br />

art. 68, anziché ex art. 69 T.U.L.P.S., come<br />

se appunto il “collaudo” fosse necessario<br />

esclusivamente per i locali di<br />

spettacolo.<br />

Un altro problema riconducibile comunque<br />

agli aspetti definitori delle norme<br />

ora in esame è rappresentato poi dalla<br />

esatta individuazione di ciò che deve<br />

essere oggetto di collaudo. Un esempio<br />

per comprendere meglio la problematica:<br />

il percorso della sfilata di carri allegorici<br />

in occasione del carnevale deve<br />

essere oggetto di collaudo?<br />

E l’area di una fiera? E un bar all’interno<br />

del quale venga collocato un pianoforte<br />

o un impianto stereofonico per la diffusione<br />

della musica?<br />

La questione, apparentemente di interesse<br />

per i soli uffici preposti al rilascio<br />

del titolo, finisce per esserlo a maggior<br />

ragione per la Polizia municipale laddove<br />

essa venga chiamata ad intervenire,<br />

magari per problematiche correlate al disturbo<br />

della quiete pubblica, in una situazione<br />

del tipo di quelle sopra prospettate<br />

e debba porsi dall’angolazione<br />

sanzionatoria che ne contraddistingue<br />

l’operato.<br />

Limitandoci per il momento ai riferimenti<br />

testuali che possono desumersi, coerentemente<br />

con l’impostazione del presente<br />

paragrafo, dal dettato normativo, l’art.<br />

80 riferisce il collaudo ad un “luogo”; le<br />

corrispondenti norme regolamentari assai<br />

meno coerentemente parlano di “locali”<br />

o “impianti”, senza meglio specificare,<br />

in particolare per tale ultimo termine,<br />

cosa debba intendersi esattamente.<br />

L’art. 80, inoltre, visto nella sua globalità,<br />

parrebbe riferirsi ad un contesto<br />

chiuso, dal momento che parla espressamente<br />

della verifica della solidità e sicurezza<br />

“dell’edificio” e dell’esistenza in<br />

esso di uscite pienamente adatte a sgombrarlo<br />

prontamente in caso di incendio.<br />

Utilizza tuttavia il termine “luogo” che<br />

farebbe pensare ad un’area aperta, mentre<br />

il regolamento, espressamente riferito<br />

anche a quest’ultima, incrementando<br />

la confusione, parla di “locali”, il che lascerebbe<br />

presupporre un luogo chiuso.<br />

Diventa pertanto sempre più difficile stabilire<br />

con assoluta certezza cosa concretamente<br />

necessiti della licenza ex art.<br />

80. Fissiamo gli unici possibili punti fermi:<br />

quanto meno un “luogo”, un ambito<br />

circoscritto da collaudare deve esser-


ci, perché altrimenti perderebbe senso<br />

ogni riferimento all’oggetto della verifica<br />

da parte della Commissione di vigilanza.<br />

Le problematiche terminologiche<br />

sopra evidenziate diventano ancor più<br />

complesse se calate nello specifico di<br />

un’area ubicata all’interno di un pubblico<br />

esercizio, ad esempio di somministrazione<br />

di alimenti e bevande: è necessario<br />

che la stessa sia attrezzata per<br />

accogliere lo spettacolo, per cui non ci<br />

sarà mai nulla da collaudare in caso, ad<br />

esempio, di strumentista itinerante che<br />

allieti la serata dei clienti con le proprie<br />

melodie.<br />

Mentre poi per l’assoggettamento all’obbligo<br />

di certificato di prevenzione incendi<br />

si richiede che la capienza dell’area<br />

all’uopo attrezzata superi le 100 persone,<br />

ai fini della necessità del collaudo<br />

il Dipartimento di pubblica sicurezza, in<br />

risposta allo specifico quesito del<br />

Delegato permanente della Presidenza<br />

nazionale dell’AGIS per i problemi tecnici<br />

e di sicurezza, ha avuto modo di<br />

chiarire che i criteri per individuare la<br />

necessità del collaudo o meno nei locali<br />

di altro tipo destinati anche ad attività<br />

di trattenimento possono astrattamente<br />

prescindere dalla capienza degli stessi.<br />

Quanto sopra per ribadire, almeno a livello<br />

teorico, che la chiave di lettura dell’intero<br />

sistema dovrebbe derivare da una<br />

fonte normativa e non, come di fatto avviene,<br />

dalla regola tecnica che con la<br />

fonte normativa poco ha a che spartire e<br />

che può dare solo utili suggerimenti, in<br />

assenza di chiare definizioni da parte del<br />

legislatore.<br />

Dunque, il testo unico parlava di “luogo”<br />

utilizzando il termine in maniera impropria,<br />

in quanto è chiaro che intendeva<br />

riferirsi ad un edificio nel senso tradizionale<br />

del termine, e quindi a qualcosa<br />

di chiuso; la regola tecnica, ha ampliato<br />

da subito il relativo concetto parlando<br />

però di “locale”, e finendo così per utilizzare<br />

la terminologia inversa, che per<br />

tale intende sì un luogo deputato a spettacolo<br />

o trattenimento, ma anche all’aperto.<br />

Il regolamento di esecuzione del<br />

T.U.L.P.S., dopo le modifiche ad esso apportate<br />

dal D.P.R. 28 maggio 2001, n.<br />

311, recepisce in parte tale regola tecnica<br />

in quanto estende espressamente l<br />

’operatività delle relative disposizioni ai<br />

locali di trattenimento, oltre che a quelli<br />

di spettacolo; in più ampliando ulte-<br />

riormente la portata della norma in quanto<br />

utilizza l’ancor più generico termine<br />

“impianto”.<br />

Il risultato di questa scarsa chiarezza normativa,<br />

è che oggi come in passato, ancorché<br />

in ambito territoriale diverso, è<br />

spesso la Commissione di vigilanza, e<br />

per essa la componente tecnica della<br />

stessa, a decidere quali attività tra i casi<br />

dubbi sottoporre a preventiva verifica e<br />

quali no. In tale ottica, pertanto, ben si<br />

comprendono e condividono i suggerimenti<br />

operativi da più parte forniti in dottrina<br />

circa l’opportunità di consacrare le<br />

prime riunioni della neo-costituita<br />

Commissione comunale di vigilanza sui<br />

locali di pubblico spettacolo alla codifica,<br />

per quanto possibile, delle attività di<br />

successivo interesse per la stessa, onde<br />

evitare di trasformare in “arbitrio” tecnico<br />

il parere di chi è abituato a rapportarsi<br />

alla normativa sulla sicurezza in maniera<br />

giustamente rigida, ma di sicuro dettata<br />

a scopi diversi.<br />

Quanto sopra varrà a maggior ragione<br />

per gli spazi interni ai pubblici esercizi,<br />

la cui tipicità ciascun comune sarà in<br />

grado di conoscere e di gestire preventivamente.<br />

Quali elementi di diritto positivo utili al<br />

riguardo può citarsi in primo luogo<br />

l’art.1, comma 1, lett.e) del D.M. 19 agosto<br />

1996, contenente la nuova regola tecnica<br />

dei locali di intrattenimento e di<br />

pubblico spettacolo, ove si parla di “aree<br />

ubicate in esercizi pubblici ed attrezzate<br />

per accogliere spettacoli con capienza<br />

superiore alle 100 persone”.<br />

Il limite di capienza delle 100 persone<br />

torna poi al punto 83 del D.M. 16 febbraio<br />

1982 che disciplinava l’elenco delle<br />

attività soggette a controllo di prevenzione<br />

incendi, tra le quali rientrano a tale<br />

punto i locali di pubblico spettacolo e<br />

trattenimento con capienza superiore a<br />

100 posti.<br />

La dicitura “aree ubicate…” farebbe pensare<br />

ad una parte del tutto, cioè a quella<br />

porzione del pubblico esercizio attrezzata<br />

ad accogliere lo spettacolo o<br />

trattenimento, cui parrebbe che vada rapportata<br />

la capienza , senza tener conto<br />

di quella generale del pubblico esercizio<br />

di somministrazione. Non deve, invece,<br />

74<br />

per quanto già detto, tenersi in alcun<br />

conto dell’indicazione numerica delle<br />

100 persone, in quanto un’area attrezzata<br />

interna ad un pubblico esercizio<br />

proprio in quanto attrezzata potrebbe necessitare<br />

dell’apposito collaudo a prescindere<br />

dalla sua capienza inferiore alle<br />

100 persone, e viceversa un esercizio<br />

di ristorazione o simile che allestisca un<br />

trattenimento senza a ciò destinare alcuna<br />

area specifica può non necessitare<br />

di collaudo, anche se di capienza superiore<br />

alle 100 unità. Il riferimento alla capienza,<br />

tuttavia, e soprattutto al suo calcolo<br />

solo sulla parte di area interessata<br />

allo spettacolo, potrebbe rivelarsi utile in<br />

sede di calcolo del limite minimo al di<br />

sotto del quale è ammissibile la relazione<br />

asseverata in luogo del parere su progetto<br />

della Commissione, secondo la<br />

procedura semplificata contenuta nel<br />

D.P.R. 311/2001. (18) Come è noto, peraltro,<br />

il Ministero ha vanificato parecchio<br />

tale snellimento procedurale, leggendo<br />

la norma nella sua testualità, e quindi eliminando<br />

solo l’accesso in loco della<br />

Commissione, ma non l’esame su progetto,<br />

che proprio nei casi per noi di interesse<br />

divengono particolarmente gravosi<br />

per l’utente. (19)<br />

Un esempio tratto dalla realtà nella quale<br />

mi trovo ad operare per meglio comprendere<br />

l’importanza della tematica ora<br />

in esame: un trattenimento danzante-festa<br />

organizzato dal titolare di uno stabilimento<br />

balneare ed aperto a tutti, dunque<br />

non accessorio all’ attività del pubblico<br />

esercizio stesso, quale servizio aggiuntivo<br />

ai clienti per la struttura del locale,<br />

che è costituita da spazi aperti, ben<br />

difficilmente potrà avere una capienza<br />

preventivamente limitata al di sotto delle<br />

200 persone. Perché ciò avvenga, vi<br />

dovrebbe essere stata l’individuazione<br />

all’interno dello stabilimento stesso di<br />

un’area circoscritta per l’attività di trattenimento<br />

con il risultato che la trasformazione<br />

della struttura ne imporrebbe<br />

sempre il collaudo, se del caso attraverso<br />

la relazione del tecnico, anche se il<br />

trattenimento rimanesse circoscritto ai<br />

soli clienti dello stabilimento balneare e<br />

come tale non necessitasse, secondo la<br />

(18) Per la verità già consta una prassi di senso diametralmente opposto da parte delle commissioni comunali di vigilanza, secondo<br />

gli indirizzi alle stesse imposto dalla componente dei vigili del fuoco.<br />

(19) Si è in sostanza fatto leva sul fatto che il comma 2 dell’art.141 del regolamento testualmente prevede che siano sostituite “le<br />

verifiche e gli accertamenti di cui al primo comma”, ma non il parere sul progetto, menzionato pure al primo comma, ma lett.a).


icostruzione fornita nelle presenti note,<br />

neppure della prescritta autorizzazione<br />

di Polizia. Circa le condizioni da asseverare<br />

nella relazione il Ministero, nella<br />

propria circolare n.43/A del 27 settembre<br />

2002 ha chiarito che il richiamo<br />

normativo attuale è da intendersi al D.M.<br />

19 agosto 1996 più volte citato, quanto<br />

meno nelle more della adozione di una<br />

nuova “regola tecnica”. Nel caso di specie,<br />

il Ministero non ha fatto che avallare<br />

una conclusione abbastanza scontata<br />

sul piano interpretativo, alla quale si era<br />

già pervenuti in sede di primi commenti<br />

della norma, al fine di evitarne di fatto<br />

la disapplicazione nelle more della adozione<br />

dei previsti provvedimenti attuativi.<br />

Semmai, viene esplicitata, almeno al<br />

momento, la ritenuta non necessarietà di<br />

procedere all’adozione di un nuovo decreto,<br />

evidentemente ritenendo ancora<br />

attuale in termini di tutela della sicurezza<br />

quello del ‘96, integrato per gli spettacoli<br />

e trattenimenti a carattere occasionale<br />

svolti all’interno degli impianti<br />

sportivi dal successivo del 6 marzo 2001.<br />

D’altro canto, il D.M. 19 agosto 1996 e<br />

successive integrazioni è di aiuto anche<br />

a questo proposito, dal momento che al<br />

titolo IV, punto 1.4 definisce l’“affollamento<br />

massimo” il numero massimo di<br />

persone per le quali sono previsti posti a<br />

sedere ed in piedi autorizzati. Non potrà<br />

quindi considerarsi, ai fini della capienza,<br />

il numero di persone che eventualmente<br />

affollino zone nelle quali non è<br />

consentita la presenza di pubblico, ovvero,<br />

se trattasi di spettacoli o di intrattenimento<br />

all’aperto, aree non delimitate<br />

da transenne. Non si vede quindi perché<br />

tale concetto non debba valere per<br />

l’area interna al pubblico esercizio, mutatis<br />

mutandis.<br />

Abbiamo già detto di come, con commistione<br />

degli elementi licenza di<br />

Polizia-licenza di agibilità, si forniscano<br />

indicazioni nel senso della necessarietà<br />

di entrambe soltanto quando lo spettacolo<br />

o trattenimento organizzato nel pubblico<br />

esercizio allo scopo di attirare la<br />

clientela comporti aumento del prezzo<br />

della consumazione o apprestamento di<br />

elementi tali da configurarne una trasformazione<br />

(20); vorrà dire che in quel caso,<br />

ove voglia comunque sfruttarsi la<br />

prassi per cui il controllo della prevenzione<br />

incendi viene effettuato dal relativo<br />

tecnico contestualmente alle verifiche<br />

di agibilità, allo scopo del buon esito del<br />

primo si richiederà la sola dichiarazione<br />

del tecnico abilitato in materia di esodo<br />

del pubblico, statica delle strutture, esecuzione<br />

a regola d’arte degli impianti installati,<br />

in quanto la relativa regola tecnica<br />

si limita a prescrivere il rispetto di<br />

tali caratteristiche. (21)<br />

Altre indicazioni ci vengono dalla sovrapposizione<br />

della normativa sulla prevenzione<br />

incendi con quella ora in esame.<br />

Il D.P.R. n. 37 del 12 gennaio 1998,<br />

ad esempio, esclude dall’obbligo del certificato<br />

di prevenzione incendi le manifestazioni<br />

temporanee di pubblico spettacolo<br />

svolte in luoghi non espressamente<br />

deputati a tali attività, prescindendo<br />

dalla capienza dell’avvenimento.<br />

Potrebbe invece accadere che suddetto<br />

spettacolo necessiti comunque di licenza<br />

ex art.80 del T.U.L.P.S., annessa o meno<br />

a licenza ex art. 69 a seconda che lo<br />

spettacolo si rivolga ai clienti o meno<br />

nell’accezione di imprenditorialità che a<br />

questo punto crediamo di aver ben chiarito.<br />

(22)<br />

Per ripercorrere esempi già fatti nello sviluppo<br />

della presente trattazione il certificato<br />

di prevenzione incendi non è richiesto<br />

mai in caso di generico impiego<br />

in pubblici esercizi di strumenti musicali,<br />

o di collocazione di Karaoke, purché<br />

lo stesso non avvenga in sale apposite e<br />

sempre con il limite di capienza delle<br />

100 persone: viceversa, anche in tali ipotesi,<br />

ciò che deve far valutare la necessarietà<br />

o meno del collaudo è l’eventuale<br />

trasformazione del locale. “…debbono<br />

ritenersi esenti dall’applicabilità dell’art.<br />

80 T.U.L.P.S. gli esercizi pubblici<br />

muniti di regolare licenza di ristorazione<br />

…qualora organizzino trattenimenti<br />

(20) In tal senso si è espressa testualmente il Dipartimento della P.S, con nota n.559/C.25521/13500:A del 14 maggio 1997.<br />

(21) L’art.1, c.3 del D.M. 19 agosto 1996, infatti, prevede che i locali di trattenimento di cui- alla lett.e) del primo comma della<br />

medesima norma - e dunque anche le aree attrezzate all’interno dei pubblici esercizi - sono assoggettate alle disposizioni del solo<br />

titolo XI dell’allegato al decreto stesso, e dunque alla relazione sugli aspetti evidenziati nel testo.<br />

(22) La consuetudine di subordinare il CPI al parere di agibilità e di effettuare i sopralluoghi per il rilascio di tali certificati contestualmente<br />

a quelli effettuati in seno alle commissioni di vigilanza è stata ribadita anche dal Ministero dell’Interno con propria circolare<br />

n.9 del 5 maggio 1998. In proposito, assai opportunamente la dottrina (cfr. Romeo, op. cit,, p142, evidenzia l’opportunità<br />

per assicurare un sostanziale snellimento burocratico, di unificare la procedura a favore del rilascio della sola licenza di agibilità.<br />

(23) Così testualmente sempre il Ministero dell’Interno, con nota del 20 giugno 1996 diretta alla Prefettura di Pesaro Urbino.<br />

(24) In tal senso cfr.G.Romeo, Locali di pubblico spettacolo- procedure autorizzatorie,II edizione,2002,p.61.<br />

