la toscana maggio

TOSCANA
la
Toscana Cultura - Anno 4 - Numero 5 - Maggio 2016 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 5905 del 6-2-2013 - Iscriz. Roc. 23227. E 1
Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI

Dal 1936 la famiglia Cirri-Fusi svolge ininterrottamente
l’attività di ristorazione.
L’attuale gestione è condotta da Livio, grande esperto e
conoscitore di carni, affiancato dai figli Enrico e Gianna
coadiuvati da validissimi collaboratori.
Nel ristorante ci sono due accoglienti sale, dai colori caldi
dove possono essere ospitate circa 50 persone; all’esterno,
un piccolo giardino dove nei mesi più caldi la sera i clienti
possono consumare la cena.
L’uso di materie prime di qualità permette alla nostra
cucina di mantenere nel tempo piatti dai sapori altrimenti
dimenticati.
Produciamo il nostro olio biologico da olivi situati nella
collina di fronte al ristorante.
Abbiamo un piccolo allevamento suino dal quale
ricaviamo i nostri salumi.
L’uso di padelle di ferro per friggere permette di avere una
leggera ed eccezionale frittura di carni e verdure, avendo
con questo tradizionale metodo la possibilità di cambiare
l’olio molto più spesso di una friggitrice.
Ristorante Il Focolare
Via Volterrana Nord, 175
50025 Montespertoli (FI)
Tel. 0571 671132
ilfocolare.montagnana@gmail.com

Manara
Design
Via di Novoli, 62/G
50127 Firenze
Tel. +39 055 435003
info@manaradesign.it
www.manaradesign.it

Sommario
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Vittorio Sgarbi al centro Berti di Sesto Fiorentino
Le tele graffianti di Cinzia Pistolesi
Le sculture di Onofrio Pepe al Ristoclub Il Cestello di Firenze
Mauro Scardigli protagonista alla Fortezza da Basso
Francesco Mariani alla Biennale di Venezia
I ritratti di Antonio Ciccone in un libro
Il ritratto di Eugenio Giani realizzato da Anna Cecchetti
Dal Brasile Carla Adriana Aparecida Russo Risso
La vibrante ispirazione di Doralice Avanzi
Grazia Danti: una mostra in rosa a Campi Bisenzio
Nel Salone dei Cinquecento la XX edizione del Premio Filo d'Argento
Signa intitola un impianto sportivo a Ferenc Puskás
La voce dei poeti: Rosita Comparini
Al Caffè Principe, passione, dolore, amore nell'arte di Frank'O
L'universo donna della scrittrice Maria Antonietta Cencetti
La gioia del colore e dell'amore per il mondo di Anna Bubba
Maria Luisa Manzini: un'osmosi ininterrotta fra pittura e poesia
Daniele De Luca: diagrammi dell'esistenza
Il debutto del pittore Fabio Pucci al Caffè Decò di Firenze
Il dipinto di Rita Patti a Villa Pamphilj di Roma
Nasce il nuovo Banco Fiorentino
La personale di Paolo Catelani al Colognolo
A Firenzuola il percorso museale "Guerra e Memoria"
Giovani scultori della Scuola Franchi-Graziani a Empoli
Anna Maria Romoli
"F-light -2015, il Festival delle luci, che nel nome nasconde un gioco
di parole: F come Firenze ma anche come festival, light per la
luce e flight per il volo.
Dall’8 al 27 dicembre 2015, fiorentini e turisti hanno compiuto un
viaggio con la luce, un volo ideale tra le piazze della città e la volta
celeste.
La vita sulla terra, i quattro elementi, la storia dell’uomo e quella
dell’arte, il tempo nell’universo raccontato attraverso la luce.
F-light quest’anno ha avuto un rilievo speciale in occasione
dell’Anno Internazionale della Luce proclamato dall’Unesco."
Cell. 335 8233383 - amrfir@alice.it
In copertina: la pittrice Cinzia Pistolesi fotografata nel suo studio da
Adriano Bartolozzi
STEFANIA PRATESI
La mia prima libreria
1991, olio su sportelli originali del mobile letto, cm. 206x104
Stefania Pratesi docente. Dipinge dal 1987 partecipando a mostre a livello nazionale e
internazionale e vincendo il 1° premio in varie manifestazioni, Fiorino d'Oro a Firenze nel
Salone dei 500, 1° premio biennale a Trevi mostra internazionale Trevi Flash Art Museum.
Dal 19 maggio all'8 giugno espone all'Auditorium al Duomo via Cerretani, 54 - Firenze.
Tel. 055 8657653 - pratesi.stefania@gmail.com
la TOSCANA
Periodico di attualità, arte e cultura
dell’Associazione Toscana Cultura
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Stefano Bandinelli
Ugo Barlozzetti
Fabrizio Borghini
Lorenzo Borghini
Marco Burrini
Laura Capuozzo
Maria Grazia Dainelli
Giuseppe Di Filippo
Daniela Fontanazza
Fabio Graziani
Francesco Gurrieri
Tommaso Gurrieri
Alberto Gavazzeni
Donato Massaro
Federico Edgar Pucci
Daniela Pronestì
Silvia Ranzi
Gregorio Rossi
Barbara Santoro
Pier Luigi Toncelli
Franco Zangheri
Foto:
Adriano Bartolozzi
Beatrice Botticelli
Maria Grazia Dainelli
Carla Dini
Foto Studio Bianco

Vittorio Sgarbi in visita alla
mostra dedicata ad Antonio Berti
di Stefano Bandinelli
Vittorio Sgarbi ha visitato,
a sorpresa, la mostra
“Antonio Berti (1904-
1990)” in corso di svolgimento
sino al prossimo 31 maggio a
Sesto Fiorentino. La rassegna antologica
è ospitata presso il Centro “Antonio
Berti” di via Bernini, dove sono
esposte le sculture della produzione
dagli anni Trenta agli anni Ottanta, e
a La Soffitta Spazio delle Arti, dove
sono raccolti schizzi, disegni, bozzetti
e dipinti arricchiti da documenti fotografici
e corrispondenze con illustri
personaggi del secolo scorso.
Al termine del suo spettacolo su Caravaggio,
tenutosi nella sera di lunedì
2 maggio all’Obihall di Firenze e che
si è confermato un assoluto successo,
Sgarbi si è recato, insieme al suo staff
e ad alcuni amici, al centro espositivo
di via Bernini per vedere le più belle
sculture di Berti e visitare l'adiacente
studio dell'artista.
Ad accoglierlo ha trovato Giovanni
Berti, figlio del grande scultore,
e Francesco Mariani, presidente
dell’Associazione Antonio Berti e responsabile
del gruppo La Soffitta Spazio
delle Arti che insieme al Comune
di Sesto Fiorentino ha organizzato
l’evento espositivo.
“La sensazione che si ha vedendo l’opera
di Berti - ha esordito il professore
- è che lui sia una personalità corrispondente
a quella di Andy Warhol.
In una situazione paradossale per cui
Andy Warhol aveva bisogno di rappresentare
la propria gloria attraverso
le immagini di persone famose, Berti,
invece, restituisce il corpo e la vita alle persone famose che incontra.
Per cui l’elemento che accomuna queste due personalità così
lontane è di avere rappresentato l’ultima umanità fatta di persone
famose, grandi, belle. E questo è un aspetto che va al di là della
dimensione illustrativa e narrativa a cui si lega l’opera di Berti, che
è un’opera che mantiene tutti i canoni della scultura tradizionale.
Ma in fondo la scultura antica non è necessariamente legata alle
persone che hanno fatto la cronaca del loro tempo. Qui, invece, è
come se noi avessimo davanti un rotocalco con i personaggi - dalle
attrici, alle regine, ai grandi medici, agli scrittori - che lui rende continuamente
ed eternamente vivi. Quindi fa un servizio alla cronaca
proiettandola nell’eternità. Un’operazione che in fondo è pop: c’è
Vittorio Sgarbi accolto alla mostra da Francesco Mariani; al centro, il famoso
storico dell'arte a colloquio con Giovanni Berti, figlio di Antonio; in alto,
Sgarbi tra le opere di Berti
una componente di pop-art nell’opera
di Berti e questo è l’aspetto forse
più insolito rispetto a come l’abbiamo
pensato e immaginato nel corso degli
anni. Lui, in fondo, ha uno star system
davanti e testimonia questo star system
attraverso una serie di immagini
immortali. E questo rende durevole il
presente o perlomeno lo prolunga nel
nostro tempo e verso il futuro.
Una grande mostra di Antonio Berti
in una capitale europea andrebbe
benissimo. Ci sono alcune immagini
- ha chiosato - che sono astrazioni e
appartengono a una dimensione che
non è legata alla cronaca. E altri che
sono invece i personaggi che hanno
avuto merito nel presente. Quindi ci
sono due livelli; ma le sculture femminili
che puntano all’astrazione
potrebbero essere messe a fianco di
quelle del Rinascimento fiorentino.
Almeno 4-5 di queste sculture esorbitano
dall’elemento della resistenza
del tempo e della cronaca e si affidano
all’eternità”.
L’intensità di questa specialissima
notte sestese è raccontata anche da
Giovanni Berti: “Per me è stato un privilegio
aver guidato lungo il percorso
delle mostra un personaggio straordinario
e di grande cultura, storica
e artistica, come Vittorio Sgarbi. Lui
conosceva già le opere del babbo, pur
non avendolo mai incontrato, perché
nel 2000, anche quella volta in notturna,
venne a trovarci a casa e passammo
cinque ore a parlare in serenità.
Vederlo tornare qui dopo 16 anni è
stato un fatto estremamente bello
ed emozionante”. Grande soddisfazione è stata espressa anche da
Francesco Mariani che ha sottolineato come “questa visita, avvenuta
in un orario particolare e vissuta con grande passione, ha fatto
riemergere tutte le emozioni che la vicinanza delle opere di Berti
possono regalare a chi lo incontra in profondità. Il piacevolissimo
incontro avuto con il professor Sgarbi rimarrà sempre nella memoria
nostra e di questo evento”.
LA SOFFITTA SPAZIO PER LE ARTI
Casa del Popolo di Colonnata Piazza Rapisardi, 6
50019 Sesto Fiorentino (FI) - Tel. (+39) 055 442203
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Vittorio Sgarbi per Antonio Berti
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Le tele graffianti di
Cinzia Pistolesi
Sono percorse da una scorza gravida di tensione,
da una pulsione elettrica, da una sottile percezione
del dolore, da una collazione tra amore e dramma
di Barbara Santoro
L’astrattismo è quella corrente pittorica che nasce come
negazione della rappresentazione della realtà, quasi ad
esaltare attraverso colori, linee, forme e masse, i sentimenti
dell’artista che non vede ciò che lo circonda, ma
piuttosto interpreta con il suo sentire, la sua empatia, il reale che
vede intorno a lui, creando figure non aderenti alla verità e non immediatamente
riconoscibili. “Un'armonia pura distaccata totalmente
dal vero” “Abstraction- Creation” come ebbero a dire coloro che a
Parigi nel 1931 crearono questa corrente.
di luci, di riflessi, in cui l’angoscia e il riscatto si sublimano all’infinito
quasi a completarsi in una scatola geometrica che raccoglie
tutti gli umori, dove “lumeggiature d’oro” scrivono parole non dette,
messaggi non decifrati.
Le “concrete sensazioni pittoriche”, che Pollock definì così apertamente,
sono ancora più evidenti in lei perché provengono da quello
stato dell’inconscio che l’artista definisce: “massa muscolare e
cuore, plesso sanguigno che ha necessità di esplodere,”quasi come
di una sorgente d’arte che scaturisce spontaneamente e solo nella
fuoriuscita si sente appagata, realizzata.
Questo magma iridescente che cola senza preavviso provoca un
piacere spontaneo che riempie quei vuoti creando immagini armoniose,
magiche, vitali. Non possiamo chiederne un significato, una
comunicazione. L’artista “moderno” elabora dentro di sé tutta una
serie di soggetti, oggetti, sensazioni, pensieri, creazioni che solo a
lui appartengono fino al momento in cui le trasmette sulla tela.
Noi le osserviamo, le guardiamo, ce ne appropriamo solo nell’attimo
in cui l’artefice se ne libera, né un momento prima, né un attimo
dopo. Le facciamo nostre solo quando non appartengono più a chi
le ha generate.
Così Robert Delaunay, Malevich, Kandisky, Klee, Mondrian, Pollock
e tanti altri come loro hanno offerto alla società le loro problematiche
senza mai darne la soluzione.
È questo il fascino sottile che emana dalle loro tele che, come quelle
Sinapsi inversa
Questo movimento pittorico tocca poco le mie corde sensitive e decisamente
io amo molto di più il figurativo che arriva più diretto al
cuore. Ma le opere di Cinzia Pistolesi (artista che ho conosciuto da
poco tramite amici) hanno qualcosa di così sottile, di così penetrante,
di così graffiante che non puoi rimanere inerte davanti a loro.
Vi è in esse una ricerca di espressività che quasi sfiora il gioco d’azzardo.
Le tele sono percorse da una scorza gravida di tensione, da
una pulsione elettrica, da una sottile percezione del dolore, da una
collazione tra amore e dramma, quasi a sfidare il mondo e nello stesso
momento raccontarlo ed amarlo nella bellezza brillante dei suoi
colori. Guerriera attenta a non debordare, Cinzia ha la capacità di
raccontare con la pittura il linguaggio pieno delle cromie nate da
agglomerati di tubi acrilici, mescolati alla terra della sua “dimora”,
quasi a condividere con chi li guarda la speranza di un mondo pieno
La pittrice Cinzia Pistolesi nel suo studio
6 Cinzia Pistolesi

