giugno completo per web

La Toscana nuova - Anno 1- Numero 6- Giugno 2018 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 5905 del 6-2-2013 - Iscriz. Roc. 23227. E 1. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/F

Sommario giugno 2018
6 Ritratti d’artista: Patrizia Bacarelli, i colori della memoria
10 Firenze mostre: Andrej Tarkovskij alla Fondazione Zeffirelli
12 I libri del mese: Lo Zonista di Mario Sodi
13 Spunti di critica fotografica: la poesia dell’immagine in Robert Doisneau
14 Personaggi: Jean-Michel Folon, un maestro belga a Firenze
16 Arte del Vino: è tornato il Ronchì Pichi
17 Firenze mostre: alla Bottega di Pasticceria la personale di Maurizio Balducci
18 Fondazione Romualdo Del Bianco: l’Italia vista dalla Russia a Palazzo del Pegaso
20 Ritratti d’artista: Elena Gheri, il femminile tra letteratura e realtà
21 Obbiettivo fotografia: Bruno Madeddu, la bellezza in uno scatto
22 L’azienda AMB di Pistoia: professionisti nella cura della persona
24 Speciale Pistoia: la Fondazione Promusica
25 Eventi in Toscana: premio Giotto e l’Angelico ad Eugenio Giani
26 Ritratti d’artista: Wang Yancheng, fra tradizione orientale e astrazione europea
28 Eccellenze toscane in Cina: gli occhiali in legno di Woo Class
30 Ritratti d’artista: Flaminio Zullo, il pittore delle emozioni
32 Arkiwine: a San Casciano un convegno sull’enologo Ugo Pagliai
33 Eventi in Toscana: a Firenze la XIXª edizione dell’Italian Brass Week
34 I libri del mese: le emozioni al femminile di Esther Bari
36 Eventi in Toscana: la quinta edizione di Universo Donna al Parco della Luce
38 Ritratti d’artista: gli inediti di Claudio Bellari in mostra a Pistoia
40 Firenze mostre: Birute Nomeda Stankuniene alla Galleria Immaginaria
41 Ritratti d’artista: ad Elena Migliorini il premio Città di Lastra 2018
42 Personaggi: Raffaella De Dominicis, pioniera della radioterapia a Firenze
44 Eventi in Italia: la nona edizione di Spoleto Art Festival
48 L’avvocato risponde: benefici e rischi del web per la tutela del marchio
50 Davide Astori, una storia da ricordare in un libro
52 Eccellenze italiane nel mondo: il bergamotto, principe degli agrumi
54 Firenze mostre: Romano Dini la “sua” Divina Commedia al Museo Casa di Dante
56 Firenze mostre: arte contemporanea alla Basilica di San Lorenzo
58 A Palazzo Guicciardini la prima mostra fiorentina di Massimo Catalani
59 Eventi in Toscana: Volkswagen protagonista al Firenze Rocks
60 Arkiwine: il Ciascuolo, eccellenza marchigiana tra i salumi
62 Sfaccettature fiorentine: fra consuetudini e modi di dire
La Toscana nuova - Anno 1- Numero 6- Giugno 2018 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 5905 del 6-2-2013 - Iscriz. Roc. 23227. E 1. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/F
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Anno 1 - Numero 6
Giugno 2018
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Yuliya Savitskaya
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Foto:
Tina Baroncini
Laura Belli
Lisa Ciardi
Maria Grazia Dainelli
Robert Doisneau
Bernardo Giovannini
Filippo Grappasonni
Bruno Madeddu
Maurizio Mattei
Alessandra Ricco
Maurizio Rufino
Barbara Santoro
Silvano Silvia
In copertina:
la pittrice Patrizia Bacarelli
Foto:
Bernardo Giovannini
22/23/24 giugno
Cammino di San Bartolomeo
La 100Km con Francisco Sancho
da Fiumalbo a Pistoia
Primo Concorso fotografico Il Cammino di San
Bartolomeo organizzato dal gruppo di Studi Alta
Val Di Lima, associazione culturale di Cutigliano
(PT), in occasione de La 100 km con Francisco
Sancho lungo il Cammino di San Bartolomeo,
percorso naturalistico e devozionale che unisce
Fiumalbo (Emilia) a Pistoia (Toscana). Protagonista
il pellegrino Francisco Sancho, che presta la sua
popolarità per dare vita a questa manifestazione
il cui scopo è benefico. I proventi andranno infatti
al restauro della chiesa Madonna di Piazza
di Cutigliano, capolavoro architettonico e artistico
risalente al XV secolo.
Per info: www.camminodisanbartolomeo.com
Cammino di San Bartolomeo
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LO SCRIGNO DI POLA...LA COUTURE à
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Ritratti
d’artista
Patrizia Bacarelli
L’ultimo ciclo di lavori vede l’artista fiorentina immersa
nel silenzio dello studio, tra gli strumenti del mestiere,
fedeli compagni del quotidiano rituale della pittura
di Daniela Pronestì / foto Bernardo Giovannini
L’impressione di un realismo fondato
sulla naturalezza della visione,
sulla bellezza fugace di un
effetto di luce o sulla sensazione cromatica
ispirata da un paesaggio, è uno dei primi
aspetti da chiarire nell’opera di Patrizia
Bacarelli. La fresca vivacità di alcune scene
− i panni tesi al sole, il volo degli uccelli,
l’andirivieni delle onde sulla battigia
− lascia pensare, infatti, che siano state
dipinte all’aria aperta, in un assolato pomeriggio
estivo, quando i colori brillano di
un’intensità inaudita e le ombre sembrano
più nere nel contrasto con la luce tagliente.
Eppure, alcuni indizi suggeriscono che
non sia la realtà in quanto tale ad affascinare
l’artista, ma ciò che dell’incontro con la
realtà sopravvive al tempo imprimendosi
nel ricordo. Potremmo definire la sua una
pittura dei “ritorni”, delle memorie portate
dal vento, del continuo infrangersi dell’onda
nel vasto mare dell’anima. Così Patrizia
Bacarelli porta avanti la sua recherche,
facendo rivivere nell’opera frammenti di
un tempo perduto e ritrovato. L’apparente
oggettività della visione, l’esecuzione
impeccabile e il taglio talvolta fotografico
della composizione invitano l’osservatore
ad entrare lentamente nel cuore segreto
dei suoi dipinti. Mentre procediamo con lo
sguardo dalla vastità di un panorama naturale
all’intimità di un interno domestico,
sentiamo schiudersi poco a poco l’identità
nascosta di questi soggetti, che gradualmente
assumono il tono di un’intima
e profonda confessione. Dipingere − sembra
dire Patrizia Bacarelli − è un modo per
sentire vicine e “vive” le care memorie dei
giorni andati, per fermare il breve battito
dell’esistenza nell’eterno respiro dell’arte.
Nell’ultimo ciclo di lavori, l’immagine
è lì, davanti ai nostri occhi, in modo indubitabile;
eppure, osservando più attentamente,
intuiamo che la schietta semplicità
di queste scene è solo apparente. E’ chiaro
che ci troviamo nello studio dell’artista,
dove tele, cavalletti ed altri strumenti del
mestiere giacciono immobili, quasi stando
sull’attenti, come soldati in attesa di un
nuovo comando. Un pulviscolo di aria e di
luce entra dalla finestra aperta sullo sfondo,
diffondendosi furtivamente in ogni angolo
della stanza. L’atmosfera è sospesa,
rarefatta, irreale; sembra di essere in un
sogno ad occhi aperti. Inevitabile domandarsi,
a questo punto, se la scena sia stata
ritratta dal vero, come in un’istantanea
fotografica, o se, invece, anche in questo
caso l’immagine sia metafora di uno stato
interiore. Del resto, nessun luogo me-
Nel mio studio, mattinata prima del sole, olio su tela, cm 80x40
6
PATRIZIA BACARELLI

Nel mio studio, luce, olio su tela, cm 90x45
glio dello studio può raccontare la storia
di un artista, la difficile e quotidiana ricerca
di un senso delle cose, dentro e fuori
la pittura. Forse proprio a questo serve la
finestra raffigurata sullo sfondo: a proiettare
il nostro sguardo al di là dell’apparenza,
dentro ed oltre la finzione dipinta, per
ricordarci che il quadro, in fondo, è sempre
una finestra “spalancata” sul cuore e
sulla coscienza dell’artista, e quindi anche
sul cuore e sulla coscienza di noi che l’osserviamo.
Forti di questa consapevolezza,
possiamo sperimentare, quindi, una
diversa dimensione dello sguardo, quella
che consente, appunto, di “guardarsi
dentro”, nel profondo, proprio come
fa Patrizia Bacarelli servendosi della pittura.
Non si tratta di un virtuosismo della
mente, ma di un percorso guidato nel
suo caso dal bisogno di “ritrovare il tempo
delle emozioni”, suggerisce il titolo di
un recente dipinto. E’ un omaggio all’amore
materno che, dopo esser stato tragicamente
ferito, riacquista finalmente la
forza di andare avanti. Nelle voci di due
bambini che giocano sulla spiaggia, risuona
il ricordo di chi ormai è lontano per
essere raggiunto. Resta la speranza che
in questa immagine di una felicità perfetta
e in alcun modo corruttibile dal tempo
le persone amate sopravvivano per sempre.
Insieme a noi, dopo di noi, nell’eterno
presente della pittura.
Riflessi, olio su tela, cm 60x40
PATRIZIA BACARELLI
7

Ritratti
d’artista
Il tempo delle emozioni
di Andrea Stella
Non posso non provare
a scrivere un pensiero
per l’amica artista
Patrizia Bacarelli. Facile trovarla
nelle manifestazioni d’arte, e,
se un attimo ti fermi a pensare,
non vedi lei ma l’essenza, vedi
attraverso, e di certo sono i suoi
lavori che l’accompagnano, i
vari colori che la dipingono, sono
i toni delle sue tele. Viene il
desiderio di sorprenderla mentre,
nel suo studio, sta per iniziare
un suo lavoro. Dunque, è
vero: l’arte rende curiosi. Narra
una leggenda che in ogni laboratorio
d’arte si nasconde un
invisibile assistente che sorveglia,
suggerisce ed aiuta il maestro.
Per entrare nel suo studio,
all’insaputa di Patrizia, ci serve
la complicità dell’assistente
invisibile, siamo un gruppetto
di curiosi assetati di conoscere
e capire come nasce una tale
energia che lei, Patrizia Bacarelli, sa così
bene comunicare. L’assistente ci rende
invisibili e ci fa sostare in un angolo della
stanza. Profumi di colori invadono l’ambiente,
una finestra illumina la scena, una
luce diversa ci abbaglia, ci cattura mentre
su un tavolo apparecchiato le tavolozze,
i pennelli ed i colori dialogano fra loro.
Il giallo litiga con l’azzurro, dice che oggi
sarà lui il prescelto, gli altri mormorano disappunto…partono
da qui, si dice, le emozioni
della vigilia di un’opera. In quel brusio
Ritrovando il tempo delle emozioni, olio su tela, cm 100x70
generale la tela bianca attende di diventare
quel qualcosa d’importante che tutti aspettano.
Dal nostro angolo d’osservazione,
noi curiosi, vediamo aprire una porta…ed
ecco entrare lei. Come regina di un regno
gira lo sguardo ovunque, si sofferma sulla
finestra osserva, e poi guarda la tela. Sposta
il cavalletto di qualche centimetro verso
la finestra. Oggi c’è il sole. Lei accenna
un pigro sorriso e sente di dover dare inizio
al suo lavoro. Ci regalerà, nell’assoluto
silenzio, la semina dell’arte fino a cogliere
quell’essenza che mai avremmo immaginato.
I pennelli, che si spingono per essere
scelti, si moltiplicano nelle sue mani e lei
mostra di sapere cosa sta per creare, ora
viaggia alla velocità dell’immaginazione…
stende i colori con sapienza, ordina, mette
in equilibrio. La finestra suggerisce immagini
che lei elabora, arricchisce. E vedi in
lontananza sabbie e giochi, vedi l’infanzia,
la giovinezza, la maturazione dell’uomo.
La sua tela rimanda tutto questo, e lei con
una carica sapiente genera le emozioni che
Il volo della vita nel cuore, olio su tela, cm 150x40
8
PATRIZIA BACARELLI

mai l’hanno abbandonata. Le sue tele sono
così. Si possono definire piene di vita, di
gioventù e maturità. Bitempore. Panorami
e valli infinite dove lei corre, dove lei immagina,
a ragione, di trovare quel “qualcosa”,
non salta niente, esplora gli spazi e trova la
felicità, perché, come dice la leggenda, è
nella passione che si trova la soluzione. La
passione che fa attraversare tutti gli spazi e
li fa trasmettere attraverso la tela, lasciando
noi tutti, sorpresi di come l’artista sa
immortalare mondi cromatici nelle amabili
tele. Ed anche se adesso è macchiata
nel volto e nelle mani è perché i colori hanno
disegnato anche lei per dirle: «Grazie,
è stato meraviglioso accompagnarti nella
tua fantasia!». L’assistente invisibile ci accompagna
all’uscita e, con l’indice sul labbro,
ci ricorda di fare silenzio. Usciamo,
sazi di tale grande ricchezza.
www.patriziabacarelli.it
info@patriziabacarelli.it
di Eleonora D’Aquino
Patrizia Bacarelli nasce a Firenze nel
1953; compie i suoi studi presso
alcune scuole di Settignano e Fiesole
dove scopre il suo talento artistico
che perfeziona ed accresce come autodidatta
incoraggiata dal fratello gemello
Massimo, pittore affermato in Germania.
Nel 1969 inizia a lavorare alla Ceramica
Mas di Giolli Marco a Sesto Fiorentino:
sono venti anni di importante formazione
Patrizia Bacarelli
La verità impossibile, olio su tela, cm 80x60
ed apprendimento. Patrizia assunta come
impiegata, impara nel contempo a dipingere
la ceramica di Capodimonte dimostrando,
insieme all’innato gusto estetico,
manualità e velocità che le permettono di
raggiungere una sempre maggiore sicurezza.
Nel 1989 nasce Lorenzo e poi
Margherita; Patrizia lascia il lavoro a Sesto
per occuparsi dei suoi bambini e della
famiglia, ma non abbandona mai la pittura,
studia e dipinge incoraggiata da amici
artisti come Luca Alinari, Eugenio Miccini,
Osvaldo Curandai e Piero Maffessoli.
Porta avanti insieme al marito un’azienda
che si occupa della lavorazione artistica
del legno in stile fiorentino, contemporaneamente
nel 1995 inizia ad esporre,
proseguendo poi in modo sempre più
continuativo con mostre a Firenze e nel
territorio limitrofo ottenendo vari premi e
riconoscimenti (fra i più importanti merita
notare la sua posizione come finalista
nella sezione pittura del XXIX Premio
Firenze consegnato nel Salone dei Cinquecento).
Fra le mostre del 2016: una
personale allo Studio Bong nel centro di
Firenze, Emozioni a colori al Palazzo del
Pegaso, sede del Consiglio regionale di
Firenze, M’ama non m’ama nella Sala delle
Eroine del Palazzo Comunale di Pontassieve.
Nel settembre del 2017 espone
con grande successo di pubblico al Circolo
degli Artisti della Casa di Dante “L’Albero
della Vita, seguita in novembre dalla
partecipazione alla mostra d’arte contemporanea
Artisti in San Lorenzo nella Basilica
di San Lorenzo a Firenze. Il 4 febbraio
del 2018 inaugura presso la storica Soffitta
Spazio delle Arti di Sesto Fiorentino
(Fi) la mostra “Riflessi” richiamando l’attenzione
sul alcuni interni del suo studio
ancora inediti. Patrizia oggi si dedica interamente
alla pittura nella sua abitazione e
studio di Via di Moriano vicino a Le Corti
in Rignano sull’Arno, nella verde campagna
toscana che così tanto la ispira.
PATRIZIA BACARELLI
9

Firenze
Mostre
Andrej Tarkovskij alla Fondazione Zeffirelli
Ispirata alle ambientazioni fantascientifiche del film
Solaris, la mostra in corso fino al 31 luglio svela il
rapporto tra il capolavoro del grande regista russo
e l’arte underground nella Russia sovietica
di Barbara Santoro / foto courtesy Fondazione Zeffirelli
La sala della musica della Fondazione
Franco Zeffirelli a Firenze
accoglie dal 27 maggio al
31 luglio la mostra Un nuovo volo su
Solaris. Si tratta di una monumentale
videoinstallazione che la curatrice del
progetto Polina Lobacevskaja ha scelto
di collocare nelle sale del complesso
barocco. Un’installazione futuristica
che ricorda una stazione spaziale, dotata
di ventidue schermi per la proiezione
di video che saranno composti
da materiali fotografici e cinematografici
unici legati all’opera di Andrej
Tarkovskij. Nella stessa sede saranno
collocati anche i migliori lavori degli
artisti russi della seconda metà del
Novecento - Anatolij Zverev, Francisco
Infante, Dmitrij Plavinskij, Dmitrij
Krasnopevcev, Vladimir Jankilevskij,
Vladimir Jacovlev, Lidija Masterkova,
Petr Belenok, Ulo Sooster, Vladimir
Nemuchin, Ernst Neizvestnyj - per un
totale di trentadue quadri e due sculture.
Il ventennio 1960-1980, periodo
in cui Tarkovskij ha girato i suoi film,
ha visto nascere in Russia l’arte non
ufficiale. Potremmo definirlo un “Rinascimento
sovietico”, una nuova fioritura
della pittura, della grafica e della
scultura d’avanguardia. Gli artisti attivi
negli anni Sessanta non erano in contatto
tra loro né con i rappresentanti
di altre forme creative tramite manifesti
comuni: ciascuno operava singolarmente,
secondo il proprio gusto, in
maniera originale e irripetibile. Il contesto
storico, l’approccio innovativo al
raggiungimento dei propri obbiettivi
artistici e l’aspirazione irrefrenabile alla
libertà accomunarono tanto gli artisti
visivi russi quanto il grande regista
Tarkovskij. Natalia Opaleva, direttrice
del Museo Anatolij Zverev di Mosca,
ha sottolineato come Franco Zeffirelli
e Andrej Tarkovskij abbiano avuto molti
interessi in comune. Il primo è conosciutissimo
e molto amato in Russia,
il secondo, dopo aver lasciato l’Unione
Sovietica, è vissuto a Firenze, ha girato
in Toscana uno dei suoi film più noti
(Nostalghia) ed è stato premiato con
il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema
di Venezia per il film L’infanzia di Ivan.
L’amore di Franco Zeffirelli per la cultura
russa è antico, come spiega Pippo
Zeffirelli, vicepresidente dell’omonima
Fondazione. Uno dei suoi primi incarichi
lavorando con Luchino Visconti è
stato realizzare la scenografia delle Tre
sorelle di Cechov nel 1952. Negli anni
diverse sue produzioni sono andate
in tournée in Russia, dalla Lupa con
Andrej Tarkovskij
10
ANDREJ TARKOVSKIJ

Anna Magnani alla spettacolare messa
in scena del Romeo e Giulietta con
Giancarlo Giannini e Annamaria Guarnieri,
riscuotendo un enorme successo
di pubblico. Anche il sindaco di Firenze,
Dario Nardella, ha espresso piena
soddisfazione per questo incontro
fra due grandi protagonisti della cultura.
L’esposizione si avvale del linguaggio
tecnologico caro ai giovani,
ma riesce ciononostante ad affascinare
anche i più “maturi”, guidandoli in
un percorso nella memoria. Non pochi
ricorderanno, ad esempio, quando
il film Solaris, tratto dall’omonimo romanzo
di Stanislaw Lem del 1961, uscì
nelle sale nel 1974, rappresentando il
primo esempio di film fantascientifico.
Fu un successo di pubblico e di critica,
nonostante la “mutilazione” che pochi
anni prima (1972) il film aveva subito
alla Mostra del Cinema di Venezia,
suscitando la forte reazione di Tarkovskij
che impose di togliere il suo nome
dai titoli. E’ solo uno degli episodi
che questa mostra ricostruisce, confermando
ancora una volta le eccellenti
scelte culturali della Fondazione
Zeffirelli.
In questa e nelle altre foto alcuni scorci della mostra in corso alla Fondazione Zeffirelli
Un nuovo volo su Solaris
27 maggio - 31 luglio 2018
Piazza San Firenze 5 - Firenze
www.fondazionefrancozeffirelli.com
info@fondazionefrancozeffirelli.com
ANDREJ TARKOVSKIJ
11

