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nel 62, colpita da un fulmine: la statua di <strong>Nerone</strong>, ivi<br />
contenuta, si ridusse a una massa informe di bronzo<br />
(Tac.15,22) e l’edificio non fu più ricostruito (LTUR<br />
II, s.v. Gymnasium Neronis). Le terme, un complesso<br />
lussuoso e assiduamente frequentato, furono invece<br />
riedificate nel 63 o 64 (LTUR V, sv Thermae Neronianae/Alexandrinae).<br />
A differenza di quanto riferito da Cassio Dione, secondo<br />
Svetonio le prime esibizioni pubbliche di <strong>Nerone</strong><br />
ebbero luogo solo nel 64, dopo la morte di Burro<br />
e il ritiro di Seneca dalla scena politica, quando<br />
l’imperatore aveva 27 anni. Desideroso di esibirsi in<br />
pubblico, fino ad allora aveva cantato solo a Palazzo e<br />
nei suoi giardini durante gli Iuvenalia, ora disprezzati<br />
perché seguiti da una platea ristretta, e non osando<br />
esordire a Roma, <strong>Nerone</strong> si esibì per la prima volta<br />
pubblicamente a Napoli, città greca, e, benché il teatro<br />
fosse scosso da un terremoto, non smise di declamare<br />
fino alla fine del brano (Suet,6,20). Era infatti<br />
sua intenzione iniziare da Napoli, per poi andare in<br />
Grecia e, dopo avere conquistato corone prestigiose<br />
e considerate sacre fin dall’antichità affrontare, forte<br />
di una più grande notorietà, gli abitanti di Roma.<br />
Nel teatro di Napoli affluì una grande folla di cittadini<br />
e di gente accorsa dalle colonie e dai municipi<br />
vicini, cortigiani, funzionari e reparti di soldati,<br />
che stiparono l’edificio (Tac.15,33). In partenza per<br />
la Grecia si fermò a Benevento, ove gli fu offerto da<br />
Vatinius un affollatissimo spettacolo gladiatorio.<br />
Tuttavia, rinunciò al viaggio e fece rientro a Roma<br />
(Tac.15,34,36).<br />
Nel teatro di Napoli si esibì in varie occasioni, e per<br />
parecchi giorni. Desideroso di cantare anche a Roma,<br />
ricominciò i <strong>Nerone</strong>ia prima della data fissata, e<br />
quando gli spettatori gli chiesero di udire la sua voce<br />
rispose che li avrebbe accontentati nei suoi giardini;<br />
tuttavia, di fronte alle insistenze del pubblico, promise<br />
di esibirsi subito e fece iscrivere il proprio nome<br />
nell’elenco dei citaredi che partecipavano al concorso.<br />
Dopo avere suonato un preludio, fece annunciare<br />
che avrebbe cantato la “Niobe”. Tra le tragedie da lui<br />
interpretate furono: “Il parto di Canace”, “Oreste matricida”,<br />
“Edipo cieco” ed “Ercole furioso” (Suet. 6,21).<br />
In occasione di uno spettacolo popolare, nel 65, scese<br />
nell’orchestra del teatro e declamò alcuni versi di una<br />
sua composizione sulla guerra di Troia (CD 62,29-1).<br />
In seguito, nel 66-67, si esibì finalmente in Grecia,<br />
nel corso del suo unico viaggio (Suet.6,22), anche per<br />
potere, come diceva, vincere in tutti e quattro i grandi<br />
giochi (Pitici, Nemei, Istmici,Olimpici), riportando<br />
numerose vittorie (C.D.63,8,3-4). <strong>Nerone</strong> gareggiò<br />
in ogni città che organizzasse un agone, tranne ad<br />
Atene e a Sparta (C.D.63,14,1-3). Durante le gare dimostrava<br />
molta ansia e timore dei giudici, che dovevano<br />
esortarlo a farsi coraggio. Era molto rispettoso<br />
18 NERONE, LE ARTI E I LUDI<br />
dei regolamenti: una volta, durante la scena di una<br />
tragedia, gli cadde accidentalmente a terra lo scettro,<br />
che raccolse immediatamente. L’incidente gli causò<br />
molta ansia, perché temeva di essere escluso dal concorso,<br />
il che non avvenne (Suet.6, 23-24).<br />
Quando l’imperatore tornò a Roma nel 68 fu abbattuta<br />
una porzione delle Mura serviane e fu infranta<br />
una parte delle porte: alcuni sostenevano<br />
che entrambe le usanze facevano parte del costume<br />
tradizionale in occasione del ritorno dei vincitori<br />
incoronati dai giochi. Il corteo trionfale era aperto<br />
dagli uomini che recavano le corone vinte; seguivano<br />
altri che portavano, issate su aste, tavole su cui<br />
erano iscritti il nome dell’agone, il tipo di competizione<br />
e la dichiarazione di vittoria. Infine appariva<br />
il vincitore sullo stesso carro trionfale sul quale Augusto<br />
aveva a suo tempo celebrato i suoi numerosi<br />
trionfi: l’imperatore indossava una veste di porpora<br />
con ricami dorati, era coronato da una ghirlanda di<br />
ulivo selvatico e recava in mano l’alloro pitico. Dopo<br />
avere attraversato il Circo Massimo e il Foro scortato<br />
da esponenti dell’ordine equestre, senatori e soldati,<br />
<strong>Nerone</strong> salì sul Campidoglio e da qui si diresse al<br />
Palatino. La città era interamente decorata da ghirlande,<br />
illuminata e invasa da fumi d’incenso, la folla<br />
acclamante (C.D.63,20,1-5). Concluse le celebrazioni,<br />
l’imperatore fece annunciare corse di cavalli e dispose<br />
l’esposizione nel Circo Massimo delle corone<br />
conquistate in Grecia e di tutte le altre vinte nelle<br />
gare di corsa, da collocare intorno all’obelisco egizio<br />
posto al centro della spina: in totale 1808 corone.<br />
Infine, si esibì come auriga (C.D.63,21,1; Suet.6,26).<br />
Svetonio riferisce una versione più sintetica del rientro<br />
dalla Grecia: <strong>Nerone</strong> attraversò il Circo Massimo,<br />
di cui aveva fatto demolire un arco, attraversò<br />
il Velabro e il Foro e giunse al Palatino e al tempio<br />
di Apollo. Al suo passaggio il popolo spargeva<br />
zafferano e gli offriva in dono uccelli, nastri e dolci<br />
(Suet.6,25).<br />
Dopo le vittorie riportate in Grecia, per conservare la<br />
voce non volle più rivolgere proclami alle truppe, facendoli<br />
leggere da altri, e non trattò più alcuna causa<br />
senza essere affiancato dal maestro di declamazione<br />
che lo ammoniva di non sottoporre a sforzo i bronchi<br />
e di coprirsi la bocca con un fazzoletto (Suet.6,25).<br />
Non urlava, e se doveva gridare acclamazioni c’era<br />
subito qualcuno pronto a fermarlo e a ricordargli che<br />
avrebbe dovuto esibirsi come citaredo (C.D.63, 26,2).<br />
Nel 66 <strong>Nerone</strong> gareggiò tra i suonatori di cetra, e<br />
dopo che Menecrate, maestro di arte citaredica, ebbe<br />
celebrato per lui un trionfo nel Circo, si esibì come<br />
auriga (CD.63,1,1). Probabilmente al medesimo anno<br />
66 si riferisce la notizia secondo cui <strong>Nerone</strong> accettò la<br />
corona di oratoria e di poesia latina, aggiudicandosi<br />
anche quella per la cetra (Suet.6,12). Si apprestava,