Uno scorcio dello studio dell’artista
La grotta
Cinzia Pistolesi con Barbara Santoro
di Cinzia, ci vengono offerte fra esplosioni e bagliori, fra tensioni e
visioni senza mai assurgere a missioni, a manuali d’arte, a manifesti
del bello. Alla pittura tradizionale, la nostra amica, antepone quasi
una faticosa ricerca astratta per poi ricomporre e riscoprire il senso
della forma e della figura.
Così dopo aver dipinto strisce, cerchi, simmetrie in lungo ed in largo,
utilizzando il gesso come un decoratore antico, ritorna sulla scena
per ridargli nuova forma e sostanza e ricostruire, pezzo per pezzo,
l’antica eleganza che aveva dentro la mente.
Farfalle svolazzanti, cristalli di luna, occhi penetranti, rivelano la materia
misteriosa con cui sono composti, e l’uso dell’oro completa precreando
bagliori, quelle masse materiche in un raffinatissimo gioco
quasi klimtiano. Da questo “collage”, che lei percepisce doloroso
quasi come un parto, fuoriescono volti e figure personaggi impensati
di cui lei sembra non avere coscienza ma che le sono dentro e chiedono
solo di essere liberati.
Così il Guerriero, il Crocifisso, la Natività, la Madre, il Figlio, la Casa,
fuoriescono di getto da un caos irrazionale, onirico, di un vissuto non
digerito né rielaborato.
L’artista continuamente estrapola forme decorative da una realtà
che la circonda,ma che a differenza degli umori dirige in un modo o
in un altro.
Anche la differenza del livello di pigmento è dovuta ad emozioni.
Ci sono giornate in cui la circolarità del segno corre veloce creando
sezioni del quadro a più superfici, su cui poi i colori giocano a mettere
in rilievo agglomerati pittorici ben precisi, altre in cui la tavola
è uniformata da un unico colore: il bianco. Ma è proprio la stratifiziosi
ricami che solo lei può raccontare. Paesaggi lontani, scintille di
fuoco, scaglie fuoriuscite da vulcani impazziti, quasi segni invisibili
di ali angeliche rutilanti che lanciano bagliori luminescenti, ricreano
oggetti comuni e partiture musicali ispirate dalla musica classica
ascoltata dall’artista mentre lavora.
La tecnica scelta dalla creativa Pistolesi è unica: su tele preparate
con gesso e spatola spreme colori acrilici puri che lascia seccare per
poi aggiungere e mescolare la terra della sua villa “il Cerretino”. In
quella natura tra alberi maestosi e bosco tra erbe odorose e macchia
mediterranea si trova un humus ricco d’ossigeno, che fa bene non
solo alla fioritura delle piante ma anche alla lucentezza dei colori
da lei usati. Contorna o scontorna poi, con l’oro o con il nero lucido
cazione del “bianco di San Giovanni”, ispessito, lisciato, grattato,
ondulato, sbollato, spaccato che costruisce architettonicamente lo
spazio quasi scultoreo dando alla tela una squisita eleganza e raffinata
bellezza.
Cinzia dall’apparente fragilità: donna solare ed estremamente femminile
con le fossette nelle guance, l’aria sbarazzina e i ridenti occhi
cerulei, alterna al giornaliero buon umore ricco di sentimenti e
quotidianità, una coriacea protezione; quasi un'amazzone pronta a
caricare chi osa entrare nell’intimità del suo animo.
La sua vita realizzata accanto ad un consorte affettuoso, a due figli
equilibrati e belli, e ad amici (tanti) guidata da una fede ed un credo
costante, sono il suo lasciapassare per vivere in armonia con il creato.
Il suo “Eden “è qui: nell’armonia della campagna che la circonda,
nelle antiche mura che trasudano storia, eroi e fantasmi, nella cucina
così personalizzata da essere quasi una pagina “vintage” di una
rivista patinata, nello studio dove l’odore della vernice si mescola
all’essenza della trementina; ma anche a quello dei fiori raccolti nei
campi e sapientemente essiccati, in un turbinio di cavalletti sui quali
si trovano le tele ammonticchiate quasi a dimostrazione del suo
“ieri”. Cosa posso augurare a Cinzia che ha già tanto???
Solo di condividere con gli amici, quelli veri, il suo vissuto e di poter
far godere al mondo intero quello che io ricevo ogni volta che le sono
accanto o che osservo le sue tele.
Grazie Cinzia!
Cinzia Pistolesi
Cell. 366 1836477 - cinziapistolesi@virgilio.it - www.cinziapistolesi.com
Cinzia Pistolesi
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Il Sole e la Luna nella scultura di
Onofrio Pepe
Quindici opere in bronzo del maestro in
mostra al Cestello Ristoclub di Firenze
di Francesco Gurrieri
Foto di Maria Grazia Dainelli
Breve nota su un incontro in via dei Cardatori
ÈSan Giovanni. Lo studio è chiuso e così ho fissato col
maestro, per una visita (promessa da tempo) nella sua
“bottega-museo” di via dei Cardatori. Parcheggio in
piazza dei Nerli, appena svoltato l’angolo da San Frediano.
Da lontano vedo la sua sgangherata bicicletta (la sesta dopo
cinque furti), che è, convenzionalmente, il segnale della sua presenza.
Lui è lì, in canottiera, con lo sguardo luminoso di sempre; le
mani impastate d’argilla che cerca inutilmente di nettarsi per darti
la mano così che ti porge il gomito. Da quando ha “sistemato” la
saletta, il primo vano d’accesso è ormai impenetrabile, tanto che
deve spostare un paio di trespoli per farti posto. C’è subito il calore
e la cordialità di sempre.
Onofrio Pepe durante la presentazione con il professor Francesco Gurrieri e il critico Marco Moretti
8 Onofrio Pepe

Poi mi dice di aver maturato l’opportunità di fare una mostra, qui
nella sua San Frediano, e che i soggetti, questa volta di piccolo
formato, riguardano “il Sole e la Luna”. Ed eccole queste opere:
ancora una “lezione pratica di mitologia” come lui e pochi altri
sanno fare. Una Stella e un Satellite: due miti universali e atemporali.
Il Sol Invictus e la Fertilitas.
Il Carro Solare, la Barca solare di Apollo, Iside col disco solare
sulla testa, la statua di Hathor con sulla testa il sole, sono solo
alcune delle rappresentazioni più note del Sole; così come della
Luna si può invocare Artemide, Selene, Persefone, Afrodite, a
seconda delle costellazioni. Così, in queste opere, Onofrio Pepe
implementa Sole e Luna in un disegno magico che solo l’arte
può suggerire: con i suoi tagli, le sue lacerazioni, le sue superfici
corrugate, le sue appena accennate note di colore. Così, ancora
una volta, l’intuizione e il rinnovarsi del mito, ci son regalati
dall’artista, con quella sua inconfondibile e personalissima cifra
di “scultore del mito”.
Poi, l’apparire di Marco Fagioli: - Eccoci dallo “statuario”! E la
conversazione verte sui crediti che ogni artista deve a chi l’ha
preceduto. Io ricordo che anche per l’arte e per il suo esercizio filologico
vale un princìpio della fisica: quello di Lavoisier, secondo
cui “nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma”.
Siamo tutti d’accordo, il caffè era già stato preso e così, con la
promessa di rivederci, ci si saluta.
E ci salutano anche queste belle sculture - Sole e Luna - a ricordarci,
con le loro fasi nell’universo, quanto breve e transeunte
sia la nostra stagione terrestre.
Figura femminile in bronzo
La mostra è stata prorogata fino al 21 giugno
Lo scultore lavora ai suoi temi del mito, in una continuità ininterrotta.
L’argilla cruda si sta conformando nel tema iterato ma sempre
diseguale del “Ratto d’Europa”. Accanto la Leda, Eros, il calco di una
medaglia. Ci spostiamo nella saletta ove sono le steli e i pezzi più
grandi, ma soprattutto dove c’è un tavolino e delle sedie finalmente
comode, dopo anni di sofferenze su sgabelli dalla stabilità sommaria
e dalla seduta incerta. Alla parete alcune belle foto bianconero e
una a colori, col principe Carlo in visita alla sua mostra all’Università
europea, alla Badia Fiesolana. Passando, anzi faticosamente attraversando
il varco del primo vano intravedo una bellissima figura femminile,
china su se stessa, color cotto, che ha perso il trattamento di
simulazione a bronzo. Bellissima. Sento una spinta irresistibile come
talvolta succede, penso che prima o poi dovrò impossessarmene.
L'eccezionale proposta gastronomica del Cestello Ristoclub
Alcune opere in mostra
Un momento conviviale del vernissage
Onofrio Pepe
9

Mauro Scardigli
L'artista è stato ospite della Mostra Internazionale
dell'Artigianato 2016 alla Fortezza da Basso di Firenze
di Daniela Pronestì
Foto Studio Bianco - Castelnuovo di Garfagnana
La parola chiave per interpretare l’opera artistica di Mauro
Scardigli è ricerca. Un termine che identifica la matrice
concettuale del suo lavoro, qualificandolo come un percorso
che prescinde dalle esperienze già maturate nel mondo
dell’arte per giungere ad una cifra
espressiva del tutto originale. Un
primo evidente risultato di questo
fervore sperimentale è la varietà
dei materiali utilizzati, che vanno
da quelli tradizionali (legno, tela,
juta e cartoncino) ad altri più innovativi
(alluminio e plexiglass).
Servirsi di differenti supporti è
un modo per declinare la poetica
del gesto con esiti che mutano in
rapporto al materiale impiegato.
Se la tela, la juta e il cartoncino Lucido 195, 2012, alluminio acrilico e
accolgono il colore senza influire smalto, cm. 60x75
sul movimento vorticoso del segno dipinto, nel caso del legno, invece,
accade spesso che sia la forma del supporto a dettare il disporsi dei colori
sulla superficie, in un continuo rapporto di continuità fra geometrie
della base e andamento cromatico. Quest’ultimo è ottenuto con l’ausilio
di un coltello che gocciola il colore secondo la
tecnica del dripping, generando una fitta rete di segni
che si staccano dall’uniformità dello sfondo per
emergere in tutta la loro forza dinamica. Altre volte,
invece, sono le mani lo “strumento” di cui Scardigli si
serve per stendere i colori, dando prova di un perfetto
equilibrio tra spontaneità e controllo dell’azione
pittorica. Le ultime opere in plexiglass rappresentano
un’ulteriore evoluzione del suo iter creativo ed
introducono una nuova riflessione sulla pittura. Le
strutture in plexiglass non esibiscono direttamente
i colori ma li custodiscono al loro interno, come teche
chiamate a conservare il gesto dell’artista che
applica il colore con le mani. Il plexiglass, quindi,
come supporto e contenitore della pittura. A questo
si aggiunge l’effetto determinato dalla trasparenza
del materiale: una caratteristica che attenua lo spessore
cromatico con accattivanti giochi di controluce.
Mauro Scardigli procede nella sua ricerca senza conoscere
ostacoli, e ogni conquista è uno stimolo a
proseguire con sempre maggiore entusiasmo.
Lucido 272, 2015, tecnica mista su legno, cm. 20x80
Di quest’artista, che di recente
ha esposto alla Fortezza da
Basso di Firenze in occasione
della mostra “Forme e colori dal
mondo”, parleremo anche nei
prossimi numeri de La Toscana.
Sarà un’occasione per conoscere
più da vicino le tante sfaccettature
della sua opera pittorica.
Lucido 298, 2016, tecnica mista su plexiglas,
cm. 50x50
Mauro Scardigli in arte ,
è un artista toscano autodidatta da sempre. Nel
2010 si è affacciato per la prima volta con successo
al mondo della mostra contemporanea,
dopo aver sperimentato numerose tecniche creative.
realizza le sue opere con acrilico, smalto,
olio, china, tempere, pastello, gesso e bitume,
e si serve del coltello e delle mani per applicare
i colori sui supporti, che variano dalla tela alla
juta, dal legno all’alluminio, fino al plexiglass.
Di seguito una sintesi delle mostre realizzate:
- Firenze Mostra Artisti Contemporanei Auditorium Al Duomo di Firenze, 2016
- Lucca Palazzo Ducale - Artisti di Lucca e del suo territorio, 2016
- 5° Biennale d’Arte - Montecarlo, 2012
- XXIX Premio Firenze - Palazzo Bastogi, 2012
- “XV Concorso Internazionale Massenzio Arte” , Roma, 2011
- Premio Città di Livorno - Mario Borgiotti - 59° edizione - Rotonda di Ardenza
- Premio Vibrazioni dell’Anima I Edizione - Scandicci FI - 2011
- Genovarte 2011 - IV Biennale d’Arte Contemporanea - Palazzo Stella
- Torino Arte 150 - Palazzo Barolo - 2011
- Premio Don Fabio Leonardis 2011 - 2° Edizione
- Premio Terna 03
- “5” Premio Internazionale Arte Laguna 2011
- Quarto concorso internazionale Trenta x Trenta - 2011 - Trieste
- 7° Trofeo G.B. Moroni - Bergamo
- Artistica 2010 - Palazzo della Ragione - Verona
www.scardiglimauro.it
10 Mauro Scardigli

Francesco Mariani
a “Il Grande Canale della Pace”
La mostra itinerante ha avuto inizio
nel 2015 in concomitanza con
la 56ª edizione della Biennale di Venezia
di Alberto Gavazzeni
Il Grande Canale della Pace è una
mostra itinerante che ha avuto
il suo inizio a Venezia nel
2015 in concomitanza con
la 56ª Biennale per la durata della
Biennale stessa.
Il senso di questa iniziativa
è una rappresentanza di artisti
provenienti da molte
parti del mondo che tramite
le loro opere incarnano se
stessi ed un preciso messaggio
a significare che l’arte è
un linguaggio universale e
di conseguenza un’idioma di
pacifica convivenza e sereno
dialogo trai popoli.
Francesco Mariani era presente in
questa prima edizione con due dipinti
appartenenti alla sua ultima produzione
dove il suo stilema ha trovato una forma assolutamente
originale tramite l’integrazione dell’immagine
fotografica, scatti personali, trasfigurata da una sovrapposizione
dell’intervento pittorico che poi si estende a tutto il resto della tela.
Opere in equilibrio tra il figurativo e l’estratto.
Francesco Mariani non è nuovo ad importanti esposizioni nella città
lagunare; infatti trovo doveroso citare “Artouverture-symphonie de
couleurs” del 2011 a Palazzo Pesaro Papafava a cura di Rita Calenda
e Carlo Francesco Galli, con un catalogo edito da Giorgio Grasso
Editore e curato da Gregorio Rossi che ventava testi di illustri critici e
storici come Paolo Levi, Roberto Sabatelli, Francesco Elisei, Vittorio
Sgarbi e Piergiorgio Zotti.
Nel 2013, a Palazzo Merati, il Mariani era nuovamente presente con
“Symphonie de couleurs II-Un salotto per l’Arte” a cura di Gregorio
Rossi, con una mia prefazione al catalogo; le sue opere, sempre con
uno stilema tendente al figurativo, erano esposte bella sala che
ospitava l’alcova di Giacomo Casanova.
Dopo il successo della prima edizione de “Il Grande Canale della
Pace” a Venezia, sempre tramite l’organizzazione della Società
MultiOlistica, la mostra è stata replicata
a Roma nei prestigiosi spazi espositivi
di Villino Corsini nel Complesso
Museale di Villa Pamphilj con i
patrocini dei Beni Culturali e del
Comune di Roma.
In questa occasione Francesco
Mariani ha voluto
esporre un quadro di genere
totalmente diverso; sicuramente
rappresentante un
messaggio più incisivo per
la tematica dell’iniziativa.
Siamo, infatti, dopo il Novecento
che è stato il secolo
più travagliato della storia,
segnato da due guerre mondiali
e ci troviamo in un’epoca dove
purtroppo l’intervento dell’uomo sta
soffocando il pianeta di elementi nocivi
come rifiuti chimici, scorie radioattive ed in
più materiali derivati dal petrolio che deturpano
ed avvelenano acqua e terra.
Proprio in tale ottica, nel quadro qui riprodotto, Francesco Mariani
ha voluto rappresentare questa situazione con un’inequivocabile
denuncia; infatti, sul supporto dipinto di forma rotonda, quasi a rappresentare
il pianeta, vi sono applicazioni in plastica il cui significato
appare chiaro all’osservatore.
Ecco però che, sempre tramite un inserimento in rilievo, più farfalle
si vanno a posare sul marasma; il messaggio è sicuramente un invito
ed uno sprone per sensibilizzare l’uomo a rispettare la natura ed intervenire,
al di là di tavole rotonde e convegni, per operare in senso
diametralmente opposto, anche tramite la tecnologia, per rimediare
ai danni procurati.
Con questa opera dal titolo “Farfalle nel cosmo”, Francesco Mariani
dimostra che il suo impegno non è soltanto quello di bravo pittore
ma che usa la sua arte come espressione di denuncia per i temi
sociali, rispettando quello che è il suo modo di intendere la vita e di
battersi, dimostrando che anche l’arte può avere un valore esclusivamente
estetico.
Francesco Mariani 11

