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ELEMENTI DI MALATTIE DELL'APPARATO RESPIRATORIO ...

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Clinica di Malattie dell’Apparato Respiratorio e Allergologia<br />

Dipartimento di Medicina Interna - Universita’ di Genova<br />

Direttore Prof. G.W. Canonica<br />

<strong>ELEMENTI</strong> <strong>DI</strong> <strong>MALATTIE</strong><br />

DELL’APPARATO<br />

<strong>RESPIRATORIO</strong><br />

Dispense per il Corso di Laurea<br />

in Medicina e Chirurgia<br />

Aggiornamento 2005<br />

Giovanni Passalacqua, Vito Brusasco, Angela Cinquegrana,<br />

Emanuele Crimi, Andrea De Maria, Carlo Mereu,<br />

Manlio Milanese, Roberto Quaglia,<br />

Antonio Scordamaglia, Mario Taviani,<br />

Giorgio Walter Canonica


CONTENUTI<br />

1. INTRODUZIONE E CONCETTI GENERALI<br />

2. STRUTTURA E FUNZIONI DELL’APPARATO <strong>RESPIRATORIO</strong><br />

3. IL RESPIRO E IL SUO CONTROLLO<br />

4. LE PROVE <strong>DI</strong> FUNZIONALITA’ RESPIRATORIA<br />

5. SCAMBIO DEI GAS ed EMOGASANALISI<br />

6. <strong>DI</strong>AGNOSTICA FISICA E STRUMENTALE<br />

7. LE POLMONITI<br />

8. TUBERCOLOSI (TBC)<br />

9. BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA (BPCO)<br />

10. ASMA BRONCHIALE<br />

11. ALVEOLITI ALLERGICHE ESTRINSECHE<br />

12. SARCOIDOSI<br />

13. PNEUMOCONIOSI<br />

14. NEOPLASIE POLMONARI E PLEURICHE<br />

15. <strong>MALATTIE</strong> IMMUNOLOGICHE E GRANULOMATOSI<br />

16. FIBROSI INTERSTIZIALI <strong>DI</strong>FFUSE<br />

17. SINDROME BRONCHIECTASICA<br />

18. POLMONE E PATOLOGIA CAR<strong>DI</strong>OVASCOLARE<br />

19. TROMBOEMBOLIA POLMONARE (TEP)<br />

20. VERSAMENTO PLEURICO E PLEURITI.<br />

21. PNEUMOTORACE (PNX)<br />

22. SINDROME ME<strong>DI</strong>ASTINICA<br />

23. INSUFFICIENZA RESPIRATORIA<br />

24. ADULT RESPIRATORY <strong>DI</strong>STRESS SYNDROME (ARDS)<br />

25. MALFORMAZIONI, <strong>MALATTIE</strong> DELLA GABBIA TORACICA E<br />

DEL <strong>DI</strong>AFRAMMA<br />

26. APPEN<strong>DI</strong>CE


PREFAZIONE<br />

Le malattie dell’apparato respiratorio sono, insieme con quelle cardiovascolari, le patologie<br />

internistiche di più frequente riscontro e l’incidenza di alcune di esse e’ in aumento<br />

costante. Fin dall’inizio della Professione, i medici sono chiamati ad affrontare ed<br />

interpretare sintomi e segni di possibile origine polmonare, a fare diagnosi e magari ad<br />

instaurare immediatamente una terapia. Come in ogni branca della Medicina, una buona<br />

conoscenza si acquisisce solo con l’esperienza diretta, ma e’ vero anche che la<br />

preparazione teorica di base e le nozioni fisiopatologiche elementari sono irrinunciabili<br />

perché l’esperienza clinica diventi produttiva ed utile.<br />

Ci rendiamo conto che non e’ possibile insegnare “tutta la pneumologia” nel corso di un<br />

anno accademico e che non è proponibile imporre allo studente l’acquisto e lo studio di<br />

testi di pneumologia completi, ma voluminosi e costosi. D‘altro canto, esiste un corpo di<br />

conoscenze di base sulle malattie dell’apparato respiratorio dalle quali non si può<br />

prescindere per il futuro esercizio della professione.<br />

Da tutte queste considerazioni è nata l’idea originaria delle “dispense” di pneumologia,<br />

pubblicate per la prima volta nel 2000. Il successo tra gli studenti di tali dispense, ed il<br />

recente sviluppo del mezzo informatico, ci hanno stimolato ad aggiornare la precedente<br />

versione rendendola più disponibile alla consultazione.<br />

Come già accennato nella precedente versione cartacea, questi Elementi di Pneumologia<br />

non devono essere considerati il testo su cui si studia “per passare l’esame”, ma la base<br />

delle minime conoscenze indispensabili ed una traccia degli argomenti che devono essere<br />

approfonditi.<br />

La buona volontà di fare didattica attiva è testimoniata dall’impegno di tutti i collaboratori<br />

che si sono dedicati alla stesura dei singoli capitoli, amalgamando chiarezza espositiva ed<br />

aggiornamento<br />

Clinica di Malattie Dell’Apparato Respiratorio<br />

Padiglione Maragliano, piano terra<br />

Segreteria 0103538933<br />

FAX: 0103538904<br />

e-mail canonica@unige.it<br />

Prof. Giorgio Walter Canonica<br />

Direttore Clinica di Malattie<br />

dell’Apparato Respiratorio


1. CONCETTI GENERALI<br />

Dal punto di vista strettamente anatomico, l’apparato respiratorio è costituito da: vie respiratorie<br />

superiori (naso, seni paranasali, faringe, laringe), vie respiratorie inferiori (trachea e bronchi),<br />

polmoni, pleure. Dal punto di vista clinico e fisiologico esso comprende però anche tutte quelle<br />

strutture che ne garantiscono il funzionamento: gabbia toracica (coste, articolazioni, muscoli<br />

respiratori scheletrici, diaframma e mediastino), sistemi di controllo (centrale e periferico) e<br />

vascolarizzazione. L’apparato respiratorio include un’enorme estensione di superficie epiteliale,<br />

di rete vascolare e linfatica e contiene una cospicua quantità di cellule e strutture<br />

immunologicamente competenti.<br />

Com’è noto, la principale funzione fisiologica dell’apparato respiratorio è l’ematosi, cioè lo<br />

scambio dei gas tra ambiente esterno e sangue (apporto di O2 e rimozione di CO2) per garantire il<br />

metabolismo cellulare; tale funzione è strettamente connessa al mantenimento dell’equilibrio<br />

acido-base. La funzione dell’ematosi (o respirazione propriamente detta) e’ assicurata,<br />

schematicamente, da alcuni principali componenti:<br />

- ventilazione: spostamento di gas dall’ambiente esterno agli alveoli polmonari.<br />

- perfusione: arrivo del sangue da ossigenare agli alveoli e ritorno alla circolazione<br />

- diffusione: passaggio dei gas dal sangue all’aria alveolare e viceversa<br />

Funzioni accessorie sono: la difesa immunologica, funzioni endocrine, metaboliche e di<br />

emuntorio.<br />

L’apparato respiratorio è contenuto nella gabbia toracica e prende rapporto con tutte le<br />

strutture in essa presenti (cuore, grossi vasi, grandi vie linfatiche, nervi e tratto digerente).<br />

Pertanto, alterazioni di tali strutture possono influenzare il funzionamento dell’apparato<br />

respiratorio, ma anche le malattie dell’apparato respiratorio possono estendersi alle strutture<br />

circostanti.<br />

L’apparato respiratorio può ammalarsi primitivamente, oppure essere coinvolto<br />

secondariamente a malattie sistemiche o di altri organi. Nella maggior parte dei casi, le malattie<br />

primitive dell’apparato respiratorio sono dovute ad agenti (infettivi, organici od inorganici) che<br />

penetrano direttamente nell’albero bronchiale dall’esterno, a neoplasie o a malformazioni. Nel<br />

caso di patologie non primitivamente respiratorie ci si trova di fronte a malattie cardiovascolari,<br />

disordini immunologici o patologie complesse. In entrambi i casi si manifesteranno segni e<br />

sintomi respiratori: sono questi segni e sintomi che di solito il medico osserva sul paziente, e dai<br />

quali deve risalire alla malattia che li ha prodotti. Aiutano il medico nella diagnostica, la serie di<br />

osservazioni semeiologiche tipiche dell’apparato respiratorio (dispnea, tosse, emottisi, cianosi<br />

ecc.) e le indagini strumentali o per immagini.<br />

Non sempre la sistematica patologica è di aiuto nella pratica clinica. Ad esempio, alcune<br />

entita’ (fibrosi interstiziali diffuse, ipertensione polmonare) solo rarissimamente sono primitive<br />

ed usualmente rappresentano l’evoluzione anatomopatologica di altre malattie. Identicamente,<br />

l’insufficienza respiratoria non è una malattia a sé, ma una condizione fisiopatologica provocata<br />

da numerose malattie polmonari o extrapolmonari<br />

Per motivi storici e culturali vi sono alcune branche della medicina respiratoria che hanno<br />

mantenuto una certa autonomia. Molto schematicamente, tutto quanto riguarda il flusso dell'aria<br />

nell'AR viene definito ventilazione ed e' di competenza della fisiopatologia respiratoria in senso<br />

stretto, che si occupa quindi della funzione meccanica del polmone e dei bronchi e le indaga per<br />

mezzo delle prove di funzionalita' respiratoria (PFR). La broncologia studia essenzialmente i<br />

grossi bronchi e le loro malattie, avvalendosi di tecniche endoscopiche diagnostiche ed<br />

interventistiche. Infine, la tisiologia, fino a pochi decenni fa specializzazione a sé stante, si<br />

occupa della tubercolosi.


Nell’affrontare la”sfida” che ogni paziente propone, l’anamnesi accurata e l’esame obiettivo<br />

restano il punto di partenza indispensabile. Non è accettabile l’uso indiscriminato degli<br />

accertamenti strumentali e laboratoristici ed ogni indagine deve essere richiesta solo per<br />

comprovare o escludere una diagnosi razionalmente formulata sul paziente.<br />

La tabella 1 riporta una sinossi delle malattie di interesse pneumologico o prevalentemente<br />

pneumologico e di quelle non pneumologiche ma in cui è rilevante l’aspetto respiratorio.<br />

TABELLA 1.1: <strong>MALATTIE</strong> DELL’APPARATO <strong>RESPIRATORIO</strong><br />

Malattie primitivamente respiratorie<br />

• Malattie ostruttive<br />

- Asma bronchiale<br />

- Bronchite cronica<br />

- Enfisema<br />

• Malattie infettive<br />

- Tracheobronchiti<br />

- Broncopolmoniti<br />

- Polmoniti<br />

- Pleuriti<br />

- Tubercolosi<br />

- Infezioni del paziente immunodepresso<br />

• Neoplasie (e sindromi paraneoplastiche)<br />

- Broncopolmonari<br />

- Pleuriche<br />

• Pleuriti<br />

• Pneumoconiosi<br />

• Alveoliti allergiche estrinseche<br />

• Bronchiectasie<br />

• Fibrosi polmonari diffuse<br />

• Tromboembolia polmonare<br />

• Pneumotorace<br />

• Malformazioni polmonari<br />

Malattie non polmonari con possibile coinvolgimento dell’apparato respiratorio<br />

Malattie autoimmuni<br />

(Es. Lupus, sclerosi sistemica, artrite reumatoide, Sjogren ecc)<br />

Malattie cardiovascolari<br />

(Es Scompenso cardiaco, ipertensione polmonare primitiva)<br />

Vasculiti e granulomatosi<br />

(Es. Sarcoidosi, Churg-Strauss, Wegener)<br />

Malattie metaboliche<br />

Malattie ereditarie e complesse<br />

(Es. Fibrosi cistica, Deficit alfa1 antitripsina)<br />

Malattie della gabbia toracica e del diaframma<br />

Malattie neuromuscolari<br />

(Es. SLA, sclerosi multipla, danno midollare)


2. STRUTTURA E FUNZIONI <strong>DELL'APPARATO</strong><br />

<strong>RESPIRATORIO</strong><br />

Per affrontare lo studio sistematico delle malattie respiratorie, alcune nozioni di anatomia e<br />

fisiopatologia sono assolutamente irrinunciabili. Per tale motivo in questo capitolo e nei seguenti<br />

verranno sintetizzate alcuni elementi di base da utilizzare per affrontare gli argomenti successivi.<br />

L’apparato respiratorio (AR) e’ costituito anatomicamente dalle vie aeree, dai polmoni e dalle<br />

numerose componenti strutturali e di controllo che contribuiscono in maniera essenziale alla<br />

principale funzione dello scambio gassoso. Dal punto di vista anatomico può essere utile<br />

suddividere le strutture in: vie aeree superiori ed extrapolmonari, polmone e vie aeree<br />

intrapolmonari, pleure, gabbia toracica, mediastino, sistema linfatico, piccola circolazione. La<br />

conoscenza di tali strutture è indispensabile (e data per scontata) almeno per la localizzazione<br />

delle patologie.<br />

2.1 STRUTTURA ANATOMICA<br />

Il naso e’ la parte dell’AR che provvede alla conduzione dell’aria alle vie aeree inferiori.<br />

Le cavita’ nasali sono rivestite da epitelio cigliato e ghiandole mucipare e intensamente<br />

vascolarizzate. Normalmente tutto il flusso aereo passa per il naso ove l’aria viene riscaldata e<br />

saturata in umidita’ fino al 95%. Il muco, le ciglia ed il battito ciliare svolgono una fondamentale<br />

funzione di depurazione dell’aria inalata. I seni paranasali svolgono funzione di coibentazione<br />

termica e di risuonatori. Sono rivestiti anch’essi di epitelio ciliato e drenano nella cavita’ nasale.<br />

La faringe e’ un tratto di conduzione comune anche all’apparato digerente ed e’ rivestita da<br />

epitelio ciliato in alto e pluristratificato in basso. In faringe (retrobocca) sono contenute le<br />

tonsille e l’anello di Waldeyer. La muscolatura faringea e’ responsabile della deglutizione<br />

coordinata e della chiusura dell’epiglottide ad ogni deglutizione. L’epiglottide e la rima glottidea<br />

connettono la faringe con l’apparato respiratorio. La laringe, con il complicato sistema di<br />

muscoli e cartilagini e’ deputata alla fonazione. L’innervazione e’ fornita dai nervi ricorrenti<br />

(vago) ed in parte dai laringei superiori. L’innervazione della laringe passa nel mediastino ed è in<br />

contatto (tramite le pleure) con i polmoni. La trachea ha struttura rigida (cartilagini tracheali) e si<br />

estende per 10-12 cm dalla laringe alla biforcazione dei bronchi principali (detta carena<br />

tracheale), posteriormente all’esofago. Il bronco principale sinistro, di circa 4-5 cm decorre più<br />

orizzontalmente del destro e si trova sopra all’atrio omolaterale. Il bronco principale destro e’ più<br />

verticale e più corto (1-3 cm). Nella maggior parte dei casi, i bronchi principali e quelli dei lobi<br />

inferiori sono extrapleurici e pertanto ci si riferisce a loro come vie respiratorie extrapolmonari.<br />

L’albero bronchiale si suddivide dalla trachea alla periferia, in modo dicotomico, in bronchi<br />

sempre piu’ piccoli numerati convenzionalmente in ordine crescente (Figura 2.1). Partendo dalla<br />

trachea (per definizione ordine 0), si incontra la prima divisione nei bronchi principali (di ordine<br />

1); ogni bronco principale da origine ai bronchi lobari (ordine 2), ogni bronco lobare si divide<br />

nei bronchi segmentali (ordine 3) e cosi’ via. Al bronchiolo terminale si arriva, a seconda della<br />

zona polmonare, dopo suddivisioni di 15-20 ordini. Ogni bronchiolo terminale da’ origine ad<br />

altre 3 o 4 suddivisioni di bronchioli respiratori che terminano, tramite i dotti alveolari) a fondo<br />

cieco nei sacchi alveolari. In questi avviene lo scambio dei gas vero e proprio.


Le vie aeree si definiscono propriamente bronchi fino a che e’ presente una struttura cartilaginea<br />

(diametro di circa 1 mm), dopodiche’ diventano bronchioli. A partire dai bronchioli cominciano<br />

ad essere presenti gli alveoli (dove si effettua lo scambio dei gas); gli alveoli diventano poi<br />

sempre piu’ numerosi fino ai sacchi alveolari propriamente detti. Ogni bronchiolo terminale<br />

ventila un acino, che costituisce quindi l’unita’ funzionale del polmone. Da ogni bronchiolo<br />

terminale originano dunque 3-4 divisioni di bronchioli respiratori e da ciascuno di questi ultimi,<br />

due ulteriori suddivisioni, fino al sacco alveolare. La superficie disponibile per lo scambio di gas<br />

varia tra 40 e 80 m2. Il lobulo polmonare e’ invece la piu’ piccola unita’ anatomica ed e’<br />

costituito da numerosi acini. Dal punto di vista anatomico, ogni lobo dei polmoni e’ costituito da<br />

zone quasi completamente indipendenti sia anatomicamente che dal punto di vista circolatorio: i<br />

segmenti. Ve ne sono 10 a destra e 9 a sinistra. La suddivisione segmentale dei bronchi e’<br />

conosciuta in vivo fino almeno al V ordine grazie alla fibrobroncoscopia. La nomenclatura<br />

endoscopica dei bronchi e’ ormai standardizzata e numera i bronchi segmentali da b1 a b10 in<br />

senso craniocaudale.<br />

2.2 ISTOLOGIA DELL’ALBERO BRONCHIALE E DELLA SUPERFICIE<br />

RESPIRATORIA<br />

Le vie aeree inferiori fino ai bronchi di circa 1 mm hanno struttura rigida mantenuta da anelli<br />

cartilaginei (che diventano placche isolate man mano che si procede verso la periferia): queste<br />

vie respiratorie quindi possono variare solo di poco il calibro. A partire dai bronchioli la struttura<br />

e’ prevalentemente muscolare ed il calibro puo, variare anche considerevolmente. Tutta la parte<br />

che non contiene alveoli e’ definita vie aeree di conduzione.<br />

Nei bronchi, l’epitelio è ciliato con numerose cellule mucose, caliciformi mucipare e di Clara. Le<br />

fibre muscolari sono disposte concentricamente e collegano tra di loro gli anelli o le placche<br />

cartilaginee. A livello dei bronchi di calibro più piccolo e dei bronchioli sono disposte le fibre<br />

elastiche che danno la particolare consistenza del polmone. Nei bronchioli terminali l’epitelio<br />

diventa progressivamente cubico e le fibre muscolari sono disposte prevalentemente alle<br />

biforcazioni.<br />

La parete degli alveoli è rivestita da pneumociti di I tipo, che sono meno numerosi ma dotati di<br />

maggior superficie e pneumociti di II tipo di forma cubica. Al di sotto di questi e’ presente la<br />

membrana basale, poche fibre collagene e fibre elastiche. Ancora oltre vi e’ l’endotelio dei<br />

capillari polmonari che servono allo scambio dei gas. Nell’alveolo sono particolarmente<br />

abbondanti i macrofagi (Mφ). Lungo tutto l’albero respiratorio vi sono anche mastociti, linfociti<br />

B (che secernono le IgA) e linfociti T CD4+ e CD8+. Il tessuto linfatico e’ organizzato in


placche sparse di centri germinativi o meno organizzati, che costituiscono globalmente il BALT<br />

(Bronchial Associated Lymphoid Tissue). Gli alveoli, separati dai setti alveolari, possono<br />

comunicare direttamente tramite i pori di Kohn.<br />

Il surfactante e’ una miscela complessa di fosfolipidi, secreta dai pneumociti di II tipo e che<br />

riveste tutta la superficie interna degli alveoli. La sua funzione e’ quella di aumentare la tensione<br />

superficiale e mantenere quindi gli alveoli beanti.<br />

L’interstizio polmonare e’ la struttura che regge e circonda gli alveoli, contiene i capillari<br />

polmonari e le ultime diramazioni respiratorie. E‘ inoltre responsabile in parte del ritorno<br />

elastico del polmone. Parallelamente alla superficie di scambio dei gas, l’interstizio è molto<br />

esteso e vascolarizzato. Essendo costituito prevalentemente di collagene, fibre elastiche e<br />

strutture rigide è ben visibile alla radiografia standard ed alla TAC. L’interstizio contiene<br />

bronchi, bronchioli, capillari e linfatici. La sua importanza è dovuta al fatto che proprio in esso<br />

si verificano spesso le principali manifestazioni di malattia: infiltrazione cellulare, deposizione di<br />

collagene, alterazione dei vasi sanguigni, distruzione della struttura connetivale-elastica. Infine,<br />

l’interstizio polmonare è sottile e di limitata compliance e quindi non può impregnarsi di liquidi.<br />

La superficie interna delle vie aeree di conduzione è costituita da epitelio cigliato ricoperto da un<br />

sottile strato di muco che viene continuamente prodotto dalle ghiandole caliciformi e mucose. Le<br />

ciglia, col loro battito, fanno muovere lentamente lo strato di muco (5-10 mm/min) e lo spostano<br />

dalle parti più profonde fino alla trachea e faringe. Lo scorrimento del muco determinato dalle<br />

ciglia è detto clearance mucociliare. A livello della faringe, il muco proveniente continuamente<br />

dalle vie aeree viene poi deglutito in maniera impercettibile. L’aumento della produzione di<br />

muco causa espettorazione.<br />

Il muco ha consistenza viscoelastica ed è particolarmente adesivo: esso intrappola ogni impurità<br />

e particella che vengono quindi riportate all’esterno. Qualsiasi difetto o delle ciglia o del muco<br />

riduce o annulla la funzione di filtro attivo delle vie aeree.<br />

2.3 CIRCOLAZIONE SANGUIGNA<br />

Il polmone è servito da due circolazioni largamente indipendenti, di cui una funzionale (piccolo<br />

circolo) ed una nutritiva.<br />

• La circolazione polmonare (ventricolo destro, valvola polmonare, arterie polmonari, capillari,<br />

vene polmonari, atrio sinistro) provvede allo scambio dei gas. I rami delle arterie polmonari si<br />

suddividono finemente nell’interstizio seguendo i bronchi ed i bronchioli, fino a formare la rete<br />

capillare che avvolge gli alveoli. Dai capillari alveolari, le vene polmonari in coppia riportano il<br />

sangue ossigenato all’atrio sinistro. Fino al calibro di circa 1 mm le arterie hanno struttura<br />

prevalentemente elastica, poi prevale la struttura muscolare (vasi di resistenza). La circolazione<br />

polmonare è a bassa pressione (


aggregati sparsi retrosternali, intercostali e mediastinici. I linfonodi ilari, tracheobronchiali e<br />

paraaortici sono ben visibili alla TAC e vanno incontro a linfoadenomegalia in corso di processi<br />

neoplastici e infiammatori. (Figura 2.2)<br />

2.5 PLEURA<br />

La pleura è formata da due foglietti (sierose) deputati a facilitare lo scorrimento dei polmoni.<br />

Essi rivestono la cavità in cui sono contenuti (pl. parietale) senza interruzione e si riflettono sul<br />

peduncolo ilare ad avvolgere i polmoni (pl. viscerale o polmonare). La pleura viscerale si<br />

addentra nelle fessure interlobari ed intersegmentarie. La pleura, partendo dal versante del cavo,<br />

e’ formata da: mesotelio, connettivo sottostante (scomponibile in uno strato di fibre collagene ed<br />

elastiche), strato fibroelastico superficiale, strato di tessuto connettivo lasso, strato fibroelastico<br />

profondo.<br />

Il rivestimento mesoteliale è rappresentato da cellule uniformi regolari, allungate ed unite tra<br />

loro; caratteristica essenziale è la polarità : un versante della cellula mesoteliale è a contatto con<br />

la lamina basale, l' altro è cosparso di numerosi microvilli. Alle cellule mesoteliali competono la<br />

funzione meccanica (scivolamento dei foglietti pleurici) la permeabilita’ e l’assorbimento del<br />

liquido pleurico e l’attivita’ macrofagica. La pleura parietale è iirrorata dai vasi sistemici (arterie<br />

intercostali); quella viscerale e’ essenzialmente vascolarizzata dai rami delle arterie polmonari<br />

La rete linfatica della pleura viscerale (drenaggio profondo) sbocca nei linfonodi ilopolmonari e<br />

mediastinici, ampiamente collegata con quella dei polmoni. La linfa della sierosa parietale è in<br />

rapporto con i sistemi regionali sottostatnti nella catena mammaria interna e nei linfonodi<br />

intercostali (drenaggio superficiale).<br />

L'innervazione della pleura viscerale proviene dal plesso polmonare, presentando cellule<br />

gangliari lungo il suo decorso. L'innervazione della pleura parietale proviene dai nervi<br />

intercostali, dal vago, dal frenico e dal simpatico ed’ e’ di tipo senssoriale (stimoli dolorosi) . Lo<br />

spazio pleurico e’ virtuale (cavo pleurico) e contiene scarso liquido sieroso (circa 150 ml).<br />

Figura 2.2 Linfonodi del polmone<br />

1 Mediastinici; 2 Paratracheali; 3 Pre-retrotracheali; 4 Azygos; 5 Subaortici;<br />

6 Para-aortici; 7 Carena e Subcarenali; 8 Paraesofagei; 9 Paraesofagei; 10 Ilari; 11<br />

Intrapolmonari; 12 Peribronchiali; 13 Segmentali.


2.6 CENNI SULLE FUNZIONI<br />

La funzione vitale dell’AR e’ quella di consentire lo scambio dei gas e l’ossigenazione ai tessuti.<br />

In pratica, l’AR deve fornire ossigeno al sangue e smaltire all’esterno l’anidride carbonica. Cio’<br />

si realizza tramite il mantice ventilatorio che muove l’aria all’interno dei polmoni ed il circolo<br />

arterioso polmonare (piccolo circolo) che porta il sangue in contatto con l’aria alveolare. Il<br />

contatto fisico tra sangue ed aria e’ realizzato dallo spazio interstiziale (endotelio, collagene,<br />

epitelio alveolare). L’umidificazione, il riscaldamento e la depurazione meccanica dell’aria fanno<br />

parte della funzione respiratoria. Lo scambio dei gas consente una regolare ossigenazione del<br />

sangue e dei tessuti; qualsiasi alterazione dello scambio gassoso mette in funzione meccanismi di<br />

compenso ventilatori (variazione del respiro) e metabolici (variazioni degli elettroliti e del pH.<br />

La funzione respiratoria comprende quindi anche la regolazione dell’equilibrio acido-base.<br />

Anche se non è parte anatomica dell’apparato respiratorio, il sistema di trasporto dei gas nel<br />

sangue è parte funzionale della respirazione.<br />

Il polmone, in quanto dotato di vasta rete circolatoria e di un sistema immunitario molto<br />

rappresentato svolge alcune funzioni immunologiche e metaboliche. Le IgA secretorie che sono<br />

presenti su tutta la superficie dell’albero respiratorio fungono da barriera immunologica per gli<br />

antigeni. I macrofagi alveolari, molto numerosi sono in grado poi di fagocitare e presentare al<br />

sistema immunitario le particelle o microrganismi che raggiungono gli alveoli. Il sistema<br />

immunitario e’ comunque abbondantemente rappresentato lungo tutto l’AR, ed organizzato in<br />

aree linfocitarie definite BALT e linfonodi a struttura propria.<br />

La funzione di emuntorio consiste nell’eliminazione delle sostanze tossiche volatili (chetoni,<br />

etanolo, ammoniaca) col respiro. Il circolo polmonare rappresenta il principale sito di<br />

degradazione della noradrenalina e della 5-idrossitriptamina. Peculiare del polmone e’<br />

l’attivazione dell’angiotensina I ad angiotensina II, mediante l’angiotensin converting enzyme<br />

(ACE).


3. REGOLAZIONE DEL RESPIRO E SUE ALTERAZIONI<br />

3.1 CENNI <strong>DI</strong> FISIOLOGIA<br />

I centri che regolano il respiro sono situati nel tronco dell’encefalo. L’integrazione dei<br />

segnali dalla periferia ai centri e fra i centri stessi contribuisce alla regolazione del ritmo e del<br />

profilo ventilatorio. Le variazioni di tensione di CO2, O2 e del pH evocano variazioni della<br />

ventilazione al fine di mantenere il loro equilibrio, ciò avviene tramite la stimolazione di specifici<br />

recettori. I chemocettori centrali situati nella superficie ventrale del midollo allungato sono sensibili<br />

agli ioni H + , la cui concentrazione aumenta all’aumentare della PCO2. I chemocettori periferici del<br />

glomo carotideo, della biforcazione della carotide comune e dell’arco aortico sono rispettivamenti<br />

innervati dal IX e X paio di nervi cranici e sono sensibili sia alla variazioni di PO2 che a quelle di<br />

PCO2 e pH. Gli stimoli respiratori provenienti dai recettori vengono integrati a livello dei centri<br />

situati nella regione bulbo-pontina in modo da mantenere un ritmo respiratorio costante e idoneo a<br />

mantenere costanti le variabili bioumorali nelle diverse situazioni fisiologiche o patologiche. Gli<br />

stimoli ai muscoli effettori vengono inviati tramite il nervo frenico.<br />

3.2 CONTROLLO DELLA VENTILAZIONE<br />

La ventilazione polmonare è normalmente automatica e controllata da centri pacemaker<br />

bulbopontini (inspiratorio, espiratorio, pneumotassico, apneustico), che inviano impulsi ritmici al<br />

diaframma e agli altri muscoli respiratori tramite il frenico e i nervi toracici. Pertanto, in condizioni<br />

di riposo, la ventilazione avviene spontaneamente ad un ritmo fisso (nell’adulto 14-18 atti al<br />

minuto). Tali centri possono essere controllati in parte dalla corteccia e questo consente di variare<br />

frequenza e profondità del respiro anche volontariamente. Anche il cervelletto, che rileva la<br />

posizione del corpo e l’equilibrio può modificare almeno in parte la ventilazione automatica.<br />

La ventilazione è poi controllata in maniera involontaria dai parametri interni (PO2, PCO2, pH). I<br />

recettori deputati all’analisi del sangue sistemico sono i glomi e i chemocettori centrali.<br />

Infine, vi sono riflessi intrapolmonari probabilmente mediati da recettori meccanici e trasmessi per<br />

via vagale:<br />

- il riflesso da eccessiva distensione (o inflattivo o di Hering-Brauer) che inibisce la ventilazione;<br />

- il riflesso da recettori j (juxtapulmonar capillary), sensibili alla congestione arterovenosa, alla<br />

ipossia e bradicardia, che stimolano la ventilazione;<br />

- il riflesso irritativo, verosimilmente mediato da recettori epiteliali.<br />

- il riflesso di Head, responsabile verosimilmente dei respiri profondi involontari che intercalano<br />

la normale respirazione.<br />

La complessità delle connessioni (FIGURA 3.1 e i diversi livelli di controllo spiegano perchè la<br />

ventilazione a riposo può essere controllata volontariamente, mentre in condizioni di sforzo, quando<br />

compaiono ipossia o ipercapnia, intervengono i meccanismi automatici. Analogamente, quando il<br />

controllo corticale non è possibile (coma) od esistono gravi alterazioni metaboliche o dei gas<br />

ematici, il respiro è regolato prioritariamente da centri bulbopontini che funzionano autonomamente<br />

ed hanno pattern ventilatori caratteristici. A riposo, il soggetto normale respira a volume corrente<br />

(tidal volume) e non ne è cosciente. Mano a mano che aumenta la richiesta di ossigeno ai tessuti<br />

(sotto sforzo), i centri respiratori rispondono aumentando la profondità e poi anche la frequenza<br />

del respiro.<br />

1


3.3 ALTERAZIONI DEL RITMO <strong>RESPIRATORIO</strong> (FIGURA 3.2)<br />

Irregolarità dell’attività respiratoria, sia in termini di frequenza che di volume corrente, possono<br />

manifestarsi in varie condizioni morbose. Nei pazienti affetti da encefalopatie (es. acidosi<br />

metabolica, encefalopatia portale, grave vasculopatia) si può osservare un tipo di alterazione del<br />

ritmo respiratorio caratterizzata da alternanza di incrementi e decrementi del volume corrente<br />

seguiti da periodi di apnea (respiro di Cheyne-Stokes). Durante il sonno l’attività ventilatoria è<br />

depressa per cui si osservano, anche nei soggetti sani, aumento della PaCO2 con lieve diminuzione<br />

della PaO2 ed occasionali apnee di breve durata (


3.4 IPERVENTILAZIONE E IPOVENTILAZIONE<br />

L’iperventilazione è l’aumento della ventilazione alveolare in eccesso rispetto alle richieste<br />

metaboliche e viene pertanto definita dalla riduzione della PaCO2, mentre si definisce iperpnea<br />

l’aumento della ventilazione minuto con normale PaCO2. L’iperventilazione si osserva in alcune<br />

malattie polmonari in maniera saltuaria (crisi di asma) o persistente (fibrosi), ma è più spesso<br />

associata a condizioni patologiche extrapolmonari (tab.3.1).<br />

L’ipoventilazione è la riduzione della ventilazione alveolare al di sotto di quanto richiesto dal<br />

metabolismo energetico e viene pertanto definita dall’aumento della PaCO2. Essa può manifestarsi<br />

per anomalie a carico della cosiddetta pompa respiratoria (sistema neuromuscolare) che a carico<br />

dell’organo di scambio (polmone).<br />

Tabella 3.1. Cause più frequenti di alterazione della ventilazione<br />

IPERVENTILAZIONE IPOVENTILAZIONE<br />

Fibrosi polmonare Alterazioni del SNC (vascolari, morbo di Parkinson)<br />

Edema polmonare Ipoventilazione primitiva (sindrome di Ondine)<br />

Posizione supina Lesioni midollari<br />

Attacco asmatico Miastenia gravis<br />

Diabete Polineuriti<br />

Insufficienza epatica Sclerosi laterale amiotrofica<br />

Uremia Poliomielite<br />

Alterazioni del SNC (ponte, mesencefalo) Paralisi del nervo frenico<br />

Febbre Malattia di Pompe<br />

Ansia Cifoscoliosi<br />

Intossicazione da salicilati Spondilite anchilosante<br />

Esercizio fisico intenso Broncopneumopatia cronica ostruttiva<br />

Encefalite Mixedema<br />

3


3.5 MUSCOLI RESPIRATORI<br />

Il principale muscolo dell’inspirazione è il diaframma. La sua forma a cupola lo rende unico dal<br />

punto di vista funzionale rispetto a tutti gli altri muscoli scheletrici. La disposizione dall’alto verso<br />

il basso delle fibre muscolari della sua porzione laterale giustapposta al cavo addominale (Figura<br />

3.3) fa sì che la loro contrazione innalzi le coste le quali, per l'orientamento del loro asse di<br />

rotazione sulle articolazioni costo vertebrali, si spostano anche in direzione laterale. Questo<br />

meccanismo, oltre alla spinta verso l’esterno esercitata dall’aumento della pressione addominale,<br />

dovuto alla discesa della cupola diaframmatica, determina un allargamento della cavità toracica.<br />

Altri muscoli inspiratori sono i muscoli intercostali esterni, la cui contrazione determina<br />

innalzamento delle coste, i muscoli parasternali, che rappresentano le porzioni di muscolo<br />

intercostale situate fra le parti cartilaginee delle coste, i muscoli scaleni, la cui contrazione causa<br />

innalzamento delle prime due coste, ed i muscoli sterno-cleido-mastoidei, che non sono attivi<br />

durante il respiro tranquillo. L'attività coordinata dei muscoli inspiratori è necessaria in quanto, se il<br />

diaframma fosse l'unico muscolo che si contrae durante l'inspirazione, la pressione pleurica negativa<br />

farebbe rientrare la gabbia toracica. Ciò non avviene in quanto quest'ultima viene stabilizzata dal<br />

tono dei suoi muscoli inspiratori.<br />

I principali muscoli espiratori sono quelli addominali (obliquo esterno, obliquo interno,<br />

trasverso e retto), la cui contrazione determina abbassamento delle ultime coste e spostamento del<br />

contenuto addominale verso l’alto. Altri muscoli ad azione espiratoria sono il triangolare dello<br />

sterno, la cui contrazione determina un abbassamento della gabbia toracica, e gli intercostali<br />

interni. I muscoli espiratori non partecipano al respiro tranquillo, nel quale l’espirazione avviene<br />

passivamente, ma vengono attivati quando è necessario un aumento della ventilazione minuto<br />

(esercizio fisico) o in presenza di ostruzione bronchiale.<br />

Figura 3.3 Disposizione anatomica del diaframma.<br />

3.6 ALTERAZIONI DEI MUSCOLI RESPIRATORI<br />

La funzione dei muscoli respiratori può essere compromessa sia per malattie primitivamente<br />

muscolari, che a seguito di altre anomalie della funzione del sistema respiratorio (ipossia,<br />

ipercapnia, iperdistensione polmonare).<br />

Le lesioni midollari causano più frequentemente disfunzione dei muscoli espiratori che<br />

inspiratori, in quanto il maggior muscolo inspiratorio (diaframma) è innervato a livello cervicale.<br />

Nella distrofia muscolare e nella miastenia vengono invece coinvolti in maniera simile i muscoli<br />

inspiratori ed espiratori. Anche l’entità e l’importanza della disfunzione dei muscoli respiratori può<br />

variare a seconda della malattia. Ad esempio, nella sclerosi laterale amiotrofica il danno dei muscoli<br />

respiratori è generalmente grave e precoce, mentre nella sclerosi multipla esso diventa clinicamente<br />

rilevante solo nelle fasi avanzate della malattia.<br />

4


La funzione del diaframma può essere compromessa per paralisi da lesione del nervo frenico<br />

(interventi di cardiochirurgia, lesioni da freddo), per inibizione riflessa (interventi di chirurgia<br />

toracica o dell’addome superiore), per affaticamento da sovraeccitazione (obesità, ascite) o per<br />

appiattimento dovuto ad iperdistensione del parenchima polmonare (enfisema). In quest’ultimo<br />

caso, le fibre del diaframma non sono più orientate in direzione cranio-caudale ma trasversalmente,<br />

per cui la loro contrazione riduce il diametro del torace nella sua parte inferiore, con rientramento<br />

degli spazi intercostali bassi durante l’inspirazione (segno di Hoover).<br />

.<br />

3.7 MECCANICA RESPIRATORIA: TORACE E POLMONE<br />

Il polmone esibisce un comportamento elastico, conferitogli dal tensioattivo alveolare, dal<br />

tessuto connettivo-elastico dell’interstizio, dai bronchi ed i vasi con le loro strutture elastiche e<br />

muscolari, ed infine da cellule contrattili del polmone come gli anelli muscolari posti all’entrata<br />

degli alveoli e le cellule contrattili interstiziali.<br />

Le caratteristiche elastiche del polmone sono descritte dalla pressione necessaria per<br />

insufflare e desufflare il polmone in funzione del volume (curva pressione-volume). La figura 3.5<br />

mostra come la pressione necessaria per insufflare il polmone aumenti linearmente col volume nei<br />

due terzi inferiori della curva, per poi aumentare in modo progressivamente maggiore fino a<br />

raggiungere un plateau in prossimità del massimo riempimento. Ciò indica che il polmone ha nella<br />

sua struttura un limite alla massima espansione.<br />

P, cmH2O<br />

La parete del torace è delimitata superiormente dalla gabbia toracica ed inferiormente dal<br />

diaframma e, data la scarsa compressibilità del suo contenuto, dalla parete addominale. Le<br />

caratteristiche elastiche del torace sono sostanzialmente diverse da quelle del polmone (figura 3.5).<br />

Se non esposta ad alcuna forza esterna, il volume della parete toracica si colloca al suo punto di<br />

equilibrio, che corrisponde circa al 60% del volume di massimo riempimento del sistema<br />

respiratorio. Per distendere il torace al di sopra di questo punto è necessario applicare un’ulteriore<br />

pressione sulla sua superficie interna, mentre per comprimerlo è necessario applicare una pressione<br />

sulla sua superficie esterna. A differenza della curva pressione-volume del polmone, quella del<br />

torace è lineare nella parte superiore e presenta un plateau nella parte inferiore. Ciò indica che il<br />

torace ha nella sua struttura un limite alla massima compressione.<br />

5


4. LE PROVE <strong>DI</strong> FUNZIONALITA’ RESPIRATORIA<br />

4.1 CARATTERISTICHE DEL SISTEMA <strong>RESPIRATORIO</strong> E VOLUMI POLMONARI<br />

L’elasticità del sistema respiratorio è la somma delle caratteristiche elastiche del polmone e<br />

della parete toracica, come mostrato in figura 3.5 .In condizioni statiche, essa regola tre volumi<br />

polmonari di grande rilevanza clinica e funzionale: la capacità polmonare totale (CPT), il volume<br />

residuo (VR) e la capacità funzionale residua (CFR).<br />

La CPT è la quantità d'aria contenuta nel polmone alla fine di una inspirazione massimale,<br />

ovvero quel volume a cui la forza dei muscoli inspiratori è in grado di controbilanciare la forza di<br />

retrazione elastica del sistema respiratorio (dovuta in maggior parte alle caratteristiche elastiche del<br />

polmone ed in misura minore a quelle del torace). Nell’ambito della patologia cardiorespiratoria si<br />

riscontrano aumenti e riduzioni della CPT. Nell’enfisema per esempio, la CPT aumenta perché la<br />

pressione elastica del polmone è ridotta così che la forza dei muscoli inspiratori può maggiormente<br />

espandere il sistema respiratorio. Al contrario, nelle fibrosi polmonari l’aumento dell’elasticità del<br />

polmone contrasta la forza dei muscoli inspiratori e l’espansione massimale del sistema respiratorio<br />

risulta ridotta.<br />

Il VR è la quantità di gas che rimane nel polmone dopo un’espirazione massimale, ovvero<br />

quel volume a cui la forza dei muscoli espiratori è in grado di controbilanciare la forza espansiva<br />

del sistema respiratorio (dovuta quasi totalmente alle caratteristiche elastiche del torace). Con<br />

l'avanzare dell'età il VR tende però ad aumentare non tanto perché si riduca la forza dei muscoli<br />

espiratori ma perché le vie aeree si chiudono durante l'espirazione. Lo stesso vale per le malattie<br />

ostruttive, in cui l’aumento del VR è proporzionale alla gravità della malattia. In corso di difetti<br />

ventilatori restrittivi quali la fibrosi e gli esiti della resezione polmonare il VR si riduce.<br />

La CFR è la quantità di gas che rimane nel polmone alla fine di un’espirazione corrente. In<br />

un individuo sano a riposo la CFR è quel volume al quale la pressione dell’apparato respiratorio è<br />

zero, quando cioè vi è un equilibrio statico fra la pressione di ritorno elastico del polmone e la<br />

pressione espansiva della parete toracica. Fisiologicamente la CFR si riduce nel passaggio dalla<br />

posizione eretta a quella supina, a causa dello spostamento in direzione cefalica del diaframma per<br />

azione della forza di gravità sul contenuto addominale. Durante l'esercizio fisico la CFR si riduce<br />

per l'azione dei muscoli espiratori. Nella patologia, la CFR si riduce nelle malattie restrittive per<br />

aumento della forza di retrazione del polmone o del torace, mentre aumenta nelle malattie ostruttive<br />

per riduzione della forza di retrazione elastica del polmone (enfisema) o per fattori dinamici (es.<br />

ostruzione al flusso aereo) che non consentono di raggiungere il volume di rilasciamento del<br />

sistema nel tempo di espirazione.<br />

Fra le ulteriori suddivisioni della CPT, riveste particolare interesse clinico la capacità vitale<br />

(CV), che è la massima quantità d'aria mobilizzabile con un singolo atto in o espiratorio, ovvero la<br />

differenza tra CPT e VR. Una sua riduzione è sempre segno di patologia polmonare sia essa<br />

restrittiva od ostruttiva. Le cause di riduzione della CV possono essere la riduzione in toto del<br />

volume polmonare (restrizione) o la precoce chiusura delle vie aeree e conseguente intrappolamento<br />

d'aria (ostruzione). Ulteriori suddivisioni della CV sono il volume di riserva inspiratoria (VRI), che<br />

è la massima quantità di aria che può essere introdotta nel polmone a partire dal livello di fine<br />

inspirazione corrente, ed il volume di riserva espiratoria (VRE), che è la massima quantità di aria<br />

che può essere espulsa a partire dalla CFR. Questi parametri indicano il volume disponibile per<br />

aumentare la profondità del respiro qualora le richieste metaboliche lo richiedano, come nel caso<br />

dell'esercizio fisico. La ripartizione dei volumi e delle capacità polmonari in condizioni normali e<br />

patologiche sono illustrate nella figura 4.1.


Figura 4.1. Volumi e capacità polmonari in condizioni normali (A), nell'enfisema (B) e nella<br />

fibrosi (C). CPT, capacità polmonare totale; VR, volume residuo; CV, capacità vitale; VRE,<br />

volume di riserva espiratoria; VRI, volume di riserva inspiratoria; VT, volume corrente; CFR,<br />

capacità funzionale residua; CI, capacità inspiratoria.<br />

4.2 I PARAMETRI SPIROMETRICI<br />

Respiro spontaneo<br />

Il volume corrente (VT) è la quantità di aria mobilizzata ad ogni respiro e corrisponde, in<br />

condizioni di riposo, a crca 600-800 mL. Il prodotto di VT per la frequenza respiratoria (f), che è di<br />

12-14 atti al minuto in condizioni normali a riposo, corrisponde alla ventilazione minuto. La<br />

frequenza respiratoria può, quando notevolmente aumentata, essere indicativa di un evento acuto<br />

grave (per es. crisi asmatica acuta con pericolo di vita). Il VT è di scarso interesse clinico, ma<br />

assume un notevole interesse nella risposta all'esercizio fisico in quanto un suo mancato incremento<br />

indica un limite ventilatorio.<br />

Resistenze al flusso<br />

Durante respiro spontaneo, il flusso espiratorio è generato da una differenza di pressione fra<br />

gli alveoli e la bocca, dovuta in parte al dispendio di energia necessario per accelerare l'aria<br />

(accelerazione convettiva) da una zona a superficie totale molto ampia (vie aeree periferiche) ad una<br />

a superficie totale piccola (vie aeree centrali e trachea) ed in parte agli attriti fra le molecole in<br />

movimento lungo le vie aeree. La resistenza delle vie aeree aumenta in presenza di ostruzione<br />

bronchiale, ma anche nell’ostruzione delle vie aeree centrali (trachea) o superiori (laringe).<br />

Espirazione forzata<br />

In corrispondenza dei due terzi inferiori del volume polmonare il flusso espiratorio aumenta<br />

durante una manovra espiratoria forzata proporzionalmente alla pressione applicata fino ad una<br />

soglia sopra la quale non vi è più incremento di flusso per incremento di pressione (figura 4.2). Ciò<br />

documenta la presenza di limitazione al flusso. Per comprendere il fenomeno si immagini un<br />

contenitore rigido (torace) contenente un pallone (polmone) collegato con l'esterno da un tubo<br />

compressibile (via aerea). Il flusso d’aria che ne esce dipende dalla pressione di spinta (pressione di<br />

retrazione elastica del polmone più pressione pleurica) e dalla resistenza del tubo. Con il<br />

movimento dell’aria la pressione viene dissipata, per cui ci sarà un punto in cui la pressione<br />

all’interno della via aerea uguaglierà la pressione circostante (nel cavo pleurico). A valle di questo<br />

punto la via area verrà compressa. Aumentando la pressione muscolare il flusso aereo non aumenta<br />

poiché la maggiore pressione di spinta viene controbilanciata da una maggiore compressione della<br />

via aerea. Pertanto, la manovra di espirazione forzata è in gran parte indipendente dallo sforzo e può<br />

essere utilizzata per valutare la funzione polmonare.


Numerosi parametri funzionali possono essere estratti dalla curva di espirazione forzata ed<br />

utilizzati a scopo diagnostico (figura 4.3). Di questi, i più importanti sono il volume espiratorio<br />

massimo nel primo secondo (VEMS) e la capacità vitale forzata (CVF). Il rapporto VEMS/CVF<br />

(indice di Tiffeneau), ha un valore diagnostico importante in quanto la sua riduzione è<br />

patognomonica di anomalia ostruttiva (asma, broncopneumopatia ostruttiva cronica,<br />

bronchiettasie, fibrosi cistica, bronchiolite obliterante). Il rapporto VR/CPT è detto indice di<br />

Motley o di enfisema e quantifica lo stato di intrappolamento d'aria.<br />

1 s<br />

VEMS<br />

CVF<br />

Massima ventilazione volontaria (MVV)<br />

E’ la massima quantità d’aria che un soggetto può mobilizzare in un minuto. Una riduzione<br />

della MVV sproporzionata rispetto alla riduzione del VEMS è indicativa di disfunzione dei muscoli<br />

inspiratori o di ostruzione delle vie aeree extratoraciche.<br />

1 s<br />

VEMS<br />

CVF


Anomalie tipiche dei principali difetti ventilatori.<br />

OSTRUTTIVI RESTRITTIVI<br />

PARAMETRI ASMA/BRONCHITE<br />

CPT<br />

CFR<br />

VR<br />

VEMS<br />

CVF<br />

VEMS/CV<br />

F<br />

CRONICA<br />

Normale<br />

Normale o<br />

aumentata<br />

Aumentato<br />

Ridotto<br />

Normale o ridotta<br />

Ridotto<br />

ENFISEMA EXTRAPOLMONARI PARENCHIMALI<br />

Aumentata<br />

Aumentata<br />

Aumentato<br />

Ridotto<br />

Normale o ridotta<br />

Ridotto<br />

Ridotta<br />

Ridotta<br />

Normale o ridotto<br />

Normale o ridotto<br />

Ridotta<br />

Normale<br />

Ridotta<br />

Ridotta<br />

Ridotto<br />

Normale o ridotto<br />

Ridotta<br />

Normale<br />

4.3 LE PFR: ASPETTI PRATICI<br />

La fisiopatologia respiratoria studia la ventilazione (volumi e flussi di aria nell’apparato<br />

respiratorio), la meccanica respiratoria (elasticità e compliance polmonare) e la diffusione dei<br />

gas. Pertanto sono tradizionalmente di competenza di questa branca le prove di funzionalità<br />

respiratoria (PFR), i test di diffusione, le prove broncodinamiche (test di provocazione<br />

bronchiale e di reversibilità). Le PFR studiano lo spostamento di gas (flussi e volumi) dal<br />

polmone all’aria atmosferica e viceversa. Si utilizzano spirometri, pneumotacografi e cabine<br />

pletismografiche.<br />

• Gli spirometri registrano gli spostamenti dei volumi mobilizzabili attraverso il movimento di<br />

una campana il cui bordo inferiore è immerso nell’acqua (spirometri a campana), o di un<br />

mantice a soffietto (spirometri a secco): i movimenti sono graficati nella curva<br />

volume/tempo(che abbiamo già descritto sopra in figura 4.1) . I volumi non mobilizzabili quali<br />

VR e capacità che lo comprendono (CPT, CFR) non sono determinabili con la normale<br />

spirometria .<br />

• I pneumotacografi sono in grado di misurare i flussi in ed espiratorio misurando la caduta di<br />

pressione attraverso una resistenza nota o la velocità di rotazione impressa ad una turbina. Il<br />

volume espirato si ottiene quindi per integrazione elettronica o numerica. Sono attualmente gli<br />

strumenti più utilizzati e forniscono la curva flusso-volume mostrata in figura 4.4. Quest’ultima<br />

fornisce pressoché le stesse informazione dello spirogramma classico, ma graficate in modo<br />

leggermente diverso. Da osservare che nella curva flusso-volume, la manovra espiratoria è<br />

forzata e massimale.<br />

• La cabina pletismografica è utilizzata per la misura diretta del volume di gas intratoracico<br />

facendo compiere le manovre respiratorie al soggetto chiuso in una cabina a tenuta stagna che<br />

registra le variazioni di volume e pressione.


Tutti i volumi ed i flussi, oltre che in valore assoluto (L o L/s) sono espressi solitamente come %<br />

del valore predetto o teorico (in base a peso altezza, sesso e razza) per quella data persona<br />

Utilizzando i parametri descritti sopra, e soprattutto in base al rapporto VEMS/CVF, è possibile<br />

distinguere anomalie ostruttive, restrittive o miste. Ricordiamo che l'anomalia restrittiva<br />

configura un quadro in cui tutti i volumi e le capacità polmonari sono ridotte, mentre<br />

l'anomalia ostruttiva rappresenta il quadro di ostacolo al flusso nelle vie aeree,<br />

indipendentemente dai volumi.<br />

Un buon esempio di anomalia restrittiva è la pneumonectomia, in cui tutti i volumi ed anche il<br />

VEMS sono dimezzati, ma il rapporto VEMS/CV rimane proporzionalmente normale. Esempio<br />

della anomalia ostruttiva pura è l’asma, in cui i volumi sono conservati ma esiste una importante<br />

resistenza al flusso. Le principali alterazioni volumetriche e di flusso nelle sindromi ostruttive e<br />

restrittive sono riassunte in tabella e riprodotte in figura 4.5 e 4.6.


