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2-angeli nell 'ombra - only fantasy

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Ed era una cosa ridicola considerando che si trattava di Scott; eravamo amici, anzi... conoscenti.<br />

- La consumazione costa dieci dollari.<br />

Restai un attimo lì, senza capire. - Ah, certo. Possiamo fermarci al primo bancomat che troviamo? -. Sul conto avevo<br />

cinquanta dollari, il regalo del mio compleanno. Li avevo già destinati alla Cabriolet, ma prelevarne dieci non avrebbe<br />

certo cambiato le cose. Al ritmo con cui mettevo da parte i soldi, non sarei riuscita a comprare l'auto prima del mio<br />

venticinquesimo compleanno.<br />

Scott gettò sul bancone una patente del Maine con la mia foto dell'annuario sopra. - Pronta, Marlene?<br />

«Marlene?»<br />

- Non scherzavo sul documento falso. Non starai pensando di tirarti indietro, no? -. Sorrise come se sapesse<br />

esattamente a quanto mi fosse schizzata la pressione al solo pensiero di usare un documento falso e avesse scommesso<br />

tutto quello che aveva che mi sarei tirata indietro in meno di cinque secondi, «Quattro, tre, due...»<br />

Afferrai la patente. — Pronta.<br />

Scott attraversò il centro di Coldwater e arrivò dall'altra parte della città, quindi prese una serie di strade secondarie<br />

tortuose, superò i binari e fermò la Mustang davanti a un magazzino di mattoni alto quattro piani soffocato dalle<br />

erbacce. Fuori c'era una lunga coda di gente in attesa. A quanto pareva, le finestre erano state coperte dall'interno con<br />

fogli neri, ma attraverso le fessure del nastro adesivo vidi una lama di luce stroboscopica. Sopra la porta brillava<br />

un'insegna blu al neon: LA SACCA DEL DIAVOLO.<br />

Ero già stata in quella parte della città in quarta elementare, quando i miei genitori avevano accompagnato me e Vee in<br />

una casa dei fantasmi allestita per Halloween. Non ero mai stata alla Sacca del Diavolo, ma mi bastò guardarlo per<br />

essere certa che mia madre avrebbe preterito che le cose restassero così. Mi tornò in mente la descrizione del posto fatta<br />

da Scott: musica alta, folla chiassosa, indisciplinata, sesso sfrenato nei bagni<br />

Accidenti.<br />

- Ti faccio scendere qui - disse Scott accostando al marciapiede. - Trova dei posti buoni, vicini al palco, e siediti.<br />

Scesi dall'auto e andai a mettermi in coda. In tutta sincerità, prima di allora non ero mai stata in un club che<br />

richiedesse di pagare una consumazione. Non ero mai stata in un club. Punto La mia vita notturna era fatta di cinema e<br />

gelato con Vee<br />

Squillò il cellulare; era Vee.<br />

- Sento della musica, ma vedo solo binari e carri merci abbandonati.<br />

- Sei a un paio di isolati, allora. Sei con la Neon o a piedi?<br />

- Con la Neon.<br />

- Ti vengo incontro.<br />

Uscii dalla fila, che continuava ad allungarsi. Alla fine dell'isolato svoltai l'angolo e mi diressi verso i binari che Scott<br />

aveva attraversato per arrivare fin lì. Il marciapiede, in stato di abbandono da anni, era spaccato e irregolare e visto che<br />

c'erano pochissimi lampioni dovevo fare attenzione a dove mettevo i piedi per evitare di inciampare. I magazzini lungo<br />

la strada erano bui, le finestre occhi vuoti. A mano a mano che proseguivo, lasciavano il posto a villette a schiera in<br />

mattoni, abbandonate e imbrattate di graffiti. Probabilmente, più di un secolo prima, quello doveva essere il centro di<br />

Coldwater, ma non era più così. La luna gettava una luce innaturale, traslucida, sul cimitero di edifici.<br />

Mi strinsi le braccia attorno al corpo e accelerai il passo. Due isolati più avanti, dal buio carico di smog si materializzò<br />

una figura.<br />

- Vee? — gridai<br />

La figura procedeva verso di me, la testa bassa, le mani in tasca. Non era Vee, ma un uomo alto e s<strong>nell</strong>o, le spalle<br />

larghe e un'andatura vagamente familiare. Non mi sentivo molto tranquilla a incrociare un uomo da sola su quel tratto di<br />

marciapiede, così infilai la mano in tasca e afferrai il cellulare Stavo per chiamare Vee per chiederle dove si trovasse di<br />

preciso, quando l'uomo passò sotto un cono di luce: indossava il giubbotto di pelle di mio padre.<br />

Mi bloccai.<br />

Sembrava non essersi accorto di me Salì una rampa di scale alla sua destra e sparì dentro una delle case abbandonate<br />

Mi si rizzarono i capelli sulla nuca. - Papà7<br />

Mi misi a camminare a passo svelto, quasi come un automa, e attraversai la strada senza preoccuparmi del traffico:<br />

sapevo che non ce n'era. Quando raggiunsi la casa in cui l'avevo visto entrare, provai a girare la maniglia della doppia<br />

porta d'ingresso. Chiusa. La scossi, le porte sbatacchiarono ma non cedettero. Misi le mani a coppa intorno agli occhi e<br />

sbirciai da una delle finestre che stavano di fianco alla porta. Le luci erano spente, ma vidi chiaramente dei mobili<br />

ricoperti da lenzuola chiare. Sentivo i battiti del cuore in tutto il corpo. Mio padre era vivo? E aveva vissuto lì tutto quel<br />

tempo?<br />

- Papà! - gridai da dietro il vetro. - Sono io! Nora!<br />

Le sue scarpe scomparvero in un corridoio in cima alle scale interne della casa. - Papà! - gridai, battendo sul vetro. -<br />

Sono qui fuori!<br />

Indietreggiai e alzai la testa verso le finestre del secondo piano, per vedere se riuscivo a scorgere la sua ombra.<br />

Un pensiero salì a galla <strong>nell</strong>a mente e lo seguii immediatamente. «L'ingresso posteriore.»<br />

Corsi giù per le scale e mi infilai <strong>nell</strong>o stretto passaggio tra la casa e quella accanto. Certo. La porta di servizio. Se<br />

fosse stata aperta, sarei potuta entrare, da mio padre...<br />

Un bacio gelato mi sfiorò la nuca. Il brivido mi corse giù per la schiena paralizzandomi. Restai immobile alla fine del

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