Antonio Ciccone
Ritratti/Portraits: l’undicesimo libro
sull’arte del maestro, presentato alla
Galleria Antichità Via de’ Fossi di Firenze
di Barbara Santoro
Foto di Carla Dini
Ècon grandissimo piacere
che vi annuncio la pubblicazione
di Ritratti/Portraits,
l’undicesimo libro sull’arte
di Antonio Ciccone.
L’opera è composta da due parti. La
prima parte inizia con una ricca presentazione
di Cristina Acidini e il saggio
critico è affidato a Stefano De Rosa,
che mette in risalto la posizione insostituibile
di Antonio Ciccone nella storia
dell’arte contemporanea. Fra le molteplici
considerazioni, De Rosa ci coinvolge
in una profonda analisi sul maestro,
sul suo metodo di lavoro, e sui tempi in
cui Ciccone svolge la sua opera artistica.
La seconda parte è una raccolta di 278
ritratti realizzati dall’artista dal 1955 al
2013. Questo percorso inizia con ritratti
creati nel periodo della sua formazione
Un momento della presentazione presso Antichità Via
de' Fossi: da sinistra, Antonio Manzi, Antonio Ciccone,
Barbara Santoro e Elio Bargagni
artistica che avvenne negli studi di Pietro Annigoni e Nerina Simi. Seguono
opere che attestano lo studio di tendenze artistiche con cui venne
in contatto attraverso i suoi viaggi all’estero nel Regno Unito e negli
Stati Uniti d’America. Gli anni Settanta rivelano l’inconfondibile stile
del Maestro che ci accompagna lungo una galleria di ritratti prodotti
instancabilmente fino ad oggi e che continua ad eseguire.
Ma quando si parla di un grande artista non bisogna trascurare l’essere
umano che c’è dietro…
Il piccolo “Tunine,” nativo di San Giovanni Rotondo,
figlio di una semplice famiglia del sud, veniva mandato
a pascolare pecore e capre ed essendo un bimbo
molto vivace col cugino
“Micheline” ne combinava
di tutti i colori. Una volta
il piccolo osservò il cugino
che si divertiva a fare il disegno
di una testa sul vetro
appannato di una finestra.
Ne rimase affascinato e
pensò: “se lo può fare lui
lo devo saper fare anch’io”.
Così cominciò a disegnare
qualsiasi cosa che vedeva,
spesso estraniandosi dalla lezione a scuola e anche
dall’accudire gli animali. Nel 1946 ebbe la fortuna di
conoscere Padre Pio, che intuendone le sue grandi
doti, nel marzo del 1954 lo mandò a Firenze dalla
famiglia Fancelli, in via Scipione Ammirato, tramite
Don Benedetto Ricci che era parroco a Rovezzano. Nel 1960 appena
ventenne aprì il suo primo studio sul Lungarno Ferrucci. Intanto Annigoni
aveva fatto il bellissimo ritratto alla regina Elisabetta e quando
le Istituzioni Britanniche richiesero a Pietro le copie del ritratto, questi
volle essere accompagnato a Londra da tre dei suoi allievi: Romano
Stefanelli, Luciano Guarnieri e Antonio Ciccone.
Stimato ed acclamato da subito Antonio si spostava da Dublino a Belfast
per le continue richieste di ritratti, ma il sole mediterraneo gli
Cristina Verdacchi, Antonio Ciccone, Giovanni Cipriani, Barbara Santoro, Tiana Ciccone
Cristina Acidini, 2013, carboncino/pastello, cm. 70x100
12 Antonio Ciccone

Antonia Roberto, direttore della Galleria
Antichità Via de' Fossi insieme alla
signora Rossella Segreto Annigoni
mancava e così decise di rientrare in Italia.
Aveva nel frattempo conosciuto George. E.
Vigoroux junior facoltoso mercante e gallerista
che lo portò in America lanciandolo
sul mercato come un “novello Giotto”.
Era il 10 gennaio 1963 e per tre mesi Antonio
visse con i coniugi Vigoroux a Palm
Beach. Alla fine di gennaio una sua grande
esposizione si aprì alla Palm Beach
Gallery.
Era la sua prima mostra personale americana
e i compratori furono: Mary Sanford
e Cornelius Vanderbilt Witney. Anche
John F. Kennedy apprezzò le opere esposte
in mostra. Lady Peel (Beatrice Liliie)
e Malcom Forbes posarono per lui. Era
talmente impegnato che non riusciva a
scrivere nemmeno un rigo ad Annigoni
per informarlo del successo. Conobbe
maraja indiani e il Duca di Windsor con
la Simpson.
Dietro ad ogni artista sia grande ed osannato,
sia piccolo e semisconosciuto si nasconde
l’uomo. Ed io è a quest’uomo meraviglioso
che mi rivolgo per rendere omaggio all’artista. Ciccone è un pittore
autentico, anticonformista ma profondo nei sentimenti, scevro dai tentativi
di facili guadagni o eccessive comodità, è sempre stato onesto con se stesso.
La scelta di adottare tanti figli, uno per ogni continente, è alla base del suo
vangelo interiore sempre condiviso dalla moglie irlandese Linda e dalla figlia
Tiana. È un’idealista che al successo economico ha preferito cercare se stesso
e le proprie capacità.
La fede respirata fin da bambino lo ha aiutato a fare scelte giuste, anche se
non sempre facili. Padre Pio lo ha sempre spronato e Antonio mi ha spesso
riferito di averlo sentito vivo e presente accanto a lui. Il 23 settembre 1968
quando Padre Pio morì, Ciccone era a Southampton e lo percepì nel sogno
così vivo, che rimase scioccato quando gli comunicarono la sua morte. Da
questo momento cominciò la serie: “Omaggi a Padre Pio”.
Nel febbraio del 1966 sposa Linda e quando l’Arno da di fuori il pittore era a
dipingere nel suo studio in Borgo Stella. Insieme all’amico elettricista Giovanni
Portincasa fu chiamato dalle suore del Carmine impaurite per l’alluvione.
Nel 1970 viene adottato Pablo, un bambino coreano di Seul di cinque
anni che riceverà il nome in omaggio a Picasso e Casals. Nel 1971 verrà
adottato Dario di soli quattro mesi e nel 1973 (il giorno del compleanno della
moglie) sarà adottata Lisa Diane di origine portoricana di quattro anni.
Eugenio Giani, 2005/08, carboncino, cm. 100x140
Fabrizio Borghini, 2000, carboncino, cm. 100x70
Barbara Santoro e Tiana Ciccone durante la presentazione del libro
Sempre nel 1973 arriva Kim una bambina vietnamita di sei
mesi e a settembre viene adottato Jeremy Antonio una afroamericano
di sei anni. All’inizio del 1978 entra a far parte
della “big-family” anche Penny-Pia una bimba handicappata
afro- americana.
Ciccone ha sempre definito la sua famiglia “un gran minestrone”
ma la loro è una casa in cui si respira un’aria di
grande armonia. Il maestro mi ha spesso raccontato che ci
sono stati momenti difficili e la scelta di tutti questi figli non
è stata sempre facile ma “quando ero a terra” - dice anche
- “arrivava sempre qualcuno a comprare un quadro o a commissionarmi
un ritratto”.
A questo punto mi sia consentita una considerazione: Antonio
Ciccone è davvero un GRANDE ARTISTA!!! Sa usare il
pennello e il carboncino da vero artigiano del foglio e della
tela e questa “magnifica opera” sapientemente edita da NI-
COMP lo dimostra. Ma la grandezza più bella è quella che ha
nel suo cuore ed io umilmente chiedo al Signore che continui
a farlo battere in eterno.
Per prenotazione libro: tianaciccone@gmail.com
Antonio Ciccone
13

Anna Cecchetti
L'artista arricchisce la galleria dei ritratti
dedicati alle personalità della Firenze
contemporanea con quello di Eugenio Giani
di Ugo Barlozzetti
Si arricchisce di una nuova opera la galleria dei ritratti che
Anna Cecchetti va dedicando alle personalità che Firenze
contemporanea ha dato al mondo: si tratta del ritratto del
presidente del Consiglio Regionale Eugenio Giani.
L’immagine è risolta considerando il busto e cogliendo un’espressione
caratteristica. La figura è sostanzialmente un monocromo, come
tutti i ritratti di Anna, dal prediletto azzurro, simbolo ed evocatore
delle acque e del cielo. Una campitura rossa serra in uno spazio certo
il busto, secondo un’iconografia classica. L’immagine ha la forza
comunicativa e vitale di un’istantanea, rivelando un aspetto dell’artista,
quello dell’attenzione e la sensibilità per la fotografia, che
qui possiamo constatare in tutta la sua efficacia. E in effetti Anna
Cecchetti è un’artista che si esprime in una continua ricerca, anche
nella scultura e nella progettazione ed esecuzione di gioielli come
Anna Cecchetti intenta ad ultimare il ritratto del Presidente del Consiglio Regionale
Eugenio Giani. In basso a sinistra una veduta parziale del ritratto del poeta Mario Luzi
Eugenio Giani nello studio accanto al ritratto realizzato da Anna Cecchetti
Il professor Ugo Barlozzetti osserva e prende appunti nello studio con l'artista
di installazioni. Questa “carica creativa” trova nell’indagine delle
personalità, sviluppate nel ritratto, un punto di riferimento che mette
in evidenza il nesso con una tecnica esecutiva originale. Dall’antica
tradizione dell’acquagrafia si è ispirata per un effetto tra materico
e sgocciolamento, lasciando scorrere sulle superfici cartacee il
colore, preferibilmente acrilico, in una selezione operata secondo
una tavolozza definita e adeguata in miscele, risolvendo gli impasti
cromatici in stesure in dissolvenza, intense, sgranate e... preziose.
La casualità, aspetto centrale dell’azione, diviene una citazione del
mondo della natura sorpresa nella propria autonomia, ma anche il
riferimento alla dimensione temporale, per quanto riguarda il movimento
che Anna imprime al supporto.
Nel ritratto questa ricerca è sostituita dalla caratteristica, segno,
ormai, in pittura e in scultura, delle tracce che animano le superfici,
scabre o lucidissime come avori, quasi epigrafi di un linguaggio
segreto. Nei marmi più evidente è l’effetto chiaroscurale, frutto di
intenso e attento “fare”, che nella grafica e nella pittura può divenire,
come nel ritratto di Eugenio Giani, il recupero del grande tema
dei cieli, del mare e della terra nell’incessante divenire dei cicli della
natura.
L’immagine “restituita” vive, secondo l’ispirazione di Anna, in una
dimensione che evoca meditazioni su paesaggi dello spirito. Dal macrocosmo
al microcosmo, non come esterno ma interno alla figura.
Accanto a questo aspetto, per così dire universale, vi è la freschezza,
la vivacità che l’osservatore percepisce, in un’esecuzione capace di
mantenere il fascino della “nascita” della forma, né poteva essere
diverso per un’artista che festeggia una lunga quanto precoce carriera
che onora Firenze e la Toscana.
14 Anna Cecchetti

Rotonda 2016
Premio Città di Livorno
Mario Borgiotti
64ª edizione
Premio Nazionale di arte contemporanea
Omaggio all’artista e pittore
Nedo Luschi
6-21 agosto 2016
Pineta di Ardenza, Livorno
Il Premio Rotonda è una manifestazione di rilevanza nazionale, nata nel 1953 come esposizione pittorica a Livorno in località
Ardenza, nel parco-pineta dalla caratteristica forma circolare a ridosso del mare. Giunto alla 64ª edizione, il Premio continua il
proprio percorso storico, aprendosi alle variegate forme dell’arte. Durante lo svolgimento del Rotonda 2016 è previsto un programma
di eventi di alto profilo culturale e spettacolare. Partecipano anche soggetti qualificati dell’arte e della cultura (gallerie,
associazioni, istituzioni), che espongono secondo modalità fissate dall’ente organizzatore Ro-Art. L’organizzazione si riserva di
invitare un numero limitato di artisti per particolari meriti conseguiti.
Sezioni in concorso: Pittura e grafica, scultura ed installazioni, fotografia
La fase finale del Premio Rotonda 2016 si svolgerà presso la Pineta di Ardenza - Rotonda dal 6 al 21 agosto 2016
PREMI IN CONCORSO
• PREMI CON ACQUISIZIONE
PremiocittàdiLivorno
€ 3.000,00
Premio Mario Borgiotti per la Pittura
Offerto dalla Famiglia Borgiotti
€ 2.000,00
Premio Fondazione Livorno per la Pittura
€ 1.500,00
Premio Nedo Luschi per la Pittura
Offerto dalla Famiglia Luschi
€ 500,00
Premio Mario Petri per la Pittura
Offerto dalla figlia Gabriella
€ 500,00
Premio Pittura per le Accademie
Bando speciale del Comune di Livorno
Primo premio € 2.000,00
Secondo premio € 1.000,00
Terzo premio € 500,00
• PREMI SENZA ACQUISIZIONE
Premio Daniela Nenci per la Scultura
Offerto dall’Associazione Ro-Art
€ 500,00
Premio “Di Terra e di Mare” per la fotografia
Offerto dall’Associazione Ro-Art
€ 500,00
La giuria sarà composta da esponenti di chiara fama dell’arte e della cultura.
L’Associazione Ro-Art in collaborazione con enti pubblici e
privati del territorio potrà assegnare premi in denaro per
categoria e menzioni speciali, che saranno segnalati sul sito www.ro-art.eu
Durante la rassegna verrà effettuato un concorso di pittura estemporanea
all’interno della pineta della Rotonda dedicato al pittore Nedo Luschi, uno
dei fondatori del premio e dell'associazione Ro-Art, scomparso nel 2016.
Data e modalità del concorso verranno resi noti il giorno di apertura della
fase finale. Il primo classificato riceverà un premio in denaro.
Il Bando integrale è disponibile su www.ro-art.eu e può essere richiesto alla
Segreteria del Premio Rotonda.
Segreteria del Premio Rotonda
Via G. Terreni, 7 - 57122 Livorno
Tel. 0586 370152
Cell. 342 1518991 - 329 3164894 - 347 4788493
roartpremiocittadilivorno@gmail.com - www.ro-art.eu
Per ulteriori informazioni
Comune di Livorno
Ufficio Cultura, Spettacolo
e Rapporti con Università e Ricerca
Tel. 0586 820523
cultura@comune.livorno.it
www.comune.livorno.it
Con il contributo della
Opera sullo sfondo: Nedo Luschi, Piazza Magenta, olio su tela, cm 100x70,
1959, Archivio Nedo Luschi © 2015 Digital Image, Fotografo Roberto Zucchi - FotoArte, Livorno
15
Premio Rotonda 2016 15

Carla Adriana
Aparecida Russo Risso
Dal Brasile un'espressione di arte romantica
in un gioco di emozioni di forte impatto emotivo
Carla Adriana Aparecida Russo Risso
Nel 2014 l'artista brasiliana ha ricevuto l’Ordem do Merito das Artes Plasticas
di Franco Zangheri
Carla Adriana Aparecida Russo Risso è
un’artista di nazionalità brasiliana con
all’attivo decenni di creatività inesauribile
e con un consolidato spirito di attenta
osservatrice, che l’ha vista produrre autentici
capolavori, attraverso le lenti della sua sensibilità
straordinaria e raffinata. Ha sempre nutrito la passione
per l’arte, e si è formata nella scuola di disegno
che ha fatto per cinque anni e a tredici anni ha
fatto il suo primo dipinto usando colori primari. Non
dobbiamo scordare che l’artista è la sua opera ed
è lei che prima di tutto bisogna imparare a conoscere,
è necessario indagare sulla sua personalità
di donna e, indispensabile, sulla sua personalità di
artista, sul suo percorso evolutivo, sia caratteriale
che artistico per avere un’adeguata lettura nella
comprensione delle sue opere. È grazie al suo talento
precoce e la sua vocazione che muove i primi
passi nel campo artistico, mostrando subito, capa-
Barche alla stanca, 2014, olio su tela, cm. 110x150
16
Carla Adriana Aparecida Russo Risso

cità non indifferenti ed una manualità agile nel proporre una pittura densa
di carattere, immersa in colori adeguati a soggetti che, per occhi amanti di
tale armonia si traducono in autentica poesia. Nelle sue opere, prevale una
visione legata ad un equilibrio di forme, evidenti espressioni di una vitalità
carica di un romanticismo quasi melanconico, ma denso di espressioni ed in
sintonia con ricordi e passioni, e sempre pronto a dar voce ad una poesia,
che abbracciata da una creatività priva di barriere, si immerge in una realtà
resa viva e pulsante, dalla meticolosa descrizione dei soggetti, e da colori
adeguati a quello stato d’animo mai privo di autentici sentimenti. Nelle sue
tele, mette a nudo la propria identità con una creatività densa di carattere e
mai schiavizzata da un ripetitivo e scolastico uso delle forme. La sua tavolozza
di pittrice è piena di colori che posti vicini o mescolati, nell’assieme si
esaltano a vicenda.
Madonna, 2013, olio su tela
Natura morta con rose rosse, 2014, olio su tela, cm. 120x150
Non si rendono necessarie analisi o spiegazioni per focalizzare
un’opera che gode di luce propria ed esprime, nell’accurata
distribuzione del colore, quell’energia avvinghiata ad una spiritualità
capace di evidenziare nell’espressione del volto della
Santa, la sacralità e la passione.
I toni si fanno più forti, la tavolozza si scurisce, mentre le rose, improntate
in un'armoniosa vitalità, divengono la realtà di un universo silenzioso e in
perfetto equilibrio fra le ombre che sono elementi di comunicazione, di movimento.
Veliero, 2014, olio su tela, cm. 110x140
Un veliero immerso in un mare tempestoso che riflette lo scorrere
della vita ed evoca immagini di possenza, pronte a trasportarti
in un mondo fantasioso.
Strada di campagna, 2012, olio su tela, cm. 100x120
Di grande impatto emotivo sono le vedute e i paesaggi nei
suoi scorci più suggestivi, in un gioco di emozioni capaci di
coinvolgerci.
Carla Adriana Aparecida Russo Risso
17

