la nostra specie si trova a dover affrontare un pericolo costituito da forze cheeludono i nostri allarmi percettivi innati. […] Il cervello umano è perfettamentecalibrato per inquadrare e reagire istantaneamente a una gamma prefissata dipericoli, quelli che ricadono all’interno del campo visivo del periscopio di cui la<strong>natura</strong> ci ha fornito. […] Nel nostro passato evolutivo, però, nulla ha formato ilnostro cervello a individuare minacce meno palpabili, come il lentosurriscaldamento del pianeta, l’insidiosa diffusione di particelle chimichedistruttive nell’aria che respiriamo e nel cibo di cui ci nutriamo, o l’inesorabiledevastazione di ampie porzioni della flora e della fauna del nostro pianeta. 69Considerando la questione da questo punto di vista, anche il famoso sociologoBateson descrive «il destino in cui la nostra civiltà è entrata come un casoparticolare di vicolo cieco evolutivo. I comportamenti che offrivano vantaggi abreve scadenza sono stati prima adottati, poi sono stati programmati e, suiperiodi più lunghi, hanno cominciato a dimostrarsi disastrosi. Questo è ilparadigma dell’estinzione per perdita di flessibilità». 70Come precisa Vittorio Hösle, è intervenuto un altro importante fattore cheha ulteriormente amplificato questo problema, ovvero l’incredibile sviluppotecnologico che ha notevolmente incrementato i poteri dell’uomo.La tecnica moderna ha dilatato nello spazio e nel tempo le conseguenze delnostro agire in una misura che non ha equivalenti nell’intera storia universale, equesto ampliamento del mondo dell’azione non è affatto seguito da unampliamento del mondo della percezione […]. Oggi siamo in grado di fare cosele cui conseguenze si possono prevedere solo con grande sforzo […] e anche sealla fine ci rendiamo conto di queste conseguenze, i nostri istinti morali innati nonintervengono più per distoglierci da un agire che produce i suoi effetti a grandedistanza. 71Ecco perché, il più delle volte, si registrano reazioni apatiche e disinteressate difronte a previsioni negative circa il nostro futuro. Il comportamento umano sarà69 Daniel Goleman, Intelligenza ecologica, RCS Libri S.p.A., Milano 2009, p.38.70 Gregory Bateson, Verso un’ecologia della mente, RCS Libri S.p.A., Milano 2011, p. 498.71 V. Hösle, <strong>Filosofia</strong> della crisi…, cit., pp. 88-89.40
sempre il medesimo, almeno fino a quando non si manifesterannoconcretamente i primi segnali di degrado. Quei problemi che prima avevanosolo carattere virtuale, cominciano a rendersi tangibili: «è chiaro ora a molti cheimmensi pericoli di catastrofe sono germogliati sugli errori epistemologicioccidentali». 72Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, fu negli Stati Uniti che sipalesarono le prime avvisaglie di una crisi e si levarono allarmate voci circa ilcomportamento dell’uomo sul pianeta. Già verso la fine dell’Ottocento lascienza ecologica aveva cominciato a scorgere i pericoli legati all’abuso<strong>ambientale</strong>. Sul finire del romanticismo, pensatori come Ralph Waldo Emerson(1803-1882) e scienziati dotati di grande sensibilità, come Henry David Thoreau(1817-1862), tentarono di destare la coscienza popolare dal torpore nella qualesi era adagiata.Una menzione particolare va a George Perkins Marsh (1801-1882) e alsuo The men and the nature (1864), libro che nel giro di poco tempo divenne unvero e proprio classico dell’ecologia. L’autore rilevava come «l’impoverimento dispecie che aveva colpito l’Europa fosse derivato dal cattivo trattamentoriservato all’ambiente» 73 . Proprio il confronto con il vecchio continente divenne ilmotivo trainante dell’epoca. Altri autori come Nathaniel Southgate Shaler oPeter Frank Ward, seguirono la sua scia e, negli americani, si sviluppò l’ideache bisognasse comportarsi in maniera meno scriteriata rispetto allacontroparte europea. Nei primi anni del Novecento sono stati raggiunti indicativitraguardi, soprattutto per quel che riguarda l’elaborazione del cosiddetto“principio di conservazione della <strong>natura</strong>”, grazie al quale venne promossal’istituzione di numerosi parchi e aree protette.Si può senz’altro affermare che «L’ecologia sia stata una scienzasovversiva nel denunciare criticamente le conseguenze di una crescitaincontrollata associata al capitalismo, alla tecnologia e al progresso, concettiche negli ultimi due secoli sono stati considerati con reverenza nella cultura72 G. Bateson, Verso un’ecologia…, cit., p. 483.73 Sharon E. Kingsland, The evolution of American Ecology, The Johns Hopkins University Press, Baltimora2005, p. 10.41
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