deve riuscire, per così dire, a cogliere qual è l’aggregato di valori e dinorme che la società è venuta costruendo, “farli insegnare nelle scuole, controllareche da nessuna parte li si lasci ignorare dai bambini e che dappertutto se neparli col rispetto dovuto. C’è dunque, sotto quest’aspetto, da esercitare un’azione chesarà forse più efficace quanto meno sarà aggressiva e violenta e saprà meglio contenersientro limiti prudenti”.È importante sottolineare l’idea che è la società nel suo insieme checostruisce i principi, i valori e le norme attraverso un’azione cumulativadi tutti gli individui nella storia, e l’organismo statale è chiamato a tradurrequesti principi in programmi, a proporli a tutte le scuole. Non sinega, infatti, la possibilità che esistano scuole “private” in senso assoluto,cioè che riguardino bambini in situazioni particolari, però per tutti cideve essere la frequenza obbligatoria ad una scuola pubblica, in cui gliinsegnanti trasmettano una formazione sociale, essi cioè devono coglieree capire quelli che sono i principi di fondo <strong>della</strong> società, impegnarsi atrasmetterli ai giovani e guardarsi bene dal trasmettere i loro valori particolarie specifici, i loro valori di parte.Del resto qui si spiega anche un elemento che entrò in vigore inFrancia ai tempi in cui scriveva Durkheim, e cioè il giuramento, ancheda parte degli insegnanti, di fedeltà allo Stato. Esso può considerarsiproprio un indicatore di questa funzione pubblica che, secondo questoautore, gli insegnanti sono chiamati a svolgere, nel senso di un’adesionealla costruzione di un “essere sociale”. Dice Durkheim: “[È lo Stato chedeve ricordare] senza sosta al maestro quali sono le idee, i sentimenti che bisogna inculcareal ragazzo per armonizzarlo con l’ambiente nel quale deve vivere...”. Perchéla società possa andare avanti, egli dice , “bisogna scegliere: se si attribuisceun qualche valore all’esistenza <strong>della</strong> società - ed abbiamo appena visto cosa essarappresenti per noi - bisogna che l’educazione assicuri l’esistenza fra i cittadini diuna sufficiente comunità di idee e di sentimenti, senza la quale sarebbe impossibilequalsiasi società; e perché possa produrre questo risultato è inoltre necessario che nonsia lasciata totalmente in preda ai particolarismi”. Quindi, dal momento chel’educazione ha evidentemente una funzione sociale, lo Stato non puòdisinteressarsene, ma farsene carico.Si potrebbe dire che in questo Durkheim opera, con una distinzioneche è ancora del tutto valida, una differenziazione tra quelle che sonofunzioni di direzione, di programmazione degli obiettivi, di valutazionee controllo, da quella che è la funzione di mera gestione dell’istituzionescolastica. In tal senso, dire che la scuola è pubblica non significa che36
tutte queste funzioni sono gestite da una sola persona e dallo Stato, mal’importante è che quest’ultimo non perda il controllo <strong>della</strong> situazionedefinendone gli obiettivi e valutandone a valle i risultati.Questa è una distinzione che abbiamo recuperato a partire dagli anniOttanta del XX secolo col dibattito tra “pubblico” e “privato”, tra“scuola pubblica” e “scuola privata” , con conseguenti forti conflitti trai partiti politici, c’è però da dire che nel dibattito più recente questa distinzionetra funzione di programmazione, funzione di direzione, funzionedi gestione amministrativa e funzione di controllo, è tornata dinuovo ad essere utilizzata da quanti prima parlavano di “pubblico” riferendosiesclusivamente a “gestione totale”.Tornando al nostro discorso, è l’educazione molteplice, quella differenziatache a Durkheim non interessa che sia gestita dallo Stato, perchéquest’ultimo, facendosi carico dell’educazione iniziale obbligatoria haesaurito il suo compito di intervento. E a partire da quanto da lui affermatonella De la division du travail social, invece, sono i settori differenziati<strong>della</strong> società, delle associazioni del mondo lavoro quelle che luichiama “corporazioni”, cioè i gruppi professionali, che hanno il compitodi dare quest’educazione settoriale, di educazione al lavoro 15 .<strong>La</strong> visione finale offerta è di tipo meritocratico e selettivo: al di là<strong>della</strong> fase comune, omogenea, la formazione secondaria ulteriore è nonsolo lasciata ad agenzie particolari come sono appunto le corporazioni,ma è anche fortemente differenziata in base a quelle che sono, secondoquesto autore, le abilità dimostrate dai soggetti. O per lo meno, è beneche sia così, cioè è bene che le ulteriori fasi <strong>della</strong> formazione riescano inqualche modo a evidenziare le reali abilità o le reali acquisizioni che unsoggetto compie in riferimento alle competenze professionali. Ed ecco,quindi, la visione meritocratica che si sposa con una visione egualitaria<strong>della</strong> fase iniziale <strong>della</strong> vita.Il richiamo all’eguaglianza e all’omogeneità non è in Durkheim, infatti,legato ad un superamento <strong>della</strong> stratificazione sociale, che anzipersiste ed è ben precisa. <strong>La</strong> stratificazione sociale è strettamente legataalla divisione del lavoro ed è ad essa consustanziale; però cambial’immagine: questa stratificazione non è – usando termini parsonsiani –definita in base a componenti di tipo ascrittivo (cioè quelle variabili chedefiniscono il soggetto a partire dalla sua origine, all’inizio <strong>della</strong> sua cor-15 Tale punto non può essere sufficientemente sviluppato nei limiti del presente lavoro,ma merita senza alcun dubbio delle riflessioni approfondite.37
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Bibliografia essenzialeAlexander J.
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Rocher G. [1972], Talcott Parsons e