L’ispirazione vibrante
e varia nella scultura di
Doralice Avanzi
di Anna Balsamo
Un grazie a Doralice, per aver colto, in questa sua recentissima
creazione, un mio fantasioso passo di danza
mentre le mostravo un modo ludico di rilassarmi inventandomi
personali coreografie. Ma Doralice sentiva da
tempo nei polpastrelli la curiosità di esprimere la mia figura, lei che
sa scolpire un tutt’uno tra animo ed esteriorità, ha lavorato nel dettaglio
a questa immagine pervenendo a comunicare, all’anatomia
del corpo, anelito d’estasi.
Da anni, frequentando il Centro d’Arte Modigliani di Scandicci, presieduto
da Roberto Cellini, dove l’artista, apprezzatissima, è anche
socia onoraria e consigliera nel Direttivo, ho subìto il fascino dello
svariare della sua espressione tematica che sa alternare ai canoni
d’una classicità, spesso incline alla citazione rinascimentale, istanze
sociali umanissime rivolte agli esclusi: vagabondi, forse picari,
nomadi, clowns, artisti di strada, fanciulli sperduti.
Doralice ha autogenerata la sua bella casa, circondandosi delle mol-
Le Quattro Stagioni, ognuna cm. 42x23x22 bronzee
18 Doralice Avanzi

Passo di danza di Anna Balsamo, cm. 55x30x14
L'emigrante, cm. 33x24x18
te sue creazioni che uniscono, ai due succitati temi, il terzo, fondamentale
portante che si può sintetizzare col motto “l’Amore vince
tutto” e non solo in quell’inesprimibile dolcissimo Eros che pure da
lei è così bene e sensualmente espresso negli amplessi d’ineffabili
scambi di carezze della coppia, come nelle maternità - opere d’estenuanti
tenerezze nella plasticità posturale delle figure - ma anche
nella forza, nella certezza, nella positività che le sue figure comunicano,
poiché Doralice, nel suo “eterno femminino” è dotata della
qualità di forza rassicurante e convincente della Grande Madre che,
segreto e verità, ogni donna conosce e reca in sé, metafora della
vita, vedi le “Quattro Stagioni”, quattro teste muliebri variamente
adorne, così realisticamente rappresentate ma anche emblematiche,
che recano l’enigma sfingeo di propizie portatrici di promesse
e di doni. È certo che, per la scultrice, i corpi siano templi consacrati
all’amore, alla progenie, all’intensità del vincolo di sangue, ma divengono
anche splendide macchine di cinetica nell’esercizio atletico
di acrobatiche fanciulle in spericolate esibizioni olimpioniche che
augurano e auspicano una sottintesa vittoria “azzurra” poiché indossano
calzamaglie “azzurre”: nella tonicità delle forme possono
parere tersicoree o circensi ma il plauso della vittoria glielo ha già
tributato Doralice dipingendone gli arti d’oro.
Le bellissime statuine ginnaste (e non sia diminutio capitis dire
Doralice Avanzi
19

Famiglia, cm. 29x25x20
Viandante, cm. 54x19x19
statuine, pensiamo alla tradizione degli splendori del piccolo
formato che ci deriva dal nostro Benvenuto Cellini) sono contenute
in una mirabile vetrina, disegnata con grande stilismo
dalla scultrice stessa che, fedele alla sua tecnica trompe-l’oeil,
per cui compie l’alchimia di trasformare la creta in bronzo, qui
smalta le strutture lignee della vetrina in modo da farle sembrare
azzurre di turchese o di lapislazzulo.
Poi Doralice “evade” transitando attraverso le sue eccellenti
pitture e dopo, come quegli eccentrici sovrani d’un tempo che
lasciavano, in incognito, la reggia per mescolarsi al popolo nella
polvere delle strade, così d’improvviso, sposta l’ispirazione ai
suoi “diseredati” dalla vita, quella che lei tanto ama e protegge.
Si sospinge a cercare gli sconfitti, i perdenti fin tra le pagine
della Bibbia e trova e celebra, compassionevolmente, il capo
mozzato di Golia; scopre la moglie di Lot, disobbediente a Dio,
rivolta a Sodoma, divenuta statua di sale, annientante non
meno del ghiaccio, e si giunge ai giorni nostri alla figura del piccolo
“emigrante”, o “migrante” a seconda che venga dal Nord o
dal Sud del mondo. Bambino! Sperduto, infagottato di miseria.
Arriva? Parte? Destinazione sconosciuta tra la vita e la morte.
Attenzione: siamo nel Duemila, non ai tempi del libro “Cuore” di
De Amicis. Brava Doralice: per l’appello, purtroppo, ancora così
valido e necessario.
Eppure è proprio lei, così olimpica anche in arte come nella vita,
che tutto rasserena: in quella sua casa che quando accoglie
sembra che si sia aperta una scatola di carillon e ti immagini
di udire un jingle dalla musica del Balletto “Coppelia”, la famosa
bambola rapita dal mago cattivo del paese dei balocchi
che, finché non viene restituita, non giocano più e, se per magia
torna, tutto ridiviene ludico: s’intenda… non è mieloso il mi-
Golia, creta bronzea, cm. 30x28x30
20 Doralice Avanzi

Ginnasta Azzurra, cm. 38x32x12
Donna di sale, creta bianca, cm. 43x21x24
crocosmo che l’artista genera, basti
recepire il messaggio della sfida al
superamento di sé, contenuto nella
tensione tendineo-muscolare delle
già citate ginnaste, circensi o olimpioniche
che siano, che reca l’acme
dello sforzo atletico competitivo
come fine ultimo tuttavia estetizzante:
non solo dinamico riferimento.
La fisicità delle sue ginnaste segna,
per esempio, un grande divario
dalle icone delle ballerine di Degas,
è di un’eleganza anche completamente
diversa dal celebrato corpo
della bambola Barbie, tipico del
ventesimo secolo. Doralice coltiva
un piacere, direi di stile inglese,
quello di collezionare - nel suo caso
creando - e così dare vita alla tentazione
di lasci dal fascino prepotente
dell’anatomia.
Ginnasti circensi
Autoritratto di Doralice Avanzi,
olio, cm. 33x25
Doralice Avanzi
d'origine veneta, opera e risiede in Toscana da moltissimi
anni. Ha compiuto studi artistici accademici. Molte
le esposizioni e i riconoscimenti ottenuti in Italia e
all'estero; è presente in collezioni pubbliche e private.
È socia onoraria del Centro d'Arte Modigliani di Scandicci
di cui fa parte anche del Direttivo. La sua adesione
al sodalizio “Oltre le immagini” è stata immediatamente
accolta con entusiasmo dalla responsabile, la
curatrice, e critica d'arte Serina Volpe fin dalla fondazione
del sodalizio stesso.
Per info su Doralice Avanzi chiamare il Centro d'Arte
Modigliani - Presidente Roberto Cellini 333 2570730
Doralice Avanzi
21

Grazia Danti
Una "Mostra in Rosa"
per Campi Bisenzio città
di tappa al Giro d'Italia
di Daniela Pronestì
Dal 16 al 23 maggio Villa Rucellai, sede del Comune
di Campi Bisenzio, ospita la personale di pittura
dell'artista Grazia Danti, organizzata in occasione
della tappa campigiana del Giro d’Italia. La mostra,
intitolata Mostra in Rosa, offre uno spaccato sulla sua produzione
artistica, da sempre incentrata sulla ricerca della bellezza nella
natura e nella figura umana.
Al tema naturalistico Grazia Danti affida il compito di celebrare la
potenza espressiva del colore, che si accende di tinte luminose e
vivaci stese sul supporto con ampie pennellate o brevi tocchi. Rose,
garofani e peonie sono alcuni dei soggetti floreali che la nostra
artista sceglie per fermare sulla tela la bellezza fragile e fugace
delle forme naturali, il loro mutare e rinnovarsi nell’eterno ritmo
delle stagioni.
Visioni di armonia e di luce che si offrono al nostro sguardo come
metafore del tempo e dei cicli dell’esistenza. Opere che rivelano
un innato senso del colore ed una spiccata sensibilità poetica che
ritornano come cifre distintive del suo registro pittorico. Le ultime
opere su questo tema conquistano una diversa configurazione cromatica,
più essenziale e stilizzata, in certi casi quasi astratta. La
figura femminile è l’altra grande protagonista della sua pittura, in
cui ricorre con declinazioni che variano in rapporto al significato.
Quando è il racconto dell’interiorità femminile a prevalere, il corpo
della donna diventa un tramite attraverso cui indagare le tante sfu-
Campi e il Giro d'Italia: la Rocca
mature del sentimento e dell’emozione. Figure immortalate nell’intimità
del vivere quotidiano, avvolte da un’atmosfera che comunica
un senso di pace e di sconfinata tenerezza.
Altre volte, invece, sono figure che nascondono un sottile mistero o
un desiderio di trovare nuovi spazi in cui sia possibile abbandonarsi
alla magia del sogno.
E ancora, volti di donne dagli sguardi intensi e profondi che diventano
finestre spalancate sull’anima e sui pensieri ma anche veicoli
attraverso cui denunciare ogni tipo di violazione della libertà e della
dignità femminile. Le sue donne esprimono una personalità ricca
e complessa: sono forti, coraggiose, volitive, ma non rinunciano
alla seduzione e soprattutto alla dolcezza che i loro gesti ed i loro
occhi palesano.
Gli ultimi lavori aggiungono nuovi spunti di riflessione alla sua indagine
sull’animo umano aprendola alla rappresentazione della
figura maschile. Il risultato è un’originale soluzione compositiva,
che scompagina il dato figurale con un suggestivo gioco di riflessi.
In mostra anche l’opera realizzata per omaggiare la tradizione
del Giro d’Italia e il suo passaggio da Campi Bisenzio: sullo sfondo
Il sogno
L'inaugurazione della mostra a Villa Rucellai: da sinistra Daniela Pronestì, Fabrizio Borghini,
il sindaco Emiliano Fossi, l'assessore alla cultura Vanessa De Feo e Grazia Danti
22 Grazia Danti

La Dama Bianca
Il viaggio
della Rocca Strozzi, monumento simbolo della città, l’artista
ha inserito una ruota dipinta di rosa, creando un originale connubio
tra l’immagine dipinta e l’elemento materico. Un’altra
tappa vinta per Grazia Danti, che torna ad esporre a Campi Bisenzio,
luogo del suo esordio artistico nel lontano 2003, dopo
i successi ottenuti sia sul territorio nazionale che all’estero.
Le calle gialle
Grazia Danti
Nasce nel 1961 a Firenze, dove
attualmente vive e lavora. È
un’artista che fin dagli studi
medi superiori si evidenzia per
le affinità artistiche. Coltiva
l’attitudine all’arte anche col
lavoro artigianale che Grazia
produce con la famiglia d’origine.
Si manifesta al pubblico
con l’esordio nella mostra del
30 novembre 2003 al ristorante
Marianna di Campi Bisenzio
dove, ricevendo un notevole successo, è stimolata ad andare
avanti con la pittura. Ha esposto sia in Italia che all’estero.
Tra gli eventi espositivi più recenti, si ricorda la sua partecipazione
alla Ottantesima Edizione della Mostra Internazionale
dell’Artigianato presso la Fortezza da Basso a Firenze.
Primavera
graziadanti@yahoo.it - www.graziadanti.com
Grazia Danti 23

Mercoledì 15 giugno nel Salone
dei Cinquecento la XX edizione
del Premio Auser-Filo d’Argento
di Maria Grazia Dainelli
Compie vent'anni il Premio Filo d'argento, manifestazione
promossa dall'Auser Toscana con il Comune
di Firenze. Dopo la prima edizione che si tenne quattro
lustri fa nel Teatrino Lorenese della Fortezza da
Basso di Firenze, la cerimonia di consegna del premio - consistente
in una medaglia in bronzo realizzata dal professor Roberto
Ciabani e fusa dalla Fonderia Il Cesello - si spostò nel Salone
dei Cinquecento di Palazzo Vecchio su sollecitazione dell'allora
Presidente del Consiglio Comunale Alberto Brasca.
Con i dieci premiati di questa edizione, saranno 200 le personalità
del mondo della cultura, dello sport, dell'imprenditoria,
Una panoramica del Salone dei Cinquecento in occasione dell'edizione 2015 del premio
Emilio Giannelli
Antonio Paolucci
Andrea Fabbricatore
Walter Savelli
delle istituzioni e del sociale che hanno ricevuto l'ambita medaglia
"Fiorenza"; fra loro, come non ricordare i grandissimi Gino
Bartali, Mario Monicelli, Margherita Hack, Mario Luzi, Nino
Benvenuti, Alfredo Martini, Carla Fracci, nomi che hanno rappresentato
l'Italia nel mondo ai più alti livelli.
24 Premio Auser-Filo d’Argento

Eros Pagni
Giovanni Rana
Valerio Ranfagni
Di assoluto valore anche i premiati dell'edizione
del ventennale che vanno dal direttore dei
Musei Vaticani Antonio Paolucci all'attore Eros
Pagni, dall'olimpionica Antonella Ragno al farmacista
Andrea Fabbricatore gran campione
del Rischiatutto, dall'imprenditore Giovanni
Rana degli omonimi tortellini al ciclista Roberto
Poggiali, dal musicista Walter Savelli al famoso
banchiere-vignettista Emilio Giannelli, dal mattatore
del teatro vernacolare fiorentino Valerio
Ranfagni a Giuliana Plastino Fiumicelli che ha
ideato e brillantemente condotto per oltre mezzo
secolo il Premio Internazionale Le Muse.
Una targa sarà consegnata, come ogni anno, a
un volontario dell'Auser Toscana particolarmente
distintosi per l'impegno profuso nelle tante
iniziative dell'associazione (quest'anno sarà
Carlo Migliorini) ma in occasione dei vent'anni
molte altre targhe saranno consegnate a chi ha
contribuito al raggiungimento di questo prestigioso
traguardo.
Il premio nasce con l'intento di lanciare un messaggio
forte a chi vive la terza età come periodo
della vita in cui si dismettono gli impegni lavorativi
e spesso ci si rassegna al dolce far niente,
alla resa senza condizioni nei confronti di una
quotidianità che fino al pensionamento condizionava
l'esistenza subordinandola a ritmi stressanti
e alienanti.
I premiati sono stati scelti sempre con criteri che
non hanno privilegiato i meriti acquisiti nei rispettivi
campi - dove tutti hanno raggiunto livelli
d'eccellenza - ma per il messaggio d'impegno
sociale che hanno continuato a dare alla società
anche quando per molti di loro si sono spente o
affievolite le luci della ribalta.
In ogni età della vita si può dare, sotto qualsiasi
forma, un contributo - grande o piccolo
che sia - alla vita sociale di una comunità non
dismettendo il proprio impegno rassegnandosi
all'idea di non rappresentare più una risorsa per
la società.
Presenzieranno alla cerimonia il Presidente del
Consiglio Regionale della Toscana Eugenio Giani,
la Presidente del Consiglio Comunale Caterina
Biti, l'Assessore a Welfare e Sanità Sara
Funaro e il Presidente dell'Auser Toscana Giovanni
Forconi.
Condurrà la cerimonia, per la ventesima volta consecutiva,
il nostro direttore Fabrizio Borghini che
come sempre realizzerà un servizio televisivo per
la rubrica Incontri con l'arte di Toscana Tv che verrà
trasmesso nella settimana successiva all'evento.
La manifestazione, che inizierà alle 15.30, sarà ad
ingresso libero. Chi vorrà incontrare personalmente
i premiati potrà farlo al Caffè Letterario Giubbe
Rosse dalle 12.00 alle 15.00.
Giuliana Plastino Fiumicelli
Roberto Poggiali
Antonella Ragno
Premio Auser-Filo d’Argento
25