75<br />

danzanti per la propria clientela in via<br />

del tutto eccezionale …a condizione che<br />

detti trattenimenti siano organizzati senza<br />

fine di lucro (pagamento del prezzo<br />

di ingresso, maggiorazione del prezzo<br />

della consumazione) e a condizione che<br />

il trattenimento occasionale non comporti<br />

l’apprestamento di elementi tali da<br />

configurarne la trasformazione da esercizio<br />

pubblico a locale di pubblico spettacolo”<br />

(23). A questo punto, non resta che<br />

condividere le perplessità di quella dottrina<br />

che ha assai opportunamente parlato<br />

di “equilibrismi”interpretativi, stante<br />

l’assoluta mancanza di elementi certi<br />

per stabilire l’avvenuta trasformazione<br />

del locale da pubblico esercizio di somministrazione<br />

a locale di trattenimento.<br />

Quanto sopra nella maggior parte dei casi,<br />

ovvero quelli per i quali risulta del tutto<br />

utopistico percentualizzare l’interesse<br />

della clientela per l’una o l’altra attività<br />

quale indice di tale asserito “snaturamento”<br />

(24).<br />

E sarà ancora una volta compito dell’agente<br />

accertatore motivare bene il relativo<br />

verbale di accertamento suffragandolo<br />

con un verbale di ispezione che evidenzi<br />

tutti gli elementi oggettivi sui quali<br />

ci si è basati per ritenere suddetta trasformazione,<br />

onde fornire rilevanti argomentazioni<br />

per sostenere la propria posizione<br />

in sede di contenzioso.<br />

La mancanza di autorizzazione<br />

per attività di trattenimento<br />

e spettacolo:<br />

problematiche specifiche<br />

connesse alla loro effettuazione<br />

all’interno di pubblici esercizi<br />

Risolte in qualche modo le problematiche<br />

definitorie inerenti le attività di trattenimento<br />

e svago, ed in particolare quelle<br />

di esse che vengono effettuate all’interno<br />

dei pubblici esercizi, vediamo ora<br />

quali sono le conseguenze sanzionatorie<br />

della carenza dei relativi titoli di legittimazione<br />

evidenziandone gli eventuali<br />

aspetti di specificità per la tematica<br />

qui in esame. La norma sanzionatoria di<br />

riferimento è, come è noto, quella contenuta<br />

nell’art. 666 c.p., originariamente<br />

esclusa per scelta espressa del legislatore<br />

dalla massiccia decriminalizzazione<br />

del T.U.L.P.S. attuata con il D. Lgs.<br />

480/94, e che viceversa ha finito per<br />

rientrare appieno in quella più recente<br />

operata dal D. Lgs. 507/99: risultato di


tale scelta normativa, le asimmetrie del<br />

sistema sanzionatorio rispetto a quello<br />

generale previsto per le violazioni al R.D.<br />

del 1931 che ora andremo ad evidenziare.<br />

Mentre, infatti, la generalità degli illeciti<br />

amministrativi consistenti in violazioni<br />

del testo unico hanno un procedimento<br />

sanzionatorio unitario descritto negli artt.<br />

17-bis e seguenti, introdotti appunto con<br />

la riforma del 1994, la violazione degli<br />

artt. 68 e 69, riconducibile, come appena<br />

detto, al disposto del codice penale,<br />

segue un iter del tutto a se stante,<br />

conforme soltanto, come è ovvio, ai principi<br />

generali di cui alla L. 689/81. Può<br />

sembrare un falso problema ma, trattandosi<br />

comunque di fattispecie consistenti<br />

nella carenza di un titolo di legittimazione<br />

di Polizia amministrativa, il<br />

rischio è quello di aver creato un sistema<br />

disarmonico per situazioni apparentemente<br />

uguali. Un esempio per meglio<br />

comprendere il senso di quanto sopra<br />

detto: l’art.17-ter in caso di attività di<br />

pubblico esercizio condotta in difetto di<br />

autorizzazione prevede, a titolo di misura<br />

cautelare provvisoria, la cessazione immediata<br />

della stessa da disporsi con provvedimento<br />

motivato; nel caso invece di<br />

spettacolo o trattenimento pubblico senza<br />

licenza, per i quali tra l’altro la cessazione<br />

immediata dell’attività sarebbe<br />

quanto mai opportuna, e comunque dirimente<br />

delle controversie che in genere<br />

stanno alla base del relativo intervento<br />

della Polizia municipale - si pensi al disturbo<br />

della quiete pubblica, sul quale<br />

avremo pure modo di ritornare - la norma<br />

in questione non si applica in quanto<br />

la violazione degli artt. 68 e 69 non<br />

rientra tra quelli ivi espressamente citati.<br />

L’attuale art. 666 c.p. a sua volta prevede<br />

la cessazione dell’attività svolta in difetto<br />

di titolo, ma non chiarisce l’esatta<br />

natura del provvedimento, con ciò dando<br />

luogo alle prime problematiche operative.<br />

Anche la sanzione amministrativa<br />

pecuniaria “principale” per la fattispecie<br />

de qua è diversa nei limiti edittali<br />

da quelli generali fissati nell’art.17-bis<br />

per le altre violazioni al T.U.L.P.S. In caso<br />

di effettuazione di trattenimento o<br />

spettacolo in assenza di autorizzazione<br />

perché mai richiesta, essa va da Euro 258<br />

a Euro 1549, mentre l’art. 17-bis ne prevede<br />

una compresa tra Euro 516 a Euro<br />

3098. Se la licenza ex artt. 68 o 69 è stata<br />

negata, sospesa o revocata, la sanzione<br />

pecuniaria è più elevata e va da Euro<br />

413 a Euro 2478, e dunque neppure in<br />

questo caso coincide con quella individuata<br />

dal T.U.L.P.S., che non pone alcuna<br />

diversificazione tra le varie ipotesi.<br />

L’inquadramento dogmatico della “cessazione<br />

dell’attività” di cui all’art. 666<br />

c.p. fra le sanzioni accessorie o meno,<br />

dicevamo, ha conseguenze pratiche<br />

tutt’altro che irrilevanti. Se, infatti,si opti<br />

per la risposta affermativa, proprio tale<br />

inquadramento comporterà che si addivenga<br />

alla relativa irrogazione solo unitamente<br />

alla sanzione pecuniaria principale,<br />

ovvero in sede di emanazione dell’ordinanza-ingiunzione.<br />

L’inammissibilità del pagamento in misura<br />

ridotta, comporterà che a tale provvedimento<br />

si debba necessariamente arrivare,<br />

secondo le scansioni procedurali<br />

previste dalla L.689/81. In particolare, in<br />

questa ipotesi, stante l’assenza di espresse<br />

previsioni normative in merito si ritiene<br />

che l’Autorità preposta all’emanazione<br />

del provvedimento - id est il dirigente<br />

comunale interessato per competenza<br />

- potrà adottarlo una volta decorso il termine<br />

per la presentazione degli scritti difensivi<br />

o la richiesta di audizione da parte<br />

dell’interessato (i 30 giorni previsti dal<br />

comma 1 dell’art.18 della 689), magari<br />

sollecitando l’inoltro del rapporto ex art.<br />

17 da parte dell’agente accertatore che<br />

non sarà in questa ipotesi vincolato all’attesa<br />

dei 60 giorni per una definizione<br />

in via breve che, come già detto, non risulta<br />

ammessa. Qualora viceversa si fosse<br />

optato per l’inquadramento del provvedimento<br />

nel novero delle misure cautelari,<br />

è ovvio che esso verrebbe adottato<br />

in maniera autonoma e per quanto<br />

possibile tempestiva, pur nel rispetto dei<br />

principi generali sul procedimento amministrativo<br />

di cui alla L.241/90 (25). Per<br />

l’ipotesi specifica di attività svolta in locale<br />

per il quale è stata rilasciata autorizzazione<br />

o altro titolo abilitativo all’esercizio<br />

di diversa attività, ad esempio di<br />

ristorante, bar, albergo o stabilimento balneare,<br />

è prevista la sospensione fino a 7<br />

giorni, così come in caso di violazione<br />

consistente nell’esercizio dell’ attività a<br />

seguito di diniego, sospensione o revoca<br />

del titolo. In proposito, si ricordi che<br />

il concetto di “reiterazione” va desunto<br />

dai principi generali di cui all’art. 8-bis<br />

della L. 689/81 e quindi presuppone la<br />

commissione dell’illecito nei cinque anni<br />

successivi al precedente, già oggetto<br />

di ordinanza-ingiunzione. Non potrà tuttavia<br />

mai essere evitata la reiterazione,<br />

come di regola, con il pagamento in misura<br />

ridotta, in quanto, come già detto,<br />

non ammesso. La mancanza di specifica<br />

indicazione normativa per entrambe<br />

le fattispecie - cessazione della sola attività<br />

abusiva e chiusura del locale - ci costringe,<br />

per addivenire ad una qualche<br />

scelta ermeneutica sostenibile, ad addentrarci<br />

in una questione ampiamente<br />

dibattuta dalla dottrina amministrativistica,<br />

senza poter addivenire a punti fermi<br />

e definitivi in merito.<br />

L’essenza della sanzione costituisce, infatti,<br />

uno dei nodi dolenti di tutto il diritto<br />

amministrativo punitivo e in assenza<br />

di un’univoca indicazione del legislatore<br />

per ciascuna ipotesi, rischia di divenire<br />

sempre un autentico rompicapo per<br />

chi è chiamato ad applicarle. In linea di<br />

massima, si tende a riconoscere natura di<br />

sanzione a ciò che è caratterizzato da afflittività,<br />

piuttosto che dall’esigenza di sollevare<br />

il soggetto leso (per quanto qui interessa,<br />

la Pubblica Amministrazione) dallo<br />

svantaggio che la condotta illecita gli<br />

ha arrecato. Laddove vi sia viceversa nella<br />

misura adottata una funzione direttamente<br />

e immediatamente riparatoria dell’interesse<br />

violato, secondo lo schema<br />

classico della sanzione civile di risarcimento<br />

del danno, o ripristinatoria dello<br />

stato di fatto o di diritto preesistente all’illecito<br />

(cosiddetta reductio in pristinum),<br />

tale essenza della sanzione sembrerebbe<br />

mancare (26).<br />

Nel caso di specie, attenendosi pedissequamente<br />

allo schema dottrinario sopra<br />

prospettato, si dovrebbe arrivare a distinguere<br />

tra la cessazione dell’ attività di<br />

trattenimento abusiva, alla quale deve riconoscersi<br />

sicuramente anche una funzione<br />

ripristinatoria della legalità lesa, e<br />

la chiusura del locale ove tale attività viene<br />

svolta, ma che fa anche altro, come<br />

ristorazione o simili, chiusura non a ca-<br />

(25) In particolare, si ritiene opportuna la comunicazione di avvio procedimento, viceversa di impossibile inoltro nei casi di cui<br />

all’art.17-ter del T.U.L.P.S. per l’esiguità del termine per la relativa adozione (5 giorni dalla ricezione del rapporto dell’agente accertatore).<br />

(26) In tal senso si veda in particolare M. A. Sandulli, voce “Sanzioni amministrative”, in Enc. Giur., XXVIII, Roma, 1992.<br />

76


so prevista solo nell’ipotesi di reiterazione<br />

della violazione, o nella fattispecie<br />

più grave di cui al comma 2 dell’art. 666<br />

c. p.,e che come tale pare avere ha natura<br />

palesemente afflittiva, e come tale<br />

sanzionatoria (27).<br />

Tra l’altro, se la cessazione dell’attività<br />

viene irrogata in sede di adozione del<br />

provvedimento che prevede la sanzione<br />

pecuniaria principale (ordinanza-ingiunzione,<br />

come già detto), esso risulterà<br />

opponibile al Tribunale in composizione<br />

monocratica e non al giudice di pace,<br />

secondo i principi generali fissati al<br />

riguardo dall’art.22-bis della L.689/81. (28)<br />

Chi scrive, nel silenzio della legge, ritiene<br />

che l’opzione ermeneutica proposta<br />

nel senso che si tratti di sanzione accessoria,<br />

sia, più che obbligata - i principi<br />

generali di cui sopra sembrerebbero portare<br />

a conclusioni diverse- maggiormente<br />

garantista …anche per chi la firma!<br />

Irrogando infatti la cessazione dell’attività<br />

con l’ordinanza-ingiunzione, come<br />

evidenziato più volte, conformemente al<br />

disposto dell’art. 20 della L.689/81 si<br />

avrà un provvedimento che per definizione<br />

accerta l’esistenza dell’illecito ed<br />

afferma la responsabilità del trasgressore,<br />

esprimendo la volontà punitiva della<br />

P.A. in merito. La sua applicazione in via<br />

provvisoria,invece, in forza del suo inquadramento<br />

tra le misure cautelari, che<br />

peraltro sarebbe stato opportuno prevedere<br />

espressamente, comporta una specie<br />

di “anticipazione della soglia della<br />

punibilità” e di applicazione di una misura<br />

fortemente affittiva subito e a prescindere<br />

dall’esito finale del procedimento<br />

sanzionatorio.<br />

Quando si è voluto creare tale diverso sistema<br />

(art. 17-ter più volte citato), lo si è<br />

fatto espressamente, dettando anche un<br />

termine per l’adozione del provvedimento<br />

di cessazione dell’attività abusiva<br />

(29), tant’è che l’art. 17-quater, nel disciplinare<br />

la vera e propria sanzione accessoria<br />

della sospensione dell’attività,<br />

ne prevede l’irrogazione con l’ordinanza-ingiunzione,<br />

secondo la ricostruzione<br />

generale sopra fornita.<br />

Il soggetto attivo dell’illecito<br />

di cui all’art.666 c.p.<br />

Un problema operativo di una certa rilevanza<br />

per la casistica ora in esame è<br />

quello della individuazione del soggetto<br />

responsabile della violazione di cui all’art.666<br />

c.p.<br />

Questo perché, come da postulato di<br />

partenza, c’è un titolare di autorizzazione<br />

ex art.86 del T.U.L.P.S. che può non<br />

coincidere con il titolare dell’ autorizzazione<br />

ex art. 68 o 69 o con l’esecutore<br />

dello spettacolo o trattenimento. È possibile<br />

ricavare talune indicazioni al riguardo<br />

dalla giurisprudenza della<br />

Cassazione penale formatasi sull’art. 666<br />

c.p. prima della sua decriminalizzazione.<br />

In termini tecnici trattatavasi di un<br />

reato cosiddetto “comune” e non “proprio”,<br />

caratterizzato cioè dalla genericità<br />

del soggetto attivo che non deve caratterizzarsi<br />

per il possesso di particolari<br />

qualifiche giuridiche o naturalistiche.<br />

Esso si identifica in colui che deve munirsi<br />

della relativa autorizzazione, ovvero,<br />

appunto, in “chiunque” dà spettacoli<br />

o trattenimenti senza la prescritta autorizzazione.<br />

Ovviamente si tratterà dell’impresario<br />

o organizzatore del pubblico<br />

spettacolo o trattenimento, restando<br />

estranei alla fattispecie gli spettatori, ma<br />

anche chi vi partecipi come attore, suonatore<br />

o comunque prestatore d’opera.<br />

(27) D’altro canto, seguendo lo schema ricostruttivo proposto nel testo, dovrebbe ipotizzarsi la natura non sanzionatoria, ma cautelare,<br />

di quasi tuttil i provvedimenti di cessazione di attività, laddove viceversa in dottrina sono sempre stati operati al riguardo attenti<br />

dei distinguo. Ad esempio, si tende a non riconoscere natura di sanzione accessoria al provvedimento di cessazione dell’attività<br />

di cui all’art. 22, c. 6, D. Lgs. 114/98 (decreto “Bersani”). Da qui, tuttavia, a riportarlo nell’alveo degli atti politici,<br />

come tali a firma del Sindaco e non del dirigente, come fa, ad esempio, il T.A.R.Veneto in una recente pronuncia, ce ne corre!<br />

(cfr.TAR Veneto,sez.III, n.1065 del 13 marzo 2002).Sulla natura non sanzionatoria del provvedimento di cessazione di attività<br />

commerciale abusiva si veda per tutti, a dimostrazione delle difficoltà di inquadramento di tutti i provvedimenti in questione,<br />

Maggiora, La nuova disciplina del commercio, Giuffrè, Milano, 1998.<br />

(28) La competenza per il giudizio di opposizione, infatti, secondo la norma citata nel testo,si propone al Tribunale, tra le altre ipotesi,<br />

“…quando è stata applicata una sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola o congiunta a quest’ultima…”<br />

( art.22-bis, comma 2, lett.c).<br />

(29) In tal senso cfr. anche E. Fiore, La depenalizzazione del T.U.L.P.S. e di altri reati minori, Maggioli, Rimini, 1995.<br />

(30) Cfr. al riguardo Cass., Sez. 1, 19 novembre 1993, ove si escludela responsabilità penale dell’intestatario della licenza del<br />

pubblico esercizio privo di potere di ingerenza nella gestione in quanto tale solo a livello formale, avendo ceduto l’azienda.<br />

(31) Cass…,sez.I, n.13541 del 22 dicembre 1998, che traeva spunto da una fattispecie nella quale la Suprema Corte ha censurato<br />

la decisione del giudice di merito in quanto la responsabilità della ricorrente non era stata ricollegata ad un suo comportamento<br />

attivo, ma alla circostanza che essa rivestiva la qualità di socia fondatrice del circolo culturale ove si erano svolti i trattenimenti<br />

musicali.<br />

(32) Cass., sez.I, n.785 del 26 gennaio 1994, nella quale si esclude che la responsabilità ex art.666 c.p. possa essere ascritta a chi<br />

sia formalmente titolare di autorizzazione ex art.86 T.U.L.P.S., ma di fatto abbia ceduto l’azienda e non abbia più alcuna ingerenza<br />

