sa per la vita, cioè la famiglia e il sesso: caratteristiche che sono indipendentidalla sua volontà), ma in base a componenti di tipo acquisitivo(cioè le variabili che hanno a che fare con le spinte personali all’autorealizzazione,con quello che il soggetto conquista, in base alla propriaintraprendenza), cioè all’achievement.Allora si vede già in Durkheim – e sarà nettamente evidenziato daParsons – il passaggio da un’idea stratificata di società basata su variabiliprevalentemente ascrittive (società premoderna o preindustriale) ad unasocietà stratificata basata prevalentemente, invece, su variabili di tipoacquisitivo (società moderna o industriale). Durkheim sostiene la necessitàdi una stratificazione legata alla differenziazione sociale tipica <strong>della</strong>società moderna, industriale e democratica, la quale non può restare invita (o non può realizzarsi) attraverso un’assegnazione alla stratificazionesulla base di variabili prevalentemente di tipo ascrittivo, quali quellead esempio legate all’appartenenza familiare nella società feudale.L’ascrittività non funziona più nella società moderna, se ha funzionatoin passato, se è stato sufficiente per spiegare società di tipo premoderno,continuare ad usare variabili di tipo ascrittivo per garantire lamoderna divisione del lavoro, significa, in sostanza, negare lo sviluppo.È in questo senso che, secondo Durkheim, la famiglia non è più unselettore adeguato per la stratificazione sociale. Essa non solo non è piùin grado di fare socializzazione nel suo complesso, ma non è più funzionalmenteadatta a fare la selezione fra i soggetti: le competenze che vengonotrasmesse dalla famiglia non sono quelle che rendono possibile losviluppo e il progresso sociale. Quest’ultimo è possibile solo se gli individuientrano in competizione in base alle loro acquisizioni, alle lorospinte all’autorealizzazione, in base alle competenze acquisite.Quindi, per così dire, la stratificazione, per i soggetti, è un punto diarrivo e non un punto di partenza, ed è quindi, eminentemente, almenoin questa posizione, di tipo meritocratico: non è la famiglia che definisce ilposto che l’individuo deve occupare nella società, ma sono le abilità dimostratenella gara per la vita, a definire il destino sociale.Leggendo di nuovo con la terminologia attuale l’immagine durkheimiana,si intravede quella che viene definita una “uguaglianza <strong>dei</strong> puntidi partenza”, dopodiché inizia la competizione e si arriva, appunto, alladisuguaglianza sulla base <strong>dei</strong> meriti, <strong>dei</strong> talenti e delle risorse di cui ognisoggetto riesce a dotarsi.38
Si tratta, in sostanza, di una compresenza di uguaglianza e differenziazione,che sono componenti che servono entrambe a definire la societàin sviluppo, e che dà luogo ad una sorta di ambiguità, e di paradosso,che rimane aperta, in quanto si afferma il bisogno di un forte “zoccolo”sia in termini di uguaglianza, sia in termini di differenziazione. Ciò è descrittoda Durkheim in termini abbastanza semplici; però cosa significache fino ad un certo punto <strong>della</strong> vita, nella scuola obbligatoria, tutti sonouguali, e poi dopo inizia la diversità? Questa discontinuità come lapossiamo spiegare?Si badi bene: questo autore non analizza la scuola, non entra in quellache viene definita la “scatola nera”, cioè non studia i meccanismi chegenerano la socializzazione, ma si limita a descriverla, affermando cheattraverso essa si costruisce l’essere sociale, il quale è dotato di un certobagaglio nel proprio cammino. Quindi non analizza neanche il passaggioda uguaglianza e omogeneità iniziale a differenziazione seguente,cioè la possibilità di compatibilità fra omogeneità e diversità, omologazionee differenziazione. In questo autore, ancora una volta, c’è qualcheelemento che, appunto, resta sempre non pienamente comprensibile.39
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Bibliografia essenzialeAlexander J.
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Rocher G. [1972], Talcott Parsons e