FIGURA 4.5: Sindrome ostruttiva<br />

FIGURA 4.6 SINDROME RESTRITTIVA


4.4 PROVE BRONCO<strong>DI</strong>NAMICHE E <strong>DI</strong> <strong>DI</strong>FFUSIONE<br />

Le prove broncodinamiche valutano in maniera indiretta la motilità bronchiale, ovvero la risposta<br />

funzionale (VEMS) in seguito all’inalazione di agenti broncocostrittori o broncodilatatori. Tali<br />

prove si suddividono in:<br />

4.4.1 Test di broncodilatazione o di reversibilità<br />

Si effettua su soggetti con ostruzione bronchiale in atto. Si somministrano 200 mcg di<br />

salbutamolo per inalazione e si ripete la prova di espirazione forzata dopo 15 minuti. E’<br />

considerato significativo un incremento di almeno 12% del VEMS rispetto al valore basale<br />

(almeno 200 mL in valore assoluto). La reversibilità della broncostenosi è caratteristica<br />

distintiva dell’asma (vedi definizione), mentre nei soggetti con broncopneumppatia cronica<br />

ostruttiva (BPCO) la risposta al test è scarsa o nulla.<br />

4.4.2 Test di provocazione bronchiale (TPB)<br />

L’iperreattività bronchiale aspecifica (IRBA) viene generalmente definita come una risposta<br />

anomala in termini di funzione polmonare a stimoli che hanno poco o nessun effetto negli<br />

individui sani ed è tipica (anche se non esclusiva) dell’asmatico. E’ possibile testare l’IRBA<br />

facendo inalare metacolina (MCh) (o istamina, soluzioni ipo- ed iperosmolari, aria secca e<br />

fredda. Più frequentemente si utilizza la metacolina che stimola direttamente i recettori<br />

muscarinici sulla superficie del muscolo liscio. Nel caso si volesse riprodurre l’asma da esercizio<br />

fisico è possibile utilizzare l’inalazione isocapnica di aria secca (in grado di causare ostruzione<br />

delle vie aeree con meccanismo verosimilmente legato a variazioni di osmolarità e di<br />

temperatura) o l’ esercizio fisico stesso secondo protocolli ben definiti. Mentre nel test alla<br />

metacolina una caduta del VEMS del 20% rispetto al controllo (dopo inalazione di soluzione<br />

fisiologica) è considerata significativa, nel caso dell’ esercizio fisico è sufficiente una variazione<br />

del 10% dopo la cessazione dell'esercizio stesso. In pratica, ai fini clinici, il test si esegue in<br />

soggetti con valori spirometrici nella norma o con ostruzione lieve (VEMS>70%) facendo<br />

inalare MCh a varie concentrazioni e raddoppiando le dosi fino alla riduzione significativa del<br />

VEMS. La dose di metacolina in grado di ridurre il VEMS del 20% rispetto al controllo viene<br />

definita PD20-VEMS (Provocative Dose). Tanto più bassa è la PD20 tanto più elevata è<br />

l’iperreattività. Convenzionalmente, se dopo l’inalazione di 1200 mcg di MCh (dose massima)<br />

non si raggiunge la riduzione del 20% del VEMS, si parla di PD20>1200 mcg e di normale<br />

risposta al TPB con MCh.<br />

4.4.3 Test di diffusione<br />

I test di diffusione valutano l’integrità della membrana alveolo-capillare ossia la sua capacità di<br />

lasciar diffondere i gas dall’aria al sangue. La capacità globale di diffusione (DL) per un<br />

determinato gas è:<br />

-direttamente proporzionale: alla superficie del letto capillare in contatto con gli alveoli<br />

al volume del sangue capillare (o al suo contenuto in Hb)<br />

alla costante di diffusione dei tessuti<br />

- inversamente proporzionale: allo spessore della membrana alveolo-capillare<br />

Capacità di diffusione alveolo-capillare per il Monossido di Carbonio (DLCO). E’ il test di<br />

diffusione più utilizzato. Il CO, inalato a bassissime concentrazioni (0.3%), è il gas di elezione<br />

per lo studio della diffusione per la sua altissima affinità per l’Hb (200 volte quella per l’O2), per<br />

il suo rapido equilibrio aria-sangue capillare (eliminando così la dipendenza dal flusso ematico),<br />

per la sua concentrazione nulla nel sangue capillare all’ inizio dell’equilibrio.


5. PERFUSIONE, TRASPORTO DEI GAS ED EQUILIBRIO<br />

ACIDO-BASE<br />

5.1 PERFUSIONE<br />

Perché lo scambio dei gas (CO2 ed O2 ) avvenga in maniera ottimale occorre che siano efficienti<br />

sia la ventilazione (vedi capitolo 4) che la perfusione. La perfusione polmonare deputata alla<br />

respirazione è sostenuta dal piccolo circolo che parte dal cuore destro, si sfiocca nei capillari<br />

polmonari attorno agli alveoli, e ritorna al cuore sinistro tramite le 4 vene polmonari.<br />

Fino al calibro di circa 1 mm le arterie hanno struttura prevalentemente elastica, poi prevale la<br />

struttura muscolare (vasi di resistenza). Questi vasi di resistenza sono molto sensibili<br />

all’ipossiemia e quindi in corso di ipossiemia cronica si ha sempre vasocostrizione polmonare<br />

con aumento delle pressioni. Normalmente la circolazione polmonare e’ a bassa pressione (10-<br />

15 cm H2O) ed amplissimo letto vascolare e fornisce quindi bassa resistenza al flusso. In<br />

prossimità dei capillari alveolari, la pressione è prossima ai 10 cm di acqua (figura 5.1). Il<br />

ventricolo destro, per sua struttura anatomica, non è in grado di far fronte a pressioni elevate e la<br />

sua capacità di ipertrofizzarsi è molto ridotta, quindi risponde agli aumenti di pressione<br />

essenzialmente dilatandosi.<br />

5.2 RAPPORTO VENTILAZIONE/PERFUSIONE<br />

Lo scambio dei gas respiratori tra l’ambiente esterno ed il sangue dipende dall’efficienza<br />

della ventilazione, della perfusione e dal loro corretto accoppiamento. Nella posizione eretta, sia<br />

la ventilazione che la perfusione sono, a causa della forza di gravità, maggiori alle basi che agli<br />

apici dei polmoni. Tuttavia la differenza apice-base è più marcata per la perfusione che per la<br />

ventilazione, per cui il rapporto fra ventilazione e perfusione (V’/Q’) è maggiore agli apici e<br />

progressivamente si riduce scendendo verso le basi. Ad un rapporto V’/Q’ ideale di 1<br />

corrisponderebbe uno scambio di gas ideale scambio fra alveoli e sangue, per cui la pressione in<br />

ossigeno del sangue arterioso (PaO2) sarebbe di 100 mmHg e quella di anidride carbonica (PaCO2)<br />

sarebbe di 40 mmHg. I due casi estremi di anomalia della distribuzione della V’/Q’ sono quelli di<br />

V'/Q' = 0 (assenza di ventilazione) e V’/Q’= ∞ (assenza di perfusione). Nel primo caso il sangue<br />

venoso non può cedere la CO2 né assumere O2 e pertanto torna alle sezioni sinistre del cuore con la<br />

stessa composizione con cui era arrivato dalle sezioni destre come sangue venoso (shunt destrosinistro),<br />

nel secondo caso l’aria alveolare non può cedere O2 né assumere CO2 (spazio morto).


5.3 SCAMBI GASSOSI E <strong>DI</strong>FFUSIONE ALVEOLO-CAPILLARE<br />

Il sistema respiratorio ha come funzione fondamentale quella di provvedere allo scambio dei<br />

gas fra l’ambiente esterno e l’organismo. Il metabolismo energetico dell’intero organismo comporta<br />

l’assunzione di O2 e la produzione di CO2. Lo scambio dei gas che raggiungono le unità alveolari<br />

avviene per diffusione passiva attraverso uno strato molto sottile (~1µ), la membrana alveolocapillare,<br />

la cui estensione di superficie è però assai vasta (~100 m 2 ).<br />

Sia la funzione della pompa che del polmone hanno ampi margini di riserva al fine di far fronte alle<br />

richieste metaboliche durante in condizioni di normalità. Eventi patologici possono ridurre le<br />

riserve sia della pompa che del polmone e causare insufficienza respiratoria durante lo sforzo e, nei<br />

casi più gravi, anche a riposo. La misura dei gas (O2 e CO2) nel sangue che raggiunge i tessuti<br />

(sangue arterioso) fornisce le indicazioni sul funzionamento globale del sistema.<br />

Durante la fase inspiratoria l’aria percorre le vie aeree a velocità sempre minore fino a<br />

raggiungere gli alveoli, dove trova l’aria della precedente espirazione con la quale si mescola per<br />

diffusione molecolare (mixing alveolare). La diffusione dei gas dall’alveolo all’emoglobina avviene<br />

per diffusione multifase aria-sangue ed è regolato dalla legge di Fick, secondo cui i fattori favorenti<br />

la diffusibilità sono la superficie di scambio, la differenza di pressione parziale fra i due comparti, la<br />

diffusibilità del gas, mentre quello sfavorevole è lo spessore della barriera alveolo-capillare.<br />

La capacità di diffusione aria-sangue viene modificata da cause sia fisiologiche che patologiche.<br />

Nella broncopneumopatia cronica ostruttiva l’esame consente di valutare il grado di enfisema, in<br />

quanto riflette le riduzioni della superficie alveolare e del ridotto volume capillare tipiche di questa<br />

malattia. Nelle malattie restrittive l’esame consente di valutare le interstiziopatie, anche in stadio<br />

preclinico (sarcoidosi, alveolite allergica, polmoniti da radiazioni, connettiviti, interstiziopatie da<br />

farmaci, polmoniti in corso di infezione HIV). Nelle vasculopatie polmonari (embolia polmonare<br />

ricorrente), ipertensione polmonare, connettiviti la spirometria può essere normale e la misura della<br />

diffusione alveolo capillare misurata col monossido di carbonio ridotta.


5.4 TRASPORTO DELL’ O2 E DELLA CO2 NEL SANGUE<br />

La solubilità dell’ ossigeno molecolare (O2) nel plasma sanguigno è molto bassa, ed infatti<br />

esiste una molecola (Hb) specificamente deputata al trasporto del gas. La capacità per l’ O2 del<br />

sangue circolante in condizioni fisiologiche e per valori di emoglobinemia di 14.6 g/dL, è circa 9<br />

mmol/L (20mL per 100 mL). Pertanto 1 g di emoglobina è in grado di legare 1.39 mL di O2.<br />

Il rapporto esistente in condizioni di equilibrio, fra la saturazione dell’Hb con l’O2 e la tensione<br />

parziale arteriosa (PaO2) dello stesso è tradizionalmente raffigurato dalla curva di dissociazione<br />

dell’ossiemoglobina. La sua forma sigmoide assume un’importanza fondamentale nel corso del<br />

fisiologico meccanismo di trasporto dell’O2. Infatti, al di sopra dei 60 mmHg di PaO2 l’Hb è<br />

saturata per oltre il 90%, mentre al di sotto di tale valore la saturazione decresce in maniera<br />

critica. Per tale motivo si assume convenzionalmente una PaO2 di 60 mmHg come limite per<br />

definire l’insufficienza respiratoria.<br />

L’ anidride carbonica (CO2) ha una solubilità in soluzione acquosa 20 volte maggiore rispetto a<br />

quella dell’O2, anche se la quantità di CO2 fisicamente disciolta corrisponde soltanto al 5% del<br />

suo contenuto totale nel sangue ed è pertanto insufficiente da sola al trasporto della CO2.<br />

Tuttavia la CO2 disciolta in semplice soluzione chimico-fisica riveste dal punto di vista<br />

fisiologico un ruolo fondamentale in quanto:<br />

- l’accesso alla riserva degli ioni bicarbonato (HCO3 - ) e carbamato (NHCOO - ) avviene<br />

attraverso la CO2 solubilizzata<br />

- l’elevata solubilità e liposolubiltà ne consentono l’agevole passaggio transmembranale<br />

- la velocità diffusiva alveolo-capillare della CO2 è così elevata da risultare non solo<br />

sovrapponibile a quella dei gas inerti, ma talmente istantanea da non essere misurabile.<br />

Il 90% della CO2 del sangue circolante è presente in forma di HCO3 - e l’anidrasi carbonica<br />

eritrocitaria è l’enzima deputato a convertire la CO2 intracorpuscolare in acido carbonico<br />

(H2CO3), la maggior parte del quale andrà incontro a dissociazione in idrogenioni (H + ) ed HCO3 -<br />

. I sistemi di trasporto della CO2 sono riassunti in Figura 5.3.


5.5 SISTEMA ACIDO-BASE<br />

L’equilibrio acido-base nel sangue è regolato dalla legge di Henderson-Hasselbach: pH= 6.1 +<br />

log [HCO3 - ]/[CO2] . Il pH ematico ha un range di normalità molto ristretto (7.35-7.45) entro il<br />

quale si possono svolgere normalmente le funzioni cellulari. Il pH viene mantenuto costante<br />

dalla funzione tampone della CO2 e dei bicarbonati ,dalle proteine plasmatiche e dagli acidi fissi.<br />

Il sistema più rapido di compenso del pH è quello respiratorio, mediante la variazione<br />

dell’equlibrio CO2-HCO3 - . Il compenso renale agisce tramite l’escrezione o la ritenzione di ioni<br />

H + sotto varie forme, ma impiega alcuni giorni per essere completamente efficace. Per contro,<br />

aumenti o diminuzioni della PaCO2 (patologie respiratorie con ritenzione di CO2) fanno variare<br />

molto rapidamente il pH del sangue. L’aumento o la diminuzione del pH dovute invece a perdite<br />

o ritenzione di idrogenioni (alcalosi o acidosi metabolica) vengono compensate dalla<br />

respirazione in maniera molto meno efficiente. Come è noto, l’equilibrio acido base, si esprime<br />

in termini pratici come rapporto [rene]/[polmone]. Il rene, in risposta all’acidosi e alla riduzione<br />

del pH (aumento della CO2), regola la concentrazione di ioni HCO3 - , mediante il riassorbimento<br />

di HCO3 - e la aumentata escrezione di H + ; tale meccanismo impiega alcuni giorni per essere<br />

pienamente efficiente. In acuto si avranno quindi diminuzione del pH (e dell’ossiemia) e<br />

aumento della CO2 plasmatica (acidosi respiratoria acuta). Una volta entrato in funzione il<br />

compenso renale, il pH verrà riportato in range normale grazie ad un aumento dei bicarbonati<br />

plasmatici, nonostante la PaCO2 possa rimenere elevata (acidosi respiratoria compensata).<br />

D’altro canto, una aumentata eliminazione di CO2 (iperventilazione psicogena, asma, occlusione<br />

di rami delle arterie polmonari) conduce ad una alcalosi respiratoria che vede aumento del pH,<br />

riduzione della CO2 e diminuzione dell’O2. Pertanto, in caso di alterazioni gasanalitiche, la<br />

riduzione della PaO2 configura quasi sempre una causa respiratoria. Anche se i termini di<br />

acidosi ed alcalosi respiratoria permangono nell’uso comune, sarebbe più corretto utilizzare i<br />

termini di acidemia e alcalemia quando siano presenti variazioni misurabili del pH. Speculari<br />

variazioni si possono avere se il pH del sangue varia per aumento o diminuzione delle valenze<br />

acide (alcalosi o acidosi metabolica). In tali casi, il compenso respiratorio (riduzione o aumento<br />

della PaCO2) intervengono prontamente, ma sono di scarso rilievo.<br />

5.6 DATI DELL’EMOGASANALISI ARTERIOSA (EGA)<br />

L’EGA si esegue prelevando un campione di sangue arterioso che viene immediatamente<br />

analizzato con apposito strumento. I principali parametri sono riportati in tabella<br />

PARAMETRO RANGE NORMALE<br />

PaO2<br />

80-100 mmHg<br />

PaCO2<br />

35-45 mmHg<br />

PH 7..35 - 7.45<br />

HCO3 -<br />

16-30 mEq/L<br />

SaO2% > 95%<br />

Nel soggetto normale, a livello del mare la PaCO2 è di 35-45 mm Hg e la PaO2 di 80-100<br />

mm Hg, con un pH compreso fra 7,35 e 7,45. La ventilazione alveolare (V’A), che è data dal<br />

prodotto del volume corrente sottratto del volume dello lo spazio morto anatomico e moltiplicato<br />

per la frequenza ventilatoria, è di circa 5 L/min a riposo. Ogni riduzione del valore di V’A è<br />

causa di riduzione della pressione alveolare di O2 e di incremento di quella di CO2. Mentre la<br />

PaO2 dipende da vari fattori oltre la V’A (spessore di membrana, flusso ematico, quantità di<br />

emoglobina), la PaCO2 è strettamente correlata alla V’A poiché la CO2 non ha praticamente<br />

ostacoli alla diffusione dal sangue verso l’alveolo. Pertanto ogni incremento di PaCO2 indica un<br />

decremento di V’A, che può essere dovuto ad ipoventilazione globale o aumento dello spazio<br />

morto. Sul piano pratico ciò significa che un eccesso di ritenzione di CO2 può essere corretto<br />

aumentando la ventilazione minuto (es. ventilazione meccanica). Per contro, l’ipossiemia non


può essere corretta aumentando la ventilazione in quanto dovuta principalmente ad alterato<br />

rapporto ventilazione/perfusione.<br />

Tramite ossimetri cutanei (pulsiossimetri) applicati ad un dito o al lobo dell’ orecchio, si può<br />

determinare la saturazione di O2 nel sangue capillare. La saturazione percentuale (Sa%)<br />

emoglobinica per l’O2 indica la quantità di O2 legata rispetto a quella teoricamente massima<br />

possibile. La SatO2% non costituisce un indice particolarmente utile nella valutazione della<br />

funzionalità polmonare poiché se la PaO2 è superiore a 60 mmHg le modificazioni di Sa% sono<br />

modeste. Rimane utile nel monitoraggio di pazienti affetti da importante deficit funzionale per la<br />

sua facile determinazione, in modo non invasivo ed economico. Viene inoltre utilizzata nello<br />

studio dei disturbi del sonno e per valutare la risposta all’esercizio.<br />

In linea di massima, le alterazioni piu’comuni dell’emogasanalisi possono essere compendiate in<br />

tabella.<br />

PaO2 PaCO2 pH HCO3 -<br />

Acidosi respiratoria acuta ↓ ↑ ↓ = o ↓<br />

Acidosi respiratoria compensata ↓ ↑ = ↑<br />

Alcalosi Respiratoria acuta = ↓↓ ↑ =/↓<br />

Alcalosi Respiratoria compensata =/↓ ↓ = ↑<br />

Acidosi metabolica = ↓ ↓ =↓<br />

Alcalosi metabolica = = ↑ ↑


6. METODOLOGIA <strong>DI</strong>AGNOSTICA<br />

La raccolta della storia clinica del paziente costituisce l’anamnesi, mentre il rilievo dei dati<br />

oggettivi costituisce l’esame obiettivo. La semeiotica (interpretazione di segni e sintomi) e’<br />

sempre il primo e spesso l’unico approccio diagnostico per il medico, considerando che nella<br />

pratica (ambulatorio, studio specialistico, guardia medica) non sono sempre disponibili le<br />

metodiche strumentali. L’esame obiettivo di un malato ha forse scarsa sensibilità (frequenti i<br />

falsi negativi), ma specificità abbastanza elevata (rari i falsi positivi). Ciò implica che qualsiasi<br />

reperto anomalo è da approfondire. Cosa sia “normale” all’ascoltazione o alla percussione si può<br />

descrivere solo approssimativamente a parole e deve essere imparato con la pratica.<br />

Un sunto delle numerose tecniche di indagine usate in pneumologia è riportato in tabella 6.1<br />

Tabella 6.1<br />

FUNZIONALI PER IMMAGINI LABORATORISTICHE/<br />

BIOLOGICHE<br />

Spirometria Radiogramma standard Esame escreato<br />

Emogasanalisi Tomografia computerizzata Esame liquido pleurico<br />

Test di diffusione Risonanza magnetica Test cutanei allergologici<br />

Test da sforzo Scintigrafia Test alla tubercolina<br />

Arteriografia Markers tumorali<br />

ENDOSCOPICHE PET<br />

Broncoscopia Ecografia CHIRURGICHE<br />

Pleuroscopia Mediatinoscopia<br />

Biopsia transbronchiale<br />

Biopsia TC guidata<br />

6.1 ANAMNESI<br />

Come in tutte le altre branche della clinica, l’anamnesi comprende:<br />

• anamnesi famigliare (presenza di malattie allergiche, metaboliche od ereditarie);<br />

• fisiologica: funzioni vitali, alvo e diuresi, peso, nutrizione, attività fisica, attività lavorativa,<br />

abitudini voluttuarie. Nell’ambito delle patologie respiratorie sono di speciale importanza il<br />

fumo di tabacco e le esposizioni lavorative (polveri, fumi, gas tossici ecc.)<br />

• patologica remota e prossima Occorre stabilire da quanto tempo durano i sintomi respiratori,<br />

com’e' stato il loro esordio (graduale o brusco), il decorso e la risposta ad eventuali terapie.<br />

Importante indagare la presenza di tosse, emoftoe, dispnea (a riposo, sotto sforzo, notturna) e<br />

febbre.<br />

6.2 METODOLOGIA DELL’ESAME OBIETTIVO<br />

L’esame obiettivo va eseguito secondo una procedura razionale. Se possibile, il paziente<br />

dovrebbe stare seduto, a torace completamente scoperto. I punti di repere sono indicati in figura<br />

6.1<br />

6.2.1 ISPEZIONE<br />

Si valutano la forma del torace e la sua simmetria statica. Devono essere osservate deformità<br />

della gabbia toracica (cifosi, scoliosi ecc.). La simmetria dinamica (durante una inspirazione<br />

profonda) considera se i due emitoraci si espandono contemporaneamente e nella stessa misura.<br />

Devono essere valutate le cicatrici, le lesioni cutanee, i circoli venosi ed il colorito. La cianosi<br />

(Hb ridotta> 5g/100mL) si valuta meglio e precocemente a livello delle labbra (prolabio), della


lingua e delle estremita’ (soprattutto il letto ungueale). La presenza di coilonichia (unghie a<br />

vetrino d’orologio) e di dita a bacchetta di tamburo (osteopatia di Pierre-Marie) sono indice di<br />

ipossiemia di lunga durata.<br />

Dovrebbe sempre essere misurata la frequenza respiratoria che nell’adulto normale è di 14-18<br />

atti/min. L’aumento e la diminuzione della frequenza respiratoria si chiamano tachipnea e<br />

bradipnea; le variazioni della profondità del respiro sono dette iperpnea e ipopnea. La retrazione<br />

in inspirazione degli spazi intercostali e delle fosse sovraclaveari (tirage) è sempre patologica,<br />

come pure l'utilizzo dei muscoli respiratori accessori. Va valutato anche il decubito del paziente:<br />

le alterazioni di piu’ frequente riscontro sono la semiortopnea e l’ortopnea.<br />

Figura 6.1 Reperi del torace


6.2.2 PALPAZIONE<br />

Alla palpazione si valutano innanzitutto l’espansibilità e l’elasticità del torace durante<br />

l’inspirazione, ponendo le mani a piatto con i pollici sulla linea paravertebrale all’altezza della 9-<br />

10 costa. Il torace normale si espande simmetricamente e contemporaneamente sui due emilati<br />

all’atto dell’inspirazione (si parla altrimenti di respiro asimmetrico). Si valuta poi il fremito<br />

vocale tattile (FVT), facendo parlare il paziente o facendogli pronunciare una parola ricca di<br />

consonanti (es. trentatré). Il FVT è la vibrazione dell’aria prodotta dalla laringe e trasmessa<br />

a bronchi, bronchioli, alveoli, fino alla gabbia toracica. Perchè il FVT sia percepibile occorre<br />

quindi che: a) la vibrazione sia generata, b) che sia trasmessa al polmone c) che dal polmone si<br />

trasmetta alla parete toracica. L’occlusione di un bronco o la presenza di aria o liquido nel cavo<br />

pleurico, riducono la trasmissione del FVT alla superficie. La presenza di un addensamento<br />

polmonare, che sia a contatto diretto con la parete toracica (assenza di versamento pleurico)<br />

aumenta l’intensità del FVT. Gli aspetti del FVT sono riassunti in tabella 6.2.<br />

6.2 FVT e sue alterazioni<br />

Meccanismo<br />

Fisiologico<br />

Produzione della<br />

vibrazione in<br />

laringe<br />

Conduzione della<br />

vibrazione tramite<br />

le vie aeree<br />

Trasmissione alla<br />

Parete toracica<br />

Alterazione Meccanismo<br />

Patologico<br />

La vibrazione non si<br />

produce<br />

La vibrazione non si<br />

trasmette<br />

La vibrazione e’<br />

condotta in eccesso<br />

La vibrazione non<br />

arriva alla parete<br />

toracica<br />

Occlusione di uno o<br />

piu’ bronchi<br />

Addensamento<br />

parenchimale con<br />

bronco pervio<br />

Il polmone non e’ a<br />

contatto della parete<br />

toracica<br />

Esempio F<br />

V<br />

Alterazioni delle corde<br />

vocali.<br />

Paralisi dei ricorrenti<br />

Tumori, compressione<br />

estrinseca<br />

Polmonite lobare<br />

Grandi masse<br />

neoplastiche<br />

Pneumotorace,<br />

Versamento pleurico<br />

6.2.3 PERCUSSIONE<br />

La percussione si effettua in maniera mediata (dito plessore che percuote il dito plessimetro<br />

appoggiato sulla cute). La percussione evoca dal polmone normale il tipico suono chiaro<br />

polmonare (SCP). La presenza di SCP indica sempre l’esistenza di parenchima polmonare<br />

aerato. Con la percussione si può delimitare topograficamente il sottostante polmone solo se<br />

questo contiene aria ed è a contatto con la parete toracica. E’ consigliabile effettuare prima una<br />

percussione comparativa (alternativamente a dx e a sx simmetricamente) sui due emitoraci per<br />

individuare possibili differenze del suono plessico. La successiva percussione delimitativa<br />

definisce le aree di SCP sul torace alle quali corrisponde il parenchima aerato. Si delimitano per<br />

prime le aree di Konig di SCP che corrispondono agli apici polmonari, comprese tra il muscolo<br />

cucullare e l’articolazione della spalla e che devono essere simmetriche. Partendo poi dal II<br />

spazio intercostale dorsale si scende, con il dito plessimetro parallelo alle coste, una costa per<br />

volta, fino ad individuare il passaggio dal SCP al suono ottuso degli organi addominali. Tale<br />

cambiamento di suono indica che si sono raggiunte le basi polmonari. A questo punto si valuta se<br />

le basi polmonari sono alla stessa altezza (IX-X costa) e se si espandono normalmente. Ciò si<br />

effettua facendo fare un’inspirazione profonda al paziente e verificando se l'area di SCP si sposta<br />

caudalmente di 1-2 spazi intercostali. La presenza di ottusità (o ipofonesi) indica che al di sotto<br />

della zona percossa esiste una regione addensata: addensamento parenchimale, neoplasia,<br />

versamento pleurico, atelettasia. La presenza di suono iperchiaro indica aumento del contenuto<br />

aereo, mentre un suono timpanico indica la presenza di una cavità unica ripiena d’aria<br />

T<br />

↓<br />

↓<br />

↑<br />


I suoni plessici<br />

SUONO GENESI ESEMPIO <strong>DI</strong> PATOLOGIA<br />

SUONO CHIARO Parenchima polmonare aerato<br />

SUONO IPERCHIARO Aumento del contenuto aereo Enfisema, pneumotorace<br />

SUONO TIMPANICO Presenza di grandi cavita’ Caverne, pneumotorace<br />

contenenti aria<br />

SUONO OTTUSO Addensamento del parenchima Polmoniti, masse neoplastiche<br />

SUONO OTTUSO Interposizione di liquido Versamenti pleurici<br />

6.2.4 ASCOLTAZIONE<br />

Sul torace normale si ascolta su tutti i campi polmonari (ossia dove esiste polmone ventilato) il<br />

murmure vescicolare fisiologico (MVF). Tale reperto ascoltatorio e’ dovuto al flusso turbolento<br />

dell’aria negli alveoli e che si trasmette alla parete toracica. Perche’ il MVF sia percepito occorre<br />

che: a) gli alveoli siano ventilati, b) che bronchi, bronchioli e alveoli siano pervi, c) che il<br />

polmone sia a contatto con la parete toracica (cavo pleurico virtuale e pleure intatte). In<br />

determinate regioni, corrispondenti alla trachea ed ai grossi bronchi può anche essere percepito il<br />

soffio bronchiale o tracheale. L’ascoltazione si effettua comparativamente sui due emitoraci, con<br />

particolare attenzione alle basi. Il MVF può ridursi in intensità o scomparire (silenzio<br />

respiratorio) dove il polmone non sia aerato (addensamento, ostruzione bronchiale) o se il<br />

polmone non e’ a contatto con la parete toracica (versamento pleurico, pneumotorace). Se il<br />

soggetto viene invitato a parlare, si ascolta solo una vibrazione che riporta le parole<br />

estremamente distorte (pettoriloquia). Nel soggetto normale si ascolta solo il MVF. Ogni altro<br />

rumore, che puo’ provenire dai bronchi, dagli alveoli o dalla pleura, è da considerarsi patologico.<br />

Si distinguono: rumori umidi, rumori secchi e sfregamenti pleurici.<br />

• I rumori umidi (rantoli) sono prodotti dalla presenza di liquido all’interno dei bronchi o degli<br />

alveoli. Ovviamente, il passaggio di aria durante la respirazione forma delle vere e proprie bolle<br />

che si rompono. A seconda del calibro del bronco dove si genera il rumore, si distinguono<br />

grossolanamente rantoli a grandi, medie e piccole bolle. I rantoli di origine alveolare hanno un<br />

particolare timbro di crepitio fine ed infatti sono detti crepitanti, quelli bronchiolari sono detti<br />

subcrepitanti; si ascoltano nello scompenso cardiaco o nelle fasi precoci delle polmoniti e<br />

broncopolmoniti.<br />

• I rumori secchi (ronchi) si producono allorchè l’aria incontra una riduzione di calibro dei<br />

bronchi e il flusso da laminare (silenzioso) diventa turbolento (rumoroso). Pertanto i ronchi<br />

indicano sempre la presenza di ostruzione bronchiale. A seconda del tono, che in parte dipende<br />

dal calibro dei bronchi interessati, si possono avere ronchi russanti, gementi, fischianti e sibilanti<br />

(comunemente detti sibili e fischi o wheezing). Poichè i bronchi tendono già fisiologicamente a<br />

ridursi di calibro durante l’espirazione, i rumori secchi si ascoltano preferenzialmente o più<br />

intensi durante la fase espiratoria.<br />

• I rumori pleurici (sfregamenti) sono dovuti alla confricazione dei due foglietti pleurici tra di<br />

loro durante il movimento respiratorio. Perche’ si producano occorre che le superfici pleuriche,<br />

che normalmente sono lisce e lubrificate, siano scabrose o irregolari. Gli sfregamenti pleurici<br />

pertanto si ascoltano solo in determinate regioni, sono fissi, sono sincroni col respiro e sono in-<br />

ed espiratori.<br />

• L’occlusione/ostruzione delle alte vie aeree da’ origine allo stridore inspiratorio (o cornage),<br />

che rappresenta quasi sempre il sintomo di patologia acuta e di emergenza.<br />

• Se su una certa area si possono ascoltare le parole distintamente (pettoriloquia), occorre<br />

sospettare un sottostante addensamento. Se esiste un cospicuo versamento pleurico ed il<br />

parenchima è quindi compresso, ma i grossi bronchi sono pervi, si puo’ ascoltare il soffio<br />

bronchiale. Nel caso di grandi cavità (caverne ed escavazioni), che comunicano con i bronchi si<br />

puo’ ascoltare il soffio anforico.


I suoni respiratori<br />

SUONO MECCANISMO ESEMPI<br />

MVF Aria che produce una<br />

turbolenza negli alveoli<br />

Polmone normalmente ventilato<br />

Rumori umidi Presenza di liquido nei Processi infiammatori: bronchite, polmonite,<br />

(rantoli)<br />

bronchi che forma bolle broncopolmonite,<br />

ARDS, edema polmonare, bronchiectasie<br />

Rumori secchi Riduzione di calibro dei Malattie ostruttive: asma, BPCO.<br />

(ronchi)<br />

bronchi<br />

Compressione dei bronchi da edema interst.<br />

Sfregamenti<br />

Attrito dei due foglietti Pleuriti (fase iniziale o come esito)<br />

pleurici<br />

pleurici<br />

Stridore Ostruzione/occlusione al di Edema laringeo, masse neoplastiche.<br />

Sopra dei br. segmentari Corpi estranei<br />

Pettoriloquia Trasmissione della voce Masse neoplastiche, polmoniti<br />

Assenza/riduzione<br />

attraverso addensamenti<br />

Distretti non ventilati<br />

Occlusione di bronchi, pneumotorace<br />

del MVF<br />

Distretti addensati<br />

Neoplasie, polmoniti<br />

Riduz globale della Enfisema<br />

ventilazione<br />

Interposizione di liquido<br />

Versamento pleurico<br />

6.3 METO<strong>DI</strong>CHE LABORATORISTICHE<br />

Le metodiche che specificamente valutano le due principali funzioni dell’apparato respiratorio<br />

cioè la meccanica ventilatoria (PFR) e lo scambio dei gas (EGA) sono descritte nei capitoli 4<br />

e 5. Si fa cenno qui di seguito alle altre metodiche di indagine che vengono utilizzate per la<br />

diagnosi delle malattie respiratorie. Ognuna di queste metodiche deve essere scelta sulla base di<br />

un ragionamento fisiopatologico e di un sospetto clinico; il loro utilizzo e la loro affidabilità<br />

verranno trattate di volta in volta per ciascuna delle patologie. Il loro impiego indiscriminato e<br />

“a tappeto” espone i pazienti a rischi ingiustificati e complica la procedura diagnostica.<br />

Si possono studiare le secrezioni bronchiali, il liquido pleurico, la struttura anatomica del<br />

polmone, l’istologia dei tessuti, i marker sierologici di malattia: alcune di queste indagini<br />

possono essere più o meno invasive e rischiose.<br />

6.3.1 ESAME DELL’ESCREATO<br />

L’escreato può essere prodotto spontaneamente (cosa che si verifica in molte patologie<br />

polmonari) oppure essere indotto artificialmente. In quest’ ultimo caso si applica la procedura<br />

dell’espettorazione indotta (induced sputum), che consiste nel fare inalare al paziente un aerosol<br />

ultrasonico di soluzione salina ipertonica al 3-5%. La procedura è semplice, e relativamente<br />

sicura e può essere applicata anche in presenza di significative riduzioni della ventilazione<br />

polmonare se il soggetto è collaborante.<br />

All’esame macroscopico si valutano immediatamente colore, aspetto, densità ecc. L’esame<br />

microscopico comprende: a) citologia: tipo di cellule presenti; b) batteriologia: ricerca germi<br />

comuni, coltura ed antibiogramma (compresa la ricerca di micobatteri vedi TBC.<br />

L’esame escreato è di primaria importanza in tutte le patologie infettive (specialmente<br />

batteriche), ma puo’ fornire anche indicazioni sulla presenza o meno di determinate malattie<br />

infiammatorie, alcune delle quali presentano una particolare citologia. Infine, può essere eseguita<br />

la ricerca di cellule atipiche e/o neoplastiche.


6.3.2 TORACENTESI ED ESAME DEL LIQUIDO PLEURICO<br />

La toracentesi è una metodica invasiva che consiste nel prelevare il liquido pleurico tramite la<br />

puntura della parete toracica e della pleura parietale (puntura esplorativa). Si esegue ovviamente<br />

solo se la presenza di versamento pleurico è accertata (semeiotica fisica e radiologia) o<br />

fortemente sospetta. Dopo accurata disinfezione della cute ed anestesia di superficie, si punge<br />

con un ago di grosso calibro montato su siringa la parete toracica, fino a penetrare in cavo<br />

pleurico. A questo punto si aspira il liquido pleurico (solitamente 5-20 cc sono sufficienti). Se si<br />

vuole svuotare un versamento abbondante, si collega l’ago ad un sistema di aspirazione a<br />

stantuffo oppure si lascia defluire il liquido per gravità (toracentesi evacuativa). La comparsa di<br />

tosse, ipotensione o di dolore puntorio impone di sospendere la manovra. La toracentesi si<br />

effettua a paziente seduto; si preferisce pungere su ascellare media o posteriore all’altezza del<br />

IV-VI spazio intercostale. L’ago va introdotto sfiorando il margine superiore della costa per<br />

evitare lesioni al fascio vascolonervoso. Le complicanze della toracentesi (pneumotorace,<br />

emotorace, infezione) sono rarissime. La distinzione fondamentale è tra essudati (di origine<br />

infiammatoria) e trasudati (da alterazioni idrostatiche). Si definisce essudato se: a) LDH<br />

versamento/LDH siero > 0.6; b) proteine versamento/proteine siero > 0.5; c) LDH > 100 (per<br />

dettagli vedi capitolo 20).<br />

6.3.3 TEST ALLERGOLOGICI<br />

I test cutanei (skin prick test) individuano la presenza di sensibilizzazione a determinati<br />

allergeni respiratori (acari della polvere, graminacee, olivo, parietaria, epiteli di cane e di gatto,<br />

muffe ecc.). Si applica una goccia di ciascun estratto allergenico alla faccia volare<br />

dell’avambraccio e la si punge con apposita lancetta. Lo sviluppo di un pomfo indica che<br />

esistono IgE specifiche per tale allergene adese ai mastociti cutanei che li fanno degranulare.<br />

L’entità del pomfo si rapporta (classi da 0 a ++++) al pomfo prodotto dall’istamina che è il<br />

controllo positivo. Il test è molto sensibile e specifico, si legge in circa 10 minuti ed è privo di<br />

rischi. Pertanto, è sempre la prima scelta nel sospetto di allergia respiratoria.<br />

Il dosaggio delle IgE specifiche nel siero (RAST) è altrettanto specifico e sensibile, ma costoso<br />

e fornisce i risultati in alcuni giorni. Pertanto è sempre di seconda scelta o di conferma; oppure si<br />

esegue in prima istanza ove lo skin test non sia effettuabile (ad esempio perchè il paziente<br />

assume antistaminici). Il dosaggio delle IgE totali (PRIST) e gli eosinofili circolanti sono poco<br />

sensibili e specifici: non sono quindi mai test diagnostici dirimenti.<br />

Molto sensibili e specifici sono i tests di provocazione nasale e congiuntivale. La<br />

somministrazione di piccole quantità di allergene nel naso o nella congiuntiva riproduce nel<br />

soggetto allergico i sintomi clinici (rinite e congiuntivite). Si utilizza specialmente nel caso di<br />

multiple positività per valutare quale allergene e’ il principale responsabile dei sintomi.<br />

6.3.4 TEST ALLA TUBERCOLINA<br />

Implica una reazione ritardata di IV tipo e valuta (dopo inoculo nel derma) l’avvenuta<br />

sensibilizzazione al bacillo di Koch. La sua positività indica che l’organismo è già venuto in<br />

contatto col bacillo ed è quindi in grado di sviluppare una risposta immunitaria specifica. Quindi<br />

non è diagnostico di malattia in atto, ma solo di pregressa infezione o di avvenuta vaccinazione.<br />

Si utilizza per l’inoculo la PPD (purified protein derivative), una miscela di antigeni<br />

micobatterici; una unita’ tubercolinica (UT) corrisponde a 0.02 mcg di PPD. Il test alla<br />

tubercolina si può effettuare:<br />

- con appositi dispositivi già pronti (tine test), costituiti da 4 punte imbevute di PPD da<br />

premere sulla cute<br />

- mediante inoculazione intradermica di 0.1 mL di PPD (reazione di Mantoux)<br />

Il risultato si legge dopo 48-72 ore; la positività è documentata da eritema, papule, infiltrazione,<br />

indurimento


6.4 METO<strong>DI</strong>CHE PER IMMAGINI<br />

6.4.1 RA<strong>DI</strong>OGRAFIA STANDARD<br />

La radiografia convenzionale del torace rappresenta a tutt’oggi la metodica per immagini di<br />

prima scelta e dotata di elevatissima capacità di discriminare le strutture normali dalle<br />

patologiche; si esegue praticamente sempre nel caso di patologia pneumologia. La radiografia<br />

standard del torace comprende la proiezione postero-anteriore (PA) e la latero-laterale (LL)<br />

sinistra. L’ RX del torace mostra alcuni reperti caratteristici e riproducibili (FIGURA 6.2).<br />

Il fascio vascolonervoso (FVC) è costituito dal profilo cardiaco, dall’aorta e dai grossi vasi e<br />

dagli ili. I polmoni sono radiotrasparenti ed e’ visibile la trama interstiziale che è più spessa<br />

all’ilo e si affina verso la periferia. L’emidiaframma destro è più alto del sinistro, mentre sotto al<br />

sinistro si puo’ osservare talvolta l’aria della bolla gastrica. Gli angoli costrofrenici sono sempre<br />

acuti: la loro opacazione indica presenza di versamento o di aderenze pleuriche. Le scissure<br />

interlobari non sono normalmente visibili; si delineano solo in caso di processi infiammatori con<br />

raccolte liquide o ispessimento (scissurite). Per tutti i casi dubbi all’RX, la seconda istanza è<br />

sempre la TC. Un suggerimento per l’osservazione ordinata del radiogramma del torace e’<br />

riportata in tabella.<br />

Osservazione del radiogramma postero anteriore<br />

STRUTTURA NORMALE ESEMPIO <strong>DI</strong><br />

ALTERAZIONE<br />

Colonna vertebrale In asse<br />

Scoliosi, malposizione del<br />

Clavicole e sternoclaveari Allo stesso livello<br />

paziente<br />

Trachea e bronchi principali Tracheogramma aereo (trasparente) Compressioni estrinseche<br />

Arco aortico Privo di calcificazioni Calcificazioni aortiche<br />

II arco SX (cono Appena visibile Congestione polmonare<br />

polmonare)<br />

III arco SX (ventricolo sx) Ipertrofia/dilatazione<br />

I arco DX (cava sup.) Verticale rettilineo Turgore della cava<br />

II arco DX (atrio DX) Possibile il doppio contorno dell’atrio<br />

SX<br />

Dilataz atrio dx o sx<br />

Campi polmonari Trasparenti uniformemente Opacita’ da polmonite o<br />

Ili polmonari Ben visibili<br />

neoplasia o da versamento<br />

Adenomegalia ilare<br />

Interstizio Trama interstiziale che si assottiglia Interstiziopatie (puntiformi,<br />

verso la periferia<br />

nodulari, reticolari)<br />

Diaframmi Il dx piu’ alto di 1-2 cm. Paralisi di un emidiaframma<br />

Seni costofrenici<br />

Radiotrasparenti e appuntiti Versamento pleurico non<br />

cospicuo, aderenze.


Figura 6.2 RA<strong>DI</strong>OGRAMMA STANDARD POSTERO-ANTERIORE


6.4.2 TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA (TC)<br />

E' l'esame per immagine di seconda scelta dopo l’RX standard. Fornisce immagini di strati<br />

traversi del corpo (sottili da 5 ad 1 cm) visti idealmente dalla parte caudale. La gamma di<br />

contrasto (scala dei grigi) e' estremamente ampia (da -1000 per l'aria a +1000 per l'osso) e<br />

pertanto si possono scegliere finestre appropriate per la densita' della struttura da studiare.<br />

Usualmente si applicano le finestre parenchimale (che dettaglia interstizio, vasi e bronchi) e<br />

mediastinica (che dettaglia tutte le strutture dense toraciche), come in 6.3. La TC ad alta<br />

risoluzione (HRCT) consente di effettuare sezioni sottili (2 mm) e di vedere quindi in dettaglio<br />

l'interstizio polmonare, i piccoli vasi ed i bronchi fino al IV-V ordine di suddivisione. La TC con<br />

metodica a spirale è un particolare tipo di tecnica ad alta velocità che consente di eliminare in<br />

parte gli artefatti dovuti alla respirazione.<br />

La TC ha praticamente le stesse indicazioni della radiologia convenzionale: di solito si esegue in<br />

seconda istanza per motivi di costi, tempi ed esposizione alle radiazioni.<br />

Figura 6.3 Esempi di sezioni TC<br />

Finestra Parenchimale Finestra Mediastinica<br />

6.4.3 SCINTIGRAFIA<br />

Scintigrafia di perfusione. Si somministrano endovena dei macroaggregati di albumina marcata<br />

con Tc99. I macroaggregati vanno a localizzarsi e sono trattenuti nei capillari polmonari più<br />

distali e pertanto indicano fedelmente la vascolarizzazione arteriosa polmonare. La radioattività<br />

accumulata si rileva dall’esterno mediante gamma camera. Di solito si eseguono 6 proiezioni<br />

(Figura 6.4). Se esiste una occlusione in qualche punto dell’albero arterioso, il tracciante non<br />

arriva a valle di quel punto e si osserverà un’area “fredda”. La scintigrafia perfusoria è<br />

importante quindi in tutte le sospette alterazioni vascolari, prima tra tutte la tromboembolia<br />

polmonare, ove rimane l’esame diagnostico di riferimento. Scintigrafia ventilatoria. Si fa<br />

respirare al paziente dello Xn133, il quale arriva fino agli alveoli ma non diffonde nel sangue.<br />

Tale metodica rileva quindi l’integrità della ventilazione. E’ utile soprattutto in associazione con<br />

la scinti perfusoria per evidenziare aree ventilate ma non perfuse o viceversa.<br />

Scintigrafia con Ga67. Il Ga67 si localizza preferenzialmente in zone ad elevato metabolismo e<br />

quindi in zone di attiva infiammazione e ben vascolarizzate. E’ ovviamente poco sensibile e poco<br />

specifica, ma utile come test di conferma e per il follow-up di malattie infiammatorie come la<br />

sarcoidosi.<br />

Scintigrafia ossea total body. Si utilizza esclusivamente per la ricerca di metastasi ossee nei<br />

tumori polmonari, e conseguentemente per il follow-up della terapia.


Figura 6.4 SCINTIGRAFIA PERFUSIONALE NORMALE IN 6 PROIEZIONI


6.4.4 ECOGRAFIA E RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE<br />

L'ecografia è una metodica non invasiva e priva di rischi. Tuttavia essa è di scarsa utilità nello<br />

studio del polmone a causa del predominante contenuto aereo. Può essere utilizzata<br />

occasionalmente per precisare la diagnosi di raccolte saccate o per guidarne l'esplorazione. Può<br />

essere anche utile per individuare ascessi subfrenici o definire meglio le patologie<br />

sottodiaframmatiche.<br />

La risonanza magnetica nucleare (RMN) del parenchima polmonare di solito aggiunge poco alle<br />

informazioni ottenute con RX e TC. Risulta invece molto utile per lo studio del mediastino e<br />

delle strutture ad alta densità in quanto consente di precisare molto bene i rapporti anatomici e di<br />

visualizzarli anche sul piano sagittale e su piani obliqui. Pertanto la sua indicazione si rivolge<br />

principalmente alla diagnostica delle malattie neoplastiche.<br />

6.4.5 TOMOGRAFIA A EMISSIONE <strong>DI</strong> POSITRONI (PET)<br />

In realtà è più una metodica metabolica che di immagine. Infatti rivela l’accumulo selettivo di<br />

glucidi radioattivi in determinate strutture che li utilizzano per la loro attività metabolica. Non<br />

sostituisce in alcun modo la TC per quanto riguarda i rapporti anatomici delle strutture, ma ha<br />

indicazione nella diagnostica differenziale dei noduli solitari, per i quali ha una elevata<br />

sensibilità (in altre parole un nodulo solitario sospetto neoplastico e negativo alla PET, è quasi<br />

certamente negativo). La PET può causare falsi positivi, in quanto il radiotracciante si accumula<br />

selettivamente non solo nelle neoplasie ma anche nelle zone di rimaneggiamento infiammatorio.<br />

6.4.6 ARTERIOGRAFIA BRONCHIALE<br />

Consiste nell’iniettare, tramite accesso periferico, un mezzo di contrasto nei vasi polmonari<br />

mentre si esegue la radiografia. Consente di visualizzare con estrema precisione tutto l’albero<br />

vascolare del polmone e individuare quindi sia ostruzioni che sanguinamenti. Nel caso di<br />

sanguinamenti è possibile anche eseguire la microembolizzazione. Non è mai un esame di<br />

routine in quanto richiede strutture specificamente attrezzate e personale qualificato.<br />

6.5 METO<strong>DI</strong>CHE ENDOSCOPICHE<br />

6.5.1 BRONCOSCOPIA<br />

La broncoscopia è un’indagine endoscopica che può essere eseguita con strumenti rigidi o a fibre<br />

ottiche (fibrobroncoscopia) e che permette di visualizzare le vie aeree, identificare anomalie<br />

endobronchiali e raccogliere materiale diagnostico tramite lavaggio bronchiale<br />

(Bronchoalveolar lavage, BAL), spazzolamento (brushing), e biopsia.<br />

Il broncoscopio a fibre ottiche permette la valutazione di vie aeree più piccole e distali rispetto a<br />

quelle visualizzabili col broncoscopio rigido, ma quest’ultimo permette un maggiore controllo<br />

delle vie aeree e una più efficace aspirazione; per questo è particolarmente utile in pazienti con<br />

neoplasie ostruenti centrali, corpi estranei o emottisi massiva.<br />

Le indicazioni all’esecuzione della broncoscopia sono:<br />

a) radiologiche. Quadri sospetti per neoplasie broncopolmonari, opacità rotondeggianti,<br />

ingrandimenti del mediastino, addensamenti, ecc.<br />

b) cliniche. Emoftoe, tosse persistente, stridori e sibili, paralisi delle corde vocali e<br />

diaframmatiche, disfagia, algie toraciche adenopatie sovraclaveari ed ascellari, sindromi<br />

paraneoplastiche, ecc.<br />

c) laboratoristiche. Cellule atipiche nell’espettorato, positività del micobatterio nell’espettorato<br />

senza alterazione RX.<br />

d) Endoscopia chirurgica, in rianimazione respiratoria, broncoinstillazioni e broncoaspirazioni,<br />

estrazioni di corpi estranei.


Con l’esame broncoscopico è possibile accompagnare alla diagnostica per immagini<br />

endoscopica, una valutazione biologica mediante l’esecuzione di particolari metodiche di<br />

prelievo:<br />

• Lavaggio bronchiale (BL)<br />

• Brushing bronchiale (spazzolamento con scovolino per la raccolta delle cellule superficiali)<br />

• Biopsia bronchiale<br />

• Agoaspirazione transbronchiale (TBNA)<br />

• Lavaggio broncoalveolare (BAL)<br />

La broncoscopia è utilizzata anche a scopo terapeutico per esempio nella rimozione di corpi<br />

estranei, nelle intubazioni difficili, nel posizionamento di stents tracheali o bronchiali, nella<br />

laser-terapia per il trattamento di tumori benigni o maligni delle vie aeree, nel posizionamento di<br />

radiocateteri per la terapia radiante endobronchiale (brachiterapia).<br />

6.5.2 LAVAGGIO BRONCOALVEOLARE (BAL)<br />

Si esegue in corso di fibrobroncoscopia e si effettua instillando (tramite broncoscopio) in un<br />

bronco segmentale o subsegmentale soluzione fisiologica e poi aspirandola. L’esame del BAL<br />

rispecchia abbastanza fedelmente la cellularita’ del polmone profondo (bronchioli ed alveoli) ed<br />

e’ utile per la diagnosi di malattie infiammatorie caratterizzate da alveolite (alveoliti allergiche,<br />

sarcoidosi, fibrosi interstiziali etc.), per la ricerca di cellule atipiche (neoplasie) e per<br />

l’individuazione di batteri. Nel BAL del soggetto normale si osservano:<br />

- Macrofagi alveolari (90-95%)<br />

- Linfociti (2-5%), che sono per l’85% di tipo T (con rapporto CD4/CD8 = 2/1), per il 10% di<br />

tipo NK e per il 5% di tipo B.<br />

- Neutrofili: circa il 3% (aumentano nei fumatori)<br />

6.5.3 ME<strong>DI</strong>ASTINOSCOPIA<br />

La mediastinoscopia rappresenta un metodo diagnostico e stadiativo di tipo chirurgico che<br />

consiste nell’eseguire biopsie mirate di linfonodi mediastinici, o altre lesioni solide del<br />

mediastino supero-anteriore. In anestesia generale si esegue un’incisione sopragiugulare<br />

attraverso cui si raggiunge il piano tracheale; si incide la fascia pretracheale e la si scolla dalla<br />

trachea creando uno spazio attraverso cui si inserisce il mediastinoscopio, si ricerca la lesione da<br />

bioptizzare sulla guida del radiogramma T.C., e con la pinza bioptica si eseguono numerosi<br />

prelievi per il successivo esame istologico.<br />

La diagnosi di lesione solida del mediastino si avvale della mediastinoscopia solo quando altre<br />

indagini bioptiche, meno invasive (broncoscopia e agoaspirazioe T.C. guidata), si siano rivelate<br />

non diagnostiche. Le indicazioni sono:<br />

a) Rilievo alla T.C. di una lesione solida in sede paratracheale non diagnosticata con la<br />

broncoscopia, l’agoaspirazione o altro metodo meno invasivo.<br />

b) Stadiazione di neoplasie polmonari di cui è noto l’istotipo, associate a linfonodi mediastinici<br />

paratracheali aumentati di volume, specie se la neoplasia interessa il lobo inferiore sinistro.<br />

6.5.4 TORACOSCOPIA<br />

La toracoscopia rappresenta un’indagine endoscopica rivolta ad accertare la diagnosi di lesioni<br />

occupanti lo spazio pleurico, sia se a partenza dalla pleura parietale o viscerale, sia se di origine<br />

polmonare o mediastinica.<br />

La toracoscopia si esegue introducendo uno strumento rigido nel cavo pleurico attraverso uno<br />

spazio intercostale dopo aver creato un pneumotorace, il che consente di ispezionare i recessi<br />

pleurici, il mantello polmonare e la pleura mediastinica. Alla fine dell’indagine si lascia nel cavo<br />

pleurico un tubo di drenaggio per il controllo del versamento e per un eventuale pneumotorace. Il<br />

liquido pleurico e le biopsie pleuriche verranno poi sottoposte alle indagini cito-istologiche.<br />

Sono indicazioni:


a) Versamenti pleurici non diagnosticati con la broncoscopia e la toracentesi.<br />

b) Lesioni solide della pleura parietale visibili alla TC. Inoltre un versamento pleurico, non<br />

neoplastico all’esame citologico, in presenza di carcinoma polmonare, può richiedere una<br />

toracoscopia stadiativa.<br />

6.5.5 VIDEOTORACOSCOPIA (VATS)<br />

Non è altro che l’abbinamento di una telecamera e di uno strumento televisivo alle ottiche<br />

toracoscopiche tradizionali; la possibilità di usare strumenti adatti per un’endoscopia<br />

intereventistica quali dissettori, coagulatori, forbici, pinze, suturatrici, permette di eseguire veri e<br />

propri interventi terapeutici sul polmone, sul mediastino e sulla pleura.<br />

Indicazioni della VATS<br />

<strong>DI</strong>AGNOSTICA TERAPEUTICA<br />

Versamento pleurico<br />

Lisi di aderenze<br />

Lesioni pleuriche<br />

Pleurodesi<br />

Stadiazione di neoplasie<br />

Pleurectomia<br />

Lesioni della parete toracica<br />

Resezione di bolle<br />

Malattie mediastiniche<br />

Resezione di noduli<br />

Pneumotorace<br />

Emostasi nell’emotorace<br />

Emotorace<br />

Simpaticectomia<br />

Empiema<br />

Finestra pericardica<br />

Malattie polmonari diffuse<br />

Noduli polmonari<br />

Asportazione di masse mediastiniche<br />

La caratteristica fondamentale (e il vantaggio) della toracoscopia rispetto alla chirurgia a cielo<br />

aperto è la riduzione del trauma senza tuttavia compromettere la buona esposizione del campo<br />

operatorio.