A Signa inaugurato nel nome
di Ferenc Puskás il centro
sportivo di via del Crocifisso
di Lorenzo Borghini
Il 14 maggio è stato inaugurato il rinnovato centro sportivo di
via del Crocifisso a Signa; è stato intitolato al grande Ferenc
Puskás. La cerimonia, accompagnata dalle note dell’inno
ungherese e italiano eseguiti dalla Filarmonica Giuseppe
Verdi di Signa ha visto gli interventi delle autorità moderati dai giornalisti
Fabrizio Borghini e Mario Tenerani. Erano presenti: Péter
Paczolay ambasciatore ungherese, Eugenio Giani presidente del
Consiglio regionale della Toscana, Paolo Bambagioni consigliere
regionale, Alberto Cristianini sindaco di Signa, Marinella Fossi
assessore allo sport del Comune di Signa, Vittorio Taborra comandante
della compagnia dei Carabinieri di Signa che ha portato i saluti
del Generale di Brigata Emanuele Saltalamacchia comandante della
Legione Carabinieri Toscana, Beppe Bonardi presidente onorario
della SS Signa 1914, Giampiero Morandi presidente della società e
Andrea Ballerini direttore generale.
Hanno partecipato inoltre, Reka Damborena Puskás nipote di
Ferenc Puskás e Edit Székely, direttrice del Programma Ungherese
per Expo Milano 2015. Tanti anche gli ospiti dal mondo dello sport, da
Egisto Pandolfini a Kurt Hamrin che hanno affrontato Puskás sul
campo, rispettivamente nella nazionale italiana e svedese. György
Szöllósi direttore della Puskás Academy, associazione calcistica
ungherese nata proprio in memoria del fuoriclasse ha mandato
un messaggio per esprimere la propria partecipazione all’iniziativa,
mentre da Madrid è arrivato, oltre alla stendardo del Real, un videomessaggio
di Emilio Butragueño, direttore generale del Real
Madrid, che ha ringraziato, anche a nome del presidente e di tutto il
Club, per la decisione di intitolare il campo sportivo a Ferenc Puskás
«che ha segnato la storia del calcio mondiale e il periodo di maggiore
successo nella storia del Real Madrid». «Quando il suo futuro era
Da sinistra: Beppe Bonardi, Edoardo Coli, Andrea Ballerini, Reka Damborena Puskás,
Marinella Fossi, Giampiero Morandi, Péter Paczolay, Piero Ciaramelli, GuidoManetti,
Alberto Cristianini, Eugenio Giani, Paolo Bambagioni con l'opera in bronzo raffigurante
Puskás in un'azione di gioco realizzata da maestro Ciaramelli
Foto di Beatrice Botticelli
Da sinistra: Giampiero Morandi presidente della SS Signa 1914, Paolo Bambagioni
consigliere regionale, Beppe Bonardi presidente onorario della SS Signa 1914, Péter
Paczolay ambasciatore ungherese, Alberto Cristianini sindaco di Signa, Marinella Fossi
assessore allo sport del Comune di Signa, Vittorio Taborra comandante della compagnia
dei Carabinieri di Signa
incerto - afferma inoltre Butragueño nel video, la cui trascrizione è
stata letta da Beppe Bonardi nel corso della cerimonia - Puskas trovò
la famiglia Bonardi che lo ospitò con l’affetto tipico degli italiani e in
particolar modo dei toscani. Poi si aggregò al Real Madrid, dove riscoprì
il mondo del calcio e contribuì alla grande storia della società».
Al termine degli interventi, è stata svelata ai presenti la targa in
bronzo che raffigura Ferenc Puskás in un’azione di gioco, opera
donata dallo scultore Piero Ciaramelli e fusa a Signa dal fonditore
d’arte Guido Manetti. Accanto all’effigie di Puskás, una dedica
suggella l’amicizia tra il calciatore ungherese e Signa: un’amicizia
iniziata nel 1958. Il campione ungherese scomparso nel 2006, nella
sua carriera ha militato con la Honved e con il grande Real Madrid
di Gento e Di Stefano e il 23 gennaio 1958 ha indossato la maglia
del Signa 1914 in un’amichevole contro l’Empoli che è rimasta negli
annali della cittadina.
«La nostra famiglia - ha spiegato Beppe Bonardi - ha avuto il piacere
di ospitare Puskás qui a Signa per una ventina di giorni. Mio padre
Renato fu contattato da un amico che aveva un albergo a Bordighera
dove Puskás era approdato in seguito alla squalifica (arrivata per la
decisione di non tornare in Ungheria alla luce degli sviluppi della
Rivoluzione Ungherese del 1956, ndr) alla ricerca di un ingaggio. Fu
in quell’occasione che indossò la maglia del Signa contro l’Empoli.
In quel periodo, mio padre Renato, che era in stretti legami con la
Fiorentina, caldeggiò l’approdo in maglia viola del giocatore ma la
cosa non andò in porto perché prevalsero ragioni politiche».
«Ringrazio l’ambasciatore ungherese - ha detto il sindaco Cristianini
- per aver condiviso con noi questa giornata in cui vedo tanti sportivi
che rappresentano la storia di quello sport meraviglioso che è il calcio».
Poi si è rivolto ai ragazzi, spiegando come il campo sia dedicato
26 Signa e Ferenc Puskás

proprio ai più giovani, «al futuro della comunità e ai valori che lo sport
rappresenta. Ringrazio la società che ha donato a Signa questo bellissimo
spazio, dopo averci dato la soddisfazione della permanenza
della squadra in Eccellenza. Il Comune ha dimostrato di credere in
questa operazione e continuerà a farlo».
«Sono particolarmente emozionata - ha commentato Marinella
Fossi - perché la giornata di oggi segna il coronamento di un sogno,
un progetto iniziato sette anni fa che ha visto lavorare in sinergia
l’amministrazione comunale, la società sportiva e un grande gruppo
di volontari».
«Beppe Bonardi - ha commentato Eugenio Giani - rappresenta perfettamente
i valori autentici dello sport a cui si dovrebbe tendere.
Quando mi ha raccontato la storia di Puskás ho colto subito il legame
con la straordinaria storia di libertà che è quella dell’Ungheria.
Puskás aveva trovato un approdo nel calore della famiglia Bonardi e
aveva riconosciuto lo stesso calore in quella Fiorentina d’altri tempi
di cui oggi abbiamo qui rappresentanti come Hamrin, Pandolfini e
Piero Gonfiantini.
«Oggi, il patrimonio pubblico si arricchisce grazie a questa struttura
che punta tutto sulle nuove generazioni - ha detto Paolo
Bambagioni -. Con l’ingresso di Andrea Ballerini e Edoardo Coli c’è
stato un cambio generazionale nella dirigenza, che ha dato nuova
linfa alla società, guidata dall’esperienza di Giampiero Morandi e
Beppe Bonardi. Vorrei ringraziare Marinella Fossi che ha avuto un
ruolo fondamentale e Luca Vignozzi per il suo contributo, insieme
a tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di quest’impianto.
Quello che vorrei sottolineare è che dopo trent’anni, con tutte
le difficoltà che una società dilettantistica si trova ad affrontare, la
nuova dirigenza è riuscita a riavvicinare la società sportiva al cuore
dei signesi».
«Vorrei chiamare accanto a me Edoardo Coli - ha esordito Andrea
Ballerini - senza il quale tutto questo non sarebbe stato possibile.
Sono molto emozionato oggi perché in questo campo c’è il lavoro
di tante persone ognuna delle quali ha dato il proprio contributo nei
modi più disparati».
«Vorrei rivolgermi a tutti i bambini qui presenti - ha detto Giampiero
Morandi -: questo spazio è per voi, uno spazio dove giocare ed imparare,
attraverso lo sport, l’educazione e i valori veri». Morandi ha poi
ricevuto simbolicamente da Sandro Fois, presidente della Pubblica
Assistenza di Signa un defibrillatore che l’associazione di volontariato
ha donato al nuovo impianto.
«Questo impianto - ha concluso Péter Paczolay - è un regalo per
l’Ungheria e per gli ungheresi. Puskás è l’ungherese più famoso al
mondo: l’evento simbolico che lo ha visto indossare la maglia del
Signa crea un ponte ideale fra Ungheria e Italia, Budapest e Firenze.
Quest’anno poi ricorrono i 60 anni dalla Rivoluzione Ungherese del
1956 che sarà celebrata con una serie di eventi anche a Firenze.
Vorrei dire grazie quindi, per l’intitolazione del campo al campione
ungherese ma anche per l’amicizia che gli italiani hanno mostrato
verso il nostro popolo sessant’anni fa come oggi».
Ferenc Puskás: dall’Ungheria
al Real Madrid, passando per Signa
È considerato il miglior calciatore ungherese di sempre e uno tra i più
dotati di ogni tempo. Eppure Ferenc Puskás (1927-2006) è legato alla
storia di Signa da un primato singolare: il Signa 1914 è l’unica squadra
italiana di cui Puskás abbia mai vestito la maglia, in un’amichevole contro
l’Empoli disputata allo stadio di Signa nel 1958.
Ma per arrivare a quell’episodio è necessario fare un passo indietro. È
il 1956: allo scoppio della Rivoluzione Ungherese Puskás, già mito per
gli ungheresi (nel 1948 debutta in nazionale e con la Honvéd, vince il
campionato segnando 50 gol; nel ’52 guida la nazionale all’oro olimpico
di Helsinki) è in Spagna con la Honvéd (dal 1949 squadra dell’esercito)
per disputare una partita contro l’Athletic Bilbao. Alla luce degli sviluppi
in patria, con l’ingresso dei carri armati russi a Budapest, la squadra
(dopo la partita di ritorno giocata, e persa, a Bruxelles) decise di non
tornare in Ungheria. I giocatori furono dichiarati disertori e ricevettero
una squalifica di due anni da parte della FIFA e della UEFA.
Alla ricerca di un ingaggio, gli atleti ungheresi fecero tappa in Brasile
e poi in Europa: Puskás scelse l’Italia e passò un anno e mezzo a
Bordighera dove conobbe, e strinse amicizia, con l’allora dirigente del
Signa 1914, Renato Bonardi. E fu proprio in virtù dell’amicizia stretta
con il dirigente dei “canarini” che il bomber ungherese accolse l’invito
a vestire la maglia del Signa. Il 23 gennaio del 1958 Puskás scese in
campo con la maglia giallo-blu, ovviamente la numero 10, per un’amichevole
contro l’Empoli. Per la cronaca, il Signa vinse rifilando tre reti
all’Empoli, nessuna delle quali segnate da Puskás.
All’età di 31 anni Puskás venne ingaggiato dal Real Madrid, dove rimase
La storica presenza in campo con la maglia del Signa di Ferenc Puskás
per otto stagioni (1958-1966) e insieme a Di Stefano e Gento, Kopa e
Ríal diede vita al Grande Real: con i Blancos vinse cinque campionati
spagnoli e tre Coppa dei Campioni (1959, 1960 e 1966). Nel palmarès di
Puskás, oltre a diversi titoli di campione d’Ungheria, figurano anche un
oro olimpico con l’Ungheria nel 1952 e una Coppa Intercontinentale nel
1960 con il Real Madrid.
Nel 1961 Puskás, all’età di 34 anni, grazie alla sua permanenza nel Real
Madrid, prese la nazionalità spagnola e fu convocato per il mondiale
del 1962 in Cile. Dopo la sua carriera da calciatore che lo portò a
vestire la maglia di sole due squadre, quella di allenatore lo porterà,
al contrario, a girovagare per il mondo: Hércules Alicante (Spagna),
San Francisco Gales (USA), Vancouver Royal (Canada), Panathinaikos
(Grecia), Ungheria.
Il grande campione è scomparso a novembre del 2006, sepolto, con
funerali di Stato, nella cattedrale di Santo Stefano di Budapest. Nel
2009 la FIFA ha istituito in sua memoria il Premio Puskás, assegnato al
gol giudicato più bello dell’anno: quello del 2015 è andato al brasiliano
Wendell Lira (Vila Nova) per la rovesciata segnata nel derby Atletico
Goianese - Goianesia, squadra della serie B brasiliana in cui giocava
prima di approdare al Vila Nova.
Signa e Ferenc Puskás
27

Rime sparse: la voce dei poeti
Incontro con
Rosita Comparini
1966 - 2016
Il 20 giugno, questo giorno atteso e benedetto:
un grande traguardo della nostra vita insieme
coronato dai nostri figli e le loro famiglie,
i nipoti, la nostra gioia.
Rachele, Sofia, Elia,
voi siete l’oro, il resto è poesia,
un bacio a tutti.
Rosita, Alfredo
Mare
Mare verde ondeggiante
con le tue onde
ci hai uniti
al nostro primo incontro.
I nostri cuori battevano
come le onde sugli scogli
con amore e sogni all’infinito.
Il nostro amore rimarrà
un amore grande e mai tramonterà.
Cuore
Ti dedico questo mio cuore innamorato.
Senti come batte forte,
perché per te si emoziona tanto,
perché per te batte forte d’amore,
perché tu sei unico e forte.
Figli miei
Quando li vedi per la prima volta
è una gioia immensa:
li abbracci così forte,
e quando alzi le ali
se ne vanno.
Abbraccio
Il tuo abbraccio così gioioso mi fa vivere felice:
sogno nel tuo abbraccio,
le mie ansie scompaiono fra le nuvole.
Il tuo abbraccio mi ha fatto vivere felice
e vivo felice nel tuo abbraccio.
Montagne Innevate
Cammineremo su montagne innevate
con sentimenti d’amore.
La nostra felicità è la nostra forza.
Amore, un lungo sentiero ci attende.
I passi nella neve affonderemo,
come un soffio odoroso di melodia.
Il cielo azzurro dà luce al nostro amore.
Ti amo e ti amerò sempre.
Quando il mio cuore cesserà di battere
continuerà ad amarti per l’eternità.
Rosita Comparini
Nata a Sesto Fiorentino si presenta come un’artista semplice, di
modi garbati e silenziosa nelle sue presenze.
Eppure le sue composizioni sembrano animate nella ricerca di
uscire dalla tela, i materiali di cui sono fatte le opere risaltano per la
loro unicità e si proiettano verso l’osservatore di una tridimensionalità
simbolica cha ne attrae l’attenzione.
Come socia dell’associazione LiberArte di Sesto Fiorentino, partecipa
attivamente presentando i suoi lavori nelle mostre colletive che durante
l’anno vengono organizzate, ma il suo amore per l’arte non si ferma alle
arte visive, esso si estende alla poesia e al racconto dove è possibile scorgere,
senza troppa fatica, una sensibilità sincera dettata da valori antichi.
Cell. 338 9071586 - alfredobagnai@gmail.com
Su montagne innevate
la mia anima volerà.
28
Rime sparse: la voce dei poeti

Frank’O
Nella sua arte,
passione, dolore,
amore, sensualità
e energetica vitalità
di Pier Luigi Toncelli
Ascoltando i suoi lavori si avvertono le sue origini.
La forza espressiva è il risultado del suo vissuto:
passione, dolore, amore, sensualità, vitalità,
che sfociano in un'energia armoniosa che tende
a grande tenerezza. La vibrazione del colore è di un intimo
unico, che avvolge in un tango della vita.
Le opere
dell'artista in
esposizione al
Caffè Principe
di Firenze per
tutto il prossimo
mese di giugno
Nasce a Buenos Aires in Argentina nel 1974.
Vive è lavora a Firenze. Si è diplomato in
Pittura presso l'Accademia di Belle Arti di
Firenze nel 2003.
Mostre Personali
2012 Galleria Comunale d’Arte Voltone Molinella
- T.e.n “10”- Faenza
9x3 - Fontanone - Faenza
2004 Artevariarte - Firenze
Mostre Colletive
2012 Arthè - Curatore: Simone Billota - Spazio
Iris - Faenza
- PizzArt-19 - Curatore: Simone Billota -
Art19/studio - Faenza
2011 R.e.d - Art19/studio - Faenza
- SpaghettiArt - Art19/studio - Faenza
- Incontrarte - Firenze
2010 Football Portraits - Galleria Frascione
- Firenze
2009 Unconfined-Art - Cultural Center Melina.
Curatore: Loretta Tsavaki - Atene - Grecia
- Immaginiamo Firenze - Firenze
2006 Extensible - Art Point Black - Firenze
2004 Artevariarte - Firenze
2003 Non c’e peggio - Accademia di Belle
Arti di Firenze
2001 PalauArte - Sardegna
- Kraft - Accademia di Belle Arti di Firenze
2000 Senzanima - Accademia di Belle Arti
di Firenze
1998 CO.MI.TE - Buenos Aires - Argentina
Art Studio Frank'O - Via Gramsci 63 - Fiesole
Tel. (+39) 338 4769 650 - www.frankorsi.com
franko.orsi.art@gmail.com
Frank’O
29

