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Jean Améry. INTELLETTUALE A AUSCHWITZ. Bollati Boringhieri ...

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il mio risentimento svolgesse anche una funzione storica. Se svolgesse l'ufficio che gli<br />

attribuisco, storicamente potrebbe rappresentare una fase nella dinamica morale del progresso<br />

universale in sostituzione della mancata rivoluzione tedesca. La rivendicazione non è meno assurda<br />

e meno morale del desiderio individuale di reversibilità di processi irreversibili.<br />

Per chiarire e rendere più semplice il mio pensiero, devo solo riallacciarmi alla convinzione già<br />

espressa che il conflitto latente tra vittime e carnefici deve essere esteriorizzato e attualizzato<br />

se entrambi, sopraffatti e sopraffattori, intendono dominare un passato che pur essendo<br />

radicalmente antitetico è tuttavia anche un passato comune. Esteriorizzazione e attualizzazione:<br />

certamente non possono consistere in una vendetta che sia proporzionale a quanto si è subìto. Non<br />

posso dimostrarlo, e tuttavia sono certo che durante il processo di Auschwitz nessuna delle vittime<br />

ha mai anche solo pensato di appendere l'uomo Bogner alla cosiddetta "Bognerschaukel" [altalena di<br />

Bogner]. E nessuno che abbia conservato il senno ha mai formulato l'ipotesi, moralmente assurda,<br />

che sarebbe opportuno giustiziare dai quattro ai sei milioni di tedeschi. In questo più che in<br />

altri casi la "jus talionis" non avrebbe la benché minima giustificazione storico-morale. Il<br />

problema non può essere risolto né con la vendetta di uno schieramento, né con l'espiazione -<br />

problematica, solo teologicamente sensata e per me quindi del tutto irrilevante - dell'altro, né,<br />

ovviamente attraverso una purificazione con mezzi violenti, storicamente comunque impensabile. Ma<br />

come allora, dato che ho esplicitamente parlato di una disputa sul campo della prassi storica?<br />

Ebbene il problema potrebbe essere risolto facendo sì che in uno schieramento si conservi il<br />

risentimento e nell'altro nasca, generata da quest'ultimo, la sfiducia in sé. Pungolato<br />

esclusivamente dal nostro risentimento - e nient'affatto da uno spirito di conciliazione<br />

soggettivamente quasi sempre ambiguo e oggettivamente antistorico - il popolo tedesco resterebbe<br />

sensibile al fatto che non deve lasciare neutralizzare dal tempo, e deve invece integrare, un pezzo<br />

della propria storia nazionale. Che Auschwitz sia passato, presente e futuro della Germania lo ha<br />

scritto, se ben ricordo, Hans Magnus Enzensberger, il quale purtroppo non fa testo, perché lui e<br />

coloro che moralmente sono al suo livello non sono il popolo. Se invece il nostro risentimento, nel<br />

silenzio del mondo, alzasse il dito ammonitore, allora la Germania nel suo complesso e anche nelle<br />

future generazioni conserverebbe la coscienza che non furono i tedeschi a eliminare il dominio<br />

dell'infamia. Arriverebbe a comprendere, così talvolta mi auguro, la sua passata adesione al Terzo<br />

Reich come la totale negazione non solo di un mondo minacciato da guerra e morte, ma anche delle<br />

proprie migliori origini; allora non rimuoverebbe, non occulterebbe più quei dodici anni, che per<br />

noi furono veramente un millennio e li rivendicherebbe invece in quanto concreta negazione del<br />

mondo e di sé, in quanto suo patrimonio negativo. A livello storico si verificherebbe quanto in<br />

precedenza ho ipoteticamente descritto per la ristretta sfera individuale: due schieramenti umani,<br />

sopraffattori e sopraffatti, si incontrerebbero nel desiderio di inversione del tempo e quindi di<br />

moralizzazione della storia. Avanzata dal popolo tedesco, dal popolo autenticamente vincitore e già<br />

riabilitato dal tempo, la rivendicazione avrebbe un peso enorme, sufficiente di per sé stesso a<br />

soddisfarla. Verrebbe recuperata la rivoluzione tedesca, revocato Hitler. E infine per la Germania<br />

si compirebbe veramente quella estinzione della vergogna che il popolo tedesco allora non ebbe la<br />

forza o la volontà di realizzare e che nel gioco politico dovette poi apparire di secondaria<br />

importanza.<br />

Ogni tedesco è libero di raffigurarsi come ciò debba concretizzarsi nella prassi. L'autore di<br />

queste righe non è tedesco e non può dare consigli a questo popolo. Nel migliore dei casi riesce a<br />

immaginare una comunità nazionale che rigetti tutto, ma veramente tutto, compresi gli aspetti che a<br />

prima vista possono apparire inoffensivi, come le autostrade, ciò che ha fatto nei giorni del<br />

proprio più profondo avvilimento. Permanendo nel suo sistema di coordinate esclusivamente<br />

letterario, Thomas Mann in una lettera si espresse nel modo seguente:<br />

"Sarà superstizione - scrisse a Walter von Molo - ma ai miei occhi i libri che hanno comunque avuto<br />

la possibilità di uscire in Germania fra il 1933 e il 1945 sono del tutto privi di valore, e non si<br />

dovrebbe neppure prenderli in mano. Sono impregnati tutti di un certo odor di sangue e di vergogna;<br />

meglio varrebbe mandarli tutti al macero".<br />

Mandare spiritualmente al macero del popolo tedesco non solo i libri ma tutto ciò che è espressione<br />

di quei dodici anni, sarebbe la negazione della negazione: un atto altamente positivo, salutare.<br />

Esso solo consentirebbe di pacificare soggettivamente il risentimento e di renderlo oggettivamente<br />

inutile.<br />

A che sorta di eccessiva fantasticheria morale mi sono lasciato andare! Già mi figuravo i<br />

viaggiatori tedeschi allineati lungo quella banchina del 1945, sbiancare di rabbia di fronte ai<br />

cadaveri ammucchiati dei miei compagni e rivolgersi minacciosi contro i nostri, i loro aguzzini.<br />

Grazie al mio risentimento e alla purificazione dei tedeschi da esso provocata, già mi figuravo<br />

invertito il tempo. Non fu proprio un tedesco a strappare la pala alla S.S. Wajs? Non fu una<br />

tedesca che accolse colui che la tortura aveva tramortito e distrutto, curandone le ferite? Cosa<br />

non ho scorto in un passato sfuggito a ogni controllo, in cui il passato stesso si è tramutato in<br />

futuro, ed è ormai effettivamente per sempre superato!<br />

Non accadrà nulla di tutto ciò, ne sono certo, nonostante tutti gli onorevoli sforzi di

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