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Davis Bonfatti<br />
invito “Dai Celso: canta!”, che cominciasse l’accorato “Vicino al sol” dell’Aida, la Fedora<br />
con lo struggente “Amor ti vieta” (che una sera fece delirare una sconosciuta straniera<br />
per via di una boccaccesca offerta) e ancora Manon o il Trovatore “A spegnere col sangue<br />
vostro”, per non dire del canagliesco “Questa o quella” del Rigoletto. E tutto il suo<br />
ardore canoro grandinava, conferendo letizia alle comitive sempre più numerose dove lui,<br />
immancabilmente, s’accodava or nell’uno, or nell’altro tavolo nelle mangiate.<br />
Tutto offerto, tutto gratis, perché l’onorato era lui pur di poter mangiare e cantare alla vita<br />
in compagnia lieta e adulante. E nel rifiutare di porgere il conto, lui si sentiva gran sovrano<br />
ed artista. E padrone.<br />
40<br />
§ § §<br />
Raccontavano in giro di lui che ormai verso i centocinquanta di peso ed una gran chioma<br />
bianca a far da cornice ad un volto ancora fresco, una notte se ne andò cantando per<br />
l’ultima volta quel “Celeste Aida” che era il suo cavallo di battaglia.<br />
Si era d’ottobre e polenta calda di paiolo con stracotto di lepre dopo un paio di piatti a<br />
fondo largo di tortellini al sugo, fu la sua “ultima cena”. All’acuto finale ebbe un attimo di<br />
pausa, alzò solenne il bicchiere di lambrusco color rubino vivo, lo guardò da intenditore alla<br />
fiamma alta del camino e stramazzò.<br />
§ § §<br />
In eredità non lasciò che il suo nome. Il nome soltanto perché il cognome, da tempo, si<br />
era involato nel nulla, dimenticato anche dagli amici per i quali – negli eventi paesani<br />
del genere - vale soltanto il ricordo di brigate allegrie che segnano una vita e talvolta<br />
(nonostante tutto) la rendono più sugosa.<br />
Gli "Invadenti" - Un flash per una vita