nella gestione dell’esercizio.<br />

77<br />

Una corretta indagine di Polizia amministrativa,<br />

comporterà che semmai i presenti<br />

vengano assunti quali testimoni ex<br />

art. 13 L. 689/81 per suffragare le varie<br />

circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento<br />

dell’illecito. Si pensi, a puro titolo<br />

esemplificativo, al caso già prospettato<br />

del trattenimento all’interno di stabilimento<br />

balneare e quanto meno “spacciato”<br />

come attività meramente “interna”<br />

ed accessoria allo stesso: appurare che<br />

in realtà tutti gli astanti sentiti a campione<br />

in merito hanno dichiarato di non esse<br />

clienti di quel pubblico esercizio, ma<br />

di presenziare alla festa avendone avuto<br />

notizia attraverso un certo canale pubblicitario,<br />

costituisce senz’altro un elemento<br />

di prova dell’illecito da non trascurare,<br />

ovviamente ove manchi il titolo<br />

di legittimazione autonomo dell’attività.<br />

Quando lo spettacolo o intrattenimento<br />

avvenga all’interno di altro locale,<br />

ad esempio di somministrazione di<br />

alimenti e bevande,avremo a che fare,<br />

dunque, con due soggetti, il titolare dell’<br />

autorizzazione per il pubblico esercizio<br />

e colui che effettua concretamente il trattenimento<br />

nel locale stesso. (30)<br />

Saranno i principi generali sulla colpevolezza<br />

a dirci se e in che misura l’uno,<br />

l’altro o entrambi debbano essere ritenuti<br />

responsabili diretti della violazione. E siccome<br />

la responsabilità, come è scontato,<br />

deve essere quanto meno colposa, occorre<br />

tener conto ancora oggi delle affermazioni<br />

per cui “..rispondono della<br />

violazione dell’art.666 c.p. soltanto i soggetti<br />

che effettivamente curano l’organizzazione<br />

dello spettacolo. Pertanto,<br />

l’intestazione del locale o di altre autorizzazioni<br />

di Polizia ad esso inerenti, e<br />

la rappresentanza dell’ente gestore,sono<br />

soltanto elementi indiziari e presuntivi,<br />

la cui valenza deve essere in concreto<br />

verificata, circa l’effettiva gestione dell’attività<br />

illecita.” (31)<br />

E analogamente, resta estraneo alla fattispecie<br />

l’elemento della intestazione della<br />

licenza del pubblico esercizio, qualora<br />

non sia accompagnato dall’effettivo<br />

compimento della condotta punita dall’art.666<br />

c.p. (32)<br />

Al contrario, in altra occasione, che pure<br />

traeva lo spunto da un’analoga ipotesi<br />

di subingresso nella gestione di pubblici<br />

esercizi all’interno dei quali venivano<br />

effettuate attività di trattenimento e<br />

svago, la Cassazione ha, in maniera ap-


parentemente assai più rigorosa, affermato<br />

che non basta il trasferimento della<br />

gestione del pubblico esercizio, ove al<br />

suo interno, come già anticipato, sia svolta<br />

un’attività di trattenimento musicale<br />

dei clienti senza la prescritta autorizzazione<br />

specifica, poiché non è sufficiente<br />

ad escludere la fattispecie criminosa<br />

la circostanza che l’esercizio pubblico o<br />

aperto al pubblico sia munito della pertinente<br />

autorizzazione, ancorché l’attività<br />

per cui essa è stata concessa possa<br />

ritenersi affine a quella per la quale è richiesta<br />

la specifica autorizzazione prevista<br />

dall’art.666 c.p. (33)<br />

In realtà, a ben guardare i principi che<br />

possono desumersi dalle pronunce in<br />

materia altro non sono che espressione<br />

dei già citati principi in materia di responsabilità<br />

colpevole. Il reato prima - e<br />

l’illecito amministrativo oggi - è costruito<br />

in termini commissivi e non omissivi,<br />

per cui ciò che conta è l’effettuazione<br />

della relativa attività in assenza di titolo,<br />

della quale suddetta omissione rappresenta<br />

l’ovvio presupposto. E a tale presupposto<br />

può attingersi in sede di indagine<br />

per valutare se l’organizzatore aveva<br />

un concreto ambito d’azione così autonomo<br />

da estromettere del tutto la figura<br />

del titolare del locale nel quale va a<br />

realizzare lo spettacolo o trattenimento,<br />

se lo ha rassicurato in tal senso e comunque<br />

in che misura.In base ai postulati<br />

sul concorso di persone nel reato occorrerà<br />

valutare se quest’ultimo possa comunque<br />

essere chiamato in causa quale<br />

concorrente nell’illecito o meno.<br />

E detto ciò, salvo i casi di subingresso o<br />

di autorizzazioni di pubblico esercizio<br />

intestate a persona giuridica attraverso il<br />

proprio legale rappresentante o comunque<br />

a rappresentante di ente collettivo,<br />

come oggi ammesso, ben difficilmente<br />

potrà ipotizzarsi “un’innocente ignoranza”<br />

dei fatti che si svolgono all’interno<br />

del proprio locale da parte dell’intestatario<br />

della autorizzazione ex art. 86 del<br />

T.U.L.P.S.; molto più plausibile, semmai,<br />

ci pare l’ipotesi inversa dell’estraneità ai<br />

fatti del mero esecutore dello spettacolo,<br />

ancorché pure in questo caso la già<br />

ricordata natura commissiva dell’illecito<br />

imporrebbe un’indagine sull’elemento<br />

(33) Cass.,sez.I, n.11994 del 13 dicembre 1985.<br />

psicologico, o meglio sulla sua carenza,<br />

che rischia di diventare una vera e propria<br />

probatio diabolica.<br />

Va anche detto che nel campo dell’illecito<br />

amministrativo quello che, per così<br />

dire, esce dalla porta, può in questo caso<br />

agevolmente esser fatto rientrare dalla<br />

finestra, stante che l’intestatario dell’autorizzazione<br />

ex art. 86 del T.U.L.P.S.<br />

per essere tale deve avere anche un titolo<br />

di disponibilità del bene,ovvero esserne<br />

proprietario o titolare di diritto personale<br />

di godimento, e quindi, se estraneo<br />

alla violazione quale suo coautore ,<br />

finisce per risponderne quale responsabile<br />

in solido in virtù dei principi generali<br />

in materia di cui al comma 1 dell’art.6<br />

della L.24 novembre 1981, n.689.<br />

Circa il momento di consumazione, il<br />

reato-rectius, oggi, l’illecito amministrativo<br />

- per quanto sopra detto si consuma<br />

nel momento e nel luogo in cui viene dato<br />

lo spettacolo o trattenimento, per cui<br />

occorre verificarne almeno l’inizio. La<br />

relativa pubblicizzazione, al contrario,<br />

ove non consegua suddetta realizzazione,<br />

non ha alcun valore di per sé. Trattasi<br />

di un illecito permanente, nel senso che<br />

la sua consumazione perdura fino alla<br />

cessazione-interruzione. Ciò rende particolarmente<br />

spinosa la questione già accennata<br />

della assenza di strumenti di intervento<br />

immediato su attività in itinere<br />

riscontrate abusive.<br />

Se lo spettacolo si ripete ad esempio per<br />

più sere, o anche più volte nello stesso<br />

giorno, in passato si ipotizzava per esplicita<br />

indicazione dottrinaria e giurisprudenziale,<br />

il reato continuato di cui all’art.<br />

81 c.p. Oggi. Stante la formulazione restrittiva<br />

della materia contenuta nell’art.<br />

8 della L.689/81, si avrà sempre il cumulo<br />

aritmetico e non giuridico delle<br />

sanzioni (salvo la discrezionalità dell’autorità<br />

preposta in sede di ordinanzaingiunzione.<br />

Si ricordi infine che l’originaria ipotesi di<br />

reato aggravata contemplata dal 2°<br />

comma dell’art. 666 c.p. diviene oggi autonomo<br />

illecito amministrativo munito<br />

come già detto di altrettanto autonoma<br />

sanzione. Ovviamente, come in passato<br />

si riteneva che la relativa circostanza<br />

avesse carattere soggettivo, dovesse cioè<br />

essere conosciuta dal soggetto agente per<br />

rilevare, analogamente deve opinarsi oggi:<br />

l’impresario o chi per lui, deve cioè<br />

78<br />

sapere che l’autorizzazione gli è stata negata,<br />

revocata o sospesa perché possa essere<br />

chiamato a rispondere della violazione<br />

di cui all’art. 666 c.p.<br />

Conseguenze della mancanza<br />

di agibilità, ove necessaria<br />

Possiamo ora affrontare finalmente una<br />

delle novità di maggior rilievo introdotta<br />

dal D.P.R. 311/2001: le modifiche alle<br />

modalità di effettuazione dei controlli<br />

sulla solidità e sicurezza delle strutture<br />

destinate a pubblico spettacolo. Come<br />

chiarito più volte, infatti, oltre alla licenza<br />

ex artt. 68 o 69 T.U.L.P.S. e con finalità<br />

del tutto diversa rispetto a quella sottesa<br />

al rilascio delle stesse, è necessario<br />

talvolta un titolo di legittimazione del locale,<br />

ovvero la licenza di agibilità ex art.<br />

80 T.U.L.P.S.<br />

E come chiarito più volte, i problemi forse<br />

più pregnanti al riguardo li pone proprio<br />

la casistica che costituisce oggetto<br />

della nostra specifica trattazione.<br />

Pensiamo ancora una volta al caso, più<br />

volte citato perché a vari effetti paradigmatico,<br />

del piano-bar all’interno di un<br />

pubblico esercizio di somministrazione<br />

di alimenti e bevande. Perché sia necessario<br />

un “collaudo” occorre accertare<br />

l’avvenuta trasformazione della natura<br />

originaria del locale di pubblico esercizio<br />

di somministrazione in locale di pubblico<br />

spettacolo.<br />

Occorre dunque ancora una volta andare<br />

a cercare dei criteri che in maniera<br />

quanto più possibile oggettiva mi dicano<br />

appunto che tale trasformazione c’è<br />

stata. E a ben guardare, i suggerimenti<br />

che il ministero ha dato via via al riguardo<br />

realizzano una certa commistione<br />

di piani tra quanto è necessario verificare<br />

per stabilire la necessarietà del titolo<br />

ex art. 68 o 69, ovvero quella ex art.<br />

80 del T.U.L.P.S.; sta all’interprete distinguere<br />

i due profili e contestualmente utilizzare<br />

le indicazioni date ad un fine per<br />

meglio chiarire quelle date all’altro scopo.<br />

Dice dunque il Ministero dell’Interno,<br />

con lettera datata 24 ottobre 1995, diretta<br />

alla Prefettura di Avellino, che<br />

“…l’art. 80 non deve essere applicato<br />

quando si svolgono trattenimenti musicali<br />

allestiti occasionalmente e temporaneamente<br />

in locali pubblici dove l’attività<br />

principale è la ristorazione e lo spet-


tacolo rappresenta solo un’attività complementare…<br />

senza aumentare il prezzo<br />

della consumazione” - elementi rilevanti<br />

in realtà per stabilire se sia necessaria<br />

o meno l’autorizzazione ex art. 69<br />

del T.U.L.P.S.,n.d.r. - e “senza che ci sia<br />

(nel locale) l’apprestamento di elementi<br />

tali da configurarne la trasformazione…”.<br />

E ancora, successivamente, con nota del<br />

20 giugno 1996 diretta alla Prefettura di<br />

Pesaro Urbino: “…debbono ritenersi<br />

esenti dall’applicabilità dell’art. 80<br />

T.U.L.P.S. - rectius, ancora una volta, 69,<br />

n.d.r. - gli esercizi pubblici muniti di regolare<br />

licenza di ristorazione …qualora<br />

organizzino trattenimenti danzanti per la<br />

propria clientela in via del tutto eccezionale<br />

(festa dell’ultimo dell’anno) a<br />

condizione che detti trattenimenti siano<br />

organizzati senza fine di lucro (pagamento<br />

del biglietto d’ingresso, maggiorazione<br />

del prezzo di consumazione) e<br />

a condizione che il trattenimento occasionale<br />

non comporti l’apprestamento<br />

di elementi tali da configurarne la trasformazione<br />

da esercizio pubblico a locale<br />

di pubblico spettacolo. In tale ultima<br />

ipotesi si renderà necessario l’intervento<br />

della C.P.V.L.P.S., sia che il trattenimento<br />

abbia fini di lucro, sia che non<br />

sia indetto a fini di lucro.”<br />

Da quest’ultima notazione si ricava<br />

un’altra importante indicazione, apparentemente<br />

banale, ma di grande rilievo<br />

operativo: può sussistere la necessità di<br />

licenza ex art. 80 del T.U.L.P.S. anche<br />

laddove, al contrario, non serva autorizzazione<br />

ax art.68 o 69 (34).<br />

Tutto sommato costituisce una sintesi di<br />

tali principi la ancora una volta la circolare<br />

telegrafica n.3469 del 17 novembre<br />

1998, già citata, che detta i noti chiarimenti<br />

a proposito di quei pubblici esercizi<br />

ove vengono installati apparecchi televisivi,<br />

magari corredati da maxi schermo,<br />

chiarimenti ai quali ovviamente si<br />

rinvia.<br />

Si tratterà, cioè, volta per volta, facendo<br />

la summa di tutto quanto sopra detto, di<br />

cercare “un luogo” o “un impianto”da<br />

collaudare che non si confonda con i<br />

normali elementi di arredo del pubblico<br />

esercizio o con la loro modifica estemporanea<br />

(si pensi all’improvvisato spostamento<br />

dei tavoli da parte di clienti che<br />

decidano sul momento di mettersi a ballare)<br />

da parte degli avventori.<br />

Stabilito questo, veniamo ai riferimenti<br />

sanzionatori: l’art. 80 del testo unico trova<br />

la sua sanzione nell’art. 681 c.p., impropriamente<br />

rubricato “Apertura abusiva<br />

di luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento”.<br />

Trattasi di ipotesi di reato rimasta<br />

tale anche dopo gli ultimi interventi<br />

di decriminalizzazione.<br />

Indipendentemente dalla sua intitolazione,<br />

palesemente generica rispetto al relativo<br />

contenuto, la norma sanziona l’apertura<br />

di luoghi di pubblico spettacolo,<br />

trattenimento o ritrovo, certo non senza<br />

titolo, ma in dispregio delle prescrizioni<br />

imposte dall’Autorità a tutela della pubblica<br />

incolumità. Destinatari di essa sono<br />

dunque tutti coloro i quali a qualunque<br />

titolo concorrano ad aprire o tenere<br />

aperti luoghi di pubblico spettacolo, trattenimento<br />

o ritrovo per i quali non siano<br />

rispettate le condizioni di sicurezza: vi<br />

rientrano cioè, secondo la giurisprudenza,<br />

sia il titolare del locale o gestore in<br />

forza di idoneo titolo giuridico, sia qualunque<br />

altro soggetto che, anche soltanto<br />

in via di fatto, svolga suddetta attività<br />

di gestione (35). Si pensi proprio al caso di<br />

un’attività di trattenimento all’interno di<br />

un ristorante o pubblico esercizio di<br />

somministrazione di alimenti e bevande<br />

regolarmente autorizzato come tale, ove<br />

venga fatto pagare un prezzo aggiuntivo<br />

per la presenza dello stesso: potendosi<br />

presumere realizzata la trasformazione,<br />

secondo i criteri indicativi sopra evidenziati,<br />

del locale da pubblico esercizio e<br />

basta in locale anche di trattenimento, risponderà<br />

della violazione dell’art. 681<br />

(34) Per un’attenta disamina delle circolari riportate in stralcio nel testo ,cfr. Romeo, Locali di pubblico spettacolo,procedure autorizzatorie,<br />

II edizione, 2002, p.60-61.La nota diretta alla Prefettura di Pesaro Urbino contiene un’altra importante indicazione ai<br />

fini dell’indagine circa la necessarietà o meno di autorizzazione ex art.68 o 69 di un trattenimento danzante interno ad un locale<br />

di pubblico esercizio:se la realizzazione dello stesso avviene con cadenza saltuaria, ma coincidente con i giorni festivi e prefestivi,<br />

tipici delle discoteche, che di solito operano il sabato e la domenica, difficilmente potrà continuare a dirsi che si tratti di locale<br />

pubblico dove l’attività principale è la ristorazione e lo spettacolo rappresenta solo l’attività complementare!<br />

(35) Cfr. in tal senso Cass., sez. VI, 14 maggio 1973; nonché più di recente Cass., sez. I, 29 febbraio 1996.<br />

(36) Per la figura del direttore amministrativo cfr. Cass., 26 febbraio 1962.<br />

(37) In tal senso cfr. Cass., n. 203829/95.<br />

(38) Cfr. per tutte Cass., sez. III, 25 febbraio 1997, in Foro it., 1997, II, 471.<br />

(39) Tipico esempio di realizzazione del reato in questione potrebbe essere il superamento dei limiti di capienza di un locale di<br />

trattenimento indicati dalla Commissione in sede di collaudo e recepiti nella licenza di agibilità, nonché, talvolta, anche in quella<br />

ex art. 68 T.U.L.P.S.<br />

79<br />

c.p. sia il titolare del pubblico esercizio,<br />

sia l’organizzatore del trattenimento, ove<br />

i due soggetti non coincidano.<br />

Per contro, si ritiene debba essere esclusa<br />

la responsabilità penale del direttore<br />

amministrativo del locale, a meno che<br />

non abbia organizzato tutto lui autonomamente,<br />

come pure quella di chi abbia<br />

agito o sia altrimenti intervenuto nello<br />

spettacolo, trattenimento o ritrovo (36).<br />

Secondo la Cassazione, infine, il precetto<br />

contenuto nell’art. 681 c.p. non è rivolto<br />

esclusivamente a chi gestisce, in<br />

via permanente e professionale, luoghi<br />

di pubblico spettacolo, ma a “chiunque”<br />

li apra o li tenga aperti ancorché occasionalmente<br />

e per una sola volta (37).<br />

L’elemento materiale del reato consiste<br />

nella mancata osservanza delle prescrizioni<br />

dell’Autorità in materia di sicurezza.<br />

Ora, l’art. 80 parla espressamente<br />

di una licenza subordinata alla verifica<br />

dei requisiti di solidità e sicurezza<br />

del locale, e dunque al parere dell’apposita<br />

commissione, comunale o provinciale<br />

che sia.<br />

La Cassazione ha avuto modo di puntualizzare<br />

in più occasioni, tuttavia, come<br />

non integri la fattispecie dell’art. 681<br />

c.p. l’inottemperanza da parte del responsabile<br />

di attività svolte in luoghi di<br />

pubblico spettacolo o trattenimento alle<br />

indicazioni fornite dalla Commissione<br />

tecnica provinciale di vigilanza - oggi<br />

dalla Commissione comunale - non costituendo<br />

quest’ultima organo dotato di<br />

autonomo potere di ordinanza, in quanto<br />

le funzioni consultive e ispettive, attribuitele<br />

dalla legge, sono finalizzate alla<br />

successiva adozione degli eventuali<br />

provvedimenti da parte delle competenti<br />

autorità di P.S. o comunali (38).<br />

Siccome i giudici di legittimità, nel negare<br />

potere precettivo diretto alla Commissione<br />

di vigilanza fanno riferimento<br />

agli atti successivi espliciti dell’autorità<br />

competente, ovvero il rilascio, rinnovo,<br />

sospensione o revoca delle licenze di<br />

apertura o di esercizio o ancora le ordinanze<br />

contingibili e urgenti recanti specifiche<br />

prescrizioni a tutela della pubblica<br />

incolumità (39), si intuisce perché<br />

nella prassi la carenza della licenza di<br />

agibilità costituisca elemento probante<br />

pressoché certo dell’avvenuta consumazione<br />

del reato in questione. Eventuali<br />

valutazioni difformi saranno semmai ar-


gomento per la tesi difensiva, in quanto<br />

l’agente operante dovrà comunque inoltrare<br />

la prevista notizia di reato una volta<br />

constatato il dato formale della mancanza<br />

di suddetta licenza di agibilità.<br />

Diversamente, laddove la Polizia municipale<br />

venga a conoscenza dell’elenco<br />

delle prescrizioni che la Commissione<br />

ha inteso imporre agli interessati, deve<br />

anche verificare che esse siano state recepite<br />

in un provvedimento dell’Autorità.<br />

La ritenuta natura permanente del reato<br />

in questione ha poi indotto la dottrina<br />

maggioritaria ad escludere la sussistenza<br />

della fattispecie nel caso di svolgimento<br />

estemporaneo di un trattenimento<br />

o spettacolo, proprio perché non vi sono<br />

state sicuramente preliminari prescrizioni<br />

dell’Autorità. Alcuni tuttavia ne ritengono<br />

possibile anche una “consumazione”<br />

istantanea, sussistente proprio nell’ipotesi<br />

poc’anzi prospettata di iniziativa<br />

del momento con allestimento ovviamente<br />

di struttura ad hoc.<br />

Quando la prescrizione dell’Autorità viene<br />

tradotta in un’ordinanza che per i suoi<br />

contenuti e la sua motivazione è riconducibile<br />

al novero delle contingibili ed<br />

urgenti, il reato di cui all’art. 650 c. p.,<br />

normalmente ipotizzabile per tale tipo di<br />

violazioni rimane assorbito nel reato di<br />

cui all’art. 681. Analogamente, la violazione<br />

delle prescrizioni contenute nella<br />

licenza di agibilità non costituisce violazione<br />

dell’art. 9 del T.U.L.P.S., come tale<br />

sanzionata, in base al meccanismo già<br />

evidenziato, ex art. 17 del medesimo testo<br />

unico, ma rappresenta l’ipotesi letteralmente<br />

più tipica di applicabilità della<br />

fattispecie speciale ora in esame.<br />

Tipico esempio in tal senso il superamento<br />

della capienza del locale, indicata<br />

per definizione nel contesto della licenza<br />

di agibilità. Le ultime considerazioni<br />

svolte ci forniscono lo spunto per<br />

evidenziare un’ulteriore differenza in materia<br />

di procedura di accertamento di violazioni<br />

per attività di trattenimento e svago,<br />

rispetto a quanto avviene in quella<br />

per i pubblici esercizi in genere.<br />

La violazione dell’ordinanza di cessa-<br />

(40) A tali conclusioni si arriva dall’esame della copiosa giurisprudenza<br />

in materia di art. 650 c.p., nonché in materia di<br />

violazione di un provvedimento astrattamente adottato per<br />

ragioni di igiene<br />

zione dell’attività di trattenimento priva<br />

di licenza ex artt. 68 o 69 del T.U.L.P.S.<br />

può essere sanzionata ai sensi dell’art.<br />

650 c. p., a differenza di quanto avviene<br />

per l’analoga violazione della disposizione<br />

emanata ai sensi dell’art. 17-ter<br />

T.U.L.P.S.<br />

Per tale ipotesi, infatti, vi è un richiamo<br />

esplicito all’art. 650 medesimo, richiamo<br />

che deve essere inteso tuttavia esclusivamente<br />

quoad poenam, ovvero ai fini<br />

della individuazione della sanzione<br />

applicabile al trasgressore.<br />

Diversamente verrebbe meno la natura<br />

di sussidiarietà della fattispecie di cui all’art.<br />

650 c. p., che si applica solo ogniqualvolta<br />

il fatto, costituito dall’inosservanza<br />

di un ordine legalmente dato per<br />

ragioni di giustizia, igiene, sicurezza pubblica<br />

o ordine pubblico, non sia sanzionato<br />

da altra specifica norma. In particolare,<br />

per la sussistenza del reato è necessario<br />

che la violazione riguardi i provvedimenti<br />

contingibili ed urgenti adottati<br />

dal Sindaco quale ufficiale di Governo<br />

a norma dell’art. 54, D. Lgs. 267/2000,<br />

ovvero quale capo dell’Amministrazione<br />

a norma dell’art. 50 del medesimo testo<br />

di legge (per soli motivi di igiene).<br />

Quindi, mentre nel caso di violazione<br />

dell’art. 17-ter, c. 5, del T.U.L.P.S., si è di<br />

fronte all’autonoma fattispecie di reato<br />

consistente nell’inottemperanza al provvedimento<br />

di cessazione o di sospensione<br />

di attività abusiva, la cui sanzione è<br />

identica a quella prevista dal codice penale<br />

per la contravvenzione di cui all’art.<br />

650, l’ordinanza di cessazione di spettacolo<br />

o trattenimento pubblico abusivo<br />

sarà sanzionata secondo le regole generali<br />

previste per le violazioni delle ordinanze<br />

sindacali; se conseguente a mancanza<br />

di agibilità, sarà sanzionata, come<br />

sopra detto, ai sensi dell’art. 681 c. p. (40).<br />

Infine, un’altra ipotesi interessante sotto<br />

il profilo operativo: se la licenza di agibilità<br />

è stata rilasciata per un’area del locale<br />

diversa da quella dove di fatto viene<br />

riscontata (si pensi al caso in cui gli<br />

avventori vengano sorpresi, appunto, a<br />

ballare su una pista interna al ristorante<br />

e non oggetto del collaudo),e quindi sono<br />

state violate le prescrizioni circa l’ubicazione<br />

dell’area del trattenimento<br />

contenute nella licenza ex art. 80, con<br />

conseguente applicabilità dell’art. 681<br />

c.p., astrattamente lo stesso organo procedente<br />

disporrebbe del più efficace dei<br />

80<br />

rimedi per far cessare la situazione di pericolo,<br />

senza attendere l’emanazione di<br />

alcuna ordinanza successiva: il sequestro<br />

preventivo del locale finalizzato, appunto,<br />

ad evitare la perpetrazione delle<br />

conseguenze dell’illecito.<br />

Conclusioni<br />

La disciplina dei locali, impianti ed attività<br />

di trattenimento e svago, come<br />

crediamo di aver evidenziato, è sicuramente<br />

una delle più complesse tra<br />

quelle previste dal testo unico delle<br />

leggi di P.S. La confusione nasce in primo<br />

luogo dalla mancanza di chiarezza<br />

terminologica. Ogni sforzo ermeneutica<br />

al riguardo rischia di essere<br />

smentito dalla creazione di nuovi tipi<br />

di attività che le mode e i costumi sociali<br />

rendono via via attuali e che non<br />

sempre è agevole ricondurre a schemi<br />

normativi del passato. La tutela della<br />

sicurezza, dovrebbe essere l’egida sotto<br />

la quale ricondurre ogni sforzo interpretativo.<br />

La creazione di Commissioni comunali<br />

che coinvolgono, tuttavia, in prima<br />

persona i vertici della Polizia municipale,<br />

rischia comunque, quanto meno<br />

in prima battuta, di svilire la portata<br />

della riforma rendendo i commissari,<br />

poco avvezzi a trattare di normative a<br />

carattere eminentemente tecnico, in<br />

balia di commissari assai più tecnici<br />

che potrebbero - sia detto senza venatura<br />

polemica - trasportare semplicemente<br />

in ambiti territoriali diversi regole<br />

spesso farraginose che di fatto<br />

hanno inceppato l’attività delle<br />

Commissioni provinciali. In tale ottica,<br />

diventa fondamentale il ruolo di autonomia<br />

dell’ente locale, che nell’ambito<br />

dei suoi poteri di autoregolamentazione<br />

deve opportunamente disciplinare<br />

sia le modalità di funzionamento<br />

della Commissione di vigilanza sia le<br />

relative procedure. E a sua volta, la<br />

Commissione dovrebbe avocarsi un<br />

ruolo di interprete preliminare che andrà<br />

senz’altro a vantaggio della certezza<br />

del diritto affrontando a priori la<br />

codifica di quanto astrattamente può<br />

ricadere nel concetto di spettacolo,<br />

trattenimento o impianto in maniera da<br />

avere e fornire al cittadino strumenti<br />

certi in un quadro normativo che sicuramente<br />

certo non è.


