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- Indossava un cappello e gli occhiali da sole - rispose lei, gettando occhiate furtive ai colleghi, che iniziavano ad<br />
accorgersi di Vee. — Perché? Che cosa c'era <strong>nell</strong>a busta?<br />
- Deve impegnarsi un po' di più - insistette Vee. - Che cosa indossava esattamente? C'era il logo di qualche squadra sul<br />
cappello? Aveva la barba o i baffi?<br />
- Non ricordo - balbettò Madeline. - Un cappello nero. O forse marrone. Credo indossasse i jeans.<br />
- Crede?<br />
- Dai - dissi alla mia amica, tirandola per un braccio. - Non si ricorda Quindi spostai lo sguardo su Madeline. - Grazie<br />
per l'aiuto.<br />
- Aiuto? - ribatté Vee. - Non è stata affatto d'aiuto. Non può accettare buste da individui strani e non ricordarsi che<br />
aspetto hanno!<br />
- Credeva fosse il mio ragazzo.<br />
Madeline annuì energicamente. - E vero! Mi spiace tantissimo! Pensavo fosse un regalo! C'era qualcosa di brutto <strong>nell</strong>a<br />
busta? Volete che chiami la polizia?<br />
- Vogliamo solo che si ricordi che aspetto aveva lo psicopatico - disse Vee.<br />
- Jeans neri! - esclamò Madeline di colpo. - Ricordo che indossava dei jeans neri. Almeno, ne sono quasi sicura.<br />
- Quasi sicura? - ripetè Vee.<br />
La trascinai fuori, oltre la passerella. Quando si fu calmata mi disse: - Tesoro, mi dispiace tantissimo per quello che è<br />
successo. Avrei dovuto guardare <strong>nell</strong>a busta prima di te. Ci sono persone veramente stupide. E chiunque ti abbia<br />
mandato quella busta è la più stupida di tutte. Guarda, le scaglierei volentieri una stella Ninja, se potessi.<br />
Sapevo che stava cercando di alleggerire la tensione, ma i miei pensieri erano cinque passi avanti. Non pensavo più alla<br />
morte di mio padre. Eravamo arrivate in corrispondenza di un passaggio stretto tra due negozi, così la tirai da una parte<br />
e ci infilammo tra le due costruzioni. - Senti, devo parlarti. Ieri ho creduto di vedere mio padre. Qui, al molo.<br />
Vee mi fissò senza dire nulla.<br />
- Era lui, Vee. Era lui.<br />
- Tesoro... - iniziò scettica.<br />
- Credo sia ancora vivo Il funerale di mio padre si era svolto a bara chiusa. Forse c'era stato un errore, un equivoco, e<br />
non era stato lui a morire quella notte. Forse soffriva di amnesia, ecco perché non era tornato a casa. O forse c'era<br />
qualcosa che glielo impediva. O qualcuno...<br />
- Non so come dirtelo - mormorò Vee guardando su, giù, ovunque tranne che verso di me. — Ma tuo padre non<br />
tornerà.<br />
- Allora come ti spieghi quello che ho visto? - ribattei sulla difensiva, ferita dal fatto che fosse proprio lei a non<br />
credermi. Sentivo le lacrime bruciarmi gli occhi, e le asciugai velocemente.<br />
- Era qualcun altro. Qualcuno che gli somiglia.<br />
- Tu non c'eri. L'ho visto! -. Non avevo intenzione di reagire così, ma non mi sarei rassegnata all'evidenza dei fatti.<br />
Non dopo tutto quello che avevo passato. Due mesi prima mi ero gettata dalle travi del soffitto della palestra della<br />
scuola. Sapevo di essere morta. Non potevo negare ciò che ricordavo di quella notte. Eppure...<br />
Eppure ero ancora viva.<br />
C'era la possibilità che anche mio padre fosse vivo. Il giorno prima l'avevo visto. L'avevo visto. Forse stava cercando<br />
di comunicare con me, di mandarmi un messaggio. Voleva che sapessi che era ancora vivo. Non voleva che perdessi le<br />
speranze di ritrovarlo.<br />
Vee scosse la testa. - Non fare così.<br />
- Non perderò la speranza. Non finché non conoscerò la verità. Devo scoprire cos'è successo quella notte.<br />
- No, non lo farai - disse Vee risoluta. - Lascia che tuo padre riposi in pace. Riesumare tutto non farà cambiare il<br />
passato, ti farà solo rivivere tutto daccapo.<br />
Lasciarlo in pace? E io? Come potevo trovare pace finché avessi ignorato la verità? Vee non capiva. Non era lei quella<br />
a cui avevano strappato via il padre in modo violento e inspiegabile. La sua famiglia non era andata in pezzi. Lei aveva<br />
ancora tutto.<br />
A me era rimasta solo la speranza.<br />
Passai la domenica pomeriggio da Enzo, in compagnia della tavola periodica degli elementi, totalmente concentrata<br />
sui compiti, cercando di scacciare tutti i pensieri su mio padre o sulla busta che avevo ricevuto e che mi informava che<br />
la Mano Nera era responsabile della sua morte. Doveva essere uno scherzo. La busta, l'a<strong>nell</strong>o, il biglietto erano opera di<br />
qualcuno che aveva ideato uno scherzo crudele. Scott, forse, o Marcie. In tutta onestà, però, non credevo si trattasse di<br />
nessuno dei due. Scott mi era sembrato sincero quando aveva fatto le condoglianze a mia madre e a me. E la crudeltà di<br />
Marcie era quasi sempre immatura e impulsiva.<br />
Dal momento che avevo davanti un computer già collegato a Internet, feci una ricerca sulla Mano Nera. Volevo<br />
dimostrare a me stessa che il biglietto non aveva alcuna fondatezza. Probabilmente qualcuno aveva trovato l'a<strong>nell</strong>o in un<br />
negozio dell'usato, inventato il nome Mano Nera, mi aveva seguito lungo la passerella e aveva chiesto a Madeline di<br />
consegnarmi la busta. Con il senno di poi, non aveva alcuna importanza che Madeline non si ricordasse l'aspetto del<br />
tizio, perché era probabile che non fosse la persona che aveva architettato lo scherzo. Quella persona verosimilmente<br />
aveva fermato un ragazzo che passava da quelle parti e gli aveva dato qualche dollaro per consegnare la busta. Io avrei<br />
fatto così. Se fossi stata una persona malata, perversa e che si divertiva a ferire gli altri.