I libri del
Mese
L’interiorità tormentata di un venditore:
Lo Zonista di Mario Sodi
di Umberto Sereni
Mario Sodi racconta luci e
ombre di Federico, venditore
porta a porta di macchine
da scrivere, in gergo “zonista”. Fin
dal sottotitolo capiamo quanto l’opera
sia attraversata da un profondo
dissidio interiore, reso per mezzo di
continue antinomie: il dovere e l’amore,
queste forze in suprema opposizione,
rivelano al loro interno
ulteriori spaccature. Infatti, quale
imperativo esistenziale dovrebbe
seguire il protagonista? Quello offertogli
da un lavoro grigio o quello
di una vocazione artistica che scalpita
per essere assecondata? E quale
donna deve tenere al suo fianco?
Senza anticipare eccessivamente,
diciamo solo che Federico si trova
scisso tra la stabilità di un amore
senza brivido e il brivido di amori
senza stabilità. Anche se – va detto
– questi ultimi lasciano intravedere
la possibilità di accedere alla felicità
totale, non solo alla gioia effimera
dell’evasione. Ma la ricerca di una
totale comunione dell’anima non è
sempre pura: al contrario, il protagonista
ha un carattere tormentato
che lo porta a compiere atti persino
spregevoli, seppur in contesti esilaranti,
come il lettore avrà modo di
scoprire. In tal senso, Lo Zonista ha
il pregio di coniugare il racconto di
un’interiorità dolente alla vis comica
boccaccesca, il dilemma morale
alla facezia, la meschinità di un
mondo burocratizzato alla ricerca
dell’assoluto artistico. Un assoluto
che Federico non cerca unicamente
in una dimensione svincolata dalla
realtà, autosufficiente nella sua dimensione
creativa. Si tratta, invece,
di un desiderio di proscioglimento,
di liberazione dai vincoli del vivere
sociale. Un assoluto che potremmo
dunque leggere nell’accezione di
Hegel, là dove la coscienza risulta
“assolta” quando ha percorso tutto
il suo cammino per diventare spirito.
Spirito nel quale anche il
personaggio di Federico vorrebbe
fluidificarsi, trovando
così un senso che attraversi
tutte le figure della sua vita,
che rompa le rigidità di dovere
e amore intente a cozzare
le une contro le altre. Per
questo la parte finale ha una
forte tensione religiosa, perché
vuole aprire il serrame di
quest’interiorità tormentata,
risolverla: la ricerca dell’assoluto
sconfina dunque nella
ricerca dell’assoluzione, del
giusto mezzo. Ma il modo in
cui gli eventi trovano conclusione
non andrà sotto questo
segno, anzi, incorrerà nel disequilibrio
e nella dismisura,
in un dramma che lasciamo
tutto alla curiosità del lettore,
senza anticipare alcun
dettaglio.
Mario Sodi
Senese di nascita, Mario Sodi
(1936) vive a Scandicci dalla
fine degli anni Sessanta. Presente
in varie giurie, ha curato testi
di letteratura e critica d’arte. Numerosi
i riconoscimenti conseguiti in
concorsi nazionali ed internazionali.
Ha pubblicato i volumi di poesia:
Il chiostro delle rondini; Il campo
del vasaio; Amare Terre; I cortili
del vento; Fatica di vedere; La scatola
delle quattro lune; Le bandiere
dell’Onda; Talita Kum; Ho spento gli
orologi. In prosa, il libro di racconti
Il Giardino degli aromi e Lo Zonista.
Lo scorso 3 giugno è stato insignito
del 1° premio di poesia nell’ambito
del Premio Casentino.
12
MARIO SODI

A cura di
Maria Grazia Dainelli in collaborazione con Nicola Crisci
Spunti di critica
Fotografica
Robert Doisneau: la poesia dell’immagine
Precursore della street photography, ha consegnato
alla nostra epoca scatti immortali, catturando attimi di
vita ed atmosfere senza tempo
di Nicola Crisci / foto Robert Doisneau
Robert Doisneau nasce nel 1912 alla
periferia di Parigi. Lavora prima
come tecnico disegnatore e successivamente
come fotografo per la Renault.
Mentre Man Ray, di cui si è parlato
nello scorso numero di questa rivista, era
un fotografo dedito alla sperimentazione,
Doisneau si colloca agli antipodi. Le sue
immagini colte per le strade di Parigi raccontano,
insieme al fascino di questa città,
anche la personalità dell’autore. I suoi
portfoli tematici testimoniano la grande
sensibilità di quest’artista e la cultura
di un’epoca. L’essere stato pescatore
da bambino gli ha insegnato ad attendere
la preda con pazienza, come avrebbe
poi fatto, una volta diventato fotografo,
aspettando il momento giusto per scattare
una buona fotografia. Sempre attento
alle luci e alla composizione (mai però
canonica), Doisneau cattura attimi di vita
che spaziano da situazioni ironiche ad
atmosfere malinconiche, avendo
tuttavia come costante l’espressione
di un’insopprimibile
joie de vivre. Fra gli scatti più famosi
si ricordano L’Auvergne,
dove il mondo contadino è reso
con tratti neo-realisti, e Clochards,
dove la sofferenza delle
persone ritratte emerge con toni
più drammatici. Nei suoi lavori
trovano riscontro i principi
fondamentali della fotografia
teorizzati dal grande semiologo
francese Roland Barthes in
uno dei suoi saggi più importanti
Camera chiara, dove si
legge che la foto deve avere un
quid, un punctum, ovvero quel
qualcosa che rende l’immagine
significativa. L’intellettuale americana
Susan Sontag ci mette in
guardia, invece, dal pericolo di
fotografare soggetti poco interessanti,
incapaci di sottrarsi alla
banalità della cultura massmediatica.
Per questo motivo, continua
la Sontag, diventa essenziale per un
fotografo saper offrire una lettura inedita
e non stereotipata del reale, altrimenti
l’atto stesso del fotografare si rivela inutile.
Tutti valori importanti per dedicarsi alla
street photography. Doisneau sparisce
fra la gente, diventa invisibile, stabilisce
una profonda empatia con i soggetti immortali
che non guardano quasi mai verso
l’obbiettivo. È il fotografo a catturare i
loro sguardi, l’istante irripetibile che l’immagine
blocca per sempre. «Quello che
io cercavo di mostrare − afferma Doisneau
− era un mondo dove mi sarei sentito
bene, dove le persone sarebbero state
gentili, dove avrei trovato la tenerezza che
speravo di ricevere; le mie foto erano come
la prova che questo mondo può esistere».
Autore estremamente prolifico, ha
realizzato un archivio di oltre 450.000 negativi,
molti dei quali sono visibili sul sito
www.robert-doisneau.com/fr/portfolios/.
Robert Doisneau, autoritratto
Nicola Crisci
Il barone William e il suo lacchè, Parigi, 1955
ROBERT DOISNEAU 13

Personaggi
Jean - Michel Folon e Firenze
Un ricordo del celebre artista belga e del suo
speciale rapporto con la città del giglio
di Barbara Santoro / foto courtesy TeladoioFirenze
La medaglia creata da Folon nel 2005 per i
Rotary Clubs dell’Area Medicea e oggi di proprietà
di Barbara Santoro
Vedendo tolta dalla rotonda del
lungarno Aldo Moro la scultura
L’uomo della pioggia di
Jean-Michel Folon, anche questa volta
per colpa di un incidente stradale,
mi sono chiesta: «Ma perché proprio
quella, così gradevole e amata dai
fiorentini, quando ce ne sono tante
che dovrebbero esser tolte dalle nostre
piazze?». Ed ho apprezzato molto
quanto fatto dal sindaco Nardella
che, dopo un sondaggio, ha deciso di
riposizionare la scultura nella vecchia
collocazione, con un intervento che ne
garantisca una maggiore sicurezza. Mi
è tornato in mente il mio incontro con
Folon diversi anni fa, prima che la malattia
lo portasse via. L’avevo incontrato
nel 2002 in occasione dell’European
Social Forum, quando l’artista aveva
donato alla città di Firenze l’opera
La pluie, ribattezza dai fiorentini con il
titolo L’omino della pioggia; una bella
scultura collocata al centro di una
rotonda vicino all’uscita autostradale
di Firenze Sud, di fronte all’attuale
Obihall (ex Sachall). Un uomo di bronzo
tiene in mano un ombrello dalla cui
sommità fuoriesce dell’acqua che crea
intorno alla figura una forma simile ad
un parapioggia. L’uomo sembra non
curarsi della pioggia che lo bagna, anzi
ne prova quasi un sottile piacere. I
fiorentini, sempre pronti a criticare,
avevano accettato con piacere questo
dono e quando l’artista tornò a Firenze
per l’imponente mostra al Forte di
Belvedere, accorsero in massa ad apprezzare
le sue opere. Partecipai molto
volentieri alla cena dei Rotary Clubs
dell’Area Medicea che acquistarono
dal maestro L’uomo della pace per donarla
alla città di Firenze. Era il 2005
poco prima dell’inaugurazione della
mostra al Forte di Belvedere. Mi trovai
seduta vicino al maestro che con
grande gentilezza mi rivolse più volte
la parola. Mi raccontò che dopo una
vita dedicata alle affiche, alle incisioni,
ai murales, ai manifesti, agli acquerelli,
ai disegni, alle strisce animate e alle
scenografie, negli anni Novanta aveva
cominciato a dedicarsi alla scultura in
pietra e in bronzo. Molti dei suoi amici,
anche quelli più cari, lo avevano sconsigliato
di proseguire su questa strada,
trattandosi di materiali poco adatti
ad interpretare la soave leggerezza del
suo immaginario popolato di omini,
fiammelle, arcobaleni, uccellini ed altre
forme e figure fragili e piene di poesia.
Ma lui testardo aveva continuato a
realizzare i suoi “acquerelli di bronzo”
ed aveva avuto ragione se ora al Forte
di Belvedere la città di Firenze esponeva,
dopo aver accolto la grande mostra
di Henry Moore, anche le sue sculture.
Il 12 aprile del 2005 venne collocata
davanti alla Fortezza da Basso, in
Largo Bambini e Bambine di Beslan, la
fontana L’homme de la paix in occasione
del centenario della nascita dei
L’uomo della pioggia: l’opera è collocata al
centro della rotonda davanti all’Obihall
Rotary, fontana poi spostata nel giardino
dell’Ospedale Pediatrico Meyer.
Il 12 maggio dello stesso anno s’inaugurò
nella Sala d’Arme di Palazzo Vecchio
e al Forte di Belvedere la grande
antologica Folon Firenze curata da Marilena
Pasquali con ben 237 opere del
maestro. A distanza di pochi mesi da
questo evento, Folon si spense a Montecarlo
dopo una lunga malattia. Dopo
la morte del maestro, la moglie donò
alla nostra città dodici sculture (dieci
bronzi più due gessi), poi collocate
nello splendido parco di Viale Poggi,
in quello che oggi è chiamato Giardino
delle Rose. Un lascito importante che
lega Firenze a questo straordinario e indimenticabile
creatore di sogni.
14
JEAN-MICHEL FOLON

Due opere di Folon nel Giardino delle Rose
L’artista belga Jean-Michel Folon era
nato nel 1934 a Uccle, nei pressi di
Bruxelles. Nonostante gli studi di
architettura, si consacrò al disegno. Pubblicò
le sue illustrazioni su riviste e periodici,
facendosi apprezzare come illustratore
umoristico. Creò molto presto un universo
tutto suo, nel quale un personaggio privo
di una precisa identità sembra galleggiare
o scivolare in una dimensione indefinita e
talvolta paradossale. Attraverso l’impiego
del colore, si avvicinò alla pittura verso la
fine degli anni Sessanta, realizzando la sua
prima personale a New York (Lefebre Gallery)
nel 1969. In poco tempo il suo universo
s’impose all’attenzione del pubblico,
conquistando le copertine di giornali francesi
ed americani, manifesti e titoli di trasmissioni
televisive. L’arte di Folon divenne
allora “popolare”, apprezzata da intenditori,
galleristi, ma anche dalla gente comune,
che amò riconoscersi nei suoi personaggi
poeticamente sospesi in un mondo denso
di contraddizioni. Nel 1971, il Museo delle
Arti Decorative di Parigi gli dedicò un’ampia
esposizione, con oltre novanta opere.
Nel 1974 realizzò, per la sala della nuova
Metropolitana di Bruxelles, un dipinto di
165 mq dal titolo Magic City. Nel ’75 un
murale decorativo per la Olivetti alla Waterloo
Station di Londra dal titolo Paysage
e nel ’79 il sipario per il teatro del Centro
Culturale Francese a Parigi. L’Italia, gli Stati
Uniti, il Giappone organizzarono manifestazioni
a lui dedicate. A Firenze nel 1990
il Museo Marini propose una mostra dei
suoi acquerelli, incisioni e manifesti. Nel
1993 vennero presentate a Barcellona le
sue prime sculture nella celebre Casa Milà,
Jean-Michel Folon con una versione della scultura L’uomo della pioggia
nota anche come La Pedrera, dell’architetto
Antoni Gaudì; l’anno dopo, il Principato
di Monaco acquistò la grande fontana degli
uccelli (Fontaine aux oiseaux) che venne
collocata nel giardino davanti al casinò.
Nel ‘95, per la mostra nel parco del Petit
Sablon a Bruxelles, presentò quattordici
grandi Personaggi e Uccelli in bronzo e
nel ’96, allo Chateau de Seneffe in Belgio,
espose quaranta sculture della serie Allée
des Pensées. A Pietrasanta scolpì le prime
sculture in marmo; fra queste il bassorilievo
in memoria di Maria Cernuschi Ghiringhelli
per il cimitero di Monaco. Seguendo
l’antica tradizione di bruciare un fantoccio
in Piazza Maggiore a Bologna il 31 dicembre,
Marilena Pasquali chiese a Folon una
L’uomo della pace: acquistata dai Rotary Clubs dell’Area
Medicea nel 2005, l’opera fu donata alla città di Firenze;
oggi si trova nel parco dell’Ospedale Pediatrico Meyer
scultura in tessuto alta 12 metri dal titolo
Le Temps. Altre statue gli furono commissionate
in varie parti d’Europa. Nel 1997,
alla presenza dei sovrani del Belgio, venne
inaugurata nel parco reale di Bruxelles
l’opera Le Messager, dedicata alla memoria
dei bambini assassinati dai pedofili. Folon
produrrà un gran numero di incisioni,
serigrafie, acquerelli, copertine di libri, illustrazioni,
collage. S’interesserà all’animazione,
agli arazzi, al teatro, alla scultura,
realizzerà delle opere murali. Riproduzioni
dei suoi soggetti fioriranno sui muri di numerose
case francesi e straniere. Il 20 ottobre
2005 l’artista si spense a Montecarlo
a causa della leucemia di cui soffriva da alcuni
anni.
JEAN-MICHEL FOLON 15

Arte del
Vino
A cura di
Paolo Bini, relatore Associazione Italiana Sommelier
É tornato il Ronchì Pichi
Foto di Maurizio Rufino
Siamo in un’epoca di ricerca del gusto
eccellente rivisitando gli antichi sapori
del passato. In questi ultimi anni
l’enogastronomia ha concentrato risorse
e professionalità per soddisfare un numero
costantemente in crescita di consumatori
appassionati sempre più preparati e inclini
ad assaggiare prodotti di qualità dimostrando
un’alta capacità selettiva. E’ così che, anche
nel mondo del vino, si assiste al ritorno
di prodotti tradizionali, momentaneamente
dimenticati, oggi riscoperti grazie a una
nuova filosofia produttiva e un differente
obiettivo per il consumo finale. Vermouth,
vini rosati e aromatizzati hanno vissuto una
fase di temporaneo declino a partire dagli
anni ottanta ma oggi attraversano un periodo
di assoluto e riconosciuto riscatto. Il
merito è principalmente della serietà con cui
adesso i produttori concepiscono la loro etichetta
ma anche dei professionisti che ne
indicano il consumo più appropriato.
Il Ronchì Pichi è un vino aromatizzato che
riporta alla mente tempi andati quando i nostri
nonni o gli amici dei nostri genitori aprivano
gli sportelli a vetro della credenza per
offrirlo agli ospiti come dolce momento da
condividere. Nato oltre un secolo fa dall’idea
di Armando Pichi, vinaio livornese, oggi è
tornato prepotentemente sul mercato grazie
ad Alessandro Cicali di Sparla & Gerardi che
ne ha rilevato il marchio e, con una ricetta
innovativa, lo ha rilanciato verso un successo
sempre più crescente. Ventisei botaniche
naturali che per infusione impreziosiscono i
profumi di un vino a base Trebbiano-Malvasia
e che lo trasformano in un prodotto
ben bilanciato, dolce ma senza eccedere
con ricco ventaglio olfattivo che spazia dagli
agrumi all’albicocca, dalle erbe officinali alle
spezie orientali, da un fragrante bouquet floreale
a rinfrescanti aromi balsamici. Un percorso
gustativo complessivamente lungo
ed equilibrato dove zucchero e alcol sfumano
in un finale sapido e succoso. Il Ronchì
Pichi è oggi versatile ma non troppo, in abbinamento
accompagna benissimo pasticceria
secca a base di sfoglia o frolla delicata;
ottimo anche su cioccolato 60-65% oppure
unico protagonista di sincere e piacevoli serate
fra amici. Davvero degna di nota è oltretutto
la popolarità che sta riscuotendo in
ambito mixology.
Sulla scia del successo ottenuto dai cocktail
preparati appositamente da barman professionisti,
Alessandro Cicali ha promosso,
in collaborazione con l’Istituto di Istruzione
Superiore Vasari di Figline Valdarno, un
concorso con premi assegnati qualche settimana
fa agli studenti dell’indirizzo alberghiero
che, davanti a una giuria selezionata
e alcuni rappresentanti delle istituzioni, han-
Preparazione del cocktail in gara
I professori e gli studenti dell’I.I.S. Giorgio Vasari
no preparato i migliori cocktail proprio a base
Ronchì Pichi. Un’iniziativa che ha messo
fortemente in luce le capacità di questi ragazzi
davanti agli esperti di settore e ha regalato
loro una vera chance per il futuro
professionale. Bentornato Ronchì Pichi!
Info e consulenza: wine@bini.eu
Ronchì Pichi
Premio Ronchì Pichi: il saluto del sindaco di Lastra a Signa Angela Bagni
16
ARTE DEL VINO

Firenze
Mostre
Maurizio Balducci
I liberi pensatori dell’artdesigner toscano in mostra alla
Bottega di Pasticceria sul Lungarno Ferrucci a Firenze
Inaugurata lo scorso 17 maggio, l’esposizione si potrarrà fino alla
fine di agosto
di Nausikaa N. Rahmati / foto Maria Grazia Dainelli
Con la mostra personale di Maurizio
Balducci, in corso fino alla
fine di agosto, la Bottega di
Pasticceria, sul Lungarno Ferrucci a Firenze,
integra nel proprio concept l’arte
contemporanea. Artista concettuale,
Balducci intende l’arte come un mezzo
per comunicare concetti, pensieri e valori,
un manifesto, una denuncia, una
missione. In altre parole, il modo migliore
per esprimere se stessi. Balducci
non ha avuto scelta: voleva fare
l’artista e c’è riuscito bene. Insegue il
senso del vero cercando la bellezza intesa
come purezza; è attratto dal togliere
più che dall’aggiungere. Ama
vivere a contatto con la natura che lo
stimola e dalla quale apprende forma
e proporzione. Instancabile sperimentatore,
utilizza per le proprie opere vari
materiali - metallo, ceramica e resina -
e tecniche diverse, passando dal taglio
laser alla modellazione tridimensionale,
dal colaggio della ceramica alla fusione
a cera persa. Alcuni suoi nuovi
lavori del ciclo I liberi pensatori sono
in mostra, dal 17 maggio fino a tutto il
mese agosto, nei locali della Bottega di
Pasticceria sul Lungarno Ferrucci a Firenze.
Un’impronta artistica di grande
livello che si aggiunge ad un ambiente
già curato nei minimi particolari.
In questa e nell’altra foto due panoramiche della mostra di Maurizio Balducci in corso fino alla fine
di agosto alla Bottega di Pasticceria
I liberi pensatori
Opere di Maurizio Balducci
Dal 17 maggio a tutto il mese di agosto
Bottega di Pasticceria
Lungarno Francesco Ferrucci, 9c r
50126, Firenze
Dal martedì alla domenica 17.00/19.00
www.mauriziobalducci.it
www.bottegadipasticceria.it
MAURIZIO BALDUCCI
17

