psicodermatologia - Rivista Nuove Prospettive in Psicologia
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omerica, del VII-VI secolo a.C., documentato nell’ <strong>in</strong>no Omerico a Demetra e<br />
che è poi stato elaborato <strong>in</strong> più varianti nel periodo alessandr<strong>in</strong>o. Riprendendo<br />
la fonte di Clemente di Alessandria (150-215 d.C.), si narra che alla dea<br />
Demetra, che vagava per la terra dell’Attica alla ricerca della propria figlia<br />
Kore rapita dal dio Ade, si presenta, al f<strong>in</strong>e di alleviarle il lutto ed il dolore,<br />
una donna autoctona di Eleusi, di nome Baubo, la quale “alza le vesti, sp<strong>in</strong>gendo<br />
avanti le sue pudenda e le mostra alla dea” (Clemente di Alessandria,<br />
Protreptico, II, 20, 1-21). Anobio, scrittore di un epoca successiva, fornisce una<br />
rielaborazione del mito: Baubo mostra alla dea il suo sesso utilizzando una<br />
specifica tecnica, poiché lo tende “facendo assumere a tale parte la forma di<br />
un fanciull<strong>in</strong>o ancora tenero e non coperto di peli... torna presso la dea e mette<br />
<strong>in</strong> mostra, essendosi scoperta f<strong>in</strong>o all’<strong>in</strong>gu<strong>in</strong>e, tutte le sue pudenda”<br />
(Adversus nationes, V, 25). In questo caso risalta come l’atto esibitorio si carica di<br />
una connotazione bisessuale, vista l’ambivalenza dell’organo che è contemporaneamente<br />
maschile e femm<strong>in</strong>ile. Inoltre si deve considerare, per meglio <strong>in</strong>terpretare<br />
il comportamento esibitorio, l’ambiguità della figura della donna<br />
Baubo, soprattutto <strong>in</strong> relazione al suo nome, il cui possibile significato rimanda<br />
al pene artificiale o coriaceo che veniva utilizzato dalle donne greche, secondo<br />
la testimonianza di Eronda: era cioè un oggetto di forma fallica usato<br />
nelle pratiche masturbatorie femm<strong>in</strong>ili. Il modello egizio di esibizione vulvare<br />
appartiene ad una tarda redazione del 1160 a.C. del papiro Chester Beatty I,<br />
datata al regno di Ramses V. Ra Harakhti, il grande dio solare, offeso dal dio<br />
Baba, “si distese sul dorso e il suo cuore era gravemente ferito... Ma dopo lungo<br />
tempo venne Hathor, la Signora del Sicomoro Meridionale, si pose d<strong>in</strong>anzi<br />
al padre, il Signore dell’Universo, e scoprì il suo sesso d<strong>in</strong>anzi a lui. E il grande<br />
dio ne rise”. E’ importante tenere <strong>in</strong> considerazione che il nome stesso della<br />
figlia del dio al quale esibisce i suoi genitali, Hathor, etimologicamente rimanda<br />
alla vulva medesima, la “signora della vulva” esibita d<strong>in</strong>anzi al volto<br />
degli uom<strong>in</strong>i e degli dèi. Si aggiunge a questi elencati f<strong>in</strong>’ora anche un racconto<br />
mitologico giapponese, attestato <strong>in</strong> epoca tarda, nel Kojiki la cui redazione<br />
fu completata nel 712 d.C., ma sulla base di una lunga tradizione orale precedente.<br />
Nel I libro dell’opera, nel contèsto delle teogonie e delle cosmogenesi,<br />
si narra del conflitto esistente fra Susa-no-wo, dio del mare e dell’uragano, e<br />
Amaterasu, dea del sole. Susa-no-wo offende <strong>in</strong> maniera molto violenta la dea<br />
del sole, sua sorella, violando il luogo <strong>in</strong> cui ella svolgeva il suo lavoro. Qu<strong>in</strong>di<br />
Amaterasu chiude dietro di sé la grande porta della sua Dimora di Rocce,<br />
r<strong>in</strong>chiudendovisi e facendo sì che il cielo si coprisse di tenebre, e facendo calare<br />
la morte sul mondo. Dopo numerosi tentativi da parte degli dèi per cercare<br />
di calmare l’ira del Sole, <strong>in</strong>terviene la dea Ameno-Uzume-no-mikoto che entrando<br />
<strong>in</strong> scena, esibisce <strong>in</strong> maniera plateale la sua vulva, cosicché il Sole, che<br />
era stato offeso, placa la sua ira e la sua tristezza e, ridendo, permette che il<br />
cosmo del Giappone torni alla normalità. Si tratta, <strong>in</strong> tutti questi casi, di contesti<br />
mitologici, nei quali si proiettano modelli esemplari di esibizione vulvare. La<br />
loro decifrazione, molto complessa, consente, però, di <strong>in</strong>dividuare, trasferito<br />
nel piano della narrazione, un comportamento esibitorio femm<strong>in</strong>ile che le<br />
culture greca, egizia e giapponese proiettavano nel mondo div<strong>in</strong>o (si consideri<br />
<strong>in</strong>fatti, per una migliore comprensione, che gli episodi narrati nei miti sono<br />
quasi sempre prove storiche di comportamenti umani che venivano sv<strong>in</strong>colati<br />
dalla loro pericolosità proprio mediante la loro attribuzione a figure div<strong>in</strong>e).