FRANCESCO VERGINE<br />

Comandante della Polizia municipale<br />

di Venezia<br />

PROFILI PENALI DELLA CONTRAFFAZIONE DI MERCI<br />

E COMMERCIO SU AREE PUBBLICHE. GLI ORIENTAMENTI<br />

RECENTI DELLA GIURISPRUDENZA<br />

1) La contraffazione:<br />

fenomeno criminale globale<br />

Secondo le stime della W. T. O. World<br />

Trade Organisation (ORGANIZZAZIONE<br />

MONDIALE DEL COMMERCIO) il mercato<br />

criminale mondiale della contraffazione<br />

fattura ogni anno circa 100 miliardi<br />

di dollari (SORBINO - CALABRIA,<br />

“Commercio di prodotti contraffati: progetto<br />

per l’integrazione delle strategie di<br />

contrasto”, convegno nazionale di Polizia<br />

locale, Riccione , sett. 2004).<br />

Il danno per le industrie e per il prodotto<br />

interno lordo, anche nel nostro Paese, è<br />

davvero enorme ed ammonterebbe circa<br />

al 9% dell’intero commercio mondiale.<br />

La contraffazione può essere definita come<br />

un complesso di violazioni delle leggi<br />

nazionali ed europee, nonché dei contratti<br />

in materia di proprietà intellettuale<br />

e diritti di sfruttamento commerciale dei<br />

prodotti. Essa va divisa in due grandi filoni:<br />

la pirateria audio, video e dei prodotti<br />

informatici; la falsificazione degli altri<br />

prodotti, siano essi artigianali che industriali.<br />

L’esame delle fattispecie sanzionatorie<br />

in materia esige una attenzione<br />

alla realtà operativa sul territorio, di<br />

cui occorre tenere conto.<br />

2) Commercio di prodotti contraffatti<br />

ed orientamenti della giurisprudenza<br />

penale: profili generali<br />

2.1. La materia del commercio ambulante<br />

su aree pubbliche è disciplinata dalla legge<br />

generale di riforma del commercio, il<br />

c.d. decreto Bersani (d.lgs. n.114/1998),<br />

che rinvia per una disciplina di dettaglio<br />

alle leggi regionali.<br />

Di rilievo tra l’altro sono le competenze<br />

in argomento del Comune, che è chiamato<br />

dalla legge statale ad una disciplina<br />

di specifiche fattispecie, attraverso regolamenti<br />

di competenza del Consiglio<br />

Comunale.<br />

Come noto, esistono due forme di commercio<br />

sul suolo pubblico: mediante posteggi<br />

fissi, oppure in forma itinerante.<br />

Il commercio itinerante è certamente l’ipotesi<br />

che riveste una serie di profili, siano<br />

amministrativi, che penali e che più<br />

impegna le amministrazioni locali e gli<br />

organi di controllo.<br />

È frequente infatti che il commerciante<br />

od il venditore itinerante detengano e<br />

vendano merce contraffatta ovvero servili<br />

imitazioni di prodotti griffati.<br />

2.2. La detenzione e la vendita di prodotti<br />

recanti marchi contraffatti sono fattispecie<br />

caratterizzate da rilevanti profili penali<br />

e di Polizia amministrativa. In ordine<br />

ai primi è necessario peraltro mettere<br />

un punto fermo nella interpretazione delle<br />

norme incriminatici da parte della<br />

Cassazione, con specifico riguardo in materia<br />

di reati contro la pubblica fede ed il<br />

patrimonio collegati al commercio c.d.<br />

“abusivo” di merce contraffatta.<br />

Già nel 2001 le Sezioni Unite avevano<br />

stabilito il principio del concorso dei reati<br />

di ricettazione e commercio di prodotti<br />

con segni distintivi falsi, nella fattispecie<br />

concreta della vendita di merci “contraffatte”<br />

(Cassazione, sezioni unite penali,<br />

sentenza del 7.6.2001 n. 23427).<br />

Ciò aveva eliminato alcuni dubbi interpretativi<br />

circa l’ammissibilità del concorso<br />

dei due reati, peraltro dotati di distinta<br />

oggettività giuridica, essendo afferenti<br />

il primo alla tutela del patrimonio (ricettazione),<br />

il secondo alla tutela della fede<br />

pubblica (commercio di prodotti falsi) (sul<br />

81<br />

tema PAPA, La vendita di prodotti con<br />

marchi contraffatti: spunti sui rapporti tra<br />

ricettazione e norme disciplinanti la circolazione<br />

di cose illecite in Rivi it. dir .<br />

proc. pen.,1985 ,715).<br />

Occorre chiarire anzitutto che ricorrono<br />

gli estremi del reato di ricettazione in ogni<br />

condotta dolosa di acquisizione o ricezione<br />

di beni che costituiscano profitto<br />

patrimoniale di un qualsiasi delitto. Ne<br />

segue che è ravvisabile la ricettazione<br />

nella acquisizione di beni che siano prodotti<br />

di attività di contraffazione od alterazione<br />

di marchi o segni distintivi, nazionali<br />

od esteri, di opere dell’ingegno o<br />

prodotti industriali: tale attività è infatti rilevante<br />

come delitto ex art. 473 c.p.,<br />

commi 1 o 2.<br />

Si tratta in sostanza del reato presupposto<br />

rispetto alla successiva condotta di<br />

ricettazione dei beni in precedenza e da<br />

terzi contraffati od alterati (Cassazione<br />

penale sez. II, sentenza n. 12249 del<br />

13.12.1988).<br />

2.3. In secondo luogo, occorre rilevare<br />

che orientamenti diversi si sono registrati<br />

nella giurisprudenza di legittimità in ordine<br />

alla ipotesi di acquisto o di ricezione,<br />

nella consapevolezza della provenienza<br />

delittuosa ex art. 473 c.p., di beni<br />

contraffatti od alterati, allo scopo di<br />

vendita: diverse pronunce hanno a suo<br />

tempo stabilito che il reato ex art. 474 c.p.<br />

concorre con la ricettazione, attesa la diversa<br />

oggettività giuridica dei due delitti<br />

(Cassazione sez. II sentenza n. 3154 del<br />

27.7.1996; Cassazione sez. 5, sent. 2098<br />

del 6.3.1997).<br />

In altre sentenze invece si riteneva sussistere<br />

tra le due fattispecie un rapporto<br />

di specialità ex art.15 c.p., che determinava<br />

l’assorbimento dell’art.474


c.p. nella fattispecie, più grave e con<br />

elementi specializzanti, della ricettazione<br />

ex art.648 c. p. (Cass. sez. 5, sent.<br />

n. 1315 del 27.4.1998 e sent. n. 5525<br />

del 14.1.2000).<br />

Ciò peraltro veniva sostenuto prescindendo<br />

dalla eventuale natura abusiva,<br />

cioè senza titolo amministrativo, del commercio<br />

(in qualsiasi forma, fisso od ambulante)<br />

svolto dal venditore senza licenza,<br />

attenendo ai diversi profili amministrativi<br />

della fattispecie, regolati dalla<br />

citata legislazione di settore.<br />

La tesi si fondava sulla natura plurioffensiva<br />

del reato ex art. 474 c.p. di introduzione<br />

e commercio di prodotti falsi, ritenuto<br />

reato contro il patrimonio, oltrechè<br />

contro la pubblica fede.<br />

La giurisprudenza ha ritenuto talora che<br />

la norma è rivolta alla protezione del monopolio<br />

sull’opera e sul marchio ed è<br />

quindi posta a tutela del patrimonio dei<br />

privati. Ne seguiva secondo tale impostazione<br />

che:<br />

1. la ricezione di beni contraffatti od alterati<br />

è antefatto non punibile della detenzione<br />

per la vendita; priva di rilievo<br />

autonomo nella condotta punita dall’art.<br />

474 c.p.;<br />

2. le opere riprodotte abusivamente ed i<br />

beni con marchi falsi sono prodotti e non<br />

provento di reato, come richiesto dall’art.<br />

648 c.p.<br />

2.4. Le Sezioni unite nel 2001, con la<br />

sentenza sopra citata (Cassazione, sezioni<br />

unite penali, sentenza del 7.6.2001<br />

n. 23427) hanno infine risolto il contrasto<br />

giurisprudenziale, chiarendo che ricettazione<br />

e commercio di prodotti falsi<br />

sono delitti che possono concorrere nell’ipotesi<br />

della vendita di merce contraffatta.<br />

Ciò anche nell’ipotesi della semplice<br />

detenzione al fine di vendere, qualora<br />

il commerciante da un lato sia consapevole<br />

della provenienza della merce<br />

da altro delitto (reato presupposto), dall’altro<br />

vi sia la coscienza e volontà di detenere<br />

cose contraffatte destinate alla<br />

vendita. Ricettazione e commercio di<br />

prodotti falsi sono infatti fattispecie penali<br />

che secondo le sezioni unite descrivono<br />

condotte diverse sotto il profilo<br />

strutturale e cronologico, tra cui non si<br />

configura rapporto di specialità, nè risulta<br />

dal sistema penale una diversa volontà,<br />

espressa od implicita, del legislatore (cfr.<br />

guida al diritto - sole 24 ore n. 27 del<br />

10.7.2004, p. 59).<br />

Si registra di recente poi un ulteriore<br />

orientamento (Cassazione, sezione II pen.<br />

sentenza n. 12926/2004, guida al diritto,<br />

cit.), relativo al solo art. 474 c.p., norma<br />

di cui la Corte suprema fornisce una puntuale<br />

ricostruzione, partendo da una disamina<br />

approfondita del bene giuridico<br />

tutelato.<br />

Si stabilisce, come vediamo oltre, che<br />

non è rilevante l’eventuale inganno a carico<br />

del compratore (v. paragr. 4).<br />

La sentenza citata, per altro verso, conferma<br />

l’astratta possibilità del concorso<br />

con la ipotesi di ricettazione, secondo<br />

l’insegnamento sopraccitato delle Sezioni<br />

Unite penali.<br />

3) Il delitto di introduzione<br />

nello Stato<br />

e commercio di prodotti<br />

con segni distintivi falsi (art. 474 c.p.)<br />

3.1. L’art. 474 c.p. prevede un delitto contro<br />

la pubblica fede (c.p. libro II, titolo<br />

VII), volto alla tutela dell’affidamento collettivo<br />

nella veridicità dei marchi e segni<br />

distintivi dei prodotti industriali e opere<br />

dell’ingegno.<br />

Esso richiede la contraffazione o l’alterazione<br />

di un marchio protetto e riconosciuto<br />

nello Stato od all’estero (Cassazione<br />

penale, sezione V, 7.5.1986 n.<br />

2670; idem, sezione V, 27.5.1981 n.<br />

4980). La condotta punibile consiste nel<br />

detenere per vendere o nel porre in<br />

commercio prodotti industriali con marchi<br />

o segni contraffatti od alterati, avendone<br />

coscienza e volontà (Cassazione penale<br />

sezione V, 27.5.1973 n. 387; sezione<br />

VI, 12.4.1986 n. 2897).<br />

Si ha contraffazione quando vi è la integrale<br />

riproduzione in tutta la sua configurazione<br />

di un marchio o segno distintivo.<br />

Vi è la condotta di alterazione invece<br />

quando la riproduzione è parziale, ma<br />

confondibile col marchio o segno originale.<br />

Non occorre dimostrare le concrete<br />

trattative per la vendita stessa, essendo<br />

sufficiente detenere, col chiaro intento di<br />

mettere in vendita, le merci fasulle (vedi<br />

anche Cassazione penale, sezione V,<br />

25.5.1978 n. 6374).<br />

3.2. In generale l’ambito di tutela della<br />

fede pubblica nel campo della contraffazione<br />

e del commercio abusivo era controverso<br />

nella giurisprudenza di legittimità.<br />

Era stata affermata infatti la penale<br />

irrilevanza dei casi in cui il compratore<br />

82<br />

può constatare la falsità del marchio, sia<br />

per la evidente scarsa qualità del prodotto,<br />

sia per il prezzo vile richiesto (Cassazione<br />

penale, sezione V, sentenza<br />

2119/2000). In sostanza, se il falso era<br />

grossolano, esso era da ritenere mediamente<br />

riconoscibile: la vendita era perciò<br />

lecita penalmente, mancando l’idoneità<br />

ad ingannare la persona di media<br />

esperienza e diligenza.<br />

Questa ricostruzione privilegiava evidentemente<br />

la libera determinazione del<br />

privato, quindi la tutela della volontà negoziale<br />

e conseguentemente del patrimonio,<br />

che deve restare esente da incisioni<br />

causate da condotte fraudolente dei<br />

commercianti. L’art. 474 codice penale<br />

era ricostruito quale reato di danno, che<br />

esigeva una contrattazione in cui l’acquirente<br />

è ingannato dal venditore circa<br />

la veridicità del marchio o del segno distintivo.<br />

La tesi, se da un lato pare coerente<br />

con il principio dottrinale della “offensività”<br />

della fattispecie penale, dall’altra<br />

si pone in contrasto con l’oggetto<br />

giuridico della norma, costituito non dall’affidamento<br />

del privato nella libera e<br />

consapevole contrattazione, bensì dall’affidamento<br />

collettivo in ordine ai marchi<br />

dei prodotti oggetto dei traffici economici.<br />

La tesi, restrittiva peraltro, si pone<br />

in collisione inoltre con la circostanza<br />

che è reato ex art. 474 codice penale<br />

anche la sola detenzione di merci contraffatte<br />

destinate alla vendita. Essa trova<br />

poi smentita nella esigenza di tutela di un<br />

bene giuridico della collettività, la fede<br />

pubblica, che richiede la repressione anche<br />

di fatti che causano la sola probabilità<br />

di una lesione della fede pubblica,<br />

quali ad esempio la vendita di merci con<br />

“griffes” fasulle, che entrano poi nel circuito<br />

commerciale generando confusione<br />

nel pubblico e causando danni anche<br />

d’immagine alle “maisons”.<br />

4) La pronuncia<br />

della Corte di Cassazione<br />

II sezione penale, sentenza n. 12926<br />

del 5-17 marzo 2004<br />

4.1. L’orientamento fin qui esposto, anteriore<br />

alla sentenza in commento, sembra<br />

rifarsi alla teoria del reato - contratto<br />

ed è stato smentito dalla Suprema Corte.<br />

Con la sentenza n.12926 del 5-17 marzo<br />

2004 della Cassazione penale cade infatti<br />

la necessità di accertare se vi sia stato<br />

o meno inganno a carico del compra-


tore eventualmente “deceptus” e se la falsificazione<br />

del bene sia “grossolana” o<br />

meno (cfr. Guida al diritto - Sole 24 Ore<br />

n. 27 del 10.7.2004, p. 58 ss. “ Punita la<br />

vendita di prodotti contraffatti anche se il<br />

falso non inganna l’acquirente”, con nota<br />

di Marco Galdieri “La normativa ha la<br />

funzione di tutelare l’affidamento della<br />

collettività dei marchi”).<br />

La Cassazione penale aggiunge inoltre<br />

l’affermazione che si tratta di reato di pericolo,<br />

che non esige l’inganno ai danni<br />

dell’acquirente, né al contrario che la<br />

contraffazione sia “grossolana” e le condizioni<br />

di vendita tali da rendere edotto<br />

l’acquirente della reale natura e provenienza<br />

della merce. In particolare, secondo<br />

il giudice di legittimità l’ipotesi di<br />

reato dell’art. 474 c.p. è volta a tutelare<br />

in via principale e diretta non la libera determinazione<br />

dell’acquirente, ma la pubblica<br />

fede, intesa come affidamento della<br />

collettività nei marchi e segni distintivi<br />

che individuano le opere dell’ingegno<br />

od i prodotti industriali e ne garantiscono<br />

la circolazione.<br />

Si tratta in effetti di una tutela penale anticipata<br />

della pubblica fede, “anticipata”<br />

rispetto alla soglia di lesione dell’affidamento<br />

collettivo, a nostro avviso, tale da<br />

prescindere dall’accertamento della volontà<br />

dell’acquirente e della sua rappresentazione<br />

della realtà dei fatti.<br />

Infatti, rappresentazione e volontà del singolo<br />

acquirente attengono alla formazione<br />

e manifestazione del consenso negoziale,<br />

ciò che nell’art. 474 codice penale<br />

esula dalla struttura del reato e dal bene<br />

giuridico che si vuole tutelare (la pubblica<br />

fede).<br />

La ricostruzione proposta dalla Cassazione<br />

induce quindi a considerare irrilevante<br />

l’errore negoziale del contraente,<br />

da un lato, così come l’eventuale dolo del<br />

venditore, dall’altro, in ordine alla veridicità<br />

del marchio, almeno ai fini dell’art.<br />

474 c. p..<br />

Deve peraltro essere segnalato che tali<br />

elementi di vizio della volontà negoziale<br />

hanno invece rilievo in ordine alla<br />

eventuale truffa perpetrata ai danni del<br />

consumatore- acquirente, nel caso in cui<br />

concorrano artifizi o raggiri posti in essere<br />

dal venditore (art. 640 codice penale),<br />

ovvero ai sensi dell’art. 517 codice penale<br />

in ordine al marchio non registrato.<br />

In definitiva, nella sentenza in commento<br />

si evidenzia che l’art. 474 codice penale<br />

tutela l’affidamento collettivo in or-<br />

dine ai marchi registrati, onde evitare confusione<br />

nelle transazioni commerciali,<br />

non l’affidamento del singolo che si determina<br />

all’acquisto.<br />

Ciò in quanto è rilevante penalmente anche<br />

la sola detenzione della merce contraffatta,<br />

quando ad esempio la merce è<br />

addosso al venditore, in cassaforte, nelle<br />

borse, e non vi sono in atto trattative o<br />

apparenti contatti con potenziali clienti,<br />

finalizzati alla vendita.<br />

4.2. L’orientamento precedente ( paragr.<br />

3) quindi viene rovesciato e confutato dalla<br />

Cassazione penale che respinge, con<br />

una inversione di tendenza, detta impostazione<br />

con la citata sentenza n.<br />

2926/2004.<br />

Si ricostruisce l’art. 474 c.p. in modo innovativo<br />

per una serie di ragioni:<br />

- anzitutto per la lettera della norma, che<br />

non esige l’avvenuta compravendita;<br />

- la collocazione sistematica dell’art. 474<br />

codice penale nel libro II, titolo dei reati<br />

contro la fede pubblica;<br />

- la evidente rilevanza collettiva ( e non<br />

individuale) del bene tutelato dalla<br />

norma incriminatrice, la pubblica fede,<br />

che è, come noto, un bene di rango collettivo;<br />

- la fattispecie in esame non tutela quindi<br />

un bene giuridico individuale, cioè la<br />

libera determinazione del compratore);<br />

- il reato è di pericolo; quindi non occorre<br />

che si verifichi un inganno ai danni del<br />

singolo acquirente;<br />

- è quindi irrilevante che la contraffazione<br />

sia o meno “grossolana”, ovvero agevolmente<br />

riconoscibile da persone di ordinaria<br />

diligenza ed esperienza;<br />

- sono altresì irrilevanti le concrete modalità<br />

di vendita, poiché il successivo uso<br />

e la diffusione dei beni contraffatti possono<br />

comunque generare confusione nel<br />

pubblico (Cassazione penale sezione II,<br />

sentenza 8.11.2001/39863).<br />

5) La tesi del c.d.<br />

falso grossolano inoffensivo<br />

Sono discutibili pertanto le argomentazioni<br />

talora poste a sostegno della tesi del<br />

c.d. falso “inoffensivo”, sub specie di contraffazione<br />

grossolana, nel commercio<br />

abusivo, fondate sulla regola che non è<br />

punibile ciò che non reca offesa ad alcuno,<br />

né al bene giuridico tutelato (“falsitas<br />

quae nemimi nocet non punitur”).<br />

Come noto, il falso in genere è classifi-<br />

83<br />

cabile come grossolano quando sia così<br />

immediatamente riconoscibile da non poter<br />

fare cadere in errore alcuno (cfr.<br />

Fiandaca- Musco , Diritto penale p. speciale,<br />

vol. I, ed. 3°, 2002, 534 ss.).<br />

La stessa giurisprudenza tuttavia esclude<br />

rigorosamente la punibilità del falso solo<br />

quando sia di evidente grossolanità, tale<br />

da risultare “assolutamente” inidoneo a<br />

trarre in inganno la generalità dei cittadini.<br />

Il reato di falso invece permane quando<br />

il falso presenti imperfezioni che pure<br />

riconoscibili da persone esperte, non<br />

rendono impossibile l’inganno rispetto alla<br />

media delle persone (Cass. 27.5.1992<br />

, in Riv. Pen. 1992 , 733).<br />

Nei casi all’attenzione di alcuni tribunali<br />

penali è stata sostenuta dai difensori anche<br />

la tesi del reato impossibile per inidoneità<br />

dell’azione (art. 49 codice penale).<br />

Il ragionamento partiva dal carattere<br />

inoffensivo della falsificazione delle merci<br />

in vendita, posta la chiara riconoscibilità<br />

nella circostanza di merce “diversa”<br />

da quella originale “griffata”, sia per il<br />

prezzo, sia per la condizione del venditore,<br />

sia per le altre modalità della vendita.<br />

In tema di falso si rinviene in effetti<br />

giurisprudenza che afferma la inidoneità<br />

dell’azione ad ingannare la fede pubblica,<br />

quando la falsificazione risulti evidente<br />

all’uomo medio (Cassazione penale,<br />

sezione V, 9.10.1981 n. 8659, idem,<br />

9.7.1981 n. 6780; in dottrina per la tesi<br />

del falso innocuo proprio in ordine all’art.<br />

474 c.p. FASCE , Brevi note in ordine all’innocuità<br />

del falso in relazione all’art.<br />

474 c.p. in Riv. Pen. 2001, 275).<br />

In effetti tali pronunce attengono al settore<br />

del falso documentale, più che del<br />

falso commerciale.<br />

6) Il delitto di vendita<br />

di prodotti industriali<br />

con segni mendaci (art. 517 c.p.).<br />

Differenze rispetto all’art. 474 c.p.<br />

La disamina dell’art. 474 codice penale<br />

non può risultare completa senza un confronto<br />

con altre disposizioni penali ed in<br />

particolare con l’art.517 codice penale,<br />

che punisce la vendita di prodotti industriali<br />

con segni mendaci.<br />

Si tratta di un reato di pericolo, al pari dell’art.<br />

474 c.p., che punisce chi mette in<br />

circolazione prodotti industriali con nomi,<br />

marchi e segni distintivi, nazionali o<br />

esteri, atti ad indurre il compratore in inganno<br />

circa origine, provenienza o qua-


lità, a prescindere da ogni contraffazione<br />

(Cassazione penale sezione III, sent.<br />

8.3.1985 n. 2250).<br />

L’ art. 517 codice penale prevede un reato<br />

a carattere sussidiario, che si distingue<br />

dalla fattispecie di cui all’art. 474 codice<br />

penale per i seguenti elementi costitutivi:<br />

a) il bene giuridico è l’ordine economico,<br />

anziché la pubblica fede;<br />

b) la condotta criminosa richiede non la<br />

contraffazione o l’alterazione, ma la semplice<br />

imitazione del nome e del marchio<br />

o del segno distintivo, purché idonea a<br />

trarre in inganno;<br />

c) non occorre l’estremo della registrazione<br />

o del riconoscimento del segno o<br />

del marchio.<br />

È sufficiente quindi l’illegittima sostituzione<br />

del marchio originario con altro<br />

marchio o segno al fine di trarre in inganno<br />

il compratore circa l’origine della<br />

merce: si ricorda il caso delle motociclette<br />

assemblate cui erano state cancellate le<br />

diciture giapponesi d’origine e sostituite<br />

con altre italiane (Cassazione penale, sezione<br />

III, sentenza 8.3.1985 n. 2250).<br />

La consumazione del reato si realizza nel<br />

momento in cui il prodotto viene messo<br />

in vendita o altresì in commercio, ancorché<br />

in concreto esso non abbia formato<br />

oggetto di compravendita.<br />

L’elemento psicologico è costituito dal<br />

dolo generico, che non è escluso dalla<br />

consuetudine largamente praticata di applicare<br />

marchi o segni di fantasia in lingue<br />

straniere, atti ad indurre in inganno<br />

l’acquirente.<br />

In ordine al carattere sussidiario del reato<br />

ex art. 517 codice penale rispetto alla<br />

fattispecie prevista dall’art. 474, deve ritenersi<br />

infine che quest’ultima fattispecie<br />

prevale nei casi di contraffazione del marchio<br />

vero e proprio, elemento non richiesto<br />

dalla minore ipotesi prevista dall’art.<br />

517 codice penale.<br />

Il confronto e le differenze emerse tra le<br />

due fattispecie sono state oggetto di approfondimento<br />

nella giurisprudenza penale<br />

(Cassazione penale , sezione V,<br />

7.2.1984, n.1104; idem, 7.4.1986,<br />

n.2670).<br />

In definitiva, la giurisprudenza di legittimità<br />

ritiene prevalente la norma incriminatrice<br />

dell’art. 474 codice penale, che<br />

prevede una fattispecie più grave nell’ipotesi<br />