Fondazione Romualdo Del Bianco
Movimento Life Beyond Tourism
L’Italia vista dalla Russia
Due realtà culturali russe protagoniste a Palazzo del Pegaso
Presentazione della Fondazione Yegor Gaidar e della rivista
Herald of Europe
lo sviluppo dell’Europa e il suo ruolo
nel mondo. Una sorta di “forum” per
la discussione sulla politica, la cultura
e lo sviluppo europei, per aprire un
dibattito sull’essenza stessa dell’Europa,
il suo ruolo nel mondo e i valori
europei. Ad aprire l’incontro portando
i saluti del Consiglio Regionale della
Toscana è stato il presidente Eugenio
Giani a cui hanno fatto seguito le parole
di Irina Buylova, direttrice della
Fondazione Yegor Gaidar. «I rapporti
tra Firenze e la Russia sono sempre
stati profondi e importanti», ha detto
il presidente Giani. «La presenza
di cittadini russi a Firenze è sempre
stata fortissima, e numerose sono le
famiglie che qui hanno lasciato un segno
tangibile. Basti pensare a Nicodi
Beatrice Botticelli / foto Lisa Ciardi
Una fondazione e una rivista
per testimoniare l’anima viva
e vitale della Russia contemporanea.
Si è tenuto lo scorso 4
giugno nella Sala Gonfalone di Palazzo
del Pegaso a Firenze la presentazione
della Fondazione Yegor Gaidar
e della rivista Herald of Europe. Fondazione
Yegor Gaidar è un’istituzione
russa nata nel 2010 per la diffusione
dei valori liberali, il supporto alla
libertà di pensiero sui temi dell’economia
e della storia, nonché per la
trasmissione dell’eredità dell’economista
e riformatore russo Gaidar. Tra
le iniziative più note il premio annuale
Gaidar (conferito a illustri economisti,
storici e personalità pubbliche),
il Forum Internazionale Gaidar e un
gran numero di conferenze, tavole
rotonde, lezioni pubbliche, programmi
di formazione per studenti e docenti
delle università russe. A Firenze
la Fondazione Gaidar ha organizzato
in Palazzo Coppini e all’Auditorium
al Duomo diverse mostre di celebri
fotografi russi su alcuni temi sociali
del loro paese. Alla presentazione
fiorentina del 4 giugno ha preso parte
anche Paolo Del Bianco, presidente
della Fondazione Romualdo Del
Bianco - Life Beyond Tourism, intervistato
sulla storia della Fondazione
e del Movimento Life Beyond Tourism
e sui loro obbiettivi nell’ultimo
numero dell’Herald of Europe: rivista
ideata per esaminare, per i lettori
europei ma non solo, gli aspetti del-
18 FONDAZIONE ROMUALDO DEL BIANCO

la Demidoff, stabilitosi a San Niccolò
e poi con la sua famiglia, durante
un arco di tempo di varie generazioni,
protagonista della vita culturale e
artistica, o alla presenza di una delle
più grandi e belle chiese ortodosse in
Italia. Il mio impegno – ha concluso il
presidente – è quello di contribuire a
mantenere e incrementare un rapporto
così bello della nostra città con la
Russia». A seguire, Paolo Del Bianco,
Antonello Biagini presidente della
Fondazione Sapienza (Roma), Stefano
Garzonio professore dell’Università
di Pisa e Alexander Sergievsky
scrittore, traduttore e corrispondente
da Roma per Herald of Europe hanno
parlato di un numero speciale della
rivista Herald of Europe, dedicato al
tema Italia vista dalla Russia. A moderare,
Viktor Yaroshenko, caporedattore
della rivista. Antonello Biagini
ha invece coordinato gli interventi
dedicati all’argomento successivo,
ovvero la presentazione dell’edizione
italiana del libro di Yegor Gaidar
Il collasso di un impero. Lezioni per
la Russia contemporanea, tradotto in
italiano da Andrea Giannotti dell’Università
di Pisa – MGIMO. Sul tema
sono intervenuti anche Irina Buylova
e Paolo Del Bianco. «La nostra collaborazione
con la Russia è iniziata
molto tempo fa. Fin dall’inizio – ha
spiegato Paolo Del Bianco − ho conosciuto
Ekaterina Genieva (direttrice
generale della Biblioteca Statale Russa
di Letteratura Straniera Rudomino
di Mosca e consigliera e promotrice
della ristampa dal 1981 dell’Herald
of Europe dal 1981), è diventata
amica personale della nostra famiglia,
mi aiutava a formulare i principi
del nostro del nostro Movimento
Life Beyond Tourism e ci metteva in
contatto con tante persone diverse. A
luglio di due anni fa abbiamo inaugurato
in sua memoria la corte rinascimentale
in Palazzo Coppini, sede del
Museo della nostra Fondazione. Fondamentale
anche il professor Aleksey
Komech, a cui è dedicata una sala
del medesimo palazzo. Si tratta di
due persone dal grande intelletto che
hanno contribuito a far espandere la
nostra rete e a farci entrare in contatto
con numerose realtà e personalità
della Russia».
A partire da sinistra: Antonello Biagini, Stefano Garzonio, Paolo Del Bianco, Eugenio Giani, Irina
Buylova, Viktor Yaroshenko, Alexander Sergievsky
FONDAZIONE ROMUALDO DEL BIANCO 19

Ritratti
d’artista
Elena Gheri
Riferimenti letterari e raffinate figure femminili nelle opere
dell’artista fiorentina premiata nell’ambito del concorso nazionale
di pittura Città di Lastra 2018 per il dipinto Fleur de Lys
di Lucia Raveggi
Originaria di Firenze, Elena Gheri
approfondisce l’attitudine
all’arte affiorata in lei fin dalla
giovinezza, passione trasmessa ai suoi
alunni negli anni in cui ha esercitato la
professione di insegnante elementare e
perseguita in età matura con riconoscimenti,
premi significativi e partecipazione
a rassegne di rilievo, spaziando
su una pluralità di tecniche: olio, acrilico,
acquarello, pennello e spatola.
L’eleganza delle figure femminili rappresentate
in assorte positure, si avvale
di una studiata resa disegnativa, arricchita
di pigmenti ricercati e dosati sotto
l’azione puntuale del pennello per impostazione
compositiva, fattura timbrica,
effetti d’ambiente e letterarietà di rivisitazione
introspettiva del dato realistico,
interpretato con lirismo ispirativo.
La finestra sul Lago Maggiore, olio su tela, cm 50x60
Elena Gheri con l’opera premiata
Omaggio a Caravaggio (particolare del cesto di frutta), olio su tela, cm 40x50, 2014
20
ELENA GHERI

Obbiettivo
Fotografia
Bruno Madeddu
La fotografia come ricerca della bellezza nella
natura e nell’essere umano
di Francesca Fontana / foto Bruno Madeddu
Sardo d’origine e sarzanese d’adozione,
Bruno Madeddu inizia a scattare
prestissimo, prima con una Bencini
Comet e poi con la tanto sospirata reflex.
Un percorso da autodidatta per un artista
che ha saputo crescere attraversando
pellicola, Polaroid e fotografia digitale,
studiando le opere dei grandi maestri (Giacomelli
e Bresson su tutti) e partecipando
a workshop importanti. Oggi i suoi scatti,
sempre volti alla dimensione del reportage,
delle figure ambientate e dei ritratti,
condensano uno spiccato estro creativo e
un interesse sincero e appassionato per la
bellezza dell’avventura umana. Dice l’artista:
«Vedo il mio lavoro, come l’album di
un disegnatore, una raccolta casuale di osservazioni,
notazioni, impressioni, pensieri,
con un invito a sfogliarlo per far seguire
la riflessione e la conoscenza della natura
e dell’uomo. Guardo alla fotografia come
ricerca della bellezza e delle emozioni
che provo davanti alla vita e alla diversità
umana». Socio del Club Fotografico Apuano
di Carrara, in passato è stato socio anche
del Gruppo Polaser di Faenza. Iscritto
alla FIAF dal ‘95 e alla FIAP dal ‘98, ha ricevuto
diverse onorificenze, fra cui i prestigiosi
IFI (Insigne Fotografo Italiano) e
EFIAP/gold (eccellenza oro della fotografia
internazionale). Molti i premi vinti in Italia e
all’estero, come il Truciolo d’oro nel 2012,
il riconoscimento come Miglior Autore
a Esch (Lussemburgo) e il Premio Reus
Medalla oro Guadì a Reus (Spagna). Foto
dell’anno FIAF nel 2017 con relativa copertina
sull’annuario della Federazione, ha
ricevuto l’importante Premio Fantini 2017
a Sesto San Giovanni (MI). Ha al suo attivo
numerose mostre fotografiche in varie
città italiane e tre collettive internazionali in
Danimarca, Romania e Germania. Va fiero,
inoltre, delle fotografie presenti al Museo
di Reus in Spagna e di quelle relative alla
celebre corsa Millemiglia, oggi esposte al
Museo della Fotografia di Brescia.
bruno.madeddu@alice.it
bruno.madeddu.73
brunoistantmadeddu
Red Point
Mistral 2
BRUNO MADEDDU
21

Speciale
Pistoia
Intervista a Tiziano Albertelli, amministratore
delegato dell’azienda toscana AMB specializzata
nella cura e nel benessere della persona
Testo e foto di Maria Grazia Dainelli
Come dove e perché nasce AMB?
Nasce dal fallimento di un’altra azienda
dove ero uno dei venditori. Nel 2002 insieme
ad altri due soci abbiamo rilevato
questa azienda con sede a Prato spostandoci
a Montale. Potrei definirla un’avventura
entusiasmante che ci ha sconvolto
la vita in senso positivo. E’ diventata una
realtà produttiva importante nel campo
della vendita a domicilio. La nostra mission
è il benessere psicofisico del cliente,
in maniera olistica e con quattro linee
ben distinte, come riportato nel nostro
nuovo sito. La prima è fisioterapica: tratta
articoli per la salute con apparecchi
elettromedicali come il multi sistema fisioterapico
Mag 206, autorizzati dal Ministero
della Salute e certificati made in
Italy: dal Cermet; sono apparecchi usati
anche negli ospedali ridimensionati per
essere utilizzati comodamente anche a
casa. A questi si aggiungono apparecchi
per l’estetica come la radiofrequenza,
il materassino massaggiante e piccoli
prodotti portatili, sia per uso medico che
estetico come la magnetoterapia e il laser;
utilizzabili con la massima semplicità
ovunque ci troviamo. La seconda linea
offre gli strumenti per un corretto e rigenerante
riposo, e quindi reti da letto,
materassi e poltrone benessere easyears
che uniscono alla funzionalità l’eleganza
di veri e propri complementi d’arredo. La
terza linea riguarda invece l’alimentazione
e in particolare la conservazione dei
cibi sottovuoto, la depurazione, decalcificazione
e idrogenizzazione molecolare
dell’acqua per combattere i radicali liberi
e l’invecchiamento. Forniamo macchine
per il caffè e tisane con miscele di nostra
produzione. La quarta linea si occupa
dell’igiene dell’habitat domestico, proponendo
un apparecchio multifunzione che
depura l’aria, lavasciuga e igenizza i pavimenti;
un ferro da stiro professionale a
caldaia continua con asse termoaspirante
soffiante. In generale, possiamo dire
che la soddisfazione più grande è quando
i clienti ci dicono che li abbiamo aiutati
a stare meglio. Il nostro motto è: il
benessere a casa tua.
L’amministratore delegato Tiziano Albertelli
22
AMB

Come commercializza AMB?
Direttamente all’utente finale fissando
un appuntamento a domicilio. Naturalmente
la nostra arma vincente sono la
pubblicità e il passaparola di molti nostri
clienti ad amici e conoscenti.
Qual è la linea più richiesta?
Sicuramente la linea del laser. Ne è conferma
il fatto che stiamo selezionando
nuovo personale per coprire le richieste
sempre maggiori in questo settore.
Com’è strutturata la vostra azienda?
La sede centrale è a Montale, dove si
tengono riunioni, corsi di formazione
ed incontri per offrire trattamenti gratuiti
ai nostri clienti. Ci tengo a ringraziare
tutti gli incaricati delle vendite a
domicilio e i più stretti collaboratori:
Marco Lenzi (responsabile vendite
e formazione), Manola Benini (addetta
amministrazione) e Emiliano Bonacchi
(addetto al magazzino).
Progetti futuri?
Crescere come azienda e far conoscere
sempre di più i nostri prodotti. Siamo presenti
a macchia di leopardo in tutta Italia e
vorremmo realizzare una rete sempre più
capillare, ponendo al primo posto il rispetto
verso i clienti e verso i nostri venditori.
Come novità segnaliamo la recente collocazione
sul mercato della Bosnia Erzegovina,
a Mostar, dove a breve inizieremo a
commercializzare i nostri prodotti.
www.ambitalia.com
Collaboratori della AMB: Marco Lenzi, Lorenzo Baldi e Luigi Rolla

Speciale
Pistoia
Fondazione Pistoiese Promusica
Nata nel 2004, promuove stagioni sinfoniche e cameristiche di
altissimo livello per diffondere e sostenere la cultura musicale
Testo e foto di Laura Belli
La Fondazione Pistoiese Promusica
(www.fondazionepistoiese.it)
sostiene la diffusione della cultura
musicale con varie iniziative. Una di
queste s’intitola Floema ed ha lo scopo di
portare la musica nelle varie realtà cittadine:
scuole, biblioteche, caserme, casa
circondariale ed ospedali. Il nome Floema
deriva dalla botanica dove indica il tessuto
che nella pianta distribuisce la linfa
a tutte le sue parti; allo stesso modo, la
Fondazione Pistoiese Promusica si propone
di diffondere il nutrimento musicale
nel tessuto sociale. La Fondazione, che
si avvale anche di una propria orchestra
− l’Orchestra Leonore − formata da musicisti
provenienti da tutto il mondo, ha Il quartetto Indaco durante il concerto a Buggiano Castello
presentato un programma di incontri musicali
ricco e interessante. Quattro giovani nale di qualità. Da segnalare
elementi dell’orchestra hanno dato vita ad anche il concerto che Cosimo
un quartetto di archi che è stato chiamato Caravani, il bravo violoncellista
del quartetto Indaco, ha
Indaco (www.quartettoindaco.it). Questi
musicisti, oltre che per la bravura, rendono
tenuto come solista al teatrigenti
i loro concerti particolarmente coinvolno
di Vetriano. Oltre al piace-
per l’entusiasmo e la passione che re dell’ascolto di una musica
trasmettono al pubblico, introducendo veramente pregevole sia per
i brani musicali con brevi e chiare notazioni
l’esecuzione che per i brani
di guida all’ascolto che favoriscono proposti, la scelta del luogo ha
un più consapevole godimento dei brani permesso al pubblico di scoprire
musicali. Il quartetto, composto da Eleonora
una piccola perla nasco-
Matsumo (violino), Jamiang Santi sta sulle nostre montagne. Lo
(violino), Francesca Turcato (viola), Cosimo
storico teatrino di Vatriano è
Carovani (violoncello), si è esibito lo il teatro più piccolo del mon-
scorso 29 aprile in un concerto particolarmente
do: 71 metri quadrati, 60 po-
ben riuscito nella caratteristica sala sti in platea e 20 su due ordini
del Palazzo Pretorio di Buggiano Castello,
di balconate. Numeri che hanma
proponendo un interessante programno
consentito a questo antico
di musiche di Nino Rota e Johannes fienile nei pressi di Pescaglia
Brahms. Buggiano Castello è un piccolo
trasformato in teatro a fine Ottri
borgo medievale arroccato a 179 metocento
di essere accreditato
d’altezza su una collina che domina la dal Guinness World Records
Valdinievole. Grazie ad un clima particolarmente
Book. Oggi, grazie al FAI che
favorevole è ricco di profuma-
lo ha restaurato, è possibile
ti giardini dove si coltivano varie specie ammirarlo così com’era alla fine
dell’Ottocento, con un pal-
di agrumi, da cui il nome di Borgo degli
Agrumi. E’ un luogo di antiche origini, forse
coscenico profondo poco più
addirittura romane, che conserva ancoscenico
cora tanta storia e che negli ultimi anni è
riuscito ad attrarre un turismo internazio-
di cinque metri e un bel sipario
dipinto.
Il teatrino di Vetriano, il più piccolo teatro al mondo, durante
il concerto di Cosimo Caravani, violoncellista del quartetto
Indaco
24
FONDAZIONE PISTOIESE PROMUSICA

Al presidente del Consiglio Regionale
della Toscana Eugenio Giani il Premio
Giotto e l’Angelico
di Aldo Giovannini / foto Tina Baroncini
Eventi in
Toscana
Una splendida giornata, un sole
gradevole che ha riscaldato
la collina di San Martino a
Vespignano, un panorama bellissimo,
verdeggiante, mentre intorno alla Casa
di Giotto, passerotti e rondini si adagiavano
sulle verdi frasche della tanta
e variegata alberatura, impreziosita da
maggiatiche gialle di odoranti ginestre.
In questo quadro diciamo idilliaco, domenica
10 giugno, alla presenza di un
numeroso e qualificato pubblico, è stato
consegnato il prestigioso Premio Giotto
e l’Angelico, giunto alla nona edizione, a
Eugenio Giani, presidente del Consiglio
Regionale della Toscana. Una giornata
intensa e partecipata iniziata a suon di
musica, nel senso che la banda musicale
I Centurioni della Polverosa di Firenze
diretta dalla professoressa Sabrina
Landi Malavolti, dopo l’Inno di Mameli,
ha deliziato i presenti eseguendo musiche
classiche e colonne sonore di alcuni
indimenticabili film. Gli applausi,
davvero meritati, sono stati scroscianti
e prolungati. Hanno presenziato alla
cerimonia il presidente dell’Unione dei
Comuni del Mugello e sindaco di Borgo
San Lorenzo Paolo Omoboni, il sindaco
di Vicchio Roberto Izzo, l’assessore
della Città Metropolitana di Firenze
Alessandro Mann e sindaco di San Godenzo,
l’assessore alla Cultura e vice
sindaco di Vicchio Carlotta Tai e Alessandro
Sarti, già assessore alla Cultura
del Comune di Pontassieve, in veste
di presidente del Corteo Storico di Pontassieve
che ha accompagnato Eugenio
Giani nella sua breve visita alla Pieve
di San Martino a Vespignano - dove la
storia tramanda che venne battezzato il
grande Giotto e dove suo figlio Francesco
divenne parroco - per poi prendere
posizione nel piccolo palco retrostante
l’antica dimora giottesca per dare inizio
alla cerimonia. Dopo il saluto di Giuliano
Paladini, presidente dell’associazione
Dalle Terre di Giotto e dell’Angelico
e del suo vice Fabrizio Scheggi, la collega
Giuliana Cantini Iori, perfetta conduttrice
dell’evento, ha dato la parola al
sindaco di Vicchio Roberto Izzo, quindi
all’assessore della Città Metropolitana
Alessandro Manni, al presidente
dell’Unione Montana del Mugello Paolo
Omoboni e infine ad Alessandro Sarti.
Ognuno di loro ha doverosamente ricordato
l’importante lavoro svolto negli
ultimi nove anni dall’associazione e
naturalmente la figura di Eugenio Giani,
con tanti ricordi, aneddoti ed episodi
che hanno caratterizzato l’attività
istituzionale del premiato. Toccante il
momento in cui il sindaco Izzo ha consegnato
l’opera scultorea raffigurante
Giotto e l’Angelico con accanto lo
scultore Mario Meoni che l’ha realizzata.
Nel ringraziare per questo prestigioso
riconoscimento accompagnato dalla
seguente motivazione “per la sua estrema
attenzione e sensibilità nei confronti
dell’arte e della cultura”, Giani ha
ricordato le fasi salienti della sua vita,
gli studi, il lavoro, l’ingresso in politica,
l’amore per l’arte, la cultura, la storia.
Un lungo applauso sentito, sincero e
amichevole, al termine del suo profondo
intervento ha concluso una giornata
che resterà nelle pagine della storia della
casa di Giotto a Vespignano.
Albo d’oro del Premio Giotto e l’Angelico
2009 - Marco Lukolic
2010 - Antonio Paolucci
2011- Giuliano Vangi
2012 - Philippe Daverio
2013 - Alfredo Cifariello
2014 - Silvano “Nano” Campeggi
2015 - Antonio Natali
2016 - Fabrizio Borghini
2017 - non assegnato
2018 – Eugenio Giani
La consegna del premio al presidente del Consiglio Regionale della Toscana Eugenio Giani; insieme
a lui nella foto Giuliano Paladini (da sinistra), presidente dell’associazione Dalle Terre di Giotto
e dell’Angelico, e lo scultore Mario Meoni autore dell’opera raffigurante Giotto e l’Angelico.
PREMIO GIOTTO E L’ANGELICO
25

