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Uomo e natura - Filosofia ambientale

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considerarsi alla stregua di un flagello <strong>natura</strong>le. Ovunque si sia insediato non èmai riuscito a vivere in completa simbiosi con il suo habitat. I cacciatoripreistorici erano predatori senza scrupoli e senza limiti: individuavano unterritorio ricco di prede, le sterminavano completamente e poi si dirigevano daun’altra parte.Agli occhi di quegli uomini, il mondo doveva apparire come una distesa senzafine oltre l’orizzonte […]. Ciò che contava era la dose quotidiana di cibo, la salutedella famiglia, il pagamento del tributo al capo, i festeggiamenti delle vittorie, i ritidelle stagioni, le feste. […] I cacciatori umani non aiutano alcuna specie. È unaverità generale che spiega tutta la malinconica situazione in cui ci troviamo. 32In genere gli altri predatori non producono danni di grande entità, poiché sonofondamentali per il mantenimento dell’equilibrio all’interno di un ecosistema.La situazione non migliorò con la rivoluzione agricola del Neolitico, anzirappresentò una tappa fondamentale per la definitiva appropriazione territorialeda parte dell’uomo. Da quel momento, tra gli obbiettivi umani non vi furonosoltanto altri organismi da cacciare, ma anche vegetali e terre da riorganizzaresecondo i propri fini. Certo, dopo la rivoluzione industriale il degrado e losfruttamento <strong>ambientale</strong> hanno raggiunto livelli inauditi, ma non bisognacommettere l’ingenuità di considerare colpevole soltanto l’uomo postindustriale;anche il “buon selvaggio” non era esente da colpe.Ci sono però svariati fattori che concorrono alla diminuzione dibiodiversità. Senz’altro la perdita di habitat rappresenta, al momento, la causaprincipale: l’incessante azione dell’uomo nel sottrarre territori alla <strong>natura</strong>selvaggia sta ora dando i suoi nefasti frutti. «Abbiamo modificato tra il 30% e il50% della superficie terrestre. Abbiamo abbattuto foreste per tutto il Novecento:le stime oscillano attorno al valore del 20%, circa 10 milioni di chilometriquadrati, una superficie pari all’intera Europa». 33 Ci sono zone nevralgiche sulnostro pianeta che stanno scomparendo: «la maggior parte della biodiversità sitrova ai tropici, più di metà delle specie conosciute di animali e di piante della32 Ivi, p. 347.33 Paul Jozef Crutzen, Benvenuti nell’Antropocene, Mondadori, Milano 2005, p. 28.24

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