psicodermatologia - Rivista Nuove Prospettive in Psicologia
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zione delle emozioni, sull’<strong>in</strong>tenzionalità e soprattutto sul problema dell’Identità<br />
<strong>in</strong> quanto poi discordanti con le più attuali ricerche scientifiche. Allo stesso<br />
tempo, ha proposto una lettura critica e storica della Psicoanalisi che ha considerato<br />
più come una rivoluzione culturale piuttosto che una scienza della mente<br />
<strong>in</strong> senso forte. Ciononostante, senza creare lotte che sembrano essere puerili,<br />
rispetto alle tematiche riguardanti l’<strong>in</strong>conscio e l’uso del sogno <strong>in</strong> psicoterapia,<br />
propone di studiare il pensiero di Freud comprendendolo nella sua<br />
storicità e ricordando, allo stesso tempo, che le ricerche delle neuroscienze dimostrano<br />
<strong>in</strong>teressanti <strong>in</strong>tuizioni e utili elementi conoscitivi già presenti <strong>in</strong><br />
modo grezzo nelle teorie freudiane così come rilevanti disconferme su come la<br />
stessa mente ed il pensiero si form<strong>in</strong>o. Ma questo spirito critico era legato ad<br />
una s<strong>in</strong>cera volontà a non creare consensi ma stimolare il dialogo. Il compito<br />
di uno studioso è perciò quello di non seguire troppo percorsi che ci fanno<br />
giungere ad errori tipici della “coscienza ord<strong>in</strong>aria” o legata a teorie della “psicologia<br />
delle buone <strong>in</strong>tenzioni”, così tipica dei giornali e di tanti libri divulgativi<br />
o di ambienti che lui stesso def<strong>in</strong>iva mediocri. Tutto ciò era, per esempio,<br />
osservabile proprio durante il periodo dell’<strong>in</strong>segnamento universitario nelle<br />
cui ore di lezione Jervis stimolava i giovani ad imparare e a riflettere. Ricorda il<br />
Prof. M. Ammaniti <strong>in</strong> un suo <strong>in</strong>tervento a proposito del ricordo di Jervis: “Qui<br />
<strong>in</strong>izia un altro capitolo della sua vita; lasciato il mondo delle istituzioni psichiatriche<br />
<strong>in</strong>izia a <strong>in</strong>segnare all’Università, vacc<strong>in</strong>ando i suoi studenti contro le affrettate conclusioni<br />
spesso dettate dall’entusiasmo. Sono anni <strong>in</strong> cui si avverte la crisi della psicoanalisi<br />
e Jervis si confronta da una parte col lavoro cl<strong>in</strong>ico che lo avvic<strong>in</strong>a alla sofferenza dei<br />
pazienti e dall’altra con i vari modelli e con la sua affermazione come discipl<strong>in</strong>a con una<br />
forte risonanza sociale. I suoi libri sulla psicoanalisi, non sempre condivisibili, sono sempre<br />
estremamente stimolanti soprattutto perché Jervis non cerca il consenso, anzi tende<br />
sempre a smascherare le facili illusioni anche teoriche a cui si ricorre per<br />
autorassicurarsi. Con spirito illum<strong>in</strong>istico, nonostante il suo riconoscimento dell’importanza<br />
dell’<strong>in</strong>conscio, Jervis ha cont<strong>in</strong>uato a scrivere contribuendo a dist<strong>in</strong>guere fra “pensare<br />
dritto” e “pensare storto”, dal titolo di un suo libro recente”. Un’ultima considerazione.<br />
A proposito della figura dello studioso e, <strong>in</strong> ultima analisi, addirittura<br />
del cittad<strong>in</strong>o che Jervis, forse, si prometteva di <strong>in</strong>trodurre sia <strong>in</strong> ambito scientifico<br />
sia, appunto, <strong>in</strong> ambito prettamente sociale, l’associazione che sovviene è<br />
legata al tema ed al problema della neutralità così caro alla tecnica<br />
psicoanalitica. Secondo Jervis la neutralità è un problema sempre aperto e non<br />
un modello. Egli nel def<strong>in</strong>irla mantiene, però, un collegamento con la storia<br />
della psicoanalisi ed un tentativo di superamento nell’attualità del concetto di<br />
controtransfert e di terapia più attuale. Nel testo “Psicoanalisi come esercizio<br />
critico” si impegna ad essere cauto ed impegnato; allo stesso tempo, critico e<br />
deciso soprattutto nell’ultimo capitolo che tratta il tema del controtransfert e<br />
qu<strong>in</strong>di della neutralità. La neutralità è determ<strong>in</strong>ante nell’esperienza della relazione<br />
terapeutica? Si può essere neutrali <strong>in</strong> senso assoluto? Quali sono i limiti e<br />
le responsabilità? Come possiamo osservare ed osservaci? D’altronde, entrambi<br />
gli attori sono o dovrebbero essere responsabili e responsabilizzati delle<br />
tematiche, delle riflessioni, delle emozioni, delle azioni che sono espresse e vissute<br />
all’<strong>in</strong>terno del sett<strong>in</strong>g. Ma ciò è sempre possibile? E se la neutralità fosse<br />
un’illusione così come altre legate al senso comune? E di nuovo torna alla mente<br />
il problema della responsabilità di un pensiero critico e magari di una consapevolezza<br />
e di un rispetto delle proprie azioni e dei propri pensieri; allo stesso