Ritratti
d’artista
Wang Yancheng
Residente da diversi anni a Parigi, l’artista
cinese espone in personale all’Accademia
delle Belle Arti di Roma
Tradizione orientale e astrazione europea convivono in
una pittura dagli intensi ed evocativi cromatismi
di Tiziana D’Acchille, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Roma
L’Accademia di Belle Arti di Roma ha
avviato da alcuni anni un intenso
programma di scambi internazionali
che ha visto docenti e studenti realizzare
viaggi di studio, mostre, soggiorni
all’estero e inviti a partecipare a rassegne
d’arte. La normale attività dell’ufficio Erasmus,
ufficio dell’Accademia deputato agli
scambi europei secondo il programma
governativo, si è dunque arricchita di altre
iniziative che vanno a completare il quadro
del progetto di internazionalizzazione della
nostra istituzione. A questo scopo, e per
offrire una vetrina di prestigio agli artisti
provenienti da paesi europei ed extraeuropei,
questa direzione ha allestito la sala
che ospita il calco al vero del monumento
a Bartolomeo Gattamelata, detto il Colleoni,
come sala espositiva dell’Accademia.
Nella logica dunque degli scambi internazionali
si colloca la mostra del celebre artista
cinese Wang Yancheng, residente da
diversi anni a Parigi, che realizza a Roma
la sua prima mostra personale. Le opere
di Wang Yancheng aprono una finestra
inedita e sorprendente nel panorama delle
numerose iniziative espositive realizzate
di recente in Italia che hanno avuto come
protagonisti artisti dell’Estremo Oriente.
Ci troviamo di fronte a uno scenario nuovo,
che pone inevitabilmente alla nostra attenzione
alcune questioni cruciali di natura
teorico-critica. La Cina, paese centrale per
l’economia mondiale, vuole oggi mostrare
al mondo come anche nel campo delle arti
visive sia alla ricerca di una propria forza
identitaria che necessariamente dialoga
con i linguaggi dell’arte occidentale, avendone
sussunto nel corso del Novecento, e
negli ultimi anni in particolare, le principali
linee di ricerca. L’arte cinese, quindi, si
presenta oggi come un ampio e variegato
contenitore che da un lato guarda alla
propria tradizione millenaria e dall’altro si
confronta e fa proprie le ricerche più avanzate
dell’Occidente in questo campo. Nel
caso di Wang Yancheng siamo al cospetto
di un artista che ha elaborato un’interessante
e personale sintesi visiva: l’immensa
tradizione della pittura di paesaggio, lo stile
floreale e gli inchiostri dilute sono ricordi
di un passato che riemerge alla stregua
di un elemento fantasmatico nelle forme
dissolte, nei cromatismi esplosi e nelle tele
che evocano l’energia di una natura felice
e in una fase propulsiva. Quella di Wang
Yancheng è una natura che sembra racchiudere
il vigore e la carica dei quattro elementi
che governano l’universo visibile,
all’interno di un equilibrio sempre cercato
e sempre raggiunto nel microcosmo delle
singole opere. Nello scenario complesso
e multiforme degli artisti provenienti
dall’Estremo Oriente, vi sono dunque artisti
come Wang Yancheng che percorrono la
strada della pittura guardando alla dissoluzione
della forma, che pure appartiene alla
tradizione orientale, ma che in questo caso
guarda a Richter, alla pittura espressionista
tedesca, all’astrazione nordeuropea in
generale. Nelle sue opere alberga pertanto
una forza interna che utilizza il colore come
strumento essenziale, se non unico protagonista
della tela, e che ci comunica in ultima
analisi che la vitalità della pittura, per
quanto esplorata e sondata a fondo da ambedue
le culture di riferimento, non si esaurisce
nell’arco temporale delimitato da una
corrente o uno stile, ma fluisce ininterrottamente
dalla sua stessa origine, generandosi
e nutrendosi dalla sua sorgente perenne.
Senza titolo, olio su tela, cm 190x570, 2016
26 WANG YANCHENG

L’anima atmosferica di
Wang Yancheng
di Gabriele Simongini
Un’anima atmosferica, sensibile alla
mobile fluidità delle emozioni e
della natura, dà linfa alla pittura di
Wang Yancheng, artista cinese di nascita
e francese d’adozione, che si nutre soprattutto
di una feconda ibridazione e di
un convincente innesto fra culture diverse
e lontane. Nelle sue opere l’eredità di
due maestri dell’astrattismo lirico cinese
come Zao Wou Ki e Chu Teh Chun entra in
osmosi, mutatis mutandis, con l’estrema
immersione nelle profondità della natura
di Claude Monet, il “cacciatore di luce”
(per dirla con Guy de Maupassant), ma
anche con la lezione dell’astrattismo veloce,
metamorfico e sfocato, duramente
segnato da abrasioni ed inciampi materici,
di Gerhard Richter. Nonostante le grandi
differenze che li separano, tutti questi
artisti, e con loro Wang Yancheng, sono
uniti dall’aspirazione al meraviglioso
ed all’incanto della contemplazione che
si trasforma in pittura ricettiva, generativa,
un grembo che accoglie l’intimità interiore
pronta a scorrere sulla pelle del
mondo. Così Wang Yancheng insegue il
battito ed il respiro profondo che dovrebbero
tornare ad unire natura naturans e
fragile, ma troppo spesso invadente, presenza
umana nel mondo. Con una polifonia
tecnica che si muove agilmente fra
diafane trasparenze, repentine e brillanti
luminescenze, abissi opachi e materiche
sovrapposizioni, fra depositi accoglienti
di colori e improvvise cancellazioni, l’artista
insegue il divenire e fa della pittura
il quinto elemento che in sé rivive e trasforma
le energie scaturite da acqua, aria,
terra e fuoco, ben evidenti, di volta in volta,
nelle espansioni amniotiche oppure
atmosferiche, negli addensamenti tellurici
oppure nelle accensioni fiammeggianti
dei suoi quadri. Per questo le sue opere
sono, in qualche modo, cosmogoniche
nella genesi di una forma inesauribilmente
mutante ed innervata dal principio della
necessità interiore. E i diversi stati della
coscienza trovano un loro respiro visivo
nel baluginante affioramento di colori
che vengono dal profondo e che poi ac-
cettano di disporsi sull’epidermide della
superficie carichi però di echi spirituali e
di immemorabili risonanze. Così, nei quadri
più intensi, segni e colori recano con
sé un soffio di vita, sembrano promanare
direttamente dai polmoni e dall’anima
dell’artista in un’inscindibile totalità psicofisica
che evoca anche una sorta di ineffabile
respiro cosmico e universale dato
dall’identificazione completa di spazio e
luce. Senza dubbio questo artista di rara
sensibilità potrebbe ben condividere una
celebre riflessione di Marc Rothko dedicata
alla pittura come rivelazione:«Lo
strumento più importante che l’artista impiega
grazie a una pratica costante è la fede
nella sua capacità di produrre miracoli
quando ve n’è il bisogno. I quadri devono
essere miracolosi: non appena uno è
terminato, l’intimità tra la creazione e il
creatore è finita. Questi diventa uno spettatore.
Il quadro deve essere per lui, come
per chiunque altro ne farà esperienza
più tardi, una rivelazione, una risoluzione
inattesa e inaudita di un bisogno eternamente
familiare».
Wang Yancheng è nato il 9
gennaio 1960 nella città di
Maoming, nel Guangdong,
da una famiglia originaria della provincia
di Shandong. Commendatore
dell’Ordine delle Arti e delle Lettere di
Francia, nel 2017 è stato invitato come
professore all’Accademia di Belle Arti
di Roma e all’Accademia di Belle Arti
dello Shandong (Cina). Ha esposto
in Cina (Pechino, Hong Kong, Guangzhou,
Shenzhen), Taiwan, Francia,
Stati Uniti, Italia (Milano e Roma).
Per informazioni:
Associazione degli Artisti Cinesi in Italia
aacifirenze@hotmail.com
Piazza Indipendenza 21
50129 Firenze
+ 39 055 4684478

Eccellenze toscane
in Cina
A cura di
Michele Taccetti
Woo Class
L’eccellenza del made in Italy in un occhiale
Foto courtesy Woo Class
La prima volta che ho incontrato
Jochen, fondatore insieme alla
moglie Lisa della linea di occhiali
in legno Woo Class, sono rimasto affascinato
dalla passione che metteva nel
descrivere il suo lavoro, dalla competenza
professionale che emergeva anche
agli occhi di chi, come me, non era
esperto del settore. Per questo, mosso
da una grande curiosità, ho deciso
di andare a visitare il luogo di produzione
a Borgo San Lorenzo in Mugello.
Nel mio lavoro ho imparato che la cosa
più importante è conoscere l’imprenditore
prima ancora del prodotto e del
prezzo, anche perché la partnership che
offriamo per l’apertura del mercato cinese
richiede il possesso da parte degli
imprenditori di qualità importanti come
la flessibilità, la disposizione a capire un
mercato difficile come quello cinese e,
soprattutto, la propensione all’export
e all’internazionalizzazione. La mattina
in cui sono andato a visitare il luogo
di produzione di Woo Class il freddo inverno
non voleva ancora cedere il passo
alla primavera e viaggiare tra colline
verdi su strade di campagna in mezzo
a fiumi e boschi dava l’impressione più
di una gita domenicale che non di uno
spostamento per un incontro d’affari.
La mattinata trascorsa nel laboratorio
mi è servita per conoscere prima di tutto
i titolari dell’azienda. Jochen è un tedesco
che da molti anni risiede in Italia;
ha acquisito la parlata toscana e coniuga
squisitamente il pragmatismo, la razionalità
e l’organizzazione tedesca con
la facilità di relazione e la fantasia creativa
tipica dei toscani: nel 2011 a Firenze
ha fondato l’impresa familiare Woo
Class con la moglie Lisa, originaria del
Mugello al cento per cento, che gestisce
la parte marketing e amministrativa.
Nelle ore in cui sono stato in azienda il
tempo è volato ed ho appreso tante cose
interessanti: mentre Jochen parlava,
cercavo di studiare come trasmettere al
mondo cinese l’entusiasmo e la professionalità
che mi avevano conquistato.
Nell’atelier di Borgo San Lorenzo, Jochen
Andreas Zeh è il designer che realizza
le collezioni Woo Class, ovvero
montature fatte a mano che costituiscono
pezzi unici sartoriali. La caratteristica
principale della collezione Woo
Class è che le montature sono realizzate
esclusivamente con varietà di legno
naturale selezionato che non è verniciato
per non alterare la materia naturale
28
ECCELLENZE TOSCANE IN CINA

ma che viene impregnato di una speciale
miscela di oli vegetali; la montatura
non contiene inoltre solventi organici
(formaldeide free) e tutti i materiali utilizzati
sono conformi alla normativa EN
71/3 Euro in materia di sicurezza per
giocattoli. Gli occhiali in legno Woo
Class sono leggeri, resistenti e allo stesso
tempo elastici; vengono realizzati su
misura per il cliente con l’obbiettivo di
porre l’attenzione sul comfort e il piacere
della calzata senza dimenticare la forma
armonica, il design e l’impegno per
l’ambiente. La grande cura nell’esecuzione
e la selezione dei materiali utilizzati
posizionano il prodotto in una fascia
di prezzo medio-alta: il cliente tipico si
colloca principalmente nella fascia di età
tra i 30 ed i 50 anni, ha un buon potenziale
di spesa, ricerca un prodotto unico
ed originae e manifesta una spiccata attenzione
alla salvaguardia dell’ambiente,
dato che Woo Class s’impegna a limitare
la produzione di scarto e di rifiuti contribuendo
a diminuire i costi economici
ed ambientali dei processi di smaltimento.
Attualmente Woo Class è distribuito
in Italia, Europa, Nord Europa, Stati Uniti
e - d’ora in poi - anche in Cina: è certo
che il prodotto può attrarre il consumatore
cinese della fascia alta, ma se si
vuole far veramente apprezzare il valore
aggiunto di un prodotto artigianale fatto
su misura per il cliente è necessario
trasmettere i valori e le sensazioni che
si ricevono in azienda. Il prodotto Woo
Class non è facilmente imitabile in quanto
fatto su misura per il cliente e legato
all’altissima professionalità di chi lo produce;
ha un buon rapporto qualità prezzo
e non è oggetto di una concorrenza
spietata come accade per altre tipologie
di prodotto. Tutti questi elementi fanno
quindi ben sperare affinché il successo
avvenuto nei mercati tradizionali possa
ripetersi anche in mercati nuovi: il lavoro
da fare è molto, ma le scommesse
difficili vanno affrontate con passione.
Come Lisa e Jochen sono stati vincenti
nella vita e nel lavoro così sapranno
esserlo anche nell’affrontare una nuova
sfida.
WOO CLASS
di Lisa Gabellini
Via Giotto Ulivi 20
Borgo San Lorenzo
50032 Firenze
www.wooclass.com
+39 055 846092
Michele
Taccetti
Laureato in Scienze Politiche con una tesi sugli scambi economici tra Italia
e Cina ed erede della propria famiglia, operante con il grande paese
asiatico fin dal 1946, assiste da oltre un ventennio le aziende italiane interessate
ad aprire il mercato cinese in vari settori merceologici e, in particolare,
alla promozione del Made in Toscana in Cina. Svolge attività di formazione in materia
di Marketing ed Internazionalizzazione ed è consulente per il Ministero dello
Sviluppo Economico.
Per info:
michele.taccetti@china2000.it
China 2000 srl
@Michele Taccetti
taccetti_dr_michele
Michele Taccetti
ECCELLENZE TOSCANE IN CINA 29

Ritratti
d’artista
Flaminio Zullo
Paesaggi e figure raccontano le stagioni della vita in un
vortice di colori ed emozioni
di Sandra Lucarelli / Foto courtesy dell’artista
Colori che plasmano gli orizzonti ed
impressionano le tele di rifrazioni
alla Van Gogh. Il genio avanza tra
fragranze e speranze, una determinazione
veterana di eleganze cromatiche, impronte
che sigillano emozioni libere e palpitanti
che, come farfalle, si librano per volare in
alto. Le espressioni dei volti siglano un patto
timbrico con la natura spirituale di ciascuno
di noi, nell’incedere straordinario
della partitura delle stagioni. Tutto è lirico
e vibra il canto dei gialli, dei verdi, accompagnato
dalla musica azzurra del cielo. Diesis
di verdi s’intonano nello spartito della
vita, le contendono forza ed eleganza, laddove
l’opera d’arte diventa rifugio magnetico
che calamita gli sguardi. Flaminio, nelle
sue composizioni, ritrova sempre zone di
equilibrio e tesse una tela di delicate trame,
difendendo il cuore dell’arte come lo spirito
dei luoghi. Un’appartenenza che dilaga e
si dilata in storia viva ed inarrestabili trame.
Le struggenti pause transitive sono le solitarie
rimembranze di un poeta che accoglie
i sussurri dell’immenso e sa narraci ogni
frammento esistenziale venato di tenerezze.
Dunque si modella uno stile come una
colomba di cristallo che si adagia sulle inflessioni
di luce. Dai caleidoscopi del tempo
stillano radiografie di crescenti lirismi,
edotti come deduzioni talismaniche. Un
perimetro liquido di toni seducenti incolla
didascalie, trasmigra in un meditare d’incanto.
Non resta che rimanercene assorti,
quando le sentinelle del colore affinano
la distribuzione dei toni, poiché tutto diventa
limpido come uno stato d’animo puro.
Un telaio di cromie simile ad uno spartito di
note che compongono sinfonie dove avanza
ancora il genio, fragranze e speranze
quasi una profezia indomabile. Quale sarà
il futuro di quest’artista e dove lo porterà la
ricerca è imprevedibile, penso comunque
che, meglio di chiunque altro, solo Flaminio
possa intuirlo; gli basterà ascoltare la
voce del suo demone di “fuoco vivo” e farsi
trascinare in un vortice di colori e d’emozioni,
senza temere di andare oltre la sua
stessa conoscenza.
Il respiro del mare, olio su tela, cm 70x70
Il grano tra gli alberi, olio su tela, cm 50x70
30
FLAMINIO ZULLO

Il clochard, olio su tela, cm 80x60
Autoritratto, pastello su carta, cm 45x33
Luce della Valdorcia, pastello su carta, cm 65x45
Flaminio Zullo
Flaminio Zullo nasce a Montepulciano
(SI) nel marzo del ‘59 ed è qui
che affascinato dal padre mosaicista,
comincia ad avvicinarsi al mondo
dell’arte: colori e forme diventano familiari,
una quotidianità giocosa che continuerà
ad accompagnarlo sempre. Da autodidatta
impara a usare varie tecniche: acquerello,
pastello, mosaico ed olio. Progressivamente
il bisogno di dipingere diventa sempre
più urgente: in poco tempo realizza ottanta
opere, tra cui una Madonna della Tenerezza
regalata alla chiesa di Quaraquosh,
nei pressi di Mosul, e in seguito depredata
dall’ISIS. Ogni quadro racconta una storia
intensa, una ricerca di luce nuova, spesso
dando particolare attenzione ai soggetti sacri.
Questi ultimi servono all’artista per cercare
nei volti umani tracce del divino, indizi
di un intimo dialogo con il sacro.
albguid@libero.it
FLAMINIO ZULLO
31

