impresa sociale - Euricse
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IMPRESA SOCIALE<br />
56 aprile ~ giugno 2008<br />
controllo sull’organizzazione ed in un diri o ad appropriarsi del residuo.<br />
Tra essi i più rilevanti sono: (i) un maggiore incentivo all’esercizio<br />
effi ciente del controllo sull’organizzazione, in ragione della<br />
possibilità di appropriarsi del residuo; (ii) una minore propensione<br />
a comportamenti rischiosi di <strong>impresa</strong> susce ibili di comprome ere<br />
il valore del capitale; (iii) la possibilità di diff erenziare il rischio, differenziando<br />
l’investimento (Hansmann, 1980, 1988, 1990; Milgrom,<br />
Roberts, 1994).<br />
Si tra a di valutare in che misura questo schema di ragionamento<br />
sia applicabile anche nel caso di a ività di <strong>impresa</strong> <strong>sociale</strong> in forma<br />
societaria. Ciò tenendo conto del fa o che il principale elemento di<br />
specifi cità di un’organizzazione di tipo societario che svolga a ività<br />
di <strong>impresa</strong> <strong>sociale</strong>, è costituito dal vincolo di non distribuzione degli<br />
utili previsto dall’art. 3 del d.lgs. 115/2006. Ne consegue, a nostro<br />
avviso - analogamente a quanto avviene nelle altre forme di organizzazione<br />
nonprofi t - l’iscrizione di contra i a raverso i quali allocare<br />
in testa agli investitori/capitalisti di un diri o reale d’uso dell’organizzazione,<br />
non del tu o corrispondente ad un pieno diri o di<br />
proprietà. La natura nonprofi t dell’organizzazione comporta, infa i,<br />
che del diri o di proprietà, pur permanendo il diri o di controllo,<br />
venga a meno il diri o ad appropriarsi del residuo. Ciò determinerebbe<br />
il venir meno del principale incentivo ad esercitare un controllo<br />
effi ciente sull’organizzazione, generando pertanto ineffi cienza<br />
organizzativa.<br />
Il punto merita, tu avia, di essere approfondito. A ben guardare, nel<br />
caso di un’organizzazione societaria che svolge a ività di <strong>impresa</strong> <strong>sociale</strong>,<br />
l’investitore/proprietario non può essere equiparato ad un donatore<br />
- come, ad esempio, nel caso delle fondazioni - come pure è<br />
stato proposto (Mori, 2008). Egli eff e ua, invece, un vero e proprio<br />
investimento di capitale in un’organizzazione che svolge un’a ività<br />
di natura commerciale con fi nalità di utilità <strong>sociale</strong>. In presenza di un<br />
vincolo sulla distribuzione degli utili, si tra a di chiarire dunque quali<br />
siano i possibili “rendimenti a esi” dell’investimento eff e uato.<br />
Il tema è in realtà assai complesso e riguarda in primo luogo il problema<br />
della compatibilità tra fi nalità e comportamenti non egoistici<br />
degli agenti ed esercizio di a ività di <strong>impresa</strong>, che esula dagli obiettivi<br />
di questo lavoro. È suffi ciente rilevare a riguardo che, com’è stato<br />
notato, nella realtà operano “imprenditori che pongono in cima<br />
alla propria stru ura di preferenze quella di lavorare in un’<strong>impresa</strong><br />
centrata sul principio di reciprocità, da cui traggono un modo di or-