Gennaio/Febbraio 2011 - Associazione Nazionale Carabinieri
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Italianità vissuta<br />
SAGGEZZA E SCHIETTEZZA DI UN ANZIANO CARABINIERE SENZA PELI SULLA LINGUA<br />
<strong>2011</strong>: 150 anni l’Italia unita<br />
Acuto raffronto con la sacralità del 1°Centenario, che induce alla riflessione<br />
di Franco Lo Sardo<br />
Il tema è di attualità, se ne parla e<br />
scrive molto chi con giusti sentimenti<br />
altri quasi con sopportazione e commenti<br />
che a me, quasi centenario e<br />
vecchissimo soldato, fanno venire la<br />
pelle d’oca ed un forte rimpianto di quel<br />
lontano 1961 in cui fui attore a Torino per<br />
le celebrazioni del centenario con i reparti<br />
dell’Arma colà convenuti come eredi della<br />
epopea risorgimentale con tutti i reparti<br />
dell’esercito. Nell’occasione il grande Rosellini<br />
girò il film “Viva l’Italia” ed io giovane capitano<br />
partecipai alle riprese con un plotone<br />
di carabinieri a cavallo impiegato per<br />
lo storico incontro di Teano, come garibaldini<br />
e scorta di Re Vittorio. Solo i due grandi<br />
erano attori. Ricordo che Re Vittorio, cadde<br />
da cavallo, un vero brocco quasi come<br />
quelli a dondolo dei bambini: certamente<br />
non era un cavaliere e l’incidente ritardò di<br />
due ore la ripresa per risistemargli l’uniforme.<br />
All’epoca nessuno parlò di soldi<br />
sprecati, il film venne proiettato all’Opera di<br />
Roma alla presenza delle più alte cariche<br />
dello stato, nessuno disse “La Lombardia è<br />
una nazione, l’Italia uno stato!”, nessuno<br />
lanciava editti separatisti, nessuno parlava<br />
della Bandiera con noncuranza e toni che<br />
non commento. Io, con tanti altri per quel<br />
sacro Simbolo ho visto morire, nel nome<br />
dell’Italia, tanti giovani del nord e del sud<br />
in Africa settentrionale, a Monte Lungo, durante<br />
la guerra di Liberazione, non dimentichiamoci<br />
che sul Carso, sul Piave picciotti<br />
siciliani, ragazzi sardi, scugnizzi napoletani,<br />
giovani di ogni parte d’Italia univano alla<br />
Patria Trento e Trieste. Penso, peraltro, che<br />
il nostro Presidente della Repubblica Napolitano,<br />
e prima di lui Ciampi, ricorda spesso,<br />
ai sordi, che l’Italia è una e indivisibile e che<br />
questa unità fu fortemente voluta e realizzata<br />
dai Savoia e da truppe del nord certamente<br />
più padani di quelli odierni. E che<br />
dite poi del “dialetto” del suo uso in radio,<br />
Televisione, giornali, indicazioni stradali con<br />
lo sconosciuto italiano tradotto in dialetti<br />
locali? Io ho studiato la lingua napoletana<br />
da studente nel collegio Bianchi dei padri<br />
gesuiti nella mia città; posseggo anche un<br />
“vocabolario napoletano-toscano, domestico<br />
di arti e mestieri” del professore Raffaele<br />
D’Ambra di Napoli, edizione 1873, ma<br />
le Fiamme d’Argento<br />
■ Dipinto dello storico incontro - ponte San Nicola 26 ottobre 1860<br />
sono sicuro che nessuno ha mai pensato<br />
di sostituirlo alla madre lingua “l’italiano”.<br />
D’altra parte ritengo che lo studio dei dialetti<br />
sia molto difficile perché parlarli, più<br />
o meno approssimativamente, è facile ma<br />
scriverli è impossibile. Altro argomento di<br />
attualità è lo sconosciuto “Canto degli Italiani!”<br />
di Mameli e Novaro, può non piacere,<br />
sarà pure retorico, ma canta la nostra<br />
Patria, il risorgimento, quelle guerre che<br />
portarono all’Unità. Il “Va pensiero” verdiano<br />
penso andrebbe bene anche agli<br />
israeliani più che ai lombardi ed ai padani<br />
tutti che fino a prova contraria sono italiani<br />
e che di tale estrazione non dovrebbero<br />
vergognarsi. Ritornando al “Canto degli italiani”,<br />
mi piace ricordare che Giuseppe<br />
Verdi nel comporre, nel 1862, “l’inno delle<br />
Nazioni” per l’esposizione mondiale di Londra<br />
inserì, in uno alla “Marsigliese” e “God<br />
save the King”, “Fratelli d’Italia” e non la<br />
“Marcia reale”. E il grande storico francese<br />
Julies Michelet lo definì “La Marsigliese<br />
italiana del 1848”, canto che ha accompagnato<br />
la vita degli italiani per due<br />
secoli, canto di fratellanza del nostro popolo<br />
di vedersi finalmente riunito. Forse le<br />
mie lamentazioni senili non piacciono ma<br />
io sono nato quando i cittadini di ogni ceto<br />
si scoprivano il capo o s’inchinavano<br />
quando passava la Bandiera, quando in<br />
Russia nella carica a Isbunschenskiy<br />
(1942) l’alfiere del “Savoia cavalleria” morì<br />
per non abbandonare lo Stendardo al nemico<br />
che, ferito e quasi cieco, con il cavallo<br />
“Albino” portò al reparto, quando il carabiniere<br />
Plado Mosca (Giuseppe) ad Arbusow<br />
(Russia 1942) nel momento in cui i nostri<br />
reparti erano in difficoltà, montò a cavallo<br />
e con la Bandiera d’Italia fra le mani galoppò<br />
contro le linee nemiche risollevando<br />
il morale dei soldati. Qualcuno penserà tra<br />
i saggi di oggi, tra i tuttologi: vaniloquio di<br />
un demente senile, nostalgici ricordi di<br />
tempi superati. Non credo. Per concludere<br />
i versi di un grande italiano; Giosuè Carducci:<br />
“Già nella Patria medita l’onore / Gli anni<br />
volanti interroga la speme / Guatan placati,<br />
al bello italo seme / Gloria e valore”. ■<br />
gennaio - febbraio <strong>2011</strong> / 7