Rivista n. 2 - Partito Comunista Internazionale
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impossibile un nuovo conflitto fra i due vecchi<br />
avversari. I francesi in questo modo<br />
proposero la loro versione dell’unione<br />
europea.<br />
Subito dopo la seconda guerra mondiale<br />
la Francia aveva iniziato l’integrazione<br />
economica coi vinti, tedeschi ed italiani, nella<br />
CECA (Comunità Europea Carbone e Acciaio<br />
fondata nel 1950) che si sviluppò nel Mercato<br />
Comune Europeo del 1957 e poi nella<br />
Comunità Europea 1993, i cui quartieri<br />
generali furono a Bruxelles, mentre il suo<br />
vero nucleo risiedeva e risiede nell’unità<br />
franco-tedesca, rafforzata ultimamente con la<br />
creazione dell’Euro quale moneta unica e,<br />
quindi, reale base finanziaria dell’Unione<br />
Europea. Questo processo non ha fatto altro<br />
che accelerare la demolizione del potere della<br />
grande e vecchia potenza britannica prima, e<br />
russa poi.<br />
La ripresa economica ed il prosperare<br />
dell’Europa occidentale e del Giappone portò<br />
gli Stati Uniti a vedere intaccato il loro<br />
primato economico: già negli anni sessanta il<br />
divario di produttività fra questi paesi e gli<br />
Usa era stato pressoché colmato; i paesi<br />
dell’Europa occidentale e il Giappone avevano<br />
riacquistato il controllo dei propri mercati<br />
nazionali, iniziando a competere<br />
efficacemente con i prodotti statunitensi nei<br />
mercati dei paesi terzi e addirittura nello<br />
stesso mercato interno statunitense.<br />
L’aumento della produzione mondiale<br />
derivante dall’espansione della produzione in<br />
Europa ed in Giappone portò ad una<br />
saturazione del mercato mondiale e ad un<br />
profondo declino nella redditività di molti dei<br />
principali settori industriali, come l’acciaio, le<br />
automobili e l’elettronica. La conseguente<br />
flessione dell’economia mondiale fu<br />
caratterizzata da due principali eventi: la<br />
necessità degli Stati Uniti di abbandonare il<br />
gold standard (la conversione diretta di<br />
dollari in oro 1971-72) e la recessione<br />
mondiale del 1975. Il surplus finanziario<br />
statunitense non garantiva più gli americani e<br />
ciò significava che gli americani avrebbero, da<br />
allora in poi, lavorato pesantemente a livello<br />
politico e militare per conservare la loro<br />
posizione economica dominante sostendo il<br />
corso forzoso della loro moneta.<br />
Quattro furono i punti-chiave che<br />
contraddistinsero sul piano economico lo<br />
sviluppo storico degli anni ottanta. Il primo<br />
punto-chiave fu la “crisi del debito”, che portò<br />
4<br />
al collasso non solo gran parte dell’America<br />
Latina, ma anche tutta l’Europa<br />
centrorientale, Africa compresa. Il secondo fu<br />
la “strabiliante ascesa delle economie<br />
dell’Asia orientale”, che il Giappone ha<br />
guidato fino al 1992, seguito a rimorchio dalle<br />
quattro tigri del sud-est asiatico (Corea del<br />
sud, Taiwan, Hong Kong e Singapore) e dalla<br />
Cina continentale. Il terzo punto-chiave fu il<br />
“keynesismo” negli Stati Uniti, che ebbe la<br />
meglio sulla recessione americana e<br />
sull’elevata disoccupazione grazie a un<br />
enorme indebitamento pubblico, in<br />
particolare con il Giappone. Il quarto puntochiave<br />
fu la “finanziarizzazione”<br />
dell’economia, ovvero la grande speculazione<br />
sulle valute e sui titoli di borsa avvenuta nelle<br />
grandi piazze finanziarie internazionali.<br />
Gli anni 1989-90 hanno visto cadere la<br />
costellazione del grande mercato della<br />
potenza Russa (il Comecon, comprendente<br />
Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Bulgaria,<br />
ecc.), guadagnato con la vittoria militare del<br />
1945. La grande crisi economica mondiale<br />
nel 1989 morde al cuore per prima la potenza<br />
russa, ossia il classico “anello più debole”<br />
della catena imperialista. L’implosione finale<br />
dell’URSS è stata infatti solo l’esito<br />
catastrofico di un tracollo in caduta libera che<br />
perdurava ormai da 10 anni, tipico di una<br />
classica crisi di sovrapproduzione relativa di<br />
capitale industriale, accompagnata<br />
dall’impossibilità di invertire la caduta del<br />
saggio medio di profitto giunto a livelli<br />
inaccettabili (era diventato negativo). Crisi<br />
che ha visto una spaventosa flessione della<br />
produzione industriale (vicina al 60%), e<br />
paragonabile alla crisi del 1929 scoppiata<br />
negli Stati Uniti e poi in Europa occidentale e<br />
che ha permesso al capitalismo europeo ed in<br />
particolare a quello tedesco di accaparrarsi il<br />
grande mercato russo senza combattere una<br />
guerra. Il crollo dell’Unione Sovietica non è<br />
stato crollo del comunismo, ma il crollo di<br />
uno stato borghese capitalistico 2 .<br />
2 “Il centro della questione sta nella pretesa dei russi<br />
attuali che la dimostrazione della diversità del sistema<br />
sovietico rispetto a quello capitalistico, e inoltre della<br />
superiorità del primo, sta nel fatto che di anno in anno la<br />
produzione industriale della Russia si incrementa di più,<br />
e con un tasso percentuale maggiore rispetto al prodotto<br />
totale del precedente anno, che in qualunque paese del<br />
mondo e in qualunque epoca della storia. Si è dimostrato<br />
[…] quanto segue: 1) falso che quell’alto ritmo sia solo<br />
in Russia. 2) falso che quell’alto ritmo sia solo oggi nella<br />
storia. 3) falso che, anche se la Russia fosse a ritmo