A cura di
Elena Maria Petrini
A San Casciano Val di Pesa un convegno
per ricordare l’enologo Ugo Pagliai
recentemente scomparso
Testo e foto di Elena Maria Petrini
Lo scorso 30 maggio presso la Pieve
di Santo Stefano a Campoli, nel Comune
di San Casciano Val di Pesa,
si è svolto un convegno per la commemorazione
dell’enologo Ugo Pagliai, alla presenza
di Enzo Benucci, presidente Castelli
Grevepesa, Giuseppe Liberatore, ex direttore
del Consorzio Chianti Classico, Massimiliano
Pescini, sindaco del Comune di
San Casciano, e il professor Zeffiro Ciufoletti,
docente presso la Facoltà di Scienze
Umanistiche di Firenze, che ha presentato
il suo libro dedicato ad Ugo Pagliai ad un
anno dalla scomparsa. E’ stato definito l’enologo
sceso dalla montagna, Ugo Pagliai,
prematuramente scomparso all’età di 65
anni, nel maggio 2017. Originario di Cutigliano,
in provincia di Pistoia, 678 metri di
altitudine, Ugo è un toscano “doc”, un uomo
delle montagne, un tipo determinato;
carattere forte, uno “tosto” si direbbe oggi;
di poche parole, ma semplice e solare. Una
vita intera dedicata all’enologia e consacrata
al vino; un uomo di grande personalità
e massima professionalità, che da quel
piccolo borgo montano sull’Appennino pistoiese,
di strada ne fa tanta arrivando con
grande merito al vertice mondiale dell’arte
e della scienza enologica. Ma Ugo non
spezza mai quel legame con il paese natio,
dove fin da bambino si era appassionato
alla natura e al mondo rurale, anzi ne approfondisce
gli studi conseguendo, all’Istituto
Anzillotti di Bagni di Lucca, il diploma
di Perito Agrario. Poi le prime esperienze
lavorative a Gaiole in Chianti e alle Antiche
Fattorie Fiorentine: siamo nella prima metà
degli anni Settanta, proprio l’epoca nella
quale in Italia si assiste ad un’autentica “rivoluzione”
nel campo della vitivinicoltura,
dove ci si affaccia sui mercati internazionali
con prodotti di qualità sempre maggiore.
Ugo Pagliai è appassionato del suo
lavoro, è un professionista capace, intelligente
e lungimirante e non dimentica mai
che tutto proviene dalla terra, dove anche
la vite ha le sue radici nel profondo del sottosuolo,
e da lì può estendere le sue chiome
nell’aria e far maturare i suoi grappoli
nella luce. Con il trascorrere del tempo gli
impegni per il grande enologo si moltiplicano:
per Ugo Pagliai le esperienze più vere
ed autentiche si fanno non solo sul campo,
ma anche con una profonda conoscenza
di tutta la filiera produttiva, dalla vigna
fino all’imbottigliamento; senza perdere
di vista anche la crescita di un’azienda
ed un’attenta analisi del trend dei mercati,
e con la capacità di intuire anche una risposta
efficace alle mutevoli esigenze dei
consumi legati ai complessi cambiamenti
sociali. Negli ultimi anni viene nominato direttore
ed enologo dell’azienda Castelli del
Grevepesa (nata grazie all’idea del Cavalier
Gualtiero Armando Nunzi nel voler fondare
una cantina sociale moderna con 17 viticoltori)
e in una dimensione del mondo
ormai “globale” anche la fama di Ugo Pagliai
diventa internazionale, tanto che 2015
viene premiato a New York come enologo
dell’anno, e nel 2016 il Comune di Cutigliano
gli attribuisce il riconoscimento civico
del Marzocco, che premia il lavoro svolto
in oltre quarant’anni di carriera. In eredità
Elena Maria Petrini con Andrea Pagliai, figlio
di Ugo Pagliai
Copertina del libro a cura del professor Zeffiro
Ciuffoletti e con la presentazione del professor
Enzo Benucci
ci ha lasciato la sua interpretazione di leggendari
vitigni autoctoni come il Sangiovese,
dando origine a vini straordinari come
il Vino Nobile di Montepulciano o il Chianti
Classico di Lamole, fino al suo capolavoro
il Chianti Classico Clemente VII.
Un momento del convegno: da sinistra, il professor
Zeffiro Ciuffoletti, il sindaco del Comune
di San Casciano Val di Pesa Massimiliano
Pescini, il presidente Castelli Grevepesa Enzo
Benucci e l’ex direttore del Consorzio Chianti
Classico Giuseppe Liberatore
32
ARKIWINE

Un crescendo di emozioni musicali per il XIX
Festival Internazionale Italian Brass Week in
programma Firenze dal 22 al 29 luglio
di Sabrina Malavolti Landi / foto courtesy IBW
Eventi in
Toscana
Il Festival Internazionale Italian
Brass Week, diretto da Luca Benucci,
primo corno dell’Orchestra
del Maggio Musicale Fiorentino
e docente della Scuola di Musica di
Fiesole, unisce alta formazione musicale,
interscambio culturale e concerti
pubblici pomeridiani e serali nei più
suggestivi luoghi della città gigliata.
Un crescendo quotidiano all’insegna
del coinvolgimento di docenti e artisti
provenienti dalle più prestigiose orchestre
mondiali: dal Maggio Musicale
Fiorentino alla Chicago Symphony
Orchestra, passando per la Metropolitan
Opera Orchestra e i Berliner Philarmoniker.
L’inaugurazione, prevista
domenica 22 luglio alle ore 21.15 nella
Basilica di Santa Maria Novella, è
affidata alla sorprendente Orchestra
di Corni russi di San Pietroburgo che
duetterà coi solisti del Festival, sotto
la direzione di Sergey Polyanichko.
La Russian Horn Orchestra suonerà
anche lunedì 23, alle ore21, in Piazza
della Signoria, mentre la Buoneria
del Fosso Macinante ospiterà, dalle
ore 22, la serata Buoneria in Jazz: le
trombe e i tromboni di Andrea Tofanelli,
Allen Vizzutti e Rex Richardon si
sfideranno in acrobazione e improvvisazioni
sui più noti standard jazz della
tradizione americana. Per le serate
del 24 e del 25 luglio - entrambe con
inizio alle ore 21.00 - il Festival rinnova
la collaborazione con l’Orchestra
da Camera Fiorentina: il maestro Giuseppe
Lanzetta, nel cortile del Museo
Nazionale del Bargello, condurrà i solisti
‘Pacho’ Flores, Rex Richardson,
Allen Vizzutti, Luca Benucci, David
Alan Cooper, Vincenzo Paratore, Massimo
La Rosa, Eric Terwilliger, Jamie
Williams e Gene Pokorny attraverso i
capolavori barocchi di Antonio Vivaldi
e George Friedrich Händel e musiche
d’autore composte dai solisti del
Festival. Giovedi 26 luglio, dalle ore
19.00, nel centro storico fiorentino, i
Brass, nella World premiere Brass in
Fiacchera, saliranno a bordo delle storiche
carrozze dei fiaccherai fiorentini
per far conoscere la storia musicale
fiorentina a turisti e residenti. Il
viaggio musicale si concluderà alle
ore 21.00, alle Spiaggette sull’Arno
(Lungarno Serristori) con il giovanissimo
quartetto Havana Horn Quartet.
Venerdì 27 luglio, dalle ore 21.30, i
solisti del Festival suoneranno sull’arengario
di Palazzo Vecchio. Sabato
28 luglio, a partire dalle 19.00, l’Arno,
il Ponte Vecchio e il Lungarno Anna
Maria Luisa de’ Medici ospiteranno in
anteprima mondiale l’evento Florentia
G-Old Bridge. Tre ensemble di ottoni
daranno voce alla creazione musicale,
disponendosi su Ponte Vecchio,
sui Lungarni e, per il fiume Arno, a
bordo delle storiche barche dei renaioli,
grazie alla collaborazione, ormai
consueta, con l’associazione culturale
I Renaioli e con la Società Canottieri
Firenze. Grazie alle sinergie con Laura
Giannoni dell’associazione Ponte Vecchio
e con Gabriella Mari per la scuola
di arte culinaria Cordon Bleu di Firenze,
si terrà il premio culinario internazionale
Rossini nel Piatto, omaggio
alla cucina toscana, esportata in Francia
dalla regina medicea Caterina, e al
compositore pesarese, che fu anche
esigente gourmet, Gioachino Rossini,
nel 150° anniversario dalla morte.
La serata si concluderà con una
cena di beneficenza a cura dell’associazione
Ponte Vecchio. Il concerto di
chiusura, previsto per domenica 29
luglio alle ore 21.00, sarà dedicato alla
città. L’arengario di Palazzo Vecchio
sarà il palcoscenico del World Brass
Ensemble formato da oltre 100 ottoni
che, sotto la bacchetta del direttore
artistico maestro Luca Benucci, ci
condurranno alla scoperta di sonorità
internazionali.
Per info:
segreteria@italianbrass.com
www.italianbrass.com
Il World Brass Ensemble formato da oltre 100 ottoni diretti dal maestro Luca Benucci
ITALIAN BRASS WEEK
33

I libri del
Mese
Esther Bari
Emozioni al femminile
di Elisabetta Mereu
Tutto iniziò a 20 anni con l’invio di
un racconto ad una famosa rivista
femminile. Poi la passione per la
scrittura fu rafforzata dal consiglio di una
psicoterapeuta di coltivarla come «cura»
per l’anima. Da allora Esther Bari non ha
mai smesso di scrivere, anche se è solo
dal 2007 che ha continuato con maggiore
costanza, riuscendo a superare la paura
di non farcela. E invece il suo primo romanzo
...nero come le piume del corvo
(Ed. StreetLib), storia di un grande amore
tumultuoso e tormentato ma profondo, è
ormai una realtà editoriale che in due anni
ha ottenuto il gradimento dei lettori. Un
giro di carte, il suo secondo libro, uscirà
a luglio e siamo lieti di presentarlo in anteprima
(anche se l’editore, sempre StreeLib,
non ci ha permesso di pubblicare
la foto di copertina ndr). Lo scenario è il
Mugello, in cui peraltro la scrittrice - insegnante
in pensione di Disegno e Storia
dell’Arte a Firenze - ha le sue radici familiari.
«Questa è una storia in parte autobiografica
- mi dice - che si snoda intorno
alla figura di una chiaroveggente, Mara
detta la “strolaga”, con la quale quattro
ragazze, due cugine e due amiche, che
- a partire dagli anni ’50 - ogni estate si
rincontrano in un paese a casa dei propri
parenti, si confidano. Attraverso le carte
lei preannuncia ad ognuna di loro fatti
che le riguardano direttamente. E dopo
aver passato la vita ad interrogarsi sulla
veridicità di quelle profezie alla fine però
i nodi si scioglieranno. Spesso - continua
Esther - preferiamo rimanere all’oscuro
delle situazioni, non vogliamo vedere o
sapere per paura di credere all’evidenza
dei fatti che possono magari farci soffrire
e così viviamo nell’infelicità e nell’inquietudine.
Ma proprio quando meno ce
lo aspettiamo si verificano eventi nuovi
e sorprendenti che cambiano il corso
dell’esistenza. Attraverso questo intreccio
di vite ho voluto comunicare il mio pensiero
sull’universo femminile, che peraltro
rispecchia l’ambiente matriarcale in
cui sono cresciuta». Ed è un’altra storia
di donne anche quella che sta intessendo
per il terzo libro in preparazione. Probabile
titolo Vanina, un racconto di riscatto
sociale all’interno di tre generazioni. «Partendo
dalla vicenda di mia nonna - continua
l’autrice - che, allora 15enne, rimase
sepolta sotto le macerie della sua casa a
seguito del terribile terremoto del 29 giugno
1919, sto costruendo la trama di una
storia in cui sarò anche la voce narrante
di una mamma che parla alla propria figlia.
Da un’esperienza così traumatizzante
- conclude - lei è riuscita a rinascere
solo perché l’amore della madre le ha dato
le motivazioni giuste e la forza di non
mollare, di credere in se stessa fino in
fondo e non arrendersi mai». Bisognerà
aspettare questa prossima produzione
per capire come Esther Bari svilupperà
anche questi argomenti di grande attualità:
terremoti, paura di morire, insicurezza
nell’affrontare la quotidianità, fragilità degli
adolescenti. Sicuramente anche il terzo
libro, come i precedenti, sarà intriso di
sentimenti forti, veri, emozionanti scaturiti
dalla penna di una persona coraggiosa
e battagliera. Come solo le donne migliori
sanno essere.
Esher Bari, originaria dell’Alto
Mugello, è cresciuta a Firenze
dove ha studiato all’Accademia
di Belle Arti ed insegnato Disegno e Storia
dell’Arte alle scuole superiori. Animalista
convinta ha sempre avuto cani
e gatti.
La scrittrice Esther Bari nella sua casa di Firenze
34 ESTHER BARI

Ristorante Icche c’è c’è
Una terrazza sul mare a San Piero a Sieve
Nella piazza principale della deliziosa e storica località mugellana il
ristorante Icche c’è c’è propone un menù sempre vario basato su
materie prime a Km 0 e prodotti esclusivamente stagionali.
La cucina offre sia piatti di mare che della più classica tradizione
toscana e squisiti dolci fatti in casa.
Ristorante Icche c’è c’è
Piazza Colonna, 21 - San Piero a Sieve (FI)
+ 39 055 848112
Seguici su
@ristoranteicchecece

Eventi in
Toscana
Fino al 30 settembre il Parco della Luce di
Vittoria Marziari ospita la quinta edizione
della mostra collettiva Universo Donna
di Lucia Raveggi / foto courtesy delle artiste
Per il quinto anno consecutivo, il
Parco della Luce, nato da un’idea
dell’artista Vittoria Marziari e situato
alle porte di Siena, ospita la mostra
dal titolo Universo Donna che vede
protagoniste sette scultrici con caratteristiche
differenti fra loro. Alle oltre venti
opere di Vittoria Marziari esposte in permanenza,
si uniscono quelle delle artiste
Flavia Bigi (marmo), Sara Del Giudice
(bronzo), Patricia Glauser (resina), Monica
Minicucci (ceramica), Lea Monetti
(terracotta dipinta) e Karin Putsch Grassi
(alluminio).
Universo Donna
Parco della Luce
Via dei Tufi 57, Siena
Per visitare la mostra contattare
info@vittoriamarziari.it
+ 39 348 3627855
Vittoria Marziari
Lea Monetti
Monica Minicucci
Vittoria Marziari è conosciuta
sia nel panorama artistico
italiano che in quello internazionale;
sue opere sono presenti in
musei e collezioni pubbliche e private
in Belgio, Olanda, Svizzera, Cina, Stati
Uniti, Germania, Polonia, Lituania
ed Estonia - dove nel 2011 a Tallin,
allora capitale europea della cultura, è
stata chiamata a rappresentare l’Italia
- e nella Città del Vaticano. Numerosi
i premi ed i riconoscimenti ricevuti,
fra cui l’onorificenza a Cavaliere al
merito della Repubblica Italiana. Le
sue scuture pulsano di quell’indagine
psicologica e di quella profonda
empatia che l’artista cerca nelle pieghe
più profonde dell’anima. Svolge
la sua attività a Siena, nell’atelier di
via Stalloreggi 23 e nel laboratorio attiguo
al Parco in via dei Tufi 57.
www.vittoriamarziari.it
Flavia Bigi
Karin Putsch Grassi
Patricia Glauser
La scelta, bronzo
Sara Del Giudice
36
UNIVERSO DONNA

Ritratti
d’artista
Claudio Bellari
Inaugurata a Pistoia la mostra di opere inedite
dal titolo Dentro di me
Omogeneità compositiva e rigore formale convivono in una pittura
volta a raccontare la condizione dell’uomo contemporaneo
di Fabrizio Borghini / foto coutrtesy dell’artista
Nell’elegante negozio Marella
della centralissima via
Cavour di Pistoia è stata
inaugurata la prima mostra personale
del pittore Claudio Bellari. In realtà
si è trattato della seconda, avendo
l’artista già tenuto qualche mese fa
allo storico caffè letterario Giubbe
Rosse di Firenze una minipersonale
nell’ambito di una collettiva di artisti
pistoiesi; ma, a buon diritto, Dentro
di me - questo il titolo della mostra
inaugurata sabato 19 maggio – può
essere considerata quella d’esordio.
E non solo per motivi cronologici ma
soprattutto perché i visitatori si sono
trovati al cospetto di una serie di
opere inedite che per quantità, contenuti,
omogeneità compositiva e
rigore formale sono andate a comporre
un unicum che ha consentito
per la prima volta di delineare compiutamente
la personalità artistica di
Bellari. «Questa serie di quadri - afferma
l’artista - mi rappresenta totalmente,
la considero autobiografica
anche se ci sono opere dove la figura
umana è assente e lascia il campo
a un’automobile o a un vaso di fiori.
Il filo rosso che le lega è una sorta di
espressionismo contemporaneo che
ha sullo sfondo paesaggi urbani attraversati
da personaggi che esprimono
stati d’animo particolari: non
sono malinconici ma nemmeno sereni,
non sono depressi né felici. Sono
scettici, forse sono disillusi dal
presente e non si aspettano niente
dal futuro. Questo stallo esistenziale
forse fa parte di me. Ho sempre
avuto la passione per la pittura ma
lavorare a questa serie di opere mi
ha dato emozioni forti che ho voluto
esprimere usando il bianco e nero.
Nei quadri esposti alle Giubbe Rosse
c’era molto più nero e nella prossima
mostra sono sicuro che ci sarà
molto più colore». Il catalogo che
accompagna l’esposizione è del tutto
originale per più di un motivo; il
primo è dovuto al fatto che i singoli
quadri non hanno una presentazione
critica ma un’interpretazione analitica
affidata ai racconti di Gabriella,
la sorella di Claudio. «Mia sorella -
spiega Bellari - risiede da molti anni
a Torre del Lago e questa mostra
ha contribuito a rinsaldare il sentimento,
mai affievolito, che ci lega».
«Ho un rapporto speciale con mio
fratello – dichiara Gabriella che oggi
ha cambiato il suo nome d’arte in
Giada Salvaje Navarro – e ho voluto
cercare di capire cosa ci fosse dietro
ogni suo quadro, quali
stati d’animo, situazioni
o pensieri. Ho cercato
di scandagliare i lati più
reconditi della sua psiche
e inoltrarmi in questi
suoi viaggi esistenziali
trasponendoli sotto forma
di racconto e quando
non ho trovato il filo narrativo,
sono entrata nelle
stanze del mio inconscio
ricorrendo, essendo
poetessa, alla poesia
che mi ha consentito di
scrivere di getto alcune
liriche che in maniera
immediata e spontanea
mi hanno permesso di
entrare in sintonia perfetta
con i contenuti dei
quadri».
L’emozione di vivere, acrilico su tela , cm 80x100
Un momento dell’inaugurazione: da sinistra, Claudio Bellari
con il figlio e la sorella Gabriella, poetessa e autrice del testo
critico in catalogo
38 CLAUDIO BELLARI

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Firenze
Mostre
Birute Nomeda Stankuniene
L’artista lituana espone per la prima volta a Firenze
con la mostra personale intitolata Contemplazione
di Yuliya e Alesia Savitskaya
Per la prima volta a Firenze viene
presentata la pittura astratta
dell’artista lituana Birute Nomeda
Stankuniene che ha dato un prezioso
contributo allo sviluppo dell’arte astratta
in Lituania. Nata nel 1963, ha terminato
gli studi presso l’Accademia di Belle Arti
di Vilnius nel 2009. Attualmente, continua
ad ampliare le proprie competenze
frequentando la School of Art di Londra.
È membro dello Slow Art Movement e
dell’International Hieronymy Bosch Plaza.
Negli ultimi dieci anni i suoi dipinti
sono stati esposti in oltre trenta mostre
d’arte in Lituania, nel Regno Unito
(West- minter Reference Art Library
Gallery, Free Space Gallery, Sherborne
Abbey Dorset) e in altri paesi. Le sue
opere sono state selezionate e pubblicate
per esposizioni temporanee in una
delle più grandi e prestigiose gallerie
online di Saatchi Art, messe in esposizione
da IUOMA (International Union of
Male Artists) e dall’edizione dell’Art of
the Late. E’ presente in importanti collezioni
private in Lituania, Svizzera, Brasile,
Estonia, Finlandia, Russia, Paesi
Bassi, Danimarca, Polonia, Italia, Regno
Unito e Stati Uniti. La sua produzione
artistica è stata presentata molte
volte dai media lituani e internazionali,
tra cui BBC e CNC News/Xinhua (agenzia
di stampa nazionale cinese). Nell’anno
2016 abbiamo conosciuto l’artista
Birute nel suo studio artistico a Vilnius.
Siamo entrate non solo in uno studio
privato, ma anche in un mondo pieno
di emozioni e sentimenti. Abbiamo conosciuto
una donna modesta e gentile
ma nascosta dietro la porta della propria
realtà. Invece le sue opere hanno
creato la porta trasparente attraverso la
quale si vedono allegria e tristezza, speranza
e delusione, amore e sofferenza,
tanti sorrisi e tante lacrime, entusiasmo
e apatia. Birute racconta la lotta tra ottimismo
e pessimismo rispetto alla vita,
in un concentrato di emozioni espresse
con un linguaggio astratto dalle pennellate
potenti e sicure, indicative di un
carattere forte. Preferisce usare grandi
tele e la tecnica ad olio, mostrando
sempre grande professionalità. Le sue
opere sono state apprezzate dalla Banca
UniCredit e sponsorizzate per presentarle
a Firenze, dove saranno esposte
dal 29 giugno al 16 luglio presso la galleria
Immaginaria in via Guelfa 22 r. La
mostra, intitolata Contemplazione, è curata
da Yuliya e Alesia Savitskaya, rappresentati
esclusive dell’artista in Italia.
Per informazioni sulla mostra e
sull’artista contattare:
ysa.saveculture@gmail.com
+39 331 9303058
Cross crow, I go, olio su tela, cm 100x120, 2015 Crazy Yellow, olio su tela, cm 70x90, 2014
40
BIRUTE NOMEDA STANKUNIENE

