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ugo<br />

Piscopo<br />

L’ARTE, IL suD,<br />

IL nosTRo TEMPo<br />

Che cosa sia il Sud, quale risorsa esso possa rappresentare per il nostro<br />

immaginario e per la nostra cultura, forse lo sanno meglio degli stessi<br />

meri<strong>di</strong>onali gli intellettuali e gli artisti del Nord. Come, fra Settecen<strong>to</strong><br />

e Ot<strong>to</strong>cen<strong>to</strong>, Goe<strong>the</strong>, Novalis, Winckelmann. Come, nel secolo scorso<br />

Le Corbusier, il quale <strong>di</strong>chiara ripetutamente che tutta la sua rivoluzione in<br />

architettura ha uno stigma preciso nel Partenone. Come Paul Klee, che guarda<br />

al Me<strong>di</strong>terraneo e alle coste africane bagnate da ques<strong>to</strong> mare, – si consideri<br />

l’importanza decisiva avuta dalla scoperta della luce nel corso del viaggio in<br />

Tunisia del 1914 –, per avere conferme o spunti <strong>di</strong> rinnovamen<strong>to</strong> e <strong>di</strong> crescita<br />

del suo fare arte e soprattut<strong>to</strong> del suo pensare l’arte e del pensare in genere.<br />

Così oggi si viene mettendo in luce nei più recenti stu<strong>di</strong> su quella che risulta<br />

inequivocabilmente la sua filosofia.<br />

Con riferimen<strong>to</strong> all’idea <strong>di</strong> physis dei pensa<strong>to</strong>ri greci, soprattut<strong>to</strong> dei presocratici,<br />

egli costruisce un sistema delle forme che si costituiscono sulla comune ra<strong>di</strong>ce<br />

terrestre (gemeinsamer ir<strong>di</strong>scher Verwurzzelung) e delle forme che si fondano sulla<br />

comunanza cosmica (kosmischer Gemeinsamkeit) che tendono a incontrarsi e a risolversi in una sintesi <strong>di</strong> materialità e<br />

<strong>di</strong> spiritualità. Nella sua speculazione si dà gran<strong>di</strong>ssimo rilievo alla natura e all’energia che si sprigiona dalla natura.<br />

Egli, ad esempio, afferma che l’energia creatrice, che è misteriosa e ineffabile, “compenetrandosi con la materia […]<br />

assume una forma reale e vivente”.<br />

Su analoga griglia (me<strong>di</strong>terraneamente e meri<strong>di</strong>anamente orientata) <strong>di</strong> compenetrazioni e <strong>di</strong> interazioni fra<br />

invenzione e concretezza della vita ha poggia<strong>to</strong> e poggia l’arte, insieme col pensiero, nel nostro Mezzogiorno. Come<br />

anche l’attività e l’opera degli artisti qui presenti.<br />

Il loro drappello è inaugura<strong>to</strong> da Giuseppe An<strong>to</strong>nello Leone, un ragazzo ultranovantenne, che più procede nelle<br />

esperienze, più acquista in sapienzialità sciamanica. L’etichetta <strong>di</strong> “sciamano” gli è stata attribuita da Philippe Daverio<br />

nella splen<strong>di</strong>da monografia de<strong>di</strong>cata all’artista (Skirà 2010). In realtà Leone è un mago, che qualunque cosa <strong>to</strong>cchi,<br />

una pietra, un ferro, un legno, un lembo <strong>di</strong> carta, un car<strong>to</strong>ne abbandona<strong>to</strong> per strada, una medaglia da incidere,<br />

una ceramica, trasforma in altro, che si presenta a chi guarda con la domanda: “Sai <strong>di</strong>rmi chi sono? Se lo sai, sai<br />

qualcosa dei tuoi stessi segreti”. Ha attraversa<strong>to</strong> il secolo scorso, declinando flessibilmente e talen<strong>to</strong>samente futurismo<br />

neorealismo arte povera ready made arte concettuale e altro, entrando infine nel nuovo millennio <strong>di</strong> slancio, con una<br />

baldanza provoca<strong>to</strong>ria in gesti, in pensieri e in opere, che or<strong>di</strong>nariamente un giovane non si sognerebbe.<br />

L’idea <strong>di</strong> fisicità e terrestrità acquista altre vibrazioni e interpretazioni in Libero Galdo, coetaneo e a tratti compagno<br />

<strong>di</strong> strada <strong>di</strong> Leone. Egli assume su <strong>di</strong> sé il destino <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio del Sud, riscattandolo in una tensione<br />

allo spasimo a misurarsi nel concre<strong>to</strong> dell’azione con i problemi e le ricerche linguistiche ed espressive della società<br />

contemporanea. Disegna<strong>to</strong>re, pit<strong>to</strong>re, scul<strong>to</strong>re, ha <strong>di</strong>feso da sempre gli spazi <strong>di</strong> au<strong>to</strong>nomia del fare artistico dalle<br />

vischiosità e dalle facilonerie dei moduli naturalistici e realistici. L’asse centrale delle sue prospettive è sta<strong>to</strong>/è<br />

l’astrat<strong>to</strong> insieme col nucleare sul filo <strong>di</strong> un’attesa, che viene oscuramente da lontano, <strong>di</strong> contattare il vero, o meglio il<br />

nascere del vero oltre le scene ingannevoli del sensibile. Giunge, così, là dove l’in<strong>di</strong>fferenzia<strong>to</strong> accenna a germinare<br />

in tracce e promesse dell’essere.<br />

Con altre morfologie si declina la me<strong>di</strong>terraneità in Rocco Molinari, che porta in sé lo stigma del vigore della<br />

sua terra <strong>di</strong> origine, la Basilicata. In lui l’espressione si rimpasta magmaticamente con la manualità, la quale è sì<br />

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