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rivista giugno 2013 - Partito Comunista Internazionale

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salariato nel teatro sociale contemporaneo. Merce contro merce, lavoro contro salario: questa è la recita chetrova rappresentazione sul palco del libero mercato, ma una volta tolta la maschera e il trucco, la recita si svelaper quello che è: un modo di produzione fondato sull’alienazione capitalistica del lavoro; e quindi sullaproduzione di merci in cui è incorporata la preziosa sostanza valorificante, il lavoro, e quella parte ancora piùpreziosa: il plus-lavoro/plus-valore, ossessivamente desiderata dal capitale, così come un amante desideraincessantemente l’oggetto del suo amore perduto. Rimane la debita considerazione sull’ odierno partitaccio, ilpartito democratico che ha impostato un intera campagna propagandistica sul motto “lavoro, lavoro, lavoro”, epoiché il lupo perde il pelo ma non il vizio, anche gli attuali epigoni del vecchio e abbietto partito stalinistadimenticano di specificare che in questa società capitalistica non di lavoro in generale si tratta, ma di un benpreciso tipo di lavoro, definito - guarda caso - con il nome di salariato. Il capitale ha bisogno di ritornare amacinare profitti, e quindi il lavoratore prossimo venturo, cui il partitaccio democratico assicura insistentemente‘lavoro, lavoro, lavoro’, marcia gioiosamente verso un futuro in cui dovrà sgobbare sempre di più in cambio diun minor numero dei tanto decantati diritti e retribuzioni inferiori al passato.L’Europa ci ha promosso, dichiara con zelo petulante il “caro” Presidente del Consiglio Letta, espressione diquel partito democratico, possiamo quindi esultare di soddisfazione insieme ai milioni di disoccupati, ai precari,e agli anziani privi d’assistenza sanitaria che formano, insieme ai pochi privilegiati di questo regime demente,l’attuale società italiana erede della costituzione fondata sul lavoro. Il Presidente Napolitano, un tempo fiero econvinto esponente del partitaccio stalinista, continua imperterrito ad invocare come un disco rotto le riformenecessarie al rilancio dell’economia nazionale e al superamento dell’emergenza lavoro. Quanta solerzia esincera preoccupazione in quelle alate parole.Ci permettiamo di tradurre per i poveri di comprendonio - e anche di spirito – il senso autentico delle argutee lacrimevoli esortazioni quirinalizie: il presidente Napolitano chiede al parlamento di lubrificare e razionalizzarerapidamente il meccanismo dello sfruttamento capitalistico, al fine di consentire alla borghesia di ritornare amacinare profitti. Nell’arco di tempo che va dalla fondazione costituzionale dell’odierna repubblichetta all’attualemomento politico-economico poco è cambiato nella sostanza dei rapporti sociali, la conservazione del lavoroschiavistico è sempre al centro dei nobili sentimenti dei padri della patria, e noi siamo sempre più convinti delvecchio motto ‘il lupo perde il pelo ma non il vizio’. Il capitale, da vero puparo tira i fili dei vari burattini che siaffannano a servirlo con zelo dai più alti scranni istituzionali ai più umili incarichi sbirreschi. La gioia del padronesi riflette sempre negli occhi adoranti dei suoi servi sciocchi.Articolo apparso nel 1947Il dibattito sulla costituzione della Repubblica Italiana è stato già definito come un compromesso traideologie diverse e contrastanti. La sottile malignità di Nitti 1 ha distribuito alla massa dei suoi tanto più giovanicolleghi una autorevole patente di asinità, scherzando sulla combine di morale cristiana e dialettica marxista.Non meno ovviamente si risponde che la politica non è che l’arte del compromesso, che il problema dell’ogginon è che politica – politique d’abord – e che le questioni di principio erano di moda trent’anni fa. Oggi tutti quelliche di politica fanno professione le considerano fuori corso, e si sentono ad ogni passo anche vecchi militanti disinistra chiedere con aria stanca di raffinati: non vorrete mica fare tra le masse questioni di teoria?!Lasciamo dunque per un momento da parte le dottrine e il chiaro assunto che quella religiosa e quellasocialista sono incompatibili. Segnano solo un innegabile punto di vantaggio a questo riguardo che i cristiani e icredenti in genere sono in grado di vantare sui sedicenti marxisti. Chi segue un sistema religioso è dualista,ossia pone su due piani e in due mondi distinti i fatti dello spirito e quelli del mondo materiale. Sui dogmioggetto di fede non transige, e può benissimo tenerli salvi ed indenni nel settore spirituale e teorico mentre famercati nel campo degli atti pratici, dei fatti interessi materiali. Questo vantaggio sta alla base della grande forzastorica della Chiesa, duttile e volubile nella sua politica e nella sua attività sociale, rigidissima sui capisaldi dellateologia. Quindi il cristiano, che come militante politico addiviene al miscuglio di opposte direttive nelle questionidello stato terreno, e dei rapporti tra le classi e i partiti, non tradisce i suoi principi, o almeno non è corretto adammettere di averne subordinato il rispetto a questioni di bassa convenienza.1 Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia, più volte ministro.3

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