in cui vi sia stata contraffazione in<br />

senso proprio del prodotto detenuto o posto<br />

in vendita, lasciando invece alla disposizione<br />

ex art. 517 codice penale un<br />

ruolo sussidiario, limitato alla imitazione<br />

dei prodotti.<br />

Si ripropone quindi il problema della differenza<br />

tra le due ipotesi, contraffazione<br />

e mera imitazione del marchio o segno<br />

distintivo.<br />

7) La condotta dell’acquirente<br />

di merce contraffatta.<br />

Il reato di incauto acquisto<br />

(art. 712 c.p.). Suo rapporto<br />

con l’art. 1 commi 7 ss.<br />

legge 14.5.2005 n. 80 e modifiche<br />

7.1. Nel variegato quadro normativo vigente,<br />

si inserisce il decreto legge sulla<br />

“competitività “, poi convertito nella legge<br />

n. 80/2005.<br />

L’art. 1 c. 7 ss. introduce una importante<br />

fattispecie sanzionatoria amministrativa<br />

in materia di lotta alla contraffazione.<br />

Si tratta di una norma molto discussa e<br />

chiaramente destinata a scoraggiare, con<br />

una sanzione pecuniaria molto pesante<br />

(il minimo nel verbale era in origine fissato<br />

a 3.333 euro, ovvero un terzo del<br />

massimo previsto in 10.000 euro), i potenziali<br />

clienti delle merci fasulle ed incidere<br />

quindi sul versante della domanda,<br />

diversamente dalle norme penali ed<br />

amministrative fin qui viste che incidono<br />

tutte sul versante dell’offerta, ovvero del<br />

venditore, del produttore o distributore.<br />

Riportiamo il testo integrale della norma<br />

dell’ art. 1 c. 7 ss.:<br />

“ 7. Salvo che il fatto costituisca reato, è<br />

punito con la sanzione amministrativa pecuniaria<br />

fino a 10.000 euro l’acquisto o<br />

l’accettazione, senza averne prima accertata<br />

la legittima provenienza, a qualsiasi<br />

titolo di cose che, per la loro qualità<br />

o per la condizione di chi le offre o per<br />

l’entità del prezzo, inducano a ritenere<br />

che siano state violate le norme in materia<br />

di origine e provenienza dei prodotti<br />

ed in materia di proprietà intellettuale. La<br />

sanzione di cui al presente comma si applica<br />

anche a coloro che si adoperano<br />

per fare acquistare o ricevere a qualsiasi<br />

titolo alcuna delle cose suindicate, senza<br />

averne prima accertata la legittima<br />

provenienza. ((In ogni caso si procede alla<br />

confisca amministrativa delle cose di<br />

cui al presente comma. Restano ferme le<br />

norme di cui al decreto legislativo 9 aprile<br />

2003, n. 70)).<br />

8. Le somme derivanti dall’applicazione<br />

delle sanzioni previste dal comma 7 sono<br />

versate all’entrata del bilancio dello<br />

84<br />

Stato per essere riassegnate ad appositi<br />

capitoli, anche di nuova istituzione, dello<br />

stato di previsione del Ministero delle<br />

attività produttive e del Ministero degli affari<br />

esteri, da destinare alla lotta alla contraffazione.<br />

9. All’articolo 4, comma 49, della legge<br />

24 dicembre 2003, n. 350, dopo le parole:<br />

"fallaci indicazioni di provenienza"<br />

sono inserite le seguenti: "o di origine".<br />

10. All’articolo 517 del codice penale, le<br />

parole: "due milioni" sono sostituite dalle<br />

seguenti: "ventimila euro"”.<br />

La norma prevede in definitiva una nuova<br />

fattispecie di illecito amministrativo a<br />

carico dell’acquirente di merce contraffatta<br />

e dell’intermediario nel traffico illecito<br />

in parola.<br />

Da segnalare che con la legge n.49 del<br />

21 febbraio 2006, in materia di Olimpiadi<br />

invernali, art.5bis (“lotta alla contraffazione”),<br />

la sanzione amministrativa è stata<br />

modificata, prevedendo ora il minimo<br />

di euro 500. Ai sensi della legge<br />

24.11.1981 n.689 essa comporta quindi<br />

la facoltà di pagamento in misura ridotta<br />

di euro 1000 (doppio del minimo).<br />

7.2. La norma sembra apprestare una sanzione<br />

alla condotta del compratore ed all’intermediario<br />

di merci che al comune<br />

uomo della strada appaiano di provenienza<br />

dubbia.<br />

Si pone pertanto la questione del concorso<br />

apparente di norme con l’art. 712<br />

c.p., il c.d. reato di incauto acquisto (acquisto<br />

di cose di sospetta provenienza).<br />

La norma dell’art. 1 c. 7 legge n. 80/2005<br />

infatti ricalca, anche nella lettera, l’art.<br />

712 c.p. prevedendo una fattispecie che<br />

potremmo definire di “incauto acquisto<br />

amministrativo”.<br />

La norma della legge c.d. sulla competitività<br />

sembra prevalere, ai sensi della legge<br />

n. 689/1981 art. 9, essendo in rapporto<br />

di specialità, rispetto alla norma incriminatrice<br />

penale dell’art. 712 c. p..<br />

La specialità pare evidente almeno con<br />

riguardo all’oggetto della fattispecie amministrativa,<br />

costituito solo dalle merci<br />

sottoposte alla tutela della proprietà intellettuale,<br />

ovvero della loro origine e provenienza,<br />

mentre l’incauto acquisto penale<br />

ha ad oggetto materiale la generalità<br />

dei beni che provengono da reato.<br />

Di rilievo sono i seguenti elementi della<br />

fattispecie in esame:<br />

- l’acquirente di merci contraffatte sog-


giace all’obbligo di pagamento in misura<br />

ridotta di 1.000 euro ( doppio del minimo,<br />

ai sensi della legge n. 689/1981,<br />

art. 16);<br />

- autorità amministrativa competente per<br />

i ricorsi ed il procedimento sanzionatorio<br />

conseguente è la Prefettura;<br />

- i proventi sono devoluti allo Stato;<br />

- è previsto il sequestro amministrativo<br />

della merce acquistata, ai fini della confisca.<br />

Da sottolineare nel contesto che il<br />

venditore soggiace comunque a conseguenze<br />

penali, trattandosi di merce contraffatta,<br />

con conseguente sequestro penale<br />

delle altre merci in vendita e denuncia<br />

per i reati di ricettazione e vendita<br />

di prodotti falsi, ex artt. 648 e 474 c.p.<br />

8) Questioni normative<br />

ed organizzative in materia<br />

di commercio abusivo<br />

e lotta alla contraffazione<br />

In conclusione, ci sembrano utili alcune<br />

considerazioni e proposte, specie<br />

con riguardo alla necessità di potenziare<br />

l’azione di controllo e repressione sul<br />

territorio dei deprecati fenomeni fin qui<br />

trattati.<br />

8.1. Il decreto legislativo 31.3.1998 n.<br />

114 (riforma del commercio) sanziona<br />

all’art. 29 l’esercizio del commercio su<br />

aree pubbliche senza autorizzazione,<br />

fuori dal territorio previsto nell’autorizzazione,<br />

ovvero in violazione di limitazioni<br />

e divieti stabiliti dal Comune. In sostanza<br />

è perseguibile solo l’atto della<br />

vendita. In entrambe le fattispecie citate<br />

di illecito amministrativo occorre rilevare<br />

che spesso di fatto la vendita nelle strade<br />

avviene a seguito e mediante un lungo<br />

e paziente stazionamento dei venditori,<br />

con involucri chiusi e contenenti la<br />

merce da esitare. Ciò impedisce agli organi<br />

di Polizia di verbalizzare il trasgressore<br />

e sequestrare le merci. Occorre<br />

pertanto una modifica dell’art. 29 d. lgs.<br />

n.114/1998, che preveda e sanzioni in<br />

via amministrativa anche la sola detenzione<br />

ai fini della vendita, esercitata abusivamente<br />

in forma itinerante su aree<br />

pubbliche, quale illecito amministrativo,<br />

equiparandola all’esercizio effettivo della<br />

vendita abusiva. Ciò consentirebbe di<br />

potenziare l’azione di contrasto del commercio<br />

abusivo sulle spiagge, nelle strade,<br />

nei luoghi di arrivo e di stazionamento<br />

dei “venditori”.<br />

8.2. In ambito penale occorre rammentare<br />

la citata restrittiva giurisprudenza di<br />

merito, anche in ordine agli atti di assicurazione<br />

della prova da parte della<br />

Polizia giudiziaria, in specie del sequestro<br />

probatorio di merci contraffatte ex art.<br />

473 c.p.. Si sostiene che non integra il<br />

reato di introduzione nello Stato e commercio<br />

di prodotti distintivi con segni falsi,<br />

previsto dall’ art. 474 c. p., la detenzione<br />

di merci ove il marchio sia stato servilmente<br />

imitato, ovvero imitato in modo<br />

grossolano, imitazione quindi priva di<br />

idoneità decettiva della pubblica fede, come<br />

tale rilevante solo in sede civile quale<br />

forma di concorrenza sleale (Tribunale<br />

Genova, sezione riesame, ord. 28 febbraio-2<br />

marzo 2005). Era stato annullato<br />

nel caso di Genova un sequestro probatorio<br />

disposto dal P.M. di 309 cartoni contenenti<br />

7350 borse con marchio contraffatto<br />

Louis Vuitton, detenute da un extracomunitario.<br />

La sezione del riesame del<br />

Tribunale ligure ha ritenuto nella specie<br />

di escludere la “contraffazione” in senso<br />

stretto, accogliendo l’orientamento che<br />

in sostanza distingue la imitazione mera<br />

dalla vera contraffazione del marchio, ritenendo<br />

che la prima sia irrilevante penalmente<br />

in quanto non atta ad ingannare<br />

i compratori. La Cassazione ha mostrato<br />

di non condividere tale tesi (cfr.<br />

Cassazione sez. II penale, sent.<br />

11.5.2005). Pare necessario comunque<br />

un intervento normativo sull’art. 474 c.p.<br />

che chiarisca l’ambito oggettivo di applicazione<br />

della norma incriminatrice. Le<br />

modifiche normative proposte, in definitiva,<br />

consentirebbero di perseguire:<br />

- in sede amministrativa ex art. 29 d.lgs.<br />

n.114/1998 le ipotesi di detenzione o<br />

vendita di merce non contraffatta, se svolte<br />

abusivamente o fuori da limiti e divieti<br />

locali;<br />

- in sede penale ex art.474 c.p. la detenzione<br />

e la vendita di merce recante marchi<br />

o segni distintivi nazionali od esteri,<br />

siano contraffatti che imitati servilmente<br />

o grossolanamente.<br />

8.3. Circa l’organizzazione delle strutture<br />

pubbliche del settore, occorre evidenziare<br />

la necessità di assegnare un ruolo<br />

decisivo alle autonomie locali, da sempre<br />

impegnate sul territorio nella lotta ai<br />

fenomeni citati.<br />

Di rilievo è la recente costituzione dell’alto<br />

commissario governativo per la lotta<br />

alla contraffazione, disposta con la leg-<br />

85<br />

ge n. 80/ 2005 in materia di competitività<br />

economica.<br />

A tal fine si ritiene utile:<br />

- prevedere almeno due esponenti di<br />

enti locali quali membri di diritto<br />

nell’Alto commissariato per la lotta alla<br />

contraffazione, ovvero un rappresentante<br />

ed un Comandante di Polizia municipale<br />

di capoluogo di medie o di<br />

grandi dimensioni;<br />

- stabilire il principio che la Polizia municipale<br />

è organo preposto alla lotta alla<br />

contraffazione ed al commercio abusivo,<br />

quale forza di Polizia locale a competenza<br />

specializzata.<br />

8.4. Strumentale rispetto al punto 8.3, circa<br />

il potenziamento del ruolo delle autonomie<br />

locali nella lotta alla contraffazione,<br />

riteniamo essere una modifica sostanziale<br />

dell’art. 57 c.p.p. (Ufficiali ed<br />

agenti di Polizia giudiziaria) volta a ridurre<br />

i limiti generali delle qualifiche di<br />

Polizia giudiziaria del personale della<br />

Polizia locale, tema su cui pendono disegni<br />

di legge in parlamento.<br />

In particolare occorre:<br />

- eliminare il limite del territorio comunale<br />

alle funzioni di p.g. della Polizia municipale;<br />

- eliminare altresì il limite dell’orario di<br />

servizio.<br />

Ciò consentirebbe di estendere l’azione<br />

di contrasto e repressione penale fino all’ambito<br />

del territorio provinciale e regionale,<br />

consentendo di colpire i luoghi<br />

di temporaneo stoccaggio e deposito delle<br />

merci contraffatte, destinate ai venditori<br />

al dettaglio sulle strade e nei mercati.<br />

Infatti, spesso tali luoghi sono posti fuori<br />

dai <strong>Comuni</strong> ove poi si svolge il fenomeno<br />

della vendita abusiva.<br />

8.5. Sembra infine necessario che in<br />

ambito provinciale operino gruppi interforze<br />

specializzati in materia, composti<br />

in ipotesi da operatori della<br />

Guardia di Finanza e della Polizia municipale.<br />

A tali gruppi operativi specializzati<br />

dovrebbe corrispondere analoga<br />

specializzazione per materia presso le<br />

Procure della Repubblica. La doppia<br />

specializzazione, della Polizia giudiziaria<br />

e delle procure, peraltro si inserirebbe<br />

in un filone legislativo che ha già<br />

portato alla istituzione delle sezioni specializzate<br />

nella proprietà industriale<br />

presso i tribunali ordinari civili.


MARCO GIGLIO<br />

Comandante della Polizia locale<br />

di Erba (CO)<br />

LE FUNZIONI DEL DIRIGENTE DELLA POLIZIA LOCALE<br />

IN MATERIA URBANISTICO-EDILIZIA<br />

Si pensava che con il passaggio delle<br />

funzioni di controllo e repressione<br />

in materia urbanistico - edilizia,<br />

dal sindaco (organo politico) al dirigente<br />

o responsabile del servizio<br />

tecnico comunale (organo amministrativo),<br />

potesse fermare l’edificazione<br />

indiscriminata sul territorio.<br />

Tutto ciò non è avvenuto e le cause<br />

sono da ricercare considerando<br />

vari aspetti:<br />

- politico = questi ultimi venti anni<br />

sono stati caratterizzati da una serie<br />

di condoni edilizi che hanno incoraggiato<br />

l’abusivismo edilizio;<br />

- legislativo = una farraginosa e<br />

convulsa e in alcuni casi contraddittoria<br />

legislazione conclusasi con<br />

il DPR 380/2001, ha determinato<br />

uno stato di confusione ed incertezza<br />

negli operatori (professionisti)<br />

e nei confronti dei controllori<br />

(Comune);<br />

- amministrativo = l’introduzione<br />

dell’istituto del silenzio assenso<br />

nelle richieste di concessione edilizia<br />

e dichiarazioni di inizio attività<br />

ha da una parte accelerato i<br />

tempi di rilascio dei titoli abilitativi<br />

ma da un’altra parte ha consentito<br />

la legittimazione di permessi<br />

senza titolo che attraverso un controllo<br />

preventivo non sarebbero<br />

mai stati rilasciati.<br />

L’ultima causa è determinata dal-<br />

l’organizzazione che l’ente si è dato<br />

per l’espletamento delle funzioni<br />

di vigilanza degli abusi edilizi.<br />

Partendo da quest’ultima analisi va<br />

precisato che in forza dell’articolo<br />

27 del testo unico delle disposizioni<br />

legislative e regolamentari in<br />

materia edilizia, con riferimento all’articolo<br />

4 della legge 28 febbraio<br />

1985, n.47 ed agli articoli 107 e<br />

109 del testo unico enti locali che<br />

cita “il dirigente o responsabile del<br />

competente ufficio comunale esercita,<br />

anche secondo le modalità<br />

stabilite dallo statuto o dai regolamenti<br />

dell’ente, la vigilanza sull’attività<br />

urbanistico edilizia nel<br />

territorio comunale per assicurarne<br />

la rispondenza alle norme di<br />

legge e di regolamento, alle prescrizioni<br />

degli strumenti ed alle<br />

modalità esecutive fissate nei titoli<br />

abilitativi”.<br />

Con questo articolo si assiste al definitivo<br />

trasferimento delle competenze<br />

dal sindaco al dirigente ex<br />

art.107 T.U. enti locali o nei comuni<br />

privi di questa figura al responsabile<br />

dell’ufficio tecnico ex<br />

art.109 T.U. enti locali.<br />

I dirigenti e responsabili dell’ufficio<br />

tecnico possono emettere ordinanze<br />

con effetto ripristinatorio<br />

se il sindaco ha delegato a detti<br />

soggetti questo aspetto della vita<br />

amministrativa locale in conformità<br />

dello statuto e dei regolamenti<br />

di organizzazione.<br />

86<br />

Anche in virtù del fatto che dette<br />

ordinanze contengono delle valutazioni<br />

essenzialmente di carattere<br />

tecnico, finalizzate alla puntuale<br />

applicazione ed esecuzione di leggi<br />

e regolamenti. Alla luce di quanto<br />

sopra, la vigilanza ed i poteri<br />

sanzionatori in materia urbanisticoedilizia,<br />

attribuite al sindaco sono<br />

ora di competenza esclusiva del dirigente<br />

o responsabile dell’ufficio<br />

comunale competente che è rappresentato<br />

dall’ufficio tecnico per i<br />

motivi di cui sopra.<br />

Contrariamente a quanto detto sopra<br />

si fa presente che la norma non precisa<br />

a quale ufficio comunale debba<br />

essere attribuito il potere di ordinatorio<br />

rinviando la specifica allo statuto<br />

o regolamenti comunali di organizzazione,<br />

ciò non preclude che<br />

tale funzione non possa essere delegata<br />

al dirigente e/o responsabile<br />

della Polizia locale, che in egual misura<br />

al dirigente dell’ufficio tecnico<br />

potrebbe essere competente.<br />

Dopo tutto il Comandante della<br />

Polizia locale tratta quotidianamente<br />

materie giuridiche ed applica sanzioni<br />

amministrative a differenza del dirigente/architetto<br />

o ingegnere dell’ufficio<br />

tecnico e in alcuni casi oltre all’esperienza<br />

ne possiede pure i titoli<br />

accademici (laurea in giurisprudenza,<br />

scienze politiche ecc..) che gli<br />

consente di avere una preparazione<br />

tecnico giuridica sui provvedimenti<br />

ammnistrativi.


CENNI SUI POTERI<br />

DEL DIRIGENTE<br />

IN MATERIA<br />

URBANISTICO EDILIZIA<br />

Il comma 1 dell’art.27 del T.U. contiene<br />

una norma prescrittiva del dovere<br />

del dirigente e/o responsabile<br />

dell’ufficio competente di vigilare<br />

sull’uso e la gestione del territorio,<br />

in particolare accertando che l’attività<br />

di trasformazione del suolo avvenga<br />

in modo conforme sia agli<br />

strumenti urbanistici sia ai permessi<br />

di costruire e DIA. L’esercizio<br />

dell’attività di vigilanza del dirigente<br />

e/ responsabile dell’ufficio si<br />

estrinseca mediante l’impiego diretto<br />

di funzionari appartenenti l’ufficio<br />

tecnico ma soprattutto mediante<br />

l’impiego di ufficiali ed<br />

agenti di Polizia giudiziaria appartenenti<br />

alla Polizia locale.<br />

Quindi al dirigente o responsabile<br />

dell’ufficio comunale competente<br />

appartiene una sorta di vigilanza<br />

preventiva in quanto capo della gestione<br />

amministrativa comunale,<br />

detto potere è il logico sviluppo di<br />

quello di rilasciare permessi di costruire,<br />

il permesso di costruire è un<br />

atto del dirigente dell’ufficio in<br />

quanto capo della gestione amministrativa.<br />

Per contro, al comandante,<br />

in quanto capo della Polizia<br />

locale, e diretto responsabile della<br />

Polizia locale e giudiziaria, appartiene<br />

una sorta di vigilanza successiva<br />

e susseguente al rilascio titoli<br />

abilitativi.<br />

Dal tenore della norma risulta che<br />

il dirigente e/o responsabile dell’ufficio<br />

esercita la vigilanza non solo<br />

su impulso o denuncia, ma in via<br />

continuativa e d’ufficio. Infatti, la<br />

vigilanza del dirigente e /o responsabile<br />

d’ufficio si presenta come un<br />

potere-dovere, indipendentemente<br />

dai modi o dai soggetti che segnalano<br />

al dirigente stesso, la rispondenza<br />

alle normative di legge o di<br />

regolamento, dell’attività urbanistico<br />

- edilizia nel territorio comuna-<br />

le. La giurisprudenza specifica che<br />

la predetta vigilanza deve avvenire<br />

con immediatezza, nel corso dei lavori<br />

e senza aspettare la conclusione<br />

degli stessi.<br />

Questo è uno dei motivi fondanti la<br />

tesi di trasferire detta competenza<br />

al dirigente e/o responsabile della<br />

vigilanza o Polizia locale che per<br />

sua natura è dotato di altri strumenti<br />

efficaci forniti dal codice e procedura<br />

penale come il sequestro preventivo<br />

delle opere realizzate abusivamente.<br />

L’obbligo di intervento è confermato<br />

dal 2 comma dell’art.27 del testo<br />

unico in cui il dirigente e/ responsabile<br />

dell’ufficio ha il potere di disporre<br />

e provvedere alla immediata<br />

demolizione delle opere, nonché<br />

al ripristino dello stato dei luoghi,<br />

nell’ipotesi in cui sia stato accertato<br />

l’inizio di opere edilizie senza titolo<br />

che risultino realizzate su aree<br />

sottoposte a vincolo di inedificabilità<br />

ovvero destinate ad opere o<br />

spazi pubblici di cui alla legge 18<br />

aprile 1962, n.167 e successive modificazioni<br />

ed integrazioni.<br />

Questa possibilità è giustificata dalla<br />

chiarezza della fattispecie (manomissione<br />

di una zona in edificabile),<br />

nonché dalla univocità della<br />

sanzione prevista (demolizione), che<br />

esclude qualsiasi possibilità di sanatoria<br />

o di conversione del danno<br />

urbanistico in sanzione pecuniaria.<br />

Può affermarsi che il potere di vigilanza<br />

si viene a configurare non solo<br />

come un potere preordinato alla<br />

verifica della rispondenza dell’attività<br />

di trasformazione urbanisticoedilizia<br />

alle disposizioni legislative<br />

e alla disciplina urbanistica vigente<br />

ma anche come un potere di prevenzione<br />

degli abusi, mediante interventi<br />

immediati nella fase della<br />

loro iniziale commissione.<br />

Fuori l’ipotesi del 2 comma, il diri-<br />

88<br />

gente e/o responsabile ha sempre<br />

l’obbligo di ordinare la sospensione<br />

dei lavori, immediatamente, dopo<br />

aver accertato tramite la Polizia<br />

locale ed i funzionari dell’ufficio<br />

tecnico, l’inosservanza delle norme,<br />

prescrizioni e modalità previste dalle<br />

norme e dagli strumenti urbanistici.<br />

Il potere dirigenziale di sospensione<br />

lavori deve ritenersi subordinato alla<br />

preventiva constatazione dell’abusivismo<br />

dell’opera, pertanto deve ritenersi<br />

illegittimo il provvedimento di<br />

sospensione adottato al solo scopo di<br />

effettuare accertamenti in ordine alla<br />

legittimità del manufatto in corso di<br />

realizzazione.<br />

Il dirigente ha il potere di ordinare la<br />

sospensione lavori edilizi ritenuti illegittimi<br />

solo quando questi ultimi siano<br />

ancora in corso, inutile se l’opera<br />

abusiva risulti già realizzata in questo<br />

caso l’ordine di demolizione non è<br />

condizionato dalla prima emanazione<br />

dell’atto soppressorio.<br />

La sospensione delle opere illecite<br />

disposte con ordinanza del dirigente<br />

ha effetto fino all’adozione dei<br />

provvedimenti definitivi di natura<br />

sanzionatoria e comunque non oltre<br />

45 giorni dalla notifica dell’ordine<br />

di sospensione medesimo.<br />

Il dirigente ha il potere di adottare<br />

i provvedimenti repressivi anche<br />

dopo la scadenza del termine di efficacia<br />

dell’ordine di sospensione.<br />

Qualora decorrano i 45 giorni senza<br />

che il dirigente emetta provvedimento<br />

definitivo, il destinatario<br />

può riprendere i lavori, ma ciò non<br />

esclude l’emanazione di ulteriori atti<br />

di carattere cautelare.<br />

È legittima, quindi, scaduto il termine,<br />

l’emissione di un’altra ordinanza<br />

di sospensione. Come si ritiene<br />

che l’ordinanza sia rinnovabile<br />

anche prima della scadenza<br />

quando non sia stato possibile una<br />

valutazione compiuta della situazione<br />

di fatto e di diritto che ha<br />

consigliato l’adozione della misura<br />

cautelare.