7. LE POLMONITI<br />

7.1 GENERALITA’<br />

Le polmoniti sono processi flogistici del parenchima polmonare, e possono essere determinate da<br />

fattori infettivi, chimici, fisici ed autoimmunitari. Con il termine polmonite s’intendono<br />

comunemente le forme ad eziologia infettiva di natura batterica, micobatterica, virale, fungina,<br />

protozoaria o, raramente, elmintica. Le polmoniti fanno parte delle sindromi infettive delle basse<br />

vie aeree; nella definizione di polmonite è implicita la presenza d’alterazioni RX compatibili con<br />

tale diagnosi, e che permettono di differenziarla ad esempio dalle riacutizzazioni di bronchite<br />

cronica.<br />

Le polmoniti rappresentano attualmente la sesta causa di morte nei Paesi industrializzati e<br />

possono essere classificate su base eziologica (batteriche, virali, ecc.), su base anatomopatologica<br />

(alveolare, interstiziale, alveolo-interstiziale, necrotizzante) o su base epidemiologica<br />

(nosocomiale, acquisita sul territorio o comunitaria, da aspirazione, in ricovero protetto,<br />

nell'ospite immunocompromesso). Scopo di queste distinzioni è di formulare una diagnosi<br />

presuntiva dell’agente eziologico, di identificare l’iter diagnostico e di formulare una prognosi<br />

prevedendo eventuali complicanze proprie delle singole forme, ma soprattutto di stabilire una<br />

terapia ragionata con farmaci antimicrobici attivi sugli agenti prevalenti nelle differenti forme.<br />

7.2 CORRELAZIONI ANATOMO-CLINICHE ED EPIDEMIOLOGICHE<br />

La classificazione anatomo-patologica presuppone la disponibilità di una radiografia del torace.<br />

Nelle forme interstiziali l’essudato flogistico è localizzato prevalentemente nei setti<br />

interalveolari. L’estensione della flogosi è spesso ampia con interessamento generalizzato<br />

plurilobare e bilaterale. In alcuni casi può essere più evidente una compartecipazione flogistica<br />

anche alveolare, con conseguenti polmoniti alveolo-interstiziali.<br />

Nelle polmoniti alveolari la flogosi è localizzata prevalentemente negli alveoli con relativo<br />

risparmio dei setti interalveolari, l’estensione può essere segmentale o lobare o multilobare.<br />

Le forme necrotizzanti, che comprendono l’ascesso polmonare e la polmonite necrotizzante,<br />

sono caratterizzate da sovvertimento della struttura polmonare e necrosi del tessuto.<br />

Esiste una discreta, ma non assoluta correlazione fra le differenti forme di polmonite. Le<br />

polmoniti interstiziali sono in genere determinate da virus (p.es. influenza A e B, adenovirus,<br />

CMV, virus parainfluenzali, RSV), micoplasmi, clamidie, rickettsie (tutti patogeni intracellulari),<br />

e solo più raramente da batteri, miceti e protozoi. Le forme alveolari, di cui è il prototipo la<br />

polmonite pneumococcica (polmonite lobare franca), sono più frequentemente determinate da<br />

batteri a replicazione extracellulare. Le forme necrotizzanti sono sempre determinate da una flora<br />

microbica mista che comprende, oltre a stafilococco e germi Gram-negativi, la presenza di<br />

anaerobi. E’ tuttavia il caso di ricordare che nella pratica clinica alcuni patogeni possono<br />

determinare quadri assai variabili da caso a caso e differenti da quanto descritto sopra. Ad<br />

esempio, micoplasma e clamidia possono frequentemente anche manifestarsi con quadri<br />

radiografici di tipo interstizio-alveolare localizzato od adenopatico, come pure miceti possono<br />

dare luogo a focolai di tipo interstiziale.<br />

La distinzione su base epidemiologica delle polmoniti è basata su una differente prevalenza di<br />

agenti infettivi nei differenti ambienti e tipologia di pazienti in cui esse si possono manifestare:<br />

1) polmoniti acquisite in comunita', sono contratte sul territorio, in ambiente extranosocomiale,<br />

da soggetti immunocompetenti, sono piu' frequentemente determinate da pneumococco (S.<br />

1


pneumoniae), Haemophylus influenzae, M. catarrhalis, Micoplasma, Clamidie (C.<br />

pneumoniae e C. psittaci) e virus (p.es. Influenza A e B);<br />

2) polmoniti nosocomiali, acquisite in ospedale, ad insorgenza > 48h dopo il ricovero, in<br />

pazienti con riduzione delle difese ma non necessariamente immunocompromessi (interventi<br />

chirurgici, cateteri venosi centrali, politraumatizzati, etc.), più frequentemente determinate da<br />

batteri Gram-negativi (p.es. Pseudomonas spp., Serratia marcescens, Klebsiella spp.,<br />

Enterobacter aerogenes, Acinetobacter aerogenes) e Gram-positivi (S.aureus, Enterococco,<br />

S.epidermidis) ospedalieri spesso multiresistenti in seguito alla elevata pressione antibiotica e<br />

selezione di resistenze, e da miceti;<br />

3) polmoniti nell'ospite immunocompromesso, acquisite sia in comunita' sia in ambiente<br />

nosocomiale, in soggetti con deficit immunitari primitivi o secondari (chemioterapia<br />

antineoplastica, trapianto d'organo, AIDS), determinate da riattivazioni endogene da patogeni<br />

endocellulari (CMV, P.carinii, Criptococco, M.tuberculosis hominis, Histoplasma<br />

capsulatum, ), endogeni enterici sia Gram-negativi sia Gram-positivi (P.aeruginosa,<br />

Enterobacter, Enterococco), o circolanti in comunità (pneumococco, H.influenzae, S.aureus,<br />

S.epidermidis).<br />

7.3 POLMONITI ALVEOLARI<br />

L'agente eziologico paradigmatico di queste forme e' rappresentato dallo pneumococco<br />

(Streptococcus pneumoniae), che in era preantibiotica era responsabile di oltre il 90% delle<br />

forme acquisite sul territorio. L'evoluzione clinica ed anatomo-patologica decorrono in parallelo.<br />

Si ha di solito l'interessamento d’interi segmenti o lobi polmonari, con disseminazione ed<br />

estensione del germe per via endobronchiale. Questa fase d’invasione e' segnata clinicamente<br />

dalla comparsa di febbre elevata, subcontinua o remittente, preceduta solo da brevi prodromi<br />

costituzionali, tosse produttiva, cefalea, dispnea, escreato rugginoso (o croceo). L'obiettivita'<br />

clinica e' costituita da un reperto iniziale di rantoli crepitanti (crepitatio indux) seguita da assenza<br />

di murmure vescicolare, comparsa di soffio bronchiale ed ipofonesi. In fase di risoluzione<br />

compare nuovamente un reperto ascoltatorio umido (crepitatio redux). La remissione della<br />

febbre avviene spesso per crisi, oppure per lisi accelerata con rapida defervescenza. Il reperto<br />

radiologico e' quello di un'opacità omogenea, lobare o multilobare, a risoluzione lenta,<br />

frequentemente accompagnata da reperti di versamento pleurico (pleurite metapneumonica o<br />

parapneumonica a seconda del tempo di comparsa rispetto alla polmonite). Possibili complicanze<br />

sono rappresentate da empiema libero o saccato, batteriemia con sepsi, meningite (rare in era<br />

antibiotica con trattamento adeguato), localizzazioni settiche a distanza. L’età di maggiore<br />

incidenza è nell’anziano e nel bambino. E’ frequente fino al 40% dei casi l’insorgenza di herpes<br />

labialis concomitante. Le manifestazioni cliniche sono associate a notevole leucocitosi con<br />

neutrofilia assoluta e relativa che talora assume caratteristiche di reazione leucemoide, con<br />

aumento notevole di tutti i parametri di flogosi componenti la reazione di fase acuta<br />

(Fibrinogeno, Proteina C reattiva, α 1 e α 2-globuline, C3, C4, VES, piastrinosi, etc.) E’<br />

disponibile una preparazione vaccinale 23-valente di antigeni polisaccaridici, efficace nel<br />

prevenire forme invasive nell’anziano.<br />

La polmonite stafilococcica, determinata da Staphylococcus aureus, ha caratteristiche spesso<br />

intermedie fra le forme alveolari e necrotizzanti. Si tratta di una forma grave, spesso ad<br />

acqusizione extraospedaliera particolarmente in eta' pediatrica, ma anche di tipo nosocomiale. E'<br />

caratterizzata da flogosi alveolare con interessamento suppurativo (microascessi confluenti<br />

perivasali e peribronchiali) e fenomeni necrotico-emorragici localizzati. L'immagine radiologica<br />

2


e' caratterizzata in un primo tempo da opacita' multiple delimitate di tipo alveolare, che<br />

nell'evoluzione successiva assumono aspetti bollosi o cavitari con livelli idroaerei<br />

(pneumatoceli), con aspetto generale "a volo di palloncini". Le caratteristiche cliniche sono<br />

comuni alle altre forme alveolari, ma possono assumere anche caratteristiche fulminanti ad<br />

evoluzione tumultuosa. Analogamente alla polmonite streptococcica (S. pyogenes ß-emolitico e<br />

S. viridanti α-emolitici), può insorgere come polmonite secondaria ad infezione da virus<br />

influenzale (A o B). Il virus replica infatti nelle cellule epitelialibronchiali, è citopatico e ne<br />

determina necrosi e sfaldamento favorendo in modo significativo la colonizzazione ed invasione<br />

della lamina propria da parte di comuni patogeni respiratori (S.aureus, S.pyogenes,<br />

S.pneumoniae) altrimenti controllati dalla barriera mucosa.<br />

Le polmoniti da Haemophylus influenzae sono più frequenti in età pediatrica, nel giovane adulto,<br />

e nei pazienti anziani, sono tipicamente extraospedaliere, hanno caratteristiche d’interessamento<br />

alveolare a manifestazione segmentale o lobare con possibile versamento pleurico concomitante.<br />

La disponibilità e diffusione in età pediatrica del vaccino contro H.influenzae b (Hib) dovrebbe<br />

ridurre in futuro l’incidenza di infezioni invasive (meningite, polmonite) in età pediatrica, come<br />

già verificato negli USA dove la vaccinazione è stata applicata universalmente dal 1990.<br />

Le polmoniti da batteri Gram-negativi (E.coli, Enterobacter spp., Pseudomonas spp., Proteus<br />

spp., Klebsiella pneumoniae, Acinetobacter spp.), sono poco frequenti sul territorio (2-4% del<br />

totale), ed usualmente compaiono in pazienti anziani con bronchite cronica. In ambiente<br />

ospedaliero sono più frequenti (fino al 50-60% del totale) dopo interventi chirurgici, trapianto<br />

d’organi, chemioterapia antineoplastica, unità di terapia intensiva. Si possono manifestare con<br />

iniziale febbricola in ascesa, seguita da febbre elevata e progressivo peggioramento delle<br />

condizioni cliniche, tosse produttiva con espettorato muco-purulento, sudorazione, tachipnea e<br />

tachicardia, reperto di ronchi e rantoli a medie e piccole bolle su vaste aree d’auscultazione<br />

polmonare. L’evoluzione può essere rapidamente peggiorativa con batteriemia, sindrome settica<br />

e shock. Infiltrati radiografici rilevanti possono essere assenti nei pazienti neutropenici a causa<br />

della neutropenia stessa e della ridotta capacità di risposta flogistica, e solo in fase di ripresa<br />

midollare possono apparire segni radiografici precedentemente assenti. L’interessamento<br />

polmonare ha caratteristiche diffuse, alveolari, fioccose, ed è prevalente (ma non esclusivo) ai<br />

lobi e segmenti superiori per K.pneumoniae, mentre P.aeruginosa ha una maggiore preferenza<br />

per i segmenti e lobi inferiori, con interessamento più diffuso ed esteso.<br />

I miceti determinano polmoniti alveolari od interstizio-alveolari, con focolai multipli e più<br />

raramente singoli, d’aspetto fioccoso in parte cofluente a disposizione multisegmentale.<br />

Compaiono usualmente nell’ospite neutropenico o comunque immunocompromesso e sono<br />

determinate da Candida spp. Aspergillus spp., Mucor spp. Particolarmente severa è l’aspergillosi<br />

polmonare invasiva o polmonite da aspergillo, che richiede terapia per periodi prolungati e<br />

conserva elevata mortalità malgrado la scelta di antimicotici adeguati. Alla radiografia possono<br />

essere visibili uno o più focolai, spesso più delimitati rispetto alle altre forme da miceti. La<br />

tomografia computerizzata può mostrare immagini suggestive di questa forma, un aspetto a<br />

vetro smerigliato della lesione od una semiluna aerea. Si ricorda che la presenza di miceti<br />

all’esame colturale dell’espettorato è sicuramente indicativo di colonizzazione delle vie aeree,<br />

ma non e’ sufficiente a definire l’eziologia micotica di una polmonite. Alcune forme di<br />

polmonite da miceti possono essere acquisite in particolari situazioni ricreative o lavorative,<br />

quali Coccidioides inmitis, Blastomyces dermatitidis, Histoplasma capsulatum (non endemici in<br />

Italia, ma in Nord-, Centro e Sud America), e Cryptococcus neoformans associato a volatili in<br />

genere.<br />

3


Infine anche Actinomyces spp e Nocardia asteroides possono determinare polmoniti alveolari<br />

con frequenza molto bassa.<br />

7.4 POLMONITI INTERSTIZIALI<br />

Caratteristica comune a tutte le polmoniti interstiziali è la discrepanza, particolarmente in fase<br />

iniziale di malattia, fra quadro radiologico ed obiettività clinica (si parla infatti di polmoniti<br />

atipiche) . Le presentazioni cliniche ed evoluzioni di malattia possono differire notevolmente per<br />

estensione e gravità a seconda degli agenti eziologici coinvolti e le condizioni cliniche ed<br />

immunitarie dei pazienti. Gli agenti eziologici sono usualmente patogeni intracellulari, quali<br />

virus (Influenza A e B, parainfluenza, ECHO, Coxackie, Adenovirus, Cytomegalovirus),<br />

Mycoplasma pneumoniae, Clamidie (C.psittaci e C.pneumoniae), Rickettsie, talora miceti<br />

(P.carinii, Histoplasma capsulatum, Coccidioidomicosi) e sono più frequentemente acquisiti in<br />

comunità. Fanno eccezione le forme da P.carinii, Cytomegalovirus, H.capsulatum e<br />

C.neoformans che sono riattivazioni endogene nel paziente immunocompromesso o con AIDS.<br />

La sintomatologia clinica ha esordio spesso subdolo, graduale, con segni a carico delle prime vie<br />

aeree, iniziale febbricola che può assumere caratteristiche subcontinue o remittenti, usualmente<br />

senza brivido. Tali sintomi sono accompagnati da astenia intensa, cefalea, artralgie diffuse e<br />

mialgie dorso-lombari ed alla radice degli arti. Compare tosse secca, che solo in fase avanzata in<br />

caso di sovrapposizioni batteriche può diventare produttiva. L’esame obiettivo in questa fase è<br />

generalmente negativo, e nella maggior parte dei pazienti resta tale durante tutto il decorso della<br />

malattia. Talora possono comparire in una fase successiva ipofonesi localizzata e rantoli<br />

crepitanti circoscritti. Le caratteristiche radiologiche sono variabili. Possono essere presenti<br />

infiltrati flogistici interstiziali diffusi ilofughi, infiltrati interstiziali circoscritti in aree mantellari<br />

oppure ilo-parailari isolati od accompagnati da eventuale adenopatia ilare satellite. La<br />

persistenza di queste immagini può prolungarsi anche per un periodo consistente (2 settimane). Il<br />

quadro clinico è accompagnato da leucocitosi contenuta (a volte assente), con linfocitosi relativa<br />

o monocitosi. In fase iniziale può talora essere presente neutrofilia, che tuttavia viene sostituita<br />

rapidamente da una linfocitosi. Sono associati segni di flogosi sistemica, tuttavia piu’ contenuti<br />

rispetto a forme batteriche. Queste caratteristiche sono usualmente speculari a quanto osservato<br />

nelle forme batteriche. Il livello di gravità di queste polmoniti è variabile. Sono spesso<br />

autolimitate a prognosi fausta le forme virali dell’ospite competente. Assumono gravità rilevante<br />

la forma primaria da virus influenzale associata ad estensione alveolare dell’invasione virale ed<br />

insorgenza precoce durante la malattia e la forma secondaria da sovrapposizione batterica, di<br />

comparsa più tardiva in fase di convalescenza nei pazienti anziani o con comorbilità. Una delle<br />

possibili evoluzioni gravi è la sindrome da “distress” respiratorio (ARDS, Adult Respiratory<br />

Distress Syndrome), che richiede terapia respiratoria intensiva.<br />

7.5 POLMONITI NECROTIZZANTI<br />

Sono quasi sempre dovute alla attiva replicazione nel parenchima polmonare di batteri anaerobi,<br />

eventualmente associati a batteri Gram-negativi. Si verificano più spesso in seguito ad inalazione<br />

di materiale enterico o faringeo (vomito, alterazioni dello stato di coscienza, rigurgito) od in caso<br />

di atelettasie segmentali o lobari da ostruzione bronchiale endogena od esogena (neoplasie).<br />

Qualora la replicazione con distruzione di tessuto polmonare venga delimitata dalle difese<br />

dell’organismo si avranno ascessi polmonari con aspetto di livelli idro-aerei alla radiografia del<br />

torace. In caso contrario si avrà rapida progressione senza delimitazione ad una gangrena<br />

polmonare. Le manifestazioni cliniche sono simili alle forme batteriche, con possibilità di quadri<br />

4


tossiemici rilevanti. Si avrà vomica, in caso di apertura di un ascesso in un bronco. Leucocitosi<br />

neutrofila e segni di flogosi sistemica sono usualmente accentuati.<br />

7.6 CLINICA E ITER <strong>DI</strong>AGNOSTICO<br />

A parte alcune caratteristiche delle singole forme, i segni e sintomi clinici generali sono: febbre<br />

spesso elevata (febbre settica), tosse produttiva (alveolari) o secca (interstiziali), all’ascoltazione<br />

rantoli crepitanti (ca.70-80%), segni di consolidamento (ca.20-30% dei casi), brivido (20% dei<br />

casi), ed un corteo di sintomi costituzionali aspecifici (astenia, iporessia, mialgie, artralgie,<br />

sudorazione, ecc.) che compaiono in periodo prodromico e persistono in fase acuta.<br />

Se l’interessamento del parenchima o dell’interstizio e’ abbastanza esteso, è compromesso anche<br />

lo scambio dei gas con conseguente ipossia.<br />

L’anamnesi, l’esame obiettivo, alcuni dati ematochimici (esame emocromocitometrico con<br />

formula leucocitaria, VES, fibrinogeno, PCR e elettroforesi proteica) e la radiografia del torace<br />

permettono sempre di porre diagnosi di polmonite e di iniziare un processo diagnostico<br />

eziologico ragionato. La diagnosi definitiva si avvale di (a) esame colturale dell’espettorato, per<br />

ricerca di batteri, micobatteri o miceti; (b) emocolture; (c) sierologia per patogeni intracellulari<br />

(2 sieri, acuto e convalescente a distanza di almeno 12-15 gg.) sui quali ricercare l’incremento<br />

anticorpale patogeno-specifico.<br />

In casi particolari possono essere effettuare anche indagini invasive quali:<br />

• fibrobroncoscopia con prelievi mirati endobronchiali di secrezioni, sulle quali eseguire gli<br />

accertamenti batteriologici, mediante catetere protetto (ciò al fine di evitare contaminazione<br />

di flora orofaringea o bronchiale non rilevante), o con lavaggio selettivo broncoalvolare,<br />

• eventuale biopsia transbronchiale endoscopica (p.es. Aspergillus spp, miceti invasivi,<br />

Nocardia, Actinomices)<br />

• biopsia polmonare percutanea guidata (tomografia). (Tabella 7.1)<br />

Nel caso di versamento pleurico complicante la polmonite deve essere eseguita la toracentesi con<br />

esami chimico-fisico, citologico e colturale.<br />

7.7 CENNI <strong>DI</strong> TERAPIA<br />

La terapia deve possibilmente essere mirata sulla base dell’agente infettivo identificato come<br />

responsabile del quadro clinico. In fase iniziale, in attesa dell’esito degli accertamenti specifici<br />

ed in ambiente domiciliare o dove non siano disponibili strumenti diagnostici adeguati a<br />

raggiungere una definizione eziologia, va applicata una terapia ragionata basata sull’esperienza<br />

scientifica acquisita sulla base dei dati pubblicati (empirica-esperienza). Vengono generalmente<br />

utilizzati schemi di ragionamento adeguati alla situazione epidemiologica (comunità,<br />

nosocomiale, immunocompromissione), all’aspetto radiologico (vedi sopra) ed alla prevalenza di<br />

sensibilità e resistenze ai farmaci nell’ambiente dove è stata acquisita la polmonite (territorio,<br />

ospedale, reparto). Sono riportati in tabella 7.2 e 7.3 alcuni schemi di possibile terapia<br />

antibiotica empirica delle polmoniti acquisite in comunità (CAP) ed in alcune forme di<br />

polmonite nosocomiale.<br />

5


Tabella 7.1 Metodiche diagnostiche per accertare la presenza di Schizomiceti, Miceti e Virus<br />

Organismo<br />

Batteri<br />

Campione Colorazione Sierologia Sperimentale<br />

Aerobi+F.Anaer. Esp,BAQ,EC,<br />

ATT,AE<br />

Gram No No<br />

Anaerobi ATT, BAQ, AE, Gram No No<br />

Legionella sp. Esp., ATT, BP,<br />

BA<br />

IFAd IFAi, EIA Antigenuria<br />

Nocardia sp. Esp., BAL, BP, Gram,<br />

No No<br />

ATT<br />

Carbolfucsina<br />

Chlamydia sp. TNF, Esp, BAL Negativa CF (c.psittaci)<br />

µIF(c.pneum.)<br />

PCR (c.pneum.)<br />

Mycoplasma sp. Esp, TNF negativa CF, EIA PCR<br />

Micobatteri Esp, EI, TTA, ZN, Fluorocromi EIA PCR<br />

Miceti<br />

BAL, BAQ Carbolfucsina<br />

Blastomyces sp. Esp., EI, BAL, KOH+PC CF, ID, LA No<br />

coccidioides sp. BP<br />

Histoplasma sp. Esp., EI, BAL, GMS CF, ID Antigene, urine,<br />

BP<br />

siero<br />

P.carinii EI, BAL Blu Toluidina,<br />

Giemsa, GMS,<br />

IFAd<br />

No no?<br />

Aspergillus sp. BP EE, GMS ID Antigene sierico<br />

Cryptocossus sp. Esp, Siero, BAL EE, GMS, India No Antigene sierico<br />

o BAL<br />

Zygomiceti<br />

Virus<br />

Esp, BP EE, GMS No No<br />

Influenza LN, ANF,BAL IFAd CF,EIA,LA, IFA PCR<br />

Parainfluenza 1-<br />

4<br />

LN, ANF,BAL no CF,EIA,LA, IFA PCR<br />

RSV LN, ANF,BAL IFAd CF,EIA,LA, IFA PCR<br />

Adenovirus LN, ANF,BAL IFAd CF,EIA PCR<br />

Enterovirus LN, ANF,BAL IFA, LA CF,EIA PCR<br />

CMV LN, ANF,BAL Giemsa IFAd, IFAi,EIA, PCR<br />

Hantavirus LN, ANF,BAL no EIA PCR<br />

Esp=espettorato BAQ=broncoaspirato quantitativo<br />

EC=emocoltura ATT=aspirato transtracheale<br />

AE=aspirato empiema BP= biopsia polmonare<br />

IFA= immunofluorescenza EIA=immunoenzimatico<br />

BAL=lavaggio broncoalveolare TNF=tampone nasofaringeo<br />

CF=fissazione complemento µIF=microimmunofluorescenza<br />

6


EI=espettorato indotto PC=contrasto di fase<br />

ID= immunodiffusione LA=agglutinazione latex<br />

GMS=Gomori Metenamina Arg. ZN=Ziehl-Neelsen<br />

LN=lavaggio nasale ANF=aspirato naso-faringeo<br />

EE=ematossilina-eosina<br />

Tabella 7.2. Terapia iniziale delle polmoniti acquisite in comunità (CAP, community acquired<br />

pneumonia)<br />

A<br />

B<br />

Tipo di paziente Sospetta Polmonite Batterica Sospetta Forma Atipica<br />

(Clamidia,<br />

Legionella)<br />

Micoplasma,<br />

Ambulatoriale 1°scelta: Amoxicillina/clavulanato Uno di 1° o 2° scelta colonna A<br />

(


Tabella 7.3. Alcuni schemi esemplificativi di terapia ragionata nelle possibili polmoniti<br />

battericche nosocomiale<br />

Tipo di<br />

paziente/polmonite<br />

Polmonite “ab<br />

ingestis”<br />

Sospetta infezione<br />

stafilococcica<br />

(S.aureus)<br />

Deficit<br />

immunologici e/o<br />

manovre strumentali<br />

Sospetta Polmonite Batterica Note:<br />

Amoxicillina/clavulanico +<br />

metronidazolo<br />

Cefalosp. 2° gen. + metronidazolo.<br />

Cefalosp 3° gen. + metronidazolo<br />

Carbapeneme<br />

Cefalotina o cefamandolo o<br />

amoxicillina/clavulanico.<br />

Cotrimossazolo + Glicopeptide o<br />

Glicopeptide o<br />

Rifampicina+fluorochinolone<br />

Cefalosporina di 3° gen.±<br />

aminoglicoside, Carbapeneme,<br />

Piperacillina o Mezlocillina ±<br />

Aminoglicoside<br />

Sempre maggiori resistenze a<br />

Cefalosp. 1° e 2° generazione<br />

anche in comunità.<br />

In caso di S.epidermidis<br />

(nosocomiale) è necessario un<br />

antibiogramma, evitare Cefalosp.<br />

e Pen protette<br />

8


8. TUBERCOLOSI (TBC)<br />

La tubercolosi (TBC), nota fin dall’antichità, è sempre stata una causa maggiore di morbilità e di<br />

mortalità. La sua importanza e la sua diffusione sono testimoniate dallo sviluppo di una specifica<br />

branca della pneumologia (tisiologia) e dall’intenso sforzo sanitario durante tutto il 1800 e la<br />

prima meta’ del 1900 (sanatori, cliniche tisiologiche). Le caratteristiche del micobatterio e le<br />

risposte dell’organismo, rendono la TBC una malattia peculiare tra tutte quelle infettive con una<br />

estrema varietà di quadri clinici, anatomopatologici e radiologici. La maggior parte delle<br />

conoscenze sulla TBC derivano dalla Scuola Italiana (Cardarelli, Monaldi, Forlanini), le cui<br />

definizioni cliniche restano per la maggior parte valide a tutt’oggi. Ancora attualmente si<br />

definisce il processo tubercolare come specifico, per differenziarlo dalle altre forme infettive.<br />

Nonostante i progressi dell’immunologia, la TBC sfugge ad ogni tentativo di inquadramento<br />

patogenetico organico: la sua classificazione e la sua nosografia rimangono essenzialmente<br />

cliniche e descrittive. Dopo la scoperta dell’agente etiologico - bacillo di Koch (bK) - (1882) e<br />

dei raggi X (1895), la piu’ recente svolta clinica risale agli anni ‘40 e ‘50 con la scoperta dei<br />

farmaci antitubercolari, che ancora oggi sono in uso.<br />

8.1 EPIDEMIOLOGIA<br />

La prevalenza dell'infezione a livello mondiale e’ di circa 1/3 della popolazione (1,7 miliardi) e<br />

variabile per aree geografiche, massima nel sud-est asiatico e nell'Africa sub-sahariana. All'eta’<br />

di 14 anni l'indice tubercolinico (positivita’ all'intradermoreazione tubercolinica) che esprime<br />

l'avvenuto contatto con il bK, cioe’ dell'infezione, e’ passato in Italia dal 10-12% degli anni '70<br />

al 3-4% del 1990 (10% a 20 anni). La morbosita’ in Italia e’ passata dallo 0,2-0,3% del 1950 al<br />

0,05% degli anni '70, ed allo 0.004 % nel 1990.<br />

La mortalita’ in Italia e’ passata da circa lo 0,2% all'inizio del secolo allo 0,005 % degli anni<br />

'70; nel mondo si stima attualmente di circa 3 milioni anno (nel 1990 i pazienti HIV/bK positivi<br />

nel mondo erano circa 3 milioni, dei quali circa l'80% in Africa e solo il 6% in Europa e nei paesi<br />

industrializzati).<br />

La TBC è classicamente una malattia dei ceti meno abbienti e di coloro che vivono in condizioni<br />

igieniche e di nutrizione scadenti. Infatti la denutrizione e le concomitanti infezioni<br />

compromettono la risposta immunitaria dell’organismo e facilitano lo sviluppo di malattia.<br />

Questo spiega sia la distribuzione geografica, sia il fatto che negli ultimi anni ci sia stata una<br />

ripresa della malattia in Italia, correlata all’immigrazione.<br />

8.2 EZIOLOGIA<br />

Il Mycobacterium tuberculosis (Famiglia Mycobacteriacee) fu individuato da Koch come<br />

repsonsabile della malattia nel 1800 e da allora è comunemente definito bacillo di Koch (bK). I<br />

patogeni per l'uomo sono rappresentati dalle varieta’ hominis, bovis e africanum che sono<br />

definiti tipici (M. tuberculosis complex), per le loro caratteristiche di crescita.<br />

Il bK e’ un bacillo (2-5 x 0,3µ), aerobio a 37° C, ed a crescita molto lenta (scissione semplice in<br />

24 h), resistente al calore ma non alla luce solare. La sua struttura lo rende acido-alcool<br />

resistente: alla colorazione di Ziehl-Nielsen (fucsina fenicata, decolorazione con HCl o H2SO4,<br />

controcolorazione con blu di metilene) appare pertanto di colore rosso su sfondo azzurro. I<br />

costituenti principali e tipici del bK sono:<br />

- esoproteine (tubercoline), responsabili dell'ipersensibilita’ (PPD)<br />

- lipidi (circa il 30%): cere con acidi micolici, responsabili dell'acido-resistenza<br />

- fosfatidi<br />

- acidi grassi ramificati (fattore”cordale” ), responsabili della virulenza<br />

Ha metabolismo aerobio ed in specifici terreni forma colonie a crescita lenta, irregolari,<br />

grigiastre e rugose, cosiddette colonie eugoniche o tipiche.<br />

I Micobatteri atipici: sono quei micobatteri patogeni solo in particolari condizioni di


immunodepressione, che formano in coltura colonie atipiche (a rapida crescita, insensibili o<br />

sensibili alla luce, colorate, lisce, ecc.). Tra questi ricordiamo il gruppo detto Mycobacterium<br />

Avium Intracellularis Complex, il M. Kansasi, Scrofulaceum ecc.). Il BCG (Bacillo di Calmette-<br />

Guerin) e’ un particolare ceppo patogeno a virulenza ridotta.<br />

Classificazione di Runyon dei micobatteri patogeni<br />

Sviluppo Produz.<br />

Pigmento<br />

Varieta’/specie<br />

TIPICI tuberculosis Lento Assente hominis, bovis,<br />

complex<br />

africanum<br />

ATIPICI (Avium-intracell.<br />

comp)<br />

Gruppo I (Fotocromogeni) Lento Alla luce Kansasii,<br />

simiae<br />

asiaticum,<br />

Gruppo II Lento Al buio Gordonae,<br />

(Scotocromogeni)<br />

scrofulaceum<br />

Gruppo III (Non Lento Assente Avium, terrae, ulcerans<br />

cromogeni)<br />

Gruppo IV (A rapida<br />

crescita)<br />

Rapido Assente Fortuitum, chelonae<br />

8.3 PATOGENESI<br />

Le vie di infezione da bK sono: aerogena (di gran lunga la piu’ frequente); enterica (piu’ rara e<br />

abbastanza tipica del Myc. Bovis); genitale o cutanea (rarissime). Il quadro clinico ed<br />

anatomopatologico sono la risultante di un equilibrio tra bK ed ospite che si puo’ esprimere<br />

come:<br />

bK Virulenza e carica batterica<br />

Malattia = -------- = -------------------------------------------<br />

ospite fattori genetici/acquisiti di resistenza<br />

Per resistenza individuale anti-tubercolare si intende la capacita’ di limitare la moltiplicazione<br />

del bK, nonche’ di eliminarlo dalle sedi sia intra- che extra-cellulari, in rapporto a fattori<br />

acquisiti geneticamente o naturalmente.<br />

Fattori individuali di rischio sono: razza (?), terapie immunosoppressive, malattie concomitanti<br />

(silicosi, diabete, ecc), malnutrizione, ecc.<br />

La risposta immunitaria al bK e’ rappresentata da una classica reazione cellulare: la fagocitosi<br />

macrofagica del bK, l’elaborazione delle componenti antigeniche e loro presentazione ai linfociti<br />

T, l'attivazione linfocitaria T ed il succesivo "arming" macrofagico, rappresentano i cardini<br />

fondamentali nell'evoluzione dell'infezione verso l'eventuale malattia o guarigione; la reazione<br />

anticorpale sembra avere invece scarsa importanza.<br />

L'evoluzione dell'infezione e’ pertanto variabile in ogni individuo, ed anche in diversi momenti<br />

nello stesso individuo, in rapporto al bK (carica e virulenza) ed in rapporto alla resistenza<br />

dell'organismo infettato; ne conseguono risposte immunologiche diverse con quadri anatomopatologici<br />

e clinici estremamente variabili.<br />

• Ad elevata resistenza individuale genetica (fagocitosi macrofagica o attivita’ linfocitaria NK<br />

costituzionalmente molto efficienti) e ridotta carica e virulenza del bK, consegue di solito la<br />

distruzione immediata del bK e quindi la guarigione.


• Nel caso di reazione immunologica abnorme (o d'ipersensibilita’) in risposta a carica<br />

antigenica ridotta, si puo’ assistere alla formazione del tubercolo, espressione di relativa<br />

resistenza organica. Tale elemento istopatologico e’ caratterizzato da scarsa, o talvolta assente,<br />

necrosi caseosa centrale con macrofagi, cellule epitelioidi e giganti, circondate da un vallo<br />

periferico linfocitario, connettivo e fibroblasti.<br />

• Se la reazione immunologica (o d'ipersensibilita’) avviene in risposta ad una elevata carica<br />

antigenica si puo’ assistere a un maggiore processo di caseificazione (necrosi caseosa); il<br />

processo di caseificazione e’ un ulteriore tentativo dell'organismo di limitare la moltiplicazione<br />

del bK in quanto il "caseum", scarsamente ossigenato, rappresenta un ambiente non idoneo alla<br />

moltiplicazione dello stesso bK. I focolai caseosi possono andare incontro a incapsulamento<br />

fibrotico e/o calcificazione con possibilita’ di "murare" all'interno del focolaio, o all’interno degli<br />

stessi macrofagi, dei bK quiescenti, come puo’ avvenire in esito a un complesso primario.<br />

• Infine, nel caso di una scarsa reazione immunologica ad una elevata carica/virulenza batterica<br />

puo’ svilupparsi una tubercolosi essudativa o nodulare. In tal caso la delimitazione del processo<br />

infettivo e’ scarsa/assente e sono imponenti i fenomeni essudativi circostanti con infiltrazione<br />

neutrofila. I lipidi e le proteine del "caseum" vengono rapidamente idrolizzati con svuotamento<br />

dello stesso nelle vie bronchiali, cui puo’ conseguire disseminazione per via broncogena e<br />

possibile broncopolmonite tubercolare; possono altresi’ formarsi ampie cavita’ (tisi) nelle quali<br />

la moltiplicazione del bK avviene con estrema facilita’.<br />

Nei pazienti con immunodeficienza acquisita da HIV, con risposta T linfocitaria scarsa/assente, i<br />

quadri istopatologici e clinico-radiologici si presentano generalmente senza queste<br />

caratteristiche.<br />

La normale reazione immunologica dell’organismo origina il granuloma tubercolare o<br />

tubercolo, che ha come caratteristica distintiva la necrosi caseosa. Si parla di miliare in caso di<br />

disseminazione a largo raggio di tubercoli (


1. focolaio parenchimale di alveolite aspecifica, essudazione, necrosi caseosa e<br />

sclerocalficazione<br />

2. linfangite consensuale<br />

3. adenopatia ilare con essudazione, necrosi caseosa e sclerocalcificazione.<br />

Nella maggior parte dei casi il complesso primario evolve verso la guarigione spontanea senza<br />

esiti, oppure con esiti calcifici entro i quali possono peraltro sopravvivere micobatteri murati<br />

intracaseosi e/o intramacrofagici. Questi, in caso di episodi di immunodepressione, possono<br />

riattivarsi (TBC post-primaria).<br />

Raramente, l'infezione primaria puo’ presentare un decorso sfavorevole, per scarsa risposta<br />

immunitaria o elevata carica/virulenza del bK, ed evolvere verso la formazione di:<br />

- caverne (tisi primaria)<br />

- processi broncopolmonitici (broncopolmonite tubercolare primaria)<br />

- disseminazione miliare (miliare primaria)<br />

8.4.2 TBC POST PRIMARIA.<br />

La tubercolosi polmonare post-primaria puo’ essere secondaria a riattivazione endogena (piu’<br />

frequente) o a reinfezione (esogena). La sintomatologia e’ variabile in rapporto alla forma<br />

evolutiva: astenia, deperimento, febbricola serotina, tosse con espettorazione talora emoftoica.<br />

Dal punto di vista classificativo la tbc post-primaria riconosce i seguenti quadri clinicoradiologici:<br />

Infiltrato tisiogeno, forma essudativa solitamente localizzata agli apici polmonari, generalmente<br />

singola, con facile tendenza all'escavazione (tisi)<br />

Broncopolmoniti (e/o lobiti) tbc, sempre espressione di fenomeni essudativi e secondarie a<br />

disseminazione broncogena-aspirativa di materiale caseoso<br />

Miliari tubercolari, secondarie a diffusione per via linfo-ematogena e pertanto con possibile<br />

diffusione a organi extra-polmonari, in cui l'elemento istologico caratteristico e’ il tubercolo,<br />

espressione di un certo grado di risposta immunologica all'agente patogeno.<br />

8.4.3 PLEURITE TUBERCOLARE<br />

L'incidenza e’ variabile nei vari paesi ed in rapporto a diversi fattori (risposta immunologica<br />

dell'ospite, HIV, ecc) ed e’ generalmente secondaria a rottura nel cavo pleurico di un focolaio<br />

caseoso sub-pleurico 6-12 settimane dopo l'infezione primaria. Tale evento determina lo<br />

sviluppo di una reazione immunologica di tipo ritardato nel cavo pleurico con infiammazione e<br />

compromissione del drenaggio linfatico; pertanto, sono coinvolti sia i macrofagi, con<br />

produzione di TNF e IL-1, linfociti (anche NK) con produzione di IL-2 e IFNγ. La<br />

sintomatologia e’ aspecifica (febbre, perdita di peso, ecc.) accompagnata dai classici segni<br />

semeiologici del versamento pleurico. La toracentesi permette di valutare le caratteristiche<br />

chimico-fisiche, la citologia (essudato ricco di linfociti) del liquido pleurico sia la ricerca del bK.<br />

La diagnosi di certezza dell'eziologia viene raggiunta solo con la dimostrazione del bK, mediante<br />

esami batterioscopici diretti o colturali, sui possibili campioni: liquido pleurico (la positivita’ è<br />

ridotta e variabile dal 10 al 35%), biopsie pleuriche multiple (dal 50 all'80%).<br />

8.4.4 TBC EXTRAPOLMONARE<br />

La TBC extrapolmonare, quadro di TBC postprimaria, e’ generalmente secondaria ad una<br />

miliare diffusa e, come tale, puo’ essere disseminata a svariati organi e/o apparati. Le sedi che<br />

possono essere generalmente interessate da tale processo sono:<br />

- sierose (pleurite, meningite, peritonite)<br />

- laringe (laringite tubercolare)<br />

- urogenitale (pielonefrite, orchi-epididimite)<br />

- ossa e articolazioni (in particolare osteomielite TBC vertebrale, M.di Pott)<br />

8.5 <strong>DI</strong>AGNOSTICA


Intradermoreazione tubercolinica (vedi cap 6, diagnostica); si ribadisce che il riscontro di una<br />

positività dell’intradermoreazione tubercolinica non è espressione di malattia in atto, ma solo di<br />

pregresso avvenuto contatto (infezione) con il bK.<br />

Diagnosi batteriologica di malattia. Deve essere effettuata evidenziando l'agente patogeno su<br />

campioni biologici: escreato, lavaggio bronchiale, broncoaspirato, liquido pleurico, succo<br />

gastrico, urine, feci, prelievi istologici, ecc. Le metodiche utilizzabili sono le seguenti.<br />

- Esame batterioscopico diretto. Si effettua colorando il campione con il metodo di Ziehl-<br />

Nielsen e sfrutta l'acido-alcool resistenza del bK (sono necessari almeno 5-10 4 batteri/ml per<br />

poterli individuare all'esame microscopico diretto). La diagnosi differenziale si pone con le<br />

nocardie che hanno caratteristiche batterioscopiche simili.<br />

- Esame colturale. Si effettua inseminando il campione su opportuni terreni di crescita: individua<br />

una carica batterica notevolmente inferiore (10-100 batteri/ml) e permette sia la tipizzazione che<br />

l'antibiogramma. Tuttavia, richiede tempi molto lunghi (oltre 20-30 giorni) a causa del lento<br />

sviluppo del bK.<br />

- Recenti metodiche. Includono l’amplificazione di materiale genetico (polymerase chain<br />

reaction) e la sua individuazione con sonde di DNA. Tuttavia, queste metodiche sembrano<br />

presentare problemi di sensibilita’ e specificita’; inoltre, nessuno dei test sierologici proposti per<br />

la ricerca di anticorpi specifici e’ in grado di consentire una diagnosi affidabile.<br />

Radiologia. Nonostante l’avvento della TAC e delle altre tecniche di diagnostica per immagini,<br />

la radiologia convenzionale rimane il principale strumento di diagnosi ed anche di<br />

classificazione delle varie forme cliniche di TBC.<br />

8.6 CENNI <strong>DI</strong> TERAPIA ANTITUBERCOLARE<br />

Nel trattamento della tubercolosi vanno considerate le problematiche inerenti sia le<br />

caratteristiche del bK, che i farmaci utilizzati ed il paziente. Riguardo il bK ricordiamo che e’<br />

dotato di una crescita lenta e quindi non e’ necessaria una concentrazione ematica costante di<br />

farmaco (questo giustifica la somministrazione giornaliera in dose unica o pulse dose). Inoltre, il<br />

bK puo’ presentare resistenza naturale o acquisita ad un farmaco; ciò richiede l’uso<br />

contemporaneo di piu’ farmaci antitubercolari per evitare la selezione di ceppi resistenti. Infine,<br />

in fase di malattia attiva il bK può essere contemporaneamente presente in diverse sedi e<br />

presentare diversi gradi di attività (intracavitario=moltiplicazione intensa;<br />

intracaseoso=moltiplicazione intermittente; intramacrofagico=scarsa moltiplicazione). I farmaci<br />

possono avere attivita’ battericida o batteriostatica ed hanno assorbimento ed eliminazione<br />

variabili. Per cio’ che concerne il paziente, e’ essenziale la sua buona aderenza (compliance) al<br />

trattamento e le eventuali patologie concomitanti.<br />

I farmaci impiegati nel trattamento della TBC sono: la rifampicina (RMP), l'idrazide dell'acido<br />

isonicotinico o isoniazide (INH), l'etambutolo (ETB), la pirazinamide (PZA) e la streptomicina<br />

(SM).<br />

La terapia farmacologica antitubercolare d’attacco prevede l'impiego contemporaneo di almeno<br />

2 farmaci battericidi al fine di superare, se possibile, la resistenza naturale e l'insorgenza di<br />

resistenza acquisita; il trattamento deve essere condotto per lungo tempo anche dopo il<br />

raggiungimento della negativizzazione degli esami batteriologici e la stabilizzazione del quadro<br />

clinico. Il piu’ usato tra gli schemi terapeutici prevede un trattamento per 2 mesi con almeno tre<br />

o quattro farmaci (es.: INH + RMP + PZA + ETB o SM), seguito da un ciclo di 4 mesi con RMP<br />

+ INH. Tale strategia permette anche di ottenere una rapida sterilizzazione, con riduzione della<br />

contagiosità.<br />

Chemioterapia preventiva e chemioprofilassi anti-tbc. In alcuni soggetti ad alto rischio di<br />

contrarre o sviluppare la malattia tubercolare (infetti da HIV, conviventi con malati affetti da tbc,<br />

personale sanitario, ecc.) e’ necessario un trattamento farmacologico al fine di prevenire la


malattia. Il farmaco di preferenza e’ l'INH che si somministra almeno per 6 mesi sia per la<br />

prevenzione che per la profilassi<br />

Nomenclatura clinico-radiologica delle forme TBC<br />

TBC PRIMARIA TBC POSTPRIMARIA<br />

Complesso primario (tubercolo, linfangite, Focolaio isolato (reinfetto di Paul-Aschoff)<br />

adenopatie)<br />

Infiltrato fugace a risoluzione<br />

Complicanze: adenopatia gigante, focolai Lobite tubercolare<br />

multipli apicali (di Simon)<br />

Infiltrato a cavitazione precoce (Assmann-<br />

Broncopolmonite caseosa primaria<br />

Redeker)<br />

Caverna (tisi) primaria<br />

Miliare acuta generalizzata<br />

Miliare acuta diffusa primaria<br />

Scissurite o pleurite<br />

ESITI<br />

Tubercoloma<br />

Fibrosclerosi<br />

Bronchiectasie<br />

Fibrotorace


9. BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA<br />

(BPCO): BRONCHITE CRONICA ED ENFISEMA<br />

9.1 DEFINIZIONI<br />

Premesso che non esiste a tutt'oggi nessuna definizione di broncopneumopatia cronica<br />

ostruttiva (BPCO, COPD) universalmente accettata, la definizione più attuale è la seguente:<br />

"Sindrome caratterizzata dallo sviluppo di progressiva riduzione del flusso aereo espiratorio,<br />

non completamente reversibile, associata ad una risposta infiammatoria broncopolmonare,<br />

dovuta all’inalazione di particelle o gas tossici” – GOLD (Global Initiative for Chronic<br />

Obstructive Lung Disease 2003) (http://goldcopd.com/)<br />

La bronchite cronica e l'enfisema rappresentano, o possono rappresentare in maniera più o<br />

meno prevalente uno sull’altro, due aspetti fondamentali caratterizzanti tale condizione<br />

clinica; tuttavia, occorre precisare che la definizione di bronchite cronica è essenzialmente<br />

clinica mentre quella d’enfisema è fondamentalmente anatomo-patologica. Infatti, si definisce<br />

come bronchite cronica quella condizione clinica caratterizzata da “tosse con espettorazione<br />

per almeno 3 mesi l'anno e per 2 anni consecutivi, non attribuibile ad altra patologia<br />

polmonare o cardiaca. Con il termine d’enfisema si definisce “l'aumento permanente del<br />

contenuto aereo a valle dei bronchioli terminali con distruzione dei setti interalveolari, senza<br />

fibrosi”.<br />

In linea di massima si può affermare che nella BPCO coesistono in grado variabile le 3<br />

componenti (ipersecrezione, ostruzione, enfisema) e che i quadro clinico di ciascun paziente è<br />

dato dalla variabile associazione delle 3 componenti.<br />

Anche se i pazienti con asma bronchiale persistente di grado moderato-grave possono<br />

presentare nel corso degli anni un’ostruzione cronica irreversibile del flusso aereo espiratorio,<br />

non vi è accordo se questi casi possano essere classificati come BPCO; così come devono<br />

essere escluse da questa definizione tutte le altre sindromi con diffusa ostruzione, non solo<br />

extratoracica ma anche intratoracica cronica al flusso aereo espiratorio, causate da altre<br />

patologie ben definite, quali ad esempio la fibrosi cistica e la sindrome bronchiectasica.<br />

L'unica eccezione è rappresentata dal deficit ereditario di α1-antitripsina (AAT), forse perchè<br />

gli effetti negativi sui polmoni sono significativamente aggravati dal fumo di tabacco ed in<br />

questi pazienti la BPCO è quasi sempre associata a enfisema polmonare.<br />

La BPCO ha un’incidenza di circa il 10% nei soggetti con età maggiore di 60 anni ed è la<br />

quinta causa di mortalità nel mondo. Oltre all’elevata prevalenza, la BPCO è una malattia<br />

cronica ad evoluzione decennale (possono passare fino a 20 anni dalla diagnosi al decesso),<br />

invalidante ed ingravescente nonostante la migliore terapia. Gli elevati costi sociali sono<br />

dovuti alla spesa farmaceutica, all’assistenza domiciliare, all’O2 terapia a lungo termine, ai<br />

ricoveri ospedalieri ed in rianimazione.<br />

9.2 EZIOLOGIA<br />

Dal punto di vista eziopatogenetico non esiste a tutt'oggi un'unica e semplice teoria che possa<br />

spiegare l'insorgenza e l'evoluzione della malattia, tuttavia sono chiaramente dimostrati fattori<br />

sia ambientali che legati all'ospite in grado di svolgere un ruolo etiologico importante.<br />

• Fattori ambientali. Il fumo di sigaretta è certamente il fattore di rischio più importante di<br />

questa malattia. Nella pratica clinica, oltre il 90% dei BPCO sono o sono stati fumatori,<br />

mentre non è vero il contrario: solo circa il 50% dei forti fumatori sviluppa BPCO. Studi<br />

condotti su biopsie bronchiali e/o polmonari di fumatori con BPCO hanno evidenziato la<br />

presenza di un processo infiammatorio caratterizzato da infiltrazione T-linfocitaria (CD8+),<br />

sia nella mucosa bronchiale delle vie aeree centrali e periferiche sia nei setti interalveolari,<br />

unitamente a distruzione degli stessi setti e delle fibre elastiche polmonari (enfisema); anche


la muscolatura delle arterie polmonari presenta infiltrazione linfocitaria. E' stata evidenziata<br />

una correlazione tra grado di infiammazione/sviluppo d'enfisema e ostruzione al flusso aereo<br />

espiratorio (gravità della BPCO).<br />

Tra gli altri fattori ambientali che possono svolgere un ruolo etiologico importante ricordiamo<br />

l'esposizione ad inalanti professionali (NO2 e SO2, silice, ecc) e urbani (SO2, O3 e<br />

particolati), fumi e gas tossici. Dubbia è l'importanza di altri fattori esogeno-ambientali quali<br />

il fumo passivo, il basso stato socio-economico, l'alcoolismo, ecc.<br />

• Fattori legati all'ospite. Un chiaro ruolo etiologico importante è rappresentato dal deficit di<br />

α-antitripsina (AAT), nonchè pregresse infezioni respiratorie (specialmente infezioni<br />

polmonari tubercolari), mentre risulta ancora discusso l'eventuale ruolo etiologico di altri<br />

fattori quali un basso peso alla nascita, infezioni virali in età infantile o dell'atopia. Tuttavia, è<br />

bene ricordare al riguardo che un certo ruolo, sia favorente che di protezione nello sviluppo<br />

della BPCO, deve essere svolto da alcuni fattori genetici tutt'ora non ben conosciuti alla luce<br />

del fatto che circa il 10-15% dei forti fumatori non sviluppa BPCO.<br />

9.3 PATOGENESI E FISIOPATOLOGIA (Figura 9.1)<br />

Come i fattori, ambientali e/o genetici, intervengano nella patogenesi della malattia è<br />

ancora oggetto di dibattito; esistono al proposito due teorie, la teoria inglese e la olandese.<br />

Secondo la teoria inglese il fumo e gli agenti inquinanti ambientali condurrebbero allo<br />

sviluppo della malattia attraverso le seguenti fasi: 1°) bronchite cronica semplice (con<br />

ipersecrezione mucosa e espettorazione), seguita da 2°) bronchite cronica mucopurulenta<br />

(ristagno mucoso intrabronchiale con infezioni ricorrenti) a cui conseguirebbe la 3°)<br />

bronchite cronica ostruttiva (espressione del danno broncoalveolare persistente ed evolutivo a<br />

seguito delle infezioni ricorrenti).<br />

Secondo la teoria olandese in alcuni individui esisterebbe una predisposizione genetica<br />

caratterizzata da atopia ed iperreattività bronchiale; su tale substrato genetico nel corso della<br />

vita interverrebbero fattori esogeni ambientali, quali allergeni o inquinanti ambientali (fumo,<br />

fattori occupazionali, infezioni respiratorie), che favorirebbero lo sviluppo o dell'asma o della<br />

BPCO. Indipendentemente dalla validità o meno di tali teorie, è fondamentale nello sviluppo<br />

della BPCO il concetto di uno sbilanciamento del sistema proteasi/antiproteasi<br />

(elastina/elastasi) nonchè ossidanti/antiossidanti: da una parte i fattori etiologici<br />

(principalmente fumo di sigaretta) determinerebbero l'insorgenza di un processo<br />

infiammatorio con un eccesso di carico proteasico-ossidante, dall'altra parte i sistemi di difesa<br />

dell'organismo non sarebbero più in grado di fronteggiare tale carico; ne conseguirebbe, oltre<br />

che al danno infiammatorio della parete bronchiale, una distruzione delle fibre elastiche<br />

polmonari e dei setti interalveolari (enfisema).


