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Settembre - La Piazza

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32 Politica<br />

Intervista a Pasquale Serra<br />

di Ivano Moreschini<br />

D. Prima di tutto dovresti dirci qualcosa<br />

sulla tua attività di ricerca e didattica. Chi è<br />

Pasquale Serra e di che cosa si occupa<br />

Mi occupo, come sai, di tante cose, cose diverse<br />

e ossessivamente uguali, ma non ti elenco qui<br />

tutti i temi della mia ricerca, quello che ho studiato<br />

o quello che vorrei studiare, perché, in questo<br />

modo, ti direi solo cose che non sono essenziali.<br />

Forse non ne abbiamo mai parlato, ma io sento<br />

molto il problema della precarietà dell’esistenza,<br />

e c’è un versetto molto bello del Vangelo di Luca<br />

che sintetizza bene quello che provo nel profondo:<br />

«state bene attenti che i vostri cuori non si<br />

appesantiscono in affanni della vita, e che quel<br />

giorno non vi piombi addosso improvviso».<br />

Come si sta a casa nella precarietà come si vive<br />

nella transitorietà Direi che questa domanda mi<br />

insegue in tutte le ore, anche se in certi momenti<br />

la vivo con grande serenità, e in altri, invece, con<br />

maggiore inquietudine, ma essa sta sempre lì,<br />

spina e promessa della mia esistenza e della mia<br />

ricerca.<br />

Abbiamo – col nostro Marx – cercato a lungo la<br />

struttura, ma oggi credo che se la struttura da<br />

qualche parte c’è, essa si aggira intorno a questa<br />

domanda, nelle vicinanze dei suoi punti nevralgici<br />

o intorno a questo abisso. Perché questa<br />

domanda è senza risposta, almeno fino a quando<br />

resterà in vita l’umanità.<br />

Come vedi non sono così lineare come forse<br />

voglio far credere. Sono una persona in attesa …<br />

È dentro questo quadro che mi interesso di storia<br />

del presente, perché credo che noi non possiamo<br />

vivere decentemente fuori dalla precarietà<br />

(nella mia ricerca sono attratto dalle crisi, dagli<br />

universi che si decompongono, dai momenti di<br />

sbandamento storico, quando si destruttura il<br />

mondo organizzato, e gli uomini per un attimo<br />

tornano a se stessi, anche se poi hanno subito<br />

paura e attendono la salvezza da una potenza esteriore,<br />

e si affidano a questa), ma credo anche che<br />

la precarietà, la perdita del mondo ordinato, non<br />

può andare oltre un certo livello, perché se il livello<br />

in cui si è deciso di scendere è troppo profondo,<br />

è probabile che ci si perda, perché, come<br />

osservava De Martino, il grande antropologo italiano,<br />

la «nuda esistenza, nuda cioè di storia<br />

umana, è assenza totale, annientamento di sé e del<br />

mondo, infedeltà radicale alla vera condizione<br />

umana», la quale è fatta di valori intersoggettivi,<br />

e di comunicazione con gli altri attraverso questi<br />

valori.<br />

In questo consiste il mio lavoro di ricerca: quello<br />

che veramente mi interessa capire è come si<br />

costruisce una misura, ovviamente quest’ultima,<br />

mai fissa, sempre mobile, perché essa va verificata<br />

nella storia, raddrizzando gli squilibri per come<br />

volta per volta si presentano.<br />

Un lavoro di Sisifo, direi, ma occorre restare<br />

dentro questo paradosso, perché il paradosso è del<br />

nostro tempo, e va vissuto fino in fondo.<br />

Stare nel presente, questo è il nostro compito,<br />

nel nostro solo tempo, non c’è altro tempo, ma<br />

senza pretendere – come diceva Giuseppe Rensi<br />

– di «essere in grado di spiegare tutti i perché e<br />

tutti i misteri dell’universo», e senza neanche<br />

profanarli, plebeizzarli, «con irriverente e vuota<br />

loquacità».<br />

D. Come nasce questa tua proposta Perché<br />

c’è bisogno di un metodo per capire le idee<br />

politiche<br />

<strong>La</strong> mia proposta nasce a ridosso delle questioni<br />

a cui prima accennavo: come si fa storia nella (e<br />

della) precarietà Se tutte le cose si muovono e si<br />

trasformano, nascono e periscono – si chiedeva<br />

Platone nel Cratilo – come è possibile rapportarsi<br />

alle cose e al mondo come possiamo ancora parlare<br />

di qualche cosa se il qualche cosa non è mai<br />

allo stesso modo<br />

Questo è il problema che cercheremo di affrontare<br />

nel seminario di Castel Madama, perché se il<br />

qualche cosa non è mai allo stesso modo, l’ermeneutica<br />

non può più essere quella tradizionale che<br />

riporta ciò che accade nei quadri di ciò che è accaduto,<br />

in una tradizione.<br />

Anche perchè ciò che accade oggi è imprevedibile.<br />

Tutti noi siamo imprevedibili.<br />

Basta soffermarsi sui fatti di cronaca per capire<br />

come è cresciuto oggi il tasso di imprevedibilità<br />

Non credo, ovviamente, che sia mai esistito un<br />

tempo nel quale era facile conoscere in anticipo<br />

l’assassino, ma oggi sembra che assassini possiamo<br />

essere tutti.

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