MARCO DE VITA<br />

Dirigente della Polizia municipale<br />

di Torino<br />

LA TUTELA DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI<br />

Secondo la miglior dottrina, (1) accanto<br />

alla legislazione urbanistica generale,<br />

esistono normative di settore a tutela di<br />

specifici interessi pubblici, fra i quali il<br />

paesaggio e il patrimonio storico - artistico.<br />

Questo realizza quel sistema di<br />

tutele parallele “in cui ogni potere pubblico<br />

provvede autonomamente alla tutela<br />

di quello specifico interesse cui è<br />

addetto” (2) tendenti alla salvaguardia del<br />

paesaggio e del patrimonio storico ed<br />

artistico della nazione, sancita dall’articolo<br />

9 della Costituzione.<br />

La tutela si concretizza, in particolar<br />

modo, con l’imposizione di vincoli, ossia<br />

“…interventi dell’autorità pubblica<br />

che importano l’affievolimento del diritto<br />

di proprietà”. (3) Detta normativa<br />

speciale si è basata per anni principalmente<br />

sulle leggi 1 giugno 1939, n.<br />

1089, sulla protezione delle cose di interesse<br />

artistico e storico; 29 giugno<br />

1939, n. 1497, sulla protezione delle<br />

bellezze naturali e panoramiche; 8 agosto<br />

1985, n. 431, sulla tutela delle zone<br />

di particolare interesse ambientale (c.d.<br />

legge “Gala sso”); sugli articoli 733 e<br />

734 del codice penale. Peraltro, la legislazione<br />

del 1939 è stata oggetto oltre<br />

che di molte modificazioni, anche di numerose<br />

critiche, in particolare per la visione,<br />

definita “estetizzante”, dei beni<br />

culturali e paesaggistici e la dottrina più<br />

autorevole ha auspicato, invece, un’ottica<br />

di accentuazione dei valori di “me-<br />

(1) GIANNINI M.S. - I beni culturali, in Riv.<br />

Trim. dir. Pubbl., 1973.<br />

(2) SALVIA - TERESI, Lineamenti di diritto urbanistico,<br />

CEDAM, Padova, 1980.<br />

(3) SANDULLI - Manuale di diritto amministrativo,<br />

JOVENE, Napoli, 1984.<br />

moria e testimonianza di civiltà”, che<br />

giustifichino la conservazione anche come<br />

mezzo di continuità tra presente e<br />

passato.<br />

La tutela delle cose d’interesse artistico<br />

e storico<br />

La normativa fondamentale in materia,<br />

già presa in esame dalla citata legge<br />

1089/39, è oggi contenuta nella parte<br />

seconda del decreto legislativo 22 gennaio<br />

2004, n. 42 (meglio conosciuto come<br />

“Codice Urbani”) che, all’articolo<br />

10, stabilisce che:<br />

1. Sono beni culturali le cose immobili<br />

e mobili appartenenti allo Stato, alle<br />

regioni, agli altri enti pubblici territoriali,<br />

nonché ad ogni altro ente ed<br />

istituto pubblico e a persone giuridiche<br />

private senza fine di lucro, che presentano<br />

interesse artistico, storico, archeologico<br />

o etnoantropologico.<br />

2. Sono inoltre beni culturali:<br />

a) le raccolte di musei, pinacoteche,<br />

gallerie e altri luoghi espositivi dello<br />

Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici<br />

territoriali, nonché di ogni altro<br />

ente ed istituto pubblico;<br />

b) gli archivi e i singoli documenti dello<br />

Stato, delle regioni, degli altri enti<br />

pubblici territoriali, nonché di ogni altro<br />

ente ed istituto pubblico;<br />

c) le raccolte librarie delle biblioteche<br />

dello Stato, delle regioni, degli altri enti<br />

pubblici territoriali, nonché di ogni<br />

altro ente e istituto pubblico.<br />

3. Sono altresì beni culturali, quando<br />

sia intervenuta la dichiarazione prevista<br />

dall’articolo 13<br />

a) le cose immobili e mobili che pre-<br />

89<br />

sentano interesse artistico, storico, archeologico<br />

o etnoantropologico particolarmente<br />

importante, appartenenti a<br />

soggetti diversi da quelli indicati al<br />

comma 1;<br />

b) gli archivi e i singoli documenti, appartenenti<br />

a privati, che rivestono interesse<br />

storico particolarmente importante;<br />

c) le raccolte librarie, appartenenti a privati,<br />

di eccezionale interesse culturale;<br />

d) le cose immobili e mobili, a chiunque<br />

appartenenti, che rivestono un interesse<br />

particolarmente importante a<br />

causa del loro riferimento con la storia<br />

politica, militare, della letteratura, dell’arte<br />

e della cultura in genere, ovvero<br />

quali testimonianze dell’identità e della<br />

storia delle istituzioni pubbliche, collettive<br />

o religiose;<br />

e) le collezioni o serie di oggetti, a chiunque<br />

appartenenti, che, per tradizione,<br />

fama e particolari caratteristiche ambientali,<br />

rivestono come complesso un<br />

eccezionale interesse artistico o storico.<br />

4. Sono comprese tra le cose indicate al<br />

comma 1 e al comma 3, lettera a)<br />

a) le cose che interessano la paleontologia,<br />

la preistoria e le primitive civiltà;<br />

b) le cose di interesse numismatico;<br />

c) i manoscritti, gli autografi, i carteggi,<br />

gli incunaboli, nonché i libri, le stampe<br />

e le incisioni, con relative matrici, aventi<br />

carattere di rarità e di pregio;<br />

d) le carte geografiche e gli spartiti musicali<br />

aventi carattere di rarità e di pregio;<br />

e) le fotografie, con relativi negativi e<br />

matrici, le pellicole cinematografiche<br />

ed i supporti audiovisivi in genere,<br />

aventi carattere di rarità e di pregio;<br />

f) le ville, i parchi e i giardini che ab-


iano interesse artistico o storico;<br />

g) le pubbliche piazze, vie, strade e altri<br />

spazi aperti urbani di interesse artistico<br />

o storico;<br />

h) i siti minerari di interesse storico od<br />

etnoantropologico;<br />

i) le navi e i galleggianti aventi interesse<br />

artistico, storico od etnoantropologico;<br />

l) le tipologie di architettura rurale aventi<br />

interesse storico od etnoantropologico<br />

quali testimonianze dell’economia<br />

rurale tradizionale.<br />

Ai sensi della normativa in esame, non<br />

sono soggette a tutela le opere di autori<br />

viventi o la cui esecuzione non risalga<br />

ad oltre 50 anni.<br />

Tale termine è sempre stato considerato<br />

tassativo dalla giurisprudenza (T.A.R.<br />

Lazio, 2 dicembre 1981, n. 1137 - T.A.R.<br />

Abruzzo, 28 marzo 1985, n 143).<br />

L’imposizione del vincolo richiede una<br />

preventiva istruttoria tendente ad accertare<br />

con sicurezza le fonti storiche<br />

e/o documentali. Tale istruttoria è attività<br />

tecnico - discrezionale, finalizzata<br />

ad accertare che il valore dei beni esaminati<br />

possa essere ricondotto ad avvenimenti<br />

storici, di costume o culturali<br />

(T.A.R. Lazio, sez. II, 20 settembre 1991,<br />

n. 1394 - Cons. Stato, sez. VI, 12 dicembre<br />

1992, n. 1055).<br />

Competente in materia di tutela dei beni<br />

culturali è il Ministero omonimo, salvo<br />

per quanto riguarda i manoscritti, autografi,<br />

carteggi, documenti notevoli, incunaboli,<br />

libri, stampe, incisioni aventi<br />

carattere di rarità e pregio per i quali<br />

è competente la Regione.<br />

Il procedimento si concretizza con la<br />

notificazione della “dichiarazione dell’interesse”<br />

ai sensi dell’art. 13, a seguito<br />

di procedimento avviato dal<br />

Ministero (o dalla Regione nei casi previsti)<br />

direttamente o su proposta del soprintendente<br />

o su richiesta della<br />

Regione, della Provincia o del Comune<br />

(art. 12). L’avvio del procedimento va<br />

comunicato al proprietario, possessore<br />

o detentore, ai sensi della legge 7<br />

agosto 1990, n. 241. A conclusione del<br />

procedimento, la dichiarazione deve<br />

essere notificata agli interessati e, se<br />

trattasi di immobili, trascritta nei registri<br />

immobiliari (art. 15).<br />

È consolidato l’indirizzo giurisprudenziale<br />

che impone un particolare rigore<br />

nell’esposizione delle motivazioni<br />

alla base della notificazione di vinco-<br />

lo (Cons. Stato, sez. VI, 26 giugno<br />

1985, n. 353 - T.A.R. Marche, 13 dicembre<br />

1984, n. 529).<br />

Ai sensi dell’articolo 21 del “Codice”<br />

sono subordinati ad autorizzazione del<br />

Ministero:<br />

a) la demolizione delle cose costituenti<br />

beni culturali, anche con successiva<br />

ricostituzione;<br />

b) lo spostamento, anche temporaneo,<br />

dei beni culturali, salvo quanto previsto<br />

ai commi 2 e 3;<br />

c) lo smembramento di collezioni, serie<br />

e raccolte;<br />

d) lo scarto dei documenti degli archivi<br />

pubblici e degli archivi privati per i<br />

quali sia intervenuta la dichiarazione ai<br />

sensi dell’articolo 13;<br />

e) il trasferimento ad altre persone giuridiche<br />

di complessi organici di documentazione<br />

di archivi pubblici, nonché<br />

di archivi di soggetti giuridici privati.<br />

Salvi i casi nei quali si ricorra alla conferenza<br />

di servizi o alla valutazione di<br />

impatto ambientale, in caso di interventi<br />

di edilizia pubblica o privata,<br />

l’autorizzazione di cui al citato articolo<br />

21, comma 4, deve essere rilasciata<br />

Bellezze naturali Cose immobili aventi notevoli caratteri di bellezza naturale<br />

o singolarità geologica, dove gli aspetti e le conformazioni<br />

del terreno, delle acque o della vegetazione conferiscano<br />

caratteri di bellezza e rarità. (art. 9, n. 1, R.D. 3 giugno<br />

1940, n. 1357), ovvero la singolarità geologica ne evidenzi<br />

uno specifico interesse scientifico. (art. 9, n. 2, R.D.<br />

3 giugno 1940, n. 1357).*<br />

Ville, giardini, parchi Non compresi fra quelli assoggettati a tutela dal D. Lgs.<br />