In generale, si passa comunque dalla semplice ipersecrezione mucosa, via via<br />

all’ostruzione irreversibile delle piccole vie con ostacolo al flusso espiratorio, fino alla<br />

distruzione dei setti e all’enfisema. Nella bronchite cronica semplice il meccanismo<br />

fisiopatologico è l’aumentata produzione di muco associata a riduzione della clearance ciliare<br />

(da danno epiteliale), il che favorisce ovviamente le sovrinfezioni e l’aggravamento del<br />

danno. Quando interviene l’ostruzione si squilibra ovviamente il rapporto<br />

ventilazione/perfusione e si determina innanzitutto ipossiemia, dapprima lieve e poi via via<br />

sempre piu’ marcata. L’ipossiemia è uno dei fattori principali della dispnea (dapprima da<br />

sforzo e poi a riposo). L’ipossiemia provoca come risposta compensatoria e la riduzione di<br />

calibro delle arterie polmonari con conseguente ipertensione polmonare e cuore polmonare<br />

cronico. L’ipossiemia inoltre, tramite stimolo eritropoietinico induce poliglobulia, la quale<br />

aggrava la cianosi e aumenta la viscosità ematica, peggiorando il quadro. Col procedere della<br />

malattia, si ha distruzione dei setti che induce da una parte riduzione della superficie di<br />

scambio (che aggrava l’ipossiemia) e dall’altra la riduzione del ritorno elastico del polmone<br />

che rimane iperinflato (aumento del volume residuo e dello spazio morto). Ciò comporta<br />

un’aumento della capacità funzionale residua ed il fatto che il soggetto debba ventilare a<br />

volumi alti: questo è l’altro importante determinante della dispnea. L’iperinflazione peggiora<br />

inoltre l’ostruzione dei bronchioli piu’ piccoli. La distruzione parenchimale coinvolge anche<br />

le arterie polmonari, che vengono inoltre compresse dagli alveoli iperinflati. La perdita di<br />

superficie respiratoria comporta che neanche la CO2 possa più essere eliminata<br />

efficacemente, ed infatti col progredire della malattia l’insufficienza respiratoria diventa<br />

ipercapnica. L’ipercapnia comporta acidosi, che viene solitamente compensata dal rene<br />

trattenendo bicarbonato. E’ chiaro che un paziente in acidosi respiratoria compensata ha un


equilibrio molto labile e bastano minime ulteriori variazioni della CO2 (infezioni, scompenso<br />

cardiaco, embolia polmonare) per precipitare il quadro verso l’insufficienza respiratoria<br />

acuta, il coma ipercapnico e l’arresto respiratorio.<br />

Quindi la BPCO si articola su un continuum di alterazioni fisiopatologiche che<br />

subentrano negli anni, via via che la malattia peggiora e che costituiscono un circolo vizioso<br />

che conduce a insufficienza respiratoria, dapprima ipossica e poi ipossica-ipercapnica, fino<br />

all’acidosi respiratoria e al cuore polmonare cronico. In fase di stabilità il paziente con<br />

BPCO ha una insufficienza respiratoria lieve o moderata, ma è predisposto a sovrinfezioni<br />

intercorrenti (batteriche o virali), le quali scompensano rapidamente la situazione e<br />

precipitano l’insufficienza respiratoria che diventa manifesta e spesso grave. Le cause piu’<br />

frequenti di riesacerbazione sono i virus influenzali, lo streptococco, l’emofilo, la<br />

pseudomonas aeruginosa.<br />

9.4 ANATOMIA PATOLOGICA<br />

Le alterazioni anatomo-patologiche presenti nei polmoni di soggetti con BPCO interessano le<br />

vie aeree centrali, periferiche e il parenchima polmonare; nelle fasi avanzate della malattia<br />

possono essere presenti anche alterazioni del circolo polmonare (ipertensione polmonare) e<br />

del cuore destro.<br />

• Vie aeree centrali. E' presente infiammazione della mucosa con infiltrazione T-linfocitaria<br />

(CD8+ attivati) e conseguente iperproduzione di muco secondaria all'infiammazione delle<br />

ghiandole mucose; in passato tale iperproduzione di muco era considerata secondaria<br />

all'ipertrofia delle ghiandole mucose (cosiddetto indice di Reid aumentato = rapporto spessore<br />

ghiandola/parete). Nelle fasi più avanzate di malattia si assiste ad una marcata neutrofilia<br />

intrabronchiale, espressione di gravità di malattia, la cui origine risulta ancora non ben chiara<br />

(azione chemiotattica svolta dall'IL-8 rilasciata dall'epitelio bronchiale sotto stimoli<br />

infiammatori?, stimoli infettivi?, ecc.).<br />

• Vie aeree periferiche. E' presente infiammazione anche a livello dei piccoli bronchi e<br />

bronchioli (diametro 2 mm circa) con iperproduzione di muco, ipertrofia del muscolo liscio<br />

bronchiale, ispessimento della parete bronchiale, fibrosi, deformità e restringimento<br />

bronchiolare, distruzione degli attacchi alveolari peribronchiolari; quest'ultima correla con il<br />

grado di infiammazione nelle vie aeree e contribuisce, unitamente al restringimento<br />

bronchiolare, alla limitazione al flusso espiratorio. Inoltre, è presente metaplasia della mucosa<br />

bronchiale.<br />

• Parenchima polmonare. Il parenchima polmonare è sede di un processo infiammatorio con<br />

distruzione della struttura alveolare dei setti e allargamento degli spazi aerei intorno ai<br />

bronchioli terminali (enfisema). In passato sono state descritte due forme principali di<br />

enfisema, distinte sia sul piano clinico-funzionale che sulla base della regione dell'acino<br />

interessata dal processo di distruzione: l'enfisema centrolobulare (Tipo B) e l'enfisema<br />

panlobulare (Tipo A). Nel primo le zone di distruzione sono localizzate principalmente nella<br />

parte centrale dell'acino, intorno ai bronchioli terminali, circondate da aeree di parenchima<br />

polmonare; tale tipo di enfisema sarebbe piu’ comune nei fumatori ed e‘ quello che (tramite<br />

aumento dello spazio morto) produce, il maggiore squilibro ventilazione/perfusione.<br />

L'enfisema panlobulare è invece caratterizzato da una distruzione omogenea del parenchima<br />

polmonare coinvolgendo uniformemente tutto l'acino, ed è spesso associato a deficit di AAT.<br />

9.5 CLINICA<br />

I sintomi più frequenti sono:<br />

- la tosse cronica, specie al mattino al risveglio e spesso produttiva, con espettorazione a<br />

carattere mucopurulento nel corso delle esacerbazioni


- la dispnea, ad insorgenza graduale e progressiva, all’inizio solo sotto sforzo e che poi nelle<br />

fasi avanzate di malattia limita notevolmente le normali attività quotidiane, fino alla dispnea<br />

a riposo.<br />

Con la progressione della malattia e dell’ ipossiemia, compare la cianosi e nelle fasi piu’<br />

avanzate cuore polmonare, edemi declivi (scompenso destro) e ippocratismo digitale.<br />

All'esame obiettivo può evidenziarsi un'espirazione prolungata, eventualmente a labbra<br />

socchiuse (“pursed lips breathing”) e con possibile ricorso ai muscoli accessori della<br />

respirazione, nonchè presenza di respiro sibilante o "ronchi russanti". Sono presenti anche<br />

rantoli a medie/grosse bolle, modificabili sotto i colpi di tosse, espressione dell'ipersecrezione<br />

e dell'espettorato presente nelle vie respiratorie. Data la varieta’ di rumori che si ascoltano, il<br />

torace del paziente con BPCO è spesso definito come “juke-box chest”. Con il progredire<br />

dell'ostruzione bronchiale e l’insorgenza dell’enfisema diviene evidente l'iperinsufflazione,<br />

aumenta il diametro antero-posteriore del torace (torace a botte), si riduce la mobilita’ e<br />

l’espansibilita’, cala l'intensità dei suoni polmonari e dei toni cardiaci. Spesso sono presenti<br />

rientramenti paradossi degli spazi intercostali inferiori.<br />

Si definisce riesacerbazione, il peggioramento della dispnea e/o l’aumento della quantità e<br />

purulenza dell’escreato. Oltre all'accentuazione dei sintomi citati sopra, può comparire<br />

febbre. Nel caso di pazienti con acidosi respiratoria compensata, l’esacerbazione conduce<br />

spesso all’indufficienza respiratoria acuta e all’arresto respiratorio da carbonarcosi.<br />

In passato si è utilizzata una terminologia particolarmente descrittiva per differenziare dal<br />

punto di vista clinico/obiettivo i pazienti affetti rispettivamente da enfisema centrolobulare (o<br />

di tipo B) da quelli affetti da enfisema panlobulare (o di tipo A). In particolare, nei primi (tipo<br />

B) sembravano piu’ frequenti cianosi, cuore polmonare e edemi ma scarsa dispnea a riposo,<br />

mentre nei secondi (tipo A) non vi era cianosi, a prezzo di una dispnea evidente; pertanto,<br />

all'inizio degli anni '60, sulla base di tale aspetto clinico alcuni specialisti inglesi, coniarono<br />

rispettivamente i termini “blue bloater” (gonfio blu) e “pink puffer” (sbuffatore roseo).<br />

Tuttavia, nella pratica clinica quotidiana la maggior parte dei pazienti non può essere<br />

schematicamente classificata in questi due gruppi e, contrariamente a passate interpretazioni,<br />

questi termini descrittivi non sono strettamente correlati a specifici quadri funzionali o<br />

anatomo-patologici: pertanto, il loro uso non va incoraggiato.<br />

La BPCO è una patologia che evolve nel tempo con livelli crescenti di gravità; può essere<br />

classificata in stadi sulla base del grado di ostruzione bronchiale, come riportato nelle nuove<br />

linee guida internazionali (GOLD):<br />

- Grado 0 (a rischio): tosse con espettorazione, spirometria nella norma<br />

- Grado 1 (BPCO lieve): VEMS/CVF 80% del predetto<br />

- Grado 2 (BPCO moderata): VEMS/CVF


malattia e della sua progressione nel tempo. Potrà essere anche valutata la capacità di<br />

diffusione del CO.<br />

L' EGA, se non importante nelle fasi lievi di malattia, diventa essenziale nelle fasi più gravi o<br />

nel corso delle riacutizzazioni della malattia (valutazione dell'ipossiemia e dell'eventuale<br />

ipercapnia). 'RX del torace anche se non è importante per la diagnosi di BPCO è comunque<br />

utile per escludere altre eventuali patologie o complicazioni (polmoniti, distrofie bollose,<br />

neoplasie). L’ esame batteriologico dell'escreato, consente l'individuazione dei germi<br />

frequentemente responsabili degli episodi di riacutizzazione e peggioramento della malattia<br />

nonchè, sulla base dell'antibiogramma, il loro corretto trattamento. L’ ECG per valutare<br />

l’interessamento cardiaco (segni di cuore polmonare), e l’emocromo (valutazione della<br />

eventuale poliglobulia) andrebbero comunque eseguiti.<br />

In particolari casi si eseguono: dosaggio AAT, nei casi di enfisema ad inizio giovanile,<br />

generalmente di tipo panacinoso, in pazienti senza rischio tabagico o professionale;<br />

polisonnografia, nei casi sospetti di sindrome di apnea del sonno; TC ad alta risoluzione, nel<br />

sospetto di bronchiectasie o bolle di enfisema associate.<br />

Infine, nell'ambito di una diagnostica differenziale, bisogna ricordare come talvolta possa<br />

risultare particolarmente difficile differenziare i pazienti affetti da BPCO da quelli anziani<br />

con storia di asma ed ostruzione bronchiale persistente.<br />

9.7 CENNI <strong>DI</strong> TERAPIA<br />

La sospensione del fumo è il "trattamento" più efficace.<br />

Anche se per definizione la BPCO è caratterizzata da ostruzione al flusso aereo espiratorio<br />

scarsamente reversibile, la terapia farmacologica di fondo e basata sull'uso di farmaci<br />

broncodilatatori per via inalatoria (anticolinergici, β2-stimolanti a lunga durata<br />

d'azione).Tuttora dibattuta è l'utilità dei preparati di teofillina a lento rilascio, che comunque<br />

vengono ancora largamente impiegati.<br />

A fianco del trattamento farmacologico trovano posto sia i programmi di riabilitazione<br />

respiratoria che, nei pazienti con ipossiemia cronica, l'ossigenoterapia a lungo termine (OLT).<br />

In casi particolari, quali pazienti permanentemente incapaci di adeguata ventilazione<br />

spontanea o nel caso di insufficienza respiratoria acuta, può essere proposta la ventilazione<br />

meccanica.<br />

In corso di riacutizzazioni, generalmente secondarie a infezioni batteriche o virali delle vie<br />

aeree, possono essere impiegati steroidi per via parenterale per un breve (4-5 gg) ciclo di<br />

terapia unitamente a un trattamento antibiotico (penicillina protetta, macrolide, chinolonico,<br />

cefalosporina); nel caso di riacutizzazioni particolarmente gravi o che non rispondono alla<br />

terapia domiciliare deve essere prescritto il ricovero in ospedale.<br />

In questi ultimi anni, alcuni risultati positivi si sono ottenuti nel grave enfisema con<br />

iperdistensione mediante la riduzione chirurgica del parenchima polmonare; tuttavia i risultati<br />

di tale nuovo trattamento sono ancora oggetto di valutazione.<br />

9.8 DEFICIT <strong>DI</strong> α1-ANTITRIPSINA (DAAT)<br />

L’ AAT e’ una globulina sintetizzata dagli epatociti che appartiene alla famiglia delle<br />

proteasis inhibitors (Pi) e blocca l’attivita’ dell’elastasi e di altre proteasi. La sua ridotta<br />

produzione per difetto genetico (trasmesso in maniera rigorosamente mendeliana) consente la<br />

distruzione progressiva, da parte delle proteasi, dell’impalcatura del polmone. Sono presenti<br />

3 fenotipi elettroforetici: PiMM, PiMZe PiZZ; il primo e’ quello normale, il secondo e’<br />

l’eterozigote con livelli di AAT pari al 60% circa, mentre l’omozigote PiZZ ha livelli di AAT<br />

intorno al 10-15% del normale. Questi ultimi soggetti sviluppano precocemente (intorno ai 40<br />

anni) un enfisema panlobulare e quindi un’insufficienza respiratoria cronica grave. Il fumo di<br />

sigaretta aggrava e anticipa il danno anatomico. Pertanto, il rilevo di dispnea ingravescente e


di un quadro di enfisema diffuso e imponente in un soggetto giovane, in assenza di altra<br />

patologia dovrebbe far sospettare tale deficit, che si conferma con il dosaggio della AAT<br />

sierica. La terapia consiste nella sospensione del fumo e nella somministrazione di AAT<br />

endovenosa, la quale comunque non risolve la patologia, ma ne ritarda l’evoluzione.


10. ASMA BRONCHIALE<br />

10.1 DEFINIZIONI<br />

Secondo la definizione operativa proposta nelle linee guida (dette GINA, Global INitiative for<br />

Asthma) dell' O.M.S (www.ginasthma.com) l'asma bronchiale e’ una “Malattia<br />

infiammatoria cronica delle vie aeree, in cui molte cellule giocano un ruolo. Questa<br />

infiammazione causa un aumento della responsività bronchiale che provoca episodi ricorrenti di<br />

respiro sibilante (wheezing), respiro corto, costrizione toracica e tosse, particolarmente di notte<br />

ed al primo mattino. Questi episodi sono solitamente associati ad una ostruzione bronchiale<br />

diffusa e variabile, solitamente reversibile sia spontaneamente che dopo trattamento”. La<br />

versione italiana delle linee guida GINA (www.ginasma.it) aggiunge anche che l’asma<br />

causa un declino progressivo della funzionalità respiratoria e provoca un rimodellamento della<br />

parete bronchiale.<br />

I caratteri distintivi dell’asma sono comunque: infiammazione cronica delle vie aeree, episodi di<br />

broncospasmo reversibile (spontaneamente o con farmaci) ed iperreattività bronchiale. Gli<br />

episodi di broncospasmo sono i ben noti attacchi asmatici; se il broncospasmo persiste senza<br />

periodi di remissione si ha lo stato di male asmatico. L'ostruzione bronchiale, che è l'evento<br />

principale‚ è sostenuta da vari fattori tra loro strettamente connessi: spasmo della muscolatura<br />

liscia, ipersecrezione di muco, edema della mucosa e infiammazione. A differenza di quanto si<br />

pensava fino a pochi anni fa, attualmente è accettato che l’asmatico va comunque incontro nel<br />

lungo periodo ad una perdita progressiva della funzionalità respiratoria, anche se meno<br />

importante di quello che si verifica nella BPCO. Ricordiamo che broncostenosi non implica<br />

automaticamente asma: l’ostruzione bronchiale si puo’ avere anche in BPCO, infezioni virali,<br />

scompenso cardiaco etc. La diagnosi di asma richiede la dimostrazione della reversibilità del<br />

broncospasmo, dell’iperreattività e se possibile della natura infiammatoria. Esistono delle<br />

“zone grigie”: nelle fasi iniziali della BPCO la broncostruzione può ancora essere reversibile e,<br />

viceversa, nell’asma grave il broncospasmo può temporaneamente non esserlo.<br />

10.2 EPIDEMIOLOGIA ED EZIOLOGIA<br />

L'asma bronchiale interessa oltre il 5% della popolazione, con punte di prevalenza del 10-<br />

15% nei bambini e adolescenti. Dopo almeno due decenni di incremento costante della<br />

prevalenza, questa sembra essersi stabilizzata negli ultimi anni. La mortalità rimane comunque<br />

attestata su 10-15/100.000. In almeno 2/3 dei casi, l’asma ha eziologia allergica, ossia è<br />

sostenuta da una reazione IgE-mediata. Gli allergeni piu’ frequentemente responsabili sono:<br />

acari della polvere (dermatofagoidi), pollini (parietaria, graminacee, olivo, betulla, ambrosia),<br />

epiteli animali (gatto, cane) e piu’ raramente muffe (aspergillo, alternaria). Esistono anche forme<br />

di asma professionale, da sostanze inorganiche (isocianati, formalina, acrilati), ma sono piu’<br />

rare. Casi particolari sono l’asma da sforzo fisico e da aspirina e salicilati in genere. Nel primo<br />

caso si invoca uno squilibrio della termoregolazione dell’aria inalata e nel secondo caso uno<br />

squilibrio della produzione di prostaglandine/prostacicline. Altra possibile causa di asma è il<br />

reflusso gastroesofageo, nel quale si suppone si abbia inalazione di piccole quantità di materiale<br />

acido che scatena il broncospasmo. Tutte le precedenti, che richiedono comunque la<br />

predisposizione, vengono comunemente e per comodita’ definite asma estrinseco (ad indicare<br />

che sono causate da fattori esogeni noti ed individuabili) . Le forme di asma per cui non e’<br />

chiaramente individuabile il fattore scatenante (ipotizzata l’infezione virale) vengono definite<br />

anche se impropriamente asma intrinseco.<br />

In corso di scompenso cardiaco congestizio, si possono avere delle crisi dispnoiche<br />

notturne con sibili (dovute all’imbibizione dell’interstizio). A tale fenomeno è stato dato per<br />

motivi storici il nome di asma cardiaco, ma non si tratta di asma e deve essere più correttamente<br />

definito come dispnea parossistica notturna.


10.3 ANATOMIA PATOLOGICA<br />

Il reperto fondamentale è l'infiltrazione di cellule infiammatorie con alterazioni della mucosa e<br />

sottomucosa bronchiali. Le cellule principalmente coinvolte sono gli eosinofili ed i linfociti<br />

CD4+. L’intensità dell’infiammazione varia nelle varie fasi della malattia. Reperto abbastanza<br />

tipico dell’asma è il remodelling (rimodellamento della parete bronchiale) costituito da:<br />

desquamazione epiteliale, ipertrofia del muscolo liscio, deposizione di collagene e ispessimento<br />

della membrana basale, iperplasia delle ghiandole e ipervascolarizzazione. Il remodelling sembra<br />

essere parzialmente indipendente dall’infiltrazione infiammatoria e almeno in parte responsabile<br />

dell’iperreattività. Nei casi d’asma grave si riscontrano tappi di muco denso a stampo bronchiale<br />

(spirali di Crushman) e cristalli di proteina eosinofila cationica (cristalli di Charcot-Leyden)<br />

10.4 FISIOPATOLOGIA<br />

Come già detto, nella maggior parte dei casi l’asma è di natura allergica. In tale situazione, nella<br />

mucosa bronchiale esistono mastociti che sono ricoperti da IgE specifiche per un determinato<br />

allergene. Quando l’allergene inalato viene in contatto con tali IgE il mastocita degranula e<br />

rilascia i mediatori infiammatori preformati (istamina) che inducono direttamente il<br />

broncospasmo. In aggiunta, vengono sintetizzati altri mediatori (es. leukotrieni) e secrete<br />

citochine e chemochine che favoriscono il richiamo di altre cellule infiammatorie le quali a loro<br />

volta perpetuano l’infiammazione. L’infiammazione della mucosa rende a sua volta la<br />

muscolatura bronchiale più sensibile a qualsiasi stimolo (anche non allergenico) e, con<br />

l’ispessimento della mucosa e l’ipersecrezione, favorisce l’ulteriore restringimento del lume<br />

bronchiale. Quale che sia il primum movens, nell’asma è sempre presente un certo grado di<br />

infiammazione e questo spiega perché la crisi di broncospasmo possa essere indotta più<br />

facilmente che nei soggetti normali.<br />

Una delle principali caratteristiche dell'asma è quindi l’iperreattività bronchiale aspecifica che è<br />

appunto l’abnorme risposta contrattile della muscolatura liscia ad una serie di stimoli (fisici,<br />

chimici e farmacologici) che alla stessa dose non hanno effetto nel soggetto sano..<br />

L’iperreattività bronchiale è sostenuta da:<br />

- squilibrio della regolazione nervosa e umorale della motilita’ bronchiale (ipertono vagale,<br />

deficit dei β2 recettori, aumentata responsivita' colinergica<br />

- squilibrio del sistema non adrenergico-non colinergico (NANC) e alterazioni della sintesi dei<br />

derivati dell'acido arachidonico<br />

- una alterazione della parete bronchiale conseguente alla flogosi<br />

Questa complessita’ di fattori può variare ovviamente molto da soggetto a soggetto.<br />

Il risultato finale della broncostruzione è l’ipossia, tanto più grave quanto più l’ostruzione è<br />

intensa. L’ipossia induce come compenso una iperventilazione. Poiché la perfusione e la parete<br />

alveolare sono indenni, l’iperventilazione provoca quasi sempre un certo grado di ipocapnia e<br />

alcalosi respiratoria. Se il broncospasmo non recede, si aggrava l’ipossia, si ha esaurimento dei<br />

muscoli respiratori e lentamente si va verso l’ipoventilazione alveolare con ipercapnia e quindi<br />

insorgono sopore, acidosi e coma.<br />

10.5 QUADRO CLINICO<br />

Nel paziente allergico, l'asma può essere associata ad altre manifestazioni quali la<br />

rinocongiuntivite e la dermatite atopica o può essere scatenato da infezioni virali banali delle vie<br />

aeree superiori.<br />

L'attacco asmatico solitamente si caratterizza per la presenza di una triade fondamentale: la<br />

tosse, la dispnea ed il respiro sibilante. La tosse: inizialmente secca e stizzosa, che sovente<br />

precede l'accesso vero e proprio, solitamente al termine dell'attacco acquisisce caratteri<br />

francamente produttivi e si accompagna all'espettorazione di muco viscoso e filante. Il paziente è<br />

agitato, ansioso, parla con difficoltà ed è tachicardico. La dispnea e’ espiratoria dal punto di vista<br />

fisiopatologico (l’aria trova ostacolo ad uscire dai bronchi) ma il soggetto l’avverte come


inspiratoria o fame d’aria (perché obbligato a ventilare a volumi polmonari maggiori). In corso di<br />

attacco acuto può osservarsi l’atteggiamento iperespanso del torace, con iperfonesi diffusa, ma il<br />

reperto caratteristico sono i sibili e fischi diffusi e di varie tonalità, spesso avvertiti anche dal<br />

paziente ed udibili senza fonendoscopio. Sono segni di allarme (imminente arresto respiratorio):<br />

il sopore, la bradicardia (ipercapnia), la cianosi e la scomparsa dei rumori bronchiali<br />

(ipoventilazione).<br />

La tosse può comparire anche da sola (equivalente asmatico): in tal caso ha carattere stizzoso, è<br />

prevalentemente notturna, e non si accompagna ad alterazioni significative della funzionalita’<br />

ventilatoria, mentre è positivo il test alla metacolina.<br />

Al di fuori dell’attacco acuto, l'asma può essere classificata, secondo le linee guida GINA (fig.<br />

10.1) in quattro stadi clinici, in rapporto alla frequenza delle crisi ed al grado di compromissione<br />

ventilatoria. Tale classificazione di gravità assume altresì rilevanza clinica al fine del trattamento<br />

farmacologico.<br />

10.6 <strong>DI</strong>AGNOSI<br />

L'anamnesi consente di raccogliere tutta una serie d’informazioni utili per poter inquadrare sia le<br />

caratteristiche di presentazione clinica del singolo paziente che per valutare i vari fattori<br />

eziopatogenetici coinvolti nella genesi del fenomeno. Importante la famigliarità atopica,<br />

l’allergia nota, le infezioni delle vie superiori come fattore scatenante, l’esposizione<br />

all’allergene.<br />

L'esame obiettivo è molto tipico e suggestivo durante l’attacco asmatico. L'ascoltazione<br />

evidenzia la presenza di rumori secchi (fischi, sibili, gemiti), che talvolta si possono udire anche<br />

senza fonendoscopio. L’EGA, durante la crisi rivela ipossiemia più o meno marcata, ma normo-<br />

o ipocapnia (quest’ultima dovuta alla tachipnea). Il rilevo di ipossiemia con ipercapnia indica<br />

insufficienza respiratoria acuta e impone possibili immediati interventi rianimatori. Il<br />

radiogramma toracico durante una crisi evidenzia solo l’atteggiamento inspiratorio e una<br />

modesta iperdiafania e quindi non è mai fondamentale. Se è possibile eseguire una spirometria,<br />

si evidenzierà una anomalia ostruttiva pressoché pura.


Durante le fasi intercritiche l’esame obiettivo può essere completamente negativo.<br />

Le prove di funzionalità respiratoria (PFR) rappresentano l'indagine routinaria e necessaria<br />

per la diagnosi (figura). Permettono di valutare l’eventuale presenza di ostruzione, il suo grado e<br />

soprattutto la reversibilità. Le PFR evidenziano nel soggetto con asma in atto un quadro di<br />

insufficienza ventilatoria di tipo ostruttivo quasi puro (FEV1/CVF


Terapia di mantenimento. Al di fuori dell’attacco occorre: mantenere una buona funzionalita’<br />

respiratoria, impedire ulteriori attacchi, consentire le normali attività. Nell’asma allergica è<br />

fondamentale l’igiene ambientale per evitare l’esposizione all’allergene. Poichè l’asma è una<br />

malattia cronica, il paziente deve essere monitorato con continuità: questo può essere fatto ad<br />

esempio con la misurazione biquotidiana a domicilio del PEF e con una corretta educazione.<br />

Nello stadio I si usano solo i broncodilatatori short-acting al bisogno. A partire dallo stadio II si<br />

usano gli steroidi inalatori a dosaggi via via crescenti (fino a 2000 mcg/die di beclometasone<br />

equivalenti); se necessario si aggiungono anche broncodilatatori a lunga durata d’azione<br />

(salmeterolo, formoterolo). Nello stadio III si aggiungono teofilline a lento rilascio per via orale<br />

e farmaci anti-leucotrienici; nel IV si fa ricorso anche agli steroidi per via generale.


11. ALVEOLITI ALLERGICHE ESTRINSECHE (AAE)<br />

O POLMONITI DA IPERSENSIBILITA’<br />

11.1 DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE<br />

Le AAE definiscono un quadro morboso uniforme dal punto di vista clinico (febbre, tosse,<br />

broncospasmo) e anatomopatologico (alveolite) dovuto all’inalazione di proteine di origine<br />

organica o piu’ di rado di composti chimici. Tali sostanze causano, solo in soggetti predisposti,<br />

una alveolite da reazioni immunologiche di tipo III e IV e conseguente immunoflogosi. Il nome<br />

allergiche e’ solo convenzionale, infatti, la patogenesi non e’ IgE mediata. Si tratta quindi nella<br />

maggior parte dei casi di malattie professionali ed alcune di esse sono clinicamente note fin dal<br />

1700. La malattia paradigmatica e piu’ conosciuta e’ il polmone del contadino (farmer’s lung).<br />

Se il quadro clinico ed anatomopatologico sono uniformi, gli agenti eziologici sono molto diversi<br />

tra loro: li accomunano le dimensioni tali da farle penetrare fino all’alveolo, l’antigenicita’ e la<br />

natura proteica.<br />

ANTIGENE MALATTIA<br />

Actinomiceti termofili<br />

(Microspora faeni, Termoactyn.<br />

Vulgaris )<br />

B.cereus, B subtilis<br />

Farmer’s lung o polm. del contadino (fieno)<br />

Bagassosi (canna da zucchero)<br />

Bissinosi (cotone)<br />

Mal. da condizionatori, Mal da detersivi<br />

Mal dei lavoratori dei funghi<br />

Proteine di deiezioni aviarie Mal. dell’allevatore di uccelli (pidgeon’s<br />

lung)<br />

Aureobasidium, Graphium spp Sequoiosi<br />

Cryptostoma corticale Suberosi (sughero)<br />

Penicillum frequentans Mal. dei tagliatori d’acero<br />

Aspergillus clavatus Mal. dei lavoratori del malto<br />

Penicillum casei e roqueforti, Mal. dei lavoratori caseari<br />

Sitophylus grnarius Mal. del mugnaio<br />

Toluene disocianato e Mal. Degli addetti alle verniciature<br />

monoisocianato<br />

anidride ftalica<br />

(D<strong>DI</strong>, T<strong>DI</strong>),<br />

Piretro Mal dei lavoratori di insetticidi<br />

Aureobasidium pullulans Mal. Della sauna<br />

Polvere di caffe’ Mal. dei lavoratori di caffe’<br />

11.2 PATOGENESI<br />

Il primum movens e’ probabilmente una reazione di tipo III: il soggetto predisposto produce IgG<br />

ed IgA verso gli antigeni inalati e si formano immunocomplessi che attivano il complemento e<br />

richiamano altre cellule infiammatorie. Nonostante si possano rilevare nel BAL aumentati livelli<br />

di istamina e spesso si verifichino attacchi asmatici veri e propri, non sono mai state dimostrate<br />

IgE specifiche per gli antigeni. La reazione di tipo IV e’ quella che mantiene e amplifica il<br />

processo: verosimilmente dopo presentazione dell’antigene dai macrofagi ai linfociti T, questi<br />

ultimi si attivano e secernono le citochine attivatorie e chemiotattiche (IL-1, IL-2, IL-8, IL-12).<br />

La reazione infiammatoria alveolare si mantiene fino a che persiste l’esposizione all’antigene,<br />

conduce alla formazione di granulomi veri e propri, e se dura nel tempo arriva al danno<br />

anatomico dovuto alla distruzione dei setti, delle fibre elastiche e alla deposizione di collagene


(fibrosi polmonare). Il rilievo anatomopatologico principale nelle forme acute e’ l’alveolite<br />

linfocitaria (CD8+) e neutrofilica, mentre via via che il processo si mantiene si formano anche<br />

granulomi, ispessimento o distruzione dei setti. E’ da sottolineare che il quadro<br />

anatomopatologico non dipende dall’antigene causale ma dalla durata dell’esposizione.<br />

11.3 CLINICA<br />

Sono colpiti quasi sempre soggetti giovani adulti (30-50 aa) e che lavorano; solo<br />

occasionalmente l’inalazione degli antigeni proteici puo’ avvenire da animali presenti<br />

nell’abitazione. Nelle esposizioni episodiche, acute e massive, il quadro e’ florido e mima la<br />

polmonite batterica con febbre, malessere generale, tosse, dispnea. All’esame obiettivo si<br />

rilevano rantoli a piccole bolle sparsi e non di rado rumori secchi da broncostenosi. Una<br />

inalazione massiva di antigene puo’ provocare veri e propri attacchi asmatici severi. Il quadro<br />

clinico si risolve rapidamente se il soggetto cessa di esporsi alla fonte antigenica e si ripresenta<br />

alla successiva esposizione. Se l’esposizione e’ prolungata e subdola ed il processo<br />

infiammatorio diventa cronico, i sintomi diventano piu’ sfumati ma ingravescenti: dispnea da<br />

sforzo e poi anche a riposo, febbricola persistente, crisi di broncospasmo ricorrenti. Alla lunga<br />

compaiono anche i segni di insufficienza respiratoria (cianosi, dita a bacchetta di tamburo), che<br />

indicano una compromissione della funzione ventilatoria, essenzialmente dovuta al danno<br />

interstiziale.<br />

11.4 <strong>DI</strong>AGNOSI E CENNI <strong>DI</strong> TERAPIA<br />

La diagnosi e’ suggerita quasi completamente dall’anamnesi, dall’attivita’ lavorativa e dal<br />

ricorrere dei sintomi ad ogni esposizione. I reperti RX ed ematochimici sono estremamente<br />

aspecifici. All’RX si possono rilevare dai segni di broncopolmonite al semplice aumento della<br />

trama interstiziale o un quadro a vetro smerigliato. Il BAL e’ piu’ suggestivo, data l’alveolite<br />

linfocitaria CD8+, l’aumento dei mastociti e dei polimorfonucleati la riduzione dei macrofagi.<br />

Importante e’ la riduzione del rapporto CD4/CD8, che e’ invece sempre aumentato nella<br />

sarcoidosi. Le alterazioni ventilatorie e respiratorie si manifestano in modo eclatante solo quando<br />

e’ gia’ presente l’evoluzione ad interstiziopatia. La ricerca delle precipitine agli antigeni proteici<br />

e’ di scarso aiuto poiche’ poco sensibile. Il test di provocazione bronchiale specifico puo’ essere<br />

eseguito con alcuni antigeni, ma e’ di solito competenza delle strutture di Medicina del Lavoro:<br />

dovrebbe essere riservato sempre e solo ai casi non altrimenti diagnosticabili.<br />

Unica terapia efficace e’ l’allontanamento dalla fonte di esposizione antigenica. Nelle fasi acute<br />

si somministrano steroidi ed ossigeno. Se l’evoluzione e’ cronica ed a fibrosi interstiziale si<br />

usano essenzialmente i corticosteroidi ad alte dosi e poi alla dose minima efficace, monitorando<br />

la funzionalita’ ventilatoria, il quadro RX e l’EGA.


Riassunto degli elementi diagnostici<br />

SEGNI SISTEMICI Febbre, malessere, calo ponderale.<br />

SEGNI POLMONARI Tosse, dispnea, broncospasmo (rara l’emoftoe)<br />

RX TORACE Variabile dagli addensamenti tipo broncopolmonite<br />

(forme acute) alla interstiziopatia diffusa (forme a<br />

lungo decorso)<br />

PFR S. dapprima ostruttiva; restrittiva o mista e ↓ DLCO<br />

nelle fasi evolventi in fibrosi<br />

EGA ↓ PaO2 in caso di grave interessamento diffuso o nelle<br />

forme acute<br />

BAL ↑ linfociti (40-60%); ↓ CD4/CD8 (circa 1: 1 o meno)<br />

↑ mastociti (3-5 %) in fase acuta<br />

↑ polimorfonucleati (5-10 %) in fase acuta<br />

↓ MF (50-60%)<br />

↑ IgG solubili<br />

EMOCROMO Anemia normocronica normocitica.<br />

EMATOCHIMICI ↑ VES<br />

SCINTI Ga67 Solitamente aspecifica<br />

SEGNI<br />

Solitamente assenti<br />

EXTRAPOLMONARI


12. SARCOIDOSI (Malattia di Besnier-Boeck-Schaumann)<br />

La sarcoidosi è (secondo la definizione ufficiale WASOG) una malattia granulomatosa cronica<br />

sistemica, ma con prevalente interessamento del polmone, ad eziologia sconosciuta. La lesione<br />

elementare e' il granuloma sarcoideo, che non ha mai necrosi caseosa; sono rilevabili<br />

alterazioni della risposta immunitaria sia locale che sistemica e della cellularita' polmonare.<br />

L'associazione di malattia polmonare e cutanea (lupus pernio) e' nota fin dalla meta' del secolo<br />

scorso. Il granuloma sarcoide fu descritto da Boeck all'inizio del 900, ma il primo inquadramento<br />

nosografico della sarcoidosi come patologia è opera di Schaumann nel 1914. La malattia ha<br />

assunto il nome di sarcoidosi solo a partire dagli anni 40 e la sua importanza è testimoniata<br />

dall’esistenza di una società ad essa dedicata (WASOG, World Association of Sarcoidosis and<br />

Other Granulomatous diseases).<br />

12.1 EPIDEMIOLOGIA E IPOTESI EZIOLOGICHE<br />

Non esistono dati dettagliati sull'epidemiologia della Sarcoidosi in quanto la malattia è<br />

riconosciuta come entita' a se' solo da circa 50 anni ed i criteri di diagnosi sono stati precisati<br />

nell'ultimo ventennio. La prevalenza e' comunque bassa e si aggira tra 10 e 70 per 100.000 (in<br />

Italia 15/100.000). La razza nera e' colpita maggiormente di quella bianca. L'incidenza massima<br />

e' nella 3-4 decade e la mortalita' si aggira intorno al 5-10% dei casi diagnosticati. L'eziologia è<br />

sconosciuta, ma esistono diverse ipotesi indirette.<br />

• Genetica: vi sono casi di aggregazione famigliare della malattia ed una significativa maggior<br />

frequenza nei gemelli identici. HLA-B8 e' associato all'evoluzione ingravescente della malattia,<br />

ma non alla sua insorgenza, mentre HLADR17 sembra protettivo.<br />

• Infettiva. Occasionalmente nei granulomi sarcoidei indotti sperimentalmente sono stati rilevati<br />

batteri acido alcol resistenti, ed è sospetta l’analogia tra sarcoidosi e TBC (tabella 12.1). Inoltre,<br />

l'inoculazione di omogenato sarcoideo nel topo causa la formazione di granulomi, ma tale<br />

fenomeno non si verifica se l'omogenato viene sterilizzato. Date alcune analogie con la malattia<br />

infiammatoria intestinale, si e' ipotizzato anche il ruolo di nocardia, borrelia e yersinia, ma<br />

nessuna di queste ipotesi ha ricevuto finora conferme. Infine, uno studio caso controllo ha<br />

dimostrato che il 40% dei soggetti con sarcoidosi, aveva avuto contatto con altri soggetti malati.<br />

• Fisica. La berilliosi ha caratteristiche cliniche e granulomi indistinguibili dalla sarcoidosi, ma<br />

le storie cliniche dei pazienti non confermano se non i rari casi l'esposizione.<br />

Tabella 12.1 SARCOIDOSI E TBC<br />

SARCOIDOSI TBC<br />

Granuloma Non caseoso Caseoso<br />

Interessamento polmonare Preferenziale Preferenziale<br />

Eritema nodoso 30% dei casi 20% dei casi<br />

Segni sistemici Frequenti Frequenti<br />

Diffusione sistemci Frequente Infrequente<br />

12.2 PATOGENESI E ASPETTI IMMUNOLOGICI (Figura 12.1)<br />

Il fenomeno iniziale e' rappresentato da una alveolite linfocitaria e solo in un secondo tempo le<br />

cellule si organizzano in granulomi interstiziali. Nel granuloma della sarcoidosi la necrosi e'<br />

assente o minima e mai caseosa. Sono presenti: macrofagi attivati (MF), istiociti, cellule<br />

epiteliodi, linfociti T attivati.<br />

Le cellule epitelioidi sono di origine macrofagica: non sono solitamente fagocitanti ma<br />

secretrici. Le cellule giganti (tipo Langhans) sono anch'esse di origine MF, con 20 30 nuclei.


Tipiche inclusioni sono corpi asteroidi, corpi birifrangenti e corpi di Schaumann. Le cellule<br />

epitelioidi e giganti, stipate, occupano il centro del granuloma, insieme a linfociti CD4+; alla<br />

periferia del granuloma esiste un vallo di linfociti T CD8+. Si suppone che la formazione del<br />

granuloma non caseoso si verifichi a seguito di stimolazione da parte di un antigene sconosciuto.<br />

Il processo centrale e' il rapporto tra infociti T e M( alveolari. L'antigene, viene presentato da<br />

cellule dendritiche o MF ai LT che si attivano, secernono citochine (fenotipo TH1) e richiamano<br />

altri MF e PMN in sito. Il granuloma si automantiene e poi evolve o in fibrosi o si risolve. Nella<br />

sarcoidosi attiva, i linfociti T del BAL superano il 20% ed anche i PMN sono aumentati. I<br />

linfociti T hanno un elevato rapporto CD4+/CD8+ (intorno al 10-15/1, nel normale 2/1). D'altra<br />

parte, e' ridotto il numero dei linfociti CD4+ in sede periferica, e la linfopenia piu' o meno<br />

marcata e' la regola. Infatti, spesso sono ritardate o assenti le reazioni cutanee a BCG, o tossina<br />

tetanica. I MF verrebbero reclutati dalle citochine MCP1, TNFa e RANTES e prolifererebbero<br />

grazie a GM-CSF. Tutti i MF esprimono recettori di adesione, attivazione e crescita (CD11a<br />

CD11c ma non VLA1). Anche ICAM-1 e' coinvolta nella migrazione. Il vallo di CD8+ periferici<br />

potrebbe servire da elemento di controllo. Nel BAL si marcano il CD25+, CD4+, e mRNA per<br />

Il6 e IL8. Si ipotizza, che all'inizio del processo prevalgano i linfociti T di fenotipo TH1; nel<br />

caso di evoluzione a fibrosi interstiziale sembra avvenga uno switch al fenotipo Th2 che secerne<br />

citochine favorenti la fibrosi come IL4 e IL13.


12.3 CLINICA<br />

La sarcoidosi puo' colpire praticamente tutti gli organi, ma alcuni sono piu' frequentemente<br />

interessati di altri.<br />

I segni sistemici sono estremamente aspecifici: febbre, poliartralgie, astenia, calo ponderale,<br />

linfoadenopatie, malessere generalizzato. Accanto a queste manifestazioni generali, si presentano<br />

poi i segni del coinvolgimento di specifici organi e apparati:<br />

• Polmone (90%): tosse (raramente emottisi), presenza di rantoli fini variamente distribuiti (rari i<br />

rumori secchi), dolore toracico variabile. Se la malattia evolve in fibrosi, compaiono i segni<br />

dell'insufficienza respiratoria: dispnea dapprima sotto sforzo e poi a riposo, cianosi, dita a<br />

bacchetta di tamburo. L'interessamento delle pleure e' molto raro (1-2%).<br />

• Linfonodi (90%): la linfoadenomegalia mediastinica e' la piu' frequente. Piu' raro<br />

l'interessamento dei linfonodi laterocervicali, ascellari e inguinali.<br />

• Cute (30%): eritema nodoso, lupus pernio o maculopapule variamente associate, fino<br />

all'aspetto di vasculite franca. L’eritema nodoso consiste di lesioni violacee dolenti e rilevate<br />

distribuite prevalentemente sulla faccia anteriore della gamba, che tendono a risolversi in 1-2<br />

mesi. Il Lupus pernio consiste in placche depigmentate, indurate ma indolenti distribuite al volto<br />

e ad andamento cronico.<br />

• Occhio (25%): uveite anteriore e posteriore, congiuntivite, cheratite, xeroftalmia (s. Sjogrensimile)<br />

• Sistema nervoso (25%): polinevrite, mononevrite (paralisi del faciale), lesioni del chiasma<br />

ottico (emianopsia), lesione della postipofisi (diabete insipido).<br />

• Sistema osteo-articolare (10%): poliartralgie, entesiti, cisti ossee. La colonna dorsolombare e'<br />

colpita abbastanza frequentemente.<br />

• Cuore (5%): pericardite, disturbi di conduzione<br />

Esistono delle particolari associazioni di sintomi descritte per convenzione con l'eponimo:<br />

S. di Heerfordt: sarcoidosi + uveite + parotite.<br />

S.di Lofgren: sarcoidosi con adenopatia ilare + eritema nodoso.<br />

S.di Jungling: Sarcoidosi con cisti ossee mutiple + poliartralgie.<br />

In genere, le forme "floride" che esordiscono in forma relativamente acuta con poliartralgie o<br />

interessamento cutaneo sono quelle ad evoluzione piu' favorevole. L'interessamento dell'occhio,<br />

del sistema nervoso e del cuore sono elementi prognostici sfavorevoli.<br />

Le lesioni polmonari sono le piu' frequenti in assoluto, tanto che ne esiste una classificazione<br />

radiologica in stadi (Wurm 1958), riassunta in tabella 12.2<br />

_____________________________________________________________________________<br />

______________<br />

- stadio I: adenopatia ilare bilaterale senza segni di interessamento parenchimale<br />

- stadio II: adenopatia ilare + lesioni parenchimali reticolo-nodulari<br />

- stadio III: solo lesioni parenchimali,<br />

- stadio IV: fibrosi polmonare diffusa con aspetto a vetro smerigliato o a nido d'ape (honeycomb<br />

lung)<br />

_____________________________________________________________________________<br />

______________<br />

In numerosi casi la sarcoidosi e' silente e viene diagnosticata casualmente in corso di un esame<br />

radiologico eseguito per altri motivi.


12.4 <strong>DI</strong>AGNOSTICA (tabella 12.3)<br />

LA diagnostica si basa su: quadro clinico e radiologico e dimostrazione del granuloma.<br />

I sintomi di esordio sono solitamente sistemici o aspecifici: poliartralgie, febbre, calo ponderale,<br />

tosse. Più indicative sono le lesioni cutanee o le cisti ossee. La radiografia del torace, con le<br />

lesioni sopra descritte, in associazione al sospetto clinico, e' suggestiva.<br />

La diagnosi di certezza richiede comunque la dimostrazione del granuloma sarcoideo; occorre<br />

quindi procedere alla biopsia delle linfoadenomegalie accessibili o dei linfonodi mediastinici.<br />

Esistono comunque alcuni elementi che da soli non sono probanti, ma tutti insieme<br />

contribuiscono alla diagnosi:<br />

• Il BAL e' rilevante: l'alveolite linfocitaria CD4+ (aumento dei linfociti T e aumento del<br />

rapporto CD4+/CD8+), associata alle lesioni polmonari, solitamente completa la diagnosi.<br />

• L’aumento aspecifico degli indici di flogosi (VES, PCR) e l’anemia normocromica normocitica<br />

(da malattia cronica). La linfopenia e la riduzione del rapporto CD4/CD8 sono abbastanza<br />

suggestive, ma tali alterazioni cellulari periferiche si rilevano solo dopo un certo tempo.<br />

• L’ipercalcemia (da incrementata produzione di vit.D da parte dei macrofagi attivati) e<br />

l’aumento dell'ACE sierico.<br />

• La positività della scintigrafia polmonare con Gallio67<br />

• La ridotta reattività al test intradermico con antigeni comuni come la tubercolina o la tossina<br />

tetanica<br />

L'inoculazione intradermica di omogenato sarcoideo (test di Kveim-Siltzbach) e' molto specifica,<br />

ma l'estratto non e' disponibile in Italia.<br />

Tabella 12.3 Riassunto degli elementi diagnostici<br />

SEGNI SISTEMICI Febbricola, artralgie, calo ponderale, astenia<br />

SEGNI POLMONARI Tosse, dolore toracico, dispnea, emottisi<br />

EGA ↓ PaO2 (solo in fase molto avanzata)<br />

BAL ↑ Linf. T (> 25%); ↑ CD4+/CD8+ > 5; ↓ MF alveolari<br />

EMOCROMO Anemia normocronica, normocitica. Linfopenia.<br />

Riduz. del rapp. CD4/CD8<br />

EMATOCHIMICI ↑ Ca++; ↑ ACE; ↑ VES<br />

SCINTI Ga67 Accumulo selettivo del tracciante agli ili o linfonodi maggiori<br />

SEGNI D'ORGANO Riduz. campo visivo; diabete insipido; riduz. Velocita'<br />

conduzione nervosa; uveite; parotite.<br />

ISTOLOGIA LINFONO<strong>DI</strong> Granuloma sarcoideo<br />

Purtroppo, sia il quadro clinico che quello RX si prestano a numerose diagnosi differenziali<br />

(tabella 12.4), che vanno tutte prese in considerazione durante il workup diagnostico Nel caso di<br />

linfoadenopatia ilare bilaterale, senza altri segni diagnostici o lesioni polmonari occorre fare<br />

diagnosi differenziale con i linfomi. Entrano anche in diagnosi differenziale le granulomatosi<br />

polmonari da esposizionre professionale (Berilliosi) e le granulomatosi infettive (TBC).<br />

TABELLA 12.4. Diagnosi differenziale<br />

QUADRO RX<br />

Linfoma<br />

Pneumoconiosi<br />

Fibrosi diffuse<br />

Berilliosi<br />

Alveolite allergica<br />

TBC<br />

K metastatico<br />

Istoplasmosi<br />

Polmone reumatoide<br />

QUADRO CLINICO<br />

Linfoma<br />

Fibrosi diffuse<br />

Berilliosi<br />

TBC<br />

Mal autoimmuni<br />

Infezioni croniche<br />

Leucemie<br />

Tutte le cause di febbre ndd


13.5 EVOLUZIONE E CENNI <strong>DI</strong> TERAPIA<br />

Si ha remissione completa in oltre il 70% dei casi in stadio radiologico 1 e 2. In caso di fibrosi<br />

polmonare gia' instaurata l'evoluzione e' ingravescente. La prognosi e' particolarmente<br />

sfavorevole se vi e' interessamento endocrino o neurologico.<br />

Nell'adenopatia ilare bilaterale senza altri segni di malattia si osserva il decorso. Se sono presenti<br />

lesioni cutanee o poliartralgia si tratta con antinfiammatori, riservando gli steroidi alle fasi di<br />

attivita'. Se vi sono segni di interessamento pomonare si comincia con prednisone 20 mg/die per<br />

3 mesi; se guarisce follow up ogni 6 mesi, se il miglioramento e' insufficiente si<br />

raddoppia la dose di steroide e se peggiora si ricorre ad immunosoppressori (azatioprina,<br />

metotrexate).


