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luglio 2012 MERCATO INTERNAZIONALE Le scorte di robusta calano nei porti europei I trend divergenti di arabica e robusta Negli USA: robusta brasiliano +80%, arabica –1/3 di Vincenzo Sandalj Il rimbalzo sopra l’importante soglia tecnica dei 150 cts/lb potrebbe significare, secondo alcuni analisti, il completamento del ribasso a lungo termine sul Contratto C di New York, con un calo superiore del 50% rispetto alla punta massima raggiunta nel maggio 2011 sopra i 300 cts/lb. Nonostante l’arrivo dell’abbondante nuovo raccolto brasiliano, è evidente che questa discesa è avvenuta in concomitanza con il ribasso di tutte le altre materie prime, segno evidente delle strategie ribassiste dei fondi su questi mercati. Una notizia che può spiegare in parte l’andamento divergente dei due mercati arabica e robusta viene dagli Stati Uniti dove, nel primo trimestre di quest’anno le importazioni di robusta dal Brasile sono salite del 80%, mentre l’arabica è sceso di un terzo. Evidentemente questa tendenza denota un marcato spostamento, nelle miscele nord americane, dagli arabica ai robusta, decisione presa probabilmente nel corso del 2011. Se questo fenomeno venisse confermato anche in altri mercati è probabile che il consumo di caffè arabica è sceso di alcuni milioni di sacchi a favore del più economico robusta, creando l’attuale situazione di carenza di questa qualità, sia sui mercati d’origine che sul disponibile. Le esportazioni dal Vietnam sono salite in maggio del 21% rispetto al mese di aprile, mentre gli imbarchi complessivi nei primi cinque mesi del 2012 sono saliti del 12,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. È interessante notare che, in concomitanza di questo incremento, le scorte di caffè robusta nei porti europei sono scese rispetto all’anno passato. L’USDA ha stimato il raccolto indonesiano 2012-2013 in aumento del 17% a 9,7 milioni di sacchi. I primi imbarchi di questo raccolto sono previsti iniziare dal mese di luglio. Nei Paesi produttori di arabica lavati, a fronte di un sostanziale aumento della produzione etiope, persiste la stagnazione nel raccolto colombiano che continuerà a oscillare attorno agli 8 milioni di sacchi anche quest’anno. Nei Paesi centroamericani le stime sono altalenanti nei vari Paesi con incrementi segnalati in Honduras e Nicaragua, mentre la produzione del Messico e del Guatemala rimarrà sostanzialmente invariata e quella del Salvador subirà un notevole ribasso. Le esportazioni dal Honduras, il maggior produttore dell’area, raggiungeranno quest’anno i 4,4 milioni di sacchi. In India permane molto critica la situazione dei robusta, con la domanda che supera l’offerta di caffè disponibile e sta riportando i differenziali ai livelli massimi storici. Più tranquillo invece è il mercato degli arabica con sufficienti disponibilità di merce del corrente raccolto. L’ICO ha stimato i consumi mondiali nell’anno 2011 in 137,9 milioni di sacchi, con un aumento del 1,7% in diminuzione rispetto alla media del 2,5% registrata negli ultimi 12 anni. Particolarmente colpiti da questo ribasso sono principalmente i Paesi dell’Europa meridionale alle prese con crescenti difficoltà economiche.
PAESI PRODUTTORI I produttori e la gestione di un bene prezioso Non c’è caffè senza acqua È di 140 litri l’impronta idrica di una tazza di caffe di Oscar García Murga L’acqua rappresenta un bene comune indispensabile per la sopravvivenza e lo sviluppo dell’umanità. Per questo, quando beviamo il nostro caffè, dobbiamo ricordare le popolazioni dei Paesi produttori che impegnano le loro risorse idriche per far arrivare al nostro tavolo la bevanda che ci sveglia ogni mattino. Tutti gli alimenti hanno bisogno d’acqua per essere prodotti. Una tazza di caffè ha una impronta idrica (water foot print) di 140 litri d’acqua. Per capire di cosa parliamo, possiamo dire che per produrre i 130 milioni di sacchi di caffè oro di 60 chilogrammi richiesti ogni anno, c’è bisogno di impiegare una quantità d’acqua uguale a una volta e mezza la portata del fiume Reno o sia 3.300.000 litri d’acqua al secondo. Si fa difficoltà a pensare che nei Paesi produttori esistano periodi di siccità che mettono in pericolo la vita di bambini e adulti. L’acqua deve essere trattata in quanto certe parti dei processi sono inquinanti. I paesi che lavorano soprattutto un tipo di prodotto agricolo subiscono in forma drammatica due variabili sulle quali non hanno controllo: il cambiamento climatico e il prezzo del prodotto che segue i dettati della borsa. I fondi di speculazioni colpiscono le tasche dei consumatori e la capacità di sopravvivenza dei Paesi produttori. Mentre la produzione di caffè diminuisce a causa della mancanza di sostenibilità ambientale e sociale del prodotto, la domanda aumenta. Le nazioni devono collaborare per migliorare la sostenibilità di un prodotto importante che è fonte di lavoro per tutti. Il valore del caffè nella tazza non arriva al 10% del valore totale, e di questo, meno della metà va al paese produttore. Il resto è indotto, tasse, trasporto, trasformazione, torrefazione, imballaggi e servizi. Ma senza la materia prima non può esistere il mercato.
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