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qui - Chiara Cantoni

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138<br />

“Il tempo del bastone e della carota”.<br />

Davis Bonfatti<br />

Viene pubblicato il 9 agosto del 1944 per far conoscere come i fatti e gli avvenimenti si<br />

svolsero nei mesi tragici - nei mesi più tragici - della storia d’Italia: una storia che potrà<br />

essere e sarà a suo tempo completata ma non potrà mai essere smentita e dove nella stessa<br />

vicenda e nelle sue fatali conseguenze è contenuta la morale di una Italia “oggi crocifissa”,<br />

ma dove - anche - (conclude l’autore) già si delinea all’orizzonte il crepuscolo mattinale<br />

della resurrezione.<br />

Un preciso concetto valutativo apre il documento mussoliniano. Ecco cose dice:<br />

“Un dato di fatto della catastrofe italiana dell’estate 1943 è che l’origine<br />

prima è dovuta alla Francia e si riconnette a una data: quella dell’8<br />

novembre 1942, allorché aprì all’America le porte del Mediterraneo mentre<br />

gli inglesi si tenevano prudenzialmente al largo. Così fin dal primo momento<br />

apparve chiaro che lo sbarco di un’annata americana nel Mediterraneo (con<br />

la “benedizione” russa e i tradimenti) costituiva un evento di grande portata<br />

strategica destinata a modificare - se non a capovolgere - il rapporto delle<br />

forze in quel settore che in Italia fu da sempre considerato, se non proprio<br />

decisivo, certo della massima importanza…“.<br />

La pubblicazione di Mussolini racconta poi per una cinquantina di pagine la “sua storia<br />

di un anno” e di un popolo “in mille pezzi stracciato, con quell’eterna ansia e fatica del<br />

“ricominciare” che sembra il privilegio e la condanna del popolo italiano”.<br />

In genere - accade - che i fatti storici siano sovente se non dimenticati, almeno accantonati<br />

o, più spesso, interpretati a seconda dei fini che si vogliono raggiungere. Ma il farlo è un<br />

errore.<br />

§ § §<br />

Il secondo documento - per tanti versi lasciato sbiadire - porta la data dell’agosto 1946 e<br />

viene da Parigi. Trattasi del discorso che Alcide De Gasperi, capo del governo provvisorio<br />

del tempo, tiene alla cosiddetta “Conferenza della Pace” davanti - come scrissero i giornali<br />

dell’epoca - al “Tribunale dei Vincitori” forte di ben ventuno membri in rappresentanza<br />

di altrettanti ex avversari, tutti protesi a “farci pagare misfatti e colpe” che di fatto,<br />

nemmeno la dichiarazione di Quebec aveva convalidato nonostante le pressioni di Stalin e<br />

dei rappresentanti di Jugoslavia e di Albania.<br />

Alla conferenza parigina il riscatto che l’Italia aveva già in gran parte pagato non ebbe<br />

obiettiva considerazione. Testimonianze oculari come quella dell’on. Brusasca affermano<br />

che la nostra delegazione fu trattata “come imputati tenuti in camera di sicurezza fino<br />

all’ingresso in aula dei giudici”. Soltanto l’americano Byrnes e un olandese ebbero per i<br />

rappresentanti della “nouvelle Italie” qualche cenno di incoraggiamento.<br />

In quel clima dove preminenti erano l’ostilità e la fretta di chiudere il “capitolo italiano”,<br />

Alcide De Gasperi cominciò il suo dire…<br />

“ Prendo la parola - disse - in questo consesso mondiale ben persuaso che<br />

tutto è contro di me: e soprattutto lo è la mia qualifica di ex nemico, che mi<br />

Gli "Invadenti" - Tre documenti da (non) buttare

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