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pubblicazione_finale_2015

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che contengono oggetti diversi e inappropriati per<br />

la sue condizioni (un costume femminile da ballo,<br />

dei pattini da ghiaccio, delle video cassette,<br />

un pallone). In breve tempo lo sguardo si acuisce<br />

supera la percezione di quello che gli oggetti<br />

sono e c erca di capire cosa quei materiali<br />

potrebbero essere: così le tulle diventano reti, i<br />

nastri delle video cassette lacci, i pattini asce.<br />

L’oggetto è scomposto e recuperato per parti.<br />

Il risultato formale del riuso non è codificato.<br />

Scaturisce da una attività eclettica fortemente<br />

condizionata dal caso, dal capriccio, dalla necessità.<br />

L’esito si sottrae ad ogni forma di maniera<br />

non ha un linguaggio definito è troppo dipendente<br />

da condizioni casuali e imprevedibili.<br />

E’ difficile in questo caso parlare di una estetica<br />

che comunque ha bisogno di una codificazione<br />

mentre si riscontra in queste trasformazioni<br />

un valore soggettivo più che oggettivo: quello<br />

che serve viene riutilizzato così come al ciabattino<br />

gli serviva uno sgabello e non un quadro.<br />

E’ proprio la rinuncia alla considerazione del valore<br />

culturale degli oggetti che pone in questo<br />

tipo di situazione e questa rinuncia è determinata<br />

da una condizione di necessità in cui queste<br />

trasformazione sono stati attuati. Necessità di un<br />

riparo, scarsezza di risorse, povertà materiale.<br />

Ma se il riuso passa da una situazione di necessità<br />

ad una di opportunità se il riuso è sottratto alla necessità<br />

e quindi al capriccio che lo caratterizza, se<br />

esso stesso si appropria di una dimensione culturale<br />

e abbandona l’estemporaneità dell’ignoranza la<br />

centralità del hic et nunc ma diviene percorso progettuale<br />

allora vi può essere una estetica del riuso.<br />

Una estetica che caratterizzerebbe l’azione conservativa<br />

e trasformativa degli individui e delle<br />

comunità e che sarebbe molto diversa da<br />

quella vigente così profondamente fondata<br />

sulla scarsa attenzione alle risorse, all’utilitas,<br />

al benessere che ha definito la contemporanea<br />

qualità delle trasformazioni e delle merci.<br />

La preminenza di un gusto definisce una monocrazia,<br />

imponendo una unica percezione estetica<br />

e strutturando una sorta di “manierismo” di fatto.<br />

Ma la maniera, che si basa su di un giudizio uniformato,<br />

non possiede le caratteristiche per definire il<br />

bello; può comprenderlo ma non esaurirlo, in quanto<br />

il bello, per sua natura, si sottrae all’uniformità.<br />

Il bello quindi non può essere affidato ad una<br />

maniera né come giudizio né come prodotto.<br />

I materiali, le tecniche, il metodo progettuale<br />

uniformati producono edifici di maniera.<br />

Per ottenere edifici belli è necessario modificare<br />

i criteri che ne guidano l’attuale produzione<br />

Il recupero, il riuso, il riciclo di oggetti<br />

e materiali riduce gli sprechi e i consumi di<br />

energia e di risorse, costringe ad una maggiore<br />

attenzione nei confronti dei manufatti.<br />

E’ un atto lento, riflessivo, etico. Vi è una equivalenza<br />

etico/esttico: “che bella persona”.<br />

Il giudizio estetico è dinamico, cambia nel<br />

tempo, tende a modificarsi in quanto giudizio<br />

profondamente culturale, e dunque soggetto<br />

agli slittamenti della percezione del gusto.<br />

La variabile etica stabilizza il giudizio estetico e gli<br />

impedisce di divenire anch’esso oggetto di inesplicabile<br />

consumo?<br />

Un oggetto prodotto da un materiale scartato è più<br />

bello in quanto in esso vi è una maggiore qualità<br />

degli elementi che determinano l’atto creativo e<br />

una più elevata espressione della capacità tecnica.<br />

E’ un atto che si misura con il limite, condizione<br />

questa inalienabile dell’attività creativa. Si pensi<br />

al David di Michelangelo tratto da un marmo<br />

già sbozzato e da anni abbandonato perché di<br />

difficile utilizzazione; è l’atto creativo dello scultore<br />

che risolve il problema facendo emergere<br />

dalla pietra una forma possibile contenuta nelle<br />

dimensioni date. Una grande creatività applicata.<br />

Il riuso infatti ponendo limiti, avendo obiettivi<br />

ambientali e sociali impone un processo creativo<br />

e progettuale applicato e non è più volto alla<br />

realizzazione di un idea auto referenziata. Colloca<br />

la creatività nella società la pone fuori dalla<br />

gratuità le conferisce motivazione di esistenza.<br />

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