Rivista n. 2 - Partito Comunista Internazionale
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Non dobbiamo dimenticare che i grandi<br />
gruppi economici americani ci stanno<br />
rimettendo con le spese di guerra in Iraq e<br />
con la salita del prezzo di petrolio e gas. La<br />
Delphi (175.000 dipendenti) è fallita, mentre<br />
la General Motors (325.000 dipendenti) è in<br />
gravi difficoltà economico-finanziarie, con le<br />
azioni considerate “titoli spazzatura” e quindi<br />
vicina al fallimento se non interverranno aiuti<br />
da parte del governo. Anche la Ford è in<br />
condizioni simili alla G.M.. Le linee aeree<br />
sono quasi tutte in fortissime difficoltà. La<br />
petrolchimica non investe in nuovi impianti<br />
da più di 20 anni e il tessile è praticamente<br />
sparito. Il settore dell’acciaio continua a<br />
ricevere colpi nonostante le barriere doganali<br />
che tassano le importazioni estere dal 20 al<br />
50%. La Boeing, infine è stata messa in<br />
difficoltà da 24 giorni di sciopero tra la fine di<br />
agosto e l’inizio di settembre, dello scorso<br />
anno, grazie alla richiesta da parte dei suoi<br />
lavoratori di aumenti salariali del 30%.<br />
Tutta questa situazione richiede che si<br />
prosegua con la guerra, ma sorge ora una<br />
semplice domanda: sono gli Stati Uniti sono<br />
in grado in questo momento, di finanziarla e<br />
portarla avanti? Può resistere l’economia<br />
statunitense di fronte agli attacchi che gli<br />
arrivano da ogni parte del mondo e da<br />
concorrenti agguerriti, tra cui spicca la Cina?<br />
Finora la guerra in Iraq ha comunque<br />
portato vantaggi alle aziende petrolifere<br />
statunitensi ed inglesi, che hanno registrato<br />
forti aumenti di fatturato e di utili, scalzando<br />
dai primi posti (secondo la rivista Fortune<br />
500) le aziende automobilistiche GM e Ford<br />
in gravi difficoltà, le banche e le compagnie di<br />
assicurazione. È chiaro che settori come<br />
quello petrolifero e degli armamenti vincono<br />
con la guerra, mentre altri perdono e questo<br />
vale anche per la valletta americana<br />
Inghilterra. Per quanto riguarda invece<br />
l’attuale realtà economica negli Stati Uniti,<br />
non si deve neppure trascurare la<br />
speculazione nel settore immobiliare<br />
americano, attraverso cui le banche fanno<br />
credito ai cittadini a garanzia dell’aumentato<br />
valore speculativo delle loro abitazioni, ma ad<br />
ulteriore loro indebitamento, considerata<br />
anche l’accresciuta massa dei loro consumi<br />
drogati dal credito. C’è, quindi, una situazione<br />
mondiale in cui non ci sono più né economie<br />
stabili, né aree, paesi o settori stabilmente<br />
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controllati da questo o quel gruppo<br />
imperialistico. Una situazione internazionale<br />
in cui tutti cercano di fregarsi<br />
vicendevolmente e nessuno si rispetta, dove<br />
gli “agnelli” invadono la riserva di caccia del<br />
“lupo”, con guerre commerciali di tutti contro<br />
tutti: la situazione internazionale sta<br />
diventando da 15 anni molto terremotata.<br />
A seguito di quanto esposto, è a partire<br />
quindi dal 1975, con il termine del periodo di<br />
espansione postbellica e con il conseguente<br />
aprirsi di una fase di tempeste economiche<br />
sempre più gravi, il mondo capitalistico si sta<br />
avviando verso una nuova spartizione<br />
generale guerreggiata dei mercati<br />
internazionali. Anche prima del futuro<br />
tracollo economico finale con i relativi<br />
fallimenti a catena delle banche e con i crolli<br />
borsistici simultanei stile 1929, stanno<br />
dunque iniziato a delinearsi i possibili fronti<br />
militari, economici, politici che faranno la<br />
terza guerra mondiale. Ma, sia la prima che la<br />
seconda guerra mondiale, hanno già<br />
dimostrato che i fronti non si chiudono fino al<br />
giorno in cui ogni paese intraprende<br />
militarmente la sua guerra. Fino a quel giorno<br />
tutte le nostre valutazioni e le nostre<br />
previsioni saranno delle ipotesi basate su<br />
tendenze generali che interessano i principali<br />
centri imperialistici.<br />
Noi siamo costretti a fare delle valutazioni<br />
sull’andamento dei fronti economici, ben<br />
sapendo che il capitalismo e la sua economia<br />
sono in continuo movimento e cambiamento.<br />
La Terza Guerra Mondiale inizierà dunque<br />
quando la sua preparazione sarà giunta a<br />
compimento, quando il vero nemico di<br />
Washington sarà costretto ad uscire<br />
allo scoperto, proprio perché ad un certo<br />
punto non potrà più limitarsi al mugugno se<br />
vorrà sopravvivere, e soprattutto quando le<br />
successive guerre locali con le loro<br />
“distruzioni” e “ricostruzioni” non<br />
basteranno più a rianimare il processo<br />
di accumulazione. E questo futuro terzo<br />
conflitto sarà caratterizzato non solo dal<br />
coinvolgimento diretto di tutti i principali<br />
centri imperialisti, come si addice ad una<br />
vera Guerra Mondiale, ma anche dalla<br />
macellazione su vasta scala dei proletari che a<br />
quei centri appartengono, e dalla distruzione<br />
su altrettanto vasta scala del lavoro morto che<br />
entro quei confini si concentra.