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qui - Chiara Cantoni

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Davis Bonfatti<br />

Anche per il settimanale “La rivoluzione liberale” che Gobetti dirige, egli sollecita ed<br />

ottiene scritti di Croce, Gentile, Mondolfo, Prampolini, Cosmo ed Einaudi che segue con<br />

particolare favore “ il giovane rivoluzionario liberale senza complessi”.<br />

Come si evince chiaramente lo scopo primario delle collaborazioni sollecitate ed ottenute<br />

è quello di una critica della filosofia di Marx e del Partito Socialista Unitario dal punto di<br />

vista liberale, con qualche eccezione come quelle di Mondolfo. Gobetti non è visceralmente<br />

antisocialista: vuole soltanto capire e far capire criticamente il bolscevismo e perché i<br />

comunisti tendano sempre a litigare con i socialisti. E, ancora, perché non si debba<br />

liberamente non credere alla “Rivoluzione di Ottobre”. Tanto più che i principi informatori<br />

del Soviet non sono nella realtà amati dal popolo e che - in fondo – le opere di Lenin e<br />

di Trotskij sono (secondo Gobetti) la negazione del socialismo vero, ed in particolare del<br />

sistema socialista rivolto al futuro, nell’ambito del libero progresso economico, nel ripudio<br />

della repressione quale inevitabile sbocco logico dell’esperimento bolscevico.<br />

Il “senno di poi” dirà che infatti vennero gli Stalin e gli stalinisti, vennero i brigatisti ma<br />

anche il brigantaggio, vennero i crolli delle ideologie imperialiste non soltanto dell’Est, il<br />

crollo di paesi retti da regimi federativi, caddero uomini ed ideali, guerre note e guerre<br />

taciute. Siamo ancora alle incertezze che Gobetti mai esitò a denunciare.<br />

Resta ancora oggi - nella sua ideale purezza d’intenti la gioventù di Piero Gobetti il cui<br />

pensiero, anche se siamo al 2000, non sembra lecito dimenticare.<br />

Piero Gobetti negli anni attorno al 1920<br />

64<br />

§ § §<br />

Un seppur sommario ricordo della vita breve ma intensa di questo giovane liberale,<br />

di un tempo che soltanto a misura sembra lontano, sarebbe improprio senza talune più<br />

approfondite considerazioni.<br />

L’anno 1920 è quello della grande svolta per Piero Gobetti. Inizia la polemica con Gentile e<br />

persino con Sorel e Salvemini. Approfondirà conoscenza e concetti con Gramsci, prenderà<br />

qualche abbaglio sui valori idealistici e libertari del “giovane Mussolini socialista” e sulla<br />

Russia dei Soviet attraverso il concetto di Trotskij che, marxista, “volle… una rivoluzione<br />

anarchica, la sola che potesse non essere reazionaria… “.<br />

Il 1920 fu anche il tempo che vide concludersi il suo rapporto con la “Lega Democratica”<br />

che si era rivelata incapace di un’efficace azione politica di fronte al problema operaio.<br />

Si badi: il concetto di un bolscevismo liberale, liberatore di energie, distruttore di universi<br />

decadenti e creatore di mondi nuovi non è soltanto di Gobetti. È largamente condiviso<br />

in vari schieramenti intellettuali animati dalla voglia di svecchiare ed è positivamente<br />

salutato anche in alcune frange futuriste e fasciste. Ma poi Gabetti chiuderà questo capitolo<br />

considerando l’inutilità di proporre in Italia un esperimento rivoluzionario del genere russo,<br />

riaffermando che se rivoluzione dev’esserci dovrà avvenire soltanto nelle forme legali dello<br />

Gli "Invadenti" - Piero Gobetti

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