Ritratti
d’artista
Elena Migliorini
Premiata nell’ambito del 52° Concorso di Pittura
Città di Lastra 2018 con l’opera Magnolia in fiore
eseguita ad acquerello
di Daniela Pronestì
Elena Migliorini con l’opera vincente
Dalla natura all’uomo, dal paesaggio
agreste allo scenario
urbano: lo sguardo di Elena Migliorini
si posa sulla realtà per trarne
immagini di pura bellezza. Qualunque
sia il soggetto rappresentato, il pieno
dominio della tecnica dell’acquerello
le consente di dosare gli effetti luministici
attraverso un delicato equilibrio
di velature e trasparenze. Nessun particolare
sfugge al suo occhio attento,
che cattura i vari aspetti del visibile e
li fa confluire in un’armonica sinfonia
di rapporti e sentimenti. All’accuratezza
del disegno e al rigore della composizione
si unisce una sapiente distribuzione
dei colori, che si vestono di tonalità
morbide, sfumate, poste in continuo
dialogo con il bianco della carta. L’assenza
di contrasti, la serenità espressiva
e la delicatezza cromatica rimandano
ad una poesia creatrice che non si perde
dietro vuote elucubrazioni, ma che
procede seguendo fedelmente il dettato
delle emozioni. Le sue realizzazioni
riflettono la sensibilità dell’artista, che
influisce sia sull’originale impaginazione
del soggetto rappresentato – si noti,
ad esempio, come il modo di tagliare
l’immagine suggerisca un’ideale continuità
tra il dentro e il fuori della rappresentazione
– sia sulla scelta di sostituire
la verità dei colori naturali con un’unica
tinta data a chiaroscuro.
Nata a Lastra a Signa nel 1950,
Elena Migliorini vive a Scandicci
(FI) dove si dedica al disegno
come sua prima passione. Successivamente
studia la tecnica dell’olio su tela e
dell’acquerello, su cui basa la sua attività
pittorica. Intensa l’attività espositiva; tra
le principali mostre si ricordano: collettiva
Artprize (2014); Biennale di Pittura,
Novara (selezionata tra i finalisti); MaremmArtExpo
(2015), Sorano (GR); Villa
Argentina Viareggio (finalista del concorso
Radicamenti indetto da Mds Editori;
Fuori dal tempo, mostra collettiva promossa
da Mds Editori (2016) a Pisa. Nel
2015 si classifica quarta al Concorso Nazionale
di Pittura Premio Silver di Empoli
(FI). Tra le mostre di maggior rilievo nel
2018 si ricordano: ‘68 Costume Musica
Cultura, con l’associazione ALI di Siena;
37^ Edizione Premio Pittura Spiga d’Argento,
Montagnana (FI).
elenamiglio@hotmail.it
Un momento della premiazione
ELENA MIGLIORINI 41

Personaggi
Un ponte sul Terzolle dedicato a Raffaella
De Dominicis, illustre docente di radiologia
e pioniera della radioterapia a Firenze
di Barbara Santoro / Foto courtesy Soroptimist
La parola “ponte” evoca diversi
significati, per quanto il più importante
sia quello che indica la
possibilità di unire qualcosa di distante,
permettendo all’individuo di superare
fisicamente e psicologicamente
le proprie difficoltà. Per questo è stato
molto gradito al club Soroptimist,
di cui faccio parte, il fatto che un ponte
fiorentino nei pressi dell’Ospedale
di Careggi sia stato intitolato ad una
donna che con la propria professione
di medico ha saputo avvicinare ambiti
disciplinari diversi. Si tratta di Raffaella
De Dominicis, illustre docente di
radiologia e donna impegnata in ambito
sociale e culturale scomparsa nel
2006. Lo scorso 12 giugno l’assessore
alla Toponomastica del comune
di Firenze Andrea Vannucci ha inaugurato
il ponte sul Terzolle a lei intitolato.
Raffaella De Dominicis, nata a
Cingoli (MC) il 21 gennaio del 1922,
si laurea in Medicina e Chirurgia presso
l’università di Firenze nel 1946; si
specializza in Radiologia nel 1948, in
Oncologia nel 1959 e in Medicina Nucleare
nel 1968. Dopo alcuni incarichi
in ambito ospedaliero ed universitario,
nel 1974 diventa professore ordinario
di Radiologia all’università di Firenze,
ruolo brillantemente ricoperto fino
al pensionamento. Autrice di numerose
pubblicazioni a carattere scientifico,
riceve moltissimi riconoscimenti
nazionali ed internazionali. Notevole il
suo contributo nell’impiego della radiodiagnostica
per lo studio di importanti
opere d’arte di Tiziano, Botticelli
e Raffaello e di reperti storici. Grazie
al suo impegno, l’Istituto di Radiologia
di Firenze è tra i primi a dotarsi di
apparecchi Tac (nel 1977) e Rm (nel
1984). Ha sempre dimostrato grande
attenzione e sensibilità per la condizione
femminile, lei che come moglie e
madre ha conosciuto bene le problematiche
delle donne che lavorano. In
particolare si è battuta per la cancellazioni
di alcune mutilazioni femminili,
come l’infibulazione e le deformazioni
ossee dei piedi causate da particolari
scarpe delle donne cinesi, temi che ha
trattato in molti suoi interventi in congressi
e meeting internazionali. Nel
1951 sposa l’avvocato Saverio De Dominicis
di origine abruzzese, più grande
di 18 anni e di famiglia nobile. Dalla
loro unione nasce nel 1952 la figlia
Maria. Presidente del Soroptimist nel
biennio 1982-1984, ha condotto nelle
scuole secondarie di primo grado una
campagna contro il fumo dal titolo Il
tabacco o la salute: a voi la scelta.
Raffaella De Dominicis
42
RAFFAELLA DE DOMINICIS

La società delle Belle Arti Circolo degli
Artisti “Casa di Dante”, nata nel 1843
per la valorizzazione dell’arte, ha indetto
la prima edizione del concorso
internazionale finalizzato alla promozione
dell’arte contemporanea italiana
ed internazionale. Un omaggio all’artista
Stefano Ussi, illustre socio dell’associazione,
che ha firmato una delle
pagine più belle della storia dell’arte,
grazie alla sua intensa ricerca artistica
che unì la celebrazione degli ideali
risorgimentali ad un’indagine verso il
mondo esotico/orientale.
Modalità di svolgimento del premio
Il Premio è aperto ad artisti, creativi
nazionali ed internazionali, senza limiti
di età, né di qualifica o di curriculum.
Il tema è libero e le opere non devono
necessariamente essere inedite.
Le selezioni avverranno in 2 fasi:
- Prima fase: la giuria, composta da
curatori, storici e critici d’arte internazionali,
pubblicherà on line le opere
finaliste (10 finalisti per ogni categoria)
- Seconda fase: designazione dei vincitori
scelti tra i finalisti
La Commissione Artistica della Società
delle Belle Arti Circolo degli Artisti “Casa
di Dante” curerà l’allestimento della
mostra collettiva e delle mostre personali.
Per la collettiva dei finalisti sarà chiesto
di inviare una sola opera da noi indicata
e scelta tra quelle inviate per la
partecipazione.

Eventi in
Italia
Al via la nona edizione dello
Spoleto Art Festival
Anche quest’anno un programma ricco di appuntamenti
con l’arte e con la cultura nella splendida città umbra
di Jacopo Feliciani / foto courtesy Spoleto Art Festival
Con il premio internazionale Spoleto
Art Festival, che avrà luogo
il 7 luglio 2018 presso la Biblioteca
di Spoleto, si darà avvio alla nona
edizione dello Spoleto Art Festival. Per
quest’anno le premiazioni tendono ad
uno speciale interesse per la sezione
Architettura, che prevede la partecipazione
di importantissimi nomi del design
contemporaneo, oltre che di
emergenti e affermati esponenti dell’arte
e della cultura. Dopo una fitta serie di
esposizioni, a partire dal Meeting Art
all’Auditorium al Duomo di Firenze nel
mese di gennaio, attualmente in corso
a Majori – Costiera Arte, a cura di Silvio
Amato, e altrettanti eventi di elevato
pregio, al momento celebrativo del premio
farà seguito l’expo (28 settembre -
1 ottobre). L’expo Spoleto Art Festival
della nona edizione, Art in the City, ricalca
la formula felicemente consolidata
dello scorso anno: portare gli artisti
con le proprie ideazioni nei più prestigiosi
palazzi della città di Spoleto. Città
che tutti gli anni irradia proposte artistiche
e culturali che s’impongono nel vasto
palcoscenico internazionale. Art in
the City è un evento al quale il presidente
della manifestazione Luca Filipponi
conferisce primaria importanza. L’obbiettivo
è soprattutto quello di coinvolgere
gli attori contemporanei emergenti
delle arti e della letteratura, da divulgare
e incoronare quali mattatori indiscussi
della cultura del XXI secolo. Gli
spazi sono aperti a tutti gli ambiti e a
tutte le idee, a livello multidisciplinare,
in accordo con la teoria delle intelligenze
multiple, secondo la quale l’uomo è
dotato di ben nove diverse manifestazioni
di capacità intellettiva. Particolarmente
emblematico l’esempio del
maestro Valerio Giuffrè che dal lato incontrovertibilmente
logico e corretto di
una posizione che sovverte l’attuale
pensiero filosofico materialista, positivista,
impone prima i suoi contenuti e
quindi la sua arte come innovazione assoluta.
Il maestro Giuffrè è fedelissimo
espositore, sin dalle prime edizioni
dell’expo. Il particolare contenuto filosofico
supporta delle felicissime creazioni
artistiche, realizzando, ad
esempio, il primo quadro statico della
storia. Questo è possibile grazie al contenuto
culturale di ricerca che risale alla
Scuola di Elea, che è un vanto del
pensiero filosofico tutto italico. Risale
all’idealismo concepito sei secoli prima
di Cristo. L’Idealismo è una concezione
filosofica che ritiene dubbia l’esistenza
di una realtà esterna rispetto all’Essere;
si affermò durante il Settecento, anche
se il riferimento lascia pensare ad una
rielaborazione della corrente presocratica
della Scuola di Elea (secolo VI a.C.)
fondata nella Magna Grecia (Velio) dai
principali esponenti Parmenide, Zenone,
Melisso e Senofane. A questa prima
forma di Idealismo seguono: Idealismo
platonico nella concezione di Platone e
successiva della filosofia rinascimentale;
Idealismo gnoseologico, secondo
cui oggetto della conoscenza non è la
realtà ma l’idea, la rappresentazione dei
fenomeni; Cartesio, Berkeley, Kant.
René Descartes, meglio noto come
Cartesio (La Haye en Touraine 1596 –
Stoccolma, 1650), sostiene che gli uomini
possono conoscere solo le idee
Da destra, Luca Filipponi, presidente dello Spoleto Art Festival, e Alessandro Trotti, direttore artistico
della manifestazione
44 SPOLETO ART FESTIVAL

(res cogitans), la rappresentazione delle
cose; non è possibile conoscere direttamente
le cose (res extensa). Ecco
perchè tra soggetto e oggetto Cartesio,
indiscusso padre della filosofia moderna,
interpone l’idea. George Berkeley
(Kilkenny, 1685 – Oxford, 1753) afferma
che la realtà del mondo esterno non
esiste separatamente all’Essere ma solo
all’interno della mente (esse est percipi).
Immanuel Kant (Königsberg,
1724–1804) rifiuta l’Idealismo materiale
di Cartesio e Berkeley sostituendo un
Idealismo trascendentale, nel quale le
percezioni provenienti dalla realtà esterna
sono conoscibili solo attraverso le
categorie presenti nell’Essere. Kant sostiene
che l’uomo può conoscere le cose
come ci appaiono (i fenomeni) e non
come sono (le cose in sé), pur ritenendo
esistente la realtà esterna. L’Idealismo
assoluto post-kantiano tedesco fa
riferimento speciale a Fichte, Schelling
e Hegel, che assumono l’Essere come
principio unico di tutto. Johann Gottlieb
Fichte (Rammenau, 1762 - Berlino
1814) sostiene che il mondo esterno
non esiste in modo indipendente dal
soggetto. L’uomo è quindi il solo in grado
di trasformare il mondo. L’Essere
assoluto è un’entità immanente e coincidente
con il mondo stesso. Per Fichte
l’Io produce il non-Io per acquisire consapevolezza
di sè. Per Schelling, Essere
(unità indifferenziata degli opposti, che
può essere colto per mezzo dell’intuizione
intellettuale) e natura sono uniti
all’origine. La stessa intuizione che è
possibile percepire in un’opera artistica.
Con Georg Wilhelm Friedrich Hegel
(Stoccarda, 1770 – Berlino, 1831), l’Essere
assoluto diventa una contrapposizione
dialettica continua della realtà,
che acquista una fisionomia attraverso
le contraddizioni e che determina la
storia. Vi è infine il neoidealismo del
Novecento rappresentato da autori eterogenei
moderni come Giacomo Leopardi
(Recanati, 1798 – Napoli, 1837),
Bertrando Spaventa (Bomba, 1817 –
Napoli, 1883), Karl Marx (Treviri, 1818
– Londra, 1883), Benedetto Croce (Pescasseroli,
1866 – Napoli, 1952), Giovanni
Gentile e Antonio Gramsci, (Ales,
1891 – Roma, 1937). Il Neoidealismo è
una necessità culturale indispensabile,
in un mondo in cui il materialismo, con
tutte le sue contraddizioni, ipocrisie e
violenze psicologiche, predomina la
scena indisturbato. La concezione dell’ineluttabilità
dell’insormontabile ostacolo
che l’uomo si trova di fronte
(l’insubordinazione al comandamento
divino) e la sua incapacità di superarlo
(in quanto Essere secondario rispetto al
mondo materiale) è la strategia più misera
del pensiero materialista contemporaneo.
Non esiste nessun ostacolo
che l’uomo non riesca a superare. E’
l’arte stessa a dimostrare l’elevato valore
animico dell’uomo, e supportata dal
potente contenuto culturale dell’intelletto
sarà in grado di ripristinare, considerando
gli sforzi dei singoli individui
secondo il loro apporto meritocratico, il
funzionamento regolare della società.
La speculazione filosofica idealista raggiunge
l’apice con l’Attualismo di Giovanni
Gentile (Castelvetrano, 1875 – Firenze,
1944). L’Attualismo è una concezione
filosofica che rimuove gran parte dei limiti
dell’Idealismo. Attraverso lo studio
della storia della filosofia concepisce un
punto di vista molto ingegnoso, che abbina
e combina intuizioni dei maggiori
filosofi e le amplia con le proprie. Tutto
il pensiero idealistico è indiscutibilmente
derivato dalla visione eleatica, ma
egli attinge da Hegel superando i suoi
limiti attraverso l’innesto delle teorie di
Fichte. Alternativamente è chiamata
idealismo attuale, in quanto la vera realtà
che sta sopra a tutto è l’atto puro del
pensiero che pensa, l’autocoscienza
(sintesi unitaria di soggetto-oggetto)
dell’essere nel momento attuale. C’è la
distinzione tra pensato (fatto nel passato)
e pensante (atto pensato ora nel
presente). La vera realtà è contempora-
SPOLETO ART FESTIVAL 45

Eventi in
Italia
nea nel presente. Essa è data dallo spirito
(Essere) che pensando diviene non
Essere, per riconoscersi (come soggetto)
e distinguersi dagli enti (oggetto).
In questo modo l’Essere prende
coscienza (sintesi di soggetto e oggetto),
un atto in cui il soggetto pone l’oggetto.
La logica del concreto conferisce
l’astrattezza all’oggetto secondo le regole
dialettiche del pensiero. Gentile
individua il monismo, unità di materia
e spirito all’interno della coscienza
pensante. Alla coscienza pensante attribuisce
quindi il primato ontologico e
gnoseologico. La realtà diventa un agire,
un atto dello spirito (Io trascendentale),
potenza, non un fatto. Concepisce
dunque l’Io empirico come entità distinta
dagli altri Io empirici non in grado
di percepire il trascendentale. Il
pensare è nello stesso momento anche
agire, auto-creazione chiamata autoctisi.
L’atto pensante dello spirito è ciò
che fornisce al tempo stesso consapevolezza
di sè (coscienza del soggetto) e
concretezza al mondo e si realizza per
mezzo di una triade dialettica (tesi-atitesi-sintesi)
che viene rappresentata rispettivamente
dall’arte, dalla religione
e dalla filosofia. L’arte è qui concepita
come manifestazione generica della
creatività, soggettiva, sentimento dello
spirito, potenzialità del pensiero in atto
che muove tutta la realtà. La religione è
intesa come coscienza dell’oggetto
che, privo di una mediazione razionale,
necessita di rivelazione e adesione mistica
da parte del soggetto. E’ tappa
fondamentale per lo sviluppo dello spirito,
per l’autocoscienza di sè. La scienza
nello studio del mondo esteriore
(oggetto) si occupa del particolare e
relega il soggetto in una posizione di
passività; si colloca tra arte e religione,
non trattando tuttavia della loro validità
e quindi astraendo e lasciando il compito
all’autocoscienza dell’atto spirituale,
in cui coesistono soggetto e oggetto.
La filosofia ha il compito di risolvere
mediante sintesi la contrapposizione
tra arte e religione, considerandoli nello
stesso istante, nell’atto conclusivo
che viene realizzato. Con l’Attualismo,
la realtà esteriore non esiste al di fuori
del pensiero in atto che la pensa, dunque
la creatività umana va estesa nella
direzione tecnico-scientifica. L’arte è la
dimostrazione del valore dell’uomo, è
la dimensione filosofica di pensiero a
ricordarcelo. La dimensione del pensiero,
il senso dell’uomo, subisce il
frammentarismo a cui la filosofia è
soggetta. La stessa sorte capita al
frammentrismo dell’arte che costituisce
il contenuto estetico. In un’epoca
di false flag, di comportamenti solo in
apparenza politicamente corretti che
smentiscono con debunkers le populistiche
fake-news complottistiche, è artisticamente
e filosoficamente corretto
tornare a pensare e creare con il proprio
intelletto, senza condizionamenti.
La comunicazione pittorica ha una valenza
speciale perchè i suoi contenuti
sono sempre evidenti e immediati davanti
agli occhi dell’osservatore. L’originarietà
è il fulcro della manifestazione
e quindi Spoleto Art Festival è un momento
di riflessione aperto a tutti, artisti,
visitatori, media e sponsor.
www.spoletofestivalart.com
Spoleto Festival Art 2018
Un momento della premiazione a Palazzo Dragoni in occasione della scorsa edizione del Festival (ph. Filippo Grappasonni)
46 SPOLETO ART FESTIVAL

L’avvocato
Risponde
Il marchio e Internet: benefici e rischi del
web e tutele riconosciute dal legislatore
Ne parliamo con il professor Aldo Fittante, uno dei
più autorevoli esperti italiani in Diritto Industriale
di Fabrizio Borghini
Il marchio nell’attuale economia imprescindibilmente
globalizzata non
è più solamente un mero strumento
di identificazione sul mercato dell’impresa
e dei suoi prodotti, ma assurge
ormai a vettore d’informazioni e suggestioni
che ne fanno – grazie anche alle
ormai diffusissime e irrinunciabili attività
di branding – veicolo principe di trasmissione
al pubblico di un messaggio
di garanzia della qualità e delle caratteristiche
non ispezionabili del prodotto,
divenendo così vero e proprio “biglietto
da visita” dell’impresa, da difendere
e tutelare giuridicamente con la massima
attenzione. Quanto detto assume
ancora maggior rilievo in ragione delle
enormi potenzialità espansive del messaggio
insito nel marchio che è capace
di esercitare Internet: l’incidenza comunicativa
del marchio – e d’altra parte –
l’efficacia lesiva della relativa violazione,
è infatti amplificata in modo esponenziale
se si verifica sulla rete, richiedendo
una risposta celere e decisa. Ne è fermamente
convinto uno dei più autorevoli
esperti italiani in Diritto Industriale:
Aldo Fittante, titolare dello studio legale
omonimo con sede a Firenze e varie
partnerships nel mondo, docente in Diritto
della Proprietà Industriale presso
l’Ateneo fiorentino ed autore di molte
pubblicazioni dedicate alla materia, tra
le quali la più recente è la monografia
Brand, Industrial Design e Made in Italy:
la tutela giuridica edita da Giuffrè Editore
e alla sua 2^ edizione nel 2017.
vettore d’informazioni e suggestioni che
ne fanno, grazie anche alle ormai diffusissime
e irrinunciabili attività di branding,
veicolo principe di trasmissione
al pubblico di un messaggio di garanzia
della qualità e delle caratteristiche non
ispezionabili del prodotto, divenendo
così vero e proprio collettore di clientela.
L’utilizzo nel marchio nel web ne accresce
la forza comunicativa?
In effetti il marchio – che potremmo ben
definire come il vero “biglietto da visita”
dell’impresa – racchiude in sé un messaggio
le cui potenzialità espansive sono
divenute, a seguito dell’uso che ne
viene fatto in Internet, davvero enormi:
l’incidenza comunicativa del marchio e,
dall’altro lato, l’efficacia lesiva della relativa
violazione, è infatti amplificata in
modo esponenziale se si verifica sulla
rete. In tal senso, la violazione diviene di
fatto priva di confini geografici e temporali,
raggiungendo potenzialmente ogni
singolo utente worldwide nel secondo
successivo al quale viene commessa
Quali sono le ipotesi più frequenti di
violazione del marchio nel web?
Si considerino al riguardo i fenomeni
di cybersquatting, ovvero quelle pratiche
in cui un soggetto registra a nome
proprio un domain name utilizzando
un marchio rinomato, come anche
Quale ruolo svolge il marchio d’impresa
nell’attuale sistema economico?
Il marchio nell’economia moderna ed
imprescindibilmente globalizzata non
è più solamente un mero strumento di
identificazione sul mercato dell’impresa
e dei suoi prodotti, ma assurge ormai a
48
L’AVVOCATO RISPONDE

