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assegna stampa<br />
ne degli anticlericali, i quali si preparavano<br />
a inscenare dimostrazioni ostili”. Sui muri<br />
di alcuni istituti religiosi in Roma erano<br />
stati affissi cartelli con la scritta: “Il Vaticano<br />
è un coltello nel cuore d’ Italia”. Un anno<br />
dopo, ricordando al segretario di Stato,<br />
Pacelli, di aver “più volte nel corrente<br />
1930 trattato con S. E. il Capo del Governo<br />
per l’abolizione del 20 settembre”, il nunzio<br />
riferì di un nuovo colloquio con il Duce<br />
(propiziato da Grandi) che si era però<br />
concluso con un ulteriore rinvio per motivi<br />
di “opportunità” e per i dubbi di Mussolini<br />
a procedere “per circolare”, pur con<br />
l’impegno di “sgonfiare la festa”, di portare<br />
la questione al prossimo Consiglio dei<br />
FRANCESCO MARGIOTTA BROGLIO<br />
E’ professore di Relazioni tra Stato e Chiesa<br />
presso l’Università di Firenze. Presiede la Commissione<br />
consultiva per la libertà religiosa<br />
presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri<br />
e la Commissione Unesco per la lotta alla discriminazione<br />
nell’insegnamento. È editorialista<br />
del Corriere della Sera. Ha studiato la storia<br />
culturale e giuridica dei rapporti tra Italia e<br />
Santa Sede. Tra i promotori di un approccio<br />
comparatistico al diritto ecclesiastico, ha seguito<br />
in saggi e ricerche l’evoluzione della legislazione<br />
religiosa nel processo d’integrazione<br />
europea.<br />
<strong>rassegna</strong> stampa<br />
ministri e in Parlamento, dove egli l’avrebbe sostenuta. Il nunzio<br />
ribadì la richiesta di abolizione prima del 20 settembre del ‘30, minacciando<br />
una “pubblica protesta” di Pio XI con il rischio che si<br />
riaprisse la... questione romana, almeno una volta l’anno, “nel punto<br />
più sostanziale del dissidio”, e ricordando che il Papa aveva celebrato<br />
messe in suffragio del nipote defunto del Duce. Questi, dichiarando<br />
che “il ragazzo era proprio un santo” e assicurando che<br />
avrebbe riferito dell’“atto di degnazione del S. Padre” al fratello<br />
(“il quale è più credente di me”), avrebbe soggiunto: “Io pure sono<br />
credente: altro che!, ma gli uomini mi hanno fatto cattivo...”. Il<br />
nunzio si affrettò a confermare, assicurandolo che il Signore aiutava<br />
il Duce “visibilmente”, altrimenti non avrebbe potuto “tenere<br />
uniti e al posto tanti uomini, quanti ne tiene Lei”: c’è da sperare<br />
che il buon Dio non fosse, poi, proprio d’accordo almeno sui metodi<br />
che venivano adoperati per tenere “uniti e al posto” gli italiani.<br />
Assicurando al nunzio che, con una circolare ai prefetti, avrebbe<br />
provveduto a “sgonfiare ancora di più quest’ultimo 20 settembre”,<br />
il Duce preannunziò il riordinamento delle festività civili: il<br />
28 ottobre dei fascisti avrebbe sostituito il 20 settembre dei liberali.<br />
Perplesso, B<strong>org</strong>ongini, scusandosi per la propria ignoranza in<br />
materia, domandò che data fosse mai “questo 28 ottobre”. Una<br />
guardataccia fu l’eloquente risposta di Mussolini, che, alle insistenze<br />
sulla festa della Conciliazione, replicò che il Papa non poteva<br />
chiedergli di cambiare il nome alle strade intitolate al 20 settembre<br />
in tutti i comuni italiani e di eliminare dai libri di scuola la<br />
storia di quell’evento. La conclusione è nota: al Consiglio dei ministri<br />
del 15 ottobre 1930 il Duce presenterà il disegno di legge per<br />
il riordino delle festività e il 27 dicembre la Conciliazione entrerà<br />
tra le solennità civili al posto della presa di Roma. Ci erano voluti<br />
comunque due anni per fare sparire formalmente il ricordo di<br />
Porta Pia.<br />
Francesco Margiotta Broglio<br />
UFO: mito post-moderno<br />
“Mandatemi Mazinga dai pugni d’acciaio...”.<br />
Chi di noi non ricorda il disperato<br />
appello lanciato da Alfredino Rampi,<br />
prigioniero del pozzo artesiano di<br />
Vermicino Pesa ancora sulla nostra coscienza<br />
nazionale – dolorosamente –<br />
quella sciagurata tragedia a stillicidio in<br />
diretta: nessuno, pur nella generosa solidarietà<br />
di massa, riuscì a liberare il ‘figlio<br />
d’Italia’ da quella trappola mortale.<br />
Cosa ci ha insegnato l’amarezza di quei<br />
giorni Due cose, anzitutto; l’impotenza<br />
degli uomini in certe situazioni-limite, la<br />
patetica fiducia d’un bambino agonizzante<br />
nell’intervento d’un eroe dei cartoni<br />
animati televisivi.<br />
E il secondo aspetto che, induttivamente,<br />
ci induce ad una riflessione: la fede<br />
di Alfredino è, infatti, emblematica d’un<br />
fenomeno che ha assunto caratteristiche<br />
mondiali.<br />
Mazinga, Goldrake, Daltanious, Capitan<br />
Bent Parodi<br />
U COME<br />
UFO<br />
(prima parte)<br />
Futuro, e simili sono creazioni ancora recenti<br />
della fantasia giapponese (singolare<br />
rivalsa, in termini metatecnologici, del<br />
Sol Levante sulla ‘civiltà’ industriale dell’Occidente).<br />
Personaggi immaginari, hanno<br />
fatto tale presa sulla coscienza di milioni<br />
di bambini da costituire un suggestivo<br />
campo d’indagine per la psicologia, la<br />
sociologia, la stessa storia delle religioni.<br />
Guai a dire ai nostri figli che essi, in<br />
realtà, non esistono... Nella coscienza infantile<br />
le straordinarie imprese dei cartoons<br />
televisivi hanno tutta la corposità<br />
del reale; il gigante meccanico, l’eroe<br />
delle galassie non sono semplici invenzioni<br />
perché rispondono ad un’esigenza<br />
profonda della psiche, la nostalgia della<br />
potenza degli inizi.<br />
Segnano una vera e propria cesura epocale<br />
nell’attività ludica del bambino in<br />
quanto esemplari di quella condizione<br />
che J.F. Lyotard ha definito ‘post-moderna’<br />
(La condition postmoderne).<br />
Cesura, si è detto, perché “il postmoderno<br />
consegue e non continua ciò che<br />
l’ha preceduto”, spezza il continuum culturale<br />
di millenni di riflessione. Una frattura<br />
irreversibile si è aperta all’indomani<br />
dell’allunaggio in quella straordinaria<br />
notte del luglio 1969. L’era spaziale ci<br />
incombe da presso ma non è ancora, abbiamo<br />
la percezione d’un radicale rivolgimento<br />
della storia e con ciò abbiamo<br />
rifiutato il passato.<br />
Ma il futuro ancora non c’è e le sue premesse<br />
sono attardate dalla grande crisi<br />
30<br />
numero 17-18 / 2007