psicodermatologia - Rivista Nuove Prospettive in Psicologia
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Rosenfeld, che sono molto <strong>in</strong>teressanti e forse pieni di cose valide, ma talora<br />
anche molto discutibili.<br />
MINERVINO: Proverei ad <strong>in</strong>serire questo suo discorso nell’ambito del trattamento<br />
di pazienti psicotici nelle istituzioni pubbliche, che sembra essere uno dei luoghi<br />
deputati alla cura di questi pazienti, aggiungendo allora la domanda: nelle istituzioni<br />
pubbliche lei cosa aggiungerebbe al suo discorso?<br />
JERVIS: Intanto vorrei dire questo, che non credo che la psicanalisi sia<br />
la soluzione per tutto. Gli operatori che lavorano nelle istituzioni pubbliche,<br />
a mio parere, non possono che essere operatori che hanno formazioni diverse,<br />
cioè non credo che si possa presupporre un unico stampo formativo, così<br />
come credo che le istituzioni pubbliche o comunque i servizi che forniscono<br />
un ventaglio di prestazioni molto ampio, perché le richieste, le esigenze sono<br />
molto diverse da caso a caso. Credo che il contributo della psicanalisi per<br />
quanto riguarda la formazione degli operatori nei servizi pubblici possa essere<br />
di una certa importanza, nel senso che può essere utile che certi operatori<br />
si sottopongano a trattamento psicanalitico come parte della loro formazione.<br />
Non credo però che questo sia necessario e neppure auspicabile per tutti.<br />
Così anche per quanto riguarda il trattamento dei pazienti nelle istituzioni<br />
pubbliche che sono spesso <strong>in</strong> larga misura pazienti psicotici, io non credo<br />
che il trattamento psicanalitico sia il trattamento d’elezione e non credo neanche<br />
che sia necessario pensare che tutti i pazienti vadano trattati necessariamente<br />
con un trattamento psicoterapico a orientamento prevalentemente<br />
analitico. Credo che la psicanalisi possa dare un contributo critico notevole<br />
al trattamento di questi pazienti, ma che occorre un punto di vista, un punto<br />
di approccio non rigido. Non dico un approccio che sia eclettico (perché non<br />
credo nell’eclettismo) ma che possa aprirsi ad un ventaglio di possibilità. Poi<br />
io non credo che ciascun operatore possa fare tutto. Penso che vari operatori<br />
possano, caso per caso, specializzarsi <strong>in</strong> un certo tipo di trattamento. Credo<br />
che ci sia posto per tutti nel senso che, proprio perché i pazienti presentano<br />
richieste e situazioni personali e sociali molto diverse da caso a caso, proprio<br />
perché il tipo di <strong>in</strong>tervento terapeutico-assistenziale che si deve fare può essere<br />
estremamente diverso da caso a caso, è necessario che ci siano operatori<br />
formati secondo modalità diverse. Essi possono <strong>in</strong> qualche maniera coesistere.<br />
Personalmente sono più orientato a pensare che una formazione di tipo<br />
psicod<strong>in</strong>amico sia più utile piuttosto che un tipo di formazione per esempio<br />
basato sulla terapia della famiglia, però credo che per esempio certi approcci<br />
relazionali come quelli che derivano ancora dal vecchio Sullivan possano essere<br />
utili per il trattamento di pazienti psicotici <strong>in</strong> ambito istituzionale. Io<br />
privilegerei l’orientamento psicod<strong>in</strong>amico, ma credo che questo possa prendere<br />
forme molto diverse e non necessariamente debba essere <strong>in</strong>dirizzato<br />
nelle istituzioni secondo canoni psicanalitici classici.<br />
MINERVINO: Di Pao cosa pensa?<br />
JERVIS: Mi ha molto <strong>in</strong>teressato, però non posso dire che mi abbia<br />
conv<strong>in</strong>to del tutto perché per certi lati l’ho trovato troppo rigido dal punto<br />
di vista psicanalitico.<br />
MINERVINO: A me come operatore di un servizio psichiatrico pubblico che<br />
vede qu<strong>in</strong>di, come diceva lei, nei pazienti psicotici l’utenza più impegnativa e più