SUONO n° 489
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INSIDE<br />
di Vittorio Pio<br />
Il Clark Kent del Jazz<br />
Bill Frisell, raro esempio di chitarrista capace di oltrpassare barriere e generi, riannoda i fili<br />
di una carriera già ricca di soddisfazioni in questa intervista esclusiva.<br />
Bill Frisell, 63 anni, è senza ombra di dubbio il più creativo<br />
fra i chitarristi apparsi sulla scena negli ultimi tempi e, per<br />
certi versi, anche il più ricercato. Una sorta di insospettabile<br />
Clark Kent capace di trasformarsi nel musicista più intrepido<br />
e temerario, malgrado qualche curioso richiamo alla sua timida<br />
infanzia. Oggi risiede stabilmente a Seattle, ma dell’America ne ha<br />
attraversato in lungo e in largo il territorio, assimilandone umori e<br />
culture in un viaggio (alternato all’impegno sui versi di Bob Dylan<br />
e Johnny Cash) che gli ha permesso di spaziare dal jazz al country<br />
<br />
curriculum è chilometrico e riempirebbe molte pagine di questa<br />
rivista se si tentasse anche solo di sintetizzarlo per sommi capi.<br />
<br />
John Zorn, di cui era stato un pilastro inamovibile nel poderoso<br />
<br />
Joey Baron e Greg Cohen e di altre collaborazioni con Brian Blade<br />
<br />
di lui. Timido e riservato per quanto caloroso e disponibile, lo abbiamo<br />
incontrato nei camerini del Teatro Metropolitan di Catania,<br />
prima di un concerto con i Beautiful Dreamers (Rudy Royston alla<br />
batteria ed Eyvind Kang alla viola), che ha conquistato tutti, alla<br />
pari dei favolosi arancini al pistacchio che gli organizzatori hanno<br />
messo a nostra disposizione, accompagnandoci nell’amichevolissima<br />
conversazione che segue.<br />
Partiamo proprio da questo progetto. Chi sono questi sognatori<br />
meravigliosi<br />
(Ride) Sono estremamente felice di questa band. Ho suonato un po’<br />
senza batteria sia per trovare nuovi stimoli sia perché lavorare con<br />
Rudy ed Eyvind mi fa sentire sicuro, come per un trapezista che sa di<br />
avere sotto di lui una rete di protezione; ci conosciamo da tempo, mi<br />
<br />
suonare insieme a loro qualsiasi cosa mi passi per la mente, dai miei<br />
dischi a uno standard jazz, passando per una canzone popolare o<br />
<br />
di meglio.<br />
Una band ormai consolidata che arriva insieme alla constatazione<br />
del tuo status riconosciuto di caposcuola. Quand’è<br />
che hai pensato che ce l’avevi fatta con la musica<br />
<br />
tanto, e per questo studio tutti i giorni. Tornando indietro nel tempo,<br />
<br />
potercela fare che decisi di provarci. A quei tempi non avevo molto<br />
altro, mi trovavo a Denver, avevo appena terminato l’High School e<br />
vivevo in un piccolo appartamento; per arrotondare un po’ insegnavo<br />
in un negozio di musica, non avevo neanche un ragazza e la musica era<br />
tutto ciò che caratterizzava la mia vita. Tra me e me pensai che anche<br />
se non avevo nulla di concreto in mano, avrei comunque inseguito il<br />
26 <strong>SUONO</strong> luglio 2014