L’universo donna
nei romanzi di
Maria Antonietta
Cencetti
di Silvia Ranzi
“Si recita a soggetto,
la commedia dell’arte,
l’arte del vivere”
Gli uomini di una donna con il congiuntivo
Il titolo del libro, bizzarro e disinibito, desta per la sua fresca modernità
la curiosità del lettore.
Si tratta di una cronaca intima, memoriale e spirituale, che ha per
protagonista l'identità in divenire di una donna, determinata e
combattiva, alle prese con alterne vicissitudini d'amore, accompagnata a
patners diversi nella cornice di vicende esistenziali che trascolorano da un
passato biografico di recente risonanza a quello generazionale di trascorsi
famigliari durante i conflitti mondiali.
Il suo nome è Sibilla, la cui estrazione mitica evoca saggezza divina, chiaroveggenza,
persona dallo spirito profetico, capace di penetrare l'animo
umano con empatia e comprensione nel suo essere moglie, madre, amante.
Ironia, bon ton, ma sopratutto senso di umanità, irrorato da pillole di saggezza
affiorano nelle sequenze narrative commiste a valori esperienziali
che si sommano in un testo prosaico agevole, di accattivante lettura, di
perspicace analisi psicologica e senso prudenziale degli eventi nel loro
succedersi, tra sensualità e spiritualità, ragione e sentimento.
La priorità degli affetti è il motore centrale del senso narrativo: è di scena
l'irriducibilità dell'amore come esperienza unica e rigenerante, soprattutto
quando si tratta di attivare quel senso di comprensione verso la personalità
dell'altro per sostenerlo ed accompagnarlo, che sia marito, compagno o
fratello. Sibilla sa stare al fianco di uomini che l'hanno resa felice e che ha
reso felici, riconoscendo in ciascuno debolezze e qualità che definiscono le
loro disparate fisionomie. L'apollineo e il dionisiaco convivono in lei grazie
ad una compensazione attiva che le permette di non arrendersi, alla ricerca
di un equilibrio per la sua identità.
La storia rappresenta un percorso umanamente denso di inaspettati risvolti
30
Maria Antonietta Cencetti

tra spensierate e drammatiche circostanze, affrontate a testa alta
per trarne conclusioni sapienti.
Decisivo diviene il punto di vista della scrittrice che combatte gli
steccati ideologici dei ruoli tradizionali prefissati, per dimostrare
che si può approdare ad una rinnovata ed aggiornata visione
dell'unione uomo-donna nel superamento del radicale antagonismo
femminista, verso un rapporto di completamento e complicità,
nella riformulazione contemporanea di una parità psicologica da
conseguire, per affermare con le sue stesse parole: "Per salvare le
donne si devono salvare gli uomini”.
Chiude il libro lo scenario della Maremma nella biodiversità della
macchia mediterranea, in cui Sibilla assapora un rapporto simbiotico
con la natura nella tranquillità pacificante della Pineta di Roccamare
ed il litorale, dando libero sfogo all'esercizio salutare dello
scrivere.
Maria Antonietta Cencetti - mariacencetti@alice.it
I romanzi sono in vendita presso la Libreria IBS+Libraccio
in via Cerretani, 16r a Firenze
LETTERA
AGLI ARTISTI
L’arte precorre i tempi, li prevede, li anticipa. L’arte
è il futuro. Annulla la dimensione del tempo e fa
sentire immortali, esorcizzando così la paura della
morte. Alcuni pensano che vivere con gli Artisti
sia vivere in una dimensione irreale, in mezzo alle nuvole, non
c’è niente di più sbagliato e di più inesatto. Gli artisti leggono
la vita in tutta la sua pienezza e realtà e la trasferiscono in
immagini concrete, dove ci sono un inizio, un percorso e una
fine, con un disegno così vero da non lasciare nessuno spazio a
quello che erroneamente si può pensare sia fantasia. Gli artisti
interpretano la vita con tante sfumature, da tante angolazioni,
scavando nel profondo del proprio essere. La cosa meravigliosa
è che ci riescono. Sanno esternare questi stati d’animo concretamente
e materialmente attraverso la propria Arte. Tutti
possiamo avere pensieri sublimi, ma non servono a niente e
a nessuno se rimangono chiusi in noi stessi. Gli artisti hanno
anche un culto esasperato dell’Ego. Infatti sono egotisti, egocentrici,
egoisti eppure nessuno più di loro riesce a dare tanto
e a fare tanto per l’umanità. Basta pensare a cosa sarebbe il
mondo senza musica, senza poesia, senza pittura, senza scultura,
senza arte. Forse non ci sarebbe nemmeno. Dal momento
che l’Universo stesso è la prima opera d’arte. L’Universo è un
miracolo e rappresenta l’eterno mistero della Creazione, tanto
che per essere “atei” bisogna accontentarsi dell’attimo dopo.
Quello che ci è incomprensibile, o si ignora, ma non è certo una
spiegazione, o si accetta in esso, per esclusione la mano del
Sommo Artista in assoluto: il Creatore
Dal libro “Francesca”
di Maria Antonietta Cencetti
Il 5 marzo presso la Galleria Cimabue
di Miranda Mei a Firenze ha avuto luogo
una Collettiva d’Arte che, ruotando
attorno al tema dell’Eros e della condizione
della donna nella società attuale,
si è ispirata all’ultimo libro “Cronaca
di una scena d’amore” di Maria Antonietta
Cencetti, intervistata su questioni
inerenti l’emancipazione e le dinamiche
della coppia.
Maria Antonietta Cencetti è una sensibile scrittrice
di narrativa che ha scoperto in età matura
la vocazione del “raccontare per raccontarsi”
come lei stessa afferma, dedicando la sua vena creativa a
scandagliare l’universo femminile con dovizia di sfumature
sentimentali e psicologiche nel dialogo con la mascolinità.
Tre interessanti romanzi sono stati pubblicati con Lalli Editore:
“Francesca”, una donna del Novecento - 2010; “Gli
uomini di una donna con il congiuntivo” - 2011; “Cronaca
di una scena d’amore”- 2014 che hanno riscosso successo
di critica e pubblico in presentazioni presso significative
sedi a Firenze: la Biblioteca delle Oblate, il Club “Amici
delle Muse”, Il Circolo degli Artisti “Casa di Dante”, l’Associazione
culturale “Ferdinando Paolieri” (Impruneta), la
Galleria Mentana, la Libreria IBS+ Libraccio. Hanno scritto
di lei: Pier Francesco Listri, Silvia Ranzi, Titti Giuliani Foti,
Silvia Labrecciosa Cappellini, Ernesto De Sio, Roberto Lasciarrea.
Originaria di Firenze da generazioni, battezzata nel “Bel S.
Giovanni”, risiede e lavora a Settignano terra di artisti e
poeti, accogliendo nella sua formazione il fascino irriducibile
per il mondo dell’arte, grata di vivere negli splendori
della Città del Giglio.
Maria Antonietta Cencetti 31

Anna
Bubba
‘Ritratto di una pittrice’
La gioia del colore e
dell'amore per il mondo
di Tommaso Gurrieri
La sua è una pittura semplice dove il colore racconta la gioia
di vivere. Amore gioia allegria. Semplicità. Quattro elementi
che in qualche modo si mescolano fra i colori a olio e si distribuiscono
su una tela. Questo è un quadro di Anna Bubba.
Anche i più piccoli bouquet di margherite e papaveri riescono a dare serenità,
a comunicare dolcezza, allegria e calma. La sua pittura si capisce
si sente forte anche perché nasce da qualcosa di vero...
Armonia di fiori, olio su tela, cm. 60x80
Le opere nelle pagine sono state esposte alla Mostra Internazionale dell'Artigianato
dal 23 aprile al 1° maggio 2016 Firenze, Fortezza da Basso
Papaveri e fiordalisi, olio su tela, cm. 60x80
Santa Maria del Fiore, Firenze, olio su tela, cm. 60x70
32 Anna Bubba

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LA NAZIONE LA NAZIONE VENERDi 4 VENERDi LUGLIO 42014 LUGLIO 2014 ESTATE ESTATE 29 29
Palazzo Vecchio con Piazza Signoria, Firenze, olio su tela, cm. 50x70
ANNA BUBBA
forte nel carattere,
instancabile nel lavoro
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Lo Lo sguardo felice felice
di Anna di Anna Bubba Bubba
Maestra del del colore colore
CÉZANNE CÉZANNE disse di disse Monet: di Monet: 'Non è 'Non che un è che occhio. un occhio.
Ma che Ma occhio!'. che occhio!'. Ci appropriamo Ci appropriamo di questa di questa citazione,
lampante zione, lampante nella sua nella essenzialità, sua essenzialità, per intro­
per intro­
citadurre
le durre opere le di opere Anna di Bubba, Anna Bubba, artista artista ormai naturalizzatralizzata
toscana. toscana. Dopo la Dopo personale la personale di maggio di maggio al­
al­
ormai natula
Casa la di Casa Dante di a Dante Firenze, a Firenze, organizzata organizzata dal Circolo
degli lo artisti, degli artisti, adesso adesso la pittrice la pittrice sta progettando sta progettando
dal Circo­
la mostra la mostra che si svolgerà che si svolgerà a Fiesole a Fiesole il prossimo il prossimo ot - ot -
tobre. Artista tobre. Artista ormai affermata, ormai affermata, Anna Bubba Anna Bubba è riuscita
a mantenere scita a mantenere intatto intatto il suo sguardo il suo sguardo innocen­
innocen­
è riute
sul te mondo. sul mondo. Con la Con brillantezza la brillantezza dei colori dei colori e e
nell'immediatezza delle proporzioni, delle proporzioni, la pittrice la pittrice
ha posato ha posato il proprio il proprio 'occhio' 'occhio' sulla città sulla del città Rinascimentoscimento,
riuscendo riuscendo a cogliere a cogliere il lato più il lato solare più e solare e
del Rina­
vivo di vivo Firenze. di Firenze. Scomposti Scomposti i canoni i canoni della prospettiva,
la tiva, città la perfette città perfette si vestono si vestono così solo così della solo loro della loro
della prospet­
armonia. armonia.
MAESTRA MAESTRA del colore, del colore, Anna Bubba Anna Bubba ha saputo ha saputo dare
anima re anima ai fiori ai di fiori campo, di campo, dalle margherite dalle margherite ai pa­
ai pa­
dapaveripaveri,
ma anche ma anche agli scorci agli del scorci panorama del panorama toscano.
La no. femminilità, La femminilità, delicata delicata e sensibile, e sensibile, pervade pervade
tosca­
ogni quadro. ogni quadro. Non c'è Non pretesa c'è pretesa di andare di andare oltre a oltre ciò a ciò
che appare, che appare, ma la ma semplice la semplice rappresentazione è è
plasmata plasmata dai sentimenti, dai sentimenti, da una da positività una positività innata,
che ta, vede che e vede rende e bella rende la bella quotidianità, la quotidianità, dal fio­dal fio­
innare
di campo re di campo allo sguardo allo sguardo di una di madre. una madre. L'artista L'artista
potrebbe potrebbe entrare entrare di diritto diritto in un nuovo in un nuovo impressionismosionismo,
rapita come rapita è come dalla è vitalità dalla vitalità della natu­
della natu­
impresra,
dalla ra, furia dalla silenziosa furia silenziosa che agita· che le agita· creature le creature della
vita. la «Se vita. alcuni «Se alcuni critici critici moderni moderni insistono insistono nel nel
del­
dire - spiega dire - spiega lo storico lo storico e critico e critico d'arte Pietro d'arte Pietro Bonaccinnaccini
- che i -quadri che i quadri debbano debbano 'essere 'essere ricchi ricchi di di
Bo­
colori anche colori intensi anche intensi ogni in gamma ogni gamma per essere per vere
opere .. opere .', possiamo ...', possiamo dire che dire le che cromie le cromie negli negli
essere ve­
amalgami amalgami di 'fusioni di 'fusioni armoniose' armoniose' balzano balzano i vertici i vertici
dei valori dei in valori Anna in Bubba. Anna Bubba. Ah, quei Ah, mazzi quei di mazzi fiori di fiori
in campo in campo nero! Tavolozza nero! Tavolozza intensa, intensa, vigorosa, vigorosa, un un
amalgama amalgama cromatico cromatico inspiegabilmente reso tenue.
E' nue. difficile E' difficile far rivivere far rivivere la quiete la con quiete la tempe­
con la tempe­
reso testa.
Ritengo sta. Ritengo che Anna che ci Anna sia riuscita».
sia riuscita».
Giuseppe di Filippo
Ha innumerevoli opere d’arte che rispecchiano la
sua volontà creativa continua in un crescendo
artistico che fa piacere allo spirito perché la sua
espressione è piena di immaginazione.
Una produzione di opere ad olio che completa un elenco veramente
altissimo. Con lo stile, l’estro, il temperamento, il sentimento,
e la capacità, la fanno apparire una pittrice di facile
comprensione culturale, nella espressione personale del suo
linguaggio proprio.
Anna Bubba trova nelle cose naturali, rappresentazione delle
sue opere, i quadri più significativi e sinceri per la sua arte pittorica.
Essa salta da un posto a un altro con facilità artistica;
così dal turbolento mare in tempesta passa alla montagna con
lago, al paesaggio nevoso, numerosi i panorami con maestose
vedute; i tramonti; la natura morta con frutta viva e palpitante;
quindi ritorna ai laghetti con le vele al vento; con le ville prospicienti
in mezzo al verde; ai fiumi con anse e cascate. Non parliamo
poi della raccolta dei fiori: Papaveri, Margherite, Fiordalisi,
Ciclamini, le Rose Regine, e Tulipani, Dalie ecc. tale che in ogni
quadro si può vedere la raggiante primavera in fiore che olezza
di profumi e gioiosità della natura. Un’altra dimostrazione pittorica è riservata
alle bellezze artistiche di Firenze e d’intorni, così ammiriamo: Il
panorama di Campi, La Torre Rocca Strozzi, Ponte Vecchio, Piazza della
Signoria e poi ancora panorami e colline toscane. La sua è una rassegna
di cose delicate, piene di vitalità, colore tecnico e musica interna, come:
La Fanciulla, La Pastorella, Ragazze sulla Spiaggia, ecc.
Molti i critici che hanno suggellato il suo successo e la conferma favorevole
del pubblico nelle sue mostre personali e di gruppo in molte città
d’Italia e all’Estero.
Le sue opere si trovano in collezioni private e pubbliche, sia in Italia
che all’estero.
Inserita nel Catalogo Il Quadrato di Milano, Pittori e Scultori italiani
di importanza Europea.
Quotazione dei Pittori italiani del ‘900.
Anna Bubba
Cell. 328 4039326 - 371 1852136
Anna Bubba
33

