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Rivista n. 2 - Partito Comunista Internazionale

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esplose in grandiose manifestazioni contro il<br />

governo filo giapponese di Pechino e gli<br />

operai scioperarono in appoggio alla richiesta<br />

di cambiamento di regime. Alla nascita delle<br />

nuove organizzazioni operaie contribuirono<br />

in maggior misura gli operai che ritornavano<br />

dall’emigrazione nei paesi europei ed<br />

americani. Intanto sull’onda di questi<br />

movimenti, anche il partito anemico di Sun-<br />

Yat-Sen prese ossigeno. Era un vago e timido<br />

programma il suo, poiché respingeva sia<br />

l’idea della lotta di classe, che quella di una<br />

partecipazione popolare alla vita politica. La<br />

sua speranza risiedeva in una pacifica<br />

riorganizzazione della società, dopo che il suo<br />

partito, con mezzi puramente militari, si fosse<br />

assicurato il potere. Tutto ciò è dimostrato<br />

dallo stesso “Piano per lo sviluppo della<br />

Cina”, che era il programma politico di Sun<br />

Yat-Sen, in cui si vede come la grande<br />

borghesia cinese si faccia ancora molte<br />

illusioni, pretendono di conquistare la sua<br />

indipendenza nazionale con «l'aiuto<br />

dell'imperialismo». Nel 1923 Sun-Yat-Sen<br />

lancia i suoi tre punti politici fondamentali:<br />

; postula l’amicizia con l’Urss<br />

e l’alleanza coi comunisti, che si realizzerà nel<br />

1925 nel primo governo nazionale con i<br />

rappresentanti del Kuomintang. Nel 1927<br />

questa alleanza si spezzerà in maniera<br />

sanguinosa con gli eccidi proletari di Canton e<br />

Shangai. Mao, più tardi, riprenderà pari pari i<br />

principi di Sun Yat-Sen e, con alterne fortune<br />

nell'alleanza con la grossa borghesia<br />

commerciale, rappresentata da Chiang<br />

Kaishek, porterà a compimento la rivoluzione<br />

democratico-nazionale. Mao intuisce che<br />

prima di tutto bisogna creare uno Stato<br />

unitario, vale a dire uno Stato in cui tutte le<br />

forze sociali siano subordinate al<br />

rafforzamento dello Stato stesso. Per questo il<br />

PCC (partito comunista cinese) abbandona la<br />

strada maestra della rivoluzione proletaria,<br />

consentendo alla grassa borghesia di<br />

stroncarne i sussulti infondendo fiducia alla<br />

piccola borghesia ed al contadiname. Anziché<br />

quindi parlare di rivoluzione democratica è<br />

più giusto parlare di controrivoluzione<br />

democratica in Cina, se si considera che senza<br />

l'abbattimento violento delle Comuni operaie<br />

di Canton e di Shangai il capitalismo non<br />

avrebbe potuto trionfare. I «comunisti» sia<br />

russi sia cinesi, abbandonato il corso storico<br />

della rivoluzione proletaria, si sono issati sulle<br />

32<br />

spalle della piccola borghesia e dei contadini<br />

con l'aiuto del capitalismo internazionale.<br />

Quando, al principio del secolo,<br />

l'imperialismo mondiale ebbe<br />

irrimediabilmente spezzato con la forza i<br />

quadri economici e politici dell'antica Cina<br />

accelerando l'espropriazione delle comunità<br />

agricole e screditando il potere centrale, due<br />

compiti si imponevano alla rivoluzione<br />

nazionale borghese: assicurare l'indipendenza<br />

nazionale contro gli Stati capitalistici che si<br />

erano divisi il paese e realizzare la riforma<br />

agraria, conditio sine qua non di ogni<br />

sviluppo industriale. Il problema era di sapere<br />

chi, borghesia o proletariato, si sarebbe<br />

assunto questi compiti assicurandosi in tal<br />

modo un vantaggio decisivo sul nemico di<br />

classe. Si può dire che il proletariato cinese si<br />

costituì,se non prima della borghesia<br />

nazionale, certo in una relativa indipendenza<br />

da essa. Concentrato quasi esclusivamente<br />

nelle concessioni straniere, esso aveva già in<br />

mano le sorti della lotta anti-imperialista;<br />

mentre la borghesia, nata in ritardo sulla base<br />

di uno sfruttamento semicoloniale, tendeva al<br />

compromesso con l'imperialismo, sotto<br />

l'incubo, ossessionante dalla fine della prima<br />

guerra mondiale, di un assalto proletario.<br />

Come nella Russia zarista e come nella<br />

Germania del 1848, spettava quindi al<br />

proletariato organizzato in partito autonomo<br />

di classe prendere la testa della rivoluzione<br />

democratica e condurla a termine fino alla<br />

proclamazione della sua dittatura. Questa<br />

prospettiva deve alla controrivoluzione<br />

staliniana la causa d'essere stata liquidata sul<br />

suo terreno d'origine. Lo stalinismo legò il<br />

partito del proletariato al partito della<br />

borghesia e poi lo trasformò, dal 1927 e con<br />

Mao, in un partito contadino.<br />

La Cina di Mao e compagni ha offerto in<br />

esempio ai popoli coloniali il corso doloroso<br />

di 40 anni di compromessi con la borghesia<br />

nazionale e con l'imperialismo mondiale, di<br />

liquidazione della tattica e dei principi<br />

comunisti nella questione coloniale e di<br />

abbandono della linea della rivoluzione<br />

doppia a favore di una «rivoluzione<br />

democratica» che in Cina, per dirla con<br />

Trotzki, non fu una rivoluzione borghese, ma<br />

una vera controrivoluzione. Così prima come<br />

dopo la presa del potere, il partito di Mao non<br />

ha avuto per i paesi arretrati altro programma<br />

che di far assumere al proletariato i compiti<br />

politici ed economici della borghesia

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