13. PNEUMOCONIOSI<br />

Le pneumoconiosi sono patologie causate dall’accumulo di polveri inorganiche inalate e dalla<br />

conseguente reazione dei tessuti polmonari. Le polveri inorganiche si distinguono in inerti e<br />

fibrosanti, ma tale distinzione non è comunque assoluta. Particolare rilievo hanno la silicosi (per<br />

la prevalenza ancora elevata), l’asbestosi (associazione col mesotelioma pleurico) e la berilliosi<br />

(che puo’ causare una granulomatosi fibrosante simile alla sarcoidosi). L’importanza delle<br />

pneumoconiosi e’ dovuta al fatto che esse sono frequentemente il risultato di una esposizione<br />

lavorativa e pertanto implicano particolari problematiche medico-legali, assicurative ed<br />

assistenziali. Trattandosi di pneumopatie lavorative, vale per tutte l’importanza delle misure<br />

preventive primarie (controllo dell’esposizione, visite periodiche per i soggetti a rischio)<br />

Pneumoconiosi da polveri fibrosanti ed esposizione professionale<br />

POLVERI FIBROSANTI:<br />

TIPO <strong>DI</strong><br />

ESPOSIZIONE LAVORATIVA<br />

Silicosi<br />

miniere, cave, estrazione di farina fossile,<br />

Silice crsitallina (quarzo, tridimite, industria della ceramica, fonderie, sabbiatura,<br />

cristobalite)<br />

industria del vetro, gres, cemento, lavorazione<br />

Silice amorfa (farina fossile, tripoli)<br />

Silice anidra (vetro di quarzo, pomice)<br />

di pietre silicee e mole artificiali.<br />

Asbestosi<br />

Industria estrattiva e siderurgica;<br />

Serpentino: crisotilo (amianto bianco) lavorazione di tessuti di amianto, freni,<br />

Anfiboli: crocidolite, amosite, tremolite frizioni, guarnizioni, pannelli per edilizia,<br />

isolanti, filtri, vernici.<br />

Berilliosi Industria elettronica, ceramiche<br />

Talcosi Lavoratori di gomma, ceramica, cosmetici,<br />

vernici.<br />

Pneumoconiosi da Caolino Industria della carta e della pocellana<br />

Pneumoconiosi da Mica Industria elettrica, costruzione di stufe e<br />

fornaci<br />

13.1 SILICOSI<br />

13.1.1 Fisiopatologia e clinica<br />

E’una pneumoconiosi da inalazione di silice (Si) libera o (biossido di silicio) che si trova in<br />

natura come: Si cristallina, Si amorfa idrata o anidra. Il potere patogeno della Si è legato a: a)<br />

Concentrazione della polvere nell’aria che deve essere superiore a 100 part/ml; b) volume delle<br />

particelle: quelle con diametro tra 0,5/2 µ sono le più patogene; c) temperatura: oltre i 1000-<br />

1500 gradi il quarzo si trasforma in cristobalite, più fibrosante; d) durata: la pneumoconiosi<br />

insorge dopo 10-20 anni di esposizione; e) fattori individuali: danno della clearance mucociliare,<br />

tabagismo, flogosi, diversa reattività immunologica.<br />

La patogenesi della silicosi riconosce due stadi. Nel primo le particelle di Si vengono fagocitate<br />

dai macrofagi alveolari e interstiziali. I cristalli provocano lesione delle membrane lisosomiali<br />

con spandimento di enzimi e autodigestione della cellula. In questa fase si verifica la liberazione<br />

di mediatori chimici che richiamano ed attivano altre cellule (macrofagi, linfociti, fibroblasti).<br />

Nel secondo stadio prevale la stimolazione del fibroblasto, da parte del macrofago leso, con<br />

produzione di collageno e tessuto fibroso.<br />

La lesione elementare è costituita dal nodulo silicotico centroacinare (in prossimità del<br />

bronchiolo respiratorio). Inizialmente ha i caratteri di un granuloma (nodulo istiocitario),<br />

successivamente e’ formato da da fibre collagene ialinizzate con una periferia di collageno<br />

recente con macrofagi e linfociti (nodulo fibro-istiocitario), con aspetto a bulbo di cipolla. Si ha


infine il nodulo fibroialino, scarsamente cellulare. I noduli sono disposti in sede parailare e nei<br />

lobi superiori in prossimità del connettivo perivascolare, subpleurico, interlobare. Si hanno:<br />

occlusione dei linfatici, ed ectasie venose. Le particelle di Si raggiungono i linfonodi con<br />

fenomeni di fibrosi e calcificazioni in tale sede. Macroscopicamente possiamo avere una forma<br />

disseminata con nodulazioni (micro o macronoduli) diffuse su entrambi i polmoni, una forma<br />

confluente con masse compatte in sede parailare bilateralmente e una forma massiva con fibrosi<br />

estesa e con zone pseudoescavate. Talvolta il quadro è quello di fibrosi diffusa senza noduli.<br />

La silicosi come malattia insorge solitamente dopo anni di esposizione a silice. I sintomi sono<br />

inizialmente vaghi e non sempre correlati al quadro radiologico che può costituire il primo segno<br />

di silicosi. Sintomi comuni sono la dispnea da sforzo ingravescente e la tosse. Nelle forme<br />

evolutive compaiono i segni di compromissione cardiocircolatoria (cuore polmonare) e frequenti<br />

sovrainfezioni batteriche. Non sono specifiche le alterazioni funzionali respiratorie e cardiache<br />

che presentano caratteristiche simili a quelle in corso di BPCO. Non sempre la malattia è<br />

evolutiva; in assenza di ulteriore esposizione alla silice il quadro può mantenersi costante per<br />

anni. Per motivi storici, ma non fisiopatologici, sono rimaste in uso le denominazioni di silico-<br />

TBC e la Sindrome di Caplan-Collinet (silicosi+artrite rematoide).<br />

13.1.2 Quadri RX e nomenclatura<br />

Nell’evoluzione del quadro RX si ritiene che un primo stadio di reticolazione diffusa prevalente<br />

nelle regioni parailari preceda un secondo stadio nodulare e/o reticolonodulare con disposizione<br />

caratteristica ad “ali di farfalla”.<br />

L’evoluzione puo non essere così schematica: in alcune forme prevale la componente<br />

interstiziale in altre quella nodulare. L’interessamento linfonodale è costante con linfonodi ilari<br />

calcificati a guscio d’uovo. Negli stadi avanzati possono essere presenti opacità grossolane a<br />

volte escavate.<br />

Esiste una nomenclatura standard ad uso assicurativo per le lesioni radiologiche silicotiche. I<br />

noduli (prevalentemente ai campi superiori) sono indicati con i simboli p (


producono fattori chemiotattici per neutrofili, eosinofili e linfociti. E’ rilevante l’aumentata<br />

produzione di radicali ossidanti. Conseguono lesioni a carico dei pneumociti di tipo I e<br />

proliferazione riparativa dei pneumociti di tipo II. I macrofagi attivati producono fattori<br />

(fibronectina, PDGF) favorenti l’adesione dei fibroblasti alla matrice connettivale e secernono<br />

fattori di progressione (AMDGF) in grado di indurre proliferazione fibroblastica. Altri mediatori<br />

macrofagici coinvolti nell’ attivazione dei fibroblasti sono IL-1β, TNFα e IGF-1. La<br />

proliferazione fibroblastica rimpiazza i pneumociti di tipo II con successiva deposizione di<br />

tessuto. L’esito finale è l’ispessimento delle pareti alveolari, bronchiolari e la fibrosi diffusa. I<br />

neutrofili vengono richiamati precocemente nell’alveolo ad opera della IL-8 secreta dai<br />

macrofagi.. La fibrosi pleurica ha patogenesi nell’azione delle fibre di asbesto sulle cellule<br />

mesenchimali sub-mesoteliali che proliferano per effetto dei fattori di crescita liberati nel<br />

processo infiammatorio. L’effetto mutageno (fibre tra 1 e 5 µ) responsabile dell’insorgenza di<br />

mesotelioma sembrerebbe dovuto ad un danno diretto; quando le cellule entrano in mitosi le<br />

fibre interagiscono con le strutture cromosomiche o con le proteine a esse associate.<br />

13.2.2 Quadro clinico e radiologico<br />

La sintomatologia nelle fasi iniziali è sempre modesta ed anche nelle fasi avanzate non ha nulla<br />

di caratteristico rispecchiando completamente la sintomatologia delle BPCO: dispnea da sforzo<br />

ingravescente e tosse. L’interessamento pleurico può dar luogo a versamento (anche emorragico)<br />

con tutti i segni e sintomi della pleurite. Se non interviene una neoplasia pleurica o polmonare, la<br />

pneumoconiosi evolve verso un quadro di insufficienza respiratoria e cuore polmonare. Questa<br />

pneumoconiosi ha spesso un carattere evolutivo anche dopo la cessazione dell’esposizione. Il<br />

quadro funzionale è quello della fibrosi con associati segni di ostruzione delle vie aeree<br />

(insufficienza ventilatoria restrittiva o mista).<br />

La fibrosi si manifesta radiologicamente con un quadro di tipo reticolare o reticolo-nodulare,<br />

inizialmente con opacità tenui prevalenti ai lobi inferiori; sucessivamente si possono avere<br />

opacità dense, conglomerazione di opacità nodulari o fibrosi massiva, ma tali quadri sono molto<br />

rari. Il quadro RX è quindi sempre meno importante rispetto alla silicosi; le opacità prevalgono<br />

ai lobi inferiori e non si escavano. Frequente è l’ispessimento pleurico fino a quadri di<br />

pachipleurite con calcificazioni.<br />

13.3 BERILLIOSI<br />

L’esposizione al berillio (Be), usato nella produzione del fosforo fluorescente e come costituente<br />

di leghe metalliche, puo dare un quadro del tutto simile alla sarcoidosi. La patogenesi è riferibile<br />

a reazioni di 4°tipo. Il Be provoca una risposta cutanea di tipo ritardato simile a quella<br />

tubercolinica nei pazienti affetti da berilliosi. Inoltre i linfociti di sangue periferico e quelli di<br />

BAL (soprattutto T CD4+) di soggetti che presentano la malattia proliferano in vitro se stimolati<br />

con berillio. La stessa cosa non accade in soggetti che, pur esposti al berillio, non sviluppano la<br />

malattia. Questo suggerisce l’esistenza di fattori individuali predisponenti per lo sviluppo di<br />

ipersensibilità nei confronti di questo metallo e quindi delle lesioni a livello polmonare da esso<br />

indotte. Inoltre conferisce valore diagnostico al test di proliferazione linfocitaria in vitro. In<br />

base a recenti acquisizioni sperimentali, il berillio si comporta da aptene che, una volta legato a<br />

proteine endogene,acquista potere antigenico. Dal punto di vista clinico,la berilliosi si manifesta<br />

con un quadro di granulomatosi sistemica del tutto simile alla sarcoidosi. Il granuloma è<br />

similsarcoideo con cellule giganti, linfociti, plasmacellule; nel BAL è presente linfocitosi di tipo<br />

T. Rispetto alla sarcoidosi si ha un minor interessamento ghiandolare ilare.<br />

13.4 PNEUMOCONIOSI DA POLVERI INERTI<br />

Sono pneumopatie da accumulo nel polmone di polveri che non provocano fibrosi e non<br />

stimolano in maniera particolare la risposta immune. Il danno polmonare è dovuto al venir meno<br />

dei meccanismi di depurazione del polmone per il superamento delle capacità della clearance


mucociliare di smaltire tutte le polveri inalate. Se le polveri superano la concentrazione di 10/ml<br />

le normali capacità di depurazione vengono meno e si creerà un accumulo di polveri tanto<br />

maggiore quanto maggiore sarà la concentrazione nell’aria inspirata e quanto più prolungata sarà<br />

l’esposizione. In certi casi tali pneumoconiosi possono evolvere in fibrosi sia per la<br />

contemporanea presenza di silice nelle polveri sia per il coesistere di processi flogistici. La<br />

durata di esposizione prima che si manifesti il quadro clinico è in genere di molti anni. La non<br />

progressione del quadro clinico dopo la sospensione dell’esposizione (perche’ non esiste<br />

attivazione immunitaria) le differenzia dalle pneumoconiosi fibrosanti.<br />

POLVERI INERTI<br />

Accumulo e impregnazione del<br />

parenchima<br />

TIPO <strong>DI</strong><br />

ESPOSIZIONE LAVORATIVA<br />

Antracosi Minatori e lavoratori del carbone<br />

Grafitosi Lavoratori di grafite<br />

Siderosi Miniere di ferro, laminatoi, industria siderurgica,<br />

Pneumoconiosi da Stagno, Cerio,<br />

Bario<br />

saldatori<br />

Lavorazione del minerale specifico<br />

Nell’antracosi, il carbone inalato provoca un danno da sovraccarico dei sistemi di depurazione<br />

bronchiale con accumulo delle polveri a livello bronchiolare, danno dei bronchioli respiratori per<br />

atrofia della muscolatura e dilatazione del lume. L’accumulo delle polveri determina la<br />

formazione del nodulo coniotico costituito da macrofagi che inglobano le particelle di carbone; è<br />

questo lo stadio della pneumoconiosi semplice che puo complicarsi con un quadro di fibrosi se<br />

insorgono processi flogistici o per la coesistenza di quote di silice nelle polveri inalate. Il quadro<br />

RX iniziale di pneumoconiosi semplice è di tipo reticolare o reticolonodulare mentre nelle forme<br />

di fibrosi massiva prevalgono opacità di varie dimensioni prevalenti ai campi superiori. La<br />

sintomatologia è quella delle broncopneumopatie croniche.<br />

La siderosi è una pneumoconiosi che si riscontra nei minatori di miniere di Fe, negli addetti ai<br />

laminatoi, negli operai delle acciaierie, nei saldatori. E’ una pneumoconisi benigna e spesso<br />

asintomatica. Si manifesta all’RX con un quadro di reticolonodulazione che puo’ anche regredire<br />

dopo la sospensione dell’esposizione. Nell’espettorato di questi soggetti è caratteristica la<br />

presenza di macrofagi inglobanti Fe (siderociti). Dal punto di vista anatomopatologico si hanno<br />

macrofagi contenenti Fe in sede bronchiolare, peribronchiolare, perivascolare e linfatica.<br />

Esistono ovviamente forme miste di pneumoconiosi, dovute a polveri fibrosanti associate a<br />

quelle inerti. Va comunque evidenziato che le polveri di carbone esercitano, in alcuni casi, un<br />

effetto protettivo nei riguardi della fibrosi da silice per la presenza di silicato di alluminio che<br />

blocca la tossicità della silice stessa. Dal punto di vista anatomo patologico e radiologico<br />

l’evoluzione della fibrosi è lenta e meno grave rispetto alla silicosi pura. Le forme più comuni<br />

sono l’antracosilicosi (minatori di carbone addetti alla perforazione ed allo spargimanto di<br />

sabbia sulle rotaie) e la siderosilicosi che si riscontra nei lavoratori delle fonderie, negli addetti<br />

alla molatura di materiali ferrosi, nei macinatori di terra d’ocra.


14. NEOPLASIE POLMONARI E PLEURICHE<br />

I tumori del polmone possono esser distinti in primitivi (se il tumore è d'origine polmonare), e<br />

secondari (metastasi di tumori a partenza da altri organi). I tumori primitivi sono, a loro volta,<br />

distinti in benigni e maligni. I tumori benigni sono rari (circa il 6% delle neoplasie), mentre i<br />

maligni (carcinoma broncogeno) rappresentano la stragrande maggioranza. In teoria, ciascuno<br />

degli istotipi presenti nel polmone può dare origine a neoplasie benigne o maligne, ed infatti la<br />

classificazione dell’OMS ècbasata sull’istologia. Ricordiamo tuttavia che nella pratica clinica<br />

rimane valida la suddivisione generale in tumori benigni e maligni.<br />

14.1 TUMORI BENIGNI E A MALIGNITA’ RIDOTTA<br />

I tumori benigni possono presentarsi con forme istologiche diverse (tabella 14.1). Alcuni di loro,<br />

pur essendo classificati tra le forme benigne, hanno una certa potenzialità evolutiva. Per queste<br />

forme (tumori carcinoidi e cilindromi), si preferisce parlare di tumori polmonari a basso grado<br />

di malignità. Tali neoplasie evolvono lentamente, recidivano in loco e danno rare metastasi. I<br />

tumori benigni, come quelli a malignità ridotta, devono comunque essere tenuti ben distinti dai<br />

comuni carcinomi broncogeni per l’istogenesi, l’evoluzione clinica e il trattamento. A differenza<br />

del carcinoma broncogeno, non riconoscono alcun fattore eziologico particolare. I tumori<br />

periferici (amartoma, fibroma, leiomioma) sono asintomatici e solitamente di riscontro<br />

occasionale; i tumori situati in sede endobronchiale possono simulare un carcinoma broncogeno<br />

oppure dare luogo a processi infettivi ricorrenti o sindromi da ostruzione bronchiale.<br />

TAB 14.1 Classificazione dei tumori benigni e a basso grado (adenomi)<br />

Epiteliali: papilloma, polipo, timoma Origine ignota: amartoma, teratoma,<br />

Mesenchimali vascolari: angioma,<br />

linfangiomatosi<br />

chemodectoma, t.a cellule chiare<br />

Mesenchimali bronchiali: fibroma,<br />

condroma,<br />

lipoma, leiomioma, neurinoma,<br />

neurofibroma<br />

t.a cellule granulose<br />

Dal punto di vista macroscopico gli adenomi si presentano come neoformazioni con sede in un<br />

bronco principale o lobare, aggettanti nel lume (forma peduncolata), con accrescimento<br />

endobronchiale, oppure si estrinsecano verso il parenchima polmonare assumendo particolari<br />

aspetti definiti ad “iceberg” (forme sessili). Dal punto di vista istologico si distinguono tumori<br />

carcinoidi (85%), adenomi adeno-cistici, carcinomi mucoepidermoidi, adenomi polimorfi.<br />

• Il carcinoide è una neoplasia costituita da cellule del sistema APUD e può quindi essere<br />

inserita nel capitolo delle neoplasie neuroendocrine; sembrano derivare patogeneticamente dalle<br />

cellule di Kultschitzski originate dalla cresta neurale. In base alla sede si distinguono: il<br />

carcinoide a sede centrale che si manifesta con un quadro sintomatologico di tipo ostruttivo; il<br />

carcinoide a sede periferica di riscontro poco frequente e paucisintomatico; e il carcinoma atipico<br />

con comportamento simile al microcitoma, con maggiore linfoinvasività e possibilità di<br />

metastatizzazione a distanza.<br />

• L’adenoma adenocistico insorge frequentemente a livello della trachea o della carena; ha<br />

crescita lenta e progressiva che non si accompagna ad un concomitante peggioramento del<br />

quadro clinico, tanto che la diagnosi è spesso posta quando la neoplasia ha raggiunto dimensioni<br />

tali da comprometterne la resecabilità.<br />

• Il tumore muco-epidermoide deriva dalle ghiandole mucose del bronco, microscopicamente<br />

può presentare svariati quadri che dall’adenoma muco-epidermoide benigno vanno fino al


carcinoma epidermoide con possibilità di diffusione metastatica, a seconda del grado di<br />

differenziazione.<br />

• I tumori misti (adenomi polimorfi) sono solitamente ubicati in trachea e possono raggiungere<br />

dimensioni notevoli richiedendo interventi di ricostruzione tracheale.<br />

14.2 TUMORI MALIGNI (Carcinomi polmonari o broncogeni)<br />

14.2.1 EPIDEMIOLOGIA<br />

Nei primi decenni del secolo, il carcinoma polmonare (CaP) era una vera e propria rarità: la<br />

prima resezione per tumore del polmone, di cui si ha notizia, fu eseguita nel 1933. Oggi la<br />

situazione è radicalmente cambiata: il CaP rappresenta la neoplasia toracica più frequente,<br />

costituendo il 90% di tutte le forme neoplastiche primitive polmonari. Esso è anche la neoplasia<br />

più frequente nell'uomo, e la quinta nel sesso femminile. E’ la neoplasia che detiene il record<br />

della mortalità.<br />

Secondo i dati dell’OMS i nuovi casi di tumore del polmone sono stati 660.000 nel 1980, e<br />

896.000 nel 1985 (11,8% di tutti i nuovi casi di cancro). La crescita ha tasso di 0,5% all'anno. Il<br />

KP e’ la neoplasia più comune nei maschi (17,6% di tutti i nuovi casi). In Europa, tale<br />

percentuale raggiunge il 21% ed e’ responsabile del 29% delle morti per cancro nell’uomo.<br />

Nelle donne, le percentuali sono sensibilmente inferiori essendo rispettivamente pari al 4 e<br />

all'8%. Su base mondiale, il CaP rappresenta, nella donna, il quinto più frequente tipo di cancro,<br />

ed è in rapida crescita. In Italia, si hanno percentuali che si collocano ai livelli medio-alti<br />

Europei, con ampie differenze regionali tra le regioni del nord (altissimo rischio) e quelle del sud<br />

(rischio medio-basso). Globalmente, nel nostro paese, il numero di nuovi casi di CP continua ad<br />

aumentare, rappresentando la prima causa di morte per neoplasia. Il picco d’incidenza si registra<br />

tra la quinta e la sesta decade di vita. Oltre un terzo dei nuovi casi è diagnosticato in soggetti<br />

d’età superiore ai 70 anni. Essendo la letalità del CaP molto alta, i tassi di mortalità rispecchiano<br />

fedelmente i tassi d’incidenza. In Italia il tasso di mortalità è di 81 per 100 000 maschi e di 12<br />

per 100 000 femmine. In relazione all’età, il carcinoma del polmone è in rapido aumento con<br />

incidenza inferiore a 1 per 100 000 prima dei 30 anni e di 329 per 100 000 tra 70 e 74 anni. Alla<br />

diagnosi l’età media è di 60 anni.<br />

14.2.2 FATTORI <strong>DI</strong> RISCHIO E CENNI <strong>DI</strong> PREVENZIONE<br />

Il CaP, come tutte le neoplasie, è una condizione ad insorgenza multifasica e multifattoriale;<br />

numerosi sono i fattori di rischio e nell’ambito di questi possono essere individuate le seguenti<br />

categorie: fumo di sigaretta, fattori genetici, fattori occupazionali, inquinamento ambientale e<br />

dieta.<br />

• Fumo. Numerosi studi hanno evidenziato una reale relazione statisticamente significativa tra<br />

fumo di sigaretta ed incidenza del carcinoma broncogeno. L’incidenza del CaP segue fedelmente<br />

il tabagismo nella popolazione. Secondo una recente stima, in Italia, fuma circa il 41% della<br />

popolazione maschile ed il 18% di quella femminile e la percentuale di decessi per tumore<br />

dell’apparato respiratorio da attribuire al fumo di sigaretta è pari all’87%. Altri studi dimostrano<br />

che le consorti di soggetti fumatori presentano un rischio 2-3 volte più elevato di contrarre la<br />

malattia; inoltre si è dimostrato un incremento significativo (da 35 a 53%) del rischio di<br />

insorgenza di carcinoma broncogeno nei soggetti non fumatori che convivono con fumatori.<br />

• Fattori genetici. Le neoplasie polmonari si associano ad anomalie cromosomiche (delezioni,<br />

amplificazioni, mutazioni) a carico della struttura dei cromosomi (3p, 13q e 17p) e del loro<br />

numero.<br />

Un ulteriore approfondimento dei meccanismi genetici della origine del carcinoma broncogeno è<br />

dato dalla recente scoperta del gene FHIT (fragile histidine triad) che si trova sul braccio corto<br />

del cromosoma 3 (regione 3p14.2). anomalie dei prodotti di trascrizione di questo gene sono<br />

state riscontrate soprattutto nei microcitomi ma sono presenti anche nei non-microcitomi. La


mutazione più studiata è quella a carico del gene p53 situato sul 17p: in una quota di pazienti<br />

(13-23%) sono stati rilevati anticorpi che riconoscono la p53.<br />

• Fattori occupazionali. E’ stimato che una percentuale di carcinomi broncogeni (variabile a<br />

seconda delle casistiche, ma sempre molto inferiore a quella legata al funo) può essere attribuita<br />

all’esposizione occupazionale; gli agenti eziologici possono essere chimici (organici ed<br />

inorganici) o fisici: radiazioni, catrame, peci, fuliggini, paraffine grezze oli lubrificanti,<br />

clorometiletere e bisclorometiletere, asbesto, arsenico, cromo, nichel, cadmio, silice; è comunque<br />

da considerare l’effetto moltiplicatore del fumo di sigaretta.<br />

• Fattori ambientali Il benzopirene ed altri idrocarburi aromatici presenti nell’atmosfera si sono<br />

dimostrati cancerogeni nell’animale; queste sostanze hanno la prerogativa di permanere a lungo<br />

nei polmoni per la loro stabilità e per la loro difficile eliminazione. Comparando l’incidenza di<br />

neoplasie polmonari negli abitanti delle zone urbane rispetto a quelle rurali, in alcuni si nota per i<br />

primi un aumento di 2-3 volte. Il radon è un prodotto naturale del decadimento dell’uranio<br />

capace di indurre mutazioni del DNA; è emesso dai materiali di costruzione, dal suolo,<br />

dall’acqua e si diffonde attraverso le strutture interrate degli spazi abitati. Interagendo con altri<br />

fattori, quali il fumo di sigaretta, si è notato un sinergismo con moltiplicazione del rischio CaP.<br />

• Dieta L’assetto nutrizionale vitaminico è considerato un fattore che può incidere sul rischio per<br />

carcinoma broncogeno: è stata evedenziata una correlazione tra maggior consumo di verdure e<br />

minor rischio; il contrario è dimostrato per i grassi poliinsaturi: le reazioni di questi con<br />

l’ossigeno molecolare ed il loro metabolismo verso le preostaglandine sono in grado di<br />

promuovere la formazione di radicali liberi, dai quali viene indotto un danno sia a livello di<br />

membrana sia a livello di DNA.<br />

• Cenni di prevenzione<br />

Esistono tre livelli di intervento preventivo per il tumore del polmone:<br />

prevenzione primaria, il cui intento è quello di diminuire l’incidenza della malattia. Questa<br />

pertanto si prefigge lo scopo di far sì che la popolazione si ammali di meno. La prevenzione<br />

primaria deve pertanto agire sul controllo dei fattori di rischio attraverso un’adeguata educazione<br />

sanitaria. Attualmente, la miglior misura di prevenzione primaria è la lotta al tabagismo.<br />

Prevenzione secondaria, che ha l’obbiettivo di diminuire la mortalità, per cui essa è volta al<br />

raggiungimento di diagnosi precoci e quindi utili ai fini di un trattamento adeguato.<br />

Prevenzione terziaria, il cui scopo è quello di controllare le complicazioni al fine di ottenere una<br />

adeguata qualità di vita, senza intervenire sulla sopravvivenza.<br />

14.2.3 ANATOMIA PATOLOGICA<br />

Dal punto di vista istopatologico, i tumori maligni del polmone traggono origine nel 90-95% dei<br />

casi dall’epitelio di rivestimento e dalle ghiandole dell’albero bronchiale. Quattro sono gli<br />

istotipi principali, che, peraltro, vengono distinti in due sole grandi classi: i tumori non<br />

microcitomi (Non Small Cell Lung Cancer – NSCLC) ed i microcitomi o tumori a piccole<br />

cellule (SCLC, Small Cell Lung Carcinoma). I primi sono: il carcinoma a cellule squamose o<br />

epidermide (circa il 40%)), l’adenocarcinoma (circa il 20%) ed il carcinoma a grandi cellule<br />

(15%). Fra i secondi sono compresi i tumori indifferenziati a piccole cellule di derivazione<br />

neuroendocrina. Questi due grandi tipi cellulari presentano differente evoluzione clinica e<br />

differente risposta al trattamento. In particolare, i SCLC sono virtualmente disseminati fin<br />

dall’inizio, molto invasivi ed a rapida replicazione. Queste caratteristiche fanno si che i SCLC<br />

paradossalmente rispondano meglio nel breve termine alla terapia citotossica.<br />

a) Tumori NSCLC<br />

- Carcinoma squamoso. I carcinomi squamosi si sviluppano come lesioni isolate, nodulari,<br />

rotondeggianti nel contesto del parenchima polmonare, o come tumori endoluminali e<br />

stenosanti all'interno dell'albero bronchiale. La superficie di sezione appare di aspetto friabile,<br />

talvolta granulare e caratteristicamente asciutta. La necrosi del tumore, talvolta visibile come<br />

ampie cavità, è tipica degli stadi avanzati. Microscopicamente si osservano complessi epiteliali


uniformi, similepidermici; talvolta sono evidenti le tipiche formazioni a bulbo di cipolla e i<br />

caratteristici ponti intercellulari. La componente cheratinica è caratteristicamente responsabile<br />

della formazione di perle epiteliali dette anche perle cornee. Il tumore contiene uno stroma<br />

costituito prevalentemente da collagene di tipo I e III. Col diminuire della differenziazione, il<br />

contenuto stromale si riduce. L'espressione delle proteine del citoscheletro, dei tonofilamenti e la<br />

cheratinizzazione alterata sono correlate all'entità della differenziazione.<br />

Immunoistochimicamente, tutti i carcinomi bronchiali spinocellulari reagiscono con gli anticorpi<br />

anticitocheratina.<br />

- Adenocarcinoma L'adenocarcinoma si sviluppa prevalentemente alla periferia dei polmoni e<br />

si caratterizza per la presenza di strutture similghiandolari. Dal punto di vista istochimico, è<br />

dimostrabile la presenza di vacuoli secretori nel contesto di cellule epiteliali atipiche. In più del<br />

50% dei casi si osservano aree focali di differenziazione squamosa. In una elevata percentuale si<br />

possono osservare strutture pleomorfe, sdifferenziate e a cellule giganti.<br />

Esistono quattro sottotipi principali di adenocarcinoma: 1) l’adenocarcinoma acinoso; 2)<br />

l’adenocarcinoma papillare; 3) l’adenocarcinoma solido con formazione di muco e 4) il<br />

carcinoma bronchioloalveolare. L'adenocarcinoma acinoso è caratterizzato da strutture<br />

ghiandolari atipiche. Il carcinoma papillare presenta un modello di crescita a villi papillari che<br />

infiltrano il lume ghiandolare o che crescono all 'interno degli alveoli. L'adenocarcinoma solido<br />

cresce sotto forma di cordoni cellulari solidi. La dimostrazione di vacuoli citoplasmatici<br />

contenenti mucina è essenziale per distinguere queste forme dai carcinomi a grandi cellule. Nel<br />

carcinoma bronchioloalveolare, le cellule tumorali aderiscono strettamente alle pareti alveolari<br />

preesistenti. Attualmente, si ritiene che l'epitelio della parte terminale del bronchiolo, le cellule<br />

di Clara (cellule presenti su bronchi e bronchioli coinvolte nella secrezione della sostanza<br />

tensioattiva polmonare) o i pneumociti di tipo II siano le cellule d'origine del carcinoma<br />

bronchioloalveolare.<br />

- Carcinoma a grandi cellule La classificazione dell'OMS considera ancora il carcinoma a grandi<br />

cellule come entità a se stante, nonostante sia sempre più evidente che i carcinomi a grandi<br />

cellule sono varianti degli adenocarcinomi e, talvolta, dei carcinomi spinocellulari. Dal punto di<br />

vista istochimico, sono espressi diversi marcatori epiteliali, fra cui la cheratina, l'antigene<br />

epiteliale di membrana (EMA) ed il CEA. Nel carcinoma a grandi cellule possono osservarsi<br />

segni di differenziazione esocrina e/o neuroendocrina.<br />

b) Tumori SCLC<br />

- Carcinoma a piccole cellule Il carcinoma polmonare a piccole cellule si sviluppa di solito<br />

centralmente, mostrando una crescita a cuffia peribronchiale e perivascolare. Al microscopio<br />

ottico è documentabile la presenza di piccole cellule con nuclei apparentemente vuoti e con poco<br />

citoplasma. Le cellule assomigliano ai linfociti e possono avere un aspetto fusiforme. Il<br />

carcinoma a piccole cellule può essere del tipo "a chicco d'avena" (circa l'88%) o di tipo cellulare<br />

intermedio. Se un carcinoma a piccole cellule contiene anche significative aree di<br />

differenziazione istologica in senso spinocellulare e/o di adenocarcinoma è denominato<br />

carcinoma "combinato". Dal punto di vista citologico, le cellule tumorali sono di dimensioni 1,5<br />

volte più grandi dei linfociti, sono disposte in ampi cordoni e presentano nuclei ipercromatici di<br />

forma irregolare spesso senza nucleoli e con sottili margini citoplasmatici. Le indagini<br />

immunoistochimiche sono utili per l'ulteriore caratterizzazione. Nel carcinoma a piccole cellule,<br />

originantesi da cellule simili a quelle del sistema neuroendocrino, è dimostrabile la presenza di<br />

sostanze simil-ormonali. Al microscopio elettronico si possono osservare strutture analoghe ai<br />

granuli neurosecretori intracitoplasmatici. Nel 95% dei casi, le cellule contengono granuli<br />

elettrondensi. Questi granuli contengono, tra gli altri peptidi, l'enolasi neurospecifica (NSE).<br />

Dal punto di vista istogenetico, il carcinoma a piccole cellule deriverebbe dalle cellule endocrine<br />

del Kultschitzky del sistema bronchiale (il cosiddetto sistema APUD). Differiscono dai<br />

carcinoidi per le loro caratteristiche pleomorfe, per l'invasione locale e vascolare, per la fibrosi<br />

stromale, per l'attività mitotica e per l'entità della necrosi.


Utilizzando marcatori di proliferazione, i carcinomi a piccole cellule rivelano frazioni di crescita<br />

del 50% in confronto al 10% circa degli adenocarcinomi. Questo si correla bene con un tempo di<br />

raddoppiamento approssimativo di 50 giorni, rispetto ai 183 giorni degli adenocarcinomi.<br />

c) Tipi speciali di tumori del polmone e lesioni preneoplastiche<br />

Carcinoma occulto. Si parla di carcinoma occulto, quando si rinvengono cellule tumorali con<br />

l'esame citologico dell'escreato in presenza di negatività radiologica. In tali situazioni cliniche è<br />

necessario effettuare immediatamente l'esame endoscopico, possibilmente con metodiche in<br />

grado di identificare un carcinoma ad uno stadio precoce di sviluppo.<br />

Microcarcinoma. Tale termine è usato per i tumori primitivi del polmone che misurano meno di<br />

3 mm, in assenza di malattia polmonare clinicamente rilevabile. Istologicamente la maggior<br />

parte dei microcarcinomi polmonari sono carcinomi a piccole cellule con diffusione metastatica<br />

già estesa, clinicamente manifesta. All'autopsia la minuta lesione primaria può in alcuni casi<br />

essere rilevata solo dopo l'attenta preparazione dell'intero sistema bronchiale.<br />

Formazioni neoplastiformi (Tumorlets) Le formazioni neoplastiformi sono proliferazioni<br />

epiteliali atipiche a carico del bronchiolo terminale nelle zona di passaggio alla componente<br />

alveolare. Si rinvengono frequentemente negli stadi avanzati della fibrosi polmonare,<br />

particolarmente nell'asbestosi, e nel tessuto polmonare dopo chemioterapia citotossica. Le<br />

formazioni neoplastiformi sono focali, visibili solo microscopicamente, talvolta multiple. Si<br />

pensa che siano precursori dei carcinomi a piccole cellule periferici.<br />

La diffusione linfatica del carcinoma polmonare colpisce inizialmente i linfonodi regionali<br />

peribronchiali ed ilari, successivamente i linfonodi mediastinici omolaterali e infine i<br />

controlaterali.<br />

La sede più frequente di metastatizzazione per via ematica risulta essere il fegato (40%); altri<br />

organi interessati sono lo scheletro (29%), surrene (26%), sistema nervoso centrale (14%) con<br />

differenze dovute al tipo istologico del tumore primitivo.<br />

14.2.4 CLASSIFICAZIONE TNM<br />

La stadiazione è una misura dell'estensione della neoplasia. Si determina la dimensione del<br />

tumore, la sede ed il grado di infiltrazione loco-regionale (T). Successivamente, viene valutata la<br />

presenza di disseminazione linfatica (N) o ematogena (M). In base a questi parametri viene<br />

assegnato lo stadio. Le definizioni del grado di estensione della malattia neoplastica (TNM) per i<br />

NSCLC sono adottate universalmente e consentono confronti di casistiche all'interno della stessa<br />

istituzione, o tra istituzioni diverse. La stretta correlazione esistente fra estensione di malattia<br />

(stadio) da un lato e possibilità terapeutiche e prognosi dall’altro è di estremo valore per il<br />

singolo paziente. La classificazione TNM attualmente in uso è stata proposta da C. Mountain nel<br />

1986 e riveduta nel 1997 (Tab 14.2).


14.2 Classificazione TNM<br />

T<br />

T0<br />

T1s<br />

T1<br />

T2<br />

T3<br />

T4<br />

N<br />

N0<br />

N1<br />

N2<br />

N3<br />

M<br />

M0<br />

M1<br />

Tumore primitivo<br />

Nessuna evidenza di tumore primitivo<br />

Carcinoma in situ<br />

Tumore 3 cm che interessa il bronco principale distalmente almeno 2 cm dalla carena, o<br />

che invade la pleura viscerale o con atelettasia o polmonite ostruttiva che non interessa il<br />

polmone in toto.<br />

Tumore che si estende alla parete toracica, al diaframma, o pleura mediastinica, o<br />

pericardio senza interessare le strutture mediastiniche, o tumore del bronco a meno di 2 cm<br />

dalla carena tracheale senza interessarla.<br />

Tumore che invade gli organi mediastinici. Cuore, grossi vasi, esofago trachea, vertebre,<br />

carena o con versamento pleurico citologicamente positivo.<br />

Linfonodi regionali<br />

Assenza di interessamento linfonodale<br />

Interessamento dei linfonodi peribronchiali o ilari omolaterali<br />

Interessamento dei linfonodi mediastinici omolaterali o sottocarenali<br />

Interessamento dei linfonodi mediastinici e/o ilari e/o scalenici omo- e controlaterali<br />

Metastasi a distanza<br />

Assenza di metastasi a distanza<br />

Presenza di metastasi a distanza<br />

Le varie combinazioni TNM sono raggruppate in un piccolo numero di stadi di malattia così che<br />

in ogni stadio vi sia un'aspettativa di vita comparabile. La Tabella 14.3 riassume le modalità di<br />

raggruppamento in stadi.<br />

Stadi secondo il TNM<br />

Stadio 0<br />

Stadio I<br />

Stadio II<br />

Stadio IIIA<br />

Stadio IIIB<br />

Stadio IV<br />

T1s N0 M0<br />

T1-2 N0 M0<br />

T1-2 N1 M0<br />

T3 N 0-1 M0<br />

T1-3 N2 M0<br />

T1-3 N3 M0<br />

T4 N0-3 M0<br />

T1-4 N0-3 M1<br />

Per quanto riguarda i SCLC, la classificazione è molto più semplice, indicando una forma<br />

localizzata (confinata ad un emitorace ed ai LN regionali compresi in una finestra TC) ed una<br />

forma diffusa.<br />

14.2.5 PRESENTAZIONE CLINICA<br />

La storia naturale del tumore polmonare, come per tutti i tumori maligni, inizia con<br />

l’esposizione di un soggetto ad agenti cancerogeni che inducono modificazioni cellulari con<br />

comparsa di atipie che possono evolvere a loro volta verso il carcinoma in situ e/o verso il<br />

carcinoma invasivo vero e proprio. Con l’inizio dell’accrescimento locale e dei fenomeni<br />

invasivi, il cancro del polmone può dare origine a segni e sintomi che dipendono dalla crescita<br />

locale del tumore, dall’invasione delle strutture circostanti e dei linfatici (vedi figura 14.1),


dalla diffusione metastatica sistemica ed infine da effetti a distanza della malattia neoplastica<br />

(sindromi paraneoplastiche).<br />

I sintomi e segni locali sono dovuti alla crescita del tumore entro il parenchima. Poiché il<br />

parenchima polmonare non ha recettori algogeni, il tumore può anche crescere senza<br />

manifestarsi e dare segno di sé solo quando invade qualche struttura “non muta”. L’invasione dei<br />

bronchi può causare tosse, emottisi, dispnea. L’atelettasia può favorire l’insorgenza di polmonite<br />

e talvolta ascesso. Non è infrequente diagnosticare occasionalmente il CaP proprio in corso di<br />

polmonite. Date le strutture anatomiche contigue, il CaP può anche presentarsi come:<br />

- Sindrome di Pancoast (algie persistenti alla spalla e al braccio) dovuta all’invasione del plesso<br />

brachiale<br />

- Sindrome di Claude Bernard-Horner (miosi ptosi, enoftalmo), da deficit dell’ortosimpatico<br />

cervicale che decorre presso l’apice polmonare. La sindrome irritativi di Pourfur-Petit (midriasi,<br />

retrazione palpebrale) è rarissima. Queste tre sindromi sono dovute ai tumori dell’apice, presso<br />

cui decorrono le strutture nervose.<br />

- Disfagia, da interessamento dell’esofago<br />

- Disfonia, da deficit e compressione del ricorrente<br />

- Singhiozzo, da irritazione del frenico o paralisi di un emidiaframma da compressione del<br />

frenico con dispnea<br />

- Versamento pericardico, con turgore delle giugulari, aritmie, segni di tamponamento.<br />

- Sindrome della vena cava superiore, con edema a mantellina<br />

- Versamento pleurico. Quest’ultimo può associarsi o no a dolore pleurico e provocare dispnea<br />

quando diventa molto abbondante.<br />

I segni e sintomi da replicazione metastatica dipendono ovviamente dalla sede della metastasi.<br />

Sedi preferenziali di metastatizzazione sono: surrene, ossa della gabbia toracica, vertebre e<br />

bacino (dolori ossei profondi e intensi), encefalo (crisi comiziali, sindrome psicorganica, deficit<br />

della coordinazione e movimenti fini), pleura e pericardio (versamenti), fegato ed il polmone<br />

stesso. Non è raro scoprire il CaP solo in seguito a manifestazioni delle sue metastasi.<br />

Le sindromi paraneoplastiche sono rare a vedersi (5% dei CaP) e sono dovute all’azione<br />

di sostanze secrete dal tumore e dotate di attività biologica. Tali sindromi sono più frequenti con<br />

i SCLC e sono riassunte in tabella 14.4.<br />

Tabella 14.4 Sindromi Paraneoplastiche<br />

Endocrine Cushing, S.da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico,<br />

iperglicemia, iperparatiroidismo, ginecomastia.<br />

Neuromuscolari S. miasteniforme (di Lambert-Eaton), parestesie, polinevriti<br />

Dermatologiche Acanthosis nigricans, sclerodermie localizzate, ipertricosi<br />

Vascolari Tromboflebiti ricorrenti e migranti (anche trombosi arteriose)<br />

Osteoarticloari Poliartralgie non infiammatorie, ippocratismo digitale


14.2.6 <strong>DI</strong>AGNOSI E STAGING<br />

La fase diagnostica e la successiva valutazione dell'estensione di malattia richiedono l'impiego<br />

razionale e ordinato dei molti metodi oggi disponibili (tab 14.5). Un approccio di tipo<br />

sequenziale prevede diversi interventi, partendo comunque da anamnesi, esame obiettivo, RX<br />

torace ed esami ematochimici. Ricordiamo che spesso, in presenza di sintomi suggestivi ed<br />

esposizione a fumo, il solo RX torace consente di indirizzare la diagnosi. E’ altresì vero che il<br />

CaP, una volta individuato deve essere tipizzato (istotipo) e stadiato (estensione TNM).<br />

Tab 14.5 Procedure diagnostiche<br />

Primo livello Secondo livello Terzo livello<br />

Anamnesi ed esame obiettivo TAC torace<br />

Toracoscopia<br />

Esame emocromocitometrico Fibrobroncoscopia ( biopsia, Mediastinoscopia<br />

completo<br />

brushing, BAL per esami L.I.F.E. (Lung Imaging<br />

Esami ematochimici completi citoistologici)<br />

Fluorescence Endoscopy)<br />

Rx torace (2 proiezioni: PA-LL) Prove di funzionalità Scintigrafia ossea<br />

Esame citologico su espettorato respiratoria<br />

Scintigrafia polmonare<br />

Marker tum. (CEA, NSE, Toracentesi (in caso di perfusoria<br />

CYFRA)<br />

versamento )<br />

TAC total body<br />

Agoaspirato transparietale NMR<br />

(sotto guida TAC o ecografica)<br />

Le tecniche di imaging, consentono la stadiazione macroscopica (estensione, localizzazione,<br />

linfonodi, metastasi).<br />

La diagnosi tipizzazione può essere sia citologica che istologica. La certezza della diagnosi<br />

dipende dalla quantità di cellule maligne non necrotiche presenti nel campione bioptico. Alcune


iopsie broncoscopiche sono danneggiate dalle pinze bioptiche, così che la distinzione fra SCLC<br />

e NSCLC è resa talvolta difficoltosa. Vi sono almeno 6 diversi materiali biologici che possono<br />

essere prelevati per esame citologico: espettorato, lavaggio bronchiale, spazzolamento<br />

bronchiale, lavaggio bronco-alveolae, aspirato transbronchiale e transtoracico. I prelievi di<br />

tessuto per esame istologico sono invece eseguiti mediante biopsie bronchiali, transbronchiali,<br />

transtoraciche, toracoscopiche, biopsie a torace aperto (dalle biopsie cuneiformi o resezioni<br />

atipiche alle segmentectomie, lobectomie e pneumonectomie), biopsie di eventuali sedi<br />

metastatiche linfonodali (mediastinoscopia, mediastinotomia, biopsia di linfonodi sovraclaveari e<br />

scalenici). Ovviamente, questi ultimi prelievi, oltre a confermare la natura e l'istotipo della<br />

lesione, servono a documentarne l'estensione di malattia (informazioni di staging).<br />

La diagnosi patologica presenta difficoltà diverse a seconda della collocazione centrale o<br />

periferica del tumore primario. Per le lesioni centrali endoscopicamente visibili, la conferma<br />

cito-istologica si ottiene di solito tramite citologia dell'espettorato o con biopsia-abrasione e<br />

broncoaspirato in corso di fibrobroncoscopia. Per le lesioni periferiche, la possibilità di una<br />

diagnosi patologica è funzione del diametro della lesione (essendo molto bassa per le lesioni<br />

inferiori a 2 cm) e della sua collocazione topografica. La combinazione di lavaggio bronchiale,<br />

abrasione e biopsia bronchiale con ago e con pinze consente di ottenere la diagnosi in quasi la<br />

totalità dei casi in cui la presenza di una neoplasia dia segni endoscopici. Inoltre l'impiego,<br />

entrato progressivamente nella pratica clinica, del prelievo per agoaspirazione transtoracica sotto<br />

guida radiologica, consente di ottenere una definizione diagnostica nella stragrande maggioranza<br />

delle lesioni polmonari periferiche. Tuttavia, qualora la fibrobroncoscopia e l'agobiopsia<br />

transtoracica risultino negative, in assenza di una specifica diagnosi di patologia benigna,<br />

occorre obbligatoriamente giungere a una diagnosi ricorrendo, se necessario, a uno dei<br />

procedimenti bioptici di natura chirurgica già accennati.<br />

I markers tumorali possono essere di supporto diagnostico, ma da isolatamente sono privi di<br />

valore, mentre sono utili per il follow-up. Abbastanza istotipo specifici sono il CYFRA<br />

(CYtokeratine Fragment) per il Ca epidermoide e l’NSE (neurospecific enolase) per il SCLC.<br />

Gli altri marcatori (aFP, CA19.9, CEA) sono comuni a tutte le neoplasie di derivazione<br />

epiteliale.<br />

14.2.7 CENNI <strong>DI</strong> TERAPIA E PROGNOSI<br />

Nel NSCLC gli interventi terapeutici possono essere raggruppati in: ad intento radicale e ad<br />

intento palliativo. La scelta è possibile solo dopo aver preso in considerazione i fattori<br />

prognostici. Per pazienti in stadio I e II, le determinanti prognostiche da considerare sono le<br />

dimensioni del tumore e la presenza o meno di metastasi linfonodali. Per pazienti in stadio III e<br />

IV, fattori prognostici importanti sono l’avanzamento di stadio, dal IIIA al IIIB e al IV, lo stato<br />

di validità generale del paziente. La chirurgia rappresenta la modalità terapeutica più efficace in<br />

quanto è l’unica che può garantire con buona probabilità la guarigione nel tempo, anche se più<br />

del 40% dei casi è inoperabile al momento della diagnosi. Il restante 45-55% dei casi risulta<br />

clinicamente operabile e di questi il 40% è rappresentato da carcinomi al I e II stadio. Per<br />

pazienti in stadio IIIA (con metastasi linfonodali al mediastino omolaterale e/o sottocarenali), il<br />

trattamento chirurgico ha scarsi risultati per cui è utilizzato in combinazione (chirurgia +<br />

radioterapia e/o chemioterapia). Nello stadio IIIA, in questi ultimi anni, ha acquisto popolarità<br />

crescente l’impiego della chemioterapia (neoadiuvante) seguita dall’intervento chirurgico. Per i<br />

pazienti allo stadio IIIB (mediastinico e metastasi ai linfonodi mediastinici controlaterali o<br />

sovraclaveari), è escluso qualsiasi trattamento chirurgico, con possibilità invece di trattamenti<br />

di combinazione con chemio- e radioterapia o con sola chemioterapia. In ogni caso, per i tumori<br />

allo stadio IIIA e IIIB la tendenza è quella di impiegare il trattamento combinato (controllo<br />

locale chirurgico o la radioterapico, e controllo della malattia metastatica con la chemioterapia).<br />

Per i pazienti con evidenza di metastasi a distanza, stadio IV, il solo trattamento possibile è<br />

rappresentato dalla chemioterapia palliativa. Nei casi in cui il tumore determini ostruzione


endoluminale della trachea e dei grossi bronchi è possibile procedere a tecniche disostruttive<br />

endobronchiali (laserterapia o radioterapia endobronchiale) con buoni risultati in termini di<br />

qualità di vita.<br />

Per il SCLC, il trattamento ha subito negli ultimi venti anni profonde modifiche, dal momento<br />

che la natura sistemica e la capacità di diffusione a distanza hanno reso evidente l’inefficacia dei<br />

trattamenti locoregionali. Di fatto, la chirurgia e la radioterapia da sole non costituiscono un<br />

trattamento efficace (sopravvivenza dell’1-3% a 5 anni). Tuttavia, sulla base di alcune<br />

considerazioni, è possibile definire il ruolo che ciascuna delle due modalità occupa attualmente<br />

nel trattamento del SCLC. La radioterapia trova utilizzo nei pazienti con malattia limitata,<br />

garantendo un buon controllo locoregionale e un miglioramento della sopravvivenza con<br />

migliore beneficio in combinazione con la chemioterapia. La radioterapia è poi indicata nel<br />

trattamento del SNC a scopo precauzionale, come radioterapia di profilassi, nei pazienti che<br />

hanno conseguito la remissione completa e come terapia palliativa in caso di metastasi cerebrali.<br />

In casi selezionati la chirurgia può trovare spazio quale trattamento iniziale o preceduto dalla<br />

chemioterapia. La polichemioterapia costituisce il trattamento di scelta del SCLC.<br />

L’evoluzione del carcinoma polmonare non sottoposto a terapia è molto rapida, con una<br />

sopravvivenza che nell’istotipo a piccole cellule è di circa 6 settimane, mentre negli istotipi non<br />

a piccole cellule può raggiungere una durata maggiore, pari a una sopravvivenza media di 12<br />

settimane. Nelle forme non a piccole cellule la sopravvivenza a 5 anni è del 60-70% allo stadio I<br />

e del 40-50% dei casi allo stadio II, dopo resezione. Si riduce nei pazienti allo stadio IIIA dal 15-<br />