490/1999, Titolo I, ma che si distinguono per la non comune<br />

bellezza, anche in relazione alla flora, all’ambiente,<br />

soprattutto se si trovano entro il perimetro della<br />

città e vi costituiscono una attraente zona verde.<br />

(art. 9, n. 3, R.D. 3 giugno 1940, n. 1357).*<br />

Complessi caratteristici<br />

di immobili<br />

Bellezze panoramiche<br />

90<br />

entro 120 giorni, mentre quando necessiti<br />

il titolo abilitativo edilizio e sia<br />

possibile il ricorso alla DIA di cui al<br />

d.P.R. 6 giugno 2001, 380, l’interessato<br />

trasmette al comune l’autorizzazione<br />

conseguita, corredata dal relativo<br />

progetto.<br />

La tutela dei beni paesaggistici ed ambientali<br />

La parte terza del citato “Codice Urbani”,<br />

prende in esame i beni paesaggistici<br />

ed ambientali ed, in particolare,<br />

all’art. 134 prevede la tutela, in attuazione<br />

dell’art. 9 della Costituzione, per:<br />

a) gli immobili e le aree indicati all’articolo<br />

136, individuati ai sensi degli articoli<br />

da 138 a 141;<br />

b) le aree indicate all’articolo 142;<br />

c) gli immobili e le aree comunque sottoposti<br />

a tutela dai piani paesaggistici<br />

previsti dagli articoli 143 e 156.<br />

Si può porre in evidenza che la distinzione<br />

di cui sopra, era già attuata dalla<br />

normativa previgente ed, in particolare,<br />

dalla legge 29 giugno 1939, n.<br />

1497, laddove per i beni presi in esame<br />

veniva prevista la tutela mediante<br />

provvedimento amministrativo, e dalla<br />

legge 8 agosto 1985, n. 431 “Ga-<br />

Aventi la caratteristica essenziale di una spontanea concordanza<br />

e fusione fra l’espressione della natura e quella del<br />

lavoro umano. (art. 9, n. 4, R.D. 3 giugno 1940, n. 1357).*<br />

Che si possono godere da un punto di vista o belvedere<br />

accessibile al pubblico, nel qual caso sono da proteggere<br />

l’uno e le altre. (art. 9, n. 5, R.D. 3 giugno 1940,<br />

n. 1357).*


lasso” che, invece, prevedeva direttamente<br />

la tutela per tutta una serie di<br />

territori, in ragione del loro interesse<br />

paesaggistico.<br />

L’art. 142, invece, ricalca gli artt. 1 e 1<br />

quater della legge 431/1985 “Galasso”,<br />

e sottopone a tutela:<br />

a) territori costieri compresi in una fascia<br />

della profondità di m. 300 dalla linea<br />

di battigia, anche per i territori elevati<br />

sul mare;<br />

b) territori contermini ai laghi compresi<br />

in una fascia della profondità di m.<br />

300 dalla linea di battigia, anche per i<br />

territori elevati sui laghi;<br />

c) fiumi, torrenti, corsi d’acqua iscritti<br />

negli elenchi di cui al T.U. delle disposizioni<br />

di legge sulle acque ed impianti<br />

elettrici, approvato con R.D. 11<br />

dicembre 1933, n. 1755, e le relative<br />

sponde o piede degli argini per una fascia<br />

di m. 150 ciascuna;<br />

d) montagne per la parte eccedente m.<br />

1.600 s.l.m. per la catena alpina e m.<br />

1.200 s.l.m. per la catena appenninica<br />

e per le isole;<br />

e) ghiacciai e circhi glaciali;<br />

f) parchi e riserve nazionali o regionali,<br />

nonché i territori di protezione esterna<br />

dei parchi;<br />

g) territori coperti da foreste e da bo-<br />

schi, ancorché percorsi o danneggiati<br />

dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo<br />

di rimboschimento;<br />

h) aree assegnate alle università agrarie<br />

e zone gravate da usi civici;<br />

i) zone umide incluse nell’elenco di<br />

cui al d.P.R. 13 marzo 1976, n. 448;<br />

l) i vulcani;<br />

m) zone di interesse archeologico.<br />

Le disposizioni di cui al co. I non si applicano<br />

alle aree che, alla data del 6 settembre<br />

1985:<br />

a) erano delimitate negli strumenti urbanistici<br />

come zone A e B;<br />

b) limitatamente alle parti ricomprese nei<br />

piani pluriennali di attuazione, erano delimitate<br />

negli strumenti urbanistici a norma<br />

del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 come<br />

zone diverse da quelle indicate nella<br />

lettera a) e, nei <strong>Comuni</strong> sprovvisti di<br />

tali strumenti, ricadevano nei centri edificati<br />

perimetrati a norma dell’art. 18 della<br />

legge 22 ottobre 1971, n. 865.<br />

Il regime sanzionatorio<br />

L’articolo 9 della Costituzione recita:<br />

“La Repubblica promuove lo sviluppo<br />

della cultura e la ricerca scientifica e<br />

tecnica.<br />

Tutela il paesaggio e il patrimonio sto-<br />

PRINCIPALI VIOLAZIONI E RELATIVE SANZIONI<br />

Destinazione incompatibile<br />

Chiunque destina i beni culturali indicati<br />

nell’articolo 10 ad uso incompatibile<br />

con il loro carattere storico<br />

od artistico o pregiudizievole per la<br />

loro conservazione o integrità.<br />

Fissazione dei beni<br />

Chiunque omette di fissare al luogo<br />

di loro destinazione, nel modo indicato<br />

dal soprintendente, beni culturali<br />

appartenenti ai soggetti di cui all’articolo<br />

10, comma 1.<br />

Art. 170 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />

ad un anno e ammenda<br />

da 775 a 38.734.<br />

Arresto flagranza:<br />

non consentito<br />

Fermo indiziato:<br />

non consentito<br />

Procedibilità: d’ufficio<br />

Art. 171/1 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />

ad un anno e ammenda<br />

da 775 a 38.734<br />

91<br />

Arresto flagranza:<br />

non consentito<br />

Fermo indiziato:<br />

non consentito<br />

Procedibilità: d’ufficio<br />

rico e artistico della Nazione”. In base<br />

a tale norma, la miglior dottrina (5)<br />

ha ritenuto oggetto di tutela il bene<br />

giuridico paesaggistico ed ambientale,<br />

non solo in funzione delle bellezze<br />

naturali o del paesaggio, ma con<br />

una configurazione più ampia in relazione<br />

al rapporto uomo - ambiente.<br />

L’indirizzo è altresì confortato dalla<br />

giurisprudenza della Corte Costituzionale<br />

che, con le sentenze n. 210 e 641<br />

del 1987, ha ribadito l’unitarietà del<br />

bene “ambiente” sebbene esistano<br />

”…varie componenti, ciascuna delle<br />

quali può anche costituire isolatamente<br />

e separatamente oggetto di cura<br />

e tutela …”, tale linea a conferma<br />

di quanto già contenuto nella famosa<br />

sentenza n. 395 del 1985 sulla legittimità<br />

costituzionale della legge “Galasso”.<br />

A garanzia del rispetto di quanto sopra,<br />

l’ordinamento prevede un sistema<br />

che si basa su sanzioni amministrative,<br />

civili e penali.<br />

(5) BAJNO, La tutela del governo del territorio,<br />

GIUFFRE’, Milano, 1980;<br />

MERUSI, Principi fondamentali,<br />

in “Commentario della Costituzione”, 1975;<br />

REZZONICO, I reati edilizi, PIROLA, MILANO, 1996.<br />

Autorità giudiziaria<br />

Ente competente vincolo<br />

Autorità giudiziaria<br />

Ente competente vincolo<br />

segue a pag. 92


Fissazione dei beni<br />

Chiunque omette di fissare al luogo<br />

di loro destinazione, nel modo indicato<br />

dal soprintendente, beni culturali<br />

appartenenti ai soggetti di cui all’articolo<br />

10, comma 1.<br />

Inosservanza dell’ordine di sospensione<br />

lavori<br />

Inosservanza dell’ordine di sospensione<br />

dei lavori impartito dal soprintendente<br />

ai sensi dell’articolo 28.<br />

Inosservanza di prescrizioni<br />

Chiunque omette il rispetto delle prescrizioni<br />

della soprintendenza nello<br />

spostamento di beni vincolati.<br />

Inottemperanza dell’ordine dell’autorità<br />

preposta alla tutela<br />

Salvo che il fatto non costituisca più<br />

grave reato, chiunque non ottempera<br />

ad un ordine impartito dall’autorità<br />

preposta alla tutela dei beni culturali.<br />

Mancanza di autorizzazione<br />

Chiunque senza autorizzazioe demolisce,<br />

rimuove, modifica, restaura<br />

ovvero esegue opere di qualunque<br />

genere sui beni culturali.<br />

Art. 171/1 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />

ad un anno e ammenda<br />

da 775 a 38.734<br />

Arresto flagranza:<br />

non consentito<br />

Fermo indiziato:<br />

non consentito<br />

Procedibilità: d’ufficio<br />

Art. 169/2 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />

ad un anno e ammenda<br />

da 775 a 38.734<br />

Arresto flagranza:<br />

non consentito<br />

Fermo indiziato:<br />

non consentito<br />

Procedibilità: d’ufficio<br />

Art. 171/2 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />

ad un anno e ammenda<br />

da 775 a 38.734<br />

Arresto flagranza:<br />

non consentito<br />

Fermo indiziato:<br />

non consentito<br />

Procedibilità: d’ufficio<br />

Art. 180/2 d.lgs 42/04 Articolo 650<br />

Codice penale<br />

Arresto fino a 3 mesi<br />

o ammenda fino a 206<br />

Arresto flagranza:<br />

non consentito<br />

Fermo indiziato:<br />

non consentito<br />

Procedibilità: d’ufficio<br />

Art. 169/1 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />

ad un anno e ammenda<br />

da 775 a 38.734<br />

92<br />

Arresto flagranza:<br />

non consentito<br />

Fermo indiziato:<br />

non consentito<br />

Procedibilità: d’ufficio<br />

Autorità giudiziaria<br />

Ente competente vincolo<br />

Autorità giudiziaria<br />

Ente competente vincolo<br />

Autorità giudiziaria<br />

Ente competente vincolo<br />

Autorità giudiziaria<br />

Ente competente vincolo<br />

Autorità giudiziaria<br />

Ente competente vincolo<br />

segue a pag. 93


Mancanza di autorizzazione<br />

Chiunque, senza l’autorizzazione del<br />

soprintendente, procede al distacco<br />

di affreschi, stemmi, graffiti, iscrizioni,<br />

tabernacoli ed altri ornamenti di<br />

edifici, esposti o non alla pubblica<br />

vista, anche se non vi sia stata la dichiarazione<br />

prevista dall’articolo 13.<br />

Mancanza di autorizzazione<br />

Chiunque esegue, in casi di assoluta<br />

urgenza, lavori provvisori indispensabili<br />

per evitare danni notevoli ai<br />

beni indicati nell’articolo 10, senza<br />

darne immediata comunicazione alla<br />

Soprintendenza ovvero senza inviare,<br />

nel più breve tempo, i progetti<br />

dei lavori definitivi per l’autorizzazione.<br />

Omessa comunicazione di spostamento<br />

Chiunque omette di comunicare<br />

all’Ente competente per il vincolo lo<br />

spostamento di beni culturali.<br />

Opere abusive<br />

Opere abusive su edifici o aree sottoposte<br />

a vincolo paesaggistico ambientale.<br />

Inottemperanza dell’ordine<br />

di demolizione e rimessione in pristino.<br />

(Fatte salve le altre sanzioni).<br />

Opere in assenza di autorizzazioni<br />

Esecuzione di lavori in assenza di autorizzazione<br />

o in difformità da essa.<br />

Opere in assenza di autorizzazione<br />

Esecuzione di lavori in assenza di autorizzazione<br />

o in difformità da essa<br />

quando riguardino:<br />

a) ricadano su immobili od aree che,<br />

ai sensi dell'articolo 136, per le loro<br />

caratteristiche paesaggistiche siano<br />

stati dichiarati di notevole interesse<br />

pubblico con apposito provvedi-<br />

Art. 169/1 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />

ad un anno e ammenda<br />

da 775 a 38.734<br />

Arresto flagranza:<br />

non consentito<br />

Fermo indiziato:<br />

non consentito<br />

Procedibilità: d’ufficio<br />

Art. 169/1 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />

ad un anno e ammenda<br />

da 775 a 38.734<br />

Arresto flagranza:<br />

non consentito<br />

Fermo indiziato:<br />

non consentito<br />

Procedibilità: d’ufficio<br />

Art. 171/2 d.lgs 42/04 Arresto da sei mesi<br />

ad un anno e ammenda<br />

da 775 a 38.734<br />

Arresto flagranza:<br />

non consentito<br />

Fermo indiziato:<br />

non consentito<br />

Procedibilità: d’ufficio<br />

Autorità giudiziaria<br />

Ente competente vincolo<br />

Autorità giudiziaria<br />

Ente competente vincolo<br />

Autorità giudiziaria<br />

Ente competente vincolo<br />

Art. 167 d.lgs. 42/04 Confisca del manufatto Ente competente vincolo<br />

Art. 181 d.lgs. 42/05 Articolo 44,<br />

d.p.r. 6 giugno 2001,<br />

n. 380<br />

Art. 181 d.lgs. 42/05 Reclusione<br />

da 1 a 4 anni<br />

93<br />

Non<br />

ammesso<br />

Autorità giudiziaria<br />

Ente competente vincolo<br />

Comune<br />

Autorità giudiziaria<br />

Ente competente vincolo<br />

Comune<br />

segue a pag. 94


mento emanato in epoca antecedente<br />

alla realizzazione dei lavori;<br />

b) ricadano su immobili od aree tutelati<br />

per legge ai sensi dell'articolo 142<br />

ed abbiano comportato un aumento<br />

dei manufatti superiore al trenta per<br />

cento della volumetria della costruzione<br />

originaria o, in alternativa, un<br />

ampliamento della medesima superiore<br />

a settecentocinquanta metri cubi,<br />

ovvero ancora abbiano comportato<br />

una nuova costruzione con una volumetria<br />

superiore ai mille metri cubi.<br />

Ordine di reintegrazione<br />

Violazione degli obblighi di protezione<br />

e conservazione di beni culturali.<br />

Ordine di reintegrazione<br />

Violazione degli obblighi di protezione<br />

e conservazione di beni culturali,<br />

quando non sia tecnicamente<br />

possibile l’intervento ripristinatorio.<br />

Restauro o risanamento conservativo<br />

Restauro o risanamento conservativo<br />

abusiva su immobili sottoposti<br />

a vincolo.<br />

(Fatte salve le altre sanzioni)<br />

Ristrutturazione<br />

Ristrutturazione abusiva<br />

su immobili sottoposti a vincolo.<br />

(Fatte salve le altre sanzioni)<br />

Violazione di obblighi<br />

Violazione degli obblighi e/o degli<br />

ordini previsti dal titolo I della parte<br />

terza del T.U.<br />

Art. 160 d.lgs. 42/04 Ordine di reintegrazione Ente competente vincolo<br />

Art. 160 d.lgs. 42/04 Sanzione pecuniaria<br />

pari al valore della cosa perduta<br />

o alla diminuzione<br />

di valore subita<br />

dalla cosa stessa<br />

37/2<br />

dpr 380/01<br />

33/3<br />

dpr 380/01<br />

Art. 167<br />

d.lgs. 42/04<br />

94<br />

da 516,00<br />

a 10329,00<br />

da 516,00<br />

a 5164,00<br />

Non<br />

ammesso<br />

Non<br />

ammesso<br />

Sanzione pecuniaria pari al maggiore<br />

importo tra il danno arrecato<br />

ed il profitto conseguito mediante<br />

la trasgressione. Laddove l’autorità<br />

amministrativa preposta alla tutela<br />

paesaggistica non provveda d’ufficio,<br />

il direttore regionale competente,<br />

su richiesta della medesima<br />

autorità amministrativa, decorsi<br />

180 giorni dall’accertamento dell'illecito,<br />

diffida alla suddetta autorità<br />

competente a provvedervi nei<br />

successivi 30 giorni, procede alla<br />

demolizione avvalendosi delle<br />

modalità operative previste dall’art.<br />

41 del dpr 6 giugno 2001, n. 380,<br />

a seguito di apposita convenzione<br />

stipulata d’intesa tra il Ministero per<br />

i Beni e le Attività Culturali e il<br />

Ministero della Difesa.<br />

Ente competente vincolo<br />

Comune<br />

Ente competente vincolo<br />

Comune<br />

Ente competente vincolo<br />

Ente competente vincolo


AMBROGIO MOCCIA<br />

Vice Presidente V Sezione Penale<br />

Tribunale di Milano<br />

POLIZIA LOCALE E POLIZIA GIUDIZIARIA:<br />

INDICAZIONI OPERATIVE<br />

E AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE<br />

Quante volte mi è capitato di ascoltare,<br />

nei contesti espositivi più vari, sedicenti,<br />

autoreferenziati cultori del diritto<br />

che pomposamente accreditavano<br />

di “verità” questa o quella strampalata<br />

interpretazione giuridica con il<br />

citare la sentenza del Tribunale di<br />

Vattelapesca o magari del giudice di<br />

pace di Chissadove!<br />

Non mi sono mai sorpreso più di tanto:<br />

il relatore o il conversatore povero<br />

di argomenti, o di conoscenza tecnica<br />

del tema che ha presuntuosamente<br />

accettato di trattare, pratica l’antica arte<br />

di arrampicarsi sui vetri, e trova comodo<br />

l’espediente di suggestionare la<br />

platea (la parte meno attenta o più ingenua<br />

della platea, mi viene di aggiungere)<br />

citando quelle sentenze di<br />

merito che più risultano “originali”; e<br />

non si preoccupa (quel relatore o conversatore)<br />

se la pronuncia che cita abbia<br />

o meno adeguata lucidità di costrutto<br />

e sufficiente riscontro nella legge<br />

prima di tutto, e nei principi interpretativi<br />

dei giudici di legittimità in secondo<br />

luogo. Ma mi sono immancabilmente<br />

irritato - per via del mio solido<br />

rispetto nei confronti della Polizia<br />

locale - quando l’esercizio della “citazione<br />

a casaccio” è stato svolto in<br />

contesti dedicati tematicamente alle<br />

non poche problematiche interessanti<br />

le polizie non statuali. Ecco perché,<br />

senza la presunzione di segnare una<br />

pietra miliare, ma con la ferma intenzione<br />

di documentare in termini rassicuranti<br />

questo mio intervento, ho dedicato<br />

alcuni dei giorni di vigilia di<br />

questo Convegno ad una ricerca mirata<br />

ed approfondita sulle pronunce,<br />

concernenti questioni attinenti alla<br />

Polizia locale nell’ambito giuridico<br />

che conosco (quello penalistico), della<br />

Corte di Cassazione. La quale, è bene<br />

ricordarlo a beneficio di quanti<br />

(compresi gli ispiratori del mio polemico<br />

incipit) evocano a sostegno delle<br />

proprie tesi interpretative la pronuncia<br />

di questo o quel giudice di merito,<br />

è l’unica titolare, in base alla<br />

Legge di Ordinamento Giudiziario<br />

(R.D. 30 gennaio 1941, n. 12), del potere/dovere<br />

di assicurare “…l’esatta osservanza<br />

e l’uniforme interpretazione<br />

della legge, l’unità del diritto oggettivo<br />

nazionale, il rispetto dei limiti delle<br />

diverse giurisdizioni…” (art. 65,1°<br />

comma).<br />

E la giurisprudenza della Suprema<br />

Corte l’ho scandagliata (andando a ritroso<br />

nel tempo fino al lontano 1997)<br />

attraverso il canale di ricerca “Polizia<br />

municipale” (quello “Polizia locale”<br />

è, allo stato dell’arte, in canale di ricerca<br />

improduttivo di risultati).<br />

In cerca di che cosa?<br />

Semplice, in cerca di risposte rassicuranti<br />

(per l’autorevolezza della fonte)<br />

in ordine a quesiti vecchi e nuovo, a<br />

quei quesiti che animano da tempo i<br />

dibattiti convegnistici ma, soprattutto,<br />

occupano - e non di rado preoccupano<br />

- l’operatività quotidiana dei soggetti<br />

ai quali è rivolta la Legge Quadro<br />

del 1986.<br />

Credo di avere trovato qualcosa di interessante.<br />

Vi propongo il risultato della<br />

ricerca specificando, ammesso che<br />

ce ne sia bisogno, che non ho…oscurato<br />

nessuna pronuncia significativa,<br />

magari con l’intento di accreditare soltanto<br />

le tesi da me da sempre sostenute<br />

con riguardo alla problematica di<br />

un’istituzione, la Vostra, alla quale sono<br />

seriamente affezionato.<br />

95<br />

Di seguito, eccovi dunque i frutti del<br />

mio studio, con qualche parola a commento.<br />

L’ultima (in ordine di inserimento nel<br />

massimario informatico) sentenza in<br />

argomento è:<br />

Cass. Sez. 6^,<br />

sent. 5393 del 13.10.2005);<br />

Pres. Ambrosiani, rel. De Roberto<br />

Tra i soggetti attivi del reato di cui all’art.<br />

329 cod. pen. sono da ricomprendere,<br />

quali agenti della forza pubblica,<br />

anche gli appartenenti alla<br />

Polizia municipale.<br />

Tale pronuncia, della quale ho letto la<br />

motivazione, consacrava la responsabilità<br />

per il delitto contestato di un<br />

istruttore di vigilanza il quale, disattendendo<br />

l’ordine di un superiore gerarchico,<br />

non aveva inoltrato all’A.G.<br />

un’annotazione di servizio dalla quale<br />

emergevano ipotesi di reato a carico<br />

di terze persone.<br />

Interessante per il caso concreto esaminato,<br />

più che per la condivisibile linea<br />

interpretativa, la pronuncia immediatamente<br />

antecedente (fra quelle<br />

massimate):<br />

Cass. Pen. 5^ sez.,<br />

sent. 49028 del 19.11.2004;<br />

Pres. Calabrese, rel. Rotella<br />

In tema di falso per soppressione (art.<br />

490 cod. pen.) non sussiste il dolo<br />

qualora la soppressione del documento<br />

avvenga in ragione della dimostrata<br />

ignoranza o errata interpreta-


zione di norme, da parte del pubblico<br />

ufficiale, determinata da una lunga<br />

prassi amministrativa, autorizzata dall’amministrazione<br />

di appartenenza e<br />

specificamente da quella preposta al<br />

controllo. (In applicazione di questo<br />

principio la S.C. ha ritenuto sussistente<br />

il reato di cui all’art. 490, contestato<br />

ad un comandante della Polizia municipale,<br />

che aveva, sulla scorta di<br />

prassi risalente al previdente codice<br />

della strada, soppresso esemplari di<br />

verbali di accertamento, relativi ad infrazioni<br />

del codice della strada, i quali,<br />

nel caso di mancata consegna al<br />

trasgressore e di non sopravvenuta<br />

conciliazione entro un dato termine,<br />

venivano eliminati e sostituiti con altro<br />

da notificare, per la prosecuzione<br />

dell’iter, e ciò anche successivamente<br />

alla diramazione di una circolare del<br />

Ministero dell’Interno, che vietava l’eliminazione<br />

dei verbali di accertamento,<br />

intervenuta due anni prima del<br />

fatto contestato all’imputato).<br />

Sentenza, che consente di trarre più di<br />

una “morale”, ma che mi limito a consegnare<br />

alla vostra attenzione così come<br />

è massimata.<br />

A proposito, anche le parentesi - il<br />

contenuto delle quali graficamente vi<br />

propongo in corsivo - che seguono il<br />

testo della massima sono frutto dell’elaborazione<br />

del Centro Elaborazione<br />

Dati della Corte di Cassazione, Centro<br />

al quale sono addetti magistrati che<br />

hanno il compito di sintetizzate in termini<br />

estremi - cioè, appunto, massimare<br />

- le sentenze più interessanti del<br />

Supremo Collegio. Merita di essere<br />

evidenziata anche la sentenza che segue<br />

(della quale non so dirvi perché<br />

ha preso un numero molto più alto rispetto<br />

a quello che sarebbe stato lecito<br />

attendersi, posto che è addirittura<br />

precedente, e comunque quasi coeva,<br />

di quella che commenterò dopo, la<br />

quale ha un numero di gran lunga più<br />

basso: temo che il C.E.D. sia incorso<br />

in un errore materiale), sentenza che<br />

affronta in approfondimento la tematica<br />

del fatto tipico nel delitto di violenza<br />

o minaccia a un pubblico ufficiale.<br />

È una sentenza da tenere ben presente,<br />

perché esprime una giurisprudenza<br />

assolutamente pacifica.<br />

Cass. Pen. 6^ sez.,<br />

sent. 7346 del 22.1.2004;<br />

Pres. Romano, rel. Colla<br />

Nel delitto di cui all’art. 336 cod. pen.<br />

l’atto contrario ai doveri di ufficio non<br />

fa parte dell’elemento oggettivo del<br />

reato, ma di quello soggettivo e più<br />

precisamente del dolo specifico che<br />

attiene alla finalità che l’agente si propone<br />

con il suo comportamento. Ne<br />

consegue che se l’agente agisce con<br />

minaccia e con l’intenzione di attaccare<br />

il pubblico ufficiale per costringerlo<br />

a fare un atto contrario ai propri<br />

doveri od omettere un atto dell’ufficio,<br />

il delitto è consumato sia che l’attività<br />

commissiva o l’omissione cui è finalizzata<br />

l’azione dell’agente siano state<br />

già realizzate sia che ancora debbano<br />

esserlo. (In applicazione di tale<br />

principio, la Corte ha ravvisato il delitto<br />

indicato nella minaccia diretta a<br />

due agenti della Polizia municipale<br />

per costringerli ad ottenere l’inoltro alla<br />

Procura della Repubblica della notitia<br />

criminis concernente taluni abusi<br />

edilizi, poi risultata già inviata dagli<br />

stessi nei giorni precedenti).<br />

La massima dell’ulteriore sentenza<br />

che, andando a ricercare a ritroso nel<br />

tempo, ho rinvenuto, mi è da subito<br />

apparsa interessante di suo per il caso<br />

concreto esaminato dai Giudici di legittimità.<br />

Cass. Pen. 1^ sez.,<br />

sent. 3969 del 28.1.2004;<br />

Pres. Sossi, rel. Piraccini<br />

L’inottemperanza all’ordine dato da un<br />

agente della Polizia municipale di rimuovere<br />

l’autovettura parcheggiata<br />

che intralcia la circolazione stradale,<br />

determinando una situazione di pericolo,<br />

configura la contravvenzione di<br />

cui all’art. 650 cod. pen.<br />

Mica male, vero, come enunciazione<br />

in diritto? Il mio compiacimento, peraltro,<br />

è cresciuto quando, approfondendo<br />

lo studio, ho letto la motivazione<br />

della sentenza. L’ho trovata pregevole,<br />

e ve ne propongo un significativo<br />

stralcio (per la cronaca, il fattoreato<br />

era stato commesso nel circondario<br />

del Tribunale di Tempio<br />

Pausania: tutto il mondo - italico - è<br />

96<br />

paese!), convinto che vi possa tornare<br />

utile (convincente mi sembra lo sia indiscutibilmente)<br />

per evenienze di vita<br />

quotidiana.<br />

.<br />

A questo punto opero una scelta che<br />

non mi è abituale: di sentenza della<br />

quale ho trovato la massima cercando<br />

con la chiave di ricerca testuale “vigile<br />

urbano” (avevo messo in conto un<br />

fatto per me dolorosamente notorio,<br />

cioè che anche molti magistrati non<br />

hanno piena confidenza terminologica<br />

con la Legge Quadro) propongo<br />

non soltanto gli estremi:<br />

Cass. Pen. 6^ sez.,<br />

sent. 31408 del 18.2.2003;<br />

Pres. Sansone, rel. Mannino,<br />

ma addirittura l’intera motivazione.<br />

Non lo faccio così, tanto per…riempire<br />

una mezza pagina. Lo faccio perché,<br />

leggendo il riassunto della vicenda<br />

e della storia processuale, possiate<br />

trarne una duplice morale.<br />

Morale A): anche la Suprema Corte ha<br />

dei suoi momenti di..incompiutezza<br />

nell’approfondimento delle questioni<br />

giuridiche. Me lo fa esclamare l’ostinato<br />

ricorso alla terminologia “vigile<br />

urbano”, ma anche la discreta dose di<br />

approssimazione con la quale viene<br />

affrontata (farei meglio a scrivere non<br />

affrontata) la tematica dell’estensione<br />

della qualifica di ufficiale di Polizia<br />

giudiziaria di comandanti, responsabili<br />

di servizio ed addetti al coordinamento.<br />

Morale B): nelle pronunce dei Giudici


di merito, anche autorevoli, si trova<br />

veramente di tutto, anche la singolare<br />

interpretazione che la qualifica di<br />

Polizia giudiziaria sarebbe legata non<br />

già all’orario di servizio, ma al contenuto<br />

del “foglio di servizio”, cioè del<br />

mansionario del giorno dell’operatore<br />

di Polizia municipale; tesi fatta propria<br />

dalla Corte di Appello di Roma e<br />

poi…fatta a pezzi (anche se con argomentazioni<br />

non proprio stratosferiche,<br />

dalla Corte di Cassazione).<br />

Mi permetto, dunque, di invitarvi a<br />

leggere integralmente il testo della motivazione.<br />

Potrete convenire con me che, per trovare<br />

indirizzi interpretativi, è un dovere<br />

culturale ed operativo quello di<br />

non affidarsi alle pronunce di Giudici<br />

che non siano quelli ai quali la Legge<br />

di Ordinamento Giudiziario affida i<br />

compiti che ho più sopra virgolettato.<br />

IN FATTO E DIRITTO<br />

Con sentenza del 21 febbraio 2001. il<br />

Tribunale di Rieti/Poggio Mirteto dichiarava<br />

F, B. colpevole del reato<br />

ascrittogli - perché in più occasioni<br />

aveva minacciato il vigile urbano terze<br />

persone, al fine di fargli omettere<br />

atti del suo ufficio nella propria azienda<br />

- e lo condannava, con le attenuanti<br />

generiche, alla pena di quattro<br />

mesi e dieci giorni di reclusione.<br />

Contro tale decisione proponeva appello<br />

l’imputato, chiedendo di essere<br />

assolto per insussistenza del fatto o<br />

dell’elemento psicologico, quanto meno<br />

ai sensi dell’art. 530 c.2 c.p.p., e,<br />

in via subordinata, che la pena irrogatagli<br />

in primo grado fosse diminuita.<br />

A seguito del giudizio di appello la<br />

Corte d’appello di Roma con sentenza<br />

30 gennaio 2002 n.839 riformava<br />

la decisione di primo grado, riqualificando<br />

giuridicamente il fatto come minaccia<br />

grave e determinando la pena,<br />

con le attenuanti generiche già concesse,<br />

in venti giorni di reclusione.<br />

Avverso la suddetta sentenza ha proposto<br />

ricorso per cassazione, chiedendone<br />

l’annullamento per il seguente<br />

motivo:<br />

•inosservanza o erronea applicazione<br />

degli artt.57 c.2 lett. b)330,347 c.p.p.<br />

e 4 u.c. L.1985 n.47 perché la sen-<br />

tenza impugnata ha ritenuto che, essendosi<br />

il Vigile Urbano recato presso<br />

l’azienda dell’Imputato per il controllo<br />

degli scarichi di acque reflue, fosse<br />

fuori del compito da lui assunto rivolgere<br />

domande all’interessato in ordine<br />

alla presenza di alcuni scavi e alla<br />

mancanza del prescritto cartello -, in<br />

contrasto con la regola posta con le<br />

norme sopra indicate, per cui i vigili<br />

comunali e provinciali sono agenti di<br />

Polizia giudiziaria non solo nei limiti<br />

del servizio cui sono destinati e secondo<br />

le rispettive attribuzioni, (art.57<br />

u.c. c.p.p.), ma quando sono in servizio,<br />

cioè durante l’orario di servizio.<br />

L’impugnazione è fondata.<br />

L’art. 57 c.2 lett. b) c. p. p., attribuisce<br />

alle guardie delle province e dei comuni<br />

quando sono in servizio, nell’ambito<br />

territoriale dell’ente di appartenenza,<br />

la qualifica di agenti di<br />

Polizia giudiziaria, la quale, per correlazione<br />

degli artt.55, 330 e 347<br />

c.p.p., comporta che gli stessi devono<br />

prendere notizia dei reati anche di<br />

propria iniziativa, impedire che vengano<br />

portati a conseguenze ulteriori,<br />

ricercarne gli autori, compiere gli atti<br />

necessari a raccogliere le fonti di prova<br />

e raccogliere quant’altro possa servire<br />

per l’applicazione della legge penale<br />

e, quindi, riferire senza ritardo al<br />

pubblico ministero per iscritto gli<br />

estremi essenziali del fatto e gli altri<br />

elementi raccolti, indicando le fonti di<br />

prova e le attività compiute, delle quali<br />

trasmettono la documentazione. Nel<br />

quadro generale dei poteri-doveri inerenti<br />

alla funzione della Polizia giudiziaria<br />

si inseriscono quelli conferiti<br />

dalla L. 28 febbraio 1985 n.47, recante<br />

norme in materia di controllo<br />

dell’attività urbanistico-edilizia, che<br />

all’art.4, concernente la vigilanza sulla<br />

predetta attività, assegna agli ufficiali<br />

e agenti di Polizia giudiziaria la<br />

funzione di assicurare nei luoghi in cui<br />

si realizzano le opere l’esibizione della<br />

concessione e l’esposizione del prescritto<br />

cartello e di dare alle autorità<br />

giudiziaria e amministrativa (sindaco<br />

e presidente della giunta regionale)<br />

immediata comunicazione dei casi di<br />

presunta violazione urbanistico-edilizia.<br />

In base a queste disposizioni il vigile<br />

urbano in servizio svolge nel territorio<br />

comunale la funzione di agente<br />

di Polizia giudiziaria (Cass., Sez. 1^,<br />

97<br />

9 maggio 1995 n.8281, ric. Macrì)<br />

esercitando nella loro pienezza i compiti<br />

inerenti a tale funzione, indipendentemente<br />

dai limiti del servizio che<br />

gli sia stato specificamente assegnato.<br />

Legittimamente, pertanto, il vigile urbano<br />

che, trovandosi ad espletare un<br />

controllo sulla regolarità degli scarichi<br />

delle acque reflue, rileva nel recinto<br />

dell’azienda l’esistenza di scavi in corso,<br />

svolge indagini sulla natura edilizia<br />

di detti scavi prendendo atto dell’inesistenza<br />

dei prescritti cartelli, in<br />

quanto la sua qualifica di agente di<br />

p.g. ed i compiti assegnatigli dall’art.4<br />

L. n.4/85 gli impongono di registrare<br />

l’attività urbanisticamente rilevante in<br />

corso di esecuzione e di denunciare<br />

le presunte violazioni, anche se questo<br />

non rientra nei limiti del servizio<br />

che ne ha determinato l’intervento (cfr.<br />

Cass., Sez. 6^, 6 maggio 1983 n.7974,<br />

ric. Notarangelo). Gli atti di controllo<br />

della legittimità dell’attività urbanistico<br />

edilizia e degli adempimenti di natura<br />

amministrativa ad essa pertinenti<br />

costituiscono atti dell’ufficio del vigile<br />

urbano nel senso indicato dall’art.336<br />

c.p., per cui si rende colpevole<br />

del reato previsto da questa norma<br />

chiunque gli usa violenza o minaccia<br />

per costringerlo a omettere tale<br />

attività. Nella fattispecie concreta il<br />

riferimento della minaccia di morte<br />

proferita dal ricorrente all’intervento<br />

di controllo del vigile urbano è contenuto<br />

nell’espressione se non ti fai i fatti<br />

tuoi, da lui rivolta al pubblico ufficiale<br />

allorché questi aveva iniziato a<br />

porgli domande in ordine agli scavi in<br />

corso all’interno dell’azienda e al rilievo<br />

dell’inesistenza dei cartelli prescritti,<br />

per cui non v’è dubbio che la<br />

minaccia non possa considerarsi nella<br />

vicenda reato autonomo, ma sia elemento<br />

costitutivo del reato di resistenza<br />

a pubblico ufficiale, secondo la<br />

qualificazione giuridica esattamente<br />

data al fatto dal Giudice di primo grado.<br />

La concessione delle attenuanti generiche<br />

determina la riduzione del<br />

massimo edittale ai fini del calcolo del<br />

periodo prescrittivo, che si riduce, pertanto,<br />

con le interruzioni, a un massimo<br />

di sette anni e sei mesi, decorsi il<br />

15 giugno 2002, per cui la sentenza<br />

impugnata dev’essere annullata per<br />

l’estinzione del reato in dipendenza<br />

della causa suddetta.


