n. 248 - Amici di Monte Mario

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ARTI E MESTIERI Borsette che passione Il suo volto è noto: l’abbiamo vista tante volte in Un medico in famiglia e perciò ci sembra di casa. È Anita Zagaria. Ora, dalla gestione del ristorante televisivo, è passata ad un laboratorio, questa volta non virtuale ma reale, che si trova in via Festo Avieno, dove confeziona particolarissime borse, alla maniera antica. Lavora nel tempo libero, 10 s’intende, perché la sua prima passione è sempre il teatro, insieme con cinema e tv, dove di recente ha partecipato a Butta la luna. Attratti dalla vetrina in cui sono esposti alcuni esemplari molto originali, siamo entrati e ci siamo trovati in un bazar, con velluti, tulle, merletti, scampoli di sete colorate, fra le quali troneggia la macchina da cucire. Per le sue borse, usa di tutto, dagli abiti vecchi, parti di pantaloni o di giacche, alle cravatte smesse, alle balze di gonne, ai tessuti di tappezzeria. E tanti bottoni di ogni foggia e misura che usa, non solamente per fermare le borse, ma come guarnizione. Confeziona pezzi unici, neri, blu, marroni e di tutti i colori, adatti per uscire di sera o capienti come una sacca da usare tutto il giorno. Materia prima, insomma, un po’ retrò, per un prodotto innovativo, disinvolto e scanzonato. Figlia di “nonno Libero” nella serie televisiva che ci ha lasciati tutti un po’ orfani, in attesa di una auspicata quanto vana ripresa, in realtà è napoletana, e in comune con Lino Banfi ha il cognome Zagaria, proprio come l’attore risulta all’anagrafe. Romana di adozione, Anna Zagaria vive a Monte Mario da quindici anni. Attrice e insieme artigiana, prima di confezionare borsette ha fatto cinema e teatro con Regillo e tanta pubblicità. S.G. Chiediamo scusa ai nostri lettori Se nelle pagine di questo giornale vi capita di leggere “Maria Militare”, invece di “Marina Militare” o “arista”, invece di “artista”, sappiate che questi non sono altro che refusi, ovvero errori dovuti a chi scrive o al correttore del computer che non riconosce tutte le parole del dizionario della lingua italiana e a volte suggerisce, come si suol dire “fischi” per “fiaschi”. Refuso è un errore di stampa e viene dal latino, e quindi dall’italiano rifondere, ed era dovuto a chi componeva le parole con il piombo. Ecco qui elencati i più buffi refusi degli ultimi tempi, un florilegio degli errori, in parte, a dire il vero, mai comparsi su queste pagine perché corretti prima di andare in stampa. Rubrica “dai giornali”: “grande pera a metà”, invece di “grande opera a metà”, riferito alla galleria Giovanni XXIII che si stava costruendo. In un pezzo sulle biblioteche: “scrittura romana”, invece di “cultura romana”. Ancora sul passante: “Rinascimento di cave”, invece di “Ripascimento di cave (termine tecnico che si usa quando si riimmette materiale). In un spazio pubblicitario del mese di gennaio 2005 “calendario del 2004 in vendita qui”. In un altro spazio pubblicitario la piuma di un pap- pagallo sfuggita alla rubrica: “Anche questo è Monte Mario”, al posto, ahimé, di un marchio di lavatrici. Scambio di dentali in “Libri”: “Casa editrice Mondatori”. In un pezzo sull’assemblea dell’Associazione Amici di Monte Mario, nostro editore “l’addio del Centro di Documentazione”, invece di “Avvio del Centro” che dovrà raccogliere migliaia di foto d’epoca, stampe e cartoline della zona. In una lettera “un quartiere che si succhia”, invece di “un quartiere che si svecchia”. Sullo sconto in farmacia, in un linguaggio simil spagnolo: “los conto”, invece de “lo sconto” e, non ultimo “Al mercato con il tutor”, nel momento in cui dai banchi si alzano grida e richiami “Che le apro stamattina”, invece di “Che teatro stamattina”. Più di recente “ai suoi punti si intarsiavano cuori”, invece che “ai suoi tempi” in un pezzo sui lucchetti a Ponte Milvio. E per ultimo “Alieno” invece di “Avieno”, la via di zona dove si compone il nostro giornale e profumo di “zagara” invece di “Zagaria”, l’attrice di cui si parla in “Arte e mestieri”. Refusi, insomma, che forse vi avranno divertito, ma che speriamo non compaiono più. Sirio