40% a meno del 5-30% rispettivamente dopo chirurgia o dopo chirurgia/radioterapia o<br />

chemioterapia/chirurgia. Nei pazienti allo stadio IIIB e IV la sopravvivenza a 5 anni è minore<br />

dell1% dei casi.<br />

Per il SCLC la sopravvivenza libera da malattia superiore a 5 anni è raggiungibile nel 10% dei<br />

pazienti con malattia limitata. Nei pazienti con malattia estesa la durata di risposta alla<br />

chemioterapia è di 6 mesi e la sopravvivenza mediana di 6-7 mesi.<br />

14.3 MESOTELIOMA PLEURICO MALIGNO<br />

I tumori pleurici primitivi si dividono in benigni e maligni. Tra i primi vi è il mesotelioma<br />

localizzato fibroso, che origina dalla pleura viscerale spesso in forma peduncolata, e la placca<br />

pleurica ialina, che origina più spesso dalla pleura perietale costale: queste placche, che non<br />

danno gravi manifestazioni cliniche, sono spesso calcifiche e bilaterali.<br />

Le neoplasie secondarie sono di gran lunga più comuni, e derivano per via ematica o linfatica<br />

dal polmone, dalla mammella e dallo stomaco. Tra i tumori pleurici primitivi assume una<br />

particolare rilevanza il mesotelioma pleurico maligno (MPM), perché viene riscontrato<br />

clinicamente molto più di frequente rispetto alle altre neoplasie primitive, per la sua refrattarietà<br />

alle attuali terapie e per l’associazione all’asbesto.<br />

14.3.1 EPIDEMIOLOGIA<br />

Il MPM è una neoplasia rara, ma la sua incidenza aumenta in alcune aree dal 1950 ad oggi; ciò<br />

rispecchia l’esposizione ad asbesto (A), risalente almeno ad alcune decadi fa, e visto che<br />

l’utilizzo dell’A è cresciuto dalla seconda guerra mondiale alla fine degli anni ’70, si pensa che<br />

l’incidenza di MPM aumenterà ancora per alcuni decenni nei paesi industrializzati. L’incidenza<br />

mondiale è di 1-2 per milione ogni anno, ma vi sono notevoli variazioni geografiche, dovute<br />

soprattutto alla presenza di cantieristica navale. I casi nei maschi superano di molto quelli nelle<br />

femmine. Il lungo periodo di latenza per lo sviluppo del MPM, 30-40 anni, determina una<br />

crescita dell’incidenza per almeno un pari numero di anni dall’emanazione di leggi che limitino<br />

decisamente l’utilizzo dell’A. In Italia nel periodo 1970-1990 il tasso annuo di mortalità è<br />

passato da 0.78 a 1.31 per 100,000 e il numero annuo di decessi da 375 a 826. Tra il 1994 e il<br />

1998, il Registro Mesoteliomi della Liguria, ha registrato 495 nuove diagnosi. L’età media alla<br />

diagnosi è di circa 60 anni, anche se sporadici casi sono segnalati in bambini. I lavoratori addetti


alla coibentazione, quelli delle miniere e della manifattura dell’A, sono ad alto rischio. Anche le<br />

donne che convivono con questi lavoratori sono a rischio, a causa dell’A che si deposita sugli<br />

abiti da lavoro.<br />

14.3.2 EZIOPATOGENESI<br />

Asbesto o amianto (A) è un termine commerciale che designa una serie di fibre minerali<br />

resistenti al calore e all’attrito. L’A ha molteplici applicazioni, ma viene utilizzato soprattutto nel<br />

settore della cantieristica navale, dell’edilizia e della fabbricazione di tessuti ignifughi.<br />

L’esposizione all’A è pericolosa non solo per chi lo manipola direttamente, ma anche per chi<br />

soggiorna negli stessi ambienti dove l’A è utilizzato (esposizione paraoccupazionale) e per i<br />

conviventi dei lavoratori. L’A liberato dal normale invecchiamento di edifici in cui esso è<br />

contenuto è pericoloso per la popolazione generale (esposizione ambientale).<br />

Nel 1960 Wagner dimostrò l’associazione tra A e MPM, sulla base dell’esposizione, del<br />

riscontro dei corpi dell’A nel polmone e della capacità cancerogena dei vari tipi di A se iniettati<br />

nelle cavità sierose di animali. Intorno al 1960 fu anche evidenziata l’associazione dell’A con il<br />

mesotelioma peritoneale e pericardico e con il CaP.<br />

La cancerogenicità è legata alla struttura fibrosa dell’A e alle dimensioni dei vari tipi di fibre, in<br />

relazione alla capacità di arrivare e permanere in fondo all’albero respiratorio. Fibre di diametro<br />

inferiore a 0.25 µ e di lunghezza maggiore di 8 µ, sono più pericolose delle fibre più corte e più<br />

spesse (vedi Pneumoconiosi).<br />

Le fibre, giunte in fondo all’albero respiratorio, vengono fagocitate dai macrofagi polmonari che<br />

però non riescono ad eliminarle, per la conformazione fisica che non consente un inglobamento<br />

totale, provocando un’infiammazione e la produzione di radicali liberi. Si è determinato che l’A<br />

catalizza la riduzione da H2O2 a OH • altamente reattivo, instabile e tossico, che danneggia la<br />

parete cellulare e secondariamente produce anione superossido. L’effetto tossico dell’A sembra<br />

essere mediato dal contenuto in ferro. Le fibre lunghe di A inducono oltretutto la produzione di<br />

citochine e fattori di crescita che promuovono la progressione neoplastica delle cellule<br />

mesoteliali determinando mutagenesi e miscoding del DNA mesoteliale.<br />

Sporadicamente appaiono tumori mesoteliali dopo radioterapia o infiammazioni croniche. Il<br />

MPM è prodotto sperimentalmente da vari agenti: il virus della leucosi aviaria, il<br />

dietilstilbestrolo e la sterigmatocistina, un metabolita della muffa; recentemente il virus SV40<br />

inserito nel cavo pleurico di hamster ha provocato MPM. Questi riscontri, e il fatto che 10-30%<br />

dei casi non sono associati all’esposizione ad A, implica che fibre non asbestiformi e altri<br />

cancerogeni possano avere un ruolo causale. Il fumo non aumenta il rischio di MPM.<br />

14.3.3 ANATOMIA PATOLOGICA<br />

Nei primi stadi il MPM si presenta come multipli foci prominenti sulla pleura parietale in forma<br />

di minuscole vegetazioni o di accumuli circolari; negli stadi successivi, subentra la confluenza<br />

dei foci, con incarceramento del polmone in toto e dei singoli lobi. La corazza tumorale è spessa<br />

parecchi centimetri, soprattutto alle basi; il cavo pleurico è obliterato, anche se persiste in parte<br />

come cisti piene di liquido viscoso.<br />

Il MPM ha una citoarchitettura varia, pur se derivato da una singola linea cellulare; può<br />

essere:<br />

- epiteliale (tubulo papillare ed epitelioide) 50%<br />

- sarcomatoide (mesenchimale) o misto 25%<br />

- scarsamente differenziato o indifferenziato 25%<br />

Il MPM epiteliale si presenta con citoplasma acidofilo e nucleo vescicoloso, le cellule sono<br />

colonnari e pleiomorfe; è fortemente analogo all’adenocarcinoma polmonare da cui si differenzia<br />

tramite: 1) le mucine epiteliali, 2) l’anatomia macroscopica, 3) il maggior pleiomorfismo<br />

nucleare, 4) la presenza di grossi vacuoli citoplasmatici, 5) la presenza di cellule giganti. Il MPM<br />

sarcomatoso ha il mesenchima costituito da cellule fusate od ovali, con molteplicità di quadri


istologici. Oltre a queste varietà e al MPM misto (bifasico), vi sono la varietà transizionale e la<br />

desmoplastica.<br />

Stadio DESCRIZIONE<br />

T1a: Tumore limitato alla pleura omolaterale inclusa quella mediastinica e<br />

T1 diaframmatica; la pleura viscerale è indenne<br />

T1b: Tumore limitato alla pleura omolaterale, inclusa la mediastinica e diaframmatica,<br />

ma con localizzazioni focali anche alla viscerale<br />

Neoplasia che coinvolge tutte le superfici pleuriche (viscerale e parietale) piu’ uno dei<br />

T2 seguenti quadri:<br />

1) interessamento del diaframma<br />

2) tumore viscerale confluente incluse le scissure o estensione al sottostante parenchima<br />

polmonare<br />

Neoplasia localmente avanzata ma potenzialmente asportabile; tumore che coinvolge<br />

tutte le superfici pleuriche omolaterali e con almeno uno dei seguenti quadri:<br />

T3 1) coinvolgimento della fascia toracica<br />

2) estensione al grasso mediastinico<br />

3) focus solitario di tumore nei tessuti molli della parete toracica<br />

4) coinvolgimento del pericardio non transmurale<br />

Neoplasia localmente avanzata, tecnicamente inoperabile; tumore che coinvolge tutte le<br />

superfici pleuriche omolaterali e con almeno una delle seguenti caratteristiche:<br />

1) estensione diffusa o con masse multifocali nella parete toracica, con possibile<br />

T4 distruzione delle costole<br />

2) estensione diretta transdiaframmatica nel peritoneo<br />

3) estensione diretta alla pleura controlaterale<br />

4) estensione diretta a uno o più organi mediastinici<br />

5) estensione diretta alla spina dorsale<br />

14.3.4 MANIFESTAZIONI CLINICHE E <strong>DI</strong>AGNOSI<br />

L’esordio del MPM è di solito insidioso; un modesto deficit respiratorio ostruttivo, seguito da<br />

dolore toracico ed affanno, sono i sintomi più comuni. Tosse, perdita di peso e astenia tendono a<br />

svilupparsi successivamente. Raramente il MPM si presenta con pneumotorace ricorrente o<br />

ingrossamento dei linfonodi sovraclaveari omolaterali. Il sintomo più penoso, con il progredire<br />

della malattia, è il dolore dovuto all’infiltrazione della parete toracica; esso può essere riferito<br />

all’addome e alle spalle.<br />

L’esame radiografico iniziale mostra versamento pleurico nel 92% dei casi, una neoformazione<br />

nodulare senza versamento nel 7% e pneumotorace spontaneo nello 0.5% dei casi. Il liquido<br />

pleurico è limpido o emorragico alla toracentesi; è un essudato con scarsa evidenza di<br />

infiammazione: c’è un alto numero di cellule mesoteliali senza l’aumento dei neutrofili e dei<br />

linfociti; Il versamento è in genere di media entità, ma possono riscontrarsi da subito effusioni<br />

massive e recidivanti, tali da richiedere ripetute toracentesi. I versamenti tendono a ridursi nelle<br />

fasi più avanzate per il progressivo ispessimento della pleura e l’obliterazione del cavo.<br />

L’evacuazione del liquido migliora l’osservazione della pleura, che risulta diffusamente nodulare<br />

o irregolarmente ispessita; a volte si rilevano masse ilari e mediastiniche o di apparente origine<br />

polmonare. Il quadro radiologico evolve in poco tempo. La diffusione del tumore e la risposta al<br />

trattamento sono difficilmente valutabili nella pleura diaframmatica, nel pericardio, nel<br />

mediastino e nei linfonodi.<br />

In stadi avanzati può esserci la retrazione dell’emitorace affetto, con lo spostamento omolaterale<br />

degli organi mediastinici. Possono comparire infiltrati tumorali della parete, specie in<br />

corrispondenza dell’inserzione di aghi per la toracentesi, di tramiti per la toracoscopia o di<br />

cicatrici post-toracotomia.


Il MPM si sviluppa localmente, a volte per un lungo periodo di tempo, prima di invadere gli<br />

organi circostanti. La progressione dei sintomi verso l’exitus, è comunque legata<br />

all’interessamento locale. La diffusione al polmone è in genere solo locale, ma la<br />

compromissione funzionale è quasi totale, per la compressione da parte della massa tumorale<br />

(polmone incarcerato). La neoformazione può estendersi direttamente al diaframma, al<br />

peritoneo, al pericardio, allo spazio pleurico controlaterale o al mediastino. La diffusione alla<br />

fascia endotoracica e agli spazi intercostali, si ritrova nel 30-50% dei pazienti sottoposti a<br />

procedure diagnostiche o chirurgiche. Metastasi linfo-ematogene a distanza (al fegato, ai surreni,<br />

all’intestino, alle ossa e al cervello), sono riscontrate frequentemente all’autopsia, ma danno<br />

scarsa evidenza clinica in vita. Le metastasi a distanza sono più frequenti dopo la chirurgia<br />

(pleuropneumonectomia). E’ stato riportato in un discreto numero di casi l’aumento<br />

dell’interleuchina 6 (IL6) e della proteina C reattiva. Il riscontro di dita deformate a mazza di<br />

tamburo e di osteoartropatia ipertrofica è raro; altrettanto rare sono la flebite, la trombocitosi,<br />

l’anemia emolitica e l’ipercalcemia; l’ipoglicemia e la secrezione inappropriata di ormone<br />

antidiuretico (ADH) e gonadotropine sono sporadiche.<br />

Diagnostica per il MPM<br />

Anamnesi: esposizione lavorativa, dispnea<br />

ingravescente, calo ponderale marcato<br />

Toracentesi ed analisi del versamento,<br />

citologia, immunoistochimica<br />

Clinica: obiettivita’ di versamento, dispnea, Morfologia macroscopica: TC , RMN<br />

RX: versamento, lesioni leuriche ed<br />

Biopsia a cielo coperto o con ago<br />

ispessimento, linfonodi, interessamento<br />

polmonare.<br />

Marcatori tumorali: CYFRA, CEA Esplorazione chirurgica<br />

L’intervallo medio di sopravvivenza è tra i 9 e i 14 mesi a seconda delle serie di casi, mentre una<br />

sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è praticamente nulla. Sono comunque fattori prognostici<br />

favorevoli l’assenza di calo ponderale e l’integrita’ della pleura viscerale, l’insorgenza dei<br />

sintomi oltre 6 mesi dalla diagnosi. La morte è dovuta a progressiva dispnea e insufficienza<br />

respiratoria, con notevole perdita di peso e lisi muscolare.<br />

14.3.5 CENNI <strong>DI</strong> TERAPIA E PROGNOSI<br />

Per assicurare che la chirurgia sia più radicale possibile, la resezione deve includere la pleura<br />

(allo stadio 1a) e il polmone (stadio 1b, 2, 3) e in molti casi il diaframma, il pericardio e una<br />

porzione della parete toracica. La pleuropneumonectomia è un intervento demolitivo, con un alto<br />

rischio intraoperatorio e sopravvivenza a 5 anni minore dell’11%. La sopravvivenza media è<br />

sovrapponibile per la pleuropneumonectomia e per la pleurectomia, che risulta dunque<br />

preferibile. I risultati della RXterapia sono scarsi in parecchi studi ma essa può essere efficace<br />

come palliativo per sedare il dolore dovuto all’estensione della neoplasia alla parete toracica e<br />

alle costole ed e’ utilizzata soprattutto come profilassi per impedire la gemmazione neoplastica<br />

dopo esami diagnostici invasivi. Con la monochemioterapia la risposta e’ 20-30%, ma la<br />

sopravvivenza e’ invariata. La polichemioterapia da’ una risposta variabile dal 33 al 66%.<br />

Esistono tutta una serie di trattamenti locali intrapleurici. La pleurodesi fa parte dei trattamenti<br />

palliativi, da utlizzare nei pazienti con ricorrenti versamenti pleurici, che procurano una notevole<br />

dispnea e richiedono ripetute toracentesi. La pleurodesi (unione della pleura parietale al<br />

polmone) si effettua spruzzando in toracoscopia talco sterile nel cavo pleurico il quale provoca<br />

pleurodesi permanente. L’inoculazione di IL-2 (immunoterapia intrapleurica) che attiva le cellule<br />

LAK ha dato nell’uomo risultati molto promettenti.<br />

Da un punto di vista generale, lo stadio iniziale sembra essere il fattore più importante per il<br />

successo del trattamento. Dopo le procedure diagnostiche è raccomandata la radioterapia<br />

profilattica locale per impedire la diffusione alla parete toracica o a siti secondari. Se la neoplasia


è ancora intrapleurica (stadio 1 e 1a), si applica l’immunoterapia intrapleurica. E’ ancora incerto<br />

il ruolo della chirurgia adiuvante, così come il ruolo della chemioterapia adiuvante per impedire<br />

la metastatizzazione a distanza. In pazienti allo stadio 2 e 3 nessun trattamento ha mostrato<br />

un’efficacia migliore degli altri, pertanto si può procedere con un trattamento palliativo o con un<br />

approccio multimodale (chirurgia radicale, radio e chemioterapia) il cui risultato dipende<br />

dall’esperienza dei chirurghi nel mantenere bassa mortalità intraoperatoria (4-8%) e dalla<br />

radicalità dell’intervento. Nello stadio 4 si tende a praticare solo un trattamento conservativo e<br />

palliativo, mirato a lenire il dolore e la dispnea.


15. GRANULOMATOSI POLMONARI<br />

Le granulomatosi polmonari costituiscono un gruppo assai eterogeneo di malattie (tabella<br />

15.1), che vengono classificate e suddivise in maniera diversa da diversi autori. Spesso, le<br />

granulomatosi polmonari vengono incluse nel capitolo delle eosinofilie polmonari o delle<br />

vasculiti, poiché molte di esse in effetti hanno tali caratteristiche. A rigor di logica dovrebbero<br />

far parte delle granulomatosi anche la TBC e la sarcoidosi, che però vengono sempre trattate a<br />

parte. Senza addentrarci nei problemi classificativi, tratteremo qui di seguito le più importanti<br />

malattie granulomatose del polmone, facendo anche cenno al coinvolgimento polmonare nelle<br />

malattie autoimmunitarie sistemiche.<br />

15.1 VASCULITI AD INTERESSAMENTO POLMONARE<br />

Le vasculiti in generale sono malattie immunopatologiche in cui il danno e’ limitato o prevalente<br />

a carico dei vasi. Ogni tipo di vasculite colpisce preferenzialmente determinati vasi (grandi<br />

arterie o vene o capillari) e interessa la parete vasale a tutto spessore oppure solo in parte. In<br />

quasi tutte le vasculiti si formano granulomi, spesso necrotizzanti (da qui il nome di<br />

granulomatosi). Il meccanismo patogenetico piu’ frequente e predominante e’ la formazione di<br />

immunocomplessi che si impiantano sulla parete vasale: gli immunocomplessi attivano il<br />

complemento, l’immunita’ cellulo-mediata e le reazioni citolitiche. Alcune vasculiti danno<br />

prevalente interessamento dei vasi polmonari o dell’apparato respiratorio in genere, tanto che<br />

vengono spesso considerate come vere e proprie malattie polmonari.


15.1.1 Granulomatosi allergica di Churg-Strauss.<br />

E’ una vasculite necrotizzante dei piccoli-medi vasi, che coinvolge indifferentemente le arterie e<br />

le vene e interessa prevalentemente l’apparato respiratorio. La sua caratteristica distintiva e' la<br />

intensa eosinofilia periferica (da qui il nome) e bronchiale. I vasi sono interessati a tutto spessore<br />

da granulomi destruenti. Esordisce solitamente come rinite o con poliposi nasale a cui fa seguito<br />

a variabile distanza di tempo un’asma severa e difficilmente controllabile con la terapia. A<br />

seguito dell’apparato respiratorio che è quasi sempre il primo ad essere coinvolto, la malattia<br />

colpisce i reni (insufficienza renale) ed i vasi cronarici (infarti). Durante l’evoluzione interessa<br />

anche i nervi periferici con mono e polinevriti fino alla paralisi o paresi di gruppi muscolari. A<br />

livello polmonare si possono avere anche tosse, emottisi, infiltrati polmonari multipli con<br />

febbre. In circa il 75% dei casi sono positivi gli anticorpi p-ANCA. La s. di Churg Strass<br />

andrebbe sospettata nelle forme di asma grave e refrattaria con intensa eosinofilia periferica e<br />

bronchiale. La diagnosi df certezza si ha solo con la dimostrazione del tipico granuloma<br />

eosinofilo. L’unica terapia efficace e’ quella steroidea sistemica e con immunosoppressori.<br />

15.1.2 Granulomatosi di Wegener. E’ anch’essa una vasculite dei medi piccoli vasi,<br />

necrotizzante. Non e’ presente il corteo sintomatologico asma/rinite e non vi e’ eosinofilia<br />

periferica, mentre e’ comune la lesione renale. La malattia esordisce di solito nelle vie aeree<br />

superiori con sinusite cronica purulenta, perforazione del setto, otite media. A carico del<br />

polmone si hanno tosse, emottisi, infiltrati polmonari multipli ed e’ sempre presente la<br />

sintomatologia sistemica, compresa l’insufficienza renale o la sindrome nefritica. Esiste anche<br />

una forma circoscritta in cui non vi e’ lesione renali. La diagnosi di certezza e’ bioptica. Nelle<br />

altre vasculiti l’interessamento polmonare e’ comunque poco rilevante rispetto alla<br />

sintomatologia sistemica<br />

15.2 INTERESSAMENTO POLMONARE NELLE <strong>MALATTIE</strong> DEL CONNETTIVO<br />

Le malattie del connettivo sono patologie autoimmuni in cui la formazione di svariati<br />

autoanticorpi provoca danni d’organo con necrosi fibrinoide del collageno. E’ presente una<br />

attivazione patologica del sistema immunitario e una alterata regolazione della risposta<br />

immunitaria cellulare. Essendo il polmone ricco di tutti i tipi di collageno e dotato di un<br />

amplissima rete vascolare capillare, esso è frequentemente interessato in corso di<br />

connettivopatie. Ognuna delle connettivopatie da’ origine ad alcuni tipi preferenziali di<br />

manifestazione pleuropolmonare (tabella 15.2) e puo’ anche accadere che il quadro polmonare<br />

sia la manifestazione di esordio della malattia sistemica, altrimenti misconosciuta. Peraltro,<br />

pressoche’ tutte le connettiviti (tranne forse la S.di Sjogren), tendono ad evolvere lentamente<br />

verso la fibrosi interstiziale diffusa e a instaurare una ipertensione polmonare. La pleurite e’<br />

forse la manifestazione acuta piu’ frequente: solitamente e’ secca e fibrinosa o con scarso<br />

versamento; si manifesta pertanto con il tipico dolore pleurico e con gli sfregamenti. Si possono<br />

formare aderenze, ispessimenti e pinzettature pleuriche soprattutto alle basi. La fibrosi<br />

polmonare si presenta con il classico interessamento diffuso dell’interstizio (quadro radiologico a<br />

vetro smerigliato, fibronodulare o a nido d’ape) e una sindrome di insufficienza ventilatoria<br />

restrittiva.<br />

Alcuni quadri patologici sono invece abbastanza tipici, come ad esempio la polmonite lupica<br />

(LES), i noduli reumatoidi (identici a quelli sottocutanei dell’artrite reumatoide), l’insufficienza<br />

respiratoria da deficit muscolare (polimiosite) e la bronchite atrofica da iposecrezione mucosa<br />

(Sjogren). Per la clinica e la diagnostica dettagliata delle connettivopatie si rimanda ai testi<br />

specialistici di immunologia o di medicina interna.


Tabella 15.2<br />

MALATTIA QUADRI POLMONARI <strong>ELEMENTI</strong> <strong>DI</strong> <strong>DI</strong>AGNOSI<br />

LUPUS<br />

Pleurite (e pericardite) Ab anti dsDNA<br />

ERITEMATOSO Polmonite lupica<br />

Ab anti RNP<br />

SISTEMICO<br />

Fibrosi interstiziale<br />

ENA a vario titolo e positivita’<br />

Atelettasie<br />

↑ IC circolanti ↓ C3 e C4<br />

Vasculite tromboembolica,<br />

emorragie,<br />

polmonare.<br />

ipertens.<br />

ARTRITE<br />

Pleurite<br />

Fatt.reumatoide (RA test, reaz.<br />

REUMATOIDE Noduli reumatoidi<br />

Di Waaler-Rose).<br />

Fibrosi interstiziale<br />

Ipertensione polmonare<br />

↑ IC circolanti<br />

SCLEROSI<br />

SISTEMICA<br />

PROGRESSIVA<br />

POLIMIOSITE/<br />

DERMATOMIOSITE<br />

Fibrosi interstiziale diffusa<br />

Fibrosi con evoluzione<br />

cistica<br />

Polmonite ab ingestis (da<br />

esofagopatia)<br />

Insuff. Respiratoria da<br />

deficit dei muscoli striati<br />

Fibrosi interstiziale<br />

S. <strong>DI</strong> SJOGREN Bronchite atrofica<br />

Bronchiectasie<br />

Ab SCL70, Ab<br />

anticentromero,<br />

Ab anti muscolo liscio<br />

↑ GOT, GPT, CPK, aldolasi<br />

Fatt. reumatoide, anti<br />

SSa/SSb, FAN<br />

15.3 ASPERGILLOSI BRONCOPOLMONARE<br />

Anche in questo caso, l’inserimento dell’aspergillosi tra le granulomatosi può essere discutibile<br />

trattandosi di una patologia di tipo infettivo, ma le sue caratteristiche immunologiche e cliniche la<br />

pongono per tradizione tra le granulomatosi. L’aspergillo (Aspergillus fumigatus, niger, flavus) è un<br />

saprofita resistente alla fagocitosi ed angioinvasivo che cresce bene a 37 gradi. Può causare malattia<br />

in due modi (fig 15.1): o tramite i suoi antigeni e quindi provocare una classica asma allergica IgE<br />

mediata o un’alveolite allergica estrinseca, oppure colonizzando i polmoni e proliferando all’interno<br />

di essi. Quest’ultimo caso è quello che si manifesta come malattia granulomatosa con varie<br />

caratteristiche. L’aspergillosi broncopolmonare (impripriamente detta allergica) è dovuta appunto<br />

alla colonizzazione bronchiale da aspergilo, che evoca una intensa risposta cellulare e umorale (IgE,<br />

IgG). Si formano granulomi bronchiali, bronchiectasie e focolai di vera e propria polmonite<br />

eosinofila. La malattia evolve tra fasi acute (tosse, febbre, espettorazione di tappi brunastri,<br />

emottisi, infiltrati polmonari all’RX del torace) e fasi di quiescenza in cui può residuare solo una<br />

“tipica” asma allergica. Nell’aspergillosi polmonare solitamente gli eosinofili periferici sono molto<br />

elevati e così pure le IgE totali. La diagnosi di certezza si fa dimostrando le ife fungine nell’escreato<br />

o nel broncolavaggio. A conferma della particolarità della malattia, gli antimicotici sono<br />

solitamente inefficaci e l’unica terapia che funziona sono gli steroidi sistemici.<br />

L’aspergillo può anche formare dei veri e propri conglomerati voluminosi (micetomi) su bronchi<br />

sani, ma più di frequente all’interno di caverne, cisti o bronchiectasie. In tal caso, alla<br />

sintomatologia sopra descritta potranno essere associati segni dovuti all’espansione della massa<br />

fungina. La terapia dell’aspergilloma è chirurgica. Nei soggetti immunodepressi si può avere la<br />

gravissima forma di aspergillosi disseminata invasiva che conduce ad una polmonite necrotizzante.


15.4 SINDROME <strong>DI</strong> GOODPASTURE<br />

E’ una forma particolare di malattia autoimmune in cui sono prodotti autoanticorpi IgM diretti<br />

esclusivamente contro il collagene di tipo IV della membrana basale capillare. Poiche’ il rene ed<br />

il polmone sono di gran lunga i piu’ colpiti, la S. di Goodpasture viene alternativamente inclusa<br />

nelle glomerulonefriti o nelle malattie polmonari. Il danno vascolare polmonare compare quasi<br />

invariabilmente prima di quello renale e si manifesta con emottisi ricorrenti e spesso massive,<br />

che possono essere accompagnate da febbre e tosse: coesiste comunque sempre lo screzio renale<br />

da glomerulonefrite. La diagnosi di certezza si ha solo con l’immunoistochimica della biopsia<br />

renale o polmonare.<br />

15.5 SINDROME <strong>DI</strong> LOEFFLER<br />

E’ caratterizzata da infiltrati polmonari nodulari (di solito eosinofili) fugaci e migranti, con<br />

febbre e broncospasmo acuto. L’eziologia non e’ nota ed il termine serve spesso da contenitore<br />

per patologie non meglio definite. La S. di Loffler si manifesta tipicamente in corso di sindrome<br />

ipereosinofila idiopatica ed in tal caso sono sempre elevate le IgE totali. Puo’ manifestarsi anche<br />

in caso di granuloma eosinofilo del polmone (eziologia sconosciuta) o di aspergillosi<br />

broncopolmonare. In questo ultimo caso la diagnosi si fa con il lavaggio broncoalveolare, la<br />

coltura dell’escreato ed il rilievo di precipitine. Alla radiografia si osservano addensamenti<br />

nodulari sfumati che cambiano aspetto e sede nel giro di pochi giorni.


16. FIBROSI INTERSTIZIALI <strong>DI</strong>FFUSE<br />

(INTERSTIZIOPATIE POLMONARI)<br />

16.1 DEFINIZIONE E NOSOGRAFIA<br />

Rappresentano di solito l’evoluzione anatomopatologica terminale di svariate patologie o cause<br />

di danno (Tabella 16.1); infatti la FID si ritrova citata come possibile complicazione o esito di<br />

molte patologie differenti tra loro. Solo la forma idiopatica, per definizione rappresenta una<br />

malattia a se stante e verra’ descritta a parte.<br />

Tabella 16.1 CAUSE <strong>DI</strong> FIBROSI POLMONARI <strong>DI</strong>FFUSE O <strong>MALATTIE</strong> CHE<br />

POSSONO EVOLVERE IN TAL SENSO<br />

_____________________________________________________________________________<br />

__________<br />

• Agenti fisici e tossici<br />

- Radiazioni ionizzanti<br />

- Veleni (paraquat, lacche, solventi)<br />

- Tossicita’ da ossigeno puro<br />

- Uremia<br />

• Farmaci<br />

- amiodarone<br />

- nitrofurantoina<br />

- penicillamina, sali d’oro<br />

- metisergide<br />

- citotossici (bleomicina, mostarde azotate)<br />

• Malattie immunologiche<br />

- Collagenopatie (LES, Artrite reumatoide, Sclerodermia)<br />

- Vasculiti (Churg-Strauss, Wegener)<br />

- S. di Goodpasture<br />

• Infettive (TBC, Cytomegalovirus, Pneumocystis)<br />

• Pneumoconiosi (silice, berillio, asbesto)<br />

• Alveoliti allergiche estrinseche<br />

• Sarcoidosi<br />

• Istiocitosi X<br />

• Congenite<br />

- Facomatosi (Sturge-Weber, neurofibromatosi, sclerosi tuberosa)<br />

- Tesaurismosi (sfingolipidosi, glicogenosi)<br />

_________________________________________________________________________<br />

16.2 ANATOMIA PATOLOGICA<br />

Il processo iniziale e’ verosimilmente sempre una alveolite (qualunque sia la causa), con<br />

ispessimento delle pareti alveolari, attivazione dei MΦ e rilascio di enzimi litici che danneggiano<br />

poi lentamente l’interstizio. Caratteristica comune e’ quindi l’ispessimento delle pareti alveolari.<br />

Sono spesso presenti cellule giganti negli alveoli (di derivazione macrofagica). Tale reperto ha<br />

ingenerato il nome di alveolite desquamativa. Sono aumentati in numero assoluto i neutrofili e i<br />

macrofagi che sono sempre attivati. Sono presenti eosinofili, linfociti organizzati in centri<br />

germinativi e immunocomplessi di IgG. SI suppone che un antigene ignoto, mediante<br />

formazione di IC attivi i macrofagi che richiamano in sito anche i neutrofili. Queste cellule ed i<br />

linfociti T attivati producono citochine che attivano i fibroblasti e conducono alla deposizione di<br />

collagene. Una classificazione anatomopatologica di gravita’ e’ quella in stadi di Livingstone:


I: solo ispessimento degli alveoli, che sono liberi<br />

II: presenza di essudato e/o cellule negli alveoli, con architettura conservata<br />

III: distruzione degli alveoli ma bronchioli respiratori ancora riconoscibili<br />

IV: fibrosi diffusa; sono ancora riconoscibili le cellule muscolari lisce<br />

V: completo sovvertimento del parenchima con spazi cistici e fibrosi.<br />

Secondo la causa che la genera e dell’evoluzione, si possono riconoscere alcuni caratteri<br />

distintivi; per esempio, nelle forme autoimmuni o infettive da virus predominano i linfociti<br />

(Lymphocytary Interstitial Pneumonia, LIP), mentre nelle forme da polveri inorganiche<br />

predominano cellule giganti tipo Langhans (Giant-cell Interstitial Pneumonia, GIP). In alcuni<br />

casi, che sono i piu’ gravi, predomina la fibrosi diffusa con deposizione abbondante di collagene<br />

e distruzione dell’architettura; in altri casi, che spesso rispondono alla terapia costicosteroidea,<br />

predomina l’infiammazione attiva, con numerose cellule, spesso distribuite in focolai isolati.<br />

Quale che sia la causa, il polmone fibrotico è rigido, contiene meno aria ed ha l’interstizio<br />

ispessito, quindi sia la ventilazione propriamente detta che lo scambio dei gas alveolare sono<br />

sempre compromesse in maniera profonda.<br />

16.3 CLINICA E <strong>DI</strong>AGNOSTICA<br />

Ogni fibrosi polmonare ha un suo aspetto clinico, caratteristico della malattia che la produce,<br />

tranne che per la forma idiopatica. L’evoluzione in fibrosi rappresenta una complicanza, e di<br />

solito la malattia e’ gia’ stata diagnosticata. Solo in casi meno numerosi (da farmaci, da<br />

radiazioni), la fibrosi polmonare esordisce come tale e allora solo l’anamnesi puo’ indirizzare<br />

all’eziologia.<br />

I sintomi generali comuni sono: la dispnea/tachipnea (prima sotto sforzo, poi sempre piu’ grave),<br />

ma solitamente senza uso dei muscoli accessori e la tosse secca. La febbre e’ incostante e puo’<br />

associarsi calo ponderale Le dita a bacchetta di tamburo sono un reperto frequente ma solo nelle<br />

forme a lenta evoluzione e di lunga durata. Si ascoltano rantoli crepitanti dapprima alle basi e poi<br />

diffusi, oppure indebolimento del murmure e tachipnea. Un reperto abbastanza tipico della<br />

fibrosi polmonare è l’ascoltazione di un particolare rumore detto “crackle” ed impropriamente<br />

tradotto come crepitio. Nelle fasi avanzate la dispnea e' la regola e si instaura un cuore<br />

polmonare cronico.<br />

L’RX torace mostra vari quadri che vanno dalle minime alterazioni interstiziali nelle fasi iniziali<br />

al polmone a vetro smerigliato o a nido d’ape nelle forme avanzate (Figura). Tra i due estremi si<br />

possono trovare opacita’ confluenti a tipo broncopolmonite o ingrandimento ilare o nodulazioni<br />

fini. Le PFR mostrano precocemente alterata diffusione della CO, ma poi invariabilmente un<br />

quadro di tipo restrittivo quasi puro, con globale riduzione di tutti i volumi polmonari. L‘EGA<br />

mostra un quadro di ipossiemia, che progredisce più o meno rapidamente fino all’ipercapnia e<br />

all’insufficienza respiratoria grave. Il BAL, con un aumento del numero assoluto di neutrofili e<br />

macrofagi puo’ supportare la diagnosi ma non e’ mai dirimente di per se, cosi’ come la<br />

scintigrafia col Gallio.<br />

Esame dirimente e’ la biopsia, che dovrebbe essere eseguita in videotoracoscopia o a cielo<br />

aperto. Infatti le biopsie transbronchiali in corso di broncoscopia forniscono di rado materiale<br />

sufficiente per la diagnosi. Data la predominanza delle forme secondarie, l’anamnesi e’ sempre<br />

fondamentale.<br />

Dal punto di vista pratico, quando ci si trova in presenza di un quadro clinico ed RX di fibrosi<br />

interstiziale diffusa, occorre cominciare con l’escludere le cause note (elencate in tabella 16.1) e<br />

solo in assenza di una ragione conosciuta etichettare la fibrosi come idiopatica .<br />

16.4 CENNI <strong>DI</strong> TERAPIA<br />

Nelle forme secondarie ad esposizione di polveri organiche ed inorganiche, agenti tossici,<br />

citostatici o farmaci, l’eliminazione dell’agente causale e’ sufficiente se il danno non e’ ormai in<br />

fase avanzata e comunque obbligatoria.


La terapia di scelta e’ lo steroide sistemico (0.5-1 mg/kg/die di prednisone per 2-3 mesi)<br />

monitorando la clinica, la radiologia ed i parametri di funzionalita’. In caso di risposta buona si<br />

scala la dose a quella minima efficace a mantenere una buona funzionalita’ respiratoria. Se la<br />

risposta e’ insoddisfacente si possono utilizzare farmaci l’azatioprina e il metotrexato, ma la<br />

letteratura in tal senso e’ ancora non conclusiva. I pazienti con FP che non rispondano alla<br />

terapia medica sono candidati al trapianto polmonare.<br />

16.5 FIBROSI POLMONARE I<strong>DI</strong>OPATICA (Alveolite fibrosante criptogenetica)<br />

Venne descritta per la prima volta da Hamman-Rich come malattia rapidamente progressiva ed<br />

infatti l’eponimo e’ rimasto per anni ad indicare genericamente la malattia. Attualmente si<br />

preferisce usare il termine di FPI o alveolite fibrosante criptogenetica riservando l’eponimo alla<br />

sola forma rapidamente progressiva. La prevalenza si aggira su 3-5/100.000. La classificazione<br />

e’ sempre stata complessa. Per esempio si parla ancora di polmonite interstiziale desquamativa<br />

(<strong>DI</strong>P, desquamative interstitial pneumonia) o di bronchiolite obliterante ostruttiva (BOOP,<br />

bronchiolitis obliterans-obstructive pneumonia). Attualmente si usa la classificazione di<br />

Katzenstein-Myers (1998).<br />

Classificazione della fibrosi polmonare idiopatica<br />

NOME ANATOMIA. PATOLOGICA<br />

USUAL<br />

INTERSTITIAL<br />

PNEUMONIA (UIP)<br />

RESPIRATORY<br />

BRONCHIOLITIS INTERST.<br />

LUNG <strong>DI</strong>SEASE (RBILD)<br />

ACUTE INTERST.<br />

PNEUMONIA (AIP, Hamman-<br />

Rich)<br />

NONSPECIFIC<br />

INTERSTITIAL PNEUMONIA<br />

(NSIP)<br />

Alterazioni sparse e a vario stadio di<br />

evoluzione; modesta infiammazione e scarsa<br />

cellularita’<br />

Quadro uniforme e diffuso. Predominano i<br />

macrofagi e neutrofili attorno ai bronchioli<br />

Quadro uniforme. Predominano i fibroblasti<br />

in attiva proliferazione con collageno poco<br />

organizzato. Microtrombi e sostanza ialina<br />

Prevalentemente infiammatoria, ad alta<br />

cellularita’ e senza nessuna delle<br />

caratteristiche precedenti.<br />

La FPI esordisce sempre nell’eta’ adulta, con dispnea ingravescente, tosse secca (talvolta<br />

emottisi, ipertensione polmonare, in assenza di elementi anamnestici di rilievo o suggestivi. La<br />

diagnosi di certezza puo’ essere fatta solo con biopsia a cielo aperto. La sopravvivenza media e’<br />

intorno ai 6-7 anni. Se la terapia medica non e’ di beneficio, l’indicazione al trapianto polmonare<br />

diventa prioritaria.


Alcuni quadri radiografici di fibrosi diffusa<br />

Aspetto di un polmone con FID


17. BRONCHIECTASIE E SINDROME BRONCHIECTASICA<br />

17.1 ASPETTI GENERALI<br />

La bronchiectasia e' una dilatazione di un tratto circoscritto delle vie aeree con alterazione a<br />

tutto spessore ed irreversibile della parete del bronco. La bronchiectasia implica quindi una<br />

alterazione anatomica permanente della parete bronchiale. Il termine bronchiectasia e' una<br />

descrizione strettamente anatomopatologica, o quantomeno morfologica derivata dalla<br />

diagnostica per immagini ed è imporante ricordare che le bronchiectasie non sono una malattia a<br />

sé stante, ma il risultato di malattie congenite o acquisite che alterano la parete del bronco .<br />

Quello che si osserva nel paziente e' il quadro clinico della sindrome bronchiectasica,<br />

estremamente aspecifica, che può far sospettare la sottostante esistenza dell’alterazione<br />

“bronchiectasia”. In linea di massima, le bronchiectasie insorgono tanto più facilmente quanto<br />

meno la struttura del bronco è rigida. Peranto, i grossi bronchi (lobari, segmentari,<br />

subsegmentari) difficilmente vanno in contro a sfiancamento bronchiectasico della parete.<br />

17. 2 EZIOLOGIA E PATOGENESI<br />

Le bronchiectasie hanno come base una malattia di natura congenita o primitiva solo in una<br />

minoranza dei casi. Più comunemente rappresentano il danno anatomico conseguente a malattie<br />

infiammatorie o infettive. Per convenzione la classificazione le definisce congenite o acquisite<br />

(tabella 17.1).<br />

Tab 17.1 Classificazione delle bronchiectasie (in rosso le più comuni)<br />

“CONGENITE”<br />

Conseguenti a malattie congenite<br />

“ACQUISITE”<br />

Da malformazioni broncopolmonari Da cause infettive<br />

Mounier-Kuhn (tracheobroncomalacia) TBC<br />

Williams-Campbell (acondrogenesi) Infezioni batteriche (pseudomonas,<br />

Sequestro polmonare<br />

klebsiella, pneumococco, stafilococco,<br />

Malattia cistica del polmone (cisti mycoplasma) e fungine (aspergillo,<br />

broncogene)<br />

istoplasma, pneumocystis).<br />

Fibrosi cistica<br />

Infezioni ricorrenti nel BPCO<br />

Deficit di alfa1 antitripsina<br />

Da cause infiammatorie non infettive<br />

Discinesie ciliari primitive<br />

Sarcoidosi<br />

Variante kartagener<br />

Berilliosi<br />

Variante Young<br />

M.di Crohn<br />

Immunodeficienze<br />

S.di Sjogren<br />

Deficit selettivo di IgA<br />

ID comune variabile<br />

ID X-linked<br />

Malattia granulomatosa cronica (CGD)<br />

Polmoniti ab ingestis e tossiche<br />

Nelle forme da malattie congenite solitamente si ha ristagno del muco e/o colonizzazione da<br />

parte di patogeni. Nelle forme acquisite la parete del bronco viene infiltrata e retratta da processi<br />

infiammatori extrabronchiali o si sfianca per ripetute e croniche infezioni interne. Per tale motivo<br />

ad esempio la TBC, che è cronica e di lunga durata, spesso esita in bronchiectasie. Anche i<br />

pazienti con BPCO, che vanno incontro a infezioni ricorrenti (anche subcliniche), spesso<br />

sviluppano bronchiectasie. Lo stesso accade nei pazienti che vanno incontro a ripetute polmoniti<br />

chimiche ab ingestis. Quello che importa è che il danno infiammatorio/infettivo deve essere o<br />

molto intenso o molto prolungato.


La dilatazione permanente di un bronco puo’ quindi prodursi o perché primitivamente il muco<br />

ristagna a lungo e si infetta (come nella mucoviscidosi o nelle discinesie ciliari), o perché<br />

primitivamente si sfianca la parete (come nelle forme infettive o infiammatorie). Quale che sia il<br />

primum movens, sfiancamento e ristagno di muco vanno poi di pari passo e si peggiorano<br />

reciprocamente in un circolo vizioso (figura 1). In pratica, segmenti bronchiali si sfiancano e si<br />

dilatano in varia misura: le dilatazioni favoriscono il ristagno delle secrezioni e l’impianto di<br />

patogeni, rendendo cosi’ il processo cronico.<br />

Le bronchiectasie conseguenti a processi infiammatori si localizzano ovviamente nelle sole parti<br />

di polmone colpito, mentre nelle forme congenite (come la mucoviscidosi o le<br />

immunodeficienze) esse sono omogeneamente distribuite nei due polmoni.<br />

La parete bronchiale puo’ essere assottigliata o ispessita e le cellule caliciformi sono<br />

iperplastiche. L’epitelio puo’ anche essere conservato, ma spesso la mucosa e’<br />

ipervascolarizzata, infiammata e fragile; sono presenti dilatazioni pseudoaneurismatiche dei vasi.<br />

Le cellule muscolari lisce e le fibre elastiche sono pressoche’ assenti o scompaginate. A seconda<br />

della forma si distinguono bronchiectasie cilindriche (uniformi dilatazioni di tratti bronchiali a<br />

tutta circonferenza) che sono piu’ frequenti nel bambino e bronchiectasie sacciformi (irregolari, a<br />

corona di rosario o ad aspetto varicoso).<br />

Ristagno<br />

di<br />

secrezioni<br />

Infezione<br />

Batterica<br />

Bronchie<br />

ctasie<br />

Reclutame<br />

nto di<br />

granulociti<br />

neutrofili<br />

Lesione<br />

della<br />

parete<br />

bronchiale<br />

Lesione<br />

della<br />

parete<br />

Rilascio<br />

di enzimi<br />

litici<br />

17.3 FIBROSI CISTICA (mucoviscidosi) bronchiale<br />

E’ la malattia ereditaria letale più frequente nei bianchi Danno (incidenza stimata 1/2500 nati vivi). Si<br />

dell’epitelio<br />

trasmette come malattia autosomica recessiva e quindi è clinicamente conclamata<br />

ciliare<br />

nell’omozigote. Il difetto è del gene CFTR (cystic fibrosis transmembrane-conductance<br />

regulator), sito sul braccio lungo del cromosoma 7. Il gene codifica per una proteina<br />

transmembrana deputata al trasporto degli ioni. Il deficit funzionale è nel riassorbimento degli<br />

ioni Cl+ dalla parte apicale delle cellule esocrine e conduce in ultima analisi a secrezioni


anormalmente viscose e dense. Tale difetto si manifesta in tutte le ghiandole esocrine:<br />

sudoripare, mucipare caliciformi, pancreatiche, intestinali ecc. Oltre al polmone, interessato nel<br />

100% dei casi, sono colpiti il pancreas nel 90% dei casi (insuff. pancreatica e malassorbimento),<br />

l’apparato riproduttivo nel 95% dei casi (infertilità), ed il fegato (20% dei casi).<br />

La fibrosi cistica si manifesta chiaramente a livello respiratorio, dove le secrezioni dense non<br />

possono essere rimosse dalla clearance mucociliare e ristagnano, favorendo le sovrinfezioni e le<br />

bronchiectasie. La malattia è solitamente diagnosticata alla nascita mediante il test del sudore<br />

(concentrazione di Cl+ nel sudore > 60mEq/L) in base ai gravi problemi di malnutrizione, di<br />

ritardo della crescita e di infezioni respiratorie ricorrenti. Attualmente la sopravvivenza a 15 anni<br />

e’ di circa il 70% e la sopravvivenza mediana è intorno ai 30 anni. Nell’adulto si osservano<br />

quindi infezioni ricorrenti dovute ai piu’ svariati patogeni (stafilococchi, streptococchi, gram-,<br />

aspergilli, candida) e la formazione di bronchiectasie diffuse nonche’ di asma bronchiale. Un<br />

reperto di rantoli a grosse-medie bolle e’ la norma nei soggetti adulti, cosi’ come la tosse<br />

produttiva, mentre l’evoluzione in fibrosi diffusa e’ rara. Il trattamento e’ essenzialmente<br />

fisioterapico ed i mucolitici possono essere di giovamento.<br />

17.4 <strong>DI</strong>SCINESIE CILIARI PRIMITIVE<br />

Patologie in cui è alterata la struttura, la mobilità o l’orientamento ciliare. Sono solitamente<br />

autosomiche recessive.<br />

L’associazione di bronchiectasie+sinusite+situs viscerum inversus configura la variante<br />

Kartagener. L’incidenza nei paesi industrializzati è di circa 1/50.000, con punte di 1/10.000 nei<br />

giapponesi. La diagnosi si fa con il semplice test alla saccarina (consiste nel porre un po’ di<br />

saccarina nella parte anteriore delle narici e vedere quando viene percepito il sapore dolce alla base<br />

della lingua) e con lo studio al microscopio elettronico della struttura ciliare. La manifestazione più<br />

frequente di queste sindromi (oltre alle eventuali malformazioni associate) sono le infezioni ricorrenti<br />

dell’apparato respiratorio con conseguente formazione di bronchiectasie diffuse.<br />

17.5 ASPETTI CLINICI<br />

Indipendentemente dall’eziologia, le bronchiectasie hanno un quadro clinico uniforme. Cio’ e’<br />

dovuto al fatto che le dilatazioni bronchiali fanno ristagnare il muco, si infettano facilmente e<br />

possono sanguinare a causa della fragilita’ mucosa e della varicosita’ vascolare. Le<br />

manifestazioni principali sono pertanto:<br />

- tosse, solitamente produttiva e che si manifesta magari accessualmente col cambiamento di<br />

posizione allorche’ le raccolte si versano nei bronchi.<br />

- espettorazione, abbondante e spesso purulenta (se la bronchiectasia e’ infetta); il drenaggio di<br />

grandi quantita’ di secrezioni ristagnanti configura il quadro della vomica.<br />

- emoftoe o emottisi dovuta alla rottura dei vasi bronchiali. Nelle bronchiectasie non<br />

sovrinfettate, l’emottisi o l’emoftoe possono anche essere l’unica manifestazione<br />

La febbre di tipo settico compare solo quando sono presenti sovrinfezioni batteriche, mentre più<br />

comunemente si tratta di febbricola. La dispnea vera e propria è rara perchè la ventilazione viene<br />

difficilmente compromessa dalle bronchiectasie di per se. Se le bronchiectasie sono numerose e<br />

diffuse ed’ e’ presente infezione o flogosi attiva cronica si puo’ manifestare una anemia<br />

normocromica normocitica. In soggetti con infezione cronica da gram-negativi è possibile<br />

percepire alito fetido.<br />

Il decorso della sindrome bronchiectasica dell’adulto e’ solitamente benigno, ma il paziente e’<br />

ovviamente esposto ad un maggior rischio di infezioni (polmonite e broncopolmonite); le<br />

emottisi massive pericolose per la vita sono rare.<br />

17.6 <strong>DI</strong>AGNOSTICA<br />

Il paziente con sindrome bronchiectasica si rivolge di solito al medico per la tosse e per<br />

l’emoftoe/emottisi. L’anamnesi è fondamentale per individuare eventuali pregresse infezioni


acute e di notevole gravità o la presenza di malattie croniche. All’esame obiettivo si reperiscono<br />

di solito rantoli a grosse e medie bolle, modificabili con la tosse, che si ascoltano sempre in<br />

corrispondenza dell’area interessata. Nelle bronchiectasie massive si possono avere aree di<br />

ipofonesi e di aumentato fremito vocale. Essendo le bronchiectasie un danno anatomico<br />

permanente, i reperti obiettivi possono variare di intensita’ nello stesso paziente, ma non<br />

scompaiono mai del tutto.<br />

Le PFR sono solitamente normali (se non coesistono altre patologie) e cosi’ pure l’EGA.<br />

L’esame dell’escreato puo’ essere utile per individuare eventuali sovrapposizioni batteriche e per<br />

escludere comunque la presenza di micobatteri. La radiografia del torace e’ solitamente negativa;<br />

si possono osservare, ma solo in caso di lesioni massive, una peribronchite, immagini a binario o<br />

un aumento della trama interstiziale localizzata o addensamenti o ispessimenti pleurici. Esame di<br />

elezione è la TC del torace. La TC, meglio se ad alta risoluzione, fornisce infatti la diagnosi<br />

dirimente e consente di visualizzare direttamente le ectasie. La broncoscopia permette di<br />

visualizzare direttamente solo le bronchiectasie di maggior calibro e quindi non è mai esame di<br />

prima scelta. E’ utile solo per prelevare campioni di secrezioni per la ricerca dei microrganismi<br />

in corso di infezioni resistenti e per individuare la sede di eventuali sanguinamenti. Solo in casi<br />

selezionatissimi, in vista di un intervento (per valutare l’entita’ e la distribuzione di<br />

bronchiectasie limitate a singole zone), si può praticare la broncografia con mezzo di contrasto.<br />

17.7 CENNI <strong>DI</strong> TERAPIA<br />

La terapia si basa sul drenaggio assiduo delle secrezioni ristagnanti (fisioterapia), sull’uso dei<br />

fluidificanti e mucolitici. Gli antibiotici devono essere utilizzati solo in presenza di accertata<br />

infezione ed in maniera estremamente mirata (esame colturale ed antibiogramma). La terapia<br />

chirurgica (exeresi della zona colpita) e’ riservata ovviamente alle sole forme localizzate e dopo<br />

attenta valutazione del rischio e del beneficio atteso.