È evidente che le ipotesi illecite appena
menzionate, al pari di altri comportamenti
violativi del marchio altrui
perpetrate sulla rete, abbiano una portata
lesiva pressoché illimitata ed istantanea
e necessitino di una reazione
immediata e molto decisa. Diviene quinquelle
di typosquatting, ossia la registrazione
come domain names di variazioni
minime di marchi rinomati,
in tal senso sviando parte della clientela
potenziale degli stessi in ragione
di possibili problematiche linguistiche
oppure di typing. In entrambi i casi è di
prima evidenza la portata lesiva delle
violazioni, laddove concretano un grave
pregiudizio al segno distintivo altrui:
in un caso impedendo la registrazione
del domain name al soggetto legittimato,
nel secondo caso confondendo potenziali
utenti, e quindi clienti, del sito
“reale” dell’azienda che vengono dirottati
su illeciti siti satellite, nel peggiore
dei casi siti in cui – oltre alla violazione
del segno distintivo – viene non di rado
perpetrata anche una contraffazione
dei prodotti dell’azienda cui il segno
violato appartiene. Ipotesi conclusiva
e, sebbene diversa, assimilabile alle
precedenti, è quella rappresentata dalla
violazione del segno distintivo altrui
del cd. domain grabbing. Nel domain
grabbing un soggetto terzo registra a
nome proprio quale nome a dominio
il marchio altrui, per poi, con modalità
mi si conceda di definire “simil-estorsive”,
tentare di rivenderlo al soggetto
interessato in quanto proprietario del
marchio.
Quali sono i rimedi predisposti
dall’ordinamento a tali gravi fenomeni
contraffattivi che si verificano nella
rete?
di di primario rilievo la possibilità offerta
dal legislatore europeo prima, e italiano
poi, di ricorrere a strumenti quali quelli
legati ai provvedimenti cautelari d’urgenza.
Il singolo imprenditore, infatti,
una volta ravvisata la violazione al proprio
titolo di privativa industriale, può
ottenere una misura cautelare volta a
far cessare nel minor tempo possibile
la violazione, contestualmente ponendo
le basi per poter essere concretamente
ed effettivamente risarcito dei danni subiti.
Provvedimenti cautelari tipicamente
industrialistici quali la descrizione, il
sequestro, l’inibitoria, oppure specifici
ordini del giudice, come ad esempio il
ritiro dal mercato dei prodotti o la modifica
o cancellazione del domain name,
possono rappresentare una prima
– ma assai efficace e tempestiva – reazione
alla violazione subita. Una tutela
anticipatoria che è in grado di garantire
al titolare di un diritto di privativa industriale
una sorta di “vittoria anticipata”,
conseguibile in tempi ragionevoli.
Potremmo pertanto dire che anche
per la proprietà industriale Internet
evidenzia pro e contro?
Internet rappresenta uno strumento comunicativo
e commerciale le cui potenzialità,
anche in termini di sviluppo e
crescita per la singola azienda, possiamo
ben definire formidabili. Parallelamente
al crescere della forza comunicativa
del brand, se utilizzato nella rete, aumenta
anche la dirompenza della violazione,
se perpetrata attraverso il web. E’ quindi
necessario che la strategia imprenditoriale
– accanto al marketing aziendale che
in Internet diviene spesso vero e proprio
volano di crescita del proprio business –
non trascuri tuttavia l’importanza di un’adeguata
ed efficiente tutela giuridica della
ricerca e dell’innovazione aziendale, anch’essa
di importanza vitale. Obbiettivo
questo che deve essere perseguito
anzitutto conseguendo preventivamente
diritti di privativa industriale sul frutto
della propria ricerca ed innovazione e
– in secondo luogo – reagendo in maniera
rapida e decisa contro eventuali comportamenti
contraffattivi, azionando i titoli
di proprietà industriale dei quali l’imprenditore
abbia ottenuto la concessione anche
in via cautelare d’urgenza. Il nostro
ordinamento, a parer mio, offre strumenti
adeguati per ottenere una compiuta tutela
e valorizzazione dell’attività della singola
impresa, garantendole al tempo stesso
sia lo spazio “virtuale” utile e necessario
ad una sua compiuta crescita commerciale
e comunicativa, sia i mezzi per reagire
con la dovuta tempestività a fenomeni
usurpativi enormemente amplificati dalla
rete in termini di potenzialità lesiva.
Aldo
Fittante
Avvocato in Firenze e Bruxelles, docente in Diritto della Proprietà Industriale
e ricercatore Università degli Studi di Firenze, già consulente
della “Commissione Parlamentare di Inchiesta sui Fenomeni
della Contraffazione e della Pirateria in Campo Commerciale” della Camera
dei Deputati.
www.studiolegalefittante.it
L’AVVOCATO RISPONDE
49

I libri del
Mese
Davide Astori ci sono storie che...
Presentato al Circolo Rondinella del Torrino a Firenze
un libro dedicato al giovane capitano della Fiorentina
recentemente scomparso
Immagini e testimonianze ripercorrono la storia dell’uomo e del
calciatore ormai entrato nel cuore e nella memoria dei fiorentini
Testo e foto di Barbara Santoro
Lo scorso 9 maggio, nella cornice
del Circolo Rondinella del
Torrino in Oltrarno a Firenze, è
stato presentato il libro Davide Astori ci
sono storie che…, dedicato al giovane
capitano della squadra viola recentemente
scomparso. I due autori, Marcello
Mancini (ex direttore del quotidiano
La Nazione e capo redattore de Il Giornale)
e Mario Lancisi (inviato de Il Tirreno
e redattore del Corriere Fiorentino),
hanno illustrato il volume edito da Polistampa
davanti ad un folto pubblico.
Il testo ripercorre i giorni difficili vissuti
dai fiorentini partendo dalla trasferta
della squadra ad Udine e arrivando
alla sfida contro il Benevento, giocata
dalla Viola, per la prima volta senza
il suo capitano, in uno stadio stracolmo
di tifosi ancora increduli per quanto
accaduto. Sfogliando le centoventicinque
pagine del libro, ci imbattiamo in
atmosfere diverse, a partire dal funerale
celebrato dal cardinale Betori in una
piazza Santa Croce mai così affollata:
diecimila persone di tutte le età, fuori
da quella basilica nata come sacrario
degli uomini illustri. Lacrime, commozione,
preghiere, sventolio di bandiere
viola, laici e cristiani, celebrità e uomini
comuni stretti in un unico grande abbraccio,
quasi a riscoprire la sacralità
di quel luogo. La stessa piazza dove
fu giocata la partita più nota del calcio
storico, quel 17 febbraio 1530 quando i
fiorentini, assediati dall’esercito di Carlo
V, dimostrarono con grande orgoglio
quanto se ne “infischiassero” dell’esercito
nemico. Si è parlato di un calcio
“dal volto umano”, in quelle tristi giornate
in cui Firenze si è stretta intorno al
proprio capitano. Non più rivalità, non
più avversari. Ogni squadra è arrivata
Copertina del libro
50
DAVIDE ASTORI

Un momento della presentazione che ha visto la presenza tra gli altri relatori del sindaco di Firenze Dario Nardella
solo per testimoniare solidarietà, affetto,
amicizia. Anche la Juve, da sempre
nemica giurata della Fiorentina, è stata
accolta da un applauso, a dimostrazione
di come la rivalità calcistica passi in
secondo piano difronte ad una vicenda
umana così tragica. Parafrasando il titolo
del libro, potremmo dire: ci sono
storie che fanno della fragilità una forza
e che restituiscono valore alle cose della
vita; ci sono storie che cancellano antiche
rivalità e che rendono Firenze una
città unica al mondo, una sorta di nuova
Gerusalemme celeste, come amava
dire Giorgio La Pira, il sindaco santo. Il
libro, edito da Mauro Pagliai, presenta
una ricca documentazione fotografica
realizzata da Fotocronache Germogli e
David Bruno. Hanno partecipato alla serata
il sindaco di Firenze Dario Nardella,
che ha firmato la prefazione del libro,
l’assessore allo Sport Andrea Vannucci
e Giovanni Carta, portavoce del sindaco.
Presente, inoltre, l’artista Grazia
Tomberli, autrice di due ritratti del giovane
Davide Astori. La serata è stata
moderata dal giornalista di Lady Radio
Mario Tenerani.
Da sinistra, Barbara Santoro con Grazia Tomberli, autrice dei due ritratti di Davide Astori, e l’editore
del libro Mauro Pagliai
DAVIDE ASTORI
51

Eccellenze italiane
nel Mondo
Il bergamotto, principe
degli agrumi
Da molti definito l’oro di Calabria, ha straordinarie
proprietà curative e molteplici impieghi in
ambito alimentare, farmacologico e profumiero
Ne parliamo con l’imprenditore calabrese Aldo Viscomi,
titolare di BergaCal, azienda leader nella creazione di
prodotti al bergamotto
di Lucia Raveggi
Se c’è qualcosa di buono nell’animo
umano, ebbene questo è
il desiderio di superare i propri
limiti e di misurare i propri sogni.
Quando questo accade grazie
ad un’iniziativa di tipo commerciale
o imprenditoriale, la soddisfazione è
massima. Immaginiamo quanto debba
ulteriormente esserlo se ciò capita
ad un’azienda calabrese che deve
affrontare non poche difficoltà legate
al contesto. Ecco perché abbiamo
deciso di dare spazio ad Aldo Viscomi
e al suo BergaCal, azienda leader
nella creazioni di prodotti al bergamotto.
Bergamotto, un agrume che possiamo
definire unico. Siamo d’accordo?
Come non esserlo? Parliamo di un
agrume unico nel suo genere, la cui
crescita è limitata per il 95% alla sola
Calabria, in circa 150 chilometri di
costa che vanno da Villa San Giovanni
a Monasterace. Le sue origini restano
ancora un mistero, nonostante
la ricca letteratura botanica.
Possiamo dare un’idea delle proprietà
curative del BergaCal, che è
appunto a base di bergamotto?
Vale la pena di approfondire questo
aspetto. La buccia del bergamotto
contiene ben 360 sostanze medicamentose,
riconosciute peraltro dalla
farmacopea mondiale. Inoltre, il succo
è ricco di polifenoli che possiedono
proprietà antiossidanti, antinfiammatorie
e vaso protettive, nonché ipolipemizzanti
ed ipoglicemizzanti. Abbiamo
deciso di mettere sul mercato il Bergacal
al termine di lunghi studi, cercando
di valorizzare al meglio le peculiarità di
questo agrume.
Quali sono nello specifico i prodotti
Bergacal e cosa curano?
Il distillato di bergamotto, ottenuto
dalla buccia attraverso un particolare
processo di distillazione
dell’essenza, trova largo impiego
come antisettico della cute e del
cavo orofaringeo, come antireumatico
ed antinfiammatorio locale,
nella cura dei geloni, della psoriasi,
dell’acne pustolosa e come regolante
della sebo-secrezione in caso
di pelli grasse ed impure. Svolge,
inoltre, un effetto calmante e sedativo,
utile per stati di agitazione,
depressione, paura ed insonnia.
Proprietà curative davvero notevoli…
Sì, è proprio così! Del resto, stiamo
parlando dell’oro verde di Calabria,
un vero e proprio principe degli
agrumi!
Per quanto riguarda il succo, invece,
quale impiego ne viene fatto?
Il succo di bergamotto si usa nella
prevenzione delle patologie cardiovascolari;
in particolare, i derivati di
due flavonoidi contenuti nel succo,
esperetina e narigenina, possiedono
una struttura simile al substrato
dell’enzima HMG-CoA reduttasi
epatica (enzima coinvolto nella sintesi
del colesterolo); il loro compito
è inibire l’azione di questo enzima
comportandosi come delle statine.
Anche il derivato glicosidico della
narigenina inibisce tale enzima. Ne
deriva che il succo di bergamotto riduce
i livelli di colesterolo.
Le straordinarie proprietà di questo
agrume sono attestate scientificamente?
Sì, ci sono studi di diverse università
in merito all’utilità dei polifenoli del
52
BERGACAL

ergamotto per contrastare la ritenzione
idrica, i problemi alla prostata, lo
stress ossidativo ed altre patologie anche
molto serie.
Dove possiamo acquistare i prodotti
Bergacal?
Sono distribuiti nelle farmacie e nelle
erboristerie ed è possibile inoltre
acquistarli collegandosi al sito www.
bergacal.com, con spedizione a domicilio
entro tre giorni lavorativi.
Questo agrume è forse l’unico prodotto
che rende la Calabria protagonista
assoluta del mercato?
Il bergamotto è un’eccellenza tutta calabrese
che da tempo desta l’attenzione della
ricerca scientifica internazionale proprio
per le sue eccezionali proprietà. A volte
penso sia un vero peccato che le istituzioni
locali non decidano di investire in questo
dono di Dio! La filiera del bergamotto
non conosce limiti di applicazione; si va,
infatti, dall’industria profumiera a quella
medica, alimentare e cosmetica. La grandezza
di questo prodotto sta nel fatto che
la produzione non può essere delocalizzata
e quindi non deve temere, a differenza di
altri prodotti, la concorrenza asiatica e nello
specifico quella cinese.
Si può sperare che anche in Calabria,
come in altre regioni italiane
più evolute dal punto di vista industriale,
si comprenda che aziende
come la vostra rappresentano una
ricchezza per l’intero territorio?
E’ quello che mi auguro, anche perchè
in questo momento di crisi economica,
il bergamotto potrebbe essere una delle
principali risorse della nostra regione,
essendo un agrume indissolubilmente
legato al territorio in cui cresce.
L’ultima domanda riguarda proprio
la concorrenza, perchè immagino
dobbiate comunque confrontarvi
con i competitor presenti sul mercato.
Essere sul mercato vuol dire necessariamente
andare incontro alla concorrenza.
In un mondo globale è necessario identificare
soluzioni ai problemi di competitività
dei singoli territori, studiando
strategie efficaci sia a livello locale che
globale. Particolarmente importante è
stabilire sinergie con soggetti complementari
e puntare sull’innovazione tecnologica.
Anche se il nostro bergamotto
ha avversari in Costa d’Avorio e non solo,
la qualità non è la stessa. Un complesso
di climi, microclimi ed altri fattori
presenti soprattutto nella fascia ionica,
fanno sì che il bergamotto calabrese sia
il migliore in termini di qualità.
L’imprenditore calabrese Aldo Viscomi, titolare di BergaCal
www.bergacal.com
info@bergacal.com
+39 339 52 43 609
+39 330 81 59 30
+39 0961 96 30 17
BergaCal
Una selezione di prodotti BergaCal
BERGACAL
53

Firenze
Mostre
Romano Dini
Al Museo Casa di Dante una mostra dello scultore
toscano dedicata ai personaggi e alle atmosfere della
Divina Commedia
di Sergio Neri / foto courtesy dell’artista
L’amore per la Divina Commedia
accompagna da sempre lo scultore
Romano Dini; gli uomini, le
storie, le atmosfere del capolavoro dantesco
sono parte integrante della sua
realtà culturale e personale. Dal primo
incontro con Dante sui banchi di scuola
è nata una passione che, sostenuta
dall’entusiasmo, l’ha portato a sviluppare
la sua creatività attraverso un articolato
progetto artistico: dare presenza, forza e
voce ai personaggi danteschi, modellando
la terra rossa senese in forme iconiche
e ieratiche. Conoscere, interpretare
e dare forma e contenuto alla bellezza è
un obbiettivo forse utopico, ma nel caso
di Romano Dini e della “sua” Commedia
si è trattato di un’esigenza interiore, una
sfida con se stesso per dare alti valori e
chiari contenuti alla sua ricerca artistica.
Avvicinarsi a Dante e alla sua opera con
la volontà di interpretarla prima e di raccontarla
poi presuppone una bella dose
di coraggio; provare a mettere in figura
le sue più alte espressioni poetiche testimonia,
invece, la voglia di esprimere
e di condividere forti sentimenti ed intense
emozioni. In un passato abbastanza
lontano Romano Dini ha intrapreso
un viaggio nel tempo partendo dai colori
e dai valori della sua terra d’origine (la
Toscana) per arrivare nella “selva oscura”,
illuminata dalla luce del fiorentino
Dante Alighieri. E’ così che ha incontrato
Virgilio, Beatrice, Filippo Argenti, Farinata
degli Uberti, Caronte, il Conte Guido
Guerra: incontri fondamentali che con la
sua sensibilità ha voluto raccontare per
rendere tutti noi partecipi e protagonisti.
Questa mostra rappresenta, quindi,
il punto di arrivo di una tappa importante
del viaggio dantesco di Romano Dini.
Una mostra densa di significati che
si svolge a Firenze nel Museo Casa di
Dante, spazio d’eccellenza non solo per
conoscere l’Alighieri e la sua opera ma
Caron dimonio
54
ROMANO DINI

anche per approfondire i luoghi e i tempi
dentro i quali quest’opera è nata e ha trovato
motivazione e ispirazione. Ecco che
i lavori di Romano Dini dialogano a stretto
contatto con testimonze, documenti e
opere d’arte che ci parlano di Dante e del
suo tempo. In questo dialogo le sculture
dantesche di Dini sono presenti con
una potente forza espressiva che riesce a
fondere, con ritmo ed equilibrio, il rigore
delle forme con la densità della materia.
Inferno, Purgatorio e Paradiso diventano,
nelle sculture dell’artista toscano, la
trama di un suggestivo racconto nel quale
i personaggi conquistano significato e
valore esprimendo sensazioni attraverso
l’intensa gestualità del proprio corpo. Romano
Dini riesce a far parlare dannati e
beati: ascoltiamoli con attenzione. Hanno
molte cose da dire per aiutarci a capire
noi, la nostra storia e prima di tutto la Divina
Commedia.
Dalla selva oscura alla dritta via…
Le sculture dantesche di Romano Dini
4 luglio 2018 - 20 gennaio 2019
Inaugurazione 4 luglio ore 18.30
Museo Casa di Dante
Via Santa Margherita 1 - Firenze
Dante e Beatrice
Il Conte Guido Guerra
Nato a Laterina nel 1955, Romano
Dini vive e lavora a
Moncioni (frazione di Montevarchi),
antico borgo ai piedi delle
colline del Chianti. Le sue sculture
sono presenti in importanti musei e
in prestigiose collezioni private. Ha
tenuto esposizioni personali e collettive
in molte città italiane ed estere.
Numerosi i riconoscimenti nazionali
ed internazionali ricevuti nel corso
della sua carriera.
www.diniromanosculture.it
Romano Dini
ROMANO DINI
55

