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rivista giugno 2013 - Partito Comunista Internazionale

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A QUANDO UN PRIMO MAGGIO DEI LAVORATORI?Non abbiamo particolari propensioni per le ricorrenze solenni, per le celebrazioni a data fissa. Il movimentoproletario è fatto di lavoro oscuro, impersonale e quotidiano, non di esibizioni saltuarie e di parate. E tuttavia,ogni anno lo spettacolo del rosso Primo Maggio vestito in tricolore e avvolto in nuvole d'incenso ci farimescolare il sangue.Scrivevamo in un volantino del 1957:“I cinque operai impiccati a Chicago combatterono nel maggio 1886 e caddero in una lotta che nonconosceva frontiere; il loro sacrificio non appartiene ad un proletariato nazionale, meno che mai ad una"nazione", ma al proletariato di tutti i Paesi. Erano membri attivi di un'organizzazione rivoluzionaria,ideologicamente ancora gracile ma genuinamente e gagliardamente classista, erano antiriformisti edantischedaioli. Non si appellavano a costituzioni solenni o a codici scritti e non scritti; sapevano di violarli,sapevano di essere i bersagli dei loro articoli capestro. Rappresentavano ottantamila scioperanti che per quattrogiorni tennero in scacco l'apparato di difesa della classe dominante; non marciavano alla testa di cortei chemescolavano operai e bottegai, braccianti ed usurai o sbirri. Penzolarono dalle forche non del fascismo madella democrazia, sono stati i simboli di una società irrimediabilmente divisa in classi antagoniste, non di unaipotetica nazione unita in blocco nel rispetto della legge o dei precetti cristiani. Il Primo Maggio fu scelto dalmovimento proletario internazionale in loro onore, e a monito della solidarietà internazionale dei lavoratoricontro il Capitale; la sua bandiera fu rossa dovunque, contro i mille colori degli stendardi dei detentori di unapatria, venerata e coccolata come i conti in banca, e pronta a farli scannare in una nuova guerra.Una genia di traditori scende oggi nelle piazze a celebrare un Primo Maggio patriottico, costituzionale,democratico, legalitario, interclassista e bacchettone, fra messe e fanfare nazionali, fra genuflessioni eabbracci; intona l'Inno di Mameli a maggior gloria dell'infame società cui diedero l’assalto i comunardi di Parigi, imartiri di Chicago, gli operai in tuta o i marinai in casacca di Berlino e di Pietroburgo, e che rispose loro colpiombo e con la forca: il Primo Maggio di Giuda”.La classe dominante pretende e pretende ancor più oggi il controllo totale sulle vite dei dominati. Noncontenta, intreccia sulle loro teste la sua macabra danza rituale che chiama festa del lavoro, con le autoritàpolitiche e sindacali sui palchi pronte ad inneggiare ai nuovi sacrifici; pronte a ripetere le stucchevoli esortazioniaffinché i lavoratori trangugino l’amara medicina della precarietà, della disoccupazione e del lavoro sottopagato.Cercano disperatamente di fare in modo che, attraverso un maggiore saggio di sfruttamento del lavoro, sirealizzi il miracolo di un’impennata del saggio di profitto. Tutto, pur di far ripartire l’accumulazione capitalistica.Questo Primo Maggio <strong>2013</strong> coincide con l’arrivo d’ulteriori legnate alle condizioni di vita dei lavoratori e,quindi, il festeggiato dal meccanismo sociale dominante non è altro che il proletario, destinato ad una cadutasenza fine dentro la ‘festa’ infernale a base di sfruttamento e precarietà estrema preparatagli dall’economiacapitalistica. In questo quadro sociale di diffuso peggioramento della vita dei proletari, si distingue la funzione disupporto sostanziale e formale dei sindacati tricolore ai dettami dell’economia capitalistica e al dominio diclasse della borghesia. E’ inevitabile notare come i sindacati ufficiali stiano intensificando - senza nessunafinzione - gli inviti alla “gestione comune della crisi”, cioè alla collaborazione di classe fra sfruttati e sfruttatori,raccontando la solita miserevole favola sulla necessità di fare sacrifici in vista di un vantaggio futuro.Nonostante le parole dei politici sulla fine delle differenze tra le classi (siamo tutti sulla stessa barca), nelXXI secolo la lotta di classe è viva e vegeta e l’iniziativa, al momento, è nelle mani dei padroni, L’offensivaborghese colpisce i lavoratori, i disoccupati e i sottoccupati, gli immigrati, i precari, le donne, mentre la granparte del proletariato, invece di combattere il meccanismo sociale che la condanna ad un lavoro che non c’èpiù, si incatena o protesta inutilmente per il “privilegio” di lavorare, condannandosi così a rimanere schiacciatadentro quelle istituzioni che hanno lo scopo di perpetuare la sua vita miserabile di sfruttamento e povertàcrescente.Invece di scendere ad inutili compromessi col mostro capitalista, è arrivata l’ora di combatterlo; è arrivatal’ora di fare della lotta una realtà quotidiana. Noi dobbiamo riappropriarci dell’arma dello sciopero e poi, inragione della nostra forza numerica, iniziare a spezzare la gabbia sociale dominante dello sfruttamento.48

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