le acque e il vino - i segni dell'auser

tizzare che le strutture messe in luce, datate dalle stratificazioni fra II e III secolo
d.C., fossero almeno in parte funzionali all’attività casearia; il titolare del sigillo,
che poteva contrassegnare anche i formaggi, è noto da un secondo esemplare dalla
Val di Chiana, e – di conseguenza – parrebbe piuttosto l’organizzatore della rete
commerciale dei prodotti dell’allevamento, o un grande proprietario, che il modesto
abitante di una capanna della Valdinievole 35 .
Se si può immaginare che a Corte Carletti di Orentano, sul versante delle Cerbaie
che prospetta la piana dell’Auser/Serchio, la ‘tettoia’ frequentata fra l’avanzato II
e il III secolo d.C. fosse una ‘capanna di pastori’, coerente con le tipologie che
cominciano a popolare le iconografie del II e del III secolo, soprattutto nei sarcofagi
con scene pastorali, come il sontuoso esemplare di Iulius Achilleus, dello scorcio
finale del III secolo (fig. 11) 36 , il complesso del Tosso di Capannori ha dimostrato
che nel ‘recupero’ di insediamenti abbandonati, che sembra tratto saliente
dei paesaggi rurali tra l’avanzata età antonina e quella severiana, ha un ruolo significativo
anche la viticoltura.
Sono ancora le vicende dei due giovinetti innamorati di Lesbo a offrire una chiave
di lettura coerente con questi dati, pur frammentari e spesso casuali.
Al momento della vendemmia 37 , nel pieno dell’autunno, tutti coloro che lavorano
nella grande proprietà sono impegnati nella raccolta dell’uva e nella vinificazione,
in un impianto rinnovato per l’evento, coerente con il tipo ‘palladiano’ (calcatorium-lacus–dolia):
nella narrazione di Longo, si approntano le lenoi (le vasche per
calcare l’uva), si mondano i dolii (pithoi), e si attende alle lavorazioni sussidiarie:
preparare i canestri di vimini, affilare i falcetti, scegliere pietre per la spremitura
delle vinacce nel torchio, allestire torce per il lavoro notturno. Anche Dafni e
Cloe, pastori, sono chiamati a queste liete fatiche, concluse da grandi feste agresti:
Dafni raccoglie l’uva nei cesti di vimini, la pigia nella lenos, trasporta il mosto
35 CIAMPOLTRINI et alii 2000, pp. 271 ss.
36 ANDREOTTI – CIAMPOLTRINI 1989, pp. 401 ss.; CIAMPOLTRINI et alii 2000, pp. 274 ss., fig. 9,
anche per ulteriori riferimenti bibliografici.
37 LONGI, Pastoralia, I, 2, 1:Ἤδη δὲ τῆς ὀπώρας ἀκμαζούσης καὶ ἐπείγοντος τοῦ τρυγητοῦ πᾶς ἦν κατὰ
τοὺς ἀγροὺς ἐν ἔργῳ: ὁ μὲν ληνοὺς ἐπεσκεύαζεν, ὁ δὲ πίθους ἐξεκάθαιρεν, ὁ δὲ ἀρρίχους ἔπλεκεν:[2] ἔμελέ
τινι δρεπάνης μικρᾶς ἐς βότρυος τομὴν καὶ ἑτέρῳ λίθου θλῖψαι τὰ ἔνοινα τῶν βοτρύων δυναμένου καὶ
ἄλλῳ λύγου ξηρᾶς πληγαῖς κατεξασμένης, ὡς ἂν ὑπὸ φωτὶ νύκτωρ τὸ γλεῦκος φέροιτο. [3] Ἀμελήσαντες
οὖν καὶ ὁ Δάφνις καὶ ἡ Χλόη τῶν αἰγῶν καὶ τῶν προβάτων, χειρὸς ὠφέλειαν ἄλλοις μετεδίδοσαν. Ὁ μὲν
ἐβάσταζεν ἐν ἀρρίχοις βότρυς καὶ ἐπάτει ταῖς ληνοῖς ἐμβαλὼν καὶ εἰς τοὺς πίθους ἔφερε τὸν οἶνον: ἡ δὲ
τροφὴν παρεσκεύαζε τοῖς τρυγῶσι καὶ ἐνέχει ποτὸν αὐτοῖς πρεσβύτερον οἶνον καὶ τῶν ἀμπέλων δὲ τὰς
ταπεινοτέρας ἀπετρύγα.
SARA ALBERIGI – GIULIO CIAMPOLTRINI
56 PARTE II
12
Fig. 12. Vendemmia e pigiatura
su un rilievo per fontana.
Roma, Villa Albani (da Zoega
1808).