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rivista giugno 2013 - Partito Comunista Internazionale

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potenti. Nei fatti, la linea sindacale della difesa dell’occupazione nella singola fabbrica, costringe i lavoratori asottomettersi a un’intensificazione dello sfruttamento, alla riduzione del salario, e all’accettazione dellicenziamento di una parte dei propri compagni. Ne segue che da parte di costoro (sindacati e riformisti), parlaredi difesa del lavoro (ancora?), di lotta contro i licenziamenti, di piena occupazione operaia - mantenendo fermoil postulato della permanenza del sistema di produzione basato sul profitto - significa solidarizzare con leesigenze del capitalismo e permettergli di procedere al consolidamento dei suoi interessi.Il sindacalismo ufficiale, integrato e corporativo (CGIL, CISL, UIL, UGL, ecc..), fondato sulla trinitàsindacato-industria-Stato, nonostante l'attuale frammentazione delle sigle, è un sindacalismo interclassista (unoslogan della CGIL: "Siamo sindacato di tutti i cittadini"), che ha l'oggettivo compito di inquadrare il movimento diclasse, portandolo su un terreno rivendicativo (ma anche politico) che sia compatibile con l'accumulazione diplusvalore e con la sua parziale e sempre più ridotta distribuzione sociale (welfare). Dunque, in primo luogo, ilsindacato moderno si fa garante della competitività dell’economia nazionale sul mercato mondiale.Tutte le organizzazioni sindacali tricolore, infatti, manifestando in ogni luogo senso di responsabilità ecomprensione per le ragioni della competitività, alla fine ottengono il risultato di ripetere come dei pappagalli lestesse parole d’ordine della borghesia.Il seguito non troppo sottinteso di questa imitazione pappagallesca è l’idea che la forza-lavoro sia solo unamerce fra le tante, un semplice fattore produttivo, al pari dei macchinari e delle materie prime. Possiamoricordare a questo punto, come ulteriore segno dei tempi, la circostanza relativa agli aumenti contrattuali erogatisolo ai lavoratori iscritti ai sindacati firmatari del contratto con le controparti padronali (mentre in passato anche icrumiri beneficiavano dei risultati delle lotte dei proletari compagni di lavoro). Quando il processo produttivocessa, cioè quando l’azienda non ottiene adeguati profitti, l’operaio diventa un costo superfluo, da espellere elicenziare, da relegare nell'’esercito industriale di riserva - fra i disoccupati - e in attesa di una nuovaoccupazione, può anche cessare di esistere, può anche morire. Sotto l’apparenza di civiltà e democrazia dellasocietà borghese vige quindi una regola feroce, così riassumibile: se in attesa del nuovo ciclo economicoespansivo, il proletario disoccupato non sopravvive, non è un problema, ce ne saranno altri che occuperanno ilsuo posto al momento della ripresa.Non abbiamo scoperto nulla di nuovo descrivendo questa regola, già nei manoscritti economico – filosofici,Marx affermava cose non dissimili dalla regola anzidetta, infatti secondo Marx i capitalisti non conoscono iproletari “… come uomini, ma solo come strumenti della produzione, che devono rendere il più possibile ecostare il meno possibile. Queste masse di operai, sempre più premuti dalla necessità non hanno neppure latranquillità di trovar sempre un'occupazione; l'industria che li ha riuniti, li fa vivere soltanto se ne ha bisogno, enon appena può sbarazzarsene, li abbandona senza darsi il minimo pensiero; e gli operai sono costretti adoffrire la loro persona e la loro forza al prezzo che gli si vuol accordare. E tanto meno sono pagati quanto più illavoro che gli si offre è lungo, penoso, disgustoso; si vedono taluni che con un lavoro di sedici ore al giorno, instato di fatica continuata, si acquistano a mala pena il diritto di non morire”. Karl Marx. Manoscritti economico -filosofici.Anche nel Capitale, ad esempio nel primo libro, troviamo dei passi molto istruttivi al fine del chiarimento diquesti processi di degradazione “Il capitale non si preoccupa della durata della vita della forza- lavoro. Quel chegli interessa è unicamente e soltanto il massimo di forza-lavoro che può essere resa liquida in una giornatalavorativa. Esso ottiene questo scopo abbreviando la durata della forza-lavoro, come un agricoltore avidoottiene aumentati proventi dal suolo rapinandone la fertilità. Con il prolungamento della giornata lavorativa, laproduzione capitalistica, che è essenzialmente produzione di plusvalore, assorbimento di pluslavoro, nonproduce dunque soltanto il deperimento della forza-lavoro umana, che viene derubata delle sue condizioninormali di sviluppo e di attuazione, morali e fisiche; ma produce anche l’esaurimento e l’estinzione precocedella forza-lavoro stessa “.Il capitale: una potenza mortifera - guidata da uno smisurato e cieco impulso - che nella sua voracità dalupo mannaro di pluslavoro supera gli stessi limiti fisici biologici della giornata lavorativa, consumando finoall’esaurimento e all’estinzione precoce la forza-lavoro di cui può fare uso (dopo averla formalmente acquistatain modo libero sul mercato del lavoro).42

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