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Mostra, Nerone - Gallery - Electa

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Tacito, Annali XV . 41<br />

Non è facile dare il numero delle case, degli isolati e<br />

dei templi che andarono perduti. Fra questi vi furono<br />

quelli di più antico culto che Servio Tullio aveva<br />

dedicato alla Luna, la grande ara e il tempietto che<br />

l’arcade Evandro aveva consacrato al nume presente<br />

di Ercole; furono inoltre arsi il tempio votato a Giove<br />

Statore da Romolo e la reggia di Numa e il santuario<br />

di Vesta con i Penati del popolo romano. Furono così<br />

perduti ricchezze conquistate in tante vittorie e capolavori<br />

dell’arte greca, e con essi gli antichi e originali<br />

documenti degli uomini di genio, tanto che, per quanto<br />

Roma fosse risorta splendida, molte cose i vecchi ricordavano<br />

che non avrebbero più potuto essere rifatte.<br />

Tacito, Annali XV . 43<br />

Quello che rimaneva della città, all’infuori del palazzo,<br />

fu riedificato non come era avvenuto dopo l’incendio<br />

dei Galli, senza un piano regolatore con le case<br />

disposte qua e là senza ordine alcuno, ma fu ben misurato<br />

il tracciato dei rioni dove furono fatte larghe<br />

strade, fu limitata l’altezza degli edifici, furono aperti<br />

cortili, ai quali si aggiunsero portici per proteggere la<br />

parte anteriore degli isolati.<br />

<strong>Nerone</strong> promise di consegnare ai legittimi proprietari<br />

quei portici, dopo averli fatti costruire a sue spese ed<br />

aver fatto sgombrare i cortili. Assegnò premi a seconda<br />

della classe sociale e delle sostanze di ognuno, e<br />

fissò il tempo entro il quale le case dovevano essere<br />

finite, perché si potesse concorrere ai premi.<br />

Dispose di versare nelle paludi di Ostia le macerie e<br />

ordinò che le navi che portavano il frumento, risalendo<br />

il Tevere, ne ritornassero cariche di rottami; volle<br />

anche che gli stessi edifici in alcune loro parti fossero<br />

consolidati senza travi, ma con pietra di Gabi o di Albano,<br />

perché questa è refrattaria al fuoco.<br />

Pose guardie a vigilare che l’acqua deviata per abuso<br />

di privati scorresse più abbondante e in più luoghi a<br />

vantaggio di tutti e fece in modo che ciascuno tenesse<br />

in pubblici posti mezzi per distinguere gli incendi, disponendo<br />

anche che non vi fossero pareti in comune,<br />

ma ciascun edificio fosse circondato da muri propri.<br />

Tutti questi provvedimenti, graditi per la loro utilità,<br />

portarono anche ornamento e decoro alla nuova città.<br />

Domus Aurea<br />

Svetonio, <strong>Nerone</strong> 31<br />

Fece costruire per sé una casa che dal Palatino andava<br />

fino all’Esquilino, dapprima la chiamò “transitoria”,<br />

poi, quando un incendio la distrusse, la fece ricostruire<br />

e la chiamò “aurea”.<br />

Per dare un’idea dell’estensione e della sua magnifi-<br />

12 LE FONTI LETTERARIE<br />

cenza, basterà ricordare i seguenti dati. C’era un vestibolo<br />

in cui era stato eretto un colosso a sua sembianza,<br />

alto centoventi piedi. Era tanto vasta, che nel<br />

proprio interno aveva dei porticati a triplo ordine di<br />

colonne, per la lunghezza di mille passi, e uno stagno<br />

che sembrava un mare, circondato da edifici che formavano<br />

come delle città.<br />

Per di più, nell’interno vi erano campagne ricche di<br />

campi, di vigneti, pascoli e boschi, con moltissimi<br />

animali domestici e selvatici di ogni specie. Nel resto<br />

della costruzione, ogni cosa era ricoperta d’oro e abbellita<br />

con gemme e madreperla.<br />

Il soffitto dei saloni per i banchetti era a tasselli di<br />

avorio mobili e perforati, in modo da poter spargere<br />

fiori e profumi sui convitati. Il principale di questi<br />

saloni era rotondo e girava su se stesso tutto il giorno,<br />

continuamente, come la terra.<br />

Nelle sale da bagno scorrevano acque marine e acque<br />

di Albula e, quando alla fine dei lavori, <strong>Nerone</strong><br />

inaugurò un palazzo di tal fatta, lo approvò soltanto<br />

con queste parole: «Finalmente comincerò ad abitare<br />

come un uomo!»<br />

La morte<br />

Tacito, Storie I . 5<br />

Avvezza al lungo servizio per i Cesari, la guarnigione<br />

di Roma era stata portata a destituire <strong>Nerone</strong> più da<br />

una spinta artificiosa che da un proposito ben determinato.<br />

Svetonio, <strong>Nerone</strong> 49<br />

E ora invitava Sporo a iniziare i pianti e le lamentazioni,<br />

e ora pregava qualcuno di incoraggiarlo con<br />

l’esempio a darsi la morte, e qualche volta disprezzava<br />

anche la propria vigliaccheria con queste parole:<br />

«Questo modo di fare è ignobile, turpe, è indegno di<br />

<strong>Nerone</strong>, proprio indegno! Ci vuole sangue freddo in<br />

questi momenti! Via, svegliati!».<br />

Già stavano avvicinandosi i cavalieri che avevano<br />

l’ordine di prenderlo vivo. Quando li sentì, disse tremando:<br />

«Un galoppo di veloci corsieri colpisce le mie<br />

orecchie!» e affondò il ferro nella gola, con l’aiuto del<br />

suo segretario particolare Epafrodito.<br />

Svetonio, <strong>Nerone</strong> 57<br />

Eppure non mancarono le persone che, per lungo<br />

tempo, adornarono la sua tomba con fiori dell’estate<br />

e con quelli della primavera, e che esposero ai Rostri<br />

delle sue statue vestite con la pretesta, e dei suoi<br />

editti in cui, come se fosse stato ancora vivo, dichiarava<br />

che tra poco sarebbe tornato con grave danno<br />

per i propri nemici.

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