Maria Luisa Manzini
La sua espressione
artistica: un’osmosi
fra pittura e poesia
di Donato Massaro
Èa colori il mondo pur nel grigiore della realtà dentro cui è
immerso. Ogni pittore ci va dunque a nozze volendo raffigurarlo
nei dipinti. Non ha che da attingervi ed interpretarlo
sino al punto da inventarsi un mondo suo ed uno stile.
Quello di Maria Luisa Manzini si caratterizza per la sua spontaneità e
per una gradevolezza che attinge alla poesia disarmante dell’autenticità
senza inutili elucubrazioni intellettuali. Suscita così un impatto
emotivo immediato e permanente che si imprime nella memoria per
farne cifra stilistica riconoscibile a prima vista.
Sono i paesaggi toscani i temi prediletti di Maria Luisa, della sua
fanciullezza e della sua maturità, impressi indelebilmente nell’anima.
Quei paesaggi con i quali nei secoli quanti artisti si sono misurati, fossero
pure solo quinte prospettiche dei maestri rinascimentali in scene
dense di personaggi e di messaggi; fossero pure vedute più ravvicinate
e domestiche, più dettagliate dei macchiaioli, o scorci più intimi di
nessuna scuola.
Ma nelle tele di Maria Luisa Manzini i paesaggi, che giocano un ruolo
essenziale nella sua produzione, determinano un’empatia subitanea in
virtù della serenità campestre non percorsa da alterazioni e inquinamenti.
Come se il tempo fosse stabilizzato in momenti di liete e terse
armonie e lo spazio in equilibri inalterabili. Paesaggi sempre colti nel
loro rigoglio segnato dal colore dominante del verde della vegetazione
caratterizzante la campagna toscana; di ulivi e cipressi e campi ben
coltivati, punteggiati da case sparse non troppo appariscenti, simbiotiche
e intimamente domestiche per una familiarità con il verde che le
circonda in un abbraccio sentimentale di operosa presenza. E piccole
strade, con muri a secco che percorrono quelle campagne, sempre
sveglie e abitate, che talvolta s’inerpicano fin sui poggi dove ubicano
dimore tranquille in quella quiete. Quiete che lo spettatore percepisce
in moti di simpatia verso una rappresentazione agreste risvegliante
memorie forse perdute di una convivialità con la natura, dunque tanto
più da ammirare.
Sentimentale è la predisposizione d’animo con cui Maria Luisa si misura
con il suo mondo, che è ancor prima mondo interiore nell’esercizio di
una speranza di armonia e di pace quale infatti traspare nitida in quel
mondo esteriore rappresentato nei dipinti. Che sono sì tipologicamente
simili, ma sempre sorprendentemente diversi come diversa è ogni porzione
di campagna, e differente è ogni angolo visuale. Non ha dipinto
forse Cezanne innumerevoli volte la Montagne Sainte-Victoire? come
se non smettesse mai di sorprenderlo e ispirarlo. Non ha dipinto forse
Monet una serie aperta a ogni possibilità di luminosità e di emozioni di
Pagliai? È l’inesauribile amore per la natura e la luce che alimenta i moti
dell’animo sensibile di questi pittori.
L'ombra di uno stecco
E a completare la sua visione Maria Luisa Manzini ha nel suo
caleidoscopio figurativo soggetti di fiori recisi che nei vasi sono
ancora fragranti come quelli che popolano la sue campagne. E ha
marine con spiagge solitarie e cespugli rari e alteri o arbusti piegati
dal vento, con vele di piccole barche placide in lontananza. E
ha soli e lune che si riflettono nell’acqua per una suggestione aggiunta
di fascino nei riverberi. E ha stecchi, secchi e con bacche,
con diramazioni trasecolanti in un dinamismo proteso allo spazio
conquistato nella tela con effetti di tridimensionalità, che rende
loro ragione di una forza vitale insospettabile e di un significato
estetico accentuato. Questi motivi variegati credo facciano volutamente
da contrappeso all’esuberanza cromatica delle vedute
paesaggistiche, come a dire che la realtà presenta anche lati
meno eclatanti, più dimessi se non addirittura sofferenti, ma che
uno sguardo d’amore, come Maria Luisa sa donare nei suoi dipinti
come nella vita, può rendere sempre e comunque la realtà
degna di essere vissuta e partecipata.
Rose e iris su oro
34 Maria Luisa Manzini

Quadro d’autore
In un giorno inondato di luce
cogliere olive:
piccole lucenti bacche
solitarie o a ciuffi
nascoste fra punte di lancia d’argento.
Un’esperienza magica.
Intorno boschi fitti di alberi
ancora rigonfi di foglie,
dal bruno alla purezza dell’oro.
Protetta da monti azzurrini
la valle racchiusa.
Trattieni il respiro.
Vorresti fissare,
attraverso gli occhi,
tanto splendore.
E se la natura è l’ombra del Divino
come reggeremo di fronte
alla Sua luce?
Monte Senario
Un’aureola di verde luce
intorno alla Cattedrale di antiche pietre
sulla vetta del Monte!
Profumi di resine, ginestre, lavanda
pace che inebria i sensi e l’anima.
Il cielo
una bambagia candida e leggera
punteggiata di pozze d’azzurro.
Un’ eco di salmi si spande in questo
magico silenzio
rotto solo dai richiami d’amore
delle creature del bosco.
Villamagna
Pian di Fondoli,
autunno 2011
Dintorni di Settignano
Nei sentieri dei tuoi paesaggi ho camminato da bambina
e ora so perché coglievo mazzi di fiori
so perché volgevo lo sguardo al cielo
so perché amavo e amo il silenzio
e spero e credo nella vita.
Me lo hai insegnato tu.
Maestra è la prima volta che ti do del “tu”
ma oggi ti sento così vicina
che non posso farne a meno.
Oggi sei tu che mi dai un mazzo di fiori
oggi porto con me un po’ di te.
Margareta
Sotto un cielo che canta
Era boscaglia la pendice estrema
di Massanera sopra Reggello.
Da tanta fatica
innaffiata di sudore
è nato il giardino dell’Eden.
Menti capaci di produrre bellezza,
mani sapienti
forza di volontà
hanno fatto un miracolo.
Niente è stato estirpato
distrutto
semmai rimosso, spostato, aggiunto.
L’acqua incanalata,
fiori, piante, pietre
tutto organizzato a creare un insieme
di forme, colori, profumi, aromi
che stordisce e dice
come l’uomo può riuscire
ad usare i doni del Creato.
La ricompensa:
un cielo che canta.
pensiero scritto da un’ex alunna sull’album
delle firme dell’ultima mostra nel 2013
Maria Luisa Manzini
35

Daniele De Luca
“Diagrammi dell’esistenza”
di Laura Capuozzo
Ilavori di Daniele De Luca sono stratificazioni di vissuto restituiteci
attraverso la forza cromatica di sovrapposizioni materiche.
La sua sintesi compositiva veicola, senza paradossi, la
costruzione di percezioni interiori che si nutrono dell’instabilità
contemporanea come di valori formali e plastici arcaici.
Un segno mai precario caratterizza questa sua logica intuitiva, tracciandone
al contempo il percorso artistico come instancabile ricerca
di coerenza. Per Daniele De Luca la pittura emerge da uno sfondo in
cui si distinguono parole accennate sotto sovrapposizioni graduali di
toni e materie. Il suo linguaggio eredita al contempo la forza cromatica
e gestuale dell’espressionismo astratto e il rigore compositivo
dell’astrattismo geometrico. Il colore ha, nella sua pittura, una consistenza
tangibile e corporea: ha peso, quantità, spessore. È steso a
strati, e in molte opere appare percorso da vibranti nervature.
All’’informalità della tecnica pittorica, che si esprime attraverso
Ne consegue un allontanamento dai criteri stilistici dell’astrattismo
geometrico: le sue linee non conchiudono il colore, non lo delimitano,
ma suggeriscono soluzioni di continuità materiche e cromatiche.
Ciò che De Luca rifugge è proprio l’analisi costruttivista, rigida e
controllata dell’astrazione geometrica, per manifestare invece quella
poliedrica di una realtà interiore che trova un generale riscontro
nella componente più gestuale della sua arte, in grado di esternare
una costante antitesi tra serenità e turbamento.
Un viaggio attraverso la propria interiorità che è condizione indispensabile
affinché possano emergere gli archetipi personali.
La sua pittura, non condizionata da logiche stilistiche opportunistiche,
si attesta come autobiografia ma, contrariamente ai molti sviluppi
odierni dell’astrattismo, rifugge la tautologia e l’autoreferenzialità.
Un percorso maturo, che giunge ai valori dell’essenzialità e dell’immediatezza
come risultato di una coerente ricerca stilistica volta non
solo a osservarsi per comprendersi, ma soprattutto a esplorare antinomie
della propria personalità, che vediamo riflesse nelle cromie e
nelle asperità delle superfici come in quelle del nostro tempo.
Intrusioni multiple
Intrusione 155 Intruso 051
Intrusione 152
pennellate e spatolate cariche e decise, si associa la libertà di una
ricerca che include la parola per il suo valore segnico, prima che
semantico. Nell’alfabeto visivo di Daniele De Luca è quindi evidente
la componente grafica, in elementi dalla riconoscibilità formale ma
non contenutistica. Pittura, dunque, a-semantica, in cui la forma è
espressione del sentire, significativa ma non significante, perché
non riconducibile a oggetti ed entità fenomeniche.
Sebbene essa non sia del tutto assente, tende infatti a trasformarsi
in contorni, quasi a comporre una sintesi di geometrie, che è forse
desiderio di ordine in contrapposizione all’instabilità della nostra
contemporaneità.
Tale razionalità si esprime nella complessità dalla progettazione
e dell’esecuzione, ma si associa in tutti i suoi dipinti ad un’emozionalità
che giunge allo spettatore come trasmissione di pulsioni,
sentimenti ed emozioni. È lo stesso artista, prima di tutti, a porsi di
fronte alla creazione con tutte le proprie contraddizioni e speranze,
per comporre i suoi diagrammi dell’esistenza.
...Ma in arte vale la stessa legge della scienza: Nulla si crea, nulla si
distrugge, ma tutto si trasforma: che è poi, il principio della ricerca
filologica. Ma in queste opere di De Luca c’è dell’altro. C’è il tratto
pittorico: la cifra dell’artista, che equivale alla personale calligrafia
dello scrittore. Ebbene, questo tratto pittorico - lo si veda soprattutto
nei temi in rosso - riprende
la pennellata di Sironi e di Balla,
quella pennellata tormentata e
personalissima che accompagna
e descrive i soggetti rappresentati,
rendendoli unici.
Francesco Gurrieri
Tratto da Cultura Commestibile,
n. 62/2014
daniele.deluca99@gmail.com
tel. 335-5218605
36 Daniele De Luca

Fabio Pucci
Il debutto del pittore
fiorentino al Caffè
Decò nella collettiva
“La Novantesima”
di Federico Edgar Pucci
Solo chi dedica tanta passione,
energia, tempo e onestà alla pittura
può chiamarsi pittore…
Io però mi sono divertito tanto.
Fabio Pucci
La tigre
Fabio Pucci nasce a Firenze nel 1952 ed è
esordiente alla collettiva La 90esima. Si
accosta per la prima volta alla pittura alla
fine degli anni Sessanta grazie all’interessamento
della professoressa Adriana Caponi, pittrice.
Riprende dopo lungo intervallo a disegnare e dipingere,
ma in maniera discontinua per via dei fatti della vita.
Dal 2000, dopo essersi riappropriato del tempo libero,
si dedica interamente alla vecchia passione mai sopita.
Il suo raffigurare è fatto di sogno, atmosfere e ricordi
stipati nella valigia della memoria. Per lui la pittura è
un’esperienza a metà fra la seduta psicanalitica e il
momento ludico del quotidiano: una presa diretta che
lo induce a percepire e a rappresentare la dimensione
esistenziale-memoriale. Spesso accompagna con brevi
scritti il suo onirismo affiorante. Ama il colore puro,
senza ricorso a mezzi toni né penombre né sfumati, e
lo stende con pennellata densa e forte, istintuale e
“primitiva”, sovrapponendo e sintetizzando le figure
umane o animali in una festosa ed esuberante
policromia. Attualmente vive e lavora a Bagno
a Ripoli, fumando la pipa, circondato dall’amore
dei suoi cari e dall’attenzione critica dei suoi
quattro cani.
Il tenebroso nella neve
Lo scontro
Studio: Via della Martellina, 56 B
50012 Bagno a Ripoli (FI) - Tel. 055 631794
Animal Farm
Idolatribus
Fabio Pucci
37

Rita Patti
A Roma un suo dipinto
a Villa Pamphilj per il
Grande Canale della Pace
di Gregorio Rossi
Presento ai nostri lettori l’opera
che quest’artista ha portato a
Roma per la seconda tappa de
“Il Grande Canale della Pace”,
mostra itinerante iniziata a Venezia e proseguita
per tutta la durata della Biennale
2015. Il Grande Canale della Pace è un’iniziativa
espositiva, corredata da altri eventi
culturali dove artisti di varie parti del mondo,
proprio tramite i loro lavori, rappresentano
se stessi in una marcia della pace ed
il loro intendimento a comunicare tramite
le opere il concetto di un linguaggio universale
che è l’arte come messaggio di serena
convivenza e dialogo trai popoli.
Rita Patti a Venezia esponeva un dipinto
dalle tonalità più tenui rispetto al quadro Gregorio Rossi
qui riprodotto: quello esposto nelle sale
di Villino Corsini nel complesso museale di Villa Pamphilj a Roma per iniziativa della
MultiOlistica, con il Patrocinio dei Beni Culturali, del Comune di Roma e con la mia curatela.
L’opera esposta nella seconda edizione de “Il Grande Canale della Pace”, ha una tavolozza
dai colori brillanti che aumentano d’intensità rispetto alla precedente rimarcando il desiderio
di invitare alla convivenza serena.
L’iter artistico di Rita Patti procede su vari filoni: quello figurativo quanto grafico, che pur
complesso, ha una linea continua e definita. Indubbiamente però nell’astrazione quest’artista
a mio avviso ha trovato la sua migliore forma espressiva.
D’altronde questa è la meraviglia dell’arte che ci offre punti di riferimento sicuri e consolidati
e, nello stesso tempo, lascia libero spazio alla fantasia ed alla sensibilità di ciascun
artista. Potrei citare Rudolfd Steiner secondo il quale i quadri dovevano nascere più dal colore
che dalle forme; per lui l’umanità non può esimersi dal suo destino di ascendere ad uno
stato di coscienza più alto e nel cammino tutti devono compiere progressi verso la propria
natura di esseri spirituali. Questo pensiero mi sembra possa sposarsi proprio con il senso di
spiritualità di Rita Patti e vorrei aggiungere che il colore prende origine dell’incontro dalla
luce con le tenebre due polarità strettamente collegate tra loro.
Senza voler far paragoni altisonanti voglio ricordare che Wassily Kandinsky era anche
pianista e violoncellista ed affermava che le regole compositive della pittura sono simili a
quelle musicali.
In alcune sue performance Rita Patti danza con lo sfondo dei suoi quadri e quindi è ovvio
presupporre che la musica, così come la meditazione, sono motivi conduttori della sua
opera creativa. Il dipinto in oggetto dal titolo “Shantij” rappresenta in maniera inequivocabile,
pur nella sua astrazione, il senso del fluido movimento della danza e comunica una
vibrazione musicale e, rimanendo fedele al titolo, pur con i suoi forti colori offre tranquillità,
serenità e pace.
38 Rita Patti

