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Davis Bonfatti<br />
Il “Concetto Fruttadoro” e la realtà<br />
Si era discusso a lungo, verso la fine del ‘67, in taluni bar della periferia di Cesena e dei<br />
comuni del comprensorio spesso in un mare di fumo - non di rado tra un marafone e l’altro -<br />
di come fare un’organizzazione di buon livello cooperativo capace di interessare veramente<br />
i produttori ortofrutticoli grandi e piccoli e, possibilmente, giovani d’età.<br />
Nelle discussioni, talvolta anche non pacate, era nato - si fa per dire - anche il nome da dare<br />
alla cooperativa: “FRUTTADORO di ROMAGNA”; con quel “Fruttadoro” tutto d’un pezzo in<br />
barba ad ogni regola.<br />
Per la verità “storica” l’insegna sortì involontariamente allorché, con l’impeto oratorio<br />
romagnolo che a turno personalizzava i promotori, uno sbottò fuori con un “Ciou burdél,<br />
mo la frota l’è òr” che fece colpo.<br />
Veramente di cooperative in giro ne esistevano già molte in zona, qualcuna anche sui generis<br />
tanto per non smentire le tradizioni ma, per un verso o per l’altro, tutte già “accasate” con<br />
tanto di bandiera. E una Bandiera, in Romagna, è “la” Bandiera. E provatevi a sostenere il<br />
contrario.<br />
Quando - poi - i discorsi si facevano più analitici e buttati sui soldi, ecco qualcuno venir<br />
fuori per dire che le cooperative erano già tante, che i grossi produttori preferivano trattare<br />
direttamente con gli esportatori e che, volendo, fin dall’epoca del papato in Romagna,<br />
esistevano i bagarini pronti dietro l’uscio. Un mercato fatto così - insomma - ma che grazie<br />
a Dio tirava, e certe argomentazioni proiettate al futuro erano in pochi ad ammetterle.<br />
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Gli "Invadenti" - Il “Concetto Fruttadoro” e la realtà