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Davis Bonfatti<br />
o si avrà la deportazione a vita dei vari Pertini, Gullo, Scoccimarro e compagni suoi? Intanto<br />
si fa d’attorno il silenzio: il velario si apre…<br />
Il buio è profondo, sulla scena vagano dei fantasmi, ciò nonostante Amleto fin dalle prime<br />
battute già s’impappina. Il buttafuori fa sbagliare un “attacco” a Forte Braccio che viene<br />
fischiato dai magistrati autorevolmente locati nei palchi di proscenio con la giustificazione<br />
che sono imparziali. Rosencratz cerca di placare le acque mettendosi in mezzo, ma sua<br />
entrata è intempestiva, inciampa fra le <strong>qui</strong>nte dell’Epurazione frettolosamente messa in<br />
piedi e rischia una planata sul palcoscenico non previsto dal copione. Ai fischi di quelli dei<br />
palchi si aggiungono ora quelli del loggione, un popolo notoriamente protestatario in nome<br />
del proletariato.<br />
La claque entra subito in azione per coprire gli svarioni della recita più a soggetto che a<br />
copione, allo scopo di rialzarne il tono. Cerca anche di rialzare il morale dei protagonisti,<br />
ma chi ha pagato si associa a chi fischia e urla che rivuol indietro i soldi del biglietto.<br />
Il Nenni vuol fare da paciere ma si becca un pomodoro maturo sul frac preso a nolo e<br />
che indossa con scarso stile. Gli addetti al ministero dell’Alimentazione che cercano in<br />
sala di calmare i più esagitati, si beccano pomodori anche loro perciò lasciano il campo.<br />
I sottosegretari di Stato, anche se sono in molti a sedersi sulle poltrone, non sanno più<br />
dove voltarsi e corrono chi a destra e chi a manca come azionati da razzi, finché escono<br />
dalla comune. I giornalisti presenti, ognuno secondo il proprio stile casereccio, scrivono la<br />
storia.<br />
50<br />
§ § §<br />
Sei personaggi di un tempo, che ormai hanno fatto il loro tempo, immediatamente si<br />
pongono alla ricerca di un nuovo presidente e, scenicamente, si prendono a calci per dare<br />
maggior peso alle loro ragioni.<br />
Orlando, Bonomi, Nitti ne approfittano per presentarsi alla ribalta in evangeliche vesti<br />
appena ritirate dalla lavanderia di Montecitorio. Il conte Sforza, che nel trambusto ha perso<br />
il monocolo, lascia il campo non vedendo più dove mette i piedi. Un napoletano bizzoso<br />
quanto verace che si chiama De Nicola, appare e scompare dalla scena lasciando capire<br />
che neppure lui sa che cosa vuole. Un nientepopodimeno che maresciallo d’Italia chiamato<br />
Badoglio, che nella locandina figura tra i personaggi della tragicommedia, non lo si vede per<br />
niente. Forse si è auto-annullato.<br />
La forza pubblica di nuova nomina, tenendosi a destra il più possibile, interviene spesso,<br />
sparando fortunatamente a salve, perciò sono in pochi ad avere paura. Ne approfittano i<br />
liberali, seppur non più giovani rampanti come Benedetto Croce, incoraggiati una volta<br />
tanto dal pubblico sollazzo, per darsi allo sport del lancio delle torte in faccia.<br />
Nella bolgia crescente c’è chi saluta a pugno chiuso sognando romanità tramontate e chi<br />
non saluta per niente e se ne va per i fatti propri meditando.<br />
Ferruccio Parri sospinto da azionisti ribelli, ritenta ancora di mantenere in piedi lo<br />
spettacolo, in nome dell’arte se non si vuole quello della democrazia, ma l’addetto al<br />
sipario soprannominato “Pajetta”, perduto l’orientamento ritiene che l’atto sia finito e<br />
abbassa il velario.<br />
Gli "Invadenti" - Un “Uomo Qualunque” e dintorni