39

La BCC di Signa entra nel
nuovo Banco Fiorentino
A Villa Castelletti approvato dai soci
il progetto di fusione con BCC del
Mugello e BCC di Impruneta.
Nasce una nuova solida realtà
bancaria nel cuore della Toscana
di Fabrizio Borghini
Sabato 7 maggio l'assemblea straordinaria dei soci della Bcc di
Signa ha approvato il progetto di 'fusione per unione' - già autorizzato
nello scorso mese di marzo dalla Banca d’Italia, con decorrenza
operativa dal 1 luglio 2016 - con Bcc del Mugello e BCC di
Impruneta.
Villa Castelletti di Signa ha fatto da scenario all'ultimo atto del quasi centenario
istituto bancario signese (fondato nel 1919) che, cambiando denominazione,
lascerà il testimone al neonato Banco Fiorentino - Mugello Impruneta
Signa - Credito Cooperativo, una nuova solida realtà bancaria che
nasce dall'unione di tre storiche BCC della Toscana.
La sede di piazza Michelacci, le otto filiali e i quindici
sportelli automatici della Bcc di Signa andranno
a comporre il nuovo mosaico operativo del Banco
Fiorentino che con 29 filiali, 40 sportelli automatici
e quasi 250 dipendenti servirà inizialmente 40mila
clienti, di cui 12mila soci, ed un territorio composto
da 52 comuni distribuiti su 7 province (Firenze,
Prato, Pisa, Siena, Lucca, Arezzo e Bologna) e due
Il tavolo della presidenza in occasione della assemblea dei soci a Villa Castelletti
40 BCC di Signa

egioni (Toscana ed Emilia Romagna); 1,1 miliardi
di euro la raccolta, impieghi per 1 miliardo di euro.
Importantissimo il Cet 1 Ratio (indice della solidità
degli istituti bancari) al 19,5%, contro la media del
sistema italiano che si attesta intorno al 12%.
Il Banco Fiorentino avrà 171 milioni di patrimonio
iniziale e resterà nella holding Bcc che sarà istituita
secondo la recente normativa di riassetto del Credito
Cooperativo. La sede centrale sarà a Calenzano,
nel baricentro geografico della nuova area di competenza
territoriale.
Il primo presidente sarà Paolo Raffini, attuale presidente
della Banca del Mugello; nel consiglio di
amministrazione siederanno undici persone, di cui
quattro del Mugello, quattro di Signa e tre di Impruneta.
Il primo direttore generale sarà Davide Menetti,
attuale direttore di BCC Mugello.
Commozione, entusiastici consensi e qualche mugugno
hanno caratterizzato l'assemblea di Villa Castelletti
dove, però, sono stati approvati all'unanimità
sia il bilancio 2015 (che si è chiuso con un utile
netto di 902 mila euro, una raccolta totale di 557,4
milioni, impieghi netti alla clientela di 389,1 milioni,
un patrimonio netto di 60,7 milioni e un indice Cet 1
Ratio al 16,9%) che la proposta di fusione.
Il presidente Maurizio Rugi, che entrerà a far parte del nuovo consiglio di amministrazione
e presiederà il Comitato Esecutivo, si è dichiarato soddisfatto
dei risultati raggiunti nel triennio dalla BCC di Signa e delle prospettive che
si aprono all'orizzonte per la nuova compagine.
Il direttore generale Matteo Bandinelli, che ha ringraziato con un commovente
saluto tutti i dipendenti per gli ottimi risultati con cui la BCC di Signa si
è presentata al progetto di fusione, si è detto pronto ad affrontare la nuova
sfida che lo vedrà impegnato come vice direttore generale.
BCC di Signa 41

MOSTRA COLLETTIVA DI ARTISTI CONTEMPORANEI
DAL 19 MAGGIO ALL'8 GIUGNO 2016
INAUGURAZIONE GIOVEDÌ 19 MAGGIO ALLE ORE 17.00
RAZIEH FAGHIHI KASHANI
LORETTA ZAGLI CONFALONIERI
MAURIZIO MONTI
GIANNA GIANNINI
VANNA FEDI
STEFANIA PRATESI
PATRIZIA GABELLINI
SAMUELA BARTOLOMEI
PATRIZIA BACARELLI
MARIA TERESA RIBUL MAZZOLA
INGRESSO LIBERO
Riprese televisive a cura di
42 Auditorium al Duomo

Paolo Catelani
L’artista espone di nuovo nella suggestiva
cornice del ristorante Il Colognolo
di Daniela Fontanazza
L'artista nasce a Firenze nel 1943. Nell’anno 1960 si avvicina
alla pittura per passione ed inizialmente è seguito
dal maestro Giuseppe Mazzon.
Con il pittore Marcuzzi ha collaborato a dipingere, per
una casa editrice inglese, una collana di quadretti commemorativi
della storia dei francobolli di quel paese. Lascia la pittura e il disegno
nel 1969. Stimolato fortemente dalla figlia Beatrice, il 15 luglio
2007, dipinge un nuovo quadro.
Predilige rappresentare la natura, la campagna e quant’altro lo ispiri.
Espone con l’Associazione G. Mazzon, l’Associazione Artisti Fiesolani,
con il C.N.A. Arte e occasionalmente con l’Associazione Toscana
Cultura. Alcune sue opere sono esposte ad Antella presso il Teatro
Comunale, ad Ellera, a Compiobbi, al Ristorante Le Lance, a Cellai,
presso la Galleria Pio Fedi a Firenze, alla Sala del Basolato di Fiesole,
alla Biennale dell’Acquerello a Levizzano (MO), alla Saletta
Spiga d’Argento di Montagnana Val di Pesa - Montespertoli.
Nave a Rovezzano, olio su tela, cm. 60x40
Paolo Catelani Via Viacce, 8 - Località Girone - 50061 Compiobbi (FI)
Tel. 055 691548 - Cell. 338 3675140
Il Mulino di Rovezzano, olio su tela, cm. 60x40
Orizzonte toscano, olio su tela, cm. 50x35
Montegiovi, olio su tela, cm. 50x35
Via Palagio, 38 in Colognole
(strada per Montegiovi)
Tel. 055 8319734 - 50065 Pontassieve
ristorante@colognole.it
www.colognole.it
Aperti pranzo e cena
Chianti, olio su tela, cm. 60x30
Paolo Catelani 43

A Firenzuola un percorso
museale unico nel suo genere
ricostruisce gli avvenimenti
collegati al passaggio della
Seconda Guerra Mondiale
di Marco Burrini
Foto di Maria Grazia Dainelli
Due anni fa, d’intesa fra il Comune, la Banca Credito
Cooperativo del Mugello e l’Associazione storico
culturale "Sulla Linea del Fronte", veniva realizzata
una esposizione storica permanente al secondo
piano dell’ex sede scolastica del paese situata in via Giovanni
Villani al numero 11. In realtà questo edificio, ricostruito dopo la
distruzione causata dal bombardamento aereo alleato del 12 settembre
1944, ha un trascorso storico notevole. Qui si riunirono nel
1735 i rappresentati delle dinastie europee per decidere le sorti
politiche della Toscana dopo i Medici e a partire dal 1784 sorsero
nella medesima struttura le Scuole Ecclesiastiche, divenute poi
dal 1801 per opera del Cardinale Antonio Martini il Seminario
aperto ai giovani della zona che mostravano la vocazione alla vita
sacerdotale.
Questo luogo dal trascorso prestigioso si è arricchito adesso di un
percorso espositivo museale unico nel suo genere sul territorio,
che accompagna il visitatore attraverso gli avvenimenti collegati
al passaggio della guerra non solo nell’area appenninica e in
Toscana, ma anche nel resto del mondo.
E lo fa presentando i diversi materiali d’uso quotidiano appartenuti
agli eserciti coinvolti nelle guerre mondiali, cercando di
mettere in primo piano non gli oggetti in sé stessi, ma piuttosto
l’uomo, il soldato che li ha utilizzati per la sopravvivenza. In questo
senso la varietà di ciò che è esposto ed è visibile è articolata:
si va dai manichini che vestono le divise indossate dagli italiani,
dai tedeschi, dagli inglesi, dagli americani, dai francesi, dai russi,
dai giapponesi, dai neozelandesi, dai sudafricani, ai loro effetti in
dotazione per il combattimento, l’alimentazione, la cura igienicosanitaria,
il relax. Ogni aspetto è curato fin nel minimo dettaglio e
ogni vetrina a tema offre una numerosa campionatura di pezzi che
permettono al visitatore di farsi una opinione sulle condizioni di
Sala dell'aula scolastica
Sala della Linea Gotica. La postazione tedesca sul Passo del Giogo
vita durante la guerra. Manifesti, volantini, giornali d’epoca
e fotografie completano l’esposizione facendoci rivivere il
momento storico. Un percorso volutamente didattico, per far
comprendere a chiunque cosa furono per chi li visse quei terribili
momenti, che si sviluppa lungo l’ampio corridoio che da
accesso alle prime cinque sale entro le quali ci vengono presentati
momenti della storia. Nella prima entrando a sinistra
si vede l’avanzata alleata in Toscana verso Firenze occupata
dai tedeschi in procinto di minare i ponti sull’Arno e la battaglia
intrapresa dai partigiani e i soldati del Commonwealth.
Si combatte tra le rovine delle case, dove in mezzo ad alcune
masserizie abbandonate, i soldati inglesi hanno installato un
telefono per le comunicazioni. Un manifesto del Comitato
Toscano di Liberazione Nazionale invita alla lotta.
44 Sulla linea del fronte

Il corridoio principale. I manichini e le casse delle munizioni impiegate sulla Linea Gotica
La seconda sala ci porta nell’Appennino sulla Linea Gotica
dove una postazione tedesca è stata abbandonata. In terra
si vedono gli effetti di una frettolosa ritirata che ha costretto
i soldati a lasciare gli oggetti personali dappertutto. Gli
americani hanno installato il comando in una casa colonica
e sono dotati di tutto ciò che serve ad un soldato in guerra.
Le vetrine mostrano la nutrita varietà di razioni, medicazioni
e prodotti igienici che hanno cambiato anche le nostre abitudini
nel dopoguerra.
La terza ci proietta in una trincea della prima guerra mondiale
in mezzo al fango, lo sporco e la morte. Non ci sono infatti
all’interno soldati, ma soltanto un silenzio agghiacciante
e le sagome degli elmetti, unica cosa visibile dei fantasmi
di quei tredici milioni di morti che produssero quattro anni
di guerra. Le uniche voci a testimonianza di quel dramma
sono ventuno lettere scritte dal fronte italiano. In questa
sala parlano soltanto loro. Quattro di questi testimoni moriranno
nelle trincee. Per chi sopravvisse ci furono le cure di
un posto di medicazione prossimo al fronte, ricostruito con
tutti i materiali per il pronto soccorso.
La quarta sala propone un audiovisivo in cui si vede il paese
di Firenzuola prima e dopo la guerra. Quelle immagini fanno
davvero riflettere su quanto la guerra ci fa perdere.
La quinta sala ci porta nel Pacifico, a Iwo Jima. Lo scontro
in questa isola è tra i marines e i soldati giapponesi. La
sala è ancora in fase di allestimento ma si resta colpiti da
un mondo, quello orientale, fatto anche in guerra di riti e
celebrazioni. Tutte queste ambientazioni riprese direttamente
o ispirate ad una fonte fotografica conducono la
nostra mente ad un percorso della memoria e a riflettere
su quanto sia importante la pace.
Soprattutto quando ci spostiamo nell’altra sezione dei locali
dove è ricostruita una infermeria militare con i letti per
la degenza, le garze, i disinfettanti, i ferri chirurgici e tutto
l’occorrente per un intervento sul campo di battaglia. Qui
la guerra mostra il suo vero volto.
In un percorso della memoria, dato che questo luogo aveva
nel tempo servito ad uso scolastico, non poteva mancare
una sezione dedicata alla scuola. Tre sale mostrano l’evoluzione
della scuola nel Novecento con un allestimento
estremamente curato in cui non viene trascurato alcun
minimo dettaglio: dalle tipologie dei banchi dai supporti
e dagli strumenti per la scrittura, dalle cartelle, le più
svariate che nel tempo ci hanno accompagnato nel corso
della nostra infanzia.
Sala della Battaglia di Firenze. Particolare con il partigiano fiorentino nell'agosto del 1944.
La scuola nel Novecento fu per molte generazioni di giovani il punto
di partenza per l’esperienza di guerra. Nel ventennio fascista la
scuola educò fin da piccoli all’arte del combattimento. E i nostri giovani
spartani al motto “libro e moschetto” indossarono una divisa
convinti che la guerra fosse sacra per il paese.
Un invito quindi a visitare questo spazio culturale per potere rivedere
il passato con gli occhi dei nostri padri.
Infermeria da campo
Lo spazio espositivo è aperto tutte le domeniche e i festivi
dalle ore 10,00-12,30 e dalle 14,30-18,00.
Per informazioni contattare:
Associazione Storica Culturale “Sulla Linea del Fronte”
Presidente: Dottor Marco Burrini
lineadelfronte@virgilio.it - Cell. 349 1670235
Sulla linea del fronte
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Artisti di Strada
La mostra di sculture a loro dedicata
si inaugurerà il 4 giugno nella Corte dei
Mestieri del Centro Commerciale Centro
Empoli. Protagonisti i giovani della scuola
di scultura Franchi - Graziani
di Fabio Graziani
L’intervento del gruppo scultoreo eseguito dagli
studenti della scuola di scultura Franchi - Graziani
dell’Accademia di Belle Arti di Carrara è la rappresentazione
di artisti di strada. Lo sviluppo di tale
tema prevede l’esecuzione di figure come giocolieri, equilibristi
e suonatori. Figure che librano nell’aria il proprio corpo o gli
strumenti del loro esercizio, le strabilianti coordinate delle loro
abilità a suggello del percorso di una ricerca personale fatta con
gli strumenti di una tecnica che ne avalla le istanze ludiche. Ricerca
che coglie nel suo percorso le attenzioni degli osservatori
intenti a loro volta a perdersi nella vertiginosa abilità con cui
muovono gli strumenti: vedi la clava della scultura di Antonio
Reda che si moltilpica in quella di Gabriele Mosti, intitolata
“Busker” o come l’equilibrista nel cerchio di Francesco Tufo che
compositivamente evoca la “Signora Luna”, eburnea creatura
eseguita nel momento più difficoltoso della sua contorsione. La
magia che gli artisti di strada evocano si condensa nella manifestazione
finale delle loro abilità e gli autori nelle loro sculture
la rievocano con l’esercizio dei loro stumenti di lavoro e le
tecniche che i materiali richiedono. Materiali largamente usati
come il gesso, la resina, il cemento, la cartapesta, ognuno con
le relative caratteristiche e le diverse gestualità nel modellarle.
Gestualità talvolta ripetitive nei ritmi che scandiscono le forme
plastiche che possono diventare meccaniche come il pedalare
della figura sul monociclo di Giulia Capaccioli, o il gesticolare
del “Mimo” di Gabriele Ruzzante, quindi i vari suonatori come
la “Pifferaia” di Davide Giananti, il “Suonatore di armonica”
e il “Tamburino” di Alessandro Maffei o il “Fauno” di Maria
Bressan. Non mancano nella ludica sfilata soggetti fantastici
o mitologici, come “l’Elfo” di Camilla Cusumano,
il “Gargoille” di Diego Bocelli, il “Pinocchio”
di Chiara Castagna, la “Amalasunta” di Maria
Bressan o la “Rana” che afferra una mosca dorata
di Alessia Guglielmetti. Non citiamo tutti gli
autori che verranno sistematicamente presentati
nel prossimo numero della rivista, che dedicherà
largo spazio all’evento promosso da JP di Jacopo
Paci complementi di arredo con la collaborazione
del Centro Commerciale Centro Empoli La Corte
dei Mestieri e Confartigianato Firenze.
Studenti scuola di scultura Franchi - Graziani
Accademia di Belle Arti di Carrara
Elenco partecipanti installazione “Artisti di strada”
Nome Opera Tecnica
1 Giulia Capaccioli “Monociclista” vetroresina
2 Gabriele Mosti “Busker” “
3 Francesco Tufo “Trampoliera” “
“Signora Luna” “
4 Antonio Reda “Giocoliere” “
5 Anna Torre “Equilibrista” “
6 Maddalena Carfora “Ballerina” “
7 Gabriele Ruzzante “Mimo” “
8 Valeria Greco “ Ballerina” “
9 Costanza Riva “Giocoliera” “
10 Giuseppe Riga “Equilibrista” stuccoforte
11 Maria Bressan “Fauno” vetroresina
“Amalasunta” “
12 Arianna Papi “Contorsionista” stuccoforte
13 Chiara Castagna “Pinocchio“ vetroresina
14 Diego Bocelli “Gargoille” “
15 Davide Giananti “Pifferaia” cemento
16 Alessandro Maffei “Tamburino” vetroresina
“Suonatore d’armonica” “
17 Ezechiele Mormina “Figura rovesciata” “
18 Camilla Cusumano “Elfo” “
19 Francesco Ferretti “Figura con cerchio” “
20 Chantal Stropeni “Ballerina” stuccoforte
21 Alessia Guglielmetti “Rana“ vetroresina
22 Manuele Mirabella “Donna cannone” vetresina
23 Eufemia Lostrangio “Clown” cartapesta
24 Raffaele De Maria “Braccio” cemento
25 Chiara Mantovanelli “Libellula” ferro
26 Alessandro Pancani “Mangiafuoco” stuccoforte
27 Riccardo Dunchi “Bambino che esce dalla valigia” gesso
28 Giorgia Redoano “Cane” cartapesta
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Scuola di Scultura Franchi-Graziani

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