Firenze
Mostre
Presenze nell’arte contemporanea
Maestri del passato e artisti emergenti a confronto nel
Salone Donatello della Basilica di San Lorenzo a Firenze
di Silvia L. Matini / foto courtesy NAG Art Gallery
Sylvia Loew, Shun, marmo bianco di Carrara,
cm 29x40x140, 2017
L’installazione di Federico Montaresi
Il 2 giugno si è inaugurata nel Salone
Donatello della Basilica di San Lorenzo
di Firenze la mostra Presenze nell’arte
contemporanea. Emergenti del XXI secolo
e Maestri del XX secolo: Carrà, Sironi,
Rosai, Guttuso, Annigoni. Promossa
da NAG Art Gallery e curata da Vincenzo
Nobile, l’iniziativa ha rinnovato la collaborazione
tra la galleria di Pietrasanta e l’Opera
Medicea Laurenziana, promuovendo
all’interno di uno dei luoghi simbolo della
Firenze rinascimentale il dialogo tra arte
del passato e arte del presente. Artisti e
artiste provenienti da tutto il mondo hanno
colto l’occasione di esporre in questa location
d’eccellenza accanto a maestri del
Novecento italiano quali Carlo Carrà, Mario
Sironi, Ottone Rosai, Renato Guttuso e
Pietro Annigoni. Hanno risposto alla chiamata
sia artisti affermati con una solida
carriera alle spalle, sia giovani proposte alla
ricerca di un proprio spazio nel panorama
artistico contemporaneo. Rispetto alla
mostra MMXVII pCn. Il cammino dell’uomo
tra arte e fede da Ugo Guidi a Igor Mitoraj,
organizzata lo scorso anno sempre
da NAG nel Salone Donatello, che aveva
stimolato i partecipanti a sviluppare il controverso
tema del rapporto tra arte e fede,
in questa occasione gli artisti sono stati lasciati
liberi di esprimersi senza alcun vincolo
tematico, tecnico o espressivo. Per
citare Vincenzo Nobile: «Agli artisti è stato
richiesto di mostrare la propria concezione
dell’arte, una selezione hic et nunc
della propria poetica artistica, sapendo
che sarebbero stati accostati, nella cripta
della Basilica di San Lorenzo, ad alcuni
dei maestri del XX secolo». La mostra,
sin dalla giornata inaugurale, ha registrato
una grande affluenza di pubblico: più di
2.500 visitatori solamente nella prima settimana
di apertura. Sull’onda di un così
entusiastico riscontro e di fronte alla richiesta
di altri artisti affiliati alla galleria di
aderirvi, Nobile ha deciso di proseguire l’iniziativa
con una “parte II”, che si terrà negli
stessi spazi dal 7 al 29 luglio. Accanto
alle creazioni dei nuovi partecipanti saranno
riproposte quelle degli artisti che hanno
destato maggiore interesse da parte
del pubblico e della critica. Colpisce subito
l’occhio del visitatore all’inizio del percorso
espositivo di 1000 metri quadrati, il
grande ritratto dell’avvocato Agnelli, commissionato
da Giulio Andreotti a Lorenzo
D’Andrea, che con notevole maestria è
riuscito a cogliere la levatura di una delle
personalità più importanti e complesse
degli ultimi decenni di storia italiana. L’opera
che ha suscitato maggiore clamore è
indubbiamente Continuum, l’installazione
realizzata da Federico Montaresi. La produzione
del giovane artista spezzino è fortemente
influenzata dal linguaggio e dalla
personalità di Maurizio Cattelan, al quale
certamente lo avvicina il gusto per la provocazione.
L’installazione, che amplifica la
riflessione sullo spazio-tempo avviata con
la serie ispirata ai buchi neri, consiste in un
eccentrico acquario a forma di clessidra,
abitato da un pesciolino nero, all’interno
della quale l’acqua fluisce compiendo un
ciclo perpetuo. Di forte impatto sono anche
i lavori della giovane artista messicana
Dulce Luna, la quale propone ritratti femminili
che esprimono la loro controversa
interiorità attraverso attributi di sapore
surrealista e che obbligano l’osservatore
a riflettere sulla condizione femminile ai
giorni nostri. Saranno mantenute a luglio,
inoltre, le tele di grande formato realizzate
dall’artista rumena Anca Stefanescu, in cui
il rapporto tra realtà e fantasia è rielabo-
56
FIRENZE MOSTRE

ato in chiave pop attraverso una sapiente
commistione di media artistici, esposte in
mostra di fronte ai suggestivi ambienti realizzati
da Ana Farid con pennellate pastose,
fortemente gestuali che sfiorano l’astrazione.
Sul sottile confine che divide realismo
e astrazione si muovono anche i paesaggi
di John Shelton, da segnalare per il magistrale
trattamento della materia pittorica
che si sfalda in un’esplosione di luce. Ma è
il pittore versiliese Lorenzo D’Angiolo a fare
della luce il fulcro di tutta la propria speculazione
artistica, ottenendo, attraverso
un uso precisissimo del pennello un nitore
dagli accenti quasi mistici. Anche la pittrice
piacentina Luisella Traversi Guerra si focalizza
sul colore che dispone con caotica
precisione, ricercando nei suoi dipinti una
dimensione musicale. Nelle opere di Caterina
Ruggeri si assiste, invece, alla dematerializzazione
del soggetto all’interno del
colore alla quale fa da contraltare la forte
matericità delle tecniche e dei supporti. Tra
le sculture si distinguono quelle della brasiliana
naturalizzata italiana Sylvia Loew che,
a dispetto delle notevoli dimensioni delle
opere, riesce a lavorare il marmo con decisione
e delicatezza alla ricerca di rappresentazioni
essenziali ispirate alla figura umana,
e quelle della biellese Cecilia Birsa, che posseggono
un’anima quasi “primordiale”, caratteristica
enfatizzata dalla selezione pietre
di età paleozoica come mucronite, serpentino
e migmatite.
Presenze nell’arte contemporanea.
Emergenti del XXI secolo e Maestri del
XX secolo: Carrà, Sironi, Rosai, Guttuso,
Annigoni
2/24 giugno e 7/29 luglio 2018
Salone Donatello
Basilica di San Lorenzo
Firenze
Da lunedì a sabato 10.00/17.00
Domenica 13.30/17.00
Ingresso libero
Cecilia Birsa, L’arcuata, micronite, cm 35x36x20, 2015
Dulce Luna, Boca del Infierno, olio su tela, cm 25x20, 2018
John Shelton Morning sunrise, olio su tela, cm 40x30, 2010
Caterina Ruggeri, CR467, pigmenti su acciaio
corten, cm 95x95, 2017
Luisella Traversi Guerra, Concerto di
colori, tecnica mista, cm 70x60, 2016
Anca Stefanescu, Entitled to miracles, tecnica
mista, cm 180x130, 2017
Ana Farid, Inside, olio su tela, cm 90x90,
2015
Lorenzo D’Andrea, Ritratto di Giovanni
Agnelli, olio su cartone, cm
76x115, 2002
Lorenzo D’Angiolo, La luna nel pozzo,
cm 78x54
FIRENZE MOSTRE 57

A cura di
Elena Maria Petrini
Atlantis
A Palazzo Guicciardini la prima mostra fiorentina di
Massimo Catalani
Testo e foto di Elena Maria Petrini
Venerdì 4 maggio è stata inaugurata,
presso lo Studio Legale Associato
Giani-Moscardini con
sede nella meravigliosa cornice del Palazzo
Guicciardini a Firenze, al cui interno si
trova anche la sede legale di Opera Catering
di Carmelo Abbate, la mostra Atlantis,
che riunisce venticinque opere dell’architetto
e artista visivo Massimo Catalani. La
mostra si compone per lo più di opere inedite,
per un totale di ventitrè dipinti e due
sculture che illustrano la sua indagine tutta
particolare sulla dimensione umana e il
mondo naturale, con l’uso di materiali come
terre, pozzolane, sabbie vulcaniche e
silicee, ma anche pigmenti, ossidi, limature
e saliluminescenti. L’amore per l’arte e
per la natura porta quest’artista, contraddistinto
da una forte propensione verso la
composizione architettonica, ad analizzare
il panorama umano, con le sue fragilità,
le sue emozioni e l’ineluttabile transitorietà
delle vicende terrene. Attingendo dalle sue
esperienze architettoniche e di alcuni suoi
mentori, Massimo Catalani ha ampliato
i propri studi verso i campi dell’estetica
e della semiotica, combinando sapientemente
la lunga tradizione edilizia e costruttiva
italiana con la sua particolare tecnica
pittorica, elaborando uno stile personale
e riconoscibile. Di lui scrive lo scrittore e
drammaturgo Vincenzo Cerami: «L’immagine
è di qualcuno che ha liberato il tavolo
di lavoro con un’ampia sbracciata e ha deciso
di cominciare tutto daccapo, ha deciso
di fare tabula rasa e affrontare subito la
pre-istoria, senza porsi alcun problema di
scuole pittoriche o sterili estetiche concettuali.
E questo solo perché Massimo Catalani,
per indole, per candore o per partito
preso, è convinto che un fiore che nasce in
un porcile è bellissimo come un fiore che
sboccia in un giardino. Lui parte da qui».
Cerami, inoltre, sottolinea come Catalani
sia in fondo un “provocatore” nella sua visione
essenziale delle tragedie del mondo,
che sono nel contempo, e paradossalmente,
“inessenziali”, in quanto non rappresentabili
poiché inesistenti, e cita il poeta
Attilio Bertolucci: «Assenza, più acuta presenza».
Insomma, da mostro Leviatano,
il centro planetario si trasforma in balena,
un qualcosa che è nostro “cugino”, geneticamente
più simile a noi, per la forma di
L’artista durante una performance con il vino rosso su carta
Un’opera di Massimo Catalani
intelligenza e la capacità di creare legami
sociali, e che in fondo ci ricorda che siamo
tutti “qui” e “ora” pronti ad affrontare un
futuro incognito che ci attende.
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MASSIMO CATALANI

Eventi in
Toscana
Volkswagen protagonista
al Firenze Rocks
La T-Roc della casa automobilistica tedesca è stata
l’auto ufficiale del festival
di Beatrice Botticelli / foto Alessandra Ricco
T-Roc è stata l’automobile ufficiale
del Firenze Rocks. Protagonista
dell’evento, uno dei più importanti
festival musicali europei, la nuova arrivata
della casa automobilistica tedesca è stata
presente con Volkswagen Firenze in tutte
le date della manifestazione (che si è svolta
dal 14 al 17 giugno) con uno stand allestito
apposta per l’occasione e visitato da
numerose persone. Questa partnership è
rientrata nella decisione presa dalla società
automobilistica tedesca di investire
sul pubblico dei concerti e sul mondo del
live, che negli ultimi anni è divenuto settore
trainante dell’intera industria musicale.
I nuovi clienti di Volkswagen Firenze, dal
28 febbraio 2018, hanno avuto l’opportunità
di partecipare al Contest Volkswagen
Firenze ti porta a Firenze Rocks, un
concorso che ha permesso di vincere i
biglietti di ingresso alle date delle esibizioni
e per pochissimi fortunati anche la
VIP Experience, con i biglietti fronte palco.
Il cast del Firenze Rocks è stato di primo
livello: Foo Fighters, Guns ‘n’ Roses,
Iron Maiden e Ozzy Osbourne sono saliti
sul palco della Visarno Arena di Firenze
(Parco delle Cascine). Il festival è prodotto
e organizzato da Live Nation Italia, che
ne ha curato anche le partnership commerciali.
Il crossover di casa Volkswagen
unisce le dimensioni di una vettura compatta
e il dinamismo di un suv in un’auto
che offre possibilità di personalizzazione
mai viste prima. Nata per chi ama essere
unico e originale in ogni contesto,
grazie al design innovativo e alla sua dotazione
tecnologica di ultima generazione,
T-Roc è l’auto perfetta per chi sa accettare
le sfide di ogni giorno.Volkswagen Firenze,
inoltre, è concessionaria ufficiale
del Brand Volkswagen per Firenze e provincia.
Fa parte del Gruppo Eurocar Italia
SRL, di proprietà di Porsche Holding
GmbH (AUT), la più grande azienda di distribuzione
automobilistiaca in Europa,
operante in 21 paesi europei, così come
in Colombia, Cile, Cina, Malesia e Singapore.
La Vision di Porsche Holding è quella
di essere il punto di riferimento per la
mobilità, offrendo servizi efficienti e orientati
al cliente. In Italia dal 2004 con le sedi
del Friuli Venezia Giulia, nel 2017 Eurocar
Italia ha venduto 12.000 vetture nuove e
6.000 vetture usate. Infine, Volkswagen
Firenze è l’unica concessionaria in Italia
che ha a disposizione Pick&Drive, la possibilità
di scegliere, acquistare e ritirare
la tua nuova Volkswagen in sole tre ore.
«L’idea di sponsorizzare il Firenze Rocks
– spiega Marco Agostini, Volkswagen
manager – è nata con l’uscita del nostro
modello di punta, ovvero la T-Roc, che oltre
ad avere una similitudine con il nome
della manifestazione, copre tutte le fasce
d’età, proprio come chi si approccia alla
musica rock: una musica che si rivolge
a tutti e che è di stimolo per tutti. E
lo abbiamo fatto con Volkswagen Firenze
che è di proprietà di Porsche Holding
GmbH (AUT), la più grande azienda di distribuzione
automobilistica in Europa. Per
quanto riguarda il futuro stiamo vagliando
le possibilità ma ci piacerebbe proseguire
il connubio tra motori e musica rock».
Niccolò Paolillo, coordinatore marketing Volkswagen Firenze, e Silvia
Manconi, ufficio marketing Volkswagen Firenze
Lo stand di Volkswagen Firenze all’interno della Visarno Arena
VOLKSWAGEN
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A cura di
Elena Maria Petrini
Il Ciauscolo, un’eccellenza marchigiana
per gli amanti dei salumi
di Elena Maria Petrini / foto Maurizio Mattei
Cosa sia il Ciascuolo ce lo racconta
direttamente una delle
migliori aziende che lo produce:
Re Norcino a San Ginesio, 696 metri di
altitudine, nel territorio maceratese dei
Monti Sibillini. Qui si produce questo
ghiotto salume marchigiano al cento
per cento, che viene realizzato utilizzando
tagli di carni suine rigorosamente
italiane: spalla, rifilature di prosciutto
e pancetta grassa; poi all’impasto viene
aggiunto anche il lardo e tutto viene poi
tritato finemente fino ad ottenere un impasto
morbido, condito infine con sale,
aglio, vino rosso e spezie. Dopo aver riposato,
l’impasto viene insaccato in un
budello di suino o di bovino e una volta
legato a mano con spago di canapa
può passare alla fase di stagionatura,
per una durata minima di tre settimane;
talvolta è ammessa anche una leggera
affumicatura. Ciò che distingue
il Ciauscolo è la consistenza morbida
che lo rende spalmabile sul pane. Al taglio
la fetta presenta un bel colore roseo,
a grana molto fine ed omogenea;
il profumo è aromatico e caratteristico,
deciso e speziato; al gusto è saporito
ma delicato e molto gradevole.
La produzione del Ciauscolo affonda le
sue radici nelle sapienti tradizioni secolari
del mondo contadino e rurale e
le ormai consolidate tecniche di lavorazione,
conservazione e stagionatura
gli hanno valso, nell’agosto del 2009,
il riconoscimento di IGP, con una ben
determinata zona di produzione, collocata
in alcuni comuni delle province di
Ancona, Macerata e Ascoli Piceno, ed
un preciso disciplinare che regola tutto
nei minimi dettagli: dalle razze suine
ammesse ai tagli di carne, dagli additivi
consentiti alle temperature di stagionatura.
Generalmente viene consumato
fresco dai 20 ai 30 giorni, fino ad un
tempo massimo di due mesi dalla preparazione.
È ottimo come spuntino sul
pane o bruschette e si abbina molto bene
a vini e formaggi marchigiani in primis,
come ad esempio alla Vernaccia di
Serrapetrona, ma anche ad altri vini toscani
ed italiani. Secondo la complessa
definizione etimologica il termine Ciauscolo
deriverebbe dal latino “ciabusculum”,
ossia “piccolo cibo” o “piccolo
pasto”; un piccolo spuntino, sì, ma di
grande gusto e tradizione.
Al centro, Giuseppe Vitali e Stefano Antognozzi, titolari dell’azienda Re
Norcino, insieme a Paolo Del Bianco, presidente della Fondazione Romualdo
del Bianco, ed Elena Maria Petrini, presidente di Arkiwine, durante
l’evento Eccellenze del Made in Italy all’Iclab svoltosi di recente
Firenze
Un momento dell’assaggio del Ciauscolo, a cui è stato abbinato un vino
Chianti dell’azienda Tenuta Moriano di Montespertoli che per l’occasione
ha realizzato un’etichetta ad hoc
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ARKIWINE

Artisti del Mugello a Firenze
Mostra di pittura, fotografia e incisione
A cura di Elisabetta Mereu
Dal 10 al 24 luglio 2018
Espongono gli artisti:
Antonella Albanese
Nikla Biagioli
Giovanna Corsini
Silvestro Forasassi
Patrizia Gabellini
Maria Galano
Marco Gorini
Francesco La Rosa
Ferruccio Rontini Jr (Feron)
Ulrike Schmitz-May
Vincenzo Volpi
Riprese televisive Toscana TV
per la rubrica Incontri con l’Arte
Inaugurazione martedì 10 luglio ore 18
Auditorium al Duomo
Via de’ Cerretani 54 r - Firenze

Sfaccettature
Fiorentine
A cura di
Giorgia Armellini
Lunedì: il giorno di riposo dei barbieri
Vi siete mai chiesti perché i parrucchieri/barbieri
sono chiusi
di lunedì? Ebbene questa tradizione
nasce proprio a Firenze e le
ragioni sono tutt’altro che simpatiche.
Le cronache narrano che intorno alla
metà del XVIII secolo Firenze venne
sconvolta dal brutale omicidio di una
giovane prostituta napoletana. Le dinamiche
furono presto chiare. La giovane
era stata sgozzata da un cliente
geloso con cui aveva avuto una discussione
sfociata poi nell’orrendo
delitto, e benché il fatto fosse avvenuto
in pieno giorno, nessuno sembrava
informato sull’accaduto. I poliziotti
iniziarono le indagini e in poco tempo
riuscirono a risalire ad un certo Antonio
di Vittorio Giani, barbiere nella
buca del portone di Anna Lena, in via
Romana. Il giovane, catturato ed interrogato,
non ci mise molto a confessare
l’orrendo omicidio e il lunedì
successivo, l’11 giugno, dopo giusta
sentenza fu impiccato fuori Porta alla
Croce davanti ad una folla formata per
lo più da colleghi che per l’occasio-
ne avevano chiuso la bottega. Quello
fu il primo lunedì che le botteghe dei
barbieri rimasero chiuse…
L’angelo maleducato
Fin dall’antichità “vai a quel paese”
è un intercalare comune del
colorito linguaggio fiorentino.
Spesso pronunciato senza astio, può
essere seguito dal così detto “gesto
dell’ombrello”. Fin qui semplice folclore
locale, ma se a servirsi di tale gesto
fosse un angelo? Sì, avete capito bene,
proprio un angelo. Su una formella di
marmo del portale laterale destro della
cattedrale di Santa Maria del Fiore che
fa parte, con altre sette, della decorazione
degli Angeli dell’Apocalisse realizzati
da Emilio Gallori e Cesare Zocchi intorno
al 1880, c’è un ricciuto giovanotto
con tanto d’ali piumate che con piglio
deciso ci rivolge proprio quel gestaccio.
Molte le interpretazioni. Secondo lo studioso
David Leavitt, la scultura rappresenterebbe
un messaggio cifrato da
parte dell’angelo dei sodomiti; secondo
altri, la postura delle braccia della celeste
creatura sarebbe piuttosto il tentativo
di tenere lontana la parete davanti a
lui, cercando di non rimanere schiacciato
dalla formella entro cui si trova. Qualunque
sia il significato rimane il fatto
che la gustosa leggenda all’origine della
diceria è così divertente che vale la pena
ricordarla. Una sera angeli e cherubini
si dettero appuntamento per una cenetta
nel cuore di Firenze. Quando a fine
pasto si trattò di decidere chi dovesse
pagare il conto, iniziarono a guardarsi
l’uno con l’altro, fino a raggiungere con
lo sguardo l’ultimo della serie che, cordialmente,
senza proferir parola, mandò
tutti elegantemente a quel paese.
62 SFACCETTATRE FIORENTINE