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Jean Améry. INTELLETTUALE A AUSCHWITZ. Bollati Boringhieri ...

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copriva il tavolo di legno grezzo, e i suoi uomini: di loro si poteva fidare.<br />

E' giunto il momento di tener fede a una promessa: devo motivare perché sia mia profonda<br />

convinzione che la tortura è stata l'essenza del nazionalsocialismo, o più precisamente, perché il<br />

Terzo Reich proprio in essa si è realizzato in tutta la sua pienezza. Abbiamo già detto che la<br />

tortura è esistita, e tuttora esiste, anche altrove. Certo. Nel Vietnam dal 1964. In Algeria nel<br />

1957. In Russia probabilmente tra il 1919 e il 1953. In Ungheria nel 1919 usarono la tortura sia i<br />

bianchi che i rossi, nelle prigioni spagnole fu impiegata dai franchisti come dai repubblicani.<br />

Negli anni fra le due guerre gli aguzzini sono stati all'opera anche negli stati semifascisti<br />

dell'Europa orientale, in Polonia, Romania, Iugoslavia. La tortura non è stata inventata dal<br />

nazionalsocialismo. Tuttavia ne ha rappresentato l'apoteosi. Al seguace di Hitler non bastava<br />

essere veloce come uno scoiattolo, resistente come il cuoio, duro come l'acciaio Krupp per<br />

realizzarsi compiutamente. Per fare di lui un rappresentante completo del Führer e della sua<br />

ideologia non era sufficiente il distintivo del Partito in oro, non bastava un "Blutorden" [ordine<br />

del sangue] o una Croce di guerra di prima classe. Egli doveva "torturare", distruggere, per<br />

«essere grande nel sopportare l'altrui sofferenza». Perché Himmler gli conferisse un diploma di<br />

maturità che fosse riconosciuto dalla storia, doveva essere in grado di maneggiare gli strumenti di<br />

tortura: le generazioni future avrebbero ammirato la sua capacità di annullare la propria<br />

misericordia.<br />

Ancora una volta sento levarsi indignate proteste, sento affermare che non Hitler, ma qualcosa di<br />

imprecisato, il «totalitarismo» sarebbe stato sinonimo di tortura. In particolare mi viene<br />

ricordato l'esempio del comunismo. Non ho appena affermato io stesso che per trentaquattro anni in<br />

Unione Sovietica sarebbe stata praticata la tortura? E non avrebbe già Arthur Köstler...? Certo, lo<br />

so, lo so. Non è possibile in questa sede affrontare la principale mistificazione politica del<br />

dopoguerra secondo la quale comunismo e nazionalsocialismo sarebbero due manifestazioni in fondo<br />

non tanto dissimili di una stessa identica cosa. Troppo di frequente si sono voluti accostare<br />

Hitler e Stalin, Auschwitz e la Siberia, il muro del ghetto di Varsavia e il muro di Berlino voluto<br />

da Ulbricht, così come si è soliti accostare Goethe e Schiller, Klopstock e Wieland. Prendendo su<br />

di me ogni responsabilità e a rischio di una denuncia, ripeto a questo punto quanto Thomas Mann<br />

disse nel corso di un'intervista che gli procurò molti nemici: e cioè che il comunismo, sebbene in<br />

certi momenti si manifesti nell'orrore, simboleggia in ogni caso "un'idea" dell'uomo, mentre il<br />

fascismo hitleriano non era in nessun modo un'idea, ma solo malvagità. E' del resto innegabile che<br />

questo comunismo fu in grado di destalinizzarsi e che oggi nella zona d'influenza sovietica, se<br />

possiamo prestare fede a resoconti concordanti, la tortura non esiste più. In Ungheria può<br />

governare un primo ministro che subì la tortura in epoca stalinista. Chi potrebbe invece immaginare<br />

un nazionalsocialismo dehitlerizzato, e come autorevole uomo politico di un'Europa riordinata dal<br />

nazismo un seguace di Röhm a suo tempo torturato? Nessuno. Non sarebbe potuto accadere. Perché il<br />

nazionalsocialismo - che se non proponeva alcuna idea possedeva tuttavia un intero arsenale di<br />

confuse idee negative - è stato l'unico sistema politico di questo secolo ad avere non solo<br />

praticato il dominio dell'opposto, come fecero anche altri regimi del terrore rossi e bianchi, ma<br />

ad averlo espressamente innalzato a principio. Odiava la parola umanità come i devoti odiano il<br />

peccato, e perciò parlava di "Humanitätsduselei"! [esasperato spirito umanitario]. Sterminava e<br />

rendeva schiavi: lo dimostrano non solo i "corpora delicti" ma anche numerose conferme a livello<br />

teorico. I nazisti torturavano al pari di altri perché grazie alla tortura volevano entrare in<br />

possesso di importanti informazioni politiche. Parallelamente tuttavia torturavano nella buona<br />

coscienza della malvagità. Martoriavano i loro prigionieri per scopi precisi, di volta in volta<br />

esattamente specificati. Ma torturavano soprattutto perché erano aguzzini. Si servivano della<br />

tortura. Ma con fervore ancora più profondo la servivano.<br />

Nel richiamarmi alla memoria gli avvenimenti di allora vedo ancora quell'uomo che improvvisamente<br />

entrò nel "Geschäftszimmer", e che a Breendonk sembrava contare in modo determinante. Recava sulla<br />

sua uniforme grigia i risvolti neri delle S.S., e tuttavia veniva chiamato «Herr Leutnant». Era<br />

piccolo, tarchiato e il suo viso carnoso e sanguigno, sarebbe stato definito «burbero-benevolo»,<br />

secondo una fisiognomica corrente. Parlava velocemente e con voce roca, la cadenza dialettale<br />

berlinese. Al polso, fissato con un cappio di cuoio, portava un nerbo di bue lungo circa un metro.<br />

Per quale motivo dovrei tacerne il nome che successivamente mi divenne tanto familiare? Magari in<br />

questo momento sta bene, è di ritorno dalla gita domenicale in macchina, si sente a suo agio, ha un<br />

aspetto sano e rubizzo. Non ho alcun motivo per non citarlo. Il signor tenente che per l'occasione<br />

svolgeva il ruolo di specialista in torture si chiamava Praust: P-R-A-U-S-T. «Tocca a te» mi disse<br />

velocemente e con affabilità. Quindi, attraverso i corridoi illuminati da flebile luce rossastra,<br />

dove di continuo si aprivano e, rimbombando, si richiudevano nuove inferriate, mi condusse<br />

nell'ambiente a volta descritto in precedenza, nel bunker. Ci accompagnavano gli uomini della<br />

Gestapo che mi avevano arrestato.<br />

L'analisi della tortura che mi sono prefisso non può prescindere, me ne dolgo per il lettore, da<br />

una descrizione oggettiva di quanto avvenne; cercherò tuttavia di essere il più possibile<br />

sintetico. Dal soffitto del bunker pendeva una catena - che scorreva in una carrucola - alla cui<br />

estremità era fissato un pesante gancio in ferro. Mi condussero verso questo attrezzo. Il gancio fu<br />

fissato alle manette che dietro alla schiena mi bloccavano le mani. Poi venne tirata la catena sino

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