18. POLMONE E PATOLOGIA CAR<strong>DI</strong>OCIRCOLATORIA<br />

Il polmone, dotato di un estesissimo letto vascolare, costituisce una parte rilevante dell’apparato<br />

cardiocircolatorio. Normalmente il letto vascolare polmonare e’ a bassa resistenza e a bassa<br />

pressione (non supera in arteria polmonare i 15 cmH20); pertanto il cuore destro smaltisce con<br />

facilita’ il sangue refluo dalla periferia. Se insorgono patologie primitivamente polmonari che ne<br />

alterano il circolo, si hanno alterazioni della circolazione sistemica. D’altro canto, alterazioni<br />

dell’apparato cardiocircolatorio possono manifestarsi facilmente con segni e sintomi polmonari.<br />

La tromboembolia polmonare (capitolo 20) costituisce per tradizione un’entita’ nosografica a se<br />

stante, ma vi sono altre patologie cardiovascolari in cui i sintomi repiratori sono predominanti e<br />

devono quindi essere conosciute.<br />

18.1 EDEMA POLMONARE ACUTO (EPA) CAR<strong>DI</strong>OGENO<br />

18.1.1 EZIOLOGIA<br />

Per edema polmonare si intende la comparsa (acuta) di liquido negli alveoli. Nella maggioranza<br />

dei casi e’ dovuto a insufficienza cardiaca cronica, ma puo’ essere provocato anche da cause<br />

non cardiogene, tra cui il danno acuto della parete alveolare od il sovraccarico di circolo<br />

(tabella).<br />

EPA CAR<strong>DI</strong>OGENO EPA NON CAR<strong>DI</strong>OGENO<br />

Miocardiopatie secondarie<br />

- Arteriosclerotica<br />

- Ipertensiva<br />

- Infarto<br />

Miocardiopatia primitiva<br />

- Dilatativa<br />

- Ipertrofica<br />

- Iperplastica<br />

Da danno della parete alveolare<br />

- ARDS (in generale)<br />

- Tossicita’ acuta da ossigeno<br />

- Inalazione di irritanti e tossici<br />

- Inalazione di contenuto<br />

gastrico<br />

- Shock settico<br />

- Ustioni estese<br />

Annegamento<br />

Valvulopatie (mitralica o aortica) Tireotossicosi<br />

Sovraccarico di liquidi Anemia grave<br />

Alte quote<br />

18.1.2 PATOGENESI E FISIOPATOLOGIA<br />

E’ una delle emergenze mediche piu’ comuni. In corso di scompenso cardiaco, il deficit e’<br />

muscolare e di pompa nella maggior parte dei casi: il cuore sinistro non ha piu’ sufficiente<br />

energia per smaltire il sangue refluo dai polmoni alla circolazione sistemica. In altri casi, meno<br />

comuni il difetto e’ carico delle valvole sinistre. Nel caso della cardiopatia congestizia<br />

subentrano alcuni meccanismi di compenso sistemici (aumento del volume circolante,<br />

vasocostrizione periferica, tachicardia) che peggiorano il ritorno al cuore e ostacolano<br />

maggiormente la gittata. L’emodiluizione fa parte dei meccanismi di compenso per aumentare<br />

il riempimento del circolo, ma riduce la pressione oncotica. Si verifica comunque un aumento<br />

di pressione nell’atrio sinistro, e a monte una ipertensione nel circolo venoso polmonare. Cio’<br />

implica un aumento della pressione idrostatica al versante capillare, che favorisce la<br />

fuoriuscita di plasma. Peraltro, se il deficit si instaura lentamente, il circolo polmonare si<br />

adatta e l’ostacolo al deflusso viene a trasmettersi e ripercuotersi sulle sezioni destre del cuore<br />

(scompenso a monte), producendo essenzialmente edemi declivi, fegato da stasi e versamento<br />

pleurico di natura idrostatica.


Se l’ipertensione venosa si instaura abbastanza rapidamente oppure (come accade spesso)<br />

intervengono fattori di scompenso acuto (aritmie, broncopolmoniti, febbre, sforzo fisico)<br />

l’equilibrio idrostatico precario si rompe ed interviene il quadro dell’EPA cardiogeno.<br />

L’interstizio polmonare e’ esiguo, costituito solo da poca matrice organica e collagene, e<br />

pertanto non puo’ accogliere grandi quantita’ di fluido che tendono a trasudare direttamente<br />

in alveolo (inondazione alveolare)<br />

18.1.3 CLINICA<br />

Nelle fasi precoci dello scompenso cardiaco o se non intervengono cause precipitanti, si ha<br />

solo l’imbibizione dello scarso interstizio. Cio’ si verifica quando il soggetto e’ sdraiato e si<br />

ha quindi un riassorbimento in circolo di fluidi per riduzione della pressione idrostatica:<br />

l’imbibizione dell’interstizio causa compressione sui bronchi di piccolo calibro e dei<br />

bronchioli, producendo ostruzione: cio’ causa una dispnea sibilante acuta, identica a quella di<br />

un accesso asmatico (da qui il termine di asma cardiaco o dispnea parossistica notturna). Di<br />

solito, l’assunzione della ortostasi, risolve l’accesso.<br />

Se la trasudazione di liquido prosegue, inizia l’inondazione degli alveoli e si ha l’EPA<br />

conclamato che progredisce rapidamente se non trattato. Si hanno: grave dispnea, ortopnea,<br />

agitazione e senso di morte imminente, fino alla cianosi. L’ascoltazione evidenzia<br />

precocemente la stasi basale (rantoli fini) e poi a piccole-medie bolle, sempre piu’ intensi (a<br />

marea montante), fino al rantolo tracheale od orale che solitamente si ascoltano anche senza<br />

fonendoscopio. Puo’ comparire escreato schiumoso e roseo. Se i meccanismi di compenso<br />

periferico funzionano si ha ipertensione; al contrario si ha shock con ipotensione. Anche se<br />

trattato correttamente, l’EPA cardiogeno ha una mortalita’ elevata.<br />

18.1.4 CENNI <strong>DI</strong> TERAPIA<br />

Nell’EPA cardiogeno occorre: a) ridurre il sovraccarico del circolo (diuretici e vasodilatatori<br />

periferici, salasso); b) ridurre l’agitazione che peggiora lo scompenso (sedativi) c) aumentare<br />

la portata cardiaca (inotropi e digitale). Si somministra sempre ossigeno. Nell’edema<br />

polmonare con pressione normale o alta: diuretici a rapida azione (furosemide), vasodilatatori<br />

(nitroglicerina), morfina (dosi medio-basse). Nell’edema a bassa pressione: dopamina come<br />

inotropo a pronta azione e uso oculato di diuretici e vasodilatatori.<br />

18.2 IL POLMONE NELLO SCOMPENSO CAR<strong>DI</strong>ACO CRONICO<br />

Come gia’ accennato, l’edema polmonare acuto rappresenta il precipitare improvviso di uno<br />

squilibrio idrostatico. Nel paziente con scompenso cardiaco congestizio, a riposo,<br />

l’adattamento almeno parziale all’insufficienza ventricolare sinistra, fa si’ che vi sia solo una<br />

imbibizione parziale dell’interstizio e che la trasudazione negli alveoli sia limitata. Inoltre, se<br />

l’insufficienza si instaura abbastanza lentamente, l’ipertensione polmonare viene equilibrata e<br />

trasmessa al versante destro. Quindi, nel paziente con insufficienza cardiaca cronica e di lunga<br />

durata si osservano di solito edemi declivi, fegato da stasi, versamento pleurico<br />

(preferenzialmente sinistro), e dispnea parossistica notturna (asma cardiaca). I rantoli<br />

crepitanti alveolari (comunemente descritti come stasi basale) bilaterali dovrebbero sempre<br />

allarmare, indicando la trasudazione in alveolo in atto e che puo’ precipitare rapidamente in<br />

edema polmonare acuto. In fase stabile e di compenso parziale o completo si possono<br />

osservare versamento pleurico bibasale o solo sinistro, fegato da stasi e, all’RX, imbibizione<br />

dell’interstizio (strie di Kerley).


18.3 CUORE POLMONARE CRONICO<br />

18.3.1 DEFINIZIONE E PATOGENESI<br />

Cosi’ si definisce la dilatazione/ ipertrofia con insufficienza del ventricolo destro dovute solo<br />

ad aumentata pressione nel letto vascolare polmonare; deve quindi preesistere una patologia<br />

polmonare. Pertanto, il cuore polmonare: a) non e’ una malattia primitiva del miocardio ma<br />

sempre secondario ad alterazioni polmonari; b) non puo’ esistere cuore polmonare senza<br />

aumento della pressione arteriosa polmonare, mentre puo’ esistere ipertensione polmonare<br />

senza cuore polmonare (almeno nelle fasi iniziali); c) lo scompenso destro puo’ verificarsi<br />

anche in assenza di patologia polmonare (valvulopatie, miocarditi, scompenso sinistro). Data<br />

l’elevata compliance e la bassa resistenza del circolo polmonare, occorre che ne vengano resi<br />

inservibili almeno i 2/3 perche’ le resistenze vascolari aumentino significativamente,<br />

ripercuotendosi sul cuore destro. Per fare questo, e’ necessaria una occlusione generalizzata<br />

dei vasi polmonari che si puo’ verificare solo in caso di ipertensione primitiva o<br />

embolizzazione diffusa e ricorrente. Nella maggior parte dei casi il piccolo circolo aumenta le<br />

proprie resistenze in tempi lunghi a causa di:<br />

- ipoventilazione alveolare generalizzata (vasocostrizione riflessa per escludere le aree non<br />

ventilate)<br />

- irrigidimento e occlusione dei vasi polmonari (perdita dell’elasticita’ e della distensibilita’<br />

dell’interstizio) nella BPCO (causa piu’ frequente di cuore polmonare), nell’enfisema e nelle<br />

fibrosi interstiziali.<br />

Cuore polmonare cronico<br />

MECCANISMO PATOLOGIA<br />

Ostruzione, occlusione, BPCO ed Enfisema<br />

compressione, dei vasi. Fibrosi interstiziali diffuse<br />

Ipossia, acidosi, poliglobulia Alterazioni neuromuscolari, Fibrosi<br />

(aumento della viscosita’ ematica) cistica<br />

Tromboembolia ricorrente<br />

Ipertensione polmonare primitiva<br />

Il cuore polmonare e’ solitamente cronico e si instaura nel giro di anni, perche’ le patologie<br />

polmonari che lo generano sono a lenta progressione. In tali casi, il ventricolo destro<br />

compensa con l’ipertrofia della parete muscolare le aumentate resistenze.<br />

La vasocostrizione generale del piccolo circolo e’ stimolata solitamente dall’ipossia.<br />

L’ipoventilazione globale degli alveoli come in caso di malattie neuromuscolari e’ gia’ uno<br />

stimolo sufficiente alla vasocostrizione. Nel caso che vi sia anche una compressione o<br />

irrigidimento delle arterie polmonari nei rami piu’ distali (fibrosi diffusa, BPCO, enfisema,<br />

carcinomi infiltranti), l’ipertensione polmonare peggiora ulteriormente. L’ipoventilazione e lo<br />

squilibrio tra ventilazione e perfusione cronico inducono anche poliglobulia ed iperviscosita’<br />

ematica, le quali a loro volta aggravano l’ipertensione polmonare cronica. Se le alterazioni<br />

durano abbastanza a lungo, l’intima si ispessisce e l’ipertensione diventa una condizione<br />

cronica, alterando il cuore destro. Il cuore destro, che normalmente lavora a bassa pressione,<br />

compensa dapprima con ipertrofia e poi con dilatazione per mantenere una perfusione<br />

adeguata del piccolo circolo. Questo spiega l’insorgenza di cuore polmonare cronico nelle fasi<br />

avanzate di malattie croniche.<br />

18.3.2 CLINICA E <strong>DI</strong>AGNOSI<br />

La sola ipertrofia del ventricolo destro di per se non produce sintomi, se non in occasione di<br />

bruschi sovraccarichi, come in corso di sforzo intenso o per un peggioramento repentino della<br />

malattia di base. L’ipertrofia e il sovraccarico del piccolo circolo si possono sospettare in


presenza di rinforzo del II tono polmonare, di click di eiezione polmonare, quarto tono, impulso<br />

parasternale. Quando il ventricolo diventa francamente insufficiente compaiono i segni a monte:<br />

polso paradosso, turgore giugulare, stasi epatica, edemi declivi ed ascite. Puo’ comparire un III<br />

tono aggiunto ed un soffio olosistolico da insufficienza tricuspidale. Si puo’ rilevare all’ECG<br />

rotazione destra e antioraria dei vettori, onda P polmonare, blocco di branca destro o<br />

fibrillazione atriale. Nei pazienti con enfisema cronico (causa piu’ frequente in assoluto di cuore<br />

polmonare) spesso i segni cardiaci sono mascherati dai segni polmonari. All’RX si rileva<br />

ingrandimento degli archi di destra e congestione del circolo. L’ecocardiografia puo’<br />

quantificare l’ipertensione polmonare e la dilatazione del ventricolo. La terapia di fondo e’ volta<br />

al controllo della malattia polmonare. Si possono usare digitale e oculatamente diuretici.<br />

18.4 CUORE POLMONARE ACUTO<br />

Nel cuore polmonare acuto si verifica un brusco sovraccarico (di pressione o di volume) a destra<br />

e l’unica risposta possibile e’ la dilatazione per la legge di Starling. Il cuore polmonare acuto e’<br />

sempre parte di una emergenza medica. Come gia’ detto, data la sua gravita’ e frequenza la<br />

tromboembolia polmonare merita una trattazione a parte e cosi’ pure il PNX iperteso.<br />

Cuore polmonare acuto<br />

MECCANISMO PATOLOGIA<br />

Iperafflusso di sangue in Rottura di setto.<br />

arteria polmonare<br />

Rottura di aneurisma aortico in arteria<br />

polmonare o cuore destro<br />

Aumento brusco delle Tromboembolia polmonare<br />

resistenze polmonari<br />

PNX iperteso<br />

18.5 IPERTENSIONE POLMONARE<br />

Non e’ una malattia a se’ stante (tranne che nel caso di ipertensione polmonare primitiva e di<br />

malattia veno-occlusiva), ma come visto e’ una condizione fisiopatologica che si viene a creare in<br />

seguito a malattie diverse dell’apparato respiratorio. Qualsiasi ostacolo al flusso polmonare crea una<br />

ipertensione a monte.<br />

L’ipertensione polmonare si accompagna quasi sempre a cuore polmonare cronico perche’ ne e’ la<br />

causa. Solo nel caso di aumento della pressione polmonare da scompenso sinistro, l’ipertensione<br />

non si associa a malattia polmonare vera e propria.<br />

18.5.1 IPERTENSIONE POLMONARE PRIMITIVA<br />

E’ l’unico caso in cui siano primitivamente colpiti i vasi polmonari.. E‘ una patologia molto rara<br />

ad eziologia sconosciuta e spesso ad aggregazione famigliare. Si ha un ispessimento diffuso delle<br />

arteriole, con ipertrofia della muscolare e proliferazione plessiforme dell’intima, per cui il vaso e’<br />

di calibro ristretto ed irrigidito. La malattia esordisce con i segni e sintomi del cuore polmonare<br />

(in un terzo dei casi e’ presente fenomeno di Raynaud), ma quando viene diagnosticata e’ gia’ in<br />

fase avanzata e la sopravvivenza media dopo la diagnosi si aggira intorno ai 2 anni. La diagnosi<br />

e’ solo di esclusione; in particolare occorre escludere con certezza la presenza di tromboembolie<br />

diffuse e ricorrenti. Risultati incostanti si ottengono con i vasodilatatori e le prostaglandine; il<br />

trapianto cuore-polmone e’ l’unico intervento risolutivo.<br />

18.5.2 MALATTIA VENO-OCCLUSIVA<br />

E’ un’altra patologia rara, in cui l’occlusione del letto vascolare si verifica dopo i capillari, a<br />

livello delle vene polmonari di piccolo calibro. Nel 50% dei casi e’ idiopatica, mentre nel restante<br />

50% e’ conseguenza (ma non e’ noto il meccanismo) dell’uso di farmaci alchilanti quale il<br />

busulfan.


19. TROMBOEMBOLIA POLMONARE (TEP)<br />

L’embolia polmonare è l’occlusione dell' arteria polmonare o di uno dei suoi rami causata<br />

dall’incuneamento di emboli provenienti dalla periferia. Poiche’ gli emboli di origine trombotica<br />

sono di gran lunga i piu’ frequenti, si parla comunemente di tromboembolia polmonare. Più<br />

raramente si può formare un trombo direttamente nelle arterie polmonari ed allora si parla di<br />

trombosi polmonare autoctona. La TEP e’ nella maggior parte dei casi una patologia acuta ed<br />

un’emergenza medica. L’incidenza si stima attorno ai 50/100.000. Se la diagnosi viene fatta<br />

correttamente e precocemente, la mortalità si aggira intorno al 15%, ma sale al 40% ed oltre se la<br />

diagnosi non viene posta subito.<br />

La tabella 1 riporta la natura dei possibili emboli che possono interessare le arterie polmonari.<br />

_Tabella 1_____________________________________________________________<br />

- tromboemboli a partenza dalle vene profonde della gamba, coscia e pelvi (>80% dei<br />

casi)<br />

- neoplastici (tumori della mammella, dello stomaco, del colon, del fegato)<br />

- grassosi (midollo giallo che va in circolo in seguito a grosse fratture)<br />

- gassosi (da introduzione di aria per cateterismi, da rapida decompressione)<br />

- settici (in corso di endocardite batterica o sepsi lenta)<br />

- da liquido amniotico (da manovre invasive durante la gravidanza o durante il parto)<br />

- da parassiti<br />

- da materiale estraneo iniettato<br />

19.1 PATOGENESI E FISIOPATOLOGIA<br />

Come accennato, nella stragrande maggioranza dei casi la TEP è la complicazione di una<br />

trombosi venosa profonda (TVP) che interessa le grosse vene della coscia o della pelvi (talvolta<br />

anche della gamba). I fattori predisponenti alla formazione di trombi venosi sono essenzialmente<br />

i tre individuati da Wirchow 10 anni fa:<br />

1) stasi sanguigna: da immobilizzazione nel decorso post-operatorio, durante cardiopatie,<br />

pneumopatie e neuropatie invalidanti, obesità.<br />

2) ipercoagulabilità: aumento degli estrogeni in gravidanza o assunzione di anticoncezionali,<br />

liberazione di sostanze ad azione tromboplastica da parte di neoplasie tra cui quelle polmonari,<br />

pancreatiche e prostatiche (s.paraneoplastiche) o alterazioni funzionali di uno o più fattori<br />

coagulativi (Tabella 2).<br />

3) danno della parete vasale: arteriosclerosi, neoplasie infiltranti, varici.<br />

Tabella 2. Alcune alterazioni della coagulazione nella TEP (Chest, 2002)<br />

ALTERAZIONE % NELLA<br />

POPOLAZIONE<br />

GENERALE<br />

% NEI<br />

PAZIENTI<br />

CON TEP<br />

Deficit proteina C 0.1-0.3 2-5<br />

Deficit proteina S 0.3 2<br />

Deficit antitrombina III 0.5 1<br />

Deficit fattore V 4-6 20-25<br />

Aumento fattore VIII 10 20<br />

Aumento fattore XI 11 25


Pertanto i pazienti piu’ a rischio di TEP, sono quelli allettati o immobilizzati per tempi lunghi e<br />

con stasi venosa agli arti inferiori (insufficienza venosa, varici). Le tromboflebiti superficiali,<br />

solo raramente possono causare TEP. In rari casi si possono staccare dai vasi dei microemboli a<br />

gittate successive (microembolizzazione ricorrente). In tale situazione non si ha sintomatologia<br />

clinica acuta ma una progressiva e uniforme occlusione del letto arterioso polmonare che sfocia<br />

lentamente nel cuore polmonare cronico.<br />

L' ostruzione improvvisa di parte del circolo polmonare ha numerose conseguenze<br />

fisiopatologiche, che diventano clinicamente manifeste se almeno il 30% del circolo polmonare è<br />

escluso. La prima conseguenza è l’ aumento della pressione arteriosa polmonare e aumento della<br />

pressione ventricolare destra telediastolica. La pressione arteriosa polmonare media può<br />

raggiungere valori di 40 mmHg. Si ha quindi dilatazione del ventricolo destro, insufficienza<br />

ventricolare destra e ulteriore caduta del flusso ematico polmonare (cuore polmonare acuto).<br />

Ciò provoca alcune delle caratteristiche modificazioni ECG. Riducendosi la portata del circolo<br />

polmonare, si riduce anche il riempimento del ventricolo sinistro e la gittata sistolica. Questo<br />

provoca ipotensione, ma nei casi di embolia massiva può condurre allo shock. Ovviamente lo<br />

scompenso acuto sinistro si verifica più facilmente nei pazienti già scompensati o con<br />

valvulopatie o cardiomiopatie. Lo squilibrio nel rapporto ventilazione-perfusione dovuto a<br />

zone di parenchima ventilato ma non perfuso determina comunque ipossiemia che di riflesso<br />

causa iperventilazione; all' iperventilazione contribuisce anche lo stiramento dei recettori J. L'<br />

aumento della ventilazione, che non è alterata dalla TEP, e la maggior diffusibilità della CO2<br />

portano ad un aumento del gradiente della PCO2 arteriolo-alveolare che si traduce in una<br />

diminuzione della CO2 arteriosa (ipocapnia). Figura 1. Nelle zone di parenchima polmonare<br />

non perfuse spesso si determina broncocostrizione come meccanismo in grado di ridurre la<br />

ventilazione di un' area non perfusa. Se l’occlusione del circolo polmonare è massiva si può<br />

avere anche infarto polmonare, con aumento degli enzimi di necrosi e risentimento pleurico. In<br />

realtà l’infarto polmonare è abbastanza raro perché la circolazione nutritizia del polmone è<br />

fornita dalle arterie bronchiali, e si verifica solo se la pressione nelle vene polmonari è<br />

aumentata. In un polmone altrimenti sano, la TEP provoca solo uno stravaso emorragico negli<br />

alveoli che si risolve in 1-2 settimane.


19.2 CLINICA<br />

L’entità dell’ostruzione del circolo condiziona il quadro sintomatologico. In linea di massima,<br />

meno rami sono coinvolti e più le manifestazioni si limitano al polmone. Nelle forme massive<br />

compare sempre anche l’interessamento cardiovascolare. Per convenzione si parla di Embolia<br />

polmonare massiva con un ostruzione oltre il 50% del letto vascolare polmonare. La TEP è quasi<br />

sempre un evento acuto.<br />

Sintomo caratteristico è la dispnea (con tachipnea) in genere improvvisa. Altri sintomi<br />

importanti sono la tosse secca, l’emottisi od emoftoe, dolore toracico da interessamento pleurico<br />

accentuato con il respiro di solito laterale generalmente basale. L'emottisi e il dolore toracico<br />

sono più frequenti nei casi in cui si verifica infarto polmonare. Se l'embolizzazione è estesa si<br />

verificheranno cianosi e segni di sofferenza cardiovascolare: tachicardia, ipotensione, pallore<br />

fino allo shock cardiogeno franco. Il quadro clinico florido (dolore toracico, dispnea,<br />

ipotensione) impone immediatamente la diagnosi differenziale con l’infarto miocardico (ECG).<br />

Obiettivamente si può notare una zona di ipofonesi con associata ascoltazione di rumori secchi<br />

quali sibili, espressione di broncocostrizione; in sede di dolore possono essere presenti rumori di<br />

fregamento pleurico che possono indurre ad una diagnosi errata.<br />

19.3 <strong>DI</strong>AGNOSTICA<br />

La diagnosi di TEP è difficile, ed in prima battuta è soltanto clinica. Occorre sospettarla in<br />

pazienti con fattori di rischio (allettamento prolungato, trombosi venose, recente chirurgia<br />

ortopedica) in cui compaiano improvvisamente dispnea, tosse, emoftoe e dolore toracico.


Poiché il quadro clinico è comune a diverse patologie, si procede solitamente escludendo quelle<br />

più frequenti (Tabella 3).<br />

All'ECG si possono rilevare i segni di cuore polmonare, cioè della dilatazione del cuore destro:<br />

onda P polmonare (a tenda canadese) da dilatazione atriale, inversione dell' onda T nelle<br />

precordiali destre, rotazione destra e antioraria dell’asse, blocco di branca destro, extrasistoli e<br />

fibrillazione atriale. Abbastanza caratteristica è l’associazione di onda S in d1, q in D3, T<br />

invertita in D3 (S1q3T3, S,di McGynn-White). Pur non essendo un dato specifico, all’EGA si ha<br />

in genere ipossiemia, mentre molto suggestiva per TEP è l’ipocapnia. Radiologicamente la<br />

tromboembolia polmonare non mostra segni caratteristici. Si può avere alterazione delle arterie<br />

polmonari con slargamento, visibile radiologicamente come segno "della salsiccia". Il<br />

diradamento della vascolarizzazione (segno di Westermark) può essere messo a confronto di aree<br />

indenni. Solo in caso di infarto polmonare (raro) si possono rilevare delle opacità sfumate<br />

triangolari con base verso la pleura.<br />

A livello laboratoristico può essere utile il dosaggio dei prodotti di degradazione del fibrinogeno<br />

(XDP o d-dimero). Tale parametro ha un buon valore predittivo negativo, nel senso che valori<br />

normali di d-dimero anche in presenza di sospetto clinico, escludono la diagnosi di TEP con una<br />

probabilità superiore al 95%. Purtroppo la positività del d-dimero è assolutamente aspecifica.<br />

L’aumento degli enzimi GOT, GPT ed LDH non ha rilevante valore diagnostico, in quanto<br />

tardivo, poco sensibile e poco specifico.<br />

In presenza di sospetto clinico, la conferma si ha solo con la dimostrazione dell' ostruzione a<br />

livello del flusso in arteria polmonare o suoi rami. La scintigrafia perfusionale che e’ di<br />

semplice esecuzione, non particolarmente invasiva, e utilizza albumina marcata con iodio 131<br />

rimane l’esame di riferimento (figura 2). Non e’ particolarmente specifica in quanto l'<br />

individuazione di aree di positività (non perfuse) si puo’ avere anche in altre patologie polmonari<br />

croniche. Si parla infatti di scintigrafia ad elevata, media o bassa probabilità. La significatività<br />

dell' esame aumenta associando la scintigrafia ventilatoria, che consente di documentare la<br />

presenza di normale ventilazione in aree non perfuse. La scintigrafia polmonare di perfusione<br />

non sempre è eseguibile in urgenza (necessita di un servizio di medicina nucleare). Attualmente,<br />

la TC polmonare con mezzo di contrasto viene considerata una alternativa soddisfacente, ed in<br />

grado di individuare occlusioni dei rami polmonari segmentari e subsegmentari con efficienza<br />

quasi pari alla scintigrafia. In pratica, viene sempre eseguita per prima l’angio-TC. L'<br />

angiografia polmonare consente di individuare con precisione l'eventuale ostruzione nonostante<br />

alcuni rischi (2-3% di mortalità per cateterismo, aritmie, reazioni al mezzo di contrasto). E'<br />

utilizzata in quei pazienti non rispondenti alla terapia antitrombotica, con gravi turbe<br />

emodinamiche e candidati all' embolectomia chirurgica.<br />

19.4 CENNI <strong>DI</strong> TERAPIA<br />

Oltre alla terapia sintomatica (ossigeno, blanda sedazione), il principale intervento è la<br />

scoagulazione: l' utilizzo dell' eparina nelle prime ore dalla diagnosi (ad un dosaggio di 10.000 U<br />

in bolo seguita da 1.000 U/h) diminuisce significativamente la mortalità ed il rischio di recidive.<br />

Ottenuto un INR tra 2 e 3 lo si mantiene con anticoagulanti orali per almeno 6 mesi. Negli ultimi<br />

anni è venuto meno l' utilizzo routinario di farmaci trombolitici, quali streptochinasi e urochinasi,<br />

in quanto non si sono dimostrati in grado di ridurre la mortalità e per gli importanti effetti<br />

emorragici. Solo in soggetti giovani, con diagnosi certa e forme massive si può tentare la<br />

trombolisi con attivatore tissutale del plasminogeno. Identicamente, l’embolectomia chirurgica è<br />

un intervento di ultima scelta.


Tabella 3: principali diagnosi differenziali della TEP<br />

SEGNI E <strong>DI</strong>AGNOSI<br />

INDAGINE<br />

SINTOMI<br />

<strong>DI</strong>FFERENZIALE<br />

Dolore<br />

acuto<br />

toracico Infarto del miocardio ECG<br />

Dispnea acuta<br />

Ipotensione<br />

(shock)<br />

Aritmie<br />

Tosse<br />

Pneumotorace RX<br />

Dolore<br />

acuto<br />

toracico<br />

Dispnea acuta<br />

Riduzione MV<br />

Tosse<br />

Asma Esame obiettivo<br />

Dispnea<br />

(broncostruzione<br />

Ipossia-ipocapnia<br />

diffusa)


20. VERSAMENTI PLEURICI E PLEURITI<br />

Il liquido pleurico facilita lo scorrimento dei due foglietti pleurici tra loro agevolando i<br />

movimenti del polmone. Il liquido pleurico viene continuamente prodotto e riassorbito grazie ad<br />

un equilibrio di pressioni, all’integrità della parete capillare e al drenaggio linfatico. Quando<br />

questo equilibrio si rompe, si ha l’accumulo di liquido in cavo pleurico e allora si parla di<br />

versamento. Versamento pleurico e pleurite non sono sempre sinonimi. Spesso la pleurite<br />

produce versamento, ma si puo’ avere versamento anche in assenza di patologia della pleura e,<br />

più raramente, viceversa.<br />

20.1 FISIOLOGIA E FISOPATOLOGIA DELLA PLEURA<br />

Produzione e riassorbimento del liquido pleurico sono regolate dalle pressioni idrostatiche e<br />

oncotiche e dal drenaggio linfatico. Nello strato subpleurico è presente una ricca rete capillare:<br />

la pleura parietale è irrorata dai vasi sistemici (arterie intercostali) con pressione idrostatica<br />

capillare media 30 cm H2O. La pleura viscerale è essenzialmente vascolarizzata dai rami delle<br />

arterie polmonari (pressione idrostatica capillare media 11 cm H2O). A queste si aggiungono la<br />

pressione oncotica del liquido pleurico e del sangue.<br />

A causa delle differenze di pressione idrostatica, in condizioni normali, si verifica una filtrazione<br />

di liquido in corrispondenza della terminazione arteriosa dei capillari (a livello della pleura<br />

parietale, passaggio di liquido dal settore vascolare nel cavo pleurico). La maggior parte del<br />

liquido pleurico viene riassorbito a partire dal terzo inferiore della parete toracica (pleura<br />

parietale, diaframmatica e mediastinica) tramite le lacune linfatiche denominate “stomata”. Tale<br />

riassorbimento è dovuto al meccanismo aspirante (vacuum) della parete toracica in inspirazione e<br />

favorito dalla peristalsi della muscolatura liscia dei linfatici.<br />

La rete linfatica della pleura viscerale (drenaggio profondo) sbocca nei linfonodi ilopolmonari e<br />

mediastinici, ampiamente collegata con quella dei polmoni. La linfa della sierosa parietale è in<br />

rapporto con i sistemi regionali sottostanti nella catena mammaria interna e nei linfonodi<br />

intercostali (drenaggio superficiale).<br />

La meccanica dello spazio pleurico e la dinamica del liquido pleurico sono regolate dalle forze di<br />

filtrazione e di assorbimento: il risultato di questo “transfer” è:<br />

- la fuoriuscita di liquido a livello della pleura parietale<br />

- il suo accumulo nello spazio pleurico<br />

- il riassorbimento da parte dei linfatici<br />

Qualsiasi fattore che influenza negativamente quest’equilibrio determina un aumento di liquido<br />

nel cavo pleurico.<br />

I meccanismi fisiopatogenetici sono rapportabili a:<br />

1) aumento della pressione idrostatica (es. scompenso cardiaco congestizio, sindrome<br />

mediastinica)<br />

2) aumento della permeabilità capillare (es. processi infiammatori, infettivi, immunopatologie)<br />

3) riduzione del drenaggio linfatico (es. processi ostruttivi della circolazione linfatica)<br />

20.2 CARATTERISTICHE DEL VERSAMENTO PLEURICO ED EZIOLOGIA<br />

La presenza di liquido all'interno del cavo pleurico in quantità maggiore di quella<br />

fisiologicamente presente, è spesso dovuto ad uno stato infiammatorio della pleura quindi il<br />

termine di versamento pleurico è talvolta associato a quello di pleurite. Però la presenza di<br />

liquido si può avere per cause anche non infiammatorie.


Il primo passo per determinare l'eziologia di un versamento è la distinzione tra essudato e<br />

trasudato che si fa analizzando il liquido prelevato mediante puntura esplorativa. Infatti, il<br />

trasudato e’ solitamente dovuto ad un processo di ultrafiltrazione da squilibrio delle pressioni<br />

(idrostatica o oncotica), mentre l’essudato implica un danno capillare (processo infiammatorio o<br />

neoplastico) e la fuoriuscita dai capillari di proteine e cellule. Indicativamente, la natura di<br />

essudato o di trasudato orienta verso le patologie che ne possono essere responsabili. Per<br />

differenziare trasudati ed essudati , tutt’oggi rimangono validi i criteri di Light (indicati in<br />

grassetto in tabella). La presenza di uno o piu’ di questi 3 criteri consente di diagnosticare<br />

l’essudato. Esistono poi altri criteri aggiuntivi e macroscopici (colore, aspetto, peso specifico)<br />

ma nessuno di questi puo’ essere preso come criterio distintivo.<br />

Essudati e trasudati<br />

ESSUDATO<br />

(compresi<br />

Chilo- ed<br />

emotorace<br />

TRASUDATO<br />

[PROTEINE]<br />

versamento/[PROTEINE]sier<br />

o<br />

> 0.5 < 0.5<br />

[LDH] versamento > 200 UI/L < 200 UI/L<br />

[LDH ] versamento/ [LDH ] > 0.6 < 0.6<br />

siero<br />

[[ALBUM] siero – [ALBUM]<br />

versamento<br />

COLORE Da paglierino a<br />

giallo carico,<br />

brunastro, rosso<br />

ASPETTO Frequentemente<br />

< 1.2 g/ 100 mL > 1.2 g/100 mL<br />

torbido<br />

Giallo chiaro<br />

Limpido<br />

CELLULE Abbondanti Scarse<br />

PROTEINE > 3 g/dl < 3 g/dl<br />

PESO SPECIFICO < 1016 > 1018<br />

PATOLOGIA (esempi) Infezioni<br />

Insufficienza cardiaca<br />

polmonari/pleuriche congest. Pericardite<br />

Neoplasie polmonari/ costrittiva, Ipoproteinemia<br />

pleuriche Malattie (s. nefrosica,<br />

autoimmuni. Pancreatiti, malnutrizione, insuff.<br />

ascesso subfrenico Traumi Epatica)<br />

Sarcoidosi e<br />

granulomatosi<br />

Casi particolari sono l’emotorace ed il chilotorace. Il colore rossastro o l’aspetto francamente<br />

ematico del versamento pleurico fanno propendere per emotorace (trauma, neoplasia). In caso di<br />

versamento torbido o lattescente occorre centrifugarlo: se dopo centrifugazione il sopranatante


appare limpido, si tratta di cellule o detriti, mentre se rimane torbido sono presenti lipidi.<br />

L‘aspetto purulento indica empiema pleurico.<br />

Le cause di versamento pleurico sono variabilissime. Qualsiasi patologia che squilibri le<br />

pressioni idrostatiche od oncotiche o aumenti la permeabilita’ dei capillari od ostruisca il<br />

drenaggio linfatico puo’ dare origine ad un versamento pleurico. Le cause piu’ comuni sono<br />

schematicamente raggruppate in tabella.<br />

Eziologia schematica più comune dei versamenti pleurici)<br />

Essudatizia<br />

INFETTIVA Pleuriti para-metapneumoniche:<br />

batteriche , virali, tubercolari,<br />

fungine<br />

NEOPLASIE Neoplasie primitive<br />

(mesotelioma) e secondarie<br />

(carcinoma broncogeno e<br />

mammario) della pleura<br />

IMMUNOLOGICA LES, artrite reumatoide, febbre<br />

reumatica<br />

PATOLOGIA<br />

Pancreatiti, interventi chirurgici,<br />

ADDOMINALE<br />

ascesso subfrenico, s. di Meigs<br />

DANNO ANATOMICO Traumi del torace (spesso con<br />

emotorace), rottura dell' esofago<br />

(Mallory-Weiss, Boerhaeve)<br />

Trasudatizia<br />

CAR<strong>DI</strong>OVASCOLARE Scompenso cardiaco, pericarditi,<br />

sindrome post-infartuale<br />

SQUILIBRI ONCOTICI S. nefrosica, dialisi,<br />

ipoproteinemie (malnutrizione,<br />

cirrosi epatica)<br />

20.3 LE PLEURITI<br />

Si definisce pleurite un qualsiasi processo infiammatorio della pleura. L’infiammazione della<br />

pleura puo’ essere determinata da concomitanti processi flogistici del polmone (polmoniti e<br />

broncopolmoniti), da malattie neoplastiche polmonari o pleuriche, da malattie immunologiche.<br />

Sono ancora in uso i termini di pleurite parapneumonica (= concomitante a polmonite) o<br />

metapneumonica (= postumo di polmonite) . Il termine pleurite implica comunque l’esistenza di<br />

fenomeni infiammatori, che si manifestano con febbre, dolore, tosse e versamento piu’ o meno<br />

cospicuo. Nella pleurite, per definizione, il versamento e’ sempre di tipo essudativo.<br />

Tradizionalmente e per esigenze descrittive le pleuriti si possono definire in base a diverse<br />

caratteristiche:<br />

- Origine: Primitive o secondarie<br />

- Anatomia patologica: Essudative, fibrinose, con ispessimento fibroso (pachipleurite),<br />

purulente<br />

- Decorso: Acute o croniche<br />

- Localizzazione: mono o bilaterali, saccate, interlobari, scissurite.


Le cause più frequenti di pleurite sono quelle infettive e quelle neoplastiche. Tra le malattie<br />

infettive ricordiamo le polmoniti pneumococciche, stafilococciche, ecc. La pleurite tubercolare<br />

costituisce una patologia a parte (vedi cap 8). Anche il LES e l’artrite reumatoide possono<br />

provocare pleurite, che di solito è acuta e con scarso versamento (cap. 15). Altre cause di pleurite<br />

sono la tromboembolia polmonare con infarto polmonare, l’infarto miocardico, le pancreatiti e<br />

l’ascesso subfrenico.<br />

La pleurite neoplastica (da carcinoma polmonare o da mesotelioma) ha insorgenza graduale, con<br />

pochi fenomeni infiammatori e dà origine a versamenti anche cospicui, tanto che la dispnea da<br />

compressione del parenchima è spesso il primo segno.<br />

20.4 CLINICA<br />

I segni e i sintomi del versamento pleurico dipendono dalla natura del processo che lo genera,<br />

ma anche dal tempo di insorgenza e dalla quantità del liquido presente. Versamenti cospicui<br />

formatisi gradualmente possono dare pochi sintomi, mentre pleuriti acute con versamento scarso<br />

possono essere ricche di manifestazioni cliniche.<br />

Sono segni indicativi di pleurite acuta:<br />

- dolore dovuto ad irritazione della pleura parietale: in genere e’ trafittivo, ben localizzato e si<br />

accentua con gli atti respiratori e con la tosse; nei versamenti neoplastici il dolore può essere<br />

sordo e continuo<br />

- febbre: quasi sempre presente nelle pleuriti acute<br />

- tosse: di tipo non produttivo, secca, su base irritativa<br />

- difficoltà a decombere sul lato leso<br />

La dispnea (anche a riposo) se presente, è indicativa di versamento cospicuo con compressione<br />

del parenchima.<br />

L’esame obiettivo è solitamente diagnostico, ma è positivo solo se il versamento è superiore a<br />

200-300 cc. All’ispezione si può osservare ipomobilità dell'emitorace leso (respiro asimmetrico).<br />

Alla palpazione si ha diminuzione o abolizione del FVT nella sede del versamento. Alla<br />

percussione si ha un'area d’ottusità corrispondente al versamento. Nei casi di essudato l’ottusità<br />

è spesso delimitata da una linea a convessità superiore (linea di Damoiseau-Ellis). Al di sopra di<br />

tale linea, in sede paravertebrale, puo’ essere presente una zona di iperfonesi (triangolo di<br />

Garland). La dislocazione del mediastino può creare una zona di ipofonesi controlaterale<br />

(triangolo di Grocco). All’ascoltazione il MV è solitamente abolito o fortemente ridotto.<br />

Superiormente al versamento si puo’ talvolta ascoltare un soffio bronchiale.<br />

Gli sfregamenti pleurici, esiti fibrotici (depositi di fibrina, ecc) di pregressi episodi di pleuriti<br />

acute, hanno vari timbri e tonalità ma sono fissi, si possono auscoltare in inspirazione e/o<br />

espirazione e non si modificano con la tosse. Indicano attrito tra i due foglietti pleurici.<br />

20.5 <strong>DI</strong>AGNOSTICA<br />

Le modalita’ d’insorgenza dei sintomi che il paziente riferisce indirizzano già verso una<br />

diagnosi. Dolore, febbre, tosse indicano la presenza di pleurite. La dispnea progressiva, associata<br />

ai segni di versamento orienta verso versamenti cospicui e lentamente progressivi. La clinica<br />

(segni e sintomi) suggerisce la presenza di versamento pleurico: occorre innanzitutto<br />

confermarlo, poi determinarne la natura e quindi l’eziologia.<br />

Dopo l’esame obiettivo, l’RX torace e’ l’esame di prima istanza. Per gravità i versamenti<br />

pleurici si dispongono alle basi, opacando i seni costofrenici e sfumando verso l' alto. La<br />

disposizione di un versamento libero non saccato, nella radiografia laterale, ha una posizione più<br />

elevata in sede anteriore e posteriore discendendo sull'ascellare, mentre nella radiografia antero-


posteriore la posizione più elevata è a livello dell'ascellare. Se e’ presente aria oltre che liquido,<br />

il versamento ha livello orizzontale (idropneumotorace). La toracentesi e’ fondamentale per<br />

l'aspetto macroscopico, per l'esame citologico, biochimico e per eventuali colture<br />

batteriologiche (batteri, miceti e mycobatteri). La TC è utile per individuare piccoli versamenti<br />

non visibili all' RX. Nel caso di versamenti cospicui è opportuno eseguirla dopo aver liberato il<br />

cavo pleurico da gran parte del liquido (toracentesi evacuativa) per meglio evidenziare eventuali<br />

irregolarità della pleura, ispessimenti, masse solide. L’ ecografia e’ utile nei versamenti saccati<br />

per individuare il punto preciso ove praticare puntura esplorativa. Le metodiche endoscopiche<br />

(toracoscopia, VATS) sono trattate nel capitolo 6.<br />

20.6 CENNI <strong>DI</strong> TERAPIA<br />

La terapia dei versamenti pleurici è strettamente dipendente dalla loro causa.<br />

In linea di massima, un versamento deve essere evacuato (toracentesi) indipendentemente dalla<br />

causa, solo se e’ talmente cospicuo da compromettere la ventilazione polmonare (dispnea,<br />

ipopnea, ipossia arteriosa), ed in presenza di febbre e dolore pleurico e comunque prima di<br />

instaurare terapie che possano mascherare l’eziologia.<br />

I versamenti trasudatizi scompenso cardiaco, ipoonchia) si risolvono gradualmente con la<br />

correzione del disturbo a monte (correzione della proteinemia, trattamento dello scompenso).<br />

Per i versamenti essudativi dovuti a pleurite, il trattamento è sintomatico (antinfiammatori,<br />

analgesici); se la pleurite è di origine infettiva, il trattamento antibiotico va necessariamente<br />

intrapreso.<br />

Per le pleuriti croniche (solitamente neoplastiche) che danno origine a versamenti abbondanti e<br />

recidivanti si applica, ove necessario, la pleurodesi chimica per via pleuroscopica (cosiddetto:<br />

talcaggio pleurico). Tale trattamento non e’ risolutivo, ma consente di impedire o rallentare la<br />

formazione del versamento e la conseguente dispnea.


21. PNEUMOTORACE (PNX)<br />

21.1 CLASSIFICAZIONE ED EZIOLOGIA<br />

Il PNX e’ la presenza d’aria in cavo pleurico. Normalmente nel cavo pleurico non vi e' aria e<br />

la pressione e' inferiore a quella atmosferica (cio' consente di mantenere il polmone aderente alla<br />

parete toracica). Perche' si verifichi un PNX deve quindi crearsi una comunicazione tra lo spazio<br />

pleurico e l'esterno o gli alveoli, necessariamente attraverso una soluzione di continuita’ dei<br />

foglietti pleurici. Se il cavo pleurico è messo in contatto con la pressione atmosferica, il<br />

polmone, non piu' trattenuto dalla pressione negativa, tende a retrarsi verso l'ilo diventando in<br />

tutto o in parte inutilizzabile per la ventilazione. Si verifica quindi uno shunt circolatorio (aree<br />

perfuse ma non ventilate) e conseguente ipossiemia.<br />

Il PNX viene classificato in base alla presenza o assenza di lesione traumatica delle pleure. Nel<br />

primo caso si definisce spontaneo, altrimenti e’ traumatico o iatrogeno.<br />

Classificazione del PNX<br />

Spontaneo primitivo Soggetto in buona salute e assenza di patologia<br />

polmonare nota.<br />

Spontaneo secondario In corso di: Polmoniti, BPCO ed enfisema, Asma,<br />

Processi tisiogeni, Tumori<br />

Traumatico Qualsiasi tipo di lesione della parete toracica che<br />

coinvolga le pleure. Spesso si tratta di<br />

emopneumotorace.<br />

Iatrogeno Complicanza di manovre diagnostico/terapeutiche:<br />

toracentesi, agobiopsia transparietale<br />

Terapeutico PNX indotto artificialmente per favorire la guarigione<br />

delle caverne TBC. Non piu’ in uso.<br />

Il PNX spontaneo primitivo si verifica preferenzialmente nei maschi giovani e longilinei ed ha<br />

partenza dalle zone superiori del polmone, che sono normalmente più distese. Il PNX spontaneo<br />

secondario si può verificare in molte condizioni patologiche in cui si abbia un danno del<br />

parenchima che lesiona la pleura viscerale e mette in comunicazione bronchi ed alveoli col cavo<br />

pleurico (più di frequente si tratta di tumori o bolle di enfisema nel BPCO o caverne tubercolari).<br />

Il PNX traumatico è frequente negli incidenti stradali e si associa spesso versamento ematico o<br />

più di rado a versamento purulento per sovrinfezione.<br />

In base alla fisiopatologia il PNX viene definito<br />

- chiuso: se una quota di aria entra in cavo pleurico e vi resta per venire lentamente riassorbita<br />

- aperto: se l'aria puo' entrare e uscire con i movimenti respiratori<br />

- a valvola: se l'aria entra in inspirazione e non può uscire in espirazione. Quest'ultima<br />

condizione causa il PNX iperteso, in cui la pressione in cavo pleurico aumenta<br />

progressivamente e fa sbandare il mediastino verso il lato sano. Si verifica allora una<br />

riduzione del ritorno venoso al cuore destro, ipoperfusione polmonare e bassa gittata<br />

sistemica. La trazione sul fascio vascolonervoso può causare inoltre aritmie.<br />

21.2 CLINICA E <strong>DI</strong>AGNOSI<br />

Nei casi di piccoli PNX, la clinica può essere del tutto muta. Solitamente però il PNX esordisce<br />

con dolore toracico puntorio improvviso, tosse, dispnea di grado variabile. Se il PNX è<br />

iperteso (solitamente in caso di trauma) si manifestano i sintomi e segni dello shock (ipotensione,<br />

tachipnea, pallore cutaneo, aritmie) e dell’insufficienza respiratoria (spesso con comparsa di<br />

cianosi manifesta). All'esame obiettivo si rilevano: riduzione o assenza del FVT, indebolimento<br />

o assenza completa del MV, suono iperchiaro o timpanico in corrispondenza della falda di aria.<br />

L’ipomobilità visibile dell'emitorace colpito si ha solo in caso di PNX massivo.


La diagnosi viene facilmente confermata dall’RX, che mostra il contorno del polmone retratto<br />

verso l’ilo e l’ipertrasparenza attorno ad esso. La differenza tra le due zone è ben evidenziata<br />

dalla assenza della trama interstiziale in corrispondenza della falda d’aria. Una volta<br />

diagnosticato il PNX, non sono necessarie le PFR, che dimostrerebbero comunque una sindrome<br />

restrittiva quasi pura (riduzione del polmone ventilato). Lo shunt circolatorio causa solitamente<br />

ipossiemia di grado variabile. L’EGA può fornire una buona misura del grado di<br />

compromissione respiratoria. L’insorgenza di ipercapnia e cianosi è indice di grave insufficienza<br />

respiratoria e segno prognostico sfavorevole.<br />

Nel soggetto giovane, maschio, longilineo, la coesistenza dei sintomi sopracitati deve sempre far<br />

sospettare un PNX spontaneo primitivo. Nei soggetti affetti da altre malattie polmonari la<br />

diagnosi non è sempre scontata, ma la radiografia del torace è quasi sempre dirimente e la TAC<br />

consente di diagnosticare e precisare l’esistenza di bolle sottopleuriche.<br />

21.3 CENNI <strong>DI</strong> TERAPIA<br />

Se il PNX e' di lieve entità, chiuso, in soggetto giovane e sano, e non causa insufficienza<br />

respiratoria può essere sufficiente il solo riposo. Se il PNX è di notevole entità lo si drena con<br />

un apposito trocar connesso ad un sistema di aspirazione continua. Nel caso di PNX iperteso è<br />

sempre necessario detendere immediatamente il cavo pleurico, anche con un normale ago da<br />

siringa. Risolta la fase acuta, si può valutare, sulla base della TAC, se intervenire in toracoscopia<br />

per trattare le bolle sottopleuriche o creare una pleurodesi chimica. Il posizionamento di un<br />

drenaggio pleurico può favorire di per se’ la pleurodesi.<br />

RX in PNX. A Dx si nota la completa assenza della trama interstiziale ed il contorno del<br />

polmone retratto verso l’ilo


22. SINDROME ME<strong>DI</strong>ASTINICA<br />

22.1 CENNI <strong>DI</strong> ANATOMIA<br />

Il mediastino è lo spazio racchiuso tra i due polmoni lateralmente, sterno e articolazioni<br />

condrosternali anteriormente, colonna e muscoli paravertebrali posteriormente, diaframma<br />

inferiormente e prima costa/clavicola superiormente, ove si continua direttamente con il collo. Il<br />

mediastino schematicamente contiene, immersi nel tessuto lasso:<br />

• grossi vasi (aorta, vene cave e azygos)<br />

• vie nervose e gangli (n.frenico, n.vago, nn ricorrenti)<br />

• esofago<br />

• trachea ed i bronchi principali (vie extrapolmonari)<br />

• cuore e pericardio<br />

• timo e tiroide<br />

• linfonodi e collettori linfatici<br />

Il mediastino è solo una cavità, o meglio una regione anatomotopografica che contiene organi,<br />

ma modificazioni delle strutture in esso contenute possono alterare la meccanica respiratoria. Per<br />

contro, alterazioni dell’apparato respiratorio possono coinvolgere le strutture del mediastino<br />

(frequentemente infiltrazione da neoplasia).<br />

Sindrome mediastinica è un termine generico che raggruppa per convenzione le alterazioni<br />

fisiopatologiche (locali o sistemiche) dovute all’impegno meccanico del mediastino.<br />

22.2 PATOGENESI E CLINICA<br />

Considerate le strutture del mediastino, si possono avere diverse principali sindromi che<br />

coinvolgono l’apparato respiratorio e le sue funzioni: sindromi respiratorie, digestive,<br />

neurologiche e vascolari. La presenza di una di queste associazioni cliniche di sintomi deve<br />

sempre indirizzare la diagnostica alla ricerca della patologia che la causa. Infine, le alterazioni<br />

degli apparati possono manifestarsi insieme e parzialmente sovrapposte.<br />

SINDROME MECCANISMO CLINICA<br />

Respiratoria Compressione/occlusione<br />

delle<br />

vie resp. extrapolmonari.<br />

Neurologica Irritazione<br />

cervicale<br />

Simpatico<br />

Digestiva<br />

Deficit simpatico cervicale<br />

Irritazione plesso brachiale<br />

Compressione/infiltrazione<br />

vago<br />

Compressione/irritazione<br />

frenico<br />

Compressione/infiltrazione<br />

ricorrenti<br />

Compressione dell’esofago<br />

Trazione sull’esofago<br />

Circolatoria Ostruzione della vena<br />

cava superiore e/o sbocco<br />

della<br />

vena azygos<br />

Dispnea inspiratoria, stridore, tirage,<br />

tosse secca<br />

Esoftalmo, retraz. palpebra sup.<br />

(Parfour-Petit)<br />

Miosi, ptosi, enoftalmo (Bernard-<br />

Horner)<br />

Algie spalla e arto superiore. (Ciuffini-<br />

Pancoast)<br />

Tachicardia/bradicardia<br />

Singhiozzo, paralisi del diaframma<br />

Disfonia, voce bitonale<br />

Disfagia ortodossa e paradossa<br />

Diverticoli, rigurgito<br />

Edema a mantellina, turgore delle<br />

giugulari<br />

Circoli venosi collaterali superficiali e<br />

profondi


La sindrome mediastinica è sostanzialmente causata nella maggior parte dei casi da fattori<br />

meccanici, quindi da lesioni occupanti spazio, cioè solitamente masse neoplastiche. I tumori del<br />

polmone, delle pleure e dell’esofago sono quelli che più frequentemente causano tali sindromi,<br />

mentre i tumori della tiroide, del timo i disembriomi e i mielomeningoceli sono cause di s.<br />

mediastinica molto più rare.<br />

Possibili cause di s.mediastinica<br />

Carcinomi broncogeni e adenopatia<br />

secondaria<br />

Tumori neuroectodermici: neurofibroma,<br />

ganglioblastoma, neuroblastoma,<br />

paraganglioma.<br />

Gozzo retrosternale Timoma, cisti timica, iperplasia timica<br />

Tumori dell’esofago Adenoma e cisti delle paratiroidi<br />

Adenopatie da sarcoidosi o linfoma Seminoma, disgerminoma,<br />

coriocarcinoma<br />

Cisti pericardiche Cisti del dotto toracico<br />

Cisti broncogene Linfangioleiomioma<br />

Mediastinite<br />

I tumori dell’apice polmonare, data la localizzazione anatomica causano frequentemente le<br />

sindromi neurologiche da interessamento del simpatico cervicale e del plesso brachiale con le<br />

note sindromi di Petit, Claude Bernard-Horner e Pancoast-Ciuffini, le quali anche se rare sono<br />

estremamente suggestive e diagnostiche. I tumori più mediali possono invece coinvolgere il<br />

nervo frenico, vago e ricorrente. A tal proposito occorre ricordare l’importanza diagnostica del<br />

singhiozzo cronico ed incoercibile e delle alterazioni della voce (disfonia e voce bitonale). La<br />

paralisi di un emidiaframma è un’evenienza più rara e di solito si osserva nelle fasi avanzate.<br />

I tumori a sviluppo prevalentemente mediale possono anche dare una compressione estrinseca<br />

sull’esofago di entità tale da causare disfagia franca, ortodossa e paradossa.<br />

Dal punto di vista cardiocircolatorio, la vena cava superiore (costituita dall’unione delle due<br />

anonime) è la struttura più frequentemente coinvolta da tumori a sviluppo mediastinico anterosuperiore.<br />

L‘ostruzione della cava causa edema a mantellina e turgore delle giugulari, ma<br />

bisogna tenere conto che si sviluppano di frequente efficienti circoli collaterali che consentono il<br />

deflusso del sangue. Se l’ostruzione è sopra lo sbocco della vena azygos, i circoli anastomotici<br />

sono profondi (mammarie interne, intercostali). Se l’ostruzione e’ sullo sbocco dell’azygos nella<br />

cava il sangue deve invertire la corrente e passare attraverso le intercostali, le mammarie,<br />

l’azygos/emiazygos e le lombari fino alle iliache; in questo caso i circoli collaterali sono anche<br />

superficiali e si osservano sulla parte anteriore e laterale del torace (reticolo venoso cava-cava).<br />

Se l’ostruzione e’ al di sotto dello sbocco della azygos, i circoli collaterali sono ancora una volta<br />

prevalentemente profondi.<br />

La sindrome respiratoria e’ la più rara, poichè la trachea ed i grossi bronchi hanno una struttura<br />

cartilaginea robusta e difficilmente si possono realizzare ostruzioni tali da alterare la<br />

ventilazione. In caso di compressione sulla trachea o bronchi principali si avrà dispnea con<br />

stridore inspiratorio e tirage visibile agli spazi intercostali e fosse sovraclaveari.<br />

22.3 <strong>DI</strong>AGNOSTICA E CENNI <strong>DI</strong> TERAPIA<br />

Nella maggior parte dei casi la sindrome mediastinica si instaura dopo che è già stata posta la<br />

diagnosi di base, e rappresenta un indice aggiuntivo di gravità. In una minoranza di casi è una<br />

malattia neoplastica che esordisce solo con aspetti di sindrome mediastinica (disfonia,<br />

singhiozzo, dolore all’arto superiore, disfagia). La diagnostica è fondamentalmente morfologica<br />

e topografica e si avvale quindi della TAC; in alcuni casi selezionati si impiega anche


l’angiografia. La mediastinoscopia può essere utile nella diagnosi delle lesioni espansive del<br />

mediatino antero-superiore; i suoi limiti sono dovuti all’impossibilità di raggiungere lesioni<br />

coperte da strutture vascolari (come i linfonodi della finestra aortopolmonare). La toracoscopia,<br />

attraverso finestre eseguite sulla pleura mediastinica può consentire l’accesso e l’esplorazione di<br />

lesioni posteriori.<br />

La terapia di elezione è chirurgica. Una terapia radicale è possibile solo nei casi di neoplasie non<br />

invasive e a bassa malignità. Nel caso delle neoplasie polmonari centrali o dell’apice, la<br />

radioterapia, associata o meno a terapie mediche può ridurre la massa neoplastica e alleviare i<br />

sintomi.


23. INSUFFICIENZA RESPIRATORIA (IR)<br />

23.1 GENERALITA’<br />

La respirazione normale deve garantire adeguato scambio dei gas: sufficiente apporto di<br />

ossigeno e valida eliminazione di anidride carbonica tali da mantenere normali valori di<br />

pressione arteriosa di questi gas. Il concetto di insufficienza respiratoria è analogo a quello di<br />

insufficienza cardiaca o renale: inadeguata funzione dell'organo rispetto alle richieste, causata<br />

da disparate patologie. La definizione esatta di IR è di riduzione della PaO2 al di sotto dei<br />

60mmHg. Tale valore e’ stato scelto perchè al di sotto di esso la saturazione dell’Hb comincia a<br />

scendere in maniera critica. Quindi per definire un soggetto come in insufficienza respiratoria è<br />

necessario conoscere la sua paO2 (solitamente con l’EGA o in maniera imprecisa con la<br />

saturimetria). Nella definizione di IR non si fa cenno alla CO2: l’aumento della PaCO2 oltre i 50<br />

mmHg individua l’ipercapnia associata all’IR, che può esserci o meno. Ovviamente,<br />

l’insufficienza respiratoria ipercapnica è sempre la più grave.<br />

Infine, il termine di insufficienza respiratoria (IR) non si riferisce ad una malattia a se stante ma<br />

ad una condizione fisiopatologia in cui lo scambio dei gas è alterato (per cause polmonari e non).<br />

A seconda del tempo che impiega a instaurarsi, si parla di IR acuta (IRA, solitamente emergenza<br />

medica) o cronica (IRC) e, come già detto si distinguono una IR ipossica ed una ipossicoipercapnica.<br />

Dal punto di vista didattico può essere utile classificarla a seconda della causa che la<br />

produce (polmonare, cardiogena, centrale ecc.), anche se nella pratica clinica succede<br />

esattamente l’opposto: si accerta l’IR e bisogna individuarne la causa.<br />

23.2 ASPETTI <strong>DI</strong> FISIOPATOLOGIA<br />

La respirazione si suddivide schematicamente in alcuni principali compartimenti: ventilazione,<br />

diffusione, per fusione, trasporto e controllo del respiro. Dal punto di vista strettamente<br />

fisiopatologico un'anomalia di ciascuna (o più) di queste componenti può portare<br />

all'insufficienza respiratoria. Può esserci ipossiemia senza ipercapnia, mentre non si verifica<br />

praticamente mai la situazione opposta. Infatti, quale che sia il meccanismo di scompenso,<br />

l’ossiemia è sempre la prima ad alterarsi, tenendo conto che l’ossigeno è poco solubile, poco<br />

diffusibile e strettamente dipendente dall’ HB per il trasporto. Al contrario essendo la CO2<br />

estremamente solubile e diffusibile essa aumenta nel sangue solo se gli scambi gassosi sono<br />

compromessi in maniera molto grave.<br />

In genere quindi l’ipercapnia è indice di gravità della situazione. Inoltre, l’aumento della CO2<br />

conduce a diminuzione del del pH (acidosi) che richiede alcuni giorni per essere compensata dai<br />

meccanismi renali.<br />

Le più importanti situazioni fisiopatologiche in cui può verificarsi un’ipossiemia sono:<br />

- ipoventilazione alveolare: tutte le situazioni in cui il livello ventilatorio non soddisfa, oltre<br />

alle richieste di O2, l’eliminazione di CO2 (anatomiche, neurologiche, muscolari)<br />

- squilibrio ventilazione/perfusione: quando l'apporto ematico al polmone è maggiore degli<br />

scambi ventilatori ne consegue un'ipossiemia arteriosa. L'alterato rapporto<br />

ventilazione/perfusione è la più comune causa di ipossiemia arteriosa che normalmente si<br />

corregge almeno in parte somministrando al paziente O2 al 100%.<br />

- shunt destro/sinistro: può derivare da anomale comunicazioni polmonari (fistola polmonare<br />

arterovenosa), o più comunemente per l’esistenza di aree perfuse ma non ventilate per<br />

collabimento (atelettasia) o replete di fluidi (edema polmonare, ARDS, polmonite massiva).<br />

In caso di shunt, l'inspirazione di O2 puro non aumenta la pO2 rispetto alle condizioni<br />

basali.<br />

- alterata diffusione: raramente è pura e solitamente complica altre patologie. Di per sè non<br />

comporta una ipossiemia arteriosa a riposo.


- ridotta concentrazione di O2: ad alte quote per rarefazione dell'aria o per consumo di O2<br />

dovuto a combustioni o per diluizione ad opera di altri gas.<br />

L'ipercapnia può sempre essere interpretata unicamente come il risultato di una ipoventilazione<br />

alveolare. Ciò e’ vero in quanto la PCO2 arteriosa è regolata dal rapporto tra produzione di CO2<br />

e ventilazione alveolare. Fisiologicamente anche qualora la produzione di CO2 aumenti<br />

intensamente, la ventilazione alveolare incrementa proporzionalmente e la PCO2 arteriosa viene<br />

mantenuta entro valori ristretti. Pertanto un incremento della PCO2 arteriosa implica sempre<br />

insufficienza respiratoria, nel senso che la ventilazione alveolare risulta essere inadeguata ad<br />

eliminare tutta la CO2 prodotta in quel momento.<br />

All’aumento protratto della PCO2, il rene tenta di compensare la situazione aumentando il<br />

riassorbimento dei bicarbonati, al fine di riportare alla norma i valori del pH. Per tale motivo, nei<br />

pazienti con acidosi respiratoria compensata il pH è quasi normale, nonostante l’aumento della<br />

PaCO2 e a prezzo di un incremento dei bicarbonati.<br />

L'insufficienza respiratoria acuta può generare uno scompenso acuto del cuore destro in seguito a<br />

vasocostrizione delle arterie polmonari da ipoossia (cuore polmonare acuto). Parimenti,<br />

l’insufficienza respiratoria cronica (tipicamente la BPCO) può dare origine lentamente a cuore<br />

polmonare sempre per vasocostrizione ipoossica, aggravata dalla riduzione anatomica del letto<br />

vascolare e dall’iperinsufflazione che comprime i capillari polmonari.<br />

23.3 CLASSIFICAZIONE DELL’ INSUFFICIENZA RESPIRATORIA<br />

Dal momento che la definizione operativa di IR è la presenza di ipossiemia arteriosa (associata o<br />

meno ad ipercapnia), è comprensibile che numerose situazioni morbose possano esserne la<br />

causa. Una possibile classificazione tiene conto di quale componente dell'apparato respiratorio<br />

sia coinvolta e se avvenga acutamente o cronicamente (vedi tabelle). Ovviamente, tale<br />

classificazione è scolastica<br />

• Malattie ostruttive<br />

Acute: ostruzione improvvisa del flusso aereo. Una ostruzione delle vie aeree extratoraciche<br />

(rinofaringe, laringe e porzione extratoracica della trachea) causa di regola stridore, mentre<br />

un'ostruzione delle vie aeree intratoraciche causa respiro sibilante (wheezing). Un'ostruzione<br />

acuta delle vie aeree superiori deriva o da processi flogistici-infettivi o meccanici (corpo<br />

estraneo); in particolare nella prima e seconda infanzia l'epiglottite è una situazione<br />

particolarmente grave e pericolosa. Ostruzione acuta delle vie aeree inferiori è causata da<br />

broncospasmo, quindi: asma bronchiale, bronchiolite (nel lattante) e inalazione di sostanze<br />

tossiche.<br />

Croniche: un'ostruzione diffusa può derivare da patologie dei grossi bronchi (bronchiectasie), dei<br />

piccoli bronchi (bronchite) o del parenchima polmonare (enfisema). Queste condizioni morbose<br />

conducono gradualmente all'IR cronica, in particolare le riacutizzazioni (bronchite e polmonite)<br />

aggravano sensibilmente la patologia di base.<br />

• Malattie che causano un'infiltrazione del parenchima.<br />

Acute: la forma più comune è la polmonite. Lo sviluppo di IRA è correlata all'estensione del<br />

processo.<br />

Croniche: sono numerosissime (oltre 100) le condizioni di infiltrazione cronica parenchimale.<br />

• Malattie che causano edema polmonare<br />

Sono sempre acute: l'edema polmonare può essere conseguenza di un infarto miocardico, di uno<br />

scompenso acuto sinistro (crisi ipertensiva o aritmia) o può essere dovuto a aumentata<br />

permeabilità capillare (ARDS, capitolo 21).<br />

• Malattie polmonari vascolari<br />

Acute: la tromboembolia polmonare porta di solito ad una ipossiemia (e ipocapnia da<br />

iperventilazione riflessa)


Croniche: le condizioni più comuni sono le vasculiti polmonari e il tromboembolismo ricorrente<br />

(frequente nei tossicodipendenti, nei pazienti con malattie venose periferiche o anemia a cellule<br />

falciformi).<br />

• Malattie della parete toracica e della pleura<br />

Acute: la forma più frequente è il trauma toracico con multiple fratture costali e dello sterno.<br />

Altra causa, spesso associata ai traumi e’ il pneumotorace.<br />

Croniche: una grave cifoscoliosi (idiopatica o acquisita) può indurre un'IR, spesso associata a<br />

cuore polmonare. Anche massivi versamenti pleurici o pleuriti costrittive possono essere causa di<br />

IR.<br />

• Patologie neuromuscolari<br />

Diverse condizioni morbose neurologiche possono indurre un' IR; da un punto di vista<br />

classificativo si considerano:<br />

patologie cerebrali, malattie dei nervi periferici e del midollo spinale, malattie muscolari.<br />

Una classificazione piu’ semplice e pratica anche se meno dettagliata, suddivide le IR in due<br />

grandi gruppi<br />

- da deficit della pompa ventilatoria (nervi, centri nervosi, muscoli, parete toracica, pleure)<br />

- da deficit dello scambiatore di gas (malattie ostruttive e restrittive, alterato rapporto<br />

ventilazione/perfusione, alterata diffusione ecc.<br />

23.4 MANIFESTAZIONI CLINICHE<br />

Considerando l'estrema eterogeità eziologica, è scontato il polimorfismo dei sintomi della<br />

malattia di base. Si analizzeranno brevemente la sintomatologia dell'ipossia e dell'ipercapnia,<br />

rimandando agli altri capitoli la descrizione dei singoli quadri clinici.<br />

Ipossia I segni e sintomi dell'ipossia acuta sono essenzialmente le alterazioni del SNC e della<br />

funzione cardiovascolare. Segni caratteristici sono il sopore e l’instabilita’ motoria: quadro che<br />

assomiglia all'etilismo acuto. Se l'ipossia peggiora si va incontro a morte per depressione dei<br />

centri respiratori midollari. Gli effetti precoci sul sistema CV sono rappresentati da tachicardia<br />

ed ipertensione arteriosa, in seguito compare bradicardia, insufficienza contrattile e shock<br />

cardiogeno.<br />

Segno importante e’ la cianosi che indica la desaturazione dell’Hb (in pazienti poliglobulici la<br />

cianosi si può manifestare solo quando PO2 < 50 mm Hg). L'ipossia cronica è caratterizzata,<br />

oltre che da apatia e affaticamento, dalla ridotta tolleranza allo sforzo. A carico del circolo si<br />

osserva uno scompenso destro. Esiste infine, come meccanismo di compenso una poliglobulia.<br />

Ipercapnia Le conseguenze fisiopatologiche dell'ipercapnia dipendono non solo dalla quantità in<br />

eccesso di CO2, ma anche dal tempo in cui si manifesta. Le forme acute si caratterizzano per una<br />

serie di disturbi neurologici centrali (agitazione, confusione, sedazione, coma). La risposta<br />

vascolare rappresenta un insieme di riflessi vasocostrittori, dovuti all'ipertono simpatico e<br />

vasodilatatori, legati all'accumulo locale di CO2. Pertanto la risposta cardiovascolare dipende<br />

dalla prevalenza in quel momento di una delle due componenti. In realtà le manifestazioni<br />

cliniche dell’ipercapnia sono dovute all’acidosi<br />

Le forme in cui l'ipercapnia si manifesta lentamente sono caratterizzate dall'innesco dei<br />

meccanismi di compenso, per cui il quadro clinico può essere quasi inespressivo anche a valori<br />

di PCO2, che se si realizzassero acutamente condurrebbero a morte. Ci sono infatti pazienti che<br />

conducono, a riposo, una vita abbastanza regolare con valori di PCO2 intorno ai 50-60 mm Hg. I<br />

sintomi più comuni sono comunque la cefalea e la sedazione. Altri segni sono il papilledema,<br />

contrazioni muscolari, scosse miocloniche e asterissi.


Cause di insufficienza respiratoria cronica<br />

Ostruzione delle vie aeree BPCO<br />

Enfisema<br />

Asma cronica<br />

Infiltrazione parenchimale Fibrosi polmonari diffuse<br />

Sarcoidosi e altre granulomatosi<br />

Neoplasie infiltranti diffuse<br />

Proteinosi e amiloidosi<br />

Tesaurismosi<br />

Edema alveolare Scompenso cardiaco cronico<br />

Alterazioni vascolari Tromboembolie ricorrenti<br />

Ipertensione polmonare<br />

Vasculiti<br />

Malattie pleuriche Pleuriti costrittive<br />

Versamenti massivi<br />

Alterazioni di parete Deformita’ del torace (cifoscoliosi)<br />

Grave obesita’<br />

Malattie del SNC Farmaci, tossici, traumi<br />

Poliomielite bulbare<br />

Malattie dei nervi Poliomielite spinale, Guillain-Barre’, Sclerosi lat.<br />

Amiotrofica<br />

Neuropatie tossiche e metaboliche<br />

Patologie muscolari Distrofia muscolare, polimiosite, amiotonia,<br />

miastenia grave<br />

Cause di insufficienza respiratoria acuta<br />

Ostruzione delle vie aeree Attacco asmatico<br />

Epiglottite, edema della glottide<br />

Corpo estraneo<br />

Infiltrazione parenchimale Polmoniti e broncopolmoniti<br />

Edema alveolare Edema polmonare acuto cardiogeno<br />

Edema da alte quote o da ipossia<br />

Sindrome da distress respiratorio dell’adulto<br />

Inalazione di tossici e irritanti<br />

Alterazioni vascolari Tromboembolie polmonare massiva<br />

Ipertensione polmonare acuta da rotture valvolari o<br />

del setto<br />

Malattie pleuriche Versamenti massivi (emotorace)<br />

Pneumotorace iperteso<br />

Traumi<br />

Alterazione dei gas atmosferici Altitudine, aumento del CO o CO2<br />

Alterazioni di parete Traumi<br />

Malattie del SNC Intossicazioni (etanolo, oppioidi), traumi<br />

Poliomielite bulbare<br />

Malattie dei nervi S di Guillain-Barre’, neuropatie tossiche


24. ADULT RESPIRATORY <strong>DI</strong>STRESS SYNDROME (ARDS)<br />

L’ARDS (adult in contrapposizione all’analoga sindrome del bambino o mal. delle membrane<br />

ialine) è stata descritta per le prime volte negli anni 60’, ricevendo via via i nomi di: polmone da<br />

shock, polmone umido, edema polmonare da lesione capillare, polmone di Da-Nang.<br />

Attualmente si usa la definizione di ARDS, intesa come condizione clinica acuta e progressiva<br />

con grave dispnea, ipossiemia arteriosa refrattaria alla somministrazione di O2, ridotta<br />

compliance polmonare (polmone rigido) ed evidenza radiografica di infiltrati polmonari<br />

bilaterali (espressione di edema da aumentata permeabilita’ capillare). L’ARDS è quasi sempre<br />

conseguenza di altre patologie e si manifesta clinicamente entro 72 ore dall’insorgenza della<br />

causa scatenante. La prognosi e’ spesso infausta (mortalita’ dell 60-70%).<br />

24.1 EZIOPATOGENESI<br />

L’ARDS è l’espressione di una lesione diffusa dell’endotelio capillare polmonare e non ha<br />

pertanto un’eziologia unica. Essa puo’ svilupparsi in seguito a diverse cause (o meglio fattori di<br />

rischio) che possono anche non coinvolgere primitivamente il polmone.<br />

Fattori di rischio per ARDS<br />

SISTEMICI CON DANNO <strong>DI</strong>RETTO POLMONARE<br />

Sepsi Inalazione di liquido gastrico<br />

Grave shock (spec. Ustioni estese) Trauma polmonare<br />

Pancreatine Annegamento<br />

Traumi gravi ed estesi Tossicita’ da ossigeno<br />

Coagulaz. Intravascolare disseminata Embolia amniotica o grassosa<br />

Trapianto cuore-polmone Da inalazione di gas tossici (paraquat,<br />

ammoniaca)<br />

Politrasfusioni Polmone uremico<br />

Da farmaci: narcotici, salicilati,<br />

nitrofurantoina,<br />

lidocaina, mezzi di contrasto<br />

Infezioni: pneumocystis, miliare diffusa,<br />

pneumococco,<br />

mycoplasma<br />

L’ARDS è intesa come processo infiammatorio acuto diffuso, causato dall’attivazione sistemica<br />

dei neutrofili circolanti i quali aderiscono all’endotelio dei capillari polmonari, rilasciano il<br />

contenuto proteolitico dei loro granuli e danneggiano l’endotelio provocando un’essudazione dai<br />

capillari stessi. Quest’ipotesi torva conferma nell’elevato numero di neutrofili recuperati dal<br />

BAL di pazienti con ARDS anche in fase precoce. Altri effettori cellulari ed umorali entrano<br />

sicuramente in gioco; i macrofagi alveolari hanno meccanismi di attivazione simili a quelli dei<br />

neutrofili, mentre le endotossine batteriche possono avere effetto lesivo diretto sull’endotelio.<br />

Analoga azione lesiva sarebbe esplicata da prodotti di degradazione della fibrina, che costituisce<br />

il materiale trombotico spesso presente nel letto vascolare polmonare in questa condizione. Il<br />

meccanismo patogenetico è dunque multifattoriale, ma l’evento finale comune è il danno diffuso<br />

dell’endotelio dei capillari polmonari.<br />

24.2 ANATOMIA PATOLOGICA<br />

Sono descritte tre fasi successive di evoluzione delle lesioni. La fase acuta essudativa (primi 3<br />

giorni) è caratterizzata da aumento di densità, volume e consistenza del polmone, che è di colore<br />

rosso scuro a causa di estesi fenomeni emorragici. Gli alveoli sono occupati da materiale amorfo<br />

costituito da proteine, fibrina, residui di surfactante, macrofagi e neutrofili. Si evidenzia<br />

un’estesa distruzione dei pneumociti di I tipo che mette a nudo la membrana basale e consente il<br />

libero ingresso di fluido negli alveoli. La fase proliferativa (settimana successiva) vede la<br />

regressione o la organizzazione dell’essudato endoalveolare: gli pneumociti di II tipo e le cellule


epiteliali squamose si dispongono a rivestire la membrana basale. La fase fibrotica (3-4<br />

settmane) vede la dilatazione degli spazi aerei ( cisti o a nido d’ape) nelle zone declivi del<br />

polmone, la fibrosi degli alveoli e la dilatazione dei bronchi piu’ periferici. Di particolare rilievo<br />

in questa fase sono i fenomeni di rimodellamento vascolare: dilatazione dei capillari,<br />

ispessimento della media delle arterie muscolari, proliferazione di tessuto muscolare in arterie<br />

non muscolari. Ipoossia e ipertensione polmonare favoriscono questi ultimi fenomeni.<br />

24.3 FISIOPATOLOGIA<br />

La compromissione degli scambi gassosi si può ricondurre a tre meccanismi fondamentali:<br />

- shunt artero-venoso<br />

- alterazione del rapporto ventilazione/perfusione<br />

- compromissione della diffusione alveolo-capillare<br />

Il frequente rilievo di ipossiemia refrattaria alla somministrazione di O2 sembra indicare nello<br />

shunt artero venoso funzionale il principale meccanismo di alterazione degli scambi. Infatti, la<br />

precoce raccolta di liquido in alveolo provoca shunt nelle unità respiratorie perfuse ma non più<br />

ventilate. In gran parte dei pazienti in fase acuta si osserva una distribuzione bimodale del<br />

rapporto ventilaz./perfusione: unita’ respiratorie a rapporto normale, che ricevono circa il 50%<br />

della gittata cardiaca, mentre la rimanente frazione della gittata si distribuisce in territori<br />

polmonari non ventilati. Nella fase tardiva della fibrosi, la compromissione della diffusione<br />

alveolo-capillare gioca un ruolo importante nel mantenere l’ipossiemia.<br />

Per quel che riguarda la meccanica respiratoria, la principale alterazione è rappresentata dalla<br />

riduzione della distensibilita’ del polmone, il quale sarebbe piu’ rigido a causa dell’edema<br />

interstiziale e ed alveolare e della deplezione di surfactante. La deplezione del surfactante,<br />

favorendo il collasso alveolare, contribuisce allo sviluppo di forze idrostatiche le quali<br />

richiamano ulteriori liquidi nello spazio alveolare. Questi fenomeni aggravano la riduzione della<br />

distensibilita’ polmonare con conseguente aumento del lavoro respiratorio. Negli stadi più tardivi<br />

di ARDS, la deposizione di tessuto fibroso a livello interstizio/alveolare determina ulteriore<br />

riduzione della distensibilitè polmonare (polmone rigido). Infine, l’aumento delle resistenze<br />

vascolari e della pressione arteriosa polmonare sono costantemente presenti nei pazienti con<br />

ARDS e persistono anche dopo correzione dell’ipossiemia. L’ipertensione polmonare<br />

(ostruzione del piccolo circolo) è dovuta a: trombosi intravascolare, distruzione del letto capillare<br />

e vasocostrizione ipossica riflessa (tentativo di compenso per normalizzare il rapporto V/Q). Il<br />

circolo vizioso (ipossiemia-vasocostrizione-ipossiemia), se non viene interrotto si ripercuote sul<br />

ventricolo destro provocando sovraccarico, dilatazione e scompenso.<br />

24.4 CLINICA<br />

La sintomatologia varia in rapporto alle cause che hanno determinato la sindrome.<br />

Schematicamente si può identificare una fase prodromica, caratterizzata da polipnea ed<br />

ipossiemia ingravescente. Dalla fase prodromica si passa alla fase dell’edema, nella quale<br />

l’ipossiemia si manifesta con: tachipnea, agitazione, confusione mentale, cianosi. In questa fase<br />

si rilevano rantoli diffusi a piccole-medie bolle o crepitanti, e anche zone di silenzio respiratorio.<br />

Tali manifestazioni hanno andamento rapidamente ingravescente e richiedono spesso<br />

l’intubazione e la ventilazione meccanica. Successivamente si può osservare una fase intermedia<br />

delle membrane ialine, in cui i sintomi si attenuano e si riduce l’ipossiemia. Le ultime due fasi<br />

possono anche evolvere favorevolmente con restitutio ad integrum. In molti casi, pero, l’ARDS<br />

evolve verso la fibrosi interstiziale diffusa e quindi verso l’insufficienza respiratoria cronica.<br />

24.5 <strong>DI</strong>AGNOSTICA<br />

I criteri necessari per porre o sospettare la diagnosi di ARDS includono:<br />

- identificazione di fattori di rischio<br />

- dispnea e tachipnea ingravescenti


- evidenza RX di infiltrati polmonari diffusi bilaterali<br />

- ipossiemia arteriosa refrattaria alla somministrazione di O2<br />

- (evidenza di ridotta compliance polmonare)<br />

Non esiste un test diagnostico di ARDS, in quanto la sindrome è il risultato clinico finale di una<br />

varietà di cause scatenanti. Trovandosi di fronte ad un quadro di edema polmonare diffuso ed<br />

ingravescente occorre dapprima stabilire se esso sia dovuto ad aumento della pressione<br />

idrostatica (scompenso cardiaco: il piu’ frequente) o ad aumento della permeabilità capillare<br />

(ARDS). La diagnosi viene suggerita dalla presenza di esposizione ai fattori di rischio noti per<br />

l’ARDS. Alcuni autori sottolineano l’utilità della misurazione della pressione in arteria<br />

polmonare a catetere incuneato (wedge pressure), che è solitamente normale nell’ARDS e<br />

aumentata invece nello scompenso cardiaco. In realtà tale misurazione ha importanza piu’ per il<br />

monitoraggio nel tempo che per la diagnosi in se’. Un utile elemento diagnostico rimane ancora<br />

la radiografia del torace. Essa dimostra nella fase dell’edema un accentuazione della trama<br />

interstiziale e la comparsa di infiltrati parenchimali irregolari prevalentemente ai campi medioinferiori,<br />

che poi confluiscono in opacita’ massive, fino al polmone bianco.<br />

La TAC e’ il miglior mezzo per valutare l’estensione delle zone di parenchima polmonare<br />

consolidate e di quelle ancora ventilate.<br />

24.6 CENNI <strong>DI</strong> TERAPIA<br />

Le principali finalità terapeutiche sono: ripristino dell’ossigenazione arteriosa, controllo del<br />

bilancio dei liquidi, riduzione dell’infiammazione polmonare. L’ipossiemia arteriosa da shunt<br />

non è correggibile con la sola somministrazione di O2. La ventilazione meccanica con pressione<br />

positiva di fine espirazione (PEEP, positive end expiratory pressure) consente di mantenere<br />

espansi gli alveoli collassati ma ancora perfusi e quindi di ridurre l’entità dello shunt. Il controllo<br />

del bilancio dei liquidi è inteso ad evitare il sovraccarico idrico che potrebbe peggiorare lo<br />

stravaso verso l’alveolo. I fenomeni infiammatori che danneggiano l’endotelio possono essere<br />

ridotti o controllati con la somministrazione di steroidi ad alte dosi. Piu’ di recente e’ stata<br />

dimostrata una certa efficacia del’’ossido nitrico e delle prostacicline come vasodilatatori<br />

polmonari, che consentirebbero di ridurre l’ipertensione polmonare.


25. MALFORMAZIONI POLMONARI, <strong>MALATTIE</strong> DELLA<br />

GABBIA TORACICA E <strong>DI</strong>AFRAMMA<br />

25.1 MALFORMAZIONI POLMONARI<br />

Le malformazioni polmonari derivano da difetti di sviluppo intrauterino dell'apparato<br />

respiratorio. Incidenza e prevalenza sono difficili da valutare perchè le malformazioni sono<br />

asintomatiche e di riscontro occasionale o autoptico. Le malformazioni vascolari,<br />

broncopolmonari gravi e le fistole tracheoesofagee si manifestano già alla nascita e vengono<br />

diagnosticate subito. La malformazione di più frequente riscontro clinico nell'adulto è il<br />

sequestro polmonare, seguita dalle cisti broncogene e dalla fistola arterovenosa.<br />

L'apparato respiratorio si abbozza a partire dalla IV settimana e si sviluppa lentamente fino alla<br />

fine del quinto mese quando inizia a proliferare la superficie epiteliale degli alveoli. Alla nascita<br />

si hanno 15-18 suddivisioni bronchiali, che arrivano alle ordinarie 23-24 intorno al 12mo anno.<br />

Anche la rete vascolare assume la sua struttura definitiva a partire dal 5 mese.<br />

Qualsiasi noxa intervenga prima del 5-6 mese di gestazione può causare una malformazione<br />

dell'AR; tra queste ricordiamo:<br />

- cause infettive: rosolia, varicella, toxoplasma, parotite<br />

- cause meccaniche<br />

- cause tossiche e farmacologiche<br />

- cause carenziali<br />

MALFORMAZIONI POLMONARI MALFORMAZIONI VASCOLARI<br />

Minori: anomale scissurali, bronchi Sequestro polmonare<br />

soprannumerari,<br />

cisti broncogene<br />

Atresie e/o stenosi tracheobronchiali Fistola arterovenosa<br />

Tracheobroncomalacia Sbocco anomalo delle vene polmonari<br />

Fistole tracheo- o broncoesofagee Ipoplasia di un’arteria polmonare<br />

Malformazioni anatomiche (grado I-IV) Coartazione della polmonare<br />

SEQUESTRO POLMONARE<br />

Uno o più segmenti (o zone subsegmentarie) di un polmone sono esclusi dal normale piccolo<br />

circolo e dalla ventilazione e vengono irrorati soltanto dal circolo sistemico. Tali zone sono<br />

indipendenti: non hanno una superficie alveolare funzionale, non sono servite dalla circolazione<br />

arteriosa polmonare e scaricano il sangue refluo direttamente nel circolo venoso azygosemiazygos.<br />

In pratica si tratta di masse di parenchima polmonare non funzionante incluso in<br />

parenchima normale (solitamente nelle zone inferiori). Il sequestro polmonare può rimanere<br />

asintomatico ed essere reperto RX occasionale (massa opaca ben delimitata, spesso con<br />

formazioni cistiche all’interno). Può infettarsi, con i segni e i sintomi dell’ascesso polmonare<br />

(compresa la vomica se si crea una comunicazione con l’albero bronchiale). Oppure può<br />

provocare emottisi ricorrenti o, più di rado, comprimere strutture circostanti (bronchi, esofago,<br />

nervi ricorrenti).<br />

FISTOLA ARTEROVENOSA (FAVP)<br />

E’ la comunicazione diretta tra un ramo arterioso e uno venoso all’interno del polmone. E’<br />

frequentissima nella telangectasia emorragica ereditaria, ma rara di per se’ (0.5% delle casistiche<br />

cardio-pneumologiche). Può essere dovuta ad una fistola a pieno canale, ad angiomi o ad<br />

aneurismi cirsoidi. Si realizza comunque uno shunt destro-sinistro, per cui una quota di sangue<br />

non ossigenato arriva al grande circolo. Si avranno pertanto ipossia arteriosa cronica (non<br />

correggibile con la somministrazione di O2), dispnea da sforzo, cianosi, poliglobulia


compensatoria. L’entità di tali manifestazioni e’ ovviamente dipendente dall’importanza dello<br />

shunt. Clinicamente si passa dalla semplice dispnea da sforzo, al cuore polmonare, alla cianosi.<br />

Sono complicanze gravi l’emottisi massiva e l’emotorace. La diagnosi di certezza si effettua con<br />

l’angiografia.<br />

25.2 MALFORMAZIONI E DEFORMITA’ DELLA GABBIA TORACICA<br />

La gabbia toracica (compreso il diaframma) è il mantice responsabile della meccanica<br />

ventilatoria. La sua integrità anatomica e funzionale è necessaria per il movimento dei polmoni.<br />

Qualsiasi alterazione della forma, delle dimensioni o del movimento della gabbia toracica<br />

implica difetti della ventilazione. Solitamente tali alterazioni causano o ipoventilazione alveolare<br />

e/o sindrome restrittiva. Le malformazioni congenite sono molto rare e solitamente non sono<br />

isolate, ma parte di sindromi malformative complesse. Alcune deformità acquisite invece si<br />

possono osservare più di frequente, come ad esempio le cifoscoliosi (deformità della colonna<br />

vertebrale) e gli esiti di vecchi interventi di asportazione di parte dei polmoni (toracoplastica).<br />

CONGENITE ACQUISITE<br />

Coste soprannumerarie Cifoscoliosi<br />

Petto carenato ed scavato Spondilite anchilosante<br />

Coste bifide Policondrite recidivante<br />

S. della schiena dritta M.di Pott<br />

Iperostosi sternoclavicolare Toracoplastica<br />

Agenesia del grande pettorale (s. di<br />

Poland)<br />

S. dello stretto superiore del torace<br />

La scoliosi (deviazione del rachide sul piano coronale) e la cifosi (deviazione sul piano sagittale)<br />

sono le piu' frequenti deformità, spesso associate tra di loro (cifoscoliosi). Nella maggior parte<br />

dei casi sono precocemente acquisite, quindi a lenta insorgenza e decorso. Più raramente<br />

possono essere causate da traumi o da malattie neuromuscolari. Se la deformità s’instaura e<br />

peggiora lentamente (nel corso di anni), la meccanica polmonare si adatta e compensa, tanto che<br />

nelle forme a lento decorso si può mantenere per anni una funzione respiratoria globalmente<br />

buona. Nella scoliosi, le coste sono distanziate e formano un gibbo dalla parte convessa, mentre<br />

sono affastellate dalla parte concava. Nelle scoliosi gravi, il polmone dal lato della concavità è di<br />

volume ridotto, e dal lato opposto (a causa della rotazione delle coste e delle vertebre)<br />

l'escursione ventilatoria è limitata. Si evidenziano quindi riduzione della CVF e della CPT. Il VR<br />

può anche essere poco modificato. Generalmente il quadro è di sindrome restrittiva pura o quasi<br />

pura. In assenza di altre malattie del polmone, le deformità della gabbia toracica sono comunque<br />

fattori favorenti l'insorgenza di infezioni e di bronchiectasie. La deformità toracica è importante<br />

se coesiste una patologia broncopolmonare (BPCO, enfisema, fibrosi): qualsiasi scompenso della<br />

malattia di base produce grave ipoventilazione alveolare perchè la meccanica respiratoria non è<br />

più sufficiente a compensare.<br />

Il torace carenato e ad imbuto sono forme ormai rarissime, mentre le coste sovrannumerarie,<br />

bifide o fluttuanti sono quasi sempre asintomatiche e di rilievo occasionale.<br />

25.3 PATOLOGIA DEL <strong>DI</strong>AFRAMMA<br />

Il diaframma è responsabile, a riposo, del 75% della ventilazione. La sua contrazione abbassa le<br />

basi polmonari, espande la parte inferiore della gabbia toracica e aumenta la pressione<br />

addominale. E’ costituito per il 50% da fibre muscolari poco sensibili all’affaticamento, ed è<br />

innervato dai nervi frenici. Nel soggetto normale l’emidiaframma SX e’ piu’ basso di 1-2 cm del<br />

DX; sotto all’emidiaframma SX si trova la bolla gastrica, mentre sotto al DX si trova la cupola


epatica. Nel Rxgramma standard, le due cupole diaframmatiche delimitano i seni costofenici.<br />

L’innalzamento abnorme di una cupola diaframmatica puo’ essere dovuto o a paralisi del<br />

muscolo o retrazione del polmone sovrastante.<br />

Patologie del diaframma<br />

Paralisi uni- o bilaterale Ascesso subfrenico<br />

Ernie: di Bochdaleck<br />

Movimenti anomali: flutter diaframmatico<br />

Di Morgagni<br />

spasmo tonico<br />

Post traumatiche<br />

singhiozzo<br />

Eventratio e relaxatio Tumori (sarcomi) RARISSIMI<br />

PARALISI DEL <strong>DI</strong>AFRAMMA<br />

Nella pratica clinica si può osservare all’RX l’innalzamento anomalo di un emidiaframma:<br />

risulta difficile stabilire se sia realmente una paralisi. Puèò essere dirimente l’osservazione in<br />

fluoroscopia. In ogni caso, l’innalzamento di un emidiaframma deve far sospettare in prima<br />

istanza la lesione del frenico corrispondente, che è di solito neoplastica (carcinoma broncogeno),<br />

ma può essere anche dovuta a compressione (gozzo, ascesso, tumore mediastinico), a trauma o a<br />

patologia primitiva del diaframma. Le paralisi di origine neurologica si accompagnano di solito<br />

ad altri segni e sintomi sistemici facilmente riconoscibili. La paralisi di un emidiaframma può<br />

anche non dare segni o sintomi, ed essere un riscontro occasionale e magari precoce di altra<br />

patologia (infiltrazione/compressione del frenico). La CV e’ infatti ridotta solo del 20-30% nel<br />

caso di paralisi unilaterale.<br />

EVENTRATIO E RELAXATIO <strong>DI</strong>AFRAMMATICA<br />

Sono patologie rare e quasi sempre unilaterali. La eventratio e' spesso congenita: il diaframma è<br />

ridotto ad un sottile fascio aponeurotico. La relaxatio è spesso acquisita (paralisi del frenico) e<br />

comporta normale struttura ma ipotonia delle fibre. In entrambi i casi si ha risalita degli organi<br />

addominali, con ostacolo alla ventilazione. La sindrome è restrittiva e la TC permette immediata<br />

diagnosi. La terapia, ove indicato, è chirurgica.<br />

ERNIE<br />

Le ernie di Bochdaleck sono posterolaterali (interruzione tra le fibre costali e lombari). Si può<br />

avere risalita in torace di: intestino tenue, duodeno o milza e raramente del fegato. Per la<br />

maggior parte vengono diagnosticate nel neonato; nell'adulto causano problemi meccanici<br />

(dispnea, dispepsia ecc.). Le ernie di Morgagni, anterolaterali, sono rare e spesso restano silenti a<br />

lungo. Le ernie dello hiatus esofageo vengono distinte come: da scivolamento (sliding), da<br />

rotolamento (rolling) e da esofago corto. In tutti i casi si ha risalita della parte terminale<br />

dell'esofago e/o del fondo gastrico in torace con disturbi digestivi, più raramente cardiaci<br />

(aritmie) o respiratori.<br />

La diagnosi si fa con RX del canale digerente (pasto baritato anche in Trendelenburg), TC<br />

toracoaddominale, gastroscopia e pHmetria esofagea.<br />

25.4 <strong>MALATTIE</strong> NEUROMUSCOLARI<br />

Sono fortunatamente abbastanza rare, ma conducono nel loro decorso a quadri di estrema<br />

gravità, poichè l'interessamento delle fibre nervose o muscolari compromette globalmente la<br />

ventilazione..<br />

Tra le più note malattie neurologiche ricordiamo: poliomielite, sclerosi laterale amiotrofica<br />

(SLA), sclerosi multipla, mielite trasversa. In tutte queste malattie l’interessamento del mantice<br />

respiratorio è più o meno lento, ma progressivo ed inevitabile. Sono certamente più frequenti le<br />

lesioni traumatiche midollari alte, che inducono arresto respiratorio acuto.


Tra le patologie del muscolo ricordiamo la miastenia grave e le varie distrofie muscolari<br />

progressive (Duchenne, Erb, Landouzy-Dejerine). Mentre la forma classica di Duchenne<br />

esordisce nell’infanzia e conduce abbastanza rapidamente a insufficienza respiratoria, alcune<br />

altre forme sono più lente ed esordiscono in maniera conclamata solo nella vita adulta.<br />

In tutti i casi (neurologici o muscolari) il deficit del mantice è globale e grave, e produce un<br />

quadro di ipoventilazione alveolare con ipossia ed ipercapnia. La debolezza del mantice<br />

compromette anche l’efficienza della tosse, per cui le secrezioni non possono essere allontanate e<br />

ristagnano favorendo le infezioni. Quando l’isufficienza respiratoria diventa importante, la<br />

respirazione può essere mantenuta solo con una ventilazione meccanica esterna (ventilatori<br />

meccanici), solitamente invasiva, ossia attraverso tracheostomia. In tutti i casi, nel paziente con<br />

deficit del mantice ventilatorio le complicanze infettive si instaurano rapidamente e sono<br />

difficilmente controllabili data la mancanza di attivita’ muscolare spontanea.


26. APPEN<strong>DI</strong>CE<br />

Indichiamo qui le maggiori riviste mediche del settore pneumologico o affini, ed una lista di<br />

libri di testo più completi. I testi specialistici di pneumologia e medicina interna sono utili per<br />

avere una visione di insieme della materia ed una trattazione completa, organica e dettagliata<br />

delle patologie. Per chi volesse approfondire le conoscenze su determinati argomenti di<br />

pneumologia, o aggiornarsi in materia di fisiopatologia, diagnosi e terapia suggeriamo le<br />

riviste specialistiche pneumologiche specializzate, solitamente consultabili via Internet. La<br />

tecnologia informatica consente di fare riferimento alle riviste citate per avere i più recenti<br />

aggiornamenti e stati dell’arte in materia, semplicemente collegandosi al sito MedLine<br />

(www.ncbi.nlm.nih.gov/entrez/query)<br />

RIVISTE SPECIALISTICHE (tra parentesi e’ indicata l’abbreviazione ufficiale)<br />

• American Journal of Respiratory & Critical Care Medicine (Am J Respir Crit Care<br />

Med) (fino al 31/12/1994 American Journal of Respiratory Diseases)<br />

Organo ufficiale dell’American Thoracic Society. (www.ajrccm.org)<br />

• Chest<br />

Organo ufficiale dell’ American College of Chest Physicians (www.chestjournal.org)<br />

• Thorax<br />

Organo ufficiale della British Thoracic Society (thorax.bmjjournals.com)<br />

• European Respiratory Journal (Eur Resp J)<br />

Organo Ufficiale dell’ European Respiratory Society (erj.ersjournals.com)<br />

TESTI <strong>DI</strong> CONSULTAZIONE<br />

Carratu’-Catena-Grassi. Manuale di malattie dell’apparato Respiratorio. Masson ed., 1993.<br />

Crofton & Douglas. Malattie dell’Apparato Respiratorio. McGraw-Hills Italia, 1991<br />

Harrison. Principi di Medicina Interna. McGraw-Hills Italia, 1994<br />

Gramiccioni-Loizzi. Malattie dell’apparato respiratorio. Minerva Medica 1999


EPONIMI<br />

Molte malattie e sindromi, non solo polmonari sono tradizionalmente conosciute con<br />

l’eponimo dell’Autore che le ha individuate o descritte. Gli eponimi sono rimasti in uso per<br />

molte malattie o reperti clinici. Forniamo una lista alfabetica degli eponimi ancora in uso,<br />

anche per rendere piu’ facilmente individuabili le patologie sui testi di medidcina generale .<br />

Abt-Letterer-Siwe (malattia):<br />

istiocitosi X<br />

Assmann-Redeker: infiltrato tisiogeno<br />

precoce della TBC primaria, escavato<br />

Biot (respiro interciso): respiro<br />

superficiale interrotto da brevi pause<br />

Birbeck (granuli)<br />

Bochdalek (forame): zona debole<br />

postero-laterale del diaframma<br />

attraverso cui possono formarsi le<br />

omonime ernie.<br />

Bourneville (malattia di, Sclerosi<br />

tuberosa): facomatosi neuroectodermica<br />

con possibile evoluzione in fibrosi<br />

polmonare.<br />

Caplan (sindrome): artrite reumatoide<br />

con nodulazioni polmonari e silicosi<br />

Cardarelli (segno): spostamento della<br />

trachea sincrono col polso<br />

Cheyne-Stokes (respiro): gli atti<br />

respiratori diventano ciclicamente<br />

sempre piu’ profondi poi si riducono<br />

fino all’apnea. Tipico dei comi<br />

metabolici e delle patologie del SNC<br />

Churg-Strauss (granulomatosi<br />

allergica): vasculite necrotizzante dei<br />

vasi di piccolo/medio calibro<br />

esclusivamentepolmonare, con rinite<br />

asma ed eosinofilia periferica<br />

Claude Bernard-Horner (sindrome).<br />

Deficit del simpatico cervicale: miosi,<br />

ptosi, enoftalmo variamente associati<br />

Curshmann (spirali)<br />

Damoiseau-Ellis (linea di):<br />

delimitazione a concavita’ inferiore dei<br />

versamenti pleurici essudativi.<br />

De La Camp (segno): ottusita’<br />

percussoria a livello della III-V toracica,<br />

indicativo di adenopatia ilare<br />

Erasmus (sindrome): asbestosi + artrite<br />

reumatoide<br />

Fleischner (strie): opacita’ lineari brevi<br />

sovradiaframmatiche che si possono<br />

osservare in corso di congestione del<br />

piccolo circolo (tromboembolia<br />

polmonare)<br />

Garland: triangolo di suono iperchiaro<br />

a base superiore che si puo percuotere<br />

tra la linea di Damoiseau-Ellis ed il<br />

rachide nei versamenti pleurici<br />

Goodpasture (sindrome): malattia da<br />

autoanticorpi anti membrana basale dei<br />

glomeruli e degli alveoli con nefrite ed<br />

emottisi ricorrenti<br />

Grocco: triangolo di suono ottuso a<br />

base superiore opposto al versamento<br />

pleurico, in continuazione della linea di<br />

Damoiseau-Ellis, percuotibile talvolta<br />

nei versamenti pleurici.<br />

Hamman-Rich: fibrosi polmonare<br />

idiopatica nella forma acuta e<br />

rapidamente progressiva<br />

Hand-Schuller-Christian: istiocitosi X<br />

Heerfordt (sindrome): sarcoidosi con<br />

interessamento parotideo e uveite<br />

Hering-Brauer: riflesso da<br />

iperinflazione polmonare<br />

Hinson (malattia) Aspergillosi<br />

broncopolmonare allergica<br />

Jha (segno): radiologia del<br />

galleggiamento di dtriti celliulari in una<br />

cisti idatidea<br />

Jungling (sindrome): associazione di<br />

sarcoidosi polmonare con cisti osse<br />

multiple e artralgie<br />

Kartagener (sindrome): forma della<br />

discinesia ciliare primitiva con situs<br />

viscerum inversus<br />

Kerley (strie): opacita’ lineari brevi<br />

basali visibili nelle fasi precoci<br />

dell’edema polmonare, dovute ad<br />

imbibizione dell’interstizio.<br />

Kuss-Ghon (focolaio) dellla TBC<br />

primitiva<br />

Kussmaul (respiro grosso di):<br />

respirazione grossolana con iperpnea,


adipnea e lunghe pause. Caratteristico<br />

dei comi metabolici<br />

Kveim-Siltzbach (test): inoculazione<br />

intradermica di omogenato sarcoideo.<br />

Non disponibile in Italia<br />

Liebow (granulomatosi linfomatoide):<br />

rara vasculite a prevalentemente<br />

interessamento polmonare e renale con<br />

aspetto intermedio tra la Wegener ed il<br />

linfoma.<br />

Loffler (sindrome): infiltrati eosinofili<br />

fugaci parenchimali febbrili, primitivi o<br />

da farmaci.<br />

Lofgren (sindrome): associazione di<br />

adenopatia ilare sarcoidea + eritema<br />

nodoso<br />

MacLeod (sindrome di Giano bifronte)<br />

Mendelson (sindrome): polmonite<br />

chimica da spirazione massiva di<br />

contenuto gastrico<br />

Mantoux (cutireazione): intradermica<br />

con PPD per verificare la<br />

sensibilizzazione al BK<br />

Monge (sindrome) ipoosia/poliglobulia<br />

da alte quote<br />

Morgagni-Larrey: zona debole anteromediana<br />

del diaframma attraverso la<br />

quale si possono formare ernie.<br />

Motley (indice): rapporto VR/CPT<br />

Mounier-Kuhn I (sindrome):<br />

Alterazioni anatomiche dei seni<br />

paranasali e bronchiectasie<br />

Mounier-Kuhn II (sindrome):<br />

Megatrachea, megaesofago, megacolon,<br />

fistola tracheosesofaea e bronchiectasie<br />

Ondine (sindrome): ipoventilazione<br />

primitiva centrale<br />

Paul-Aschoff (focolaio): reinfetto<br />

medio-apicale della TBC postprimaria<br />

Parfour-DuPetit (sindrome). Irritativa<br />

del simpatico cervicale: midriasi,<br />

retrazione palpebrale, esoftalmo;<br />

variamente associati.<br />

Pierre-Marie: osteopatia pneumica<br />

ipertrofizzante o dita a bacchetta di<br />

tamburo. Presente nelle malattie che<br />

danno ipossia cronica di lunga durata.<br />

Pott (malattia): osteomielite tubercolare<br />

cronica, solitamente delle vertebre.<br />

Rasmussen (aneurismi):<br />

microaneurismi che si formano in corso<br />

di processi tisiogeni primitivi e che<br />

causare emottisi anche gravi.<br />

Raynaud (fenomeno o malattia):<br />

ischemia acuta seguita da<br />

vasodilatazione, a carico delle dita.<br />

Presente come malattia o come sintomo<br />

dellas sclerodermia.<br />

Reid (indice): rapporto tra lo spessore<br />

dell’epitelio e delle ghiandole mucipare;<br />

aumentato nella bronchite cronica.<br />

Sharp (sindrome): connetivite mista o<br />

sindrome indifferenziata delle<br />

connettivopatie.<br />

Simon: focolai nodulari apicali sparsi<br />

della TBC primaria<br />

Sjogren (sindrome sicca): malattia<br />

autoimmune con distruzione delle<br />

ghiandole esocrine salivari, lacrimali e<br />

sudoripare.<br />

Skoda (suono): timpanismo delle<br />

caverne o del pneumotorace<br />

Sturge-Weber-Krabbe: Angiomatosi<br />

encefalotrigeminale con possibile<br />

evoluzione in fibrosi polmonare.<br />

Valleix (punti): corrispondenti alle<br />

condrocostali anteriori, dolorabili in<br />

caso di patologia di parete ma non di<br />

patologia cardiaca o polmonare.<br />

Wegener (granulomatosi): angioite<br />

granulomatosa destruente a<br />

localizzazione polmonare e renale.<br />

Sinusite, otite media, polmonite.<br />

Westmark (segno): iperdiafania<br />

polmonare raramente corrispondente ad<br />

aree di ipoperfusione nella<br />

tromboembolia polmonare.<br />

Williams-Campbell (sindrome):<br />

displasia delle cartilagini con<br />

interessamento bronchiale<br />

Ziehl-Nielsen (colorazione): per<br />

l’identificazione micobatteri gram+<br />

alcool acido resistenti.

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