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qui - Chiara Cantoni

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Davis Bonfatti<br />

§ § §<br />

Nonno e nonna paterni non li ho conosciuti. So che lui si chiamava Celso e lei Aurora e che<br />

ebbero diversi figli da me mai incontrati salvo una che si chiamava Climene e, naturalmente<br />

mio padre.<br />

Di questo mio nonno metterò assieme frammenti di vita raccolti in giro dalla mia curiosità<br />

di ragazzo, uditi per lo più da mio zio Tullio nelle torride serate di agosto quando, seduti<br />

al buio sull’aia i conversari contadini scivolavano rapidi nella notte senza luna e i grilli<br />

tenevano concerto grande.<br />

Nonno Celso era un tipo sull’uno e novanta che a digiuno pesava sui centotrenta e dopo in<br />

proporzione al pasto consumato. Analfabeta, o quasi, la sua grande passione era l’opera<br />

lirica. Raccontavano che gli bastava anche un solo ascolto per carpire i passi salienti delle<br />

romanze e farle sue. Tra Pico della Mirandola e lui forse c’era - dicevano - qualche affinità.<br />

Ma questo non c’entra.<br />

Dotato di una voce tenorile robusta, udibile anche a non breve distanza, mai si faceva<br />

pregare due volte quando allo stuzzicante invito: “Dai Celso, canta la Gioconda”, partiva<br />

per la tangente cercando sempre di offrirsi al meglio. Per lui quell’aria del Ponchielli,<br />

musicalmente vibrante d’amore, che il dalmata canta nel “cielo e mar”, non aveva<br />

incertezze. Poi giù tante altre cantate di questa o di quell’opera, specie se tortellini e<br />

lambrusco facevano d’attorno scenario ed orchestra.<br />

L’amore senza confini per l’opera lirica, le sue folte esibizioni canore, gli inviti innumerevoli<br />

qua e là per feste e festini, non aiutavano certo il lavoro dei campi, per cui era soltanto<br />

l’Aurora a darci dentro visto che assai presto, dei loro figli, nessuno era rimasto in casa.<br />

Ma poi anche la moglie mollò tutto per andare dietro al suo uomo e <strong>qui</strong> la storia di un<br />

contadino, nato certamente per non farlo, potrebbe anche considerarsi finita. Ma come<br />

sovente avviene per certe opere liriche dove ci sono un prologo e un epilogo, anche nonno<br />

Celso ebbe il suo.<br />

§ § §<br />

Chi fu a mettergli in testa che il mestiere del contadino non era fatto per lui non l’ho<br />

saputo. Certo è che vendette alla meglio campagna, bicocca rurale, carro e buoi e si trasferì<br />

a San Possidonio dove aprì un’osteria. E <strong>qui</strong> il destino di quest’uomo fatto in certo modo si<br />

compì fino in fondo anche perché in meno di tre anni si mangiò tutto.<br />

Intendiamoci: “mangiarsi tutto” non è stato un modo di dire come per i tanti che per<br />

un motivo o per l’altro di avversa fortuna vanno a finire in niente. No, nonno Celso “si<br />

mangiò” materialmente tutto sia perché lui, nell’osteria, era senz’altro il cliente principale<br />

e poi perché - in più - la sua ospitalità era proverbiale. Come sempre bastava il fatale<br />

Gli "Invadenti" - Un flash per una vita<br />

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