SEZ. 3, SENTENZA N. 1207 DEL 2000<br />

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE<br />

Composta dagli Ill.mi sigg.ri Magistrati:<br />

Camera di consiglio<br />

- Dott. PASQUALE LA CAVA<br />

Presidente del 16/03/2000<br />

- Dott. GIUSEPPE SAVIGNANO<br />

Consigliere SENTENZA<br />

- Dott. SAVERIO FELICE MANNINO<br />

Consigliere N. 1207<br />

- Dott. VINCENZO DI NUBILA<br />

Consigliere REGISTRO GENERALE<br />

- Dott. CLAUDIA SQUASSONI<br />

Consigliere N. 1667/2000<br />

ha pronunciato la seguente<br />

SENTENZA<br />

sul ricorso proposto da<br />

1. INGRA’ Giuseppe, nato il 24 agosto<br />

1944 a Bardi;<br />

2. MANGINI GIANCARLO, nato il 10 febbraio<br />

1944 a Scandicci, avverso l'ordinanza<br />

del Tribunale del riesame di Firenze<br />

5 novembre 1999 n. 120, con la quale è<br />

stato confermato il decreto di perquisizione<br />

e sequestro di documentazione, eseguiti<br />

il 22 ottobre 1999 nelle loro abitazioni<br />

e nei locali della Imperial s.n.c. della<br />

quale sono soci e amministratori, decreto<br />

emesso il 14 ottobre 1999 dal P.M.<br />

presso il Tribunale di Firenze.<br />

Sentita la relazione svolta dal Cons. Dr. S.<br />

F. MANNINO;<br />

Sentita la requisitoria del P.G., in persona<br />

del Dr. Mario FAVALLI, il quale ha chiesto<br />

il rigetto del ricorso;<br />

osserva<br />

IN FATTO E DIRITTO<br />

Avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame<br />

di Firenze 5 novembre 1999 n. 120<br />

- con la quale è stato confermato il decreto<br />

di perquisizione e sequestro di documentazione,<br />

eseguiti il 22 ottobre 1999<br />

nelle loro abitazioni e nei locali della<br />

Imperial s.n.c. della quale sono soci e amministratori,<br />

decreto emesso il 14 ottobre<br />

1999 dal P.M. presso il Tribunale di<br />

Firenze - Giuseppe Ingrà e Giancarlo<br />

Mangini hanno proposto ricorso per cassazione,<br />

chiedendone l’annullamento per<br />

i seguenti motivi;<br />

1. violazione ed erronea applicazione dell'art.<br />

247 c. 3 c.p.p. (art. 606 c. 1 lett. b) e<br />

c) c. p.p.) perché alla perquisizione hanno<br />

partecipato in maniera preponderante<br />

agenti di Polizia giudiziaria;<br />

2. violazione ed erronea applicazione dell'art.<br />

247 c. 3 c.p.p. in relazione all'art. 57<br />

c. 3 c.p.p., all'art. 6 L. 7 marzo 1986 n. 65<br />

e agli artt.20 e 21 D.Lgs. 5 febbraio 1997<br />

n. 22 (art. 606 c. 1 lett. b) e c) c.p.p.), in<br />

quanto l'art. 6 L. 1986 n. 65 assegna al<br />

personale che svolge servizio di Polizia<br />

municipale, nell'ambito territoriale dell'ente<br />

di appartenenza e nei limiti delle<br />

proprie attribuzioni, anche funzioni di<br />

Polizia giudiziaria, come agente per gli<br />

operatori e come ufficiale per i responsabili<br />

del servizio o del corpo e gli addetti al<br />

coordinamento e al controllo, ai sensi dell'art.<br />

221 c.p.p. abr. e 57 c.p.p. in vigore;<br />

l'art. 21 D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, recante<br />

la disciplina fondamentale in materia<br />

di rifiuti, elenca i poteri e le competenze<br />

dei comuni, nessuno dei quali - a<br />

parte l'art. 55 c. 1, che riguarda una competenza<br />

particolare - riguarda funzioni di<br />

controllo o di accertamento, mentre per il<br />

decreto Ronchi la competenza è attribuita<br />

in via generale alla provincia e ai suoi<br />

organi, per cui la perquisizione è stata irregolarmente<br />

delegata a personale che,<br />

seppur rivestiva la qualifica di ufficiale di<br />

p.g. secondo il proprio ordinamento, è stato<br />

tuttavia chiamato ad opera in un settore,<br />

quello dei rifiuti, nel quale neppure<br />

l'ente di appartenenza era competente a<br />

intervenire. Il ricorso è infondato e non<br />

può essere accolto. Il terzo comma dell'art.<br />

247 c. 3 c.p.p., che assegna all'A.G.<br />

il potere di delegare l'esecuzione della<br />

perquisizione ad ufficiali di Polizia giudiziaria,<br />

non può essere interpretato secondo<br />

un significato aritmetico, come se solo<br />

ufficiali di p.g. possano partecipare all'esecuzione<br />

dell'atto, e neppure come<br />

vorrebbe il ricorrente nel suo primo motivo<br />

dr impugnazione come se, comunque,<br />

gli ufficiali di p.g. debbano essere in maggioranza,<br />

bensì in senso funzionale, cioè<br />

98<br />

che la responsabilità dell'esecuzione del<br />

mezzo d'indagine compete ad uno o più<br />

ufficiali di p.g. per la garanzia del grado,<br />

indipendentemente dal numero maggiore<br />

o minore, più esiguo o preponderante<br />

di agenti di p.g. che partecipano alla perquisizione<br />

alle sue o alle loro dipendenze.<br />

Infondato è anche il secondo motivo<br />

d'impugnazione. Secondo l'art. 57 c. 2<br />

lett. c) c. p.p. sono agenti di Polizia giudiziaria<br />

le guardie delle province e dei comuni<br />

nell'ambito territoriale dell'ente di<br />

appartenenza quando sono in servizio.<br />

Dal tenore della disposizione non emerge<br />

alcuna limitazione funzionale, ma solo<br />

una delimitazione di tempo e di luogo.<br />

Il medesimo contenuto normativo esprime<br />

l'art. 5 c. 1 lett. a) e c) dell'ordinamento<br />

di Polizia municipale, approvato<br />

con L. 7 marzo 1986 n. 65, nel quale<br />

l'ambito territoriale di appartenenza e i<br />

limiti delle attribuzioni - vale a dire, la natura<br />

dei poteri attribuiti - costituiscono<br />

solo presupposti e non limiti delle funzioni<br />

di Polizia giudiziaria (Cass., Sez. I,<br />

18 gennaio 1996 n. 553, ric. Citera), che<br />

riguardano potenzialmente ogni genere<br />

di reati (Cass., Sez. I, 26 aprile 1994 n.<br />

1193, ric. Perina; Sez. III, 7 novembre<br />

1995 n. 3289, ric. D'Alessandris) e non<br />

sono suscettibili di essere ristrette ai reati<br />

che ledono interessi comunali (Cass.,<br />

Sez. V, 8 febbraio 1993 n. 1869, ric.<br />

Ferrara). Il carattere generale delle funzioni<br />

di Polizia giudiziaria delle guardie<br />

comunali riguarda, pertanto, anche i reati<br />

in materia di rifiuti. Tale competenza discende<br />

inoltre dallo stesso D.L.vo 5 febbraio<br />

1997 n. 22, il quale prevede, fra l'altro,<br />

all’art. 14 un potere d'ordinanza del<br />

sindaco in materia di abbandono di rifiuti,<br />

penalmente sanzionato all'art. 50, quale<br />

indice di un più generale potere di controllo,<br />

il cui esercizio rientra nelle funzioni<br />

delle guardie comunali.<br />

P.Q.M.<br />

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti<br />

in solido al pagamento delle spese<br />

processuali.<br />

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2000.<br />

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2000.


P.Q.M.<br />

La Corte annulla senza rinvio la sentenza<br />

impugnata perché il reato di cui<br />

all’art.336c.p. è estinto per prescrizione.<br />

Così deciso in Roma, il 18 febbraio<br />

2003.><br />

Non ho rinvenuto null’altro di significativo<br />

fino al lontano anno di inizio<br />

millennio, nell’ambito del quale mi<br />

sono (positivamente) imbattuto nella<br />

massima che vado a riportare.<br />

Cass. Pen. 3^ sez.,<br />

sent. 1207 del 16.3.2000;<br />

Pres. La Cava, rel. Mannino<br />

Alla Polizia municipale sono attribuite,<br />

in virtù dell’art. 5 della L. n. 65 del<br />

1986, funzioni di Polizia giudiziaria<br />

nell’ambito delle quali sono compresi<br />

anche i poteri di accertamento dei<br />

reati in materia di rifiuti.<br />

Incuriosito dalla tematica, ma soprattutto<br />

sollecitato dalla specificazione<br />

che la pronuncia era stata pubblicata<br />

su una accreditata (nei Tribunali) rivista<br />

giuridica, ho ritenuto di leggere<br />

anche la motivazione. Sento di dovervela<br />

trascrivere (pag.98).<br />

Se avrete la (opportuna) perseveranza<br />

di leggerla con attenzione, comprenderete<br />

perché.<br />

Ho evidenziato la parte che, a mio<br />

avviso, non è rilevante, è rilevantissima.<br />

Non è corretta, è correttissima.<br />

Non è documentata, è documentatissima.<br />

Va bene, mi sono fatto prendere dall’enfasi.<br />

Ma, se mi permettete un’esclamazione<br />

che tradisce i miei natali, quanno ce vo’<br />

ce vo’: la sentenza che ho (finalmente)<br />

trovato è lo specchio del mio pensiero<br />

su un tema che mi sta particolarmente<br />

a cuore: quelli tra gli appartenenti alla<br />

Polizia municipale che rivestono la qualifica<br />

di Polizia giudiziaria a livello di<br />

ufficiale hanno il “rango” di ufficiale di<br />

Polizia giudiziaria in via generale (con<br />

competenza, cioè, estesa a tutti i reati),<br />

per il semplice motivo che da nessuna<br />

parte (tanto meno nella Legge Quadro)<br />

è scritto che la Polizia municipale ha at-<br />

tribuzioni limitate alla presunta tipologia<br />

dei reati che ledono interessi comunali.<br />

Non lo dice solo (da sempre) Moccia.<br />

Non lo dice solo (da un pezzo) una<br />

moltitudine di (veri) esperti su tematiche<br />

di Polizia locale.<br />

Lo dice anche (apertis verbis) la Corte<br />

di Cassazione, non già, con tutto il rispetto,<br />

il giudice di pace dell’Isola che<br />

non c’è.<br />

Qui potrei chiudere, ma non lo faccio.<br />

Ritengo per Voi utile conoscere (e per<br />

me gratificante trasmettervi) gli ulteriori<br />

risultati della mia ricerca.<br />

Senza commento, perché, tanto, le massime<br />

si illustrano da sole.<br />

Con affetto.<br />

Cass, Pen. 6^ sez.,<br />

sent.1256 del 3.11.2003;<br />

Pres. Sansone, rel. Martella<br />

Il delitto di peculato, che è reato istantaneo,<br />

si consuma nel momento stesso<br />

in cui l’agente, in possesso di un bene<br />

altrui per ragioni di ufficio, ne dispone<br />

"uti dominus" nel caso riguardante la riscossione<br />

di denaro per conto della P.A.,<br />

posto che tale denaro diviene subito di<br />

proprietà pubblica, l’agente non può<br />

confonderlo con il proprio, assumendo<br />

l’obbligo di erogare all’amministrazione<br />

l’equivalente, o scambiarlo con titoli<br />

di credito di sua pertinenza, perché<br />

già tale comportamento assume valenza<br />

appropriativi, almeno quando il tempo<br />

trascorso tra la riscossione ed il versamento<br />

ecceda quello ragionevolmente<br />

necessario in relazione alla complessità<br />

delle operazioni da compiere.<br />

(Fattispecie nella quale agenti di Polizia<br />

municipale avevano versato nella cassa<br />

comunale, in luogo delle somme riscosse<br />

per contravvenzioni stradali, assegni<br />

bancari privi di data dei quali avevano<br />

la disponibilità, per altro a lungo<br />

trattenuti senza presentazione per l’incasso).<br />

Cass. Pen. 6^ sez.,<br />

sent. 7498 del 12.5.1998;<br />

Pres. Trojano, rel. Oliva<br />

Ai fini della sussistenza del reato di<br />

oltraggio a un corpo politico, amministrativo<br />

o giudiziario, di cui all’art.<br />

99<br />

342 cod. pen., è necessario che l’espressione<br />

oltraggiosa sia rivolta ad<br />

uno dei predetti consessi al “cospetto<br />

del corpo”, cioè nel momento in cui<br />

essi si trovino riuniti nell’esercizio delle<br />

loro funzioni.<br />

(Nell’affermare il principio la Corte di<br />

cassazione ha annullato la decisione<br />

dei giudici di merito che avevano ritenuto<br />

la sussistenza del reato in questione<br />

da parte di un rappresentante<br />

sindacale che, alla presenza di tre vigili<br />

urbani prossimi a prendere servizio,<br />

aveva espresso l’opinione che<br />

l’intero corpo della Polizia municipale<br />

fosse composto da ladri).<br />

[Inutile sottolineare che questa non mi<br />

piace; ma non potevo fare finta che<br />

non esistesse - n.d.r.]<br />

Cass. Pen. 6^ sez.,<br />

sent. 6556 del 27.3.1998;<br />

Pres. Trojano, rel. Serpico<br />

Il reato di interruzione di un ufficio o<br />

servizio pubblico o di un servizio di<br />

pubblica necessità (art. 340 c.p.) è<br />

configurabile anche se l’interruzione<br />

o il turbamento della regolarità dell’ufficio<br />

o del servizio pubblico o di<br />

pubblica necessità siano temporalmente<br />

limitati e coinvolgano solamente<br />

un settore e non la totalità dell’attività.<br />

(Nella specie, gli autori, parcheggiando<br />

autocarri ed autoveicoli davanti<br />

ad una recinzione abusiva, avevano<br />

cagionato un’interruzione dell’attività<br />

di demolizione ordinata dal<br />

sindaco, ad opera della Polizia municipale).<br />

Cass. Pen. 3^ sez.,<br />

sent. 1975 del 7.5.1997;<br />

Pres. Violetti, rel. Onorato<br />

I vigili urbani addetti al controllo, in<br />

virtù dell’art. 5 Legge 7 marzo 1986,<br />

n. 65 (legge quadro sull’ordinamento<br />

della Polizia municipale), quando procedono<br />

ad un sequestro di Polizia giudiziaria<br />

in presenza di un reato di costruzione<br />

abusiva, sono da considerarsi<br />

ufficiali di Polizia giudiziaria, indipendentemente<br />

dalla documentazione<br />

di tale qualifica, che comunque<br />

deriva loro dallo svolgimento effettivo<br />

della funzione di controllo.


L’articolo 39 del Contratto collettivo<br />

di lavoro dei dirigenti degli enti locali,<br />

al secondo e al terzo comma,<br />

prevede:<br />

“2. Le amministrazioni determinano<br />

la graduazione delle funzioni dirigenziali,<br />

cui è correlato il trattamento<br />

economico di posizione, ai<br />

sensi dell’art. 24 del D.Lgs. n. 29 del<br />

1993 e succ. mod. ed int.. Le funzioni<br />

sono graduate tenendo conto<br />

di parametri connessi alla collocazione<br />

della struttura, alla complessità<br />

organizzativa, alle responsabilità<br />

gestionali interne ed esterne.<br />

3. Le Amministrazioni attribuiscono<br />

un valore economico ad ogni posizione<br />

dirigenziale prevista nell’assetto<br />

organizzativo dell’ente, in base<br />

alle risultanze della graduazione<br />

di cui al comma precedente e secondo<br />

i criteri indicati negli artt. 40,<br />

41 e 42 che non prefigurano alcun<br />

modello organizzativo”.<br />

Le norme ora riportate stabiliscono,<br />

quindi, che l’amministrazione deve<br />

individuare le “posizioni dirigenziali”<br />

e inserire queste, in relazione alla<br />

tipologia delle funzioni che vi sono<br />

collegate e al loro livello di responsabilità<br />

(“collocazione della<br />

struttura, complessità organizzativa,<br />

responsabilità gestionali interne ed<br />

esterne della relativa funzione”), in<br />

MARIO ZACCARIA<br />

Docente all’Università di Foggia<br />

LA VALUTAZIONE DELLE PRESTAZIONI<br />

DELLA POLIZIA MUNICIPALE<br />

AI FINI DELLA CORRESPONSIONE<br />

DEL FONDO DI RISULTATO<br />

una delle tre fasce di valori in cui la<br />

normativa ripartisce la cd. indennità<br />

di posizione (a,b,c). L’indennità, pertanto,<br />

secondo la norma in esame,<br />

può essere corrisposta in misura diversa<br />

per le varie posizioni dirigenziali<br />

anche di una stessa fascia.<br />

La normativa in esame ha considerato<br />

che alcune posizioni, pur avendo<br />

funzioni genericamente caratterizzate<br />

da uno stesso ambito di responsabilità,<br />

potessero essere ulteriormente<br />

specificate e graduate ed<br />

ha di conseguenza diversificato anche<br />

la corresponsione della relativa<br />

indennità.<br />

La norma ha pertanto stabilito per la<br />

concreta attribuzione di tale indennità<br />

un limite minimo ed un limite<br />

massimo entro i quali collocare concretamente<br />

le singole posizioni dirigenziali.<br />

Ciò emerge con tutta evidenza dal<br />

fatto che la norma, disponendo che<br />

la indennità di posizione di ciascuna<br />

fascia possa essere variabile, chiaramente<br />

autorizza l’amministrazione<br />

a differenziare l’indennità di posizione<br />

in relazione alla specifica posizione<br />

che il dirigente occupa “nella<br />

struttura organizzativa dell’ente”.<br />

Ma non è detto che solo i dirigenti<br />

possano fruire della cosiddetta indennità<br />

accessoria relativa alla erogazione<br />

del fondo di risultato.<br />

L’articolo 6 del contratto, Sistema di<br />

100<br />

valutazione, prevede infatti che:<br />

“In ogni ente sono adottate metodologie<br />

permanenti per la valutazione<br />

delle prestazioni e dei risultati dei dipendenti,<br />

anche ai fini della progressione<br />

economica di cui al presente<br />

contratto; la valutazione è di competenza<br />

dei dirigenti, si effettua a cadenza<br />

periodica ed è tempestivamente<br />

comunicata al dipendente, in<br />

base ai criteri definiti ai sensi dell’art.<br />

16, comma 2, laddove è previsto alla<br />

lettera d. che: gli enti devono adottare<br />

una metodologia permanente di<br />

valutazione di cui all’art. 6.”<br />

E allora come può essere questa metodologia<br />

relativamente al personale<br />

della Polizia municipale?<br />

Bisogna innanzitutto stabilire:<br />

1) L’individuazione, attraverso il Regolamento<br />

di Organizzazione, degli<br />

ambitiCentrali/Coordinatori/Respons<br />

abili di Servizio Autonomo e dei Dirigenti<br />

di Servizio/Progetto nell’ambito<br />

della P.m. per comprendere la<br />

dinamica con la quale si perviene alla<br />

costruzione del Piano Esecutivo:<br />

pervenire, cioè ad un Dettagliato degli<br />

Obiettivi (strumenti chiave del sistema<br />

di direzione per gli obiettivi).<br />

2) Costruzione del piano generale<br />

con la concorrenza di tutti gli operatori.


3) Costituzione di un nucleo di valutazione<br />

autonomo della P.m. (il<br />

contratto riserva particolare autonomia<br />

al corpo di P.m.) ovvero integrato<br />

nel Nucleo di Valutazione generale<br />

con specifiche professionalità<br />

inerenti il Corpo di P.m.<br />

Passare quindi, alla<br />

Valutazione delle prestazioni<br />

dirigenziali<br />

La leva con cui promuovere il raggiungimento<br />

degli obiettivi e degli<br />

standard di attività è costituita dalla<br />

valutazione delle prestazioni professionali<br />

del management.<br />

La stima delle performance dirigenziali<br />

si dovrebbe articolare secondo<br />

quattro parametri di prestazione:<br />

A. Risultato degli obiettivi di PEG<br />

(cosa è stato ottenuto);<br />

B. Risultato degli standard di attività<br />

(cosa è stato ottenuto);<br />

C. Comportamento organizzativo<br />

(come i risultati sono stati raggiunti);<br />

D. Risultato degli obiettivi generali<br />

del Comune o della struttura di primo<br />

livello di appartenenza (mediante<br />

il quale sono incentivati i<br />

processi cooperativi tra i dirigenti).<br />

I quattro parametri individuati devono<br />

concorrere alla misurazione delle<br />

performance con un’incidenza differente<br />

a seconda della funzione dirigenziale<br />

espletata.<br />

Quale è a questo punto il sistema<br />

unificante di valutazione?<br />

L’elemento unificante del sistema di<br />

valutazione delle prestazioni dirigenziali,<br />

pur in presenza di differenti tipologie<br />

di funzioni dirigenziali e di<br />

composizione dell’indennità di risultato,<br />

è dato dall’aspettativa di risultato,<br />

fissata in ugual misura per ciascun<br />

Direttore Centrale/Coordinatore di Dipartimento/Responsabile<br />

di Servizio<br />

Autonomo, Comandante, Ufficiale di<br />

P.m. e ciascun dirigente. Quale è la<br />

legislazione attuale nella quale fare<br />

riferimento ai sistemi di valutazione?<br />

La legge n.241/90 - il d.lgs. 29/93 -<br />

d.lgs.267/2000 - d.lgs. n.165/2001.<br />

Quale è la legislazione attuale nella<br />

quale fare riferimento ai sistemi di<br />

valutazione?<br />

La legge n.241/90- il d.lgs. 29/93 -<br />

d.lgs.267/2000 - d.lgs. n.165/2001.<br />

Tutta questa normativa non fa altro<br />

che ribadire i principi di valutazione<br />

sopra e enunciati.<br />

Ma forse non è altrettanto simile il<br />

sistema di valutazione del personale<br />

non dirigenziale dell’Ente? Come<br />

potrebbe il management direzionale<br />

esperire la sua azione dirigenziale se<br />

non ci fosse il contributo da parte di<br />

tutto il personale della Polizia municipale?<br />

E allora la valutazione non può che<br />

basarsi su alcuni principi cardini, e<br />

cioè fissare degli obiettivi di servizio<br />

principali da raggiungere quali:<br />

1) La diffusione e il rispetto delle<br />

norme che regolano la convivenza<br />

civile sul territorio comunale. In particolare<br />

il servizio svolto si propone<br />

alla cittadinanza per meglio far conoscere<br />

i servizi offerti e per un migliore<br />

orientamento nel territorio.<br />

2) Partire dall’irrinunciabile concetto<br />

per il quale l’operatore di Polizia<br />

locale, a tutti i livelli di operatività<br />

quindi, rappresenta un importante<br />

punto di riferimento per la collettività.<br />

Nell’ambito delle sue funzioni, esso<br />

svolge i propri compiti in maniera<br />

autorevole, evidenziando la sua preparazione<br />

professionale e sensibilità<br />

nel contatto relazionale.<br />

La sua attività, inoltre, deve essere<br />

caratterizzata dal costante sforzo teso<br />

alla migliore interpretazione delle<br />

situazioni e delle problematiche<br />

incontrate, applicando un approccio<br />

educativo e orientato alla più adeguata<br />

risposta ai bisogni della cittadinanza.<br />

102<br />

3) Agire al fine di garantire l’ordinato<br />

svolgimento delle seguenti generali<br />

attività: controllo della mobilità<br />

e sicurezza stradale; tutela della vivibilità<br />

e della qualità urbana, nonché<br />

salvaguardia della sicurezza sociale,<br />

nella quali individuare attività<br />

specifiche propriamente del Corpo<br />

di Polizia locale.<br />

4) Ispirare il servizio in base ai principi<br />

di:<br />

- CONTINUITÁ<br />

- PARTECIPAZIONE<br />

- EFFICIENZA ED EFFICACIA<br />

- EGUAGLIANZA<br />

ED IMPARZIALITÁ<br />

- CORTESIA E DISPONIBILITÁ<br />

- CHIAREZZA E TRASPARENZA.<br />

Per attuare quanto innanzi, ovviamente,<br />

è necessario dotarsi di strumenti<br />

idonei quali:<br />

1) Coordinamento delle procedure<br />

coinvolgenti più uffici, c.d. N.A.O.;<br />

2) Informazione all’utenza;<br />

3) Standard di servizio riferiti ai procedimenti<br />

amministrativi;<br />

4) Fattori, indicatori, standard di qualità<br />

del servizio;<br />

5) Valutazione ed aggiornamento<br />

della carta dei servizi offerti.<br />

Solo così tutti gli operatori di Polizia<br />

municipale potranno sfuggire da<br />

quelle griglie di valutazione tante<br />

idiote quanto inconsistenti che vedono<br />

l’erogazione del fondo di risultato<br />

solo in base a fattori molto<br />

marginali, quali ad esempio la presenza<br />

in servizio, il numero delle<br />

contravvenzioni elevate, il numero<br />

delle determine e delle delibere<br />

adottate, ed altri balzelli goffi di<br />

questo tipo.


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