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MINGHÌ E L’ORGANO SCASSATO

racconto di Cristiano Cavina

illustrazione di Dimitri Fogolin

Minghì era lo scemo del villaggio, anche se noi avremmo picchiato

chiunque avesse osato chiamarlo così.

Quando frequentavamo le elementari, entrava all’intervallo

nel cortile della scuola con il suo Ciao, tra il terrore delle maestre,

per far dare gas ai bambini.

A noi che eravamo chierichetti e lo conoscevamo me glio, ci

faceva anche sedere sul sellino. Minghì era un orfano ed era sta -

to cresciuto dalle Suore Orsoline del convento. Era praticamente

nato e cresciuto in parrocchia e faceva il campanaro già dai

tem pi del povero Don Elvis.

Mentre i suoi coetanei crescevano, si innamoravano, andavano

in guerra o si univano ai ribelli che combattevano in montagna

– alcuni tornando e alcuni no – il destino di Minghì fu quello

di rimanere un bambino di sei anni in un corpo da uomo.

Quando entrava a scuola con il suo motorino ne aveva già

settanta, ma gli occhi luccicavano ancora per la meraviglia del

mon do, che per lui era sempre nuovo.

L’unica vera stranezza, per noi chierichetti che lo conoscevamo

meglio, era quella fissa di andare a pulire e lucidare, dopo la

messa delle nove, il vecchio organo sul balconcino del coro, in

fondo alla chiesa.

L’organo era un affare vecchio come il cucco, con i tasti bian-

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