“Replay” di un giovane regista della Balduina: Giorgio Grasso Come tutti noi abitanti della Balduina ben sappiamo, nel nostro quartiere purtroppo non vi è nessuna sala cinematografica ma, questa grave mancanza non ha impedito ad un giovane nato e cresciuto proprio qui, di amare il cinema tanto da dedicarsi con intelligenza ed impegno alla regia cinematografica. Il suo nome è Giorgio Grasso ed è nipote di un personaggio che fu notissimo nel nostro quartiere: Virgilio, proprietario del bar omonimo di via Galimberti ed è figlio di Patrizia, l’attuale proprietaria. Nel suo nuovo film, che si intitola Replay, proiettato in questi giorni in una sala della capitale, il regista tratta con intelligenza e Un libro uscito quest’anno, intitolato Un “giusto” ritrovato – Karel Weirich: la Resistenza civile e il salvataggio degli ebrei in Italia di Alberto Tronchin, è degno di essere segnalato ai nostri lettori, poiché narra una storia che si svolse in viale delle Medaglie d’Oro 200, dove Weirich è vissuto dall’anteguerra fino alla morte avvenuta nel 1981. Il volume è arricchito da numerose fotografie. La prefazione è dovuta al prof. Francesco Leoncini, professore di Storia dei Paesi Slavi all’Universita Ca’ Foscari di Venezia, maestro dell’autore. Karel Weirich nacque a Roma nel 1906 da padre cecoslovacco, scultore che aveva vinto la borsa di studio “Premio di Roma” e che poi era rimasto in Italia. Karel frequentò le scuole elementari e poi il ginnasio – liceo al Pontificio Istituto S. Apollinare e al liceo Visconti. Si impiegò poi presso la Pontificia Opera di S. Paolo Apostolo e successivamente alla direzione delle Pontificie Opere Missionarie e fu collaboratore dell’Osservatore Romano. Dopo l’occupazione nazista della Cecoslovacchia (che l’autore scrive con la grafia corretta Ceco – Slovachia con il trattino e senza il raddoppio della “c”), vennero applicate in quella nazione le leggi antisemite, per cui molti ebrei emigrarono in Italia che ancora sembrava una meta sicura, benché nel 1938 anche qui il regime fascista avesse promulgato le famigerate leggi antiebraiche, che impedivano agli ebrei la possibilità di lavorare, e perciò questi profughi si trovarono senza alcun mezzo di sostentamento. Inoltre, nel 1940, Mussolini ordinò l’arresto e l’internamento di tutti gli ebrei stranieri in campi di concentramento. Karel Weirich allora pensò di fondare, insieme perizia un argomento che sembrerebbe scontato: l’evolversi di un rapporto di coppia. In questa difficile impresa egli si avvale dell’interpretazione di bravissimi attori quali Yassmin Pucci, convincente nel ruolo di Laura, Leandro Guerrini, attore emergente, nel ruolo di Stefano, Fabrizio Croci che interpreta Walter. Colpisce la sensibilità di questo bravo regista nel trattare tematiche che sembrerebbero vecchie, ma, rinnovate da un soffio di giovinezza e di originalità. Il film è annunciato da una frase di Blaise Pascal: “Il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce”. F. F. Un giusto fra le Nazioni: Karel Weirich ad altri suoi connazionali residenti in Italia non ebrei, un’associazione volta a fornire assistenza ai profughi cecoslovacchi: l’Opera di S. Venceslao, patrono della Cecoslovacchia. Dopo l’8 settembre 1943 e l’occupazione tedesca dell’Italia, Weirich diventò il principale rappresentante della Resistenza cecoslovacca, e perciò nell’aprile 1944 venne arrestato dalla Gestapo e condannato a morte. Per l’intervento del Vaticano che sostenne che Weirich era un proprio impiegato estraneo alle accuse che gli erano state mosse, la pena fu commutata in 18 mesi di lavori forzati da scontare presso il campo di Kolbermoor in Baviera, dove rimase fino al maggio del 1945, data della liberazione da parte delle truppe statunitensi. Gran parte dei documenti di Weirich dagli anni che vanno dal 1939 al 1944, miracolosamente, non furono scoperti dalla Gestapo, in quanto Weirich li aveva nascosti sotto le assi dei gradini delle scale della sua abitazione in viale delle Medaglie d’Oro. Prima di morire, per evitare che il suo archivio andasse perduto, lo affidò alla nipote Helena Weirichova che lo custodì nella sua abitazione a Treviso, dove l’autore del libro ha potuto intervistarla e consultare l’archivio, riproducendo fotograficamente i documenti (fra cui la corrispondenza con Mons. Giovanni Montini, le liste degli internati, le carte di identità false, ecc.). Il legame con il quartiere della Balduina è testimoniato anche da una Pietà che si trova sulla parete di ingresso all’interno della parrocchia di S. Pio X, opera del padre scultore di Karel e donato dalla famiglia alla parrocchia stessa. Luciana Frapiselli Interessi zero T.A. N 0/%, TAEG max 5.50, costi attivazione pratica variabili e non inclusi nel prezzo. Importo finanziabile minimo 150 € massimo 1500 €. 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