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le terre dei fuochi,i detriti velenosi e le aree inquinate<br />
e dismesse, in una prospettiva antropologica<br />
e culturale non sono meno interessanti dei reperti<br />
rinvenibili nei butti dei siti archeologici classici o<br />
delle raccolte di oggetti del passato custodite in<br />
un museo. Non meno interessante ai fini di una<br />
loro lettura significativa appare il fatto che oggi ai<br />
depositi di scorie e alle aree dismesse, ai resti materiali,<br />
alle monnezze con il loro eterogeneo contenuto,<br />
si offra oggi una seconda vita: piuttosto<br />
che essere definitivamente distrutte, abbandonate<br />
o disperse, sempre più spesso a questi resti e cascami<br />
viene affidato il compito di ritornare ripuliti<br />
al ciclo delle risorse, riconvertibili con le pratiche<br />
di riuso, riciclo e rifunzionalizzazione. L’insieme di<br />
queste pratiche ha il significato di manifestare il<br />
desiderio più o meno inconscio di rendere meno<br />
luttuosa la cerimonia di addio agli scarti, ai resti<br />
dei consumi e agli ambienti disabilitati frutto<br />
spurio della nostra esistenza anteriore. Il tentativo<br />
di rendere immortali anche le monnezze da parte<br />
dell’uomo tecnologico di oggi non è privo di significato.<br />
La spazzatura sin dall’antichità costituisce<br />
infatti una parte significativa dei residui materiali<br />
dei nostri consumi umani, il suo resto insolubile<br />
e inconvertibile (cocci, frammenti, avanzi, scorie,<br />
ossa, etc.). In epoca pre-tecnologica accadeva<br />
raramente che qualsiasi fosse il genere di avanzi<br />
o di resti, questi non venissero mai ulteriormente<br />
trasformati o annichiliti totalmente; spesso era<br />
l’abbandono a prevalere e l’affidamento ai cicli organici,<br />
e quasi nulla veniva incenerito e distrutto<br />
se non per scopi rituali, così come invece accade<br />
oggi alla nostra società che, oberata dai suoi stessi<br />
scarti, tenta di farne maldestramente olocausto<br />
per liberarsene, con il risultato di avvelenarsi e di<br />
avvelenare ambienti e beni comuni. A dispetto dei<br />
progressi scientifici e tecnologici vantati, ancora<br />
oggi la custodia dell’ampia gamma di nuovi resti<br />
immondi, peraltro prevalentemente inorganici<br />
e molto difficili da smaltire, che l’uomo tecnologico<br />
e iperconsumista continua a produrre e a<br />
spargere nell’ambiente, resta pur sempre affidata<br />
alla terra, ovvero alla biosfera, a ripostigli e fosse<br />
che come tombe classiche custodiscono la parte<br />
morta, le spoglie di quello che resta del sistema<br />
degli oggetti legati alla vita materiale e a tutto ciò<br />
che avanza del ciclo produzione-consumo (compresi<br />
ampie quote di residui tossici), collegato alla<br />
sequela della vita umana dei moderni, una volta<br />
esaurita la loro funzione primaria.<br />
A dispetto dei progressi scientifici e tecnologici<br />
vantati, ancora oggi la custodia dell’ampia gamma<br />
di nuovi resti immondi, peraltro prevalentemente<br />
inorganici e molto difficili da smaltire, che l’uomo<br />
tecnologico e iperconsumista continua a produrre<br />
e a spargere nell’ambiente, resta pur sempre<br />
affidata alla terra, ovvero alla biosfera, a ripostigli<br />
e fosse che come tombe classiche custodiscono<br />
la parte morta, le spoglie di quello che resta del<br />
sistema degli oggetti legati alla vita materiale e a<br />
tutto ciò che avanza del ciclo produzione-consumo<br />
(compresi ampie quote di residui tossici), collegato<br />
alla sequela della vita umana dei moderni,<br />
una volta esaurita la loro funzione primaria.<br />
Quali che siano le ragioni siamo ben lontani da<br />
una soluzione del problema dei rifiuti nella nostra<br />
attuale babele umana. In questo rapporto insoluto<br />
prevalgono ancora le immagini, la simbologia organica,<br />
e l’interrogazione che ne proviene, specie<br />
dagli ambienti urbani e dalle pratiche più consolidate<br />
dell’abitare gli spazi della presenza umana, vi<br />
resta ancora come sospesa.<br />
In Stramonio (2000, Ediz. Piemme) lo scrittore<br />
Ugo Riccarelli, rappresenta un punto meditativo,<br />
quasi serenamente rassegnato di fronte all’insondabile<br />
semiologia dell’umano che si nasconde<br />
nel “segreto della spazzatura”: “Sotto la guida del<br />
signor Lupo, in quella mia prima settimana di lavoro,<br />
imparai a pulire il centro della città usando<br />
la scopa e, proprio come lui aveva detto, mi sembrava<br />
di essere un maggiordomo che rifacesse il<br />
trucco a una signora appena alzata. Perché noi<br />
iniziavamo il mattino presto, con le nostre ramazze<br />
di saggina, i carretti dei bidoni e la gomma<br />
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