fatti sociali e le loro connessioni causali (Durkheim), sia per quanto riguardail divenire sociale nel suo complesso (Marx e Comte).<strong>La</strong> seconda contraddistingue l’individualismo metodologico, il quale, spessoriferito ad un particolare sviluppo <strong>della</strong> sociologia weberiana, rinunciandoall’idea che la società sia rappresentabile come un tutto, pone ilfocus sull’azione dell’individuo e quindi al senso soggettivo dell’azione. Ilriferimento non è senza ragioni, poiché secondo Weber, le collettivitànon sono altro che insiemi di individui, e quindi devono essere consideratesolo come il risultato dell’azione di questi individui.Questi due approcci teorici sono stati individuati dagli storici <strong>della</strong>sociologia anche per motivi di sistematizzazione e spesso forzando ilpensiero <strong>dei</strong> singoli autori. È l’approccio olistico ad aver caratterizzato leprime fasi <strong>della</strong> sociologia e che quindi in qualche modo ne ha condizionatogli sviluppi successivi, soprattutto nella misura in cui individuanella società, sia in termini di struttura sia in termini di cultura, l’oggettodi studio <strong>della</strong> sociologia. Con l’emergere dell’individualismo metodologico,l’olismo è stato oggetto di critica in quanto accusato di proporrel’immagine di uomo-marionetta, costretto a muoversi in ragione di finiche a lui sovrastano e che quindi subisce passivamente.È pur vero che, negli ultimi anni, nella riflessione sociologica si è fattastrada l’idea che queste due posizioni non fossero necessariamenteinconciliabili, tanto che sono stati numerosi i tentativi di integrarle in unmodello euristico che potesse dar conto che l’uomo è contemporaneamente“dentro” e “fuori” la società 3 .A questo punto dovrebbe essere chiaro quanto quest’ultimo problematrovi proprio nella socializzazione un esempio particolarmentepregnante.<strong>La</strong> socializzazione che cos’è? È una mera trasmissione? È causa, èpresupposto, è conseguenza, è un tramite? È un contesto di negoziazione?Questi sono tutti termini differenziati che rimandano ad idee diverse.In generale, vi è accordo da parte <strong>dei</strong> sociologi nel considerare la socializzazionecome il processo attraverso il quale si diventa membri <strong>della</strong>società.Il modello <strong>integrazionista</strong> ha costituito la prima impostazione teoricanella riflessione sociologia classica che, nell’approccio olistico, in merito a3 Donati P., 1991; Archer M., 1995.6
questa relazione mette in primo piano la società. Già nell’immaginedurkheimiana, infatti, al primo sorgere <strong>della</strong> sociologia come scienzamoderna, la lettura dell’educazione è centrale nella riflessione sociologica.L’analisi sociologica dell’educazione, quindi, è antecedente al consolidarsidi un corpo separato, accademico: per tutti i sociologi, soprattuttoper i primi, il fenomeno dell’educazione in quanto trasmissione delpatrimonio di valori e norme che caratterizzano la società, quindi la necessitàdi un meccanismo istituzionale che permettesse questo, è statocentrale per la comprensione del sistema sociale e <strong>della</strong> relazione frasoggetto e società.In tal senso, si può parlare di educazione riferendosi ad un insieme dipratiche che hanno come risultato intenzionale, attraverso l’istituzionescolastica, la trasmissione di determinati valori, conoscenze e competenze.Il modello, che è definito proprio a partire da tali esigenze, si costruisceattorno alle prime grosse analisi sociologiche dell’educazione,quindi affonda le sue radici nel pensiero durkheimiano, si completa conl’approccio di Parsons, ed entra in discussione proprio negli anni Settantacon il grosso attacco che, più in generale, i sociologi muovono inquegli anni al funzionalismo come paradigma statico di lettura <strong>della</strong> società,non più efficace, se non altro, a leggere la transizione alla societàpost-moderno.Tale modello nasce e si evolve, come già detto, in ragionedell’emergere di una specifica lettura sociologica <strong>della</strong> società, e si affermacome dominante fino al secondo dopoguerra. Ma parlare di unmodello dominante non significa sostenere che sia l’unico esistente: afianco del modello <strong>integrazionista</strong> di socializzazione continuano ad avereforza altri modelli, soprattutto nell’operatività, in quella che èl’attribuzione concreta in istituzioni educative. Mentre, in campo sociologico,domina il modello <strong>integrazionista</strong> di socializzazione, in pedagogiacontinua ad essere predominante, in particolare in Europa ma soprattuttoin Italia, un modello di matrice rousseauiana.Tale modello mette il soggetto al centro, parte dalla spontaneità delbambino e dall’assunto che la società può influire soprattutto negativamentesul bambino e quindi l’educazione, dice Rousseau, deve soltantofare in modo che queste influenze negative non abbiano la meglio sullacostruzione dell’identità’ del singolo, e che questi possa sviluppare almassimo le proprie potenzialità di tipo positivo.7
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Rocher G. [1972], Talcott Parsons e