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Gennaio/Febbraio 2011 - Associazione Nazionale Carabinieri

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Naja<br />

ABOLITA O SOSPESA, SI VEDRÀ<br />

Quando c’era la Leva<br />

Considerazioni di uno che si é fatto 18 mesi con la penna nera<br />

di Franco Piccinelli<br />

Passano così veloci gli anni che ti<br />

sfugge quello in cui venne abolita<br />

(o davvero sospesa?) la leva<br />

militare obbligatoria. Per gli adolescenti<br />

converrà precisare che<br />

l’arruolamento avveniva con la spedizione<br />

della cartolina precetto e con i bandi larghi<br />

come lenzuola affissi negli albi pretori di<br />

ciascun comune: ma anche affissi ovunque<br />

ci fosse uno spazio in bellavista, ideali le<br />

cortecce degli ippocastani che alberavano<br />

viali solenni o maestosi ristavano in solitudine.<br />

Lì, su quelle lenzuola c’erano infiniti<br />

articoli, commi, codicilli, indicazioni, e fra<br />

tutte le nozioni quella imperante del distretto<br />

militare. Il primo anno in cui i diciottenni<br />

la fecero franca, restarono a casa<br />

cioè, si fece baldoria: un po’ come a ven-<br />

■ Dal libro di Bruno Riosa “Disegni di un Alpino”, Editrice Silvana<br />

le Fiamme d’Argento<br />

tun anni si partiva per le caserme del servizio<br />

e tutto sembrava festoso, persino l’addio<br />

alla morosa.<br />

A ben rifletterci, le due forme di commiato<br />

da qualcuno o da qualcosa erano un prologo<br />

a quelle che sarebbero state, finita la<br />

ferma,le nozze con il relativo cerimoniale di<br />

canti e brindisi: ma anche l’anticipazione<br />

delle sempre più frequenti ricorrenze del divorzio,<br />

che libera dagli eventuali errori e ne<br />

anticipa di nuovi.<br />

Fecero baldoria, insomma, i diciottenni a<br />

mano a mano susseguitisi nelle anagrafi<br />

comunali, per festeggiare sì la maggiore<br />

età ma soprattutto quello che poteva considerarsi<br />

uno scampato pericolo: i diciotto,<br />

dodici, dieci mesi di naja. E non sapevano,<br />

quei ragazzi, di far l’inchino a un danno che<br />

gli si approssimava. Vita di caserma significava<br />

o poteva essere socializzazione, cameratismo,confronto<br />

di idee sul<br />

presente e sul<br />

dopo, caduta di<br />

pregiudizi nel nome<br />

dell’esperienza diretta<br />

che fa giustizia<br />

di tanti luoghi comuni.<br />

Significava<br />

inoltre, la vita di caserma,adeguamento<br />

alla virtù<br />

della pazienza, rispetto<br />

delle regole<br />

prima che delle<br />

leggi, onor di gerarchia<br />

a partire dall’ironico<br />

“anzian fa<br />

grado”con il cui ritornello<br />

si giochicchiava<br />

ai ruoli<br />

adulti. Significava,<br />

ancora, saper cavarsela<br />

da solo<br />

senza chiedere soccorsi<br />

che meglio venivano<br />

dirottati altrove,<br />

conoscere per<br />

intero il sentimento<br />

della dignità assieme<br />

a quello<br />

della carità che fa<br />

allungare la mano<br />

al sodale cui qual-<br />

cosa è girato per storto. Persino, in caserma,<br />

da una situazione debellata e da un<br />

caso vinto s’imparava a conoscersi fisicamente<br />

e spiritualmente, a prendere cognizione<br />

del proprio corpo rispettandolo nel<br />

preservarsi dagli strapazzi. Ci si faceva anche<br />

ragione quando la si aveva e si era<br />

compassionati se non si riusciva a farla valere.<br />

Malanni insospettabili o non registrati<br />

nella vita borghese venivano scoperti e curati<br />

tempestivamente prima e dentro la vita<br />

di caserma.<br />

Ci si sentiva a perfetto agio indossando<br />

l’uniforme alla libera uscita e sembrava<br />

che le ragazze ammiccassero o comunque<br />

ammirassero: si capisce a patto d’essere<br />

dei campioni di virilità,sennò lo sguardo<br />

proseguiva oltre, amorfo.<br />

A piccoli passi si raggiungevano piccoli traguardi<br />

dai quali tuttavia cresceva la stima<br />

in se stessi. Insomma, la naja sembrava ed<br />

era un grande corso preparatorio alla vita<br />

alla quale ci si presentava infine da uomini<br />

fatti, sull’esempio di quanti in famiglia avevano<br />

respirato il medesimo odore di casermaggio,<br />

di letti con il cubo tirato alla lignola,<br />

di prontezza nell’agire ma anche di<br />

cautela se bisognava. All’età del’ingresso<br />

per naja in caserma, a quella stessa età<br />

molti giovani d’oggi s’interrogano su se<br />

stessi, sul significato del vivere, e qualche<br />

volta, per non arrendersi,si fanno violenti,<br />

per lo meno ineducati, nella sfrontatezza<br />

credendo di trovare la propria forza. Interrogati,<br />

lamentano di non avere tradizioni a<br />

sostenerli, quasi ci si fosse scordati di loro.<br />

Ormai è tardi, difficile, per ridistribuire le razioni<br />

esistenziali che fanno la spina dorsale.<br />

La naja era una delle razioni. Bellissima.<br />

Utilissima nel dopo. Ma non c’è più. E c’è<br />

malinconia nel celebrarne l’estinzione. ■<br />

gennaio